“REDDITOMETRO” 2 0 1 3 Commissione “Imposte Dirette ed Indirette” UGDCEC di Roma Il presente documento è stato redatto dai seguenti componenti: Massimo Amicone Ettore Caratozzolo Giorgia Carrarese Catena Concetta Fogliano Nicola Ghisalberti Gradenigo Katia Izzo Cesare Longo Daniele Massei Elena Schiavo 1 Indice: Premessa pag. 3 CAPITOLO 1 Il “Redditometro” uno strumento in continua evoluzione 1.1 - Il vecchio Redditometro pag. 5 1.2 – Conclusioni pag. 7 CAPITOLO 2 Il nuovo Redditometro 2013 2.1 – Funzionamento del nuovo Redditometro 2013 pag. 9 2.2 – Beni e servizi utilizzati da Aziende e Professionisti pag. 22 2.3 – Redditest: 2.3.1 – Funzionamento pag. 25 2.3.2 – Criticità pag. 26 CAPITOLO 3 Difesa del contribuente 3.1 – Premessa pag. 28 3.2 – Natura delle presunzioni ed obbligatorietà del contraddittorio pag. 29 3.3 – Contestazioni e tesi difensive pag. 30 CAPITOLO 4 Utilizzo congiunto di ulteriori strumenti di accertamento 4.1 – Studi di Settore pag. 39 4.2 – Beni concessi in uso a soci o familiari dell’imprenditore, e finanziamenti concessi alla Società 4.3 – “Spesometro” pag. 41 pag. 42 2 Premessa La lotta alla grande evasione è sempre stato un aspetto delicato per i Governi che negli anni si sono succeduti. Contemperare le esigenze di gettito dello Stato con il rispetto dei diritti del singolo, sanciti nella Costituzione e ripresi nello Statuto dei Diritti del Contribuente, è spesso risultata impresa ardua. Già nel 1974 era stata introdotta una forma di accertamento sintetico con caratteristiche simili a quella oggetto del presente lavoro. La stessa è stata poi modellata negli anni attraverso interventi normativi volti a perfezionarne il funzionamento, ed a rimuovere evidenti anomalie riscontrate in sede di applicazione. Si è giunti così, nel 2010, ad una rivisitazione radicale della materia, con l’entrata in vigore dell’art.22 del D.L. n.78/2010. Nel 2012 poi il Governo Monti ha approvato il Decreto (24 Dicembre 2012), indispensabile al funzionamento del nuovo strumento. Nel provvedimento legislativo sono stati indicati gli elementi di spesa da valutare ai fini del monitoraggio dei consumi dei contribuenti. Consumi poi posti a confronto con le risultanze delle dichiarazioni dei redditi. Lo scopo diviene quello di segnalare eventuali incongruità, sintomatiche di possibili forme di evasione fiscale. Lo strumento è stato, però, aspramente criticato dall’opinione pubblica in quanto ritenuto troppo invasivo della privacy delle famiglie italiane, e oggetto di critiche, e richiesta di modifiche dal Garante della privacy. Attraverso le Circolari n.24/E del 2013, e n.6/E del 2014, l’Amministrazione Finanziaria ha poi fatto proprie le conclusioni del Garante, provvedendo a puntualizzare alcuni aspetti critici. Tra le novità più importanti della versione definitiva vi è, in primo luogo, l’allontanamento dalle medie calcolate dall'Istat che, secondo molti, rappresentano un parametro che non trova riscontro negli effettivi consumi giornalieri del contribuente (es. alimentari, abbigliamento,…), poiché non possiedono quel carattere di oggettività proprio delle cosiddette “spese certe”, cioè quelle il cui sostenimento risulta facilmente verificabile attraverso l’uso dei pubblici registri. In secondo luogo il principio di irretroattività nell’applicazione dello strumento ad annualità antecedenti al 2009. 3 Infine varia sensibilmente l’impostazione della difesa del contribuente, a causa della rinnovata rilevanza del contraddittorio preventivo, e dell’esigenza di approntare adeguate tesi difensive già nella fase pre-contenziosa. L’ottica diviene quella di confutare le risultanze dell’Ufficio prima di avviare incerte e dispendiose fasi di contenzioso tributario. Nel presente lavoro, dopo aver analizzato il funzionamento del nuovo strumento di accertamento sintetico, anche attraverso il raffronto con il vecchio “Redditometro”, ci si soffermerà sugli aspetti legati alle possibili contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria, ed alle eventuali tesi difensive del contribuente. Non mancherà, infine, un approfondimento sul possibile utilizzo congiunto dell’accertamento sintetico di cui all’art.38 del D.Lgs. n.600/1973 con altri strumenti di accertamento previsti dall’Ordinamento. In conclusione appare utile ricordare che la valenza probatoria del redditometro, nella variante inizialmente conosciuta è stata fortemente ridimensionata, proprio a seguito delle critiche mosse dal Garante della privacy. Ciò che l’Ente di controllo ha voluto evidenziare, è che l’ingerenza di un’autorità pubblica nella vita privata dell’individuo, ancorché prevista dalla legge, non può mai manifestarsi in spregio ai diritti inviolabili del singolo. Dott. Ettore Caratozzolo Presidente della Commissione Imposte Dirette ed Indirette dell’UGDCEC di Roma 4 Capitolo 1 Il “Redditometro” uno strumento in continua evoluzione 1.1 – Il vecchio Redditometro Lo strumento del redditometro è stato introdotto nel nostro ordinamento tributario dal D.M. 10.9.92 - in attuazione dell'art. 38 del D.P.R. 600/73 – che ha disciplinato le modalità in base alle quali l'ufficio poteva determinare sinteticamente il reddito o il maggior reddito complessivo netto in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva. Il testo del DM 10.09.92, coordinato con l'art. 38 del D.P.R. 600/73, consentiva di desumere che l'accertamento sintetico noto come “Redditometro” poteva fondarsi su tre tipologie di elementi: indicatori di spesa: la tabella allegata al D.M. 10.9.92 quantificava la capacità di spesa connessa alla disponibilità di determinati beni e servizi, attraverso l'applicazione di coefficienti appositamente determinati; spese per incrementi patrimoniali: si presumevano sostenute con redditi conseguiti nell'anno in corso e nei quattro precedenti; altri indicatori di capacità contributiva: si trattava di elementi diversi dagli indici di spesa risultanti nella tabella del D.M. 10.9.92 Appurato, dunque, che la base di calcolo era da rintracciare nei c.d. “fatti-indice” di cui sopra, la metodologia del redditometro si sviluppava come descritto di seguito: 1) le risultanze relative a ciascuno dei fatti-indice indicativi della capacità contributiva del soggetto accertato venivano suddivise in classi, sulla base di predeterminati parametri (ad esempio, le autovetture per potenza di cilindrata e le abitazioni per i metri quadrati di superficie); 2) per ciascuna classe veniva quantificata la presunta spesa correlata alla disponibilità del cespite o servizio, moltiplicando il dato quantitativo - ad esempio i mq di superficie per il valore unitario assegnato alla tipologia di bene e, ancora, per un prestabilito coefficiente; 3) gli importi emersi venivano ordinati per entità decrescente, a sua volta ridotta sulla base di coefficienti pari a percentuali crescenti; 4) i risultati ottenuti venivano infine sommati, pervenendo alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto. Riassumendo, quindi, ai sensi dell’art. 38 (comma 4), era facoltà dell’ufficio competente determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente ove si accertasse 5 la presenza di elementi e circostanze di fatto certi, in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, ma, oltre a ciò, era sancito che si dovesse verificare uno scostamento di almeno un quarto del reddito complessivo netto accertabile rispetto a quanto dichiarato dal contribuente1. Il meccanismo dell’accertamento da “redditometro” scattava infine solo quando il reddito dichiarato non risultava congruo, rispetto ai predetti elementi, per due o più periodi di imposta. Il redditometro consentiva, come visto, di ricostruire sinteticamente il reddito del contribuente in base al suo “tenore di vita”, ossia in base alla tipologia di spese effettuate dal contribuente medesimo in relazione alla disponibilità di specifici beni e servizi, indicativi di capacità contributiva Il metodo di controllo seguiva un ragionamento logico che spesso risultava convincente già di per sé per verificare – così come affermava l’Amministrazione finanziaria già nel lontano 1981 – il “trend di vita del contribuente e delle altre persone fisiche che risultano a suo carico” e rispondeva alla domanda dell’uomo comune: come è possibile che Caio, con un reddito di 15.000 euro annui possa permettersi un’autovettura di lusso, una barca, una casa al mare, e così via? Come affermato dalla più autorevole dottrina, “un maggior reddito viene perciò presunto in base alla spesa per consumi o investimenti attinenti alla sfera privata della persona fisica, a prescindere da una individuazione delle fonti di produzione del reddito stesso, quali potrebbero essere l’impresa, il lavoro, il capitale, eccetera; la norma utilizza cioè un procedimento logico a ritroso, presumendo – salvo prova contraria – che le spese siano state finanziate prima di tutto con il reddito del periodo d’imposta”2. Col trascorrere degli anni, passando anche per la circ. n. 49/E del 9 agosto 2007 dell’Agenzia delle Entrate, e per le diverse “Manovre d’estate” che sono state approvate, il redditometro ha costantemente subìto variazioni e attirato l’interesse della classe politica verso la tipologia di controllo dell’accertamento sintetico, rimedio capace di permettere, soprattutto in termini quantitativi, di incidere sulle previsioni di gettito. L’intento, manifesto, è stato quello di contrastare l’evasione fiscale maggiormente evidente delle persone fisiche, ravvisabile nel contrasto tra quanto dichiarato, mediante la dichiarazione dei redditi, ove presentata, e il tenore di vita del soggetto. 1 Dal reddito determinato sinteticamente inoltre non potevano essere scomputati gli oneri deducibili ex art. 10 del TUIR. 2 R. Lupi, Manuale giuridico professionale di diritto tributario, 3° edizione, Milano, 2001, pg. 591. 6 Che lo strumento, per natura, fosse adatto allo scopo, non è mai stato messo in discussione: in effetti anche sul versante della giurisprudenza di legittimità, l’attività di recupero ha incontrato molto spesso (in realtà, soprattutto fino agli ultimi anni) i favori dei giudici della Suprema Corte3; piuttosto oggi alla desuetudine dello strumento originario come sopra descritto si è giunti a seguito del progressivo realizzo, da parte degli uffici finanziari, della inappropriatezza degli elementi su cui si basava. In altre parole, i c.d. “fatti - indice” si sono rivelati distanti dalla realtà, ed incapaci di rappresentare il reale tenore di vita dei contribuenti e, nonostante le direttive amministrative diramate negli anni, dunque, di generare una effettiva relazione fra il tenore di vita e il reddito presunto determinato sinteticamente. Sulla base di ciò, si sono succedute diverse recenti pronunce dei giudici di merito4 che hanno rivoluzionato le proprie posizioni affermando che il risultato del “redditometro” fosse da considerare alla stregua di una presunzione legale relativa prima, e di presunzioni semplici poi, e che si dovesse dunque effettivamente completare con risultanze ulteriori che fossero davvero più rappresentative della capacità contributiva della persona fisica. 1.2 - Conclusioni I limiti del “primo” redditometro così come sinteticamente delineato nei precedenti paragrafi sono emersi inequivocabilmente, con rappresentazioni di fatto e numerosissime sentenze di legittimità e di merito che ne hanno messo in discussione le basi. Gli indici-fatto si sono dimostrati incapaci di descrivere realmente il tenore di vita dei contribuenti. Tuttavia, per le medesime ragioni per cui era stato introdotto (gettito), si è tornati a discutere delle sue potenzialità in relazione alle diverse tecniche dell’accertamento: mentre la determinazione induttiva è finalizzata a rettificare i singoli redditi d’impresa e di lavoro autonomo, la determinazione sintetica non si preoccupa di identificare le specifiche fonti di 3 Ex pluribus, Cassazione, Sez. tributaria, Sent. n. 22936 del 30 ottobre 2007. L’elenco di seguito evidenzia come dal 2010 vi sia stato un notevolissimo cambiamento nell’orientamento dei giudici di merito. Tra le altre sentenze si vedano quelle riportate per approfondire i seguenti temi: i) presunzione semplice: C.T.P. Padova, 11 febbraio 2010, n. 31/6/10, C.T.P. Asti, 31 gennaio 2012, n. 6; C.T.R. Torino, 24 novembre 2011, n. 76; C.T.P. Sondrio 25 marzo 2011, n. 24; C.T.P. Torino 1 luglio 2011 , n. 136/2/11; ii) non tutti i beni-indice sono elementi significativi ai fini del computo del redditometro: C.T.P. Alessandria, 21 aprile 2009, n. 35; C.T.P. Torino, 23 maggio 2011, n. 109/14/11; iii) l’attendibilità dell’imputazione induttivo-redditometrica dipende, caso per caso, dalle effettive situazioni di vita quotidiana del contribuente, dalla sua propensione al risparmio, dal suo stato civile, dalle sue condizioni di famiglia: C. T. P. Trento, 23 settembre 2010, n. 73; iv) la non congruità del reddito derivante da incrementi patrimoniali non può desumersi da reddito induttivo proveniente da spese patrimoniali che si manifestano in anni successivi a quello accertato CTR Lazio, 22 giugno 2011, n. 456. 4 7 guadagno, ma mira a rettificare il reddito complessivo delle persone fisiche, sulla base della capacità di spesa manifestata dal soggetto, attraverso la disponibilità di beni e/o servizi indici di capacità contributiva. La determinazione dei valori unitari assegnati ai beni-indice e ai coefficienti, sono frutto di scelte effettuate dal Ministero mai rese note. La circostanza è di rilievo perché, nel motivare l'invito rivolto agli Uffici periferici ad una attenta applicazione del redditometro, l'Amministrazione ammetteva l'esistenza di una “inevitabile imprecisione dello strumento”5. Sul punto, la dottrina ha rilevato che il risultato assegnato a ciascun bene indice (impreciso per ammissione dello stesso Ministero) viene prima moltiplicato per un coefficiente e dopo sommato a quelli degli altri beni indici, imprecisi per gli stessi motivi6. “L'imprecisione del dato base è quindi aumentata una prima volta in ragione del coefficiente applicato e, dopo, per il cumulo con i risultati degli altri indici. Il calcolo è poco persuasivo perché, come osserva la stessa dottrina, per la ricostruzione del reddito presunto sarebbe stato opportuno procedere con la media dei risultati, limitando così la «inevitabile imprecisione dello strumento”7. In conclusione dunque, lo strumento analizzato, in seguito alle pressioni dell’opinione pubblica e degli operatori, è stato oggetto di una riforma radicale che ne ha mutato completamente l’aspetto sin qui descritto pur mantenendone la denominazione. 5 C.M. 30 aprile 1999, n. 101/E. I. Gallovich, «Redditometro e altre modalità di accertamento sintetico», Convegno A.N.T.I. Sez. FriuliVenezia Giulia, Udine, 8 novembre 2008. 7 M. Tortorelli, «Le possibili difese del contribuente dal redditometro», in Corriere tributario n. 32 del 2010, pag. 2628. 6 8 Capitolo 2 Il nuovo Redditometro 2013 2.1 - Funzionamento del Redditometro 2013 Dopo una breve analisi delle caratteristiche evidenziate nel precedente capitolo sulle “mancanze” del vecchio redditometro, qui di seguito ci si appresta ad entrare nel merito delle novità introdotte inizialmente nel 2012 dal governo Monti che, a seguito di manifeste contestazioni sull’applicabilità dello strumento, hanno comportate modifiche in corso d’opera. Così come previsto dal legislatore (cfr. art. 38 comma 5 del DPR 600/73), l’accertamento sintetico può essere realizzato partendo da determinati “elementi-indice” di una certa capacità contributiva. L'analisi è incentrata su campioni significativi di contribuenti, differenziati in base alla composizione del nucleo familiare e all'area territoriale di appartenenza. Gli indici sono elencati in un apposito Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, pubblicato nella G.U. n. 3 del 04/01/2013, ed in vigore dalla stessa data. Al fine di individuare i parametri di accertamento sintetico, il Ministero ha selezionato un centinaio di voci di spesa riportate nell’allegato “A” del citato Decreto. La costruzione delle diverse classi di beni e servizi rilevanti è stata operata nel modo seguente: - è stata isolata la spesa media statisticamente riferibile a undici diverse composizioni di nucleo familiare; - tali spese sono state poi incrociate con cinque zone territoriali in cui è stata figurativamente suddivisa l’Italia; - ove possibile, il Ministero ha considerato le risultanze di analisi e studi socioeconomici, anche di settore. Di seguito si riassumono i parametri che possono formare la base per la determinazione sintetica del reddito. Il campione di riferimento è suddiviso in gruppi omogenei, ripartiti tra variabili soggettive, territoriali e di capacità contributiva. Le variabili soggettive sono individuate da 11 tipologie di nuclei familiari (in realtà sono 10 tipologie ed una residuale) che prendono come punti di riferimento le soglie di età di 35 e 65 anni, e lo stato familiare, con la presenza o meno di figli a carico. Le variabili territoriali, invece, considerano l’Italia ripartita in 5 aree: nord est, nord ovest, centro, sud e isole. 9 Le variabili relative alla capacità contributiva sono suddivise in 7 tipologie identificate nella tabella appresso riportata, alla voce “7 categorie di spesa”. Va chiarito in primis che, nella fase iniziale di applicazione dello strumento, saranno assunte da parte degli uffici finanziari alcune cautele per evitare l’avvio di azioni di accertamento antieconomiche per l’Erario. Con la circolare 24/E del 31.07.2013 l’Agenzia delle Entrate ha voluto porre l’accento sulla individuazione delle posizioni a maggior rischio di evasione. La quantificazione dello scostamento del reddito dichiarato, da quello determinabile sinteticamente, verterà solo su situazioni e fatti certi, e sulla concreta disponibilità di beni di cui l’Amministrazione Finanziaria possieda le informazioni attendibili; evitando così situazioni di marginalità economica. Appare utile riassumere i criteri metodologici che guideranno l’Ufficio nella scelta delle posizioni da verificare: - la base di calcolo per lo scostamento del 20%, previsto dal comma 6 dell’art. 38, sarà il reddito dichiarato e non quello accertato. Per cui ipotizzando un reddito dichiarato di € 41.000,00 ed uno accertato di € 50.000,00, se lo scostamento massimo tollerato del 20% fosse calcolato sull’accertato sarebbe di € 10.000,00 (e quindi il soggetto non 10 risulterebbe accertabile); essendo invece quantificato sul reddito dichiarato risulterà di € 8.200,00 (quindi il contribuente non rientrerà nella soglia di tolleranza). - i titolari di soli redditi da pensione saranno esclusi dal redditometro;8 - per i professionisti e lavoratori autonomi, i beni ad uso promiscuo (es. le automobili) rileveranno per la parte non riferibile all’attività professionale o di impresa; ovverosia per la parte non deducibile fiscalmente.9 Posizione discutibile in virtù del fatto che le limitazioni fiscali alla deducibilità di alcuni beni non hanno alcun rapporto con la quota di effettivo utilizzo nella attività, come appresso meglio approfondito nel capitolo 2.2.; - se il contribuente sarà congruo al “Redditest” non sarà selezionato per l’accertamento10; - da sottolineare che nella circolare del 31.07.2013 non è più menzionata l’ulteriore fascia di tolleranza di € 12.000,00 annui inizialmente prevista; - la nuova versione del redditometro non sarà applicabile alle annualità antecedenti al 2009, neanche qualora le relative risultanze dovessero essere favorevoli al contribuente11. Definite le linee guida per la selezione dei contribuenti, si riporta un elenco non esaustivo degli elementi che, ai sensi della precedente disciplina dettata dall’art. 38 del D.P.R. n.600/73, venivano richiesti dall’Amministrazione Finanziaria per gli accertamenti sino all’anno d’imposta 2008. Successivamente l’analisi verterà sui dati che, presumibilmente, formeranno oggetto di richiesta dopo l’entrata in vigore del nuovo art. 38; quindi per gli accertamenti relativi agli anni d’imposta 2009 e successivi. Per i controlli fino all’anno d’imposta 2008, l’Ufficio invitava spesso il contribuente attraverso la compilazione di un questionario a fornire alcune informazioni su voci di spesa, appartenenti principalmente a due macro-categorie: a) Spese costituenti incrementi patrimoniali nel quinquennio precedente e disinvestimenti patrimoniali effettuati 8 Comunicato stampa Agenzia delle Entrate del 20 gennaio 2013 Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 1/E del 15 febbraio 2013. 10 Anche se l’Amministrazione Finanziaria lo considera uno strumento di autovalutazione della coerenza del reddito familiare, senza valore di difesa. Circolare 1/E cit. 11 Chiarimento fornito nel corso di Telefisco 2013. Tale posizione è contraria a quanto sostenuto nelle prime pronunce giurisprudenziali in merito, le quali ritengono invece che il Redditometro, trattandosi di uno strumento accertativo basato su procedure statistiche standardizzate, andrebbe sempre applicato nella sua versione più aggiornata, in quanto più affinata, precisa ed evoluta. Non si tratta quindi di applicare il principio del favor rei, tra l’altro da dimostrare, quanto quello del buon senso che impone di applicare sempre il modello più evoluto e preciso, così come previsto per gli studi di settore delle imprese. Cfr. Sentenze Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia n. 74/02/2013 che ribadisce quanto stabilito dalla stessa CTP con la senzenza n. 174/01/2012 9 11 Per questa categoria, oltre all’ammontare delle stesse, l’indicazione delle fonti di provenienza delle risorse utilizzate per farvi fronte (es. disinvestimenti o titolarità di redditi esenti e/o non soggetti all’obbligo di dichiarazione); b) Spese di mantenimento In questa voce venivano inserite le tipologie di spesa sostenute per mantenere determinati beni o fruire di particolari servizi, da parte del soggetto accertato e del proprio nucleo familiare. In dettaglio: - residenze principali e secondarie: con l’indicazione dei dati catastali, le spese sostenute per contratti di mutuo e, in caso di locazione, l’importo mensile del canone pagato; - autoveicoli: specificando la marca, il modello, la targa, e l’anno di acquisto, e le principali caratteristiche tecniche (tipo di alimentazione, cavalli fiscali, potenza); inoltre dichiarando il prezzo di acquisto con le relative modalità di pagamento (ad esempio l’accensione di un finanziamento); - altri mezzi di trasporto a motore: indicando il possesso, a qualsiasi titolo, di camper, roulotte, autocaravan, moto di cilindrata superiore a 250 cc; - imbarcazioni da diporto: indicando i dati tecnici necessari al calcolo dei relativi costi di mantenimento, quali: l’anno di immatricolazione e quello di acquisto, il tipo di propulsione (a vela o a motore), i cavalli vapore, la stazza lorda, la lunghezza, il prezzo di acquisto pagato con le relative modalità di pagamento, compresi eventuali finanziamenti contratti per l’acquisto. Andava allegato inoltre il libretto contenente le informazioni tecniche, i dati del proprietario e la licenza di navigazione dell’imbarcazione;12 - aeromobili: comunicando, per il possesso di aerei o elicotteri da turismo, alianti e moto alianti, ultraleggeri e deltaplani; l’anno di acquisto (ed il prezzo pagato), o il titolo di disponibilità, e tutti i dati tecnici necessari alla corretta quantificazione della spesa di mantenimento (potenza, appartenenza ad aereo club, ore di volo, ricovero, quota spese ecc…); - collaboratori familiari: indicando la tipologia contrattuale; se a tempo pieno, i mesi lavorati; se a tempo parziale, il numero delle ore lavorative giornaliere ed i giorni di lavoro settimanali. Dovevano essere altresì indicate per ogni collaboratore: le generalità, la matricola INPS, la data di assunzione e quella dell’eventuale licenziamento; 12 Sono definite “imbarcazioni” da diporto quelle unità con scafo di lunghezza superiore a dieci metri e fino a ventiquattro metri. Le imbarcazioni hanno l'obbligo dell'iscrizione nei registri delle imbarcazioni da diporto (R.I.D.) tenuti dalle Capitanerie di Porto e dagli Uffici Circondariali Marittimi. 12 - cavalli: specificando se da corsa o da equitazione, e se mantenuto in proprio o in apposita pensione; - assicurazioni: l’ammontare dei premi pagati per le polizze assicurative stipulate dal contribuente, con esclusione di quelle relative ad infortuni, sulla vita e per le automobili; - altri elementi di spesa diversi: in questa residuale voce, si chiedeva di inserire tutte le spese sostenute, e risultanti da banche dati accessibili all’Amministrazione Finanziaria, passibili di valutazione ai fini dell’accertamento sintetico. Ad esempio: spese per i servizi alla persona, per arredi di pregio, per contratti di mutuo o leasing, viaggi, rette scolastiche, circoli sportivi e così via. Veniva richiesta, inoltre, la documentazione attestante la disponibilità di mezzi finanziari derivanti da: redditi esenti (soggetti a ritenute a titolo di imposta alla fonte, o a tassazione separata o sostituiva), proventi da vincite a giochi o lotterie, atti di liberalità, risarcimenti, e così via. ______ ______ ______ Con l’entrata in vigore del nuovo art. 38 del D.Lgs. n.600/1973, l’attenzione dell’Ufficio è ora incentrata non solo sul possesso di determinati beni, e sul sostenimento di spese per servizi giudicate “significative”, ma anche sulle spese di acquisto e mantenimento di una vasta gamma di beni e servizi, analiticamente indicati nella tabella A allegata al Decreto Ministeriale del 24.12.2012. La suddetta tabella divide le voci di spesa nelle seguenti macro categorie: - le spese certe: riscontrabili con l’analisi degli atti registrati nei Pubblici Uffici (Catasto, PRA, ecc.) - le spese per elementi certi: relative a fatti, situazioni e circostanze supportate anche indirettamente da apposita documentazione; - le spese per investimenti sostenuti nell’anno; - la quota di risparmio formatasi nell’anno; - le spese determinate attraverso i valori medi rilevati dall’Istat. Le principali voci di spesa sono: 1. Spese per abitazioni: vengono considerate tutte le unità immobiliari nella disponibilità del contribuente comprese quelle all’estero, tranne: - gli immobili destinati ad un uso strumentale (uffici, negozi, ecc.); - le unità immobiliari a carattere di pertinenza (box,cantine, ecc.). 13 Nella voce, inoltre, vengono ricomprese le spese di gestione sostenute per il godimento di abitazioni in nuda proprietà, o per le quali vi è un diritto d’uso esclusivo da parte di un terzo, o locate/concesse in uso gratuito a familiare non a carico che ivi risiede. Il presupposto è che il contribuente possegga almeno una abitazione di residenza: - in proprietà o altro diritto reale (usufrutto) - in locazione (in qualità di locatario) o leasing immobiliare - in comodato d’uso gratuito a) Fitto Figurativo: Qualora nel comune di residenza non sia individuabile nessuna delle tipologie su indicate, l’Amministrazione Finanziaria procederà attraverso l’attribuzione del cosiddetto “fitto figurativo” così determinato: (valore del canone di locazione mensile al mq per una abitazione A2) x (75 mq, consistenza media delle abitazioni) x (n. mesi di possesso) Nel risultato si terrà conto di tutte le spese correlate al mantenimento dell’unità immobiliare. In caso di coniugi con residenze differenti, potrà accadere che, ad ognuno di essi, venga attributo un diverso fitto figurativo. L’Amministrazione Finanziaria nella Circolare 24/E del 2013, ha inoltre chiarito che, con riferimento all’utilizzo in uso gratuito degli immobili, è da escludere l’applicazione del fitto figurativo anche in presenza di un contratto di comodato concesso da un soggetto diverso dal familiare, superando quindi la previsione del decreto MEF, che stabiliva il contrario. Sarebbe utile, sul punto, un ulteriore chiarimento dell’Amministrazione Finanziaria. b) Spese per mutuo e canone di locazione: nel caso di spese per canoni di locazione, l’indice di capacità contributiva è calcolato rapportando lo stesso canone di locazione alla durata del contratto, ed al numero delle parti contrattuali; per i contratti di mutuo si considerano le rate effettivamente pagate nell’anno di riferimento, compresa la quota interessi, ricomprendendo eventuali oneri e/o interessi moratori. Per ciò che riguarda la metodologia di calcolo della capacità contributiva, il contratto di leasing immobiliare è equiparato a quello di locazione immobiliare. c) Spese gestionali per il godimento dell’abitazione da calcolarsi prendendo in considerazione: - spese per acqua e condominio, e per manutenzione ordinaria il cui importo è dato da: 14 (spesa media mensile Istat del nucleo familiare di riferimento / 75 mq) * (numero mq delle unità abitative detenute). Le unità abitative sono quelle detenute a titolo di proprietà o altro diritto reale, locazione e/o leasing; - spese per elettrodomestici e arredi e per altri beni e servizi per la casa: il cui importo è dato da: (spesa media Istat della tipologia di nucleo familiare di appartenenza) * (numero di unità abitative detenute in proprietà o altro diritto reale o in locazione) - spese per combustibile ed energia, e per le comunicazioni: per gli importi reperibili presso l’Anagrafe Tributaria, in relazione alle comunicazioni obbligatorie fornite dai gestori di servizi di pubblica utilità; - spese per intermediazione immobiliare: facilmente rilevabili dai contratti di compravendita immobiliare; - spese per collaboratori domestici: attraverso le informazioni fornite dall’INPS. 2. Spese per medicinali e visite mediche: vengono considerate le spese sostenute nell’anno dal contribuente per sé, e per i famigliari fiscalmente a carico, indicate nel quadro RP (oneri detraibili e deducibili) della dichiarazione dei redditi. 3. Spese per trasporti a) Autoveicoli e motoveicoli: per tutti i mezzi di proprietà del contribuente, risultanti al P.R.A. o presso la MCTC, o detenuti tramite contratti di leasing, o noleggio. In questi ultimi casi, oltre alle spese per i relativi canoni, andranno sommate le spese per carburante, olio, pezzi di ricambio e manutenzione, assicurazioni RC ed altre assicurazioni, bollo auto. b) Natanti, imbarcazioni e navi da riporto : sono i mezzi usati dalle persone fisiche per la navigazione in acque marittime o interne a scopi sportivi o ricreativi, e senza fini di lucro. Ai fini dell’accertamento sintetico sono rilevanti le spese sostenute per il loro mantenimento ad uso privato. Inoltre, tali beni rilevano come manifestazione di capacità di spesa in caso di noleggio o locazione da parte di una persona fisica. c) Aeromobili : vengono considerate, oltre alle spese per il loro mantenimento, anche quelle certe per le assicurazioni, RC ed altre. Nelle more del vecchio strumento, avveniva spesso, soprattutto per ciò che riguarda le autovetture, che i costi di acquisto e mantenimento effettivamente sostenuti dal contribuente fossero di gran lunga inferiore a quelli stimati dall’Ufficio. Ciò ha 15 determinato l’avvio di svariati contenziosi, dagli esiti spesso favorevoli ai contribuenti interessati. Nel nuovo redditometro, invece, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate più volte citata ha chiarito che, nel caso in cui l’Ufficio non sia in grado di individuare puntualmente le spese sostenute dal contribuente, dovrà procedere considerando solo quelle calcolate in base alla potenza espressa in KW, desunte dalle medie Istat presenti in apposite tabelle, a cui dovranno aggiungersi quelle relative ai costi puntualmente rilevati dall’Anagrafe Tributaria, come: le assicurazioni obbligatorie RC e le altre per incendio e furto, cristalli; nonché la tassa di circolazione pagata. Alle voci così determinate non andranno pertanto applicati ulteriori coefficienti, o ricalcoli induttivi, per non ingenerare “sovrastime”. 4. Spese per l’istruzione: sono spese sostenute da tutte le famiglie, in presenza di figli in età scolare ed universitaria, rappresentate: dall’acquisto di libri scolastici, dal pagamento di tasse, rette e simili per varie tipologie di scuole, corsi di lingue, master, tutoraggio; nell’impossibilità di determinare le spese effettivamente sostenute dal contribuente, l’eventualità del ricorso alle medie Istat, relative al settore di appartenenza ed al tenore di vita, paventata in precedenza, è stato fortemente ridimensionata dopo le critiche del Garante della privacy. 5. Spese per tempo libero, cultura e giochi: anche per questa tipologia di spesa rilevano solo gli importi oggettivamente determinabili, dati: dalle iscrizioni e dagli abbonamenti per attività sportive e circoli culturali / ricreativi; dal mantenimento di cavalli ed animali domestici, e da spese per giochi e radio. 6. Spese per altri beni e servizi: - assicurazioni danni, infortuni e malattie; - contributi previdenziali obbligatori; - spese per alberghi, pensioni e viaggi organizzati; - assegni periodici corrisposti al coniuge. Le tipologie di spesa citate hanno, alla luce di quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate, un’incidenza diversa nella procedura di accertamento. Nella fase istruttoria legata alla selezione dei contribuenti, l’Amministrazione Finanziaria procede alla verifica e all’attribuzione al contribuente delle sole spese certe conosciute dal Fisco. Sebbene inizialmente, dall’analisi del contenuto della C.M. 24/E/2013 e dello stesso Decreto attuativo del redditometro, la distinzione fra spese certe e spese medie Istat dovesse essere determinata dalla fonte che individuava l’uscita finanziaria, e non dalla 16 natura della spesa stessa, con l’intervento del Garante della Privacy e successivamente con le precisazioni esposte nella Circolare 6/E di aprile 2014 dall’Agenzia delle Entrate, le spese medie Istat non costituiranno più la base per la selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento sintetico, ma rileveranno solo per il calcolo delle spese connesse ad elementi certi. Ad esempio la spesa per “Alberghi pensioni e viaggi organizzati”, riguardante la categoria “Altri beni e servizi” individuata dal citato Decreto sul redditometro, appartiene, nella maggioranza dei casi, alla categoria dei costi che partecipano al calcolo del reddito presunto, come “spesa media Istat”. Tuttavia la stessa potrebbe divenire una spesa certa, qualora l’Amministrazione Finanziaria fosse in grado di individuare con esattezza l’uscita finanziaria effettiva, attraverso l’analisi delle banche dati. Pertanto, nel momento in cui un determinato contribuente dovesse sostenere, ad esempio, euro 5.000 di spesa per l’acquisto di un pacchetto vacanza, l’Agenzia delle Entrate potrebbe, tramite le informazioni desunte dallo Spesometro, “tracciare” la spesa, che in tal modo acquisirebbe il requisito della certezza (e non sarebbe più calcolata con la media Istat). 7. Spese per incrementi patrimoniali: il valore complessivo dell’incremento patrimoniale è determinato dagli investimenti netti (investimenti meno disinvestimenti) dell’anno di riferimento. Dagli investimenti netti occorre poi sottrarre i disinvestimenti netti (disinvestimenti meno investimenti) degli ultimi quattro anni. La logica seguita è che gli incrementi patrimoniali possano essere stati finanziati con disinvestimenti presenti e passati (ad esempio la vendita di un immobile finalizzato all’acquisto di un altro immobile). La circolare 24/E conferma quindi le divergenze nel calcolo degli incrementi patrimoniali tra vecchio e nuovo redditometro, considerando che, in precedenza l’incremento patrimoniale veniva “spalmato per quinti” nell’anno di sostenimento della spesa e nei quattro precedenti. Il seguente esempio è utile per comprendere l’applicazione della nuova norma: acquisto di un immobile al prezzo di euro 500.000 e contestuale stipula di un contratto di mutuo per euro 300.000; con il vecchio redditometro la differenza di euro 200.000 costituiva un incremento patrimoniale da ripartire in cinque anni (l’anno di acquisto ed i quattro precedenti); con il nuovo strumento tale incremento deve necessariamente 17 trovare capienza nel reddito prodotto nell’anno di acquisto, facendo eventualmente concorrere i disinvestimenti netti degli ultimi quattro anni precedenti l’acquisto stesso. Sebbene inizialmente l’intenzione dell’Agenzia delle Entrate fosse di tornare al vecchio meccanismo, tale modifica non poteva certo essere contenuta nella circolare emanata a Luglio, in quanto è noto che un documento di prassi, non può certo essere emanato in contrasto con le norme di Legge. Da sottolineare come la logica adottata per la determinazione sintetica del reddito tenga ora in considerazione anche la quota di risparmio. Ciò comporta, ad esempio, che la differenza tra il saldo finale ed il saldo iniziale annuali di un conto corrente bancario, se “positivo”, costituisca il risparmio accumulato nell’anno e diventi rilevante nel computo del reddito sintetico. La circolare non considera il caso di una possibile differenza “negativa” nei saldi che, qualora si verificasse, dovrebbe teoricamente ridurre il volume del risparmio dell’anno, riducendo contestualmente il reddito accertato. E’ parere di chi scrive che, nella logica di determinazione del reddito sintetico dell’anno determinata dal nuovo strumento, la quota degli incrementi patrimoniali netti dell’anno, e la quota di risparmio formatasi nello stesso periodo, non dovrebbero essere considerati separati ed autonomi tra loro, ma andrebbero considerati nella loro logica d’insieme. Qualora il contribuente non sia in grado di dimostrare che la differenza di euro 200.000 sia dovuta a precedenti disinvestimenti, potrà però comprovare che tale incremento si sia formato grazie ai risparmi accumulati nel corso degli anni, presentando in sede di contraddittorio gli estratti dei conti correnti bancari degli anni passati, dai quali si evincano saldi positivi che abbiano permesso l’accumulo dei 200.000 euro oggetto di accertamento. Tali argomentazioni sono confermate dalla circolare del 31.07.2013 nella parte in cui si afferma che il contribuente in sede di contraddittorio potrà fornire la prova che: a) la formazione della provvista potrà anche essersi realizzata nel corso di un periodo diverso rispetto ai quattro anni indicati dal Decreto; b) la provvista è stata utilizzata per l’effettuazione dello specifico investimento. Quanto proposto nell’esempio permette quindi di confutare l’utilizzo di metodi presuntivi (come la arbitraria ripartizione dell’incremento patrimoniale in cinque anni), di evitare metodi illogici (come il non considerare i risparmi accumulati nel 18 corso degli anni) a favore di un metodo che attesti quanto reddito negli anni sia stato effettivamente prodotto, analizzando disinvestimenti netti e risparmi accumulati. Un cenno particolare merita la vicenda legata al possibile utilizzo delle spese medie Istat ai fini del calcolo della capacità contributiva del soggetto interessato. Poiché per accertare lo scostamento tra i redditi dichiarati e le spese effettuate, il nuovo redditometro prende in considerazione il lifestage (fase della vita) del contribuente, era stata paventata da più parti una possibile lesione del diritto alla privacy dei cittadini, rendendo necessario il ricorso ad una verifica preliminare dello strumento da parte del Garante della privacy. Con provvedimento del 21/11/2013 il Garante ha quindi prescritto all’Agenzia delle Entrate l’adozione di una serie di misure ed accorgimenti tese a ridurre al minimo i rischi di invasione della privacy dei cittadini. Suggerimenti che possono essere riassunti in alcuni punti: - la profilazione del contribuente può essere ottenuta utilizzando solo ed unicamente le spese certe, senza ricorrere alle spese calcolate tramite medie Istat; - le spese medie Istat non possono essere utilizzate per determinare l’ammontare di spese frazionate e ricorrenti (abbigliamento, alimentari, alberghi…) - il fitto figurativo non deve essere utilizzato per selezionare i contribuenti da sottoporre ad accertamento, ma solo, ove necessario, nella fase del contraddittorio; - la qualità e l’esattezza dei dati utilizzati devono essere valutati con la massima attenzione. Sebbene da una prima lettura del provvedimento le spese Istat sembrerebbero essere state escluse dal Garante sulla privacy, in occasione di Telefisco 2014 l’Agenzia delle Entrate è invece tornata sul punto ed ha espresso il suo punto di vista, non propriamente in linea con le critiche ricevute dal Garante. Riprendendo in considerazione quanto stabilito dalla circolare 24/E/2013, le spese sono da dividersi in: spese certe e spese per elementi certi. Mentre per le prime occorre far riferimento alle voci di spesa inserite nel Decreto del redditometro, per le seconde invece non vi è alcun riferimento specifico nel Decreto; di fatto, è la circolare stessa che considera “spese per elementi certi” tutte quelle spese gestionali connesse alla disponibilità di determinati beni, quali abitazioni e mezzi trasposto; a tal proposito si prendono quindi in considerazione le spese per acqua e condominio, le spese per la manutenzione ordinaria dell’abitazione, le spese per elettrodomestici ed arredi, le spese per le comunicazioni e le spese per trasporti. 19 L’Agenzia delle Entrate, sempre in l’occasione di Telefisco 2014, ed alla luce delle considerazioni esposte dal Garante sulla privacy con il provvedimento del 21/11/2013, ha quindi sostanzialmente ribadito che nelle spese per elementi certi rientrano anche le medie Istat in quanto “in base ai contenuti del parere del Garante si ritiene che le spese medie Istat sono legittimamente utilizzabili per il calcolo delle spese connesse ad elementi certi poiché ci si riferisce al calcolo delle spese per la manutenzione ordinaria degli immobili per acqua e condominio ed alle spese relative all’utilizzo degli autoveicoli”. Di seguito un paio di esempi relativi alle spese per elementi certi calcolate in base alle medie Istat: Esempio n. 1: soggetto single di 35 anni che vive a Torino in appartamento di 120 mq con canone annuo di locazione di euro 12.000. In anagrafe tributaria risultano i canoni di locazione versati, oltre ad euro 900 annui per consumi di acqua, e nessun importo per le spese di condominio. Prendendo in considerazione le spese medie Istat di euro 54,43 per una tipologia di “persona sola con 35-64 anni” (spesa media mensile Istat / 75 mq x 120 mq dell’appartamento) avremo: 54,43 / 75 x 120 mq x 12 mesi = 1.045,08 per acqua e condominio; tra i due importi sarà preso quindi in considerazione quest’ultimo poiché maggiore, a meno di prova contraria documentata dal contribuente. Esempio n. 2: ad una coppia con tre figli residente al Sud che possiede due motoveicoli ed un motociclo per un totale di 177 kw, per l’anno 2009, viene attribuita una spesa media Istat mensile per la manutenzione dei mezzi, anche in relazione a benzina, ricambi e lubrificanti di euro 235,27 che, in base ai kw di riferimento calcolati in 164,70, determina una capacità contributiva come appresso meglio specificata: (235,27 spesa media Istat / 164,70 kw riferimento x 177 kw effettivi) x 12 mesi = € 3.034. Quanto riportato dagli esempi, in particolar modo per le spese relative ai trasporti con mezzi propri, è oggetto di molteplici critiche poiché l’uso che il singolo cittadino può fare del proprio mezzo è altamente soggettivo e non può essere banalmente determinato da un coefficiente; inoltre, come può il contribuente dimostrare che il veicolo è sempre stato fermo e non ha procurato spese di manutenzione? ______ ______ ______ Da ultimo, ma non per questo meno importante, è la considerazione sulla quota di risparmio accumulata nell’anno, come elemento rilevante ai fini del redditometro. 20 Il Garante della Privacy pronunciandosi su tutto il D.M. 24/12/2012 (Decreto attuativo del redditometro) non ha considerato l’argomento dei risparmi accumulati e l’Agenzia delle Entrate ha quindi concluso che tale silenzio equivalesse ad un assenso all’utilizzo della voce. Anche su questo punto è quindi lecito porsi la domanda: ma se il redditometro è basato sulla determinazione di spese certe e spese per elementi certi, perché occorre prendere in considerazione anche i risparmi? Forse per selezionare le posizioni da sottoporre a controllo? Ma anche questa conclusione rischia di rivelarsi ardita, poiché riferita ad un aspetto sul quale il Garante non si è pronunciato. Quest’ultimo aspetto, relativo alla selezione delle posizioni da verificare, è stato chiarito dalla recente circolare n. 6/E del 11 marzo 2014, in virtù della quale, e tenuto conto delle valutazioni evidenziate dal Garante della privacy, la selezione dei soggetti dovrà essere effettuata tenendo presente la differenza concettuale tra “famiglia fiscale” e “famiglia anagrafica”, perché nella famiglia anagrafica dovranno essere considerati anche i familiari non fiscalmente a carico, ma che di fatto contribuiscono al sostenimento delle spese familiari; tale disallineamento verrà superato non appena sarà conclusa la fase di integrazione tra l’Anagrafe nazionale della popolazione residente e l’Anagrafe tributaria. Ai fini della selezione non rileverà neanche il concetto di “fitto figurativo” in quanto solo in sede di contraddittorio il contribuente potrà rappresentare la sua reale condizione abitativa, esibendo le spese per elementi certi, connesse alle caratteristiche dell’immobile di cui dispone. E’ stato altresì ribadito quanto già riportato nella precedente circolare 24/E, ovvero che anche le spese medie Istat non costituiranno la base per la selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento sintetico, ma rileveranno solo per il calcolo delle spese connesse ad elementi certi. La selezione delle posizioni oggetto di verifica, rassicura infine l’Agenzia attraverso la circolare ultima, sarà comunque effettuata con cura, così come richiesto dallo stesso Garante; per limitare al massimo i rischi di errori, gli Uffici infatti, prima di procedere all’invito del contribuente, effettueranno una preliminare analisi delle informazioni presenti nelle banche dati. 2.2 - Beni e servizi utilizzati da Aziende e Professionisti Ai fini del redditometro non hanno rilevanza le spese per beni e servizi utilizzati nell’attività d’impresa o nell’esercizio di arti e professioni. 21 Solo i beni che vengono utilizzati esclusivamente in tali attività non rilevano ai fini dell’accertamento sintetico; ma non è tutto. Il Decreto di attuazione dello strumento, stabilisce che le spese relative all’acquisto di beni utilizzati in modo “promiscuo” assumono rilevanza nella ricostruzione della capacità contributiva del soggetto accertato. Occorre tenere inoltre presente che, per gli imprenditori ed i professionisti l’accertamento sintetico, anche se definito in sede di accertamento con adesione ai sensi dell’art.1 e segg. del D.Lgs. n.218/1997, inibisce il possibile utilizzo di ulteriori metodi presuntivi di accertamento (ad esempio, quelli da studi di settore). Nel “vecchio” redditometro era possibile dimostrare che un bene venisse «utilizzato nell’esercizio di impresa, arti e professioni e tale circostanza risulti da idonea giustificazione», dando quindi maggiore respiro al concetto di bene strumentale, seppur di utilizzo “promiscuo”, nella propria attività13. Con il nuovo strumento, invece, per chi svolge anche un’attività d’impresa o di lavoro autonomo, occorre tener presente che «non si considerano sostenute dalla persona fisica le spese per i beni e servizi, se gli stessi sono relativi esclusivamente ed effettivamente all’attività d’impresa o all’esercizio di arti e professioni, sempre che tale circostanza risulti da idonea documentazione ».14 Ad una prima lettura la previsione sembrerebbe più restrittiva rispetto al passato, poiché contempla le spese per beni esclusivamente ed effettivamente utilizzati nell’attività. Sotto un profilo sostanziale, tuttavia, non dovrebbe cambiare nulla. Se si considera ad esempio un automezzo utilizzato promiscuamente nell’attività d’impresa, non potrà certo essere messo in discussione che lo stesso rilevi, ai fini del redditometro, solo per la parte inerente l’uso personale. Quanto appena detto introduce un aspetto particolarmente delicato: la valutazione dei cosiddetti beni promiscui (come le autovetture). Tali voci assumeranno certamente un peso determinante nei controlli de quo. Occorrerà riscontrare l’inerenza di tali beni alla specifica attività, e tener conto delle percentuali di deducibilità forfettarie stabilite dalla legge15. A meno che non si svolga un’attività che richieda un più intenso uso del bene, e che possa dunque giustificare deduzioni superiori alle percentuali forfettariamente riconosciute, si ritiene che gli Uffici accetteranno con molta difficoltà l’applicazione di percentuali 13 articolo 3 del Dm 10 settembre 1992. articolo 2 del Dm 24 dicembre 2012. 15 articolo 164 del Tuir: 40% fino al 31 dicembre 2012 mentre dal 01 gennaio 2013 è passato al 20%. 14 22 eccedenti i limiti stabiliti ex lege, per dimostrare una minore rilevanza ai fini del redditometro. Inoltre, ai fini dell’accertamento sintetico, andranno considerate anche quelle spese relative a beni mobili (diversi dalle autovetture), per le quali le norme fiscali sul reddito d’impresa e quelle sul lavoro autonomo, stabiliscono la rilevanza al 50% se risultano “promiscuamente” riferite sia all’attività professionale e/o imprenditoriale, che a finalità personali. E’ il caso, ad esempio, delle spese per energia elettrica sostenute nello studio di un libero professionista. Chiaramente, ai fini del redditometro, queste spese rileveranno al 50%. Per gli imprenditori, inoltre, andrà valutata la possibilità, tutt’altro che remota, che il reddito dichiarato non esprima realmente l’effettiva capacità di spesa, rilevante ai fini del redditometro. Il reddito d’impresa, come ben noto, rileva per competenza e non “per cassa” (a differenza delle voci di spesa rilevanti ai fini del redditometro) e tiene conto di tutta una serie di poste rettificative espresse dalle variazioni in aumento ed in diminuzione dal reddito imponibile. Per cui è evidente che l’Amministrazione Finanziaria dovrà adeguare il reddito dichiarato a quello effettivamente spendibile, per poi confrontare quest’ultimo con le spese sostenute16. Altro aspetto su cui gli imprenditori e gli esercenti arti e professioni dovranno prestare attenzione, è quello della congruità, o meno, del reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarati, ai fini degli Studi di Settore. Ciò perché il redditometro, determinando il reddito complessivo presunto, inibirà all’Ufficio la possibilità di effettuare rettifiche attraverso accertamenti parziali17. Dunque, una volta effettuato l’accertamento da redditometro attraverso un accertamento ordinario, l’Agenzia delle Entrate potrà eseguire ulteriori rettifiche sulla posizione di imprenditori o professionisti esclusivamente “per la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” (ad esempio, un "incrocio" presso un terzo), indicando, però, specificamente tali 16 in tal senso anche circolare dell’Agenzia n. 25/E/2012, risposta 8.1, che fa riferimento ad un eventuale “reddito finanziario disponibile”. 17 articolo 41-bis del Dpr 600/1973: Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall'articolo 43, gli uffici delle imposte, qualora, dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile……., possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili. 23 fatti, o notizie nell’avviso di accertamento rettificativo, pena la nullità dell’atto stesso, ai sensi di legge18. Ne consegue che, l’amministrazione finanziaria non potrà più effettuare, ad esempio, accertamenti da studi di settore, o da indagini finanziarie per l’attività d’impresa o professionale; mentre potrà eseguire accertamenti ai fini Iva ed Irap. Infine, un breve cenno alla novella legislativa in tema di comunicazione dei beni dell’impresa utilizzati dai soci e dai familiari, con la quale viene ampliata la sfera dei beni rilevanti ai fini del redditometro. Il dettato del D.L. n.138/2011, obbliga le società di persone, di capitali, nonché gli imprenditori individuali, a comunicare i beni dell’impresa utilizzati, per fini privati, dai soci e/o dai familiari (dell’imprenditore o dei soci). Questa nuova “dichiarazione” ha lo scopo di limitare l’utilizzo dello schermo societario, sovente attraverso società di comodo, per l’intestazione di beni di lusso come auto, yacht ed immobili, utilizzati non dal formale proprietario ma dal substrato societario di appartenenza; per cui ad esempio, se un immobile intestato ad una società viene utilizzato da un socio della stessa, occorrerà comunicarlo all’Amministrazione Finanziaria. È evidente che tale comunicazione avrà effetti su un eventuale accertamento sintetico a carico del socio. Tra l’altro, l’obbligo di comunicazione si ha a prescindere dal fatto che il socio realizzi un reddito diverso, come ora previsto dalle disposizioni del D.L. n.138/2011. Nella comunicazione andranno inoltre ricompresi eventuali finanziamenti concessi dai soci alla società, nonché tutte le altre forme di capitalizzazione effettuate a favore della stessa. Ed è importante ricordare che anche tali voci rileveranno ai fini del redditometro19. 2.3 “Redditest” Uno strumento complementare al redditometro appena esaminato, è il cosiddetto “Redditest”. Il relativo software che consente di procedere ad una autoanalisi tra quanto dichiarato e quanto speso è disponibile on line, gratuitamente, sul sito dell’Agenzia delle Entrate. 18 articolo 43, comma 4, del Dpr 600/1973: Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti l'accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell'avviso devono essere specificatamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte. 19 La c.d. manovra di ferragosto (D.L. 138 del 13 agosto 2011 convertito con modificazione della Legge 14 settembre 2011 n. 148) all’articolo 2, commma 36-sexiesdecies si prevede che “al fine di garantire l’attività di controllo, nelle ipotesi di cui al comma 36-quaterdieces l’impresa concedente ovvero il socio o familiare dell’imprenditore comunichino all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai beni concessi in godimento”. 24 Si tratta in particolare di un software che permette ai contribuenti di valutare la coerenza tra il reddito familiare e le spese sostenute nell’anno. Vediamone il funzionamento e le criticità in dettaglio. 2.3.1 - Funzionamento La procedura è semplice: bisognerà compilare una serie di campi con le spese sostenute durante l’anno, di cui l’erario è già a conoscenza (ad esempio l’acquisto di una casa o di un’auto), alle quali verranno poi aggiunte in automatico le spese indispensabili per una famiglia (dal cibo all’abbigliamento) calcolate sulla base dei dati Istat, in relazione alla tipologia di nucleo familiare. Dal risultato del confronto tra le spese sostenute ed il reddito dichiarato ne conseguirà un semaforo verde, giallo o rosso a seconda della coerenza tra i due valori.20 In particolare dovranno essere indicati dapprima: la composizione, il reddito e il comune di residenza della famiglia del contribuente interessato. Successivamente dovranno essere indicate le spese sostenute nell’anno, suddivise in 7 macro categorie: abitazione, mezzi di trasporto, assicurazioni e contributi, istruzione, tempo libero e cura della persona, altre spese significative, investimenti immobiliari e mobiliari. L’Agenzia delle Entrate ha poi fornito alcune precisazioni: - la definizione di famiglia prescinde dal vincolo giuridico e dal criterio fiscale: si deve dunque fare riferimento alla situazione reale (es. una coppia non sposata che vive con i figli è considerata come “coppia con due figli”); - per quanto riguarda le spese per l’abitazione bisogna distinguere diversi casi: se è in corso un contratto di affitto, i canoni che ne conseguono devono essere indicati in riferimento al contraente; mentre nel caso di più contraenti, devono essere suddivisi pro quota tra gli aventi causa (locatari); - nella voce “Assegni periodici corrisposti all’ex coniuge” deve essere indicato solo l’importo destinato all’ex coniuge, e non anche le somme pagate per il mantenimento dei figli; - le spese sanitarie effettivamente sostenute (al netto dei rimborsi delle assicurazioni sanitarie) devono essere indicate per intero.21 20 Nanopress economia, Redditest 2013 online, ecco come funziona. 21 Investireoggi.it, Redditest e redditometro, ecco come funziona il software. 25 2.3.2 - Criticità Il maggior elemento di criticità riscontrato nel Redditest è rappresentato dalla differente incidenza che comportano le varie tipologie di spese sostenute. Tant’è che lo stesso ammontare di spesa risulta coerente o incoerente rispetto al reddito, a seconda che sia imputato ad una voce piuttosto che a un’altra (un caso esemplare riguarda la diversa incidenza a seguito della suddivisione della stessa spesa complessiva fra le voci che formano il settore delle spese per le abitazioni, o quelle per tempo libero e cultura). Ciò avviene per il diverso effetto causato dai coefficienti di ponderazione, e dalle funzioni di stima, assegnate ad ogni singola voce di spesa, che aumentano il livello di reddito sinteticamente stimato dal software. Risulta però impossibile individuare i parametri che determinano il peso delle varie voci, in quanto il software oscura sia il procedimento di calcolo che lo stesso risultato finale. Verosimilmente le spese che pesano di più, ed alle quali sono stati attribuiti i coefficienti moltiplicatori più elevati, sono quelle appartenenti all’aerea «tempo libero e cura della persona». Tuttavia, anche analizzando altre voci di spesa, sembra emergere qualche anomalia (ad esempio, nel settore delle spese per istruzione incidono in maniera determinante le eventuali spese sostenute dal contribuente per pagare l’affitto dell’alloggio fuori sede, le quali risultano più rilevanti, in termini di ponderazione, rispetto alle spese sostenute per lo stesso master o corso universitario). 26 Capitolo 3 Difesa del contribuente 3.1 - Premessa Per meglio comprendere lo strumento del nuovo accertamento sintetico, al fine di predisporre al meglio la difesa, è indispensabile porre l’accento su alcune importanti peculiarità dello stesso. Comprendere appieno la natura delle presunzioni utilizzate dall’Ufficio per ricostruire l’effettiva capacità contributiva del soggetto accertato, risulta decisivo per contestarne la veridicità e l’efficacia, e stabilire, inoltre, su chi ricada l’onere della prova. Particolare attenzione va posta all’elemento che maggiormente differenzia il precedente sistema dal nuovo: il diverso trattamento degli “incrementi patrimoniali”, cioè degli investimenti posti in essere dal contribuente nel periodo considerato. Nelle more del vecchio strumento, la spesa sostenuta per l’acquisizione di determinati beni (es. immobili, autovetture, ecc.), si considerava presumibilmente sostenuta in quote costanti nell’anno accertato e nei quattro precedenti. Ora la voce impatta esclusivamente per la quota sostenuta nell’esercizio oggetto di accertamento. La novità rischia purtroppo di determinare situazioni paradossali in sede di applicazione. Si pensi ad esempio all’acquisto di una abitazione. Come si può ragionevolmente sostenere che la provvista per tale spesa sia stata creata esclusivamente con i redditi prodotti nel solo anno di acquisizione del fabbricato, ed imputare dunque un maggior reddito al contribuente pari al valore del bene acquisito, al netto dei disinvestimenti dello stesso periodo e dei quattro precedenti, nonché degli eventuali finanziamenti accesi per l’acquisizione? Inoltre vi è il rischio che, per le spese sostenute dall’anno 2009 in poi, l’Ufficio possa procedere a ritroso per quinti e determinare il maggior reddito in relazione ad annualità antecedenti, per le quali stia operando con il vecchio strumento. Su questo secondo aspetto, la giurisprudenza di merito sembra orientata a favore del contribuente, anche se non mancano casi di comportamenti difformi da parte degli Uffici.22 Nel prosieguo del presente capitolo ci si soffermerà dapprima, a fini difensivi, sull’analisi della natura delle presunzioni di capacità contributiva utilizzate dall’Amministrazione 22 Commissione Tributaria Regionale di Trieste, 10 Luglio 2013, n.50/10/13 27 Finanziaria, e sulla novella legislativa in tema di obbligatorietà del contraddittorio e di instaurazione della procedura di accertamento con adesione, introdotta dall’art.22 del D.L. 31 Maggio 2010, n.78, per poi approfondire, nel merito, le contestazioni più significative mosse dall’Ufficio, e le controdeduzioni difensive più efficaci. Infine si accennerà brevemente al possibile utilizzo congiunto di ulteriori strumenti di accertamento. 3.2 - Natura delle presunzioni ed obbligatorietà del contraddittorio La posizione della giurisprudenza, in tema di natura delle presunzioni da redditometro, non è sempre risultata univoca, almeno in passato. Vi era infatti una parte della stessa che concedeva rango legale alle presunzioni utilizzate dall’Ufficio nella ricostruzione sintetica del reddito del contribuente. Le ultime pronunce in materia, però, hanno finalmente sgombrato il campo da ogni dubbio interpretativo, stabilendo la natura di presunzioni semplici delle stesse, e sottolineando l’obbligo, ai fini della loro efficacia, e a pena di nullità degli atti di accertamento successivamente emessi, del possesso dei requisiti di gravità, precisione e concordanza23. La conferma è giunta poi dalle recenti modifiche normative in tema di redditometro, secondo le quali “L'ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”. Appare chiara dunque l’assimilazione del procedimento di accertamento da redditometro, a quello degli studi di settore, basati entrambi su parametri statistici; ed altrettanto pacifica la natura delle presunzioni poste a base tanto del primo strumento, quanto del secondo. Occorre considerare infatti che, se l’efficacia delle tesi dell’Ufficio deriva dalla valutazione positiva compiuta in sede di contraddittorio con il contribuente, è ovvio allora che tali elementi vadano correttamente inquadrati nell’ambito delle presunzioni semplici, e non di quelle legali. Ecco dunque che il contribuente possiede diversi strumenti per contestare le presunzioni dell’Ufficio, anche in relazione all’iter logico di formazione delle stesse, considerando che, in sede di accertamento sintetico, la capacità contributiva viene determinata dall’Ente impositore tenendo conto delle spese effettive sostenute dal contribuente, e di quelle i cui 23 Su tutte, Cass. Civ., Sez.VI, 17 Ottobre 2012, n.17805. 28 dati sono contenuti nell’Anagrafe Tributaria; così come degli incrementi patrimoniali e della quota di risparmio. Qualora poi l’Ufficio, in sede di contenzioso, non dimostri la valenza probatoria degli elementi addotti nell’atto di accertamento emesso, quest’ultimo potrà essere contestato dal contribuente attraverso una puntuale difesa nel merito. 3.3 - Contestazioni e tesi difensive Dunque, le contestazioni dell’Ufficio nascono principalmente dall’analisi di alcune voci di spesa sostenute dal contribuente che, in base alla propria valutazione, rappresentano indici di capacità contributiva; e di tutte le uscite finanziarie che rappresentano incrementi patrimoniali nel periodo accertato. La difesa del contribuente non può prescindere dai principi indicati nell’art.4 del Decreto 24 Dicembre 2012, il quale prevede la facoltà di dimostrare: a) che il finanziamento delle spese è avvenuto: - con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d'imposta; - con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile; - da parte di soggetti diversi dal contribuente; b) il diverso ammontare delle spese attribuite al medesimo. Ma non si concentrerà esclusivamente nel merito delle singole voci poste a base dei rilievi dell’Ufficio. Preliminarmente infatti andrà verificato il rispetto dell’iter di formazione dell’atto di accertamento, e particolarmente delle previsioni contenute nel 7° comma dell’art.38. Come già rilevato in precedenza, a differenza del “vecchio” strumento di accertamento sintetico introdotto dal D.M. 10 Settembre 1992, ora è previsto, a pena di nullità, l’obbligo di invito del contribuente al contraddittorio prima dell’emissione dell’atto di accertamento, e successivamente quello di instaurare il procedimento di accertamento con adesione di cui all’art.5 del D.Lgs. n.218/1997. Gli elementi di prova potranno essere forniti dal contribuente anche dopo l’avvio del procedimento di cui sopra. Nel rispetto dei principi stabiliti dallo Statuto dei Diritti del Contribuente24, quest’ultimo avrà dunque il diritto di contestare le conclusioni dell’Ufficio in sede di confronto diretto, e prima dell’avvio del contenzioso. 24 Art.6, L. 27 Luglio 2000, n.212 29 In caso contrario l’atto successivamente emesso sarà viziato “ab origine”, e ne andrà richiesto l’annullamento nel ricorso introduttivo presentato alla Commissione Tributaria Provinciale ai sensi delle disposizioni sul processo tributario25. Sul tema la giurisprudenza si è ampiamente espressa a favore del contribuente26. Qualora poi il comportamento dell’Amministrazione Finanziaria risulti formalmente corretto, ma si giunga comunque all’emissione dell’atto di accertamento, l’ente impositore sarà obbligato a motivare adeguatamente le ragioni secondo le quali ha ritenuto di disattendere i fatti e le circostanze addotte dal contribuente in sede di contraddittorio; in caso contrario potrà richiedersi l’annullamento dell’atto emanato. E’ oramai consolidato il principio secondo il quale la motivazione costituisce uno degli elementi essenziali dell’atto amministrativo in generale, e di quello di accertamento tributario in particolare, la cui mancanza va contestata dal contribuente obbligatoriamente nel ricorso introduttivo, ai sensi del 2° comma dell’art.61 del D.P.R. n.600/1973, ed eventualmente riproposta in sede di appello. Per quanto detto finora, sarà allora decisiva, ai fini difensivi, un’attenta analisi preliminare dell’atto impugnato. Ma non meno determinante risulterà poi la strategia difensiva del contribuente per contestare nel merito le conclusioni dell’Ufficio. Anzitutto l’attenzione andrà posta alla tipologia di nucleo familiare, ed all’area geografica stabiliti dall’Ufficio per lo specifico soggetto accertato, ai fini dell’attribuzione del “lifestage”. Il corretto inquadramento sarà indispensabile ai fini dell’esatta quantificazione degli elementi di capacità contributiva, la quale terrà conto della spesa media del nucleo di appartenenza del contribuente, ai sensi dell’art. 1, 3° comma del D.M. 24 Dicembre 2012. Così come indicato anche nella recentissima circolare emessa dall’Agenzia delle Entrate (circolare n. 6/E dell’11 marzo 2014), l’Ufficio dovrà considerare la cosiddetta “famiglia fiscale”, composta, oltreché dal contribuente, dal coniuge, anche se non fiscalmente a carico, dai figli e/o dagli altri familiari fiscalmente a carico. Non potrà invece ricomprendere tutti quei soggetti appartenenti alla “famiglia anagrafica” (figli maggiorenni, altri familiari conviventi, nonché conviventi di fatto non fiscalmente a carico). 25 26 Artt. 20 e 22, D.Lgs. 31 Dicembre 1992, n.546 Recentemente, Commissione Tributaria Regionale di Bari, 27 Gennaio 2012, n.9. 30 Qualora il verificatore commetta delle inesattezze nell’attribuzione, sarà compito del contribuente contestarne prontamente la validità già in sede di contraddittorio. Non meno importante sarà il controllo dell’imputazione, da parte dell’Ufficio, delle spese sostenute per beni e servizi dal coniuge e dai familiari a carico del contribuente, ai sensi del successivo art.2 del Decreto citato, ed indicate nella dichiarazione dei redditi al fine di usufruire delle detrazioni d’imposta; così come del criterio seguito per la ripartizione delle spese medie ISTAT della famiglia, come stabilito nell’art.3. La delicatezza degli aspetti appena indicati assume maggiore rilievo alla luce delle critiche espresse dal Garante della Privacy nella propria istruttoria, sia in merito al corretto inquadramento nella “famiglia fiscale” ai fini della selezione, che agli errori nella comunicazione di notizie fiscalmente rilevanti, da parte di soggetti terzi (es. Notai e Compagnie di Assicurazione). Non meno importante la presa di posizione di quest’ultimo sull’inutilizzabilità delle medie Istat per tutte quelle spese presunte e non collegate a “fatti indice” di capacità contributiva, anche in fase di contraddittorio. Nella ricostruzione sintetica del reddito del soggetto accertato, l’Ufficio potrà servirsi “dei soli dati relativi alle spese certe, alle spese per elementi certi e al fitto figurativo”. Da sottolineare che il Garante, nel momento in cui riporta gli elementi rilevanti ai fini della ricostruzione del reddito presunto utilizzabili dall’Amministrazione Finanziaria, non indica neanche la quota di “risparmio”. Il che sembra escludere tale voce da quelle passibili di valutazione ai fini del redditometro. Sarà compito del contribuente contestare tali aspetti già nella prima fase del contraddittorio. Nel merito, poi, l’accento viene posto soprattutto sulle voci che l’Amministrazione Finanziaria riqualifica come incrementi patrimoniali. Poste che, a causa dell’elevato importo, spesso rappresentano le ragioni cardine degli accertamenti sintetici da redditometro. Analizzando la giurisprudenza di merito, si giunge a delineare un quadro generale delle possibili contestazioni mosse dall’Ente impositore. Un peso decisivo risultano avere le voci relative a beni immobili e mobili registrati, spesso associati a forme di finanziamenti accesi per l’acquisizione degli stessi (es. mutui fondiari). In quest’ambito la difesa potrà sostanziarsi, oltreché evidenziando l’utilizzo di redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d'imposta, sull’indicazione di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla 31 formazione della base imponibile, anche comprovando che la maggiore capacità contributiva è stata determinata da dismissioni poste in essere prima dell’investimento contestato, non considerate dall’Ufficio, o da liberalità ricevute da parenti, affini o da terzi; nonché da redditi dichiarati dai componenti il nucleo familiare, e non quantificati correttamente dall’Ufficio27. Laddove poi l’Ufficio, nonostante l’accensione di finanziamenti dedicati all’acquisto dello specifico bene, dovesse contestare per intero l’incremento patrimoniale nell’anno accertato, senza dunque considerare piani di ammortamento pluriennali della somma prestata, sarà giocoforza decisivo richiedere il rispetto del principio dettato dall’art.3, lett. d) del Decreto Attuativo del redditometro28, secondo cui: “L’Agenzia delle Entrate determina il reddito complessivo accertabile del contribuente sulla base:………………… - d) della quota relativa agli incrementi patrimoniali del contribuente imputabile al periodo d’imposta………”. Andrà naturalmente presentata una esaustiva documentazione probatoria in merito, sia in sede di contraddittorio, che eventualmente di giudizio. Un cenno merita anche la questione relativa al “fitto figurativo”, già descritta nel capitolo 2 del presente lavoro. Appare, a mio avviso, difficile che possa configurarsi una situazione in cui nell’intero nucleo familiare del contribuente nessuno possegga l’abitazione di residenza a titolo di proprietà o altro diritto reale; di locazione o leasing immobiliare; o ad uso gratuito. Ciò anche per casi limite rappresentati, ad esempio, da beni immobili concessi in godimento da società, o enti, a soci o familiari dell’imprenditore, ai sensi dell’art.2, comma 36-terdecies, del D.L. 13 Agosto 2011, n. 138, o da “fringe benefit” concessi a dipendenti, ai sensi dell’art.51 del TUIR. Ciò in quanto, le possibili forme che può assumere la concessione del particolare bene da parte della persona giuridica o il “benefit”, sono già ricomprese tra quelle alle quali non viene applicato il “fitto figurativo”, anche per ciò che riguarda il comodato, che per sua natura si presume sempre gratuito. È importante sottolineare però che, così come indicato nella circolare n. 6/E dell’Agenzia delle Entrate, indipendentemente dalla reale situazione del contribuente, qualora lo stesso non si presenti al contraddittorio, o non dimostri una diversa condizione in relazione al 27 28 Cassazione Civile, Ord. 31/07/2013, n.18388. Decreto 24 Dicembre 2012. 32 possesso di beni immobili, l’Ufficio sarà autorizzato ad assumere, quale elemento per la quantificazione della capacità contributiva del soggetto, il “fitto figurativo”. Ciò sottolinea ancora una volta l’importanza della fase del contraddittorio e costituisce un possibile strumento di difesa, qualora l’Amministrazione Finanziaria proceda con l’attribuzione della voce, senza aver prima “invitato” il contribuente ad esporre le proprie giustificazioni. L’importanza del corretto inquadramento del nucleo familiare, già sottolineata in precedenza, rileva poi anche ai fini del calcolo e dell’imputazione di tutte le spese di gestione dei beni immobili, basate spesso sulla media Istat calcolata per tipologia di nucleo. Sarà importante dunque contestare l’operato dell’Ufficio ogni qualvolta le spese siano quantificate partendo da presupposti errati circa il “lifestage” assegnato al contribuente. In tema di beni mobili varranno gli stessi principi espressi in precedenza, anche nel caso in cui l’acquisizione sia avvenuta per mezzo di contratti di leasing o permuta29. Come sottolineato in precedenza, estrema importanza rivestono inoltre tutti quegli atti di dismissione di beni che hanno determinato la provvista finanziaria dalla quale si è attinto per l’acquisto dei cespiti che, secondo la tesi dell’Ufficio, rappresentano indici di maggiore capacità contributiva. Questo perché, la Tabella “A” del Decreto 24 Dicembre 2012 stabilisce che la quantificazione dell’incremento patrimoniale andrà fatta tenendo conto anche dei disinvestimenti dell’anno oggetto di accertamento e di quelli netti dei quattro precedenti. Inoltre il nuovo strumento supera una pregiudiziale insita nel vecchio, cioè quella di dover dimostrare, da parte del contribuente, una connessione diretta tra spese/incrementi e flussi ricevuti. Dimostrazione estremamente complessa a distanza di anni ed in presenza di innumerevoli voci di spesa. Tra l’altro la giurisprudenza di merito, anche in relazione alle controversie innestate con il vecchio redditometro si è tendenzialmente orientata in tal senso.30 Va inoltre segnalato che, in ogni caso, l’Ente impositore avrà l’obbligo di dimostrare che la maggiore capacità contributiva attribuita al contribuente (il fatto ignoto), derivi da elementi e circostanze certe (il fatto noto), e non da fumose ricostruzioni prive del carattere di incontestabilità, anche alla luce delle critiche mosse dal Garante della privacy31 29 Vedi Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria, 9 Febbraio 2012, n.17. Vedi Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, 16 Ottobre 2012, n.115 31 Cfr. Commissione Tributaria Regionale di Milano, 19 Ottobre 2011, n.151. 30 33 Analizzando poi gli indici determinati dalle spese sostenute, vi sono altri aspetti, che si aggiungono agli elementi probatori potenzialmente utilizzabili e già indicati per gli incrementi patrimoniali (es. redditi esenti, liberalità, dismissioni, ecc.), sui quali il contribuente potrà incentrare la propria difesa. Ad esempio in merito all’errata attribuzione nell’an, e nel quantum.; o ancora perché sostenute non per esigenze personali, ma per lo svolgimento di attività di lavoro autonomo o di impresa. Si pensi a spese relative all’utilizzo di un automezzo ad uso promiscuo ed imputate per intero al contribuente in sede di costruzione dell’indice. Com’è noto infatti, queste ultime non possono avere alcuna valenza nella costruzione delle presunzioni redditometriche, per la parte relativa all’utilizzo strumentale all’attività. Qualora il contribuente riesca a dimostrare l’inesistenza della validità presuntiva degli indici, sarà compito dell’Ufficio presentare ulteriori elementi dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza a supporto delle proprie contestazioni, pena l’annullamento dell’atto di accertamento. In relazione alla originaria impostazione del nuovo strumento redditometrico, poi superata dalla recente circolare dell’Agenzia delle Entrate 31 Luglio 2013, n.24/E, con la quale veniva data una importanza decisiva all’utilizzo delle medie Istat per alcune voci di spesa, va chiarito che già critiche erano state mosse in una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia32 la quale, facendo proprie le conclusioni già espresse dal Tribunale di Napoli nell’Ordinanza 21 Febbraio 2013, aveva dichiarato l’illegittimità del Decreto Attuativo 24 Dicembre 2012, disapplicando la norma. Va considerato però che la parziale “retromarcia” dell’Amministrazione Finanziaria viene espressa in un documento di prassi che non può mai assurgere a rango di strumento contra legem, anche se nuovamente sottolineata nell’ulteriore documento di prassi emanato l’11 Marzo 2014 (Circolare n. 6/E). Appare dunque indispensabile un intervento legislativo che modifichi l’attuale quadro normativo. Tornando alla sopra citata sentenza, i giudici Emiliani, denunciavano il mancato rispetto del perimetro disegnato dalla normativa primaria e dei suoi presupposti, oltre a paventare la violazione delle norme costituzionali e comunitarie, poiché il decreto prende in considerazione, non la situazione del singolo contribuente, come prevedrebbe l’art.38 del D.P.R. n.600/1973, ma le spese medie delle famiglie stimate dall’Istat. 32 Sentenza n.74.02.13 depositata il 18 Aprile 2013 34 Il nuovo orientamento dell’Amministrazione Finanziaria dovrebbe porre il contribuente al riparo da eventuali ricostruzioni fantasiose dell’Ufficio procedente. In caso contrario la sentenza sopra citata, oltre alle conclusioni del Garante della privacy, potrà rappresentare valido argomento difensivo. La stessa pronuncia inoltre denunciava, che la raccolta di tutte le spese effettuate dal contribuente, dunque anche di quelle strettamente personali, violasse il diritto alla privacy di quest’ultimo, e si ponesse in netto contrasto con i principi costituzionali sanciti dagli articoli: 13 sull’inviolabilità della libertà personale, e 2 sul riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili; e di quelli di cui agli articoli 1, 7 e 8 della Carta dei Diritti Fondamentali della UE. Ma il punto più interessante è certamente quello relativo alla paventata violazione del diritto di difesa del contribuente33dovuta all’impossibilità, da parte di quest’ultimo, di fornire la “prova” di aver speso meno rispetto alle medie Istat. Ed è, a parere di scrive, proprio questo aspetto, oltre alle recenti critiche mosse dal Garante della Privacy e dalla Corte dei Conti, e di cui si parlerà nel seguito, ad aver determinato il “cambio di rotta” sulla valenza presuntiva degli indici Istat, e sull’impossibilità di utilizzo delle stesse in sede di contraddittorio se non collegate a “fatti indice”. Primo aspetto ribadito nel recentissimo documento di prassi emanato dall’amministrazione Finanziaria. Chiarisce sul punto l’Agenzia delle Entrate che: “Solo in via residuale e per le spese correnti, in quanto numerose e di importi non significativi, ma frequenti nel corso dell’anno, al fine di evitare ulteriori oneri di conservazione della documentazione da parte del contribuente, si utilizza la corrispondente spesa media ISTAT. I valori ISTAT, pertanto, hanno la funzione di integrare gli elementi presenti in Anagrafe Tributaria”. Nella circolare n. 6/E del 2014 rianalizzando tale aspetto, viene nuovamente affermato che: “le medie ISTAT sono utilizzabili per il calcolo delle spese solo se connesse ad elementi certi, quali il possesso e le caratteristiche di immobili e di mobili registrati”. La conclusione è che, almeno teoricamente, la ricostruzione della capacità contributiva del soggetto accertato dovrebbe essere basata su elementi di spesa certi, e più vicini alla reale situazione di quest’ultimo, evitando ricostruzioni “fantasiose” e prive di oggettività, difficilmente difendibili in sede di contenzioso da parte dell’Ufficio. Altro terreno di confronto è stato determinato dalla paventata valenza retroattiva del nuovo strumento accertativo, anche per le annualità precedenti al 2009. Giova infatti ricordare che 33 Ai sensi dell’art.24 della Costituzione e dell’art.38 del D.P.R. n.600/1973. 35 già in una sentenza del 201234, la stessa Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, aveva aperto a tale possibilità, nel caso in cui ne fosse derivato uno scenario maggiormente favorevole al contribuente. L’Agenzia delle Entrate su questo aspetto ha assunto recentemente una posizione totalmente contraria, ribadita anche nella Circolare emanata il 31 Luglio 2013 già citata in precedenza e, a parere di chi scrive, non condivisibile. Non si comprendono i motivi per cui la retroattività, riconosciuta in tema di studio di settore, venga preclusa per uno strumento che presenta innumerevoli analogie con il primo, anche in relazione alla natura delle presunzioni che ne scaturiscono. I principi dettati dalle sentenze appena citate, e le conclusioni di prassi dell’Amministrazione Finanziaria, forniscono ulteriori spunti difensivi a favore del contribuente, ma richiedono, inevitabilmente, l’urgente intervento della giurisprudenza, al fine di fugare ogni dubbio di incostituzionalità della norma. A confermare le perplessità sull’efficacia dello strumento “Redditometrico”, anche il recente “Rapporto2013 sul coordinamento della finanza pubblica” della Corte dei Conti. Nel documento la Magistratura Contabile, dopo aver definito “ondivaga e contraddittoria” la politica di contrasto all’evasione fiscale, ridimensiona la validità dello strumento accertativo in esame, affermando che: “il clamore mediatico suscitato dal nuovo meccanismo di ricostruzione sintetica dei redditi appare francamente sproporzionato alle limitate potenzialità dello strumento, e alla presumibile efficacia dello stesso che continuerà, inevitabilmente, a costituire un criterio complementare per l’accertamento dell’Irpef”. Un breve cenno merita infine un elemento, del tutto nuovo, la cui valutazione potrà senz’altro rappresentare terreno di confronto tra il contribuente e l’Amministrazione Finanziaria. Il riferimento è al possibile utilizzo, ai fini della determinazione sintetica del reddito, della quota di risparmio formatasi nell’anno35. Alla luce anche di recentissime interpretazioni fornite dalle Entrate36. Non è dato di capire, però, come il contribuente potrà “difendersi” su questo terreno. Ciò perché, né l’art.38 del D.Lgs. n.600/1973, né il D.M. 24 Dicembre 2012 contengono le regole per la determinazione della maggiore capacità contributiva legata alla quota di risparmio. 34 Sentenza 9 Ottobre 2012, n.272 D.M. 24/12/2012, art.1, 6° comma. 36 Telefisco 2014. 35 36 Ma l’aspetto più delicato è che, nelle norme citate, risulta totalmente assente qualsiasi riferimento alle possibili giustificazioni che il contribuente potrà addurre per contestare le conclusioni dell’Ufficio. Tanto più che quelle contenute nel 4° comma dell’art.38 del D.Lgs. n.600/1973, si riferiscono chiaramente alle voci di spesa, e non già alla quota di risparmio. Si consideri inoltre che, nelle more del vecchio strumento redditometrico, la quota di risparmio accumulata rappresentava spesso il mezzo a disposizione del contribuente per “giustificare” il proprio tenore di vita37 Ora la prospettiva viene totalmente capovolta. E’ facile comprendere allora che, anche alla luce delle critiche mosse del Garante della Privacy alle quali si è fatto cenno precedentemente, tali lacune potranno comportare un notevole incremento del contenzioso, una volta che il nuovo strumento diventerà operativo. Capitolo 4 Utilizzo congiunto di ulteriori strumenti di accertamento 4.1 – Studi di Settore L’Amministrazione Finanziaria da anni sostiene la tesi di un utilizzo combinato dell’accertamento mediante “Studi di Settore” e dell’accertamento sintetico di cui all’art. 37 Su tutte Cassazione Civile, Sent. 25/09/2013, n.21994. 37 38 del D.P.R. n. 600/1973 (“Redditometro”), con l’obiettivo di conferire una maggiore capacità probatoria alle risultanze degli studi. A tal proposito è d’obbligo evidenziare come gli scostamenti tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore hanno una valenza presuntiva semplice, per la quale i requisiti di gravità, precisione e concordanza non sono verificati automaticamente. Occorre analizzare se tale stessa natura sia anche costitutiva dei presupposti ontologici dell’altro strumento presuntivo in commento ovvero l’accertamento sintetico. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, la determinazione sintetica del reddito eseguita in base a specifici indici di capacità contributiva, individuati dal D.M. 24/12/2012, differenziati in funzione del nucleo familiare e dell’ambito territoriale, rappresenta proprio l’ulteriore elemento per avvalorare “la bontà” dell’accertamento fondato sulle discordanze tra quanto dichiarato al Fisco e i dati elaborati da GE.RI.CO. L’accertamento analitico-induttivo (Studi di settore) è volto ad accertare i maggiori ricavi in relazione all’attività d’impresa o di lavoro autonomo, mentre l’accertamento sintetico ha l’obiettivo di ricostruire il reddito complessivo del contribuente, che può essere costituito dagli stessi redditi d’impresa o di lavoro autonomo, ma anche da altre tipologie reddituali, quali: redditi diversi, esenti, soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta e redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. Costituiscono dunque due distinte metodologie di accertamento che hanno per oggetto l’individuazione di valori presunti differenti. Difatti non è escluso che l’Agenzia delle Entrate possa effettuare dei controlli sui consumi e gli investimenti di carattere personale dell’imprenditore, in quanto proprio in quest’ultimi, possono risiedere gli effettivi impieghi dei maggiori proventi relativi all’attività imprenditoriale e non risultanti dalla dichiarazione. Si può osservare come l’accertamento da redditometro offra una forma presuntiva diversa, in quanto si basa, per la determinazione del reddito delle persone fisiche, sul presupposto che quanto speso nel periodo d’imposta sia stato finanziato con redditi posseduti nel periodo medesimo. E a tale presunzione si affianca, con pari efficacia, quella basata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva. La metodologia sopraindicata, evidenzia la volontà dell’amministrazione finanziaria di rinvenire ulteriori elementi per sostenere la pretesa impositiva basata sulla non congruità. Gli studi di settore hanno infatti lo scopo di esprime dati di normalità economica riferiti a predeterminate categorie di imprenditori, presupponendo un comportamento standardizzato di una molteplicità di operatori, come se quest’ultimi avessero gli stessi presupposti 38 ideologici e agissero similmente in eguali circostanze. La giurisprudenza ha indicato tali controlli come “accertamenti standardizzati”, e quindi rappresentativi di una fattispecie economica preordinata. Lo scostamento da tali range delinea la cosiddetta non congruità, ma non può, per i motivi sopra esposti, essere indice di una infedeltà dichiarativa. Ne conviene che, per mezzo degli studi di settore, non è possibile sostenere una linea accusatoria, in quanto risulta necessaria, di volta in volta, un’analisi circostanziata del singolo caso, facendo riferimento ad elementi di carattere interlocutorio tra le controparti. A questo punto è evidente come sia divenuto sempre più centrale il ruolo del contraddittorio, attraverso il quale il contribuente dovrà fornire gli elementi a propria difesa, tesi a dimostrare le ragioni, ed i fatti costituitivi, che evidenzino l’infondatezza della pretesa erariale avanzata, subendo un’inversione dell’onere della prova proprio delle presunzioni semplici. L’accertamento sintetico redditometrico comporta una rideterminazione globale del reddito delle persone fisiche che, in quanto tale, include sia il reddito d’impresa che il reddito facente capo alla sfera personale dell’imprenditore, causando così un possibile recupero a tassazione ai soli fini IRPEF, e relative addizionali, e non anche ai fini IRAP e IVA38. Un’ulteriore analisi va fatta in relazione ai differenti presupposti temporali previsti dai metodi accertativi sopra indicati, riguardanti il principio di competenza e di cassa. Infatti mentre il reddito d’impresa segue il principio di competenza, le spese relative alla ricostruzione sintetica del reddito si manifestano tramite esborsi di denaro, e quindi seguendo quello di cassa. Viene a delinearsi dunque un problema di coordinamento degli schemi accertativi, in quanto ciò che viene sottratto a tassazione dalla sfera imprenditoriale potrà emergere negli anni successivi, e con differenti manifestazioni, sotto forma di spese o investimenti personali. Altre perplessità nell’utilizzo congiunto dei metodi sopradescritti sorgono se si considera che, così come già indicato in precedenza, l’accertamento redditometrico è di tipo globale e che, quindi, i provvedimenti emessi dall’Agenzia delle Entrate devono definirsi a carattere definitivo e non parziale, come previsto dall’art. 41 bis del D.P.R. 600/73, salvo il verificarsi di nuovi elementi probatori. 38 Quanto detto trova conferma nella sentenza 47/05/2013 della Commissione Tributaria Regionale Liguria, che ha accolto l’appello di una contribuente che veniva colpita da un accertamento di tipo induttivo, il quale evidenziava maggiori ricavi mediante l’applicazione di coefficienti redditometrici sui beni posseduti dalla contribuente, accertando una maggiore IRPEF, IRAP e IVA. 39 Alla luce di quanto indicato, una volta sottoposto il contribuente al redditometro, il potere impositivo dell’Agenzia delle Entrate dovrebbe considerarsi esaurito, comportando quindi l’illegittimità degli ulteriori atti volti a colpire il contribuente (specie se presuntivi). 4.2 – Beni concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore, e finanziamenti concessi alla Società Ai fini anche dell’applicazione del redditometro, l’introduzione dall’art. 2 comma 36terdecies e segg. del D.L. 138/2011, ha lo scopo di individuare i casi di interposizione fittizia attraverso la società, o la ditta individuale, per celare l’effettivo soggetto fruitore di beni aziendali. Infatti, con la sopracitata comunicazione inviata telematicamente all’Amministrazione Finanziaria, vengono verificati sia la disponibilità a fini privati da parte del socio (persona fisica) dei beni appartenenti all’impresa, che gli investimenti (finanziamenti o versamenti) che lo stesso socio ha effettuato a favore della società. L'interrelazione tra comunicazione dei beni concessi in godimento ai soci opera in modo diverso a seconda dei contesti di riferimento. Nel caso di bene di proprietà della società utilizzato dal socio con oneri a suo carico, lo schermo societario impedisce di riferire il bene al reale utilizzatore persona fisica. Esulando da questioni connesse al trattamento dei costi del bene in capo alla società, la conseguenza che vogliamo evidenziare è che il bene in questione concorrerà a pieno titolo alla formazione della presunta capacità contributiva ai fini del redditometro, in capo al socio utilizzatore. Soprattutto il pagamento di un corrispettivo da parte del socio utilizzatore alla società per l’uso del bene, incide nell’ambito dell’accertamento sintetico, trattandosi, a tutti gli effetti, di una spesa da questi sostenuta. Allo stesso modo, i versamenti ed i finanziamenti effettuati dai soci persone fisiche a favore delle società, a prescindere dal momento in cui sono stati effettuati e dalla finalità degli stessi, dovranno trovare debita giustificazione nelle disponibilità finanziarie o reddituali del socio, come spiega l’Amministrazione Finanziaria nella Circolare 25/E del 19.06.2012. Altra considerazione meritano le spese di mantenimento del bene concesso in godimento a soci o familiari dell’imprenditore, ma interamente sostenute dalla società. Infatti quest’ultime potranno essere oggetto di considerazioni relative alla deducibilità dei costi riferiti al bene “estraneo” all’attività d’impresa, mancando qualsiasi inerenza degli stessi, e 40 alla detrazione dell’Iva. E, specularmente, alla necessità di tassare il valore normale quale reddito diverso in capo al socio utilizzatore. Ma sono da ritenersi del tutto irrilevanti nell’ambito di un eventuale accertamento redditometrico in capo all’utilizzatore persona fisica. 4.3 – “Spesometro” Tra gli strumenti in possesso dell'Amministrazione finanziaria, volti a contrastare l'evasione fiscale, oltre al “Redditometro” vi è anche lo “ Spesometro”. Entrambi i sistemi, seppur completamente differenti tra loro, hanno finalità analoghe, e l’uno non esclude l’altro, anzi possono a ragione risultare complementari. Nello specifico, il Redditometro è uno strumento di accertamento di tipo sintetico che si basa sulla capacità di spesa del contribuente, mentre lo Spesometro, consiste nel comunicare all’Amministrazione Finanziaria tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA eseguite nel periodo d’imposta, da parte dei soggetti passivi (indicando importi e dati anagrafici dei soggetti39). Ed è proprio in quest’ultimo caso che le informazioni inviate tramite tale comunicazione permettono di risalire alla capacità di spesa di determinati soggetti per determinati beni e servizi, necessari per individuare i destinatari dei controlli da Redditometro. La finalità della comunicazione in oggetto è essenziale al contrasto all’evasione sia ai fini Iva, che delle imposte sui redditi. In particolare, l’obbiettivo dell’Amministrazione Finanziaria è quello di individuare, attraverso tale strumento, le situazioni a maggior rischio d'evasione, da un punto di vista quantitativo, rispetto alle situazioni marginali che, in base a quanto anche rilevato nella Circolare n. 24/E del 2011, comportano contestazioni di minima entità, rispetto alle risorse impiegate dagli organi di accertamento. Gli obiettivi dell'Amministrazione finanziaria sono pertanto quelli di accertare: 1. la congruità dei volumi d’affari e dei costi dichiarati dai contribuenti; 2. la capacità contributiva delle persone fisiche; 3. le spese ed i consumi di particolare rilevanza. L’obbligo di compilazione degli elenchi clienti e fornitori fu istituito con l'entrata in vigore dell’art. 29 del D.P.R. n. 633/ 1972. La norma prevedeva l’invio, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale IVA, di un elenco nel quale andavano indicati i 39 I commercianti al dettaglio devono comunicare le cessioni effettuate nei confronti dei consumatori finali (privati), solo se di importo superiore ad euro 3.600, rilevando anche il loro codice fiscale. 41 clienti ed i fornitori con i quali l’impresa avesse effettuato o ricevuto fatture. In relazione al contenuto dell’elenco, si ricorda che andavano indicati sia i dati anagrafici del soggetto, cliente/fornitore, sia gli importi dei corrispettivi e delle imposte oggetto delle fatture e delle bollette doganali. Tale adempimento fu poi prima abrogato dall’art. 6 del D.L. n. 357/1994 nell’ottica della soppressione degli adempimenti superflui, e poi reintrodotto con il D.L. n. 78/2010 40. L’attuale "Spesometro" (ovvero "Modello Polivalente") verrà utilizzato dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate con finalità di controllo ampliate rispetto alle previsioni precedenti, rappresentando per l’Amministrazione Finanziaria un ulteriore strumento da affiancare all’accertamento sintetico, previsto dall’art. 38 del D. Lgs n. 600/1973, al fine di rafforzare le risultanze probatorie di quest’ultimo. 40 Con il D.L. 78/2010 è stato reintrodotto l’obbligo di comunicare i dati rilevanti ai fini IVA, ampliando anche l’ambito di applicazione e con modalità che riprendono l’adempimento relativo alla comunicazione degli elenchi clienti e fornitori. 42