LA PALATA
LA BANDA BASSOTTI: BERLUSCONI E IL SUO
ALLIEVO BERTOLASO
di PIERPAOLO MELLONI
e LUCA PINCELLI IIIC
Si susseguono in questi ultimi giorni notizie sulla dilagante corruzione della classe politica italiana. Al centro
dell´attenzione, oltre che di un inchiesta della Procura di Firenze, si trova Guido Bertolaso, neo-ministro del
Governo Berlusconi. L´accusa è quella di corruzione: secondo la ricostruzione dei magistrati Bertolaso sarebbe al
centro di una rete di clientelismi alimentata da «incarichi professionali», «viaggi», «arredi», «telefonini», appalti e
regali di ogni tipo.
Il Sistema si basava sulle "Ordinanze di Protezione Civile", che permettono di stanziare ingenti finanziamenti
scavalcando le lentezze burocratiche, per favorire un pronto intervento in caso di disastri imprevisti. Però il caro
Guido ha sfruttato questo potere anche per gli appalti del G8 alla Maddalena, per i Mondiali di nuoto Roma ´09 e
per la realizzazione delle opere per il 150° anniversario dell´Unità d´Italia.
Ma, fatto ben più grave, dall´indagine è saltato fuori che questi appalti spesso faraonici erano vinti non in base alla
consueta regola dell´offerta più bassa, ma in seguito ad accordi prestabiliti, detto in parole semplici alle mazzette.
Uno dei "favoriti" di Bertolaso è il costruttore Diego Anemone, ora incarcerato per corruzione in concorso: ciò
dimostra che la pratica delle Ordinanze abusata da Bertolaso non solo uccide un livello minimo di concorrenza di
mercato ma offre anche il «cappello legale» ai più banali e antichi sistemi di corruzione.
Questa indagine scoppia in un periodo durante il quale la Protezione Civile era
già motivo di discussione per la creazione della Protezione Civile Servizi, una
s.p.a. posta sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio. Molti esponenti
di opposizione hanno visto in questa mossa una speculazione sulle emergenze,
visto che, in quanto s.p.a. può ricavare utili e possedere infrastrutture etc.
Inoltre, mediante la conversione del decreto che trasforma la Protezione civile
in s.p.a. sarà vietato avviare procedimenti giudiziari nei confronti di Bertolaso
stesso, mentre quelli pendenti verranno sospesi.
Ovviamente Bertolaso non è rimasto isolato, ma ha ricevuto l´appoggio di
Berlusconi, che si è prontamente schierato in sua difesa, respingendone le
dimissioni e accusando i soliti magistrati comunisti di attentare al suo governo.
Secondo noi la dichiarazione di Berlusconi non è tanto motivata dalla difesa di
Bertolaso in quanto uomo dello Stato, quanto a gettare altro fango sulla
magistratura e sulle intercettazioni: sono ormai moltissime le indagini in corso
che vedono Berlusconi tra gli indagati, non ultima la questione sollevata da
Guido Bertolaso (Roma, 20 marzo
Ciancimino Jr. sulla nascita di Forza Italia e i suoi legami con la mafia. L´
1950) è dal 2001 il direttore del
obbiettivo politico è ormai chiaro: il nostro premier si difende attaccando e
dipartimento della Protezione Civile
screditando gli organi di giustizia, oppure impedendo il loro lavoro (vedasi
della Presidenza del Consiglio dei
processo breve).
Ministri.
Ma forse Berlusconi è capacissimo di immedesimarsi in Bertolaso. Accuse,
processi, rapporti con la mafia e scandali a sfondo sessuale: in una telefonata intercettata fra Guido Bertolaso e tal
Rossetti, si ascolta: «Sono Guido. Sono atterrato in questo istante dagli Stati Uniti, se oggi pomeriggio, se
Francesca potesse, io verrei volentieri... Una ripassata». Ma che avete capito? Il Cavaliere ci illumina di verità:
«Guido aveva mal di schiena, andava da una signora di mezza età. Ho parlato con Bertolaso, so che aveva mal di
schiena e andava da una fisioterapista, una signora di mezza età ». Così dichiara il premier uscendo da un negozio
d'antiquariato a Bruxelles dopo il vertice straordinario Ue dell´11 Febbraio. Povera Italia!
DALLA TV A INTERNET: CHE LA FINE DELLA
DEMOCRAZIA ABBIA INIZIO!
di LUCA PINCELLI IIIC
Sono un pollo. Ma sono in buona compagnia. Siamo in circa cinque milioni di cittadini ad osservare gli stessi
pollai, per usare un’espressione del sempre pacato e moderato Presidente del Consiglio. Egli ha definito in questo
modo (pollai, appunto) le trasmissioni di approfondimento giornalistico che un paio di volte alla settimana
occupano i palinsesti della Rai.
Il giorno precedente a questa esternazione, l’Onorevole Beltrandi, radicale eletto nelle liste PD, ha proposto
l’approvazione del regolamento per le elezioni regionali del 28 e 29 Marzo sancito dalla Legge 28 del 22 Febbraio
2000 della Commissione di Vigilanza, con particolare riferimento all’art. 4 comma 2 (potete verificarlo sul sito
della Commissione di Vigilanza servizi radiotelevisivi).
In breve, secondo tale normativa, tra il 28 Febbraio e il 28 Marzo è
impedita di fatto la messa in onda di Annozero , Ballarò e affini, a
meno che propongano vere e proprie tribune politiche in cui siano
presenti tutti i partiti che si candidano alle elezioni. Tutti? Quasi,
perché i partiti che non sono presenti nei Parlamenti Italiano ed
Europeo, non potranno esprimere la propria opinione. Ritengo che sia
addirittura superfluo aggiungere che la proposta di Beltrandi è stata
votata dalla Lega e dal PDL; l’UDC si è astenuto (“opposizione vera
e seria”, la definisce il leader Casini. Giudicate voi); l’IDV si è
opposto perchè tale normativa limita la libertà di opinione, secondo
Di Pietro e soci. E il PD? I “democratici” hanno abbandonato l’aula, per cercare di far mancare il numero legale per
la votazione: adottano questo sistema da due anni, senza aver mai ottenuto risultati soddisfacenti. Io penso che
dando testate ad un muro continuamente, sia più facile avere un trauma cerebrale, piuttosto che rompere il muro:
evidentemente, Bersani e quel genio della politica che è Massimo D’alema la pensano diversamente.
Alla luce di tutto questo, sono due le perplessità che sorgono: la prima riguarda gli obiettivi del PD. Se Bersani e
compagni (forse “compagni” non è proprio il termine più appropriato), volessero rimanere sempre all’opposizione,
beneficiando delle briciole che vengono concesse loro dal PDL, giocando a fare il governo ombra, districandosi tra
uno scandalo sessuale e uno di corruzione, allora le varie scelte fatte (dal modo di fare opposizione alla scelta dei
candidati per le regionali) sarebbero coerenti con gli obiettivi. Inoltre, a mio avviso, la scelta di opporre scarsa
resistenza all’approvazione del regolamento sopracitato è sintomatica della debolezza del Partito Democratico, che
preferisce appoggiare le decisioni della maggioranza piuttosto che schierarsi a difesa di partiti minori di sinistra,
con cui dovrebbero avere più punti in comune e premesse ideologiche affini. Ma non hanno ancora capito che
questa strategia non porta a nulla? Non ci credo. A mio avviso, non vogliono capire.
L’altra questione che mi pongo riguarda la libertà di parola: quando Di Pietro e De Magistris definiscono l’attuale
situazione italiana come un fascismo in fieri, vengono accusati di bieco populismo da tutto l’arco parlamentare che
legge tali esternazioni come un tentativo di raccattare voti attraverso un inutile giustizialismo; ma Giorgio Bocca,
ex partigiano e straordinario giornalista italiano, sostiene qualcosa di analogo, seguito dai più illuminati giornalisti
e pensatori italiani. Sono sempre stato molto cauto nel paragonare il “berlusconismo” al fascismo, ma le leggi
sempre più anticostituzionali e antidemocratiche varate dal governo di centrodestra, insieme alle modalità con cui
vengono fatte passare in Parlamento (inserite in altre proposte di legge con cui non hanno nulla a che vedere, per
decreto ecc) non possono lasciarmi indifferente. Mi preoccupa ulteriormente il fatto che le intese bipartisan in
Italia, diversamente dagli altri paesi, sono mirate alla protezione delle lobbie e delle caste e non a contrastarle, che
si raggiungano facilmente accordi per limitare libertà di informazione e di opinione PROSEGUE A PAGINA 9
COLAZIONE ALLO ZUCCHI
di MARCO COLOMBO IIG
Come tutti ben saprete quella delle moschee è una questione che recentemente ha scaldato e acceso gli animi di
tutte le parti politiche, e ha risvegliato vecchi temi che sembravano dimenticati dalla stampa italiana. Si è infatti
parlato della costruzione di un luogo di culto finanziato dal comune di Milano da mettere a disposizione dei
credenti di fede islamica, il cui numero cresce costantemente e che si trovano a non avere un luogo di ritrovo e
preghiera appropriato. Tale problema mi pare poi ancor più di attualità a seguito del referendum tenutosi in
Svizzera, col quale gli elvetici popoli hanno molto nettamente rifiutato la costruzione di minareti nel proprio
territorio. Ebbene, per quanto riguarda Milano, sembra per ora che la famigerata moschea non abbia speranze di
nascere prima del 2011, se non addirittura del 2012: difatti il capogruppo della Lega Matteo Salvini ha dichiarato di
"Escludere che sia nel breve che nel lungo periodo la
questione delle moschee rientri nell’agenda del
Comune”.
Di opinione contraria è il capogruppo del Pdl Giulio
Gallera che ha invece ribadito il diritto dei musulmani di
avere un luogo di culto appropriato. Cosa questa possibile
(ipoteticamente) solo dopo l’approvazione da parte del
governo del “Piano di governo del territorio”, relativo
appunto all’edificazione di luoghi di aggregazione
potenzialmente pericolosi, quali in effetti potrebbero
rivelarsi le moschee. Sta di fatto che, nonostante le
posizioni ufficiali sostenute da Abdel Hami Shaari,
direttore del centro di cultura islamica di viale Jenner,
speranzoso nella ristrutturazione della cascina Gobba da
parte del comune, alcuni fedeli hanno deciso di
ristrutturare autonomamente un edificio recentemente
acquistato con le offerte dei fedeli in via Padova 144,
suscitando cenni di approvazione, ma anche in verità di
grande disapprovazione da parte degli stessi islamici, fra
cui l'Ambrogino d'oro Asfa Mahomoud, che ritiene
indispensabile l’approvazione di Palazzo Marino. La
faccenda appare pertanto alquanto spinosa da risolvere e
da valutare. Certamente infatti non si può negare che la grande presenza di musulmani nel nostro paese, e in specie
in Lombardia, richieda la presenza di luoghi di culto appropriati, come sancito dalla nostra costituzione, che
sottolinea come uno dei suoi pilastri portanti il diritto di libertà di espressione religiosa. Tuttavia la costruzione di
tale edificio, al di là delle eventuali critiche che potrebbero essere avanzate per via della loro possibile pericolosità,
necessiterebbe ovviamente di un ingente quantitativo di denaro, nonché in seguito spese di mantenimento che non
ritengo debbano essere imputate al comune. Come infatti le chiese cattoliche, e in genere tutti gli altri edifici di
culto presenti sul nostro territorio, si automantengono tramite le donazioni dei fedeli, piuttosto che grazie ad attività
economiche di vario genere, non vedo la ragione per la quale una moschea dovrebbe essere costruita e mantenuta
coi soldi pubblici. Mi trovo quindi d’accordo con Mahomoud, e cioè credo che si possa e si debba utilizzare
l’edificio di Via Padova, acquistato coi soldi dei fedeli, ma allo stesso tempo credo, come lui, che il comune debba
sbrigarsi a certificare ed ufficializzare l’immobile come luogo di culto.
Ora qualcuno potrebbe chiedermi perché le moschee dovrebbero costituire un pericolo, come ho affermato poco
prima. La risposta mi sembra ovvia: a costo di cadere nella banalità è bene infatti ricordare che praticamente tutti
gli atti terroristici degli ultimi dieci anni provengono da fedeli islamici, che spesso proprio nei loro luoghi di culto
si trovano ad ascoltare prediche e discorsi di imam esaltati, che travisano il vero senso del Corano e lo usano per
scopi estremistici; e abbiamo avuto più prove di ciò anche a seguito dell’arresto di alcuni di questi predicatori.
PROSEGUE A PAGINA 7
IL ROSSO E IL NERO
LA CHIESA COMANDA, LA POLITICA OBBEDISCE
di MARCO COLOMBO IIG e LUCA PINCELLI IIIC
IL ROSSO- LUCA PINCELLI
IL NERO- MARCO COLOMBO
Attacchi ai danni di intere istituzioni, fermento di
congiure, elaborazione di complotti: l’Italia di fine XX e
inizio XXI secolo sembra la Roma cesariana. Gli
scandali non coinvolgono solo i politici, ma anche la
Chiesa, le cui gerarchie (politici sotto mentite spoglie)
sono in subbuglio da qualche mese per il caso Boffo.
Dino Boffo è stato, come ben sapete, direttore
dell’Avvenire (giornale del Vaticano) per quindici anni
e direttore di Sat 2000 (emittente televisiva dei cattolici
nel mondo), fino agli inizi di Settembre dell’anno
passato, quando si è dimesso dal suo incarico a causa di
un articolo uscito sul Giornale di Feltri il 28 Agosto a
firma di Gabriele Villa. Il giornalista sosteneva che
Boffo, che in quel periodo era impegnato ad attaccare il
Presidente del Consiglio per i suoi trascorsi con le
escort, si era macchiato di reati ben più gravi (sentenza
del Gip di Terni, 9 Agosto 2004): aveva infatti
importunato la moglie di un uomo con cui intratteneva
una relazione. Per questo aveva pagato una multa e il
caso era stato archiviato.
Eccoci al secondo argomento de “il rosso e il nero”.
Questo mese ci troviamo a parlare di Dino Boffo,
ex direttore di “Avvenire”, il noto quotidiano
organo di informazione ufficiale della Cei.
Ma il segugio di Feltri sembrava più preoccupato di
additare come “colpa” massima dell’ex direttore di
Avvenire, il fatto di essere omosessuale (fino a prova
contraria, non costituisce reato). Ora, fino a qualche
tempo fa, appariva chiaro a tutti come il Giornale avesse
attuato questa mossa per proteggere il proprio editore e
spostare l’attenzione dalle vicende che riguardavano il
sultano, alle sterili (e, a mio avviso, non così gravi)
accuse mosse a Boffo. Tuttavia, alla luce delle ultime
notizie, sembra che il caso Boffo sia più complicato e
coinvolga diversi ambienti: sembrerebbe che il
documento su cui Feltri e Villa si sono basati per
accusare l’ex direttore di Avvenire, sia in realtà un
falso; inoltre, si vocifera di forti dissidi all’interno della
Curia, causati dai forti contrasti tra il cardinale Ruini,
Presidente del Progetto Culturale della CEI e fervente
sostenitore del “progressista” Boffo, e il cardinale
Bertone, Segretario di Stato Vaticano e Camerlengo, che
avrebbe espresso forti perplessità sull’operato di Boffo
stesso. Bertone avrebbe avuto anche l’appoggio di Gian
Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano (altro
giornale cattolico), che parrebbe aver confermato il
Anche se la questione risulta essere in verità un
poco datata abbiamo ritenuto che potesse essere
ugualmente interessante da proporre, soprattutto
perché credo sia utile per dimostrare la totale
inefficienza della stampa italiana e la sua grande
faziosità. Boffo era infatti stato accusato da Vittorio
Feltri, direttore del Giornale, di aver minacciato e
molestato telefonicamente una sua ex amante, e
soprattutto gli era stata imputata sempre da Feltri
una presunta omosessualità, accuse queste
“provate” da alcuni documenti che il direttore del
Giornale affermava provenire direttamente da
un’alta personalità della Chiesa, e che hanno
causato delle dimissioni quasi forzate da parte di
Boffo.
Questa questione assai controversa ha occupato le
prime pagine di tutti i giornali per molto tempo,
eppure tuttora non si è riusciti a capire quale sia
realmente la verità. Infatti alcuni giorni dopo la
diffusione di queste accuse, che hanno creato un
vero e proprio clima di solidarietà nei confronti di
Boffo, Vittorio Feltri ha sostanzialmente smentito le
sue tesi in una lettera di risposta ad una lettrice.
La questione che mi preme maggiormente è la
seguente: mi chiedo perché, se le accuse sono
lanciate contro una persona che non sia Berlusconi
o un altro membro del centro destra, tutti si
schierino prontamente in sua difesa, maledicendo la
dannata stampa italiana; se invece si lanciano
accuse contro il Presidente del Consiglio, allora
ecco che improvvisamente tutti cominciano a
sbraitare senza ritegno le proprie tesi non suffragate
da prova alcuna e a cianciare senza ritegno.
Ma il diritto a essere considerati innocenti fino ad
una condanna non dovrebbe essere uguale per tutti?
falso documento a Feltri, garantendogli che non sarebbe
incorso in alcun guaio giudiziario se l’avesse usato
come fonte attendibile. Ora, il nostro amico Feltri (me lo
immagino seduto alla sua scrivania, nella sede del
Giornale, che contempla il suo mezzobusto di
Mussolini), potrebbe incorrere nella radiazione dall’albo
dei giornalisti, per aver diffuso notizie false senza
essersi effettivamente documentato. Ma, in questa
vicenda, il fatto che un giornalista diffonda menzogne è,
paradossalmente, il problema minore. Che il Vaticano
decida delle sorti di una persona, delle notizie che
debbano essere pubblicate, del destino di uno Stato
laico: questo è davvero terrificante! A mio avviso, la
diatriba che si sta svolgendo in Vaticano tra “ruiniani” e
“bertoniani”, ha visto trionfare la seconda schiera che
quindi, con l’aiuto del Giornale ed, indirettamente, del
Governo sta disegnando la nuova strada che la Chiesa è
indirizzata a percorrere. Fatto, secondo me, ancora più
grave è che la “vittoria” sia da ascrivere all’ala più
conservatrice della Chiesa, largamente condizionata da
vere e proprie sette, come l’Opus Dei e Cl che di fatto
decidono gran parte dei movimenti nella Curia e, di
conseguenza, nella politica italiana che appare ancora di
più debole e condizionata non solo dalle mafie, ma
anche dalle ingerenze della Chiesa. Quest’ultima prima
condizionava “solo” le decisioni in merito a temi etici
quali il divorzio, l’aborto, la fecondazione assistita e
tanti altri; adesso ordisce attacchi e complotti a chi non
segue la propria linea politica. Che Dio ce ne scampi!
O vale solo per una parte politica e per l’altra no?
Detto questo, invece, mi preme però sottolineare
anche la leggerezza con la quale i nostri quotidiani,
siano essi di destra o di sinistra, scagliano troppo
spesso accuse infondate o non suffragate da prove
sicure, col solo risultato di infangare il nome di
qualcuno. Non sarebbe meglio riflettere prima di
scrivere per poi dover ritrattare tutto e fare di
conseguenza figure meschine? Non sarebbe meglio
evitare i titoloni ad effetto a cui oramai siamo così
abituati a favore di notizie magari meno eclatanti
ma fondate e veritiere? Evidentemente non è questa
l’opinione dei giornalisti, che sempre discutono di
questa problematica ma che continuano, nella
realtà, quasi sempre imperterriti a fare ciò che
hanno sempre fatto: parlare a vanvera. Un po’
come i nostri politici.
PROSEGUE DA PAGINA 5
È questa un’altra faccenda alquanto problematica, perché se da un lato è banale dire che non tutti gli islamici sono
terroristi, dall’altro è però vero che lo Stato non è finora riuscito a distinguere fra gli immigrati regolari e i
clandestini, che purtroppo in mancanza di lavoro si danno spesso alla macchia, ed è pur vero che anche a me
darebbe un po’ fastidio abitare in un contesto popolato più da stranieri che da italiani, non per xenofobismo o per
razzismo, ma semplicemente per il fatto che mi sembrerebbe di non essere più a casa mia se quando dovessi uscire
trovassi una persona parlante la mia lingua e venti parlanti un idioma a me estraneo. In conclusione, non nego il
diritto di tutti ad avere un proprio luogo di raccolta e di culto, ma sostengo la necessità di un controllo radicale e di
una collocazione che, detto volgarmente, accontenti capra e cavoli. Rimangono però le proteste della gran parte dei
cittadini milanesi residenti nelle zone limitrofe alle possibili future moschee, che sono preoccupati di vedere
aumentare il tasso di criminalità del loro quartiere. Non nego certamente che tutti abbiano diritto a predicare il
proprio credo e la propria religione, ma ritengo che bisognerebbe applicare forme di controllo particolari e
“riservate”, che non vadano cioè a ledere la spiritualità di queste persone, ma che allo stesso tempo possano
assicurare un clima non di odio verso gli italiani, ma di rispetto reciproco, che è poi cioè che sostanzialmente il
Corano afferma realmente
MAGARI NEIL ARMSTRONG
VOLEVA DIVENTARE IDRAULICO
di CAMILLA ROSSINI IB
“Which job do you want to do?” Il quesito mi osserva, insistente, dalla sezione speaking del libro di inglese.
L’insegnante giustamente mi incalza, vuole che dia una risposta.
Bella domanda.
Sono diciassette anni che mi ci arrovello, senza risolvere alcunchè. Ho voluto fare, nell’ordine: la sarta, la ballerina
(!), la veterinaria, la naturalista, la scrittrice. E questo solo dai due ai dieci anni. Ed ora, nel giro di dieci secondi,
dovrei trovare una soluzione al problema, pronunciare una parola, una sola, che qualifichi per sempre il mio
percorso di vita.
Spaventoso.
Se mi fermo a riflettere, quasi ogni adulto che conosco (tranne gli eterni spiantati-spiazzati-arrangiantesi) è
associato, nella mente di tutti, ad un mestiere che costituisce parte integrante della sua figura, che lo identifica tanto
quanto la forma del naso, il colore degli occhi. Ed è come se ci fosse nato, con quel lavoro addosso. Come se
l’ostetrica, con il neonato congestionato e bagnaticcio in braccio, avesse esclamato: “Complimenti, signora, è un
ingegnere!”Non capita spesso di considerare, invece, che ognuno di loro è stato semplicemente un ragazzo, incerto
sul modo in cui orientare la sua vita, e spesso la decisione è stata pressochè casuale, esitata. Magari –certamentetra loro molti avrebbero voluto divenire tutt’altro.
C’è, ovviamente, chi dalla prima elementare procede, sicuro e spedito, lungo i binari diritti della certezza, e fin da
bambino s’intesse una vita futura senza ombre. Attenzione: non parlo di chi ha un sogno, di chi dice “Io voglio fare
la maestra”, ma di chi afferma con un sorriso vacuo “Io sarò maestra”, come parlasse di un libro che ha già letto.
Per un certo verso li invidio: vedere tutta la propria vita spianata davanti come una vallata conferisce, suppongo,
un’illusione di sicurezza all’esistenza.
D’altro canto, mi dico, io non potrei mai decidere senza aver prima vagliato ogni possibilità; o meglio: come è
possibile risolversi per un mestiere solo? Ci rendiamo conto di quante professioni interessanti si possono svolgere?
Guardo un documentario sul Picchio Rosso Maggiore e mi vedo iscritta a Scienze Naturali, leggo Catullo e
studierei Lettere per sempre, vedo un film dai colori vivaci e vorrei essere regista, canto sotto la doccia e già mi
sento rockstar.
È vero, ce n’è ancora di tempo per decidere. Ma noi tutti sappiamo quanto gli adulti siano incalzanti, in tal senso.
Chi non viene occasionalmente assillato dall’imbellettata signora di turno che con tono compiacente domanda:
“Cosa vuoi fare dopo, eh? Il mestiere di papà?” Primo: se non se ne fosse accorta, carissima, già da qualche tempo
esiste un fenomeno chiamato mobilità sociale, inoltre trovo la prospettiva di fare carriera in quanto "raccomandatafiglia di" piuttosto avvilente, pensi che strano. Secondo: dopo cosa?! Come se tutto questo fosse solo una
preparazione propedeutica al mio inserimento nella Grande Macchina del Sistema. Come se non fosse possibile
studiare qualcosa per formarsi come individuo, ma solo per diventare un Essere in Qualche Modo Produttivo. –
Ovviamente, alla signora non dico tutto ciò, ma bofonchio in risposta “…ancora non so…”Questa è la degenerazione del fenomeno di cui dicevo prima, affermando che il mestiere è tratto identificativo della
persona: si arriva spesso a non pensare completo un individuo finché sul suo documento di identità, alla voce
“professione”, non appare una magica parolina, che certifichi che la sua formazione lo ha finalmente portato al
gioioso momento del lancio nella Produttività. È così che si finisce per educare i bambini a Internet, Informatica e
Inglese e sacrificare Storia e Geografia, salvo aver fatto fino a ieri tronfi discorsi sul senso di appartenenza al
territorio e sull'identità regionale. Ma questa è un’altra storia.
Parlavamo della Produzione vista come realizzazione. Be’, io non riesco a vedermi in quest’ottica. È così
incredibilmente elettrizzante sentirsi privi di una rotta, sapere di avere tutte le prospettive aperte davanti, essere
ancora in tempo per immaginare una vita meravigliosa. Mi sento confortata e cullata da questa incertezza aurea, da
queste pressochè infinite possibilità. Posso diventare qualsiasi cosa.
Va bene, va bene, torno con i piedi per terra: l’anno prossimo inizierà il temuto orientamento, né, d’altronde, potrò
fare tutte le professioni del mondo o, materialisticamente parlando, campare d’aria.
Inoltre, la domanda sul libro di inglese mi scruta, attende una risposta. Tanto non lo so cosa voglio fare. Tanto in
questo pizzico di secondi non posso certo risolvermi. Tanto è solo uno speaking di inglese.
“I want to be an astronaut”, rispondo. Perché no?
PIANETA ZUCCHI
PERO’ …SOTTO SOTTO…
di SARA MONTAGNINO IIIA
Dopo avere passato ormai quasi cinque anni allo Zucchi non è difficile trovare 5 buoni motivi per i quali, avendo la
possibilità di tornare indietro nel tempo, si sceglierebbe un altro indirizzo piuttosto che quello classico:
1. i compiti sono veramente tanti e sono direttamente proporzionali al tempo che impieghi per svolgerli tutti (con
conseguenti nottate in bianco).
2. si studiano due lingue, il greco e il latino, che ormai non parla più nessuno e che hanno regole incomprensibili
(e questo ti porta a prendere 4 nelle versioni).
3. apparentemente i professori sembrano insensibili di fronte agli studenti “stanchi” e “oberati” dai troppo
compiti (vedi punto uno).
4. inoltre sempre i nostri prof. tendono a concentrare tutti i compiti in classe in uno stesso periodo, come se lo
facessero di proposito (sembra quasi che si mettano d'accordo).
5. anche se ogni anno si crede che il peggio sia finalmente passato, immancabilmente il successivo ci si accorge
che non è cosi: la quarta è difficile perché è il primo anno; la quinta perché bisogna studiare l'aoristo, gli
aumenti, e tutti i verbi irregolari greci; la prima è difficile perché cambi la maggior parte degli insegnanti e
aumenta il carico di lavoro; la seconda perché dicono che è la più facile e quindi la prendi “sotto gamba”; la
terza perché già dal primo giorno si parla di maturità (ma la speranza è sempre l'ultima a morire).
Tuttavia è proprio durante questi cinque anni che ti accorgi quanto in realtà lo Zucchi, ma credo valga per il liceo
classico in generale, sia stato per te importante: magari, non essendo portati per le traduzioni del latino e del greco
non si riuscirà mai a completare una versione decentemente, magari le nottate in bianco del liceo verranno
ricordante anche dopo avere finito la scuola, magari si crederà sempre nella mancanza di benevolenza dei docenti.
In fin dei conti però, alla fine i cinque anni dello Zucchi ti danno delle soddisfazioni: penso sia capitato anche a voi
che persone, provenienti da altri indirizzi scolastici, vi abbiano detto come si intuisce dal modo in cui vi esprimete
che venite dal Classico: e queste, diciamolo, sono soddisfazioni!.
E penso anche che vi sia capitato che quel professore, a cui credevate di stare tanto antipatici, vi abbia dato un voto
che non vi aspettavate minimamente “proprio da lui” (perché in fondo non sono tutti “brutti e cattivi” come noi
vogliamo credere).
Penso però che la soddisfazione più grande uno la possa avere quando ormai il suo percorso allo Zucchi è quasi
terminato, quando tutto quello che doveva, e poteva, fare sia stato fatto: personalmente mi è capitato che visitando
una città, un monumento particolare, un museo mi sono ritrovata la capacità di ricordare quanto fatto a scuola e di
collegarlo a ciò che stavo vedendo. È solo in quel momento che tu ti accorgi quanto sia stata utile quella lezione di
arte, di italiano, di filosofia che in un primo momento non eri stato capace di apprezzare.
Questa è la vera scuola: non quella che pretende che tu abbia tutti sei per essere ammesso alla maturità, non quella
che ogni anno ti dà il debito in greco e latino credendo cosi di colmare le tue lacune, ma quella che ti insegna da
una parte ad affrontare il mondo dell'università e del lavoro e dall'altra ad apprezzare tutto ciò che ti circonda. E
questa è la didattica su cui spero possa puntare la scuola del futuro: quella che, pur costringendoci a studiare il
nostro passato (per non dimenticarci da dove proveniamo), trovi sempre i giusti collegamenti per farci vivere
compiutamente il nostro presente e ci dia la possibilità di avere gli strumenti per proiettarci nel futuro. E così alla
fine quelli che credevi “5 buoni motivi per i quali avresti scelto un altro indirizzo” passano in secondo ordine se
messi a confronto con quanto di buono ti ritrovi dentro dopo questo percorso di studi.
Lo so ….sembra un spot pro-Zucchi…..e vi sembrerà banale, ma bisogna provare per credere.
ASPETTA ALMENO L’ANNO PROSSIMO!
di CAROLA GALIMBERTI ID
“Aspetta almeno l’anno prossimo!”
E’ ciò che mi sono sentita dire agli albori della mia quarta ginnasio, allorché io annunciai ai miei genitori e
compagni di classe l’intenzione di voler partecipare a qualche attività extrascolastica quale il teatro, Lector o il
Bartolomeo.Effettivamente, intendiamoci, la mia prima superiore non stava scivolando via come l’olio e il mio
rendimento scolastico non faceva certo innalzare inni di gioia ai miei genitori. Tuttavia mi faceva brillare gli occhi,
come un bambino che vede un lunapark per la prima volta, l’idea di poter recitare su un palcoscenico.
La preoccupazione che un’altra attività mi avrebbe sicuramente procurato un biglietto di sola andata per il paese
Bocciatura, riuscì a far svanire, almeno temporaneamente, la mia forte volontà di sentirmi realmente parte
integrante del liceo. I Galimberti sono comunque delle teste dure, che, quando si mettono in zucca alcune idee,
cercano di raggiungere l’obiettivo, senza fermarsi a raccogliere margheritine sui bordi della strada.
L’anno successivo, infatti, espressi nuovamente il mio desiderio di poter dare di più del “semplice sindacale”. Ma
anche questa volta, mio malgrado, tutti mi consigliarono caldamente (e “caldamente” è usato eufemisticamente) di
evitare di impegnarmi in attività che mi avrebbero distolto dallo studio, essendo la quinta ginnasio la classe in cui il
Greco diventa la croce che un po’ tutti gli studenti sono obbligati a portare.
Rinunciai anche quell’anno, sapendo che nulla mi avrebbe persuaso l’anno successivo a non prendere parte a quelle
attività alle quali spesso le madri, bevendo il thè con le amiche, si vantano che i figli abbiano intrapreso.
All’inizio dell’attuale anno scolastico mi presentai al cospetto di mio padre al quale annunciai con parole chiare e
altisonanti la mia volontà. Inizialmente non sembrava aver alcunché da ribadire, tuttavia il suo apparente assenso si
dimostrò fittizio: pronunciò un discorso a tal punto persuasivo che se lo avesse sentito il sofista Gorgia,
probabilmente avrebbe preso lezioni private da lui o come minimo si sarebbe complimentato.
I nuovi professori, le nuove materie, il maggiore numero d’ore scolastiche; ogni genere di difficoltà mi fu
enfatizzato in modo così tragico che anche andare alla mia oretta di lezione di musica il lunedì sera, pareva
togliermi il tempo che avrei potuto dedicare allo studio.Per questi motivi, purtroppo, anche quest’anno non reciterò
a teatro e non leggerò i libri di Lector. Essendo io stessa la prima a non fare parte d’alcuna attività extrascolastica,
sono fermamente convinta che “aspettare almeno l’anno prossimo” non porti alcunché di positivo. Se ne avete la
possibilità, partecipate almeno voi alle attività complementari organizzate dallo Zucchi.
Essere studenti non significa solo andare a scuola di mattina e uscirci prima del pranzo. Vuol dire essere partecipi
dell’ Istituto che vive anche attraverso le sue attività extrascolastiche(sono oltrettuto fonte di arricchimento
culturale per tutti noi, abituati spesso a definirci "amanti della cultura".) Per quanto mi riguarda, cercherò di
impormi. La mia battaglia contro l’“aspetta almeno l’anno prossimo” non è ancora finita!
PROSEGUE DA PAGINA 4
(la legge della Commissione di Vigilanza impedisce i dibattiti politici sulla Rai, lasciando il monopolio a
Mediaset, di proprietà del Presidente del Consiglio), per limitare internet, come attualmente viene fatto solo nelle
dittature.Un'altra forte spallata è stata data alla democrazia da parte dei politici italiani: non è antipolitica,
qualunquismo o demagogia, io non condanno la politica in sé, ma chi ne è protagonista negli ultimi anni. Gli
scandali, le accuse, i processi coinvolgono parlamentari e tesserati del PDL, del PD, della Lega, dell’IDV,
dell’UDC … Quello che si sta instaurando in Italia è un fascismo edulcorato, attuato grazie all’impossibilità di una
seria informazione, grazie alla censura, al benestare delle lobbie e delle mafie, al conflitto di interessi, alle manovre
dei gruppi di potere, al silenzio e alla rassegnazione dei cittadini. Se considerate pericolosa la situazione italiana,
non limitatevi a dire “tanto è così”, “lo fanno tutti” e altre frasi idiote del genere. Impegnatevi nel vostro piccolo a
cambiare lo stato delle cose. Non si chiama rivoluzione, non è qualcosa “di sinistra”, “di comunista”. Si chiama
impegno, si chiama amore per la libertà. Si chiama democrazia.
PALUDI VERDE MARCIO
COLME DI LUOGHI COMUNI
di MIRIAM TAIEB IV C
Mi par proprio che 'sto freddo ci stia intorpidendo un pò tutti. O è soltanto una delle tante scuse per dire che sono le
nostre menti ad essere maledettamente pigre?
Perchè mai dovremmo cercare la soluzione ad un problema, se apparentemente non ci riguarda, se è lontano anni
luce da noi?
Appunto: non ci riguarda; non ci riguarda finchè non verrà a tirar sassi contro le finestre della nostra casetta, dove
ce ne stiamo rintanati al calduccio, sprofondati nell'apatia e nell'ignoranza.
Il Paese dell'Inettitudine scarseggia di nuove menti da plasmare? Che aspetti, sbrigati a ripopolarlo: conduci quanti
più amici puoi presso il fiume delle ovvietà, e facci anche tu un tuffo, che non fa mai male. Su, in fretta, torna tra le
braccia di mammina, prima che ti raccontino come va il mondo, prima che ti spieghino che ogni cosa ha delle
conseguenze. Non sia mai che tu sappia. Tanto non occorre che tu abbia delle opinioni.
Qual è il problema, adesso? Non sai cosa fare? Ma lo risolviamo subito. Vai in salotto: la tele è accesa, non la
spegniamo mai.
Và a rincretinirti, muoviti. No, non guardare quelle cose lì... non sono adatte a te. Ma tu che vuoi saperne? Lascia
che siano gli altri a prendere decisioni per te. Non devi far altro che seguire la massa. Che vuol dire? Vuol dire che,
dove vanno tutti, devi andare anche tu. Chiaro? Non lo capisci che sono queste le cose importanti della vita, essere
sempre aggiornati sugli ultimi pettegolezzi e venerare una Chiesa che condanna l'omosessualità perchè la ritiene
una deviazione? Oh, vieni qui! Guarda che bella pubblicità di sentimenti e idee che tali più non sono.
Troppo logore per essere usate, le idee, ma perfette per diventare pensieri futili che ristagnano nelle nostre menti,
formando paludi verde marcio, colme di luoghi comuni e prossime all'esondazione. Li senti, li senti quei pensieri di
seconda mano, triti e ritriti, che ti entrano da un orecchio ed escono dall'altro, il loro suono solo un po’ affievolito;
quasi ovattato dai cumuli di polvere che ostacolano la viabilità dei tuoi neuroni febbricitanti?
LA STRISCIA
di ELISA PIAZZA IIG
POPOLO BUE TI UCCIDONO CON IL 2012
di ALESSANDRO GEROSA IIIG
Se dovete comprare un set di pentole mondial casa da Giorgio Mastrota, di quelli che comprate due pentole ed in
regalo vi spediscono un asse da stiro, un forno a microonde, un pulisci-nanetto da giardino e una comoda ed
elegante copertura in vera seta per cacciatorpediniere, prendete quelle offerte che incominciate a pagare le rate solo
da due anni più tardi: pagatele dal dicembre 2012.
IL CALENDARIO MAYA
Secondo il calendario Maya il tempo si
divide in cinque ere, quattro delle quali
(quella dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco
e della Terra) si sono già concluse.
L’ultimo ciclo, chiamato Era dell’Oro,
ha avuto inizio il 13 agosto del 3114 a.C.
e si concluderà con una serie di
alluvioni, terremoti e disastri naturali il
21 Dicembre 2012. Ma non vi
preoccupate: i (pochi) sopravvissuti
vedranno l’inizio di un’era di pace e
serenità.
Nulla sarà più lo stesso. Vedremo i gatti volare, nei frigoriferi ci
cuoceremo le braciole di maiale e Cicciolina farà la parlamentare
(ah, lo è già stata? Sicuri che il ciclo maya debba ancora finire?).
In verità, tutte le teorie sulle profezie Maya sembrano campate
per aria. I complottisti sembrano solo essere un po' tardi di
comprendonio. Infatti i veri studiosi dicono che la fine di un ciclo
Maya era solo l'occasione per fare una grande cerimonia, non era
causa di cataclismi indicibili. Insomma, era il pretesto per fare
baldoria ed aumentare esponenzialmente il tasso di natalità per una
notte (l'avete capita? Baldoria, tasso di natalità...? No? Siete per
caso complottisti?).
Inoltre, i complottisti stanno dividendosi fra di loro. Infatti, molti
(sedicenti) studiosi affermano che la fine del mondo non sarebbe
affatto da imputare alla profezia Maya, ma ad un terrificante attacco gastro-intestinale di Giuliano Ferrara. D'altra
parte le coincidenze parlano chiaro: seguendo il calendario Tzolkin dei Maya Giuliano Ferrara è nato nello stesso
anno di Cicciolina; ma non solo, entrambi sono stati parlamentari, uno italiano e l'altro europeo, così da completare
il ciclo dello Yin e dello Yang (che sarà pure cinese, ma gli fu insegnato dagli stessi alieni che insegnarono il
calendario Tzolkin ai Maya, quindi è irrilevante). Se alcuni punti non vi sono chiari, a breve seguirà una puntata di
Giacobbo su Voyager.
Altri eminenti studiosi di genealogia sembrano aver dimostrato che il grande sacerdote Maya Ksun Ztupid, autore
della profezia, sia diretto antenato del mago Do Nascimiento, quello di Wanna Marchi. Ciò non ha però intaccato la
fede dei complottisti, i quali infatti credono anche ai consigli per il lotto di Do Nascimiento.
Ma andiamo al titolo. Mia madre racconta che a Milano c'era un matto che gridava sempre “Popolo bue ti
uccidono con l'onda”. Lui ce l'aveva con la chiesa, che diceva uccidesse con delle onde ultraviolette giapponesi
lanciate dalle chiese. Il tutto prima che scoppiasse il caso delle onde di Radio Maria e Telepace XD.
Oggi declinerei il motto in “Popolo bue ti uccidono con il 2012”. O almeno ti inibiscono, ti ebetizzano. Perché tu,
popolo bue, devi credere che il problema del mondo sia il 2012. Poi, si, ogni tanto c'è qualche muratore che decide
di fare bungee jumping dai cantieri senza elastico, o qualche operaio che decide di mettere la mano sotto la pressa
“e vedere a poco a poco l'effetto che fa”. Ma quelli non sono problemi.
D'altra parte in Italia nel 2008 sono morti solo 1'120 lavoratori, poco più di 30'000 sono rimasti invalidi a vita, e
altrettanti circa sono rimasti vittima di patologie dovute al lavoro (e non si parla di una febbre curata con
un'aspirina e due giorni sotto le coperte, si parla di sordità, tumori, problemi muscolari e/o scheletrici). Nel 2012
moriranno 6 miliardi di persone circa.
Quindi chissenefrega di questi. Eh? Cosa dici? Che i lavoratori sono morti (o forse omicidi?) certi mentre il 2012
non si sa se moriremo o sopravviveremo? Sssssh, non dirlo in giro, altrimenti cominceranno a dire che il
complottista sei tu.
SORRIDIAMO
TORTURE TUTTE ROSA
di CLARA DEL GENIO IA
Purtroppo per noi, al cordone ombelicale non è affiliato un libretto delle istruzioni: l’uomo non è mai riuscito a
comprendersi e soprattutto a comprendere la vita a cui va incontro. Per questo motivo mi soffermo spesso a pensare
perché Dio non abbia mai lasciato un qualcosina, che ne so, una email, un post it, un biglietto sul frigorifero, che ci
spiegassero almeno in maniera basilare quali sofferenze ci tocca subire nel corso dell’esistenza. E a pensarci bene,
lo ha fatto. Genesi, 3.16 - Alla donna disse: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai
figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà". Aha, carino, vero? E questo dà solo un’idea
generale di quello che affronta e ha affrontato la popolazione femminile nei secoli dei secoli. Avete mai fatto caso
di quanti modi vediamo torturate? Va bene, okay, ci meritavamo una punizione per aver fatto “cadere nel peccato”
quel rinco*** di Adamo, però voglio dire. Sfornare figli in modo atrocemente doloroso è una giusta punizione; non
bastava? Beh, sappiamo tutti che il Santo Padre ha tendenze megalomani. Quindi gli è sembrato sensato rendere
protagoniste le nostre parti intime di quel meraviglioso evento mensile chiamato ciclo mestruale. (Non solo, non si
è nemmeno preso la briga di fornirci assorbenti in natura, abbiamo dovuto inventarli noi.)
Il rapporto Catullo – Lesbia è niente se confrontato a quello donna – menstruo: siamo isteriche quando non
arrivano, siamo istericamente entusiaste quando arrivano, siamo isteriche perché sono arrivate e le odiamo, siamo
isteriche quando ci rendiamo conto che il nostro salario è per metà consumato in Buscofan; non abbiamo potere
decisionale nemmeno sul nostro utero, che decide di svuotarsi sempre nei momenti più adatti, la sera in cui hai
addosso la gonna di jeans bianca, il giorno prima della gara di nuoto, il pomeriggio libero con il tuo ragazzo. E
quando la natura non ha già fatto abbastanza, ci mettiamo noi a farci del male, con arnesi quali epilatore e ceretta.
Depilarsi è necessario, certo: una gamba selvaggia non è piacevole né
alla vista né al tatto. Ma perché gli uomini non sono costretti a farlo?
Perché io devo avere l’ascella liscia come la seta per più di otto
settimane, se tu coi peli che hai sotto le braccia puoi fartici le trecce?
Perché io devo dolorosamente disboscare la mia zona bikini? La tua è
percaso tutelata dal WFF, è riserva nazionale? Perché io devo
seguire un corso di disegno geometrico per farmi le sopracciglia, e tu
puoi permetterti tranquillamente un monosopracciglio a quattro
corsie? E andiamo avanti. I tacchi sono per noi donne oggetti
deliziosamente desiderati: poche di noi rifiuterebbero un’armadio di
scarpe come quello di Carrie Bradshow. Ma se le consideriamo
prettamente dal punto di vista logico, le scarpe col tacco sono veri e
propri strumenti di tortura. A chi è venuta la malsana idea di
ostacolare il nostro cammino e renderlo un impresa da trapezisti?
“Stamattina mi sono svegliata e mi son detta, che vita noiosa! Che
palle avere piedi sani e funzionanti appoggiati stabilmente al
Io non so chi abbia inventato i tacchi
terreno! Voglio dare una scossa alla mia routine! Adesso incollo
alti, ma tutte le donne devono loro
degli stecchini aguzzi alla suola delle mie scarpe e mi impossibilito
molto" (Marylin Monroe)
nel camminare! Che idea meravigliosa!”
Fuori dalle discoteche pascolano mandrie di giovani ancora
inesperte del tacco con le scarpe tra le braccia e i piedi nudi sull’asfalto (vengono spesso scambiate per Francescani
particolarmente osservanti). Io tendo a lamentarmi molto spesso di queste piccole sofferenze, ma mi rendo conto
che subirle sottointende una grande fortuna: non lontano dalla nostra ovattata città, e forse anche tra di noi, donne,
per il solo essere donne, sono costrette, in un mondo che almeno per ideali è teso alla libertà, ad essere limitate o
private dei loro diritti più elementari, a piegare la propria volontà a quella altrui; quante di noi sono ancora
soggette, nel ventunesimo secolo, a pregiudizi di fondo, ad ingiustizie silenziose o dichiarate! La nostra condizione,
seppur in balia di un maschilismo sempre più evidente (la TV ne è un chiaro esempio), può essere modificata,
riscattata.
Ma non tutte noi siamo così fortunate. Quindi cercherò di tenere a mente, mentre vado dall’estetista, che la ceretta,
è vero, fa male: ma farebbe molto più male non avere libertà di pensiero.
VITA QUOTIDIANA:
MATRONA
MATRONA PER UN GIORNO
di ANNA RIGILLO IA
Ricordate la famosa donna romana, quella dei libri, stimata per la sua sobrietà e austerità?
Beh, mi spiace proprio, ma pare che dovrete premere il pulsante reset e ripartire da zero.
Forse ho esagerato un po’.
Agli inizi di Roma le donne dovevano vivere più modestamente, uomini e donne probabilmente vestivano allo
stesso modo, ma con l’espansione e l’accrescersi del potere dell’impero, i contatti con le altre culture, soprattutto
quelle orientali, produssero cambiamenti anche nelle usanze romane. Nel periodo imperiale era ormai fuori moda la
semplice pettinatura dell’età repubblicana, che consisteva in capelli raccolti, con scriminatura centrale, e le matrone
esercitavano i loro virtuosismi creando vere e proprie “torri” di trecce, che pare fossero finalizzate anche ad
aumentare la statura (Eh già, per i tacchi alti bisogna aspettare ancora una
quindicina di secoli).
Siccome questa pettinatura non doveva essere esattamente semplice, né breve,
le matrone dovettero affidarsi alle mani esperte della cosiddetta ornatrix.
Questa simpatica “artista del capello” aveva anche altri compiti, quali la
depilazione (sì anche loro) e il trucco della matrona. Pare che le matrone
conservassero gelosamente nell’armadio della stanza nuziale il cofanetto dei
“trucchi”, che veniva poi tirato fuori solo nel momento del bisogno. L’ornatrix
cospargeva le braccia e il viso della cliente con biacca (polvere bianca) mista a
gesso e, in mancanza di phard e ombretto, cospargeva gli zigomi e le labbra
con ocra o feccia di vino rosso e stendeva intorno agli occhi un po’ di fuliggine
(waterproof!). Non era trascurata neanche la pulizia dei denti, che avveniva
ricorrendo alla polvere di corno (non chiedetemi come). Quando si dice le
stranezze della vita: i denti certo dovevano essere puliti, tutto il resto, invece,
veniva lasciato alla cura di madre natura: no alla doccia. Ma non è finita qui:
potevano forse le ricche matrone trascurare i gioielli? Certo che no. Anche
Le “semplice” pettinatura di
alla disposizione di questi ultimi provvedevano le ornatrices, in modo che
Cornelia Lippa, madre dei fratelli
risaltassero e facessero risaltare la loro portatrice.
Gracchi, vissuta nel II secolo a.C.
Se trucco e parrucco erano così complicati, ci appare invece una matrona
piuttosto semplice nel vestiario.
Donna pratica, andava a letto con mutande (a differenza della compare greca), fascia sorreggente il seno e tunica.
Quando usciva dal letto, così, era già bella e pronta (andare in giro in pigiama o a letto vestiti?) e doveva solo
calzare i sandali e farsi avvolgere dalle addette al vestiario nella tunica lunga, che veniva stretta in vita da una
cintura. Ultimo pezzo dell’abbigliamento era la palla, un mantello che scendeva a pieghe.
L’abbigliamento delle matrone era molto simile a quello dei mariti, ma in tinte più vivaci, scelte dalle stesse perché
esaltassero la loro figura e la loro carnagione.
Accessori irrinunciabili in estate: un ombrello quasi sempre di colore verde che rimaneva sempre aperto (mi ricorda
un po’ i miei) e per questo molto scomodo, soprattutto quando tirava il vento, e un ventaglio di piume di pavone
(comodo!) utilizzato per sventolarsi e per scacciare le mosche (ricordate la storia della doccia?).
Curiosità: sembra che fossero molto di moda la parrucca bionda realizzata con capelli di donna nordica e quella
nera fatta arrivare dall’India.
L’EFFIMERO RESPIRO DEL BUIO
di MATTEO MONTI IB
La notte è un continuo oscurarsi. Non c’è luce nei viali. Non c’è luce nelle piazze. Non c’è luce negli specchi di
ghiaccio, vitrei, pallidi, memori di una vita che hanno soltanto potuto riflettere in silenzio. Avranno visto persone
che si allontanavano, coperte da colorati cappotti, il susseguirsi dei vari cappelli variopinti. Avranno baciato la
neve, quando ne erano accarezzati; bevuto il fumo di quelle troppe macchine, che schizzavano indifferenti per
quelle strade dimenticate. Paradossalmente è proprio quando sei nel cuore della folla, che ti senti più solo. Il
silenzio è un insieme di suoni azzerati, ed è solo la forza di volontà che ti permette di non perdere perfino te stesso,
con tutti questi stimoli. Cammina, fermati, girati, sospira, continua questo stile di vita che ti opprime, figli di una
società che ci disconosce, genitori di un modo di vivere ossessionante. Scatta in avanti, prenditi quello che vuoi. Se
ti manca qualcosa prenditelo. Prendi da me quello che vuoi, ormai non sono più niente.
L’aria fredda arrossa le tue guance, sei sempre rimasta bellissima alla luce soffusa. Cos’è la felicità? Chi l’ha mai
provata? E’ felice l’inconsapevole. La serenità la possiede chi non sa nulla. Niente preoccupazioni, niente pensieri,
una vita semplice, senza troppe pretese. Inebetito dalle urla, svegliato dal silenzio. Conduci una vita lineare,
circondati di ignari. Non voglio più saperne. Non voglio più saperne di tutti questi pensieri sconnessi, di tutte quelle
sere passate a scrivere, di tutte quelle sigarette fumate solo per avere un piccolo soffio dell’aria che respiri.
Oh, parvenza divina, lume nella notte, trasportami dove non esiste il peso, prendimi con te, attraverso questi mille
cieli. Donami l’ultimo fiato, il brivido prima della caduta.
Fammi diventare freddo e bianco, fammi diventare cenere per gli alberi, acqua per la terra. Non voglio più
guardare, non voglio più vedere; fammi sentire il caldo abbraccio del sole, la fredda acqua dell’ultimo fiume.
Fammi bere alla fonte di Mnemosine, fammi dimenticare tutto quanto, fammi librare al di là delle nuvole. Donami
quella vita che tanto desiderano i viventi, donami un posto vicino alle stelle, così che possa vedere il sole sorgere al
di là dell’orizzonte, i due oceani che illuminati dei suoi raggi diventano d’oro, il mondo che abbandona la fredda
morsa del buio. Coinvolgimi nella danza dell’universo, parte dell’armonia nascosta, della vibrazione che mantiene
tutto nell’esistenza. Toglimi le catene dell’indifferenza, spezza i miei legami, libera il mio sorriso. Mettimi vicino
al sole, che mi riscaldi il ghiaccio del mondo che mi porto dentro, che bruci le lame. Concedimi di risplendere dei
bagliori delle comete, di rifulgere del fuoco delle meteore, di cavalcare le onde dei mari di nuvole. Come mi
piacerebbe fissare da lassù il tuo sorriso, cogliere impercettibilmente il bacio che hai sulle labbra. Dannato e
condannato, ad essere pestato sul pavimento da tutti gli effimeri che ci dominano.
A vedere te, ferma e cristallina, imperturbabile di fronte alla tempesta. Quanto mi piacerebbe possedere un minimo
della calma che adesso ti circonda, dell’aura che possiedi, dell’arcobaleno che crei con i tuoi mille lampi dentro i
tuoi occhi profondi. Tienimi inchiodato qua, crocifisso a questo pavimento di verità non dette. Non mi posso
muovere, non posso agire. Che mi possano sottrarre agli uncini del pensiero, che mi facciano accettare la mia
completa nullità, che mi rendano libero. Affogami in un barile di vita liquida, di nettare per chi non ha mai
assaggiato la bevanda degli Dèi, butta la mia vita nel mondo, a sorteggio fra le anime, che finisca tra quelle rifiutate
da tutti. Che mi amino, che mi detestino, che mi dimentichino. Che non divorino i propri figli, che scelgano con il
senno. Che si migliorino con il dolore.
Tristi realtà. Triste destino. Destino di non poter vedere al di là della benda che abbiamo sugli occhi, di non poter
scorgere una volta di più l’impercettibile parvenza di ciò che si cerca. Nella città la notte si propaga nera. Le voci
degli allegri bevitori si mischiano ai sussurri degli spacciatori, negli oscuri anfratti dei lussuosi recessi del centro.
Avverti tutto mentre cammini. La notte si diffonde brillante negli spiriti degli arditi.
Le luci sono enormi fuochi. Durante la notte, si sentono gridare i respiri.
Grifo di Persia
Volava un mitico grifo di Persia
Dal piumaggio cenerino
a un’ala ferito.
Dimmi, grifo, che cosa hai visto?
Ho visto le sabbie
nel mare del tempo
L’antica via della seta,
le meraviglie di Ishtar
e la miseria
delle campagne di Teheran
in terra di ayatollah.
Dimmi, grifo, che cosa hai visto?
Ho visto un nuovo Serse
Frenare e frustare
Il ribelle mare di Elle,
tiranno dall’occhio di cristallo
uncino maldestro,
bocca di fuliggine
e cuore di scherno
piegare in ceppi
le onde ribelli.
Dimmi, grifo, che cosa hai visto?
Ho visto la candida rosa di Persia
Perdere i petali sfioriti
Inchinato lo stelo
Al verme divoratore
che le rodeva
il cuore.
Dimmi, grifo, che cosa hai visto?
Ho visto una ragazza
Sfregiata, calpestata,
bruciata in una piazza.
e tante giovani gocce
formare un oceano verde
all’unico grido
“Libertà”
IL NULLA
Datti al giardinaggio dei fiori del male.
di E.N.
Credo che sia un gioco, sia per me che per te. La sfida di toccare qualcosa che si ritrae. Il brivido di sfiorare ciò che
non ci appartiene. Senza venire forzatamente ammanettati a una routine che stanca, e che è terreno arido per il seme
che più di tutti dà frutti, di succosa sostanza. L’amore. Non saprò mai realmente che cosa ho perso. Quel domani
che non è mai arrivato, un sorriso che non è più tornato, le tue scarpe nuove, quel momento in cui mi dici che mi
ami, qualcosa che hai buttato, e che io ho raccolto, il momento più bello della mia vita, l’opportunità di essere una
persona migliore, e quella di vederti crescere. Lacrime sul viso mi dicono che sei ancora qui. Ma, che buffo, non ti
vedo al mio fianco.
E ti capiterà di ascoltare certe canzoni e di pensarmi. E mi capiterà di evitare di ascoltare certe canzoni perché ti
penso già abbastanza. Come il momento in cui mi dici che devi andare. Ancora non ci credo che mi spegni il sole.
Nella mio borsa c’è un fazzoletto usato, un biglietto dell’autobus già timbrato, pillole di indecisione e pasticche di
incoerenza, un orgoglio ferito e un sorriso falso, battute scadenti e parole di scorta, nel caso mi dovessero mancare.
E metafore che non hanno più un senso. Non ho più un senso io. Pur cambiando colore, non cambia il tuo odore.
Hai prosciugato il blu dei miei occhi. Cerco un Dio che mi faccia sentire viva. Ora non posso però, proprio non
riesco a staccarmi dall’idiozia di un parco che sa di libertà, almeno oggi. Ma tu non rimanerci male se cera calda
cade su di me. Solidificandosi si staccherà. Nessun segno rimarrà, nessuna cicatrice. Nessun dolore. E’ tutto così
verde. Bacio lui e intanto poso le labbra sulla bottiglia da cui hai bevuto. Non ho più un’identità. Con te rido in un
modo, con lui parlo in un altro. Entrambi vi ho in pugno, di entrambi ho paura. Scatole di tonno e lividi sul corpo.
Questo è quello che mi rimane. Domani partirò, e oggi è già domani. Piango ancora, perché non so sempre
scegliere. Sarà che questa qua non è per me. Ricordi quando il mondo non ci apparteneva? Che vita stupida. Oggi
ho tutto, troppo. E ieri non avevo niente.
Tuona. Piove dentro e fuori di me. Potessi prendere una terza strada. Ma sono due. Tanto vale tornare indietro.
Soffrirò, soffrirai, soffrirà. Soffriremo assieme. Addio: vi canterò in una canzone. Parole, sempre le stesse, o quasi.
Il tabacco mi annebbia autodidatticamente la vacanza. Il sole non scalda, o meglio, mi scaldi di più tu. Tu che mi
fraintendi, ma in un modo talmente dolce che mi viene voglia di fraintendere me stessa assieme a te. E poi perdermi
nei flutti di una solitudine che mi cura. Ti chiamo subito la medicina, credo. Ma non riesco a resistere troppo tempo
senza la mia città. E ho voglia di lavarmi via tutto. Forse perfino la mia immagine riflessa. Vorrei liberarmi di me,
arrivare all’ultima tappa del concetto libertà, la più estrema. Affascinata come sono dalla dimensione della realtà
tendo a rifiutare il sogno. Come cambiano le cose. Evidentemente il libero arbitrio consiste anche nel poter
decidere di dare un senso alla propria esistenza o meno. C’è una luce nel buio, ma non mi appartiene. Per questo
preferisco la notte al giorno. E i fuochi d’artificio esploderanno, questa volta senza di me. Alzerai gli occhi al cielo.
Nelle orecchie una melodia già sentita mille volte. Ti volterai, ma non mi troverai. Niente più bollicine su tutta la
faccia, niente più smalto per coprire il mio vizio, niente più ozio, né all’ombra né al sole, niente più odore di fatica
e di gioco, niente più bruciature e gambe già sporche di ruote da dimenticare, niente più di quello che considero
normale, che amo e cerco di afferrare.
E voglia di tornare, tanta. Sentimenti contrastanti e brama di afa, braccia nude, ciuffi d’erba palloni da calcio, anche
se fanno male. Buttata dentro un film nel quale non so recitare. La parte che non mi verrà mai assegnata comincia a
pesare. Un paio di giorni assomigliano ad un’eternità quando sei in coda per un etto, un etto e mezzo, di felicità.
Nel frattempo rimaniamo qui, inchiodati al bar. Con la pioggia che ci risciacqua le vene. Lotte all’ultimo sangue
con i cuscini, magliette da lavare, bagni sempre occupati, pianti trattenuti, verità e sbagli, giochi da bambini e
discorsi da grandi, la spesa da fare, cruciverba lasciati a metà da terminare, gente che non è capace di perdere e
cambiare. Spesso anche solo il canale. E’ questo che mi ricorderò di una vacanza un po’ prigione, un po’ libertà.
Un po’ a metà. Vivere per tornare. Tornare per vivere. Slogan di una felicità apparente conquistata con una corsa
improvvisa nel vento. –Sei così felice di essere malinconica- Già.
IL METRONOMO
di FEDERICA COTTINI IIIF
In queste fredde giornate invernali, il mio appetito musicale mal si accorda al triste clima monzese, e predilige,
invece, canzoni che richiamano atmosfere più felici. Come non attingere, allora, da quel meraviglioso serbatoio
musicale che sono gli anni Settanta e Ottanta? La mia conoscenza in materia è, ahimè, piuttosto limitata, ma vi
sono due fenomeni del periodo che ritengo assolutamente degni di nota: il primo si chiama David Bowie; il
secondo, tutto italiano, Alberto Camerini.
IL DUCA BIANCO
David Bowie, con la sua variegata carriera, sfugge ad una qualsivoglia definizione,
avendo attraversato diversi decenni musicali e avendo mutato con camaleontica
maestria il proprio stile musicale. Sarebbe facile scrivere dozzine di righe
celebrative riguardo un simile artista, la sua verve melodica e il suo carisma
attoriale, ma quello che più conta è ciò che l’enigmatico personaggio ha voluto
rivelare di sé attraverso i suoi brani.
Starman, anno 1972, è ambientata in un’atmosfera surreale. Un moderno marziano
comunica con noi, esseri umani, e ci dice cose che risultano incomprensibili alle
nostre orecchie, ma in un tono tanto semplice, tanto candido, che è impossibile non
domandarsi se effettivamente siamo noi che non riusciamo a comprendere
un’evidente verità: let the children lose it, let the children use it, let all the
David Bowie è lo pseudonimo
children boogie. Nello stesso album, The rise and fall of Ziggy Stardust and the
di David Robert Jones, è nato
Spiders From Mars, è contenuta anche Five years. In questa traccia, dalle
l’8 gennaio 1947 a Brixton.
sonorità più melanconiche e sfuggenti, è evidenziato il pressante scorrere del
tempo, che produce smarrimento nell’animo umano. Vi è poi il Bowie degli anni Ottanta, quello di Modern Love e
Magic Dance. I due brani citati sono fra le più riuscite produzioni dell’artista, almeno secondo la sottoscritta. Il
nonsenso si mischia a interessanti trovate teatrali (il dialogo introduttivo di Magic Dance), i testi si fanno
frammentati e proseguono per associazioni – spesso alquanto bizzarre – di idee, fornendoci una folle panoramica
della mente del personaggio-cantante. Non potendo io continuare a scrivere per altre cinque pagine, vi rimando ora
all’intera discografia di David Bowie, capace di soddisfare davvero ogni tipo di palato. È un artista complesso, di
cui bisogna parlare poco e ascoltare tanto, fermandosi un momento a pensare.
L’ARLECCHINO ROCK
Così è stato all’epoca definito Alberto Camerini, eclettico cantautore italiano di origini brasiliane. Monotematico
sino allo sfinimento – nei suoi testi non si trova altro che amore -, si avvale di basi musicali frequentemente
elettroniche, sonorità semplici e non eccessivamente elaborate. Dove possiamo ravvisare, allora, una qualche
innovazione musicale? Nei testi delle canzoni. Nella concretezza delle situazioni proposte, nella schiettezza quasi
ingenua attraverso cui l’artista si racconta, nell’assenza di perifrasi e nella semplicità sferzante e immediat con cui i
pensieri sono esposti. Ad esempio, un brano come Tanz Bambolina fa innanzitutto sorridere, poi fa pensare a
quanto sia vero che spesso i sentimenti sono del tutto irrazionali e sconnessi dalla realtà. Se in Serenella la ragazza
amata è rappresentata come protagonista di una fiaba d’altri tempi, subito in Non devi piangere l’autore cerca di
consolarla da una recente delusione amorosa, accennandole timidamente il suo amore.
Le barriere che Camerini ha tolto fra sé e i propri testi sono, invece, ben visibili nel look dell’artista negli anni
giovanili: costumi teatrali sgargianti, di mille colori (ed ecco qui Arlecchino), pettinature quasi scultoree. Non di
rado l’artista si è presentato in tv protetto da gomitiere e ginocchiere, volendosi provocatoriamente difendere dal
una tecnologia che negli anni Ottanta si sviluppava con rapidità e che, agli occhi del cantante, danneggiava l’uomo
e la sua sensibilità. Questa e molte scelte musicali sono state la causa delle pesanti critiche che hanno investito
l’artista, tacciato di infantilismo e scarsità di contenuti. Personalmente ritengo che gli vada riconosciuto un
singolare gusto per la sperimentazione, e che le sue canzoni siano interessanti e utili nella loro franchezza. Brani
che ogni tanto è bene riascoltare per ricordarsi l’importanza di un sorriso e la sincera bontà di cui l’uomo è capace.
Canzone del mese:
If you’re looking for rainbows, look up to the sky. You’ll never find rainbows if you’re looking down. C. Chaplin,
Swing little girl
CINEMA E TEATRO
di DAVIDE MONTANARI ed ELENA CAIMI IIIG,
con la partecipazione di CHIARA FARCHIONI IIC
A pochi giorni dalla premiazione cinematografica più attesa di sempre, quella degli Oscars (che si terrà il 7 Marzo e di
cui parleremo nel prossimo numero) che, siamo certi, segnerà il trionfo del tecnologicamente avanzatissimo Avatar, le
uscite del mese di Febbraio hanno regalato diverse sorprese. Partiamo innanzitutto da “il film che ha terrorizzato
l’America” (giusto per citare l’inquietante voce che accompagna il trailer della pellicola, apparsa nelle nostre sale nei
primi giorni del mese), ovvero Paranormal Activity. Interessante caso di horror low-budget, il film in questione è stato
realizzato con un budget di soli 15.000 dollari da un regista esordiente, l’israeliano ed ex programmatore di videogiochi
Oren Peli, ed ha in poche settimane superato i cento milioni di dollari di incasso negli Stati Uniti. La storia è semplice,
quasi banale, e rimanda inevitabilmente a decine di film analoghi. San Diego, California. Micah e Katie sono fidanzati e
vivono insieme. Katie ha una lunga e a dir poco strana storia di presunti contatti con un'entità soprannaturale che sembra
seguirla e perseguitarla da quando aveva otto anni. Micah è scettico, ma vuole aiutarla. Perciò decide di filmare tutto (la
telecamera è puntata su di loro anche quando dormono) in modo da poter accertare ed eventualmente catturare questa
oscura “presenza”. Il film è quindi presentato come se fosse un montaggio dei filmati di Micah. Le riprese sono
volutamente amatoriali, con un eccesso di movimenti da mal di mare forse all’origine dei numerosi casi di malore e
attacchi di panico di cui si è avuta notizia nei giorni scorsi (certo che ce ne vuole…) e per i quali sono insorte le
associazioni di tutela dei minori e de consumatori, che hanno
chiesto di vietare il film ai minori.
Tutto è comunque pensato per dare l’illusione della verità:
attori sconosciuti, interni dove sono state fatte le riprese
anonimi (pensate che la stessa casa, teatro principale delle
vicende della sfortunata coppia, è la casa in cui abita il
regista!), musica praticamente assente… In definitiva si può
dire che Paranormal Activity non è tanto un film che fa
“paura”, quanto piuttosto che è un film che suscita curiosità,
che fa interessare lo spettatore alle vicende dei protagonisti,
immersi in una realtà che si fa via via sempre più ostile e
aliena. “Non riuscirete più a dormire” aggiunge la pubblicità.
Tranquilli, per dormire si continuerà a dormire. L’importante
Un’immagine del film Paranormal Activity,
sarà ricordarsi di spegnere tutte le luci e di chiudere bene i
uscito nelle sale a Febbraio
rubinetti la sera, prima di andare a letto. Prima di cominciare
a pensare a qualche demone o spirito maligno che ce l’ha con voi. Tra le sorprese positive di questo inizio 2010, anche
un film sulla ricerca (laica) della felicità nel luogo (sacro) di Lourdes, che prende il nome proprio dal luogo in cui, si
dice, possano avvenire dei veri e propri miracoli: Lourdes. Il film, diretto dalla regista austriaca e semi-sconosciuta
Jessica Hausner, che è stato molto ben accolto dalla critica, racconta la storia di Christine, una giovane donna costretta
sulla carrozzella dalla sclerosi multipla. Rassegnata alla sua condizione di invalida, partecipa a un pellegrinaggio a
Lourdes, con la speranza di riacquistare un po' di fiducia nella vita. Sorride sempre, cerca la conversazione con i giovani
volontari dell'organizzazione, si aggrappa all'espressività del volto, l'unica parte del corpo che riesce ancora a muovere.
Alla gita spirituale partecipano malati sia nel fisico che nella mente, tutti parte di una sorta di “microcosmo” abituato alla
solitudine e all'individualismo. Quando i giorni di vacanza stanno per concludersi, accade il miracolo: Christine, piano
piano, riacquista sensibilità alle dita, poi alle braccia e alle gambe, fino ad appoggiare i piedi a terra e cominciare a
camminare. La guarigione improvvisa sorprende tutti e accende crudeli invidie tra i compagni. Nel frattempo Christine si
gode il suo momento di felicità, ancora incerta sul proprio futuro.Ha invece molto deluso la critica, non solo nostrana,
ma anche d’oltreoceano, il primo dei tanti ed illustri ritorni previsti per quest’anno, e cioè quello di Peter Jackson e della
sua trasposizione del romanzo, divenuto poi un bestseller, di Alice Selbold Amabili Resti. C’è da dire che la pellicola,
che narra la storia di un'adolescente uccisa e rimasta intrappolata, in attesa di vendicarsi del suo assassino, fra la terra e il
cielo in una sorta di limbo fatto di ricordi e di fantasie, ha comunque suscitato l’entusiasmo del pubblico che nei primi
giorni di programmazione è corsa al cinema per salutare il ritorno del visionario del regista de Il Signore degli Anelli.
Appuntamento al mese prossimo, con due dei film più attesi del 2010: Shutter Island (Scorsese+Leo diCaprio) e Alice
nel Paese delle Meraviglie (Tim Burton), con Jhonny Depp nel ruolo del cappellaio matto…non vediamo l’ora!
A TEATRO…PER HAITI!
Qualcosa per la popolazione di Haiti lo abbiamo già fatto tutti. Tutti noi zucchini. Prima del terremoto. Prima che i mass
media e il mondo intero si accorgessero delle condizioni in cui versava quella lontana isola nell’Oceano Atlantico. Prima
che Haiti diventasse quella “Haiti”. Qualcosa però noi abbiamo anche perso: la felicità per il nostro prezioso contributo.
E ovviamente qualcosa hanno perso anche loro; anzi tutto. Da anni ormai il laboratorio teatrale del liceo Zucchi
collabora con un’associazione umanitaria, il Micromondo Onlus. Questa così speciale partnership prevede che i proventi
degli spettacoli teatrali organizzati vengano devoluti in beneficienza proprio a Micromondo. Lo stesso è accaduto un
anno fa. Grazie ai proventi dello spettacolo “Sogno di una notte di mezza estate” l’associazione è riuscita a costruire il
centro di accoglienza San Francesco con un programma di recupero per bambini gravemente malnutriti nella capitale
haitiana di Port au Prince. La presidentessa e la vice presidentessa dell’associazione hanno fatto visita ai teatranti
zucchini durante alcune prove. Non portavano buone notizie.
Il terremoto del 13 Gennaio scorso ha infatti distrutto la casa di accoglienza, che ospitava oltre 500 bambini. La notizia è
giunta in Italia grazie alla referenza di Suor Marcella, che da anni lavorava presso quel centro. La donna, che per un lutto
familiare e motivi di salute ha trascorso il periodo natalizio in Italia, è provvidenzialmente scampata al disastro. Il 24
Gennaio la suora è ripartita per continuare la sua missione ed andare a prestare soccorso ai pochi superstiti rimasti.
Marcella ha riportato queste parole in una lettera spedita a Micromondo:
“... ho notizie disastrose. Il mio ambulatorio a Port au Prince è crollato ed i miei ragazzi erano dentro. Non ho notizie
né di loro né della mia gente, di tutti i nostri bimbi: ho speranza che nelle baracche ci si salvi più facilmente che in
costruzioni in muratura. Ho già notizie di alcuni volontari amici trovati morti sotto le macerie, di diversi ancora sotto le
macerie e di qualcuno trovato in fin di vita. E’ pazzesco il dolore che questa gente è chiamata a vivere. ...andrò nella
Repubblica Domenicana per organizzarmi e da lì con la mia macchina e alcuni volontari raggiungerò Port au Prince:
cercherò di arrivare alla nostra baraccopoli e cercare i miei ragazzi...” . In una mail del 6 febbraio Marcella racconta:
“....sono a Port au Prince ormai da tre settimane e la cosa che mi colpisce è che in mezzo alla distruzione ed al dolore
gli haitiani hanno ricominciato a vivere la loro quotidianità fatta di fatica e dolore da sempre. Il terremoto ha infatti
aggiunto distruzione ad una realtà già pesante e la macchina allucinante dei cosiddetti aiuti umanitari non fa che creare
situazioni ancora più pesanti... Tre sono i progetti a cui stiamo lavorando:
- creazione di un centro di raccolta bimbi perduti in attesa che l’Unicef cerchi i familiari per poter ricostituire la
famiglia. Tanti bimbi stanno sparendo potenziando quel traffico che già esisteva prima del terremoto di cui noi già
sapevamo, di bimbi “esportati” nella Repubblica Domenicana ed immessi in ogni tipo di traffico (prima del terremoto si
parlava di 2000 bambini l’anno);
- trasformazione di una parte della missione in ospedale riabilitativo per le migliaia di amputati (le stime sul
campo parlano di 23.000 amputati, quelle ufficiali di 5.000) prevedendo protesi e fisioterapia;
- la costruzione di un grande centro educativo comprensivo di asilo, scuola di base, superiori e scuola
professionale come scuola cattolica ufficiale del paese.... Ok, le cose da dire sarebbero ancora tante ma volevo per ora
raccontarvi cosa stiamo facendo, nella prossima mail cercherò di raccontarvi cosa vuole dire per me essere qui oggi e
la bellezza di essere Chiesa che stiamo vivendo e che ci rende proprio diversi da chi annaspa per trovare soluzioni,
proporre programmi, inventarsi progetti dimenticandosi che gli haitiani non sono un problema da risolvere, ma degli
uomini da accompagnare all’incontro con il Destino”.
Con il crollo del centro di accoglienza non solo Suor Marcella ha perso i suoi bimbi e i suoi collaboratori. Quei bimbi
erano anche un po’ nostri! Lo scorso anno abbiamo donato loro un rifugio. Quest’anno DOBBIAMO fare la stessa cosa.
Adesso è arrivato il momento di AGIRE. Siamo responsabili della loro incolumità,salvezza, del loro FUTURO! SIETE
DUNQUE TUTTI CALOROSAMENTE INVITATI A PARTECIPARE ALLO SPETTACOLO ORGANIZZATO DAL
LABORATORIO TEATRALE DELLO ZUCCHI, CHE SI TERRA’ VENERDI’ 5 MARZO E SABATO 6 PRESSO IL
TEATRO DELLA PARROCCHIA DI S.CARLO A MONZA IN VIA VOLTURNO 38.
Sosteniamo Marcella attraverso una raccolta di fondi straordinaria.
A mezzo Bonifico Bancario: Micromondo Onlus – c/c Banca Popolare Etica di Milano -IBAN n° IT05 L 05018 01600
000000102828 specificando nella causale "Pro Haiti". A mazzo bollettino postale: Associazione Micromondo Onlus c/c
43243203.
E’ di fondamentale importanza che segnaliate come causale: Progetto Haiti.
“Spesso le grandi imprese nascono da piccole opportunità” – Demostene
PADDOCK ZUCCHI
I SOPRANNOMI
di ALESSANDRO MANTOVANI ID
Tutti noi abbiamo dei sopranomi che a volte ci piacciono ma a volte no. Ma a tutti noi i soprannomi piace soprattutto
darli agli altri, a chi ci sta simpatico ma anche a chi odiamo. Dovete però sapere che c'è una categoria di persone che,
quando bisogna dare dei soprannomi, non è seconda a nessuno: quella dei tifosi.
Tutti i tifosi di tutti gli sport amano trovare nomignoli ai loro eroi o ai loro “nemici”. Vediamo allora come sono
chiamati dai tifosi i principali personaggi del motorsport.Un ambiente in cui i soprannomi abbondano è quello rilassato e
(secondo alcuni troppo) scherzoso del motomondiale. Partiamo dall'idolo delle folle italiane e non solo, l'indiscusso
supercampione della categoria, quel fenomeno che si chiama Valentino Rossi, uno che in tutta la sua carriera è stato
chiamato in una miriade di nomi diversi che vi risparmio citando solo i due “ufficiali”: all'inizio della carriera il
fenomeno di Tavullia si faceva chiamare Rossifumi, mentre dopo la laurea honoris causa è diventato “the doctor”.
Sempre restando sui motociclisti italiani il soprannome ufficiale di Loris Capirossi è “Capirex” anche se molti lo
chiamano semplicemente “il vecchio” visto che è un baldo giovine di soli quarant'anni, mentre l'acerrimo nemico di
Rossi, Max Biaggi, si fa chiamare “il pirata”. Il pilota romano ormai corre nella meno importante categoria delle
Superbike, ma secondo voi è un caso il fatto che il suo primo compagno di team in questo campionato sia stato
l'australiano Troy Corser detto “il corsaro”? Se Biaggi dopo aver passato la carriera nei prototipi del motomondiale ha
deciso di passare nelle derivate di serie della SBK c'è molta gente che fa il percorso inverso, come il texano Ben Spies,
per i tifosi “il tornado”, che dopo aver battuto il più esperto Noryuki “nitronori” Haga si sta preparando al grande salto in
moto gp dove sarà sicuramente uno dei protagonisti della prossima stagione. Tornando a parlare dei motociclisti della
serie regina del mondo delle due ruote è impossibile non parlare dei “fantastici 4” cioè Rossi, Pedrosa, Stoner e Lorenzo.
Di Rossi abbiamo già detto che di soprannomi ne ha avuti una marea, ma uno che su questo terreno rischia di batterlo è
l'australiano Stoner che all'inizio della carriera era chiamato “Rolling Stoner” (perchè cadeva sempre), poi è diventato
“Bastoner” (perchè vinceva “bastonando” gli avversari) ed oggi viene chiamato “canguro mannaro” (il perchè non lo so,
chiedetelo a Guido Meda che ne sa più di me dato che l'ha inventato lui). Per completare il quartetto abbiamo Jorge “por
fuera” Lorenzo ed il “torero camomillo” Dani Pedrosa. Uno che per scegliere il suo soprannome ha usato molta fantasia
è l'americano Niki Hayden, che è nato nel Kentucky e si fa chiamare “Kentucky kid” anche se non scherza neppure il
nostro Marco Simoncelli, detto “il Sic”. In pratica il suo soprannome è la sigla del cognome. Qualcuno aveva anche
provato a chiamarlo, a causa della sua capigliatura cespugliosa, “Napo orso capo” come un cartone animato dei primi
anni 70, che forse qualche professore ricorda, ma non ha ottenuto grandi risultati.Passiamo ora al mondo delle quattro
ruote, un mondo più chiuso per i tifosi, come hanno dimostrato ampiamente Raikkonen, che una volta ha letteralmente
travolto una ragazza che gli chiedeva un autografo, e Schumacher che ha recentemente ignorato un bambino che faceva
lo stesso. Ma nonostante questo sui blog e sui forum i tifosi si scatenano affibbiando ai piloti una serie di nomignoli
davvero interessanti. Partiamo proprio dal campione tedesco che prima era chiamato “il Kaiser” ma ora, dopo il suo
passaggio in Mercedes, viene definito nel migliore dei casi come “il traditore”. Il freddo e distaccato finlandese
Raikkonen è invece chiamato “iceman” mentre il suo connazionale Kovalainen, molto più caldo e vivace, anche se non
altrettanto veloce, è diventato per contrapposizione “niceman”. Molto divertenti sono i soprannomi dei due ferraristi:
Alonso viene chiamato “Nando” (abbreviativo di Fernando, il suo vero nome), mentre Massa viene chiamto “pippo” che
è l'abbreviativo del suo nome in italiano (Filippo), anche se qualcuno lo chiama più malignamente “il raccomandato”. Ha
invece dell'incredibile la metamorfosi subita dal nome dell'inglese Hamilton: il suo nome, Lewis, è diventato Luigi che si
è trasformato in Luigino che ha poi portato al definitivo “Gino” (o “Ginetto”). Ovviamente a chiamarlo così sono stati i
suoi (molti) detrattori certamente e non i suoi tifosi. Per finire abbiamo “il pianista” Adrian Sutil, Giancarlo “Fisico”
Fisichella, Nick “the quick” Heidfeld, Timo “camomilla” Glock (perchè è sempre calmo anche dopo essersi schiantato a
300 all'ora contro un muro), Nico “Leonardo di Caprio” Rosberg (confrontateli: sono identici!), “il samurai” Kamui
Kobayashi e, ultimo ma non meno importante, Bruno “jella” Lalli (abbreviato in B.J.L.). In realtà il cognome di
quest'ultimo è Senna (infatti è il nipote del grande Ayrton), ma molti tifosi lo considerano più un raccomandato che ha
deciso di cambiare il suo cognome originale (Lalli) con quello della nonna materna (il padre di Ayrton si chiamava Da
Silva ma lui decise di adottare quello della madre) per fare carriera, che un talentuoso figlio (anzi, nipote) d'arte. In più lo
chiamano “jella” perchè tutti i team che avevano intenzione di ingaggiarlo si sono ritirati dopo poco tempo e la squadra
spagnola che dovrebbe farlo debuttare quest'anno rischia di fallire prima dell'inizio del campionato. Un campionato
durante il quale i numerosi debuttanti dovranno fare i conti con i tifosi ed i loro dissacranti o esaltanti soprannomi.
A TUTTO
TUTTO SHONEN!!!
di ROBERTO BALDACCIONI IIIF
I manga vengono generalmente suddivisi in base al genere, che viene determinato, principalmente, dalle tematiche
trattate e, soprattutto, dal pubblico cui il manga si rivolge: abbiamo così gli shojo, cioè i manga per ragazze, i
seinen, ovvero i manga per adulti (quelli che affrontano tematiche particolarmente mature o che sono
particolarmente ricchi di violenza) e gli shonen, cioè i manga per ragazzi adolescenti.
Al genere shonen appartiene sicuramente la maggior parte dei fumetti giapponesi più
conosciuti ed amati: esempio perfetto di questo fatto è rappresentato da Dragon Ball,
scritto e disegnato da Akira Toriyama, primo vero manga ad aver conosciuto una
diffusione su scala planetaria.
Da questo manga, dunque, possiamo ricavare gli elementi che caratterizzano il genere
shonen: innanzitutto, i protagonisti sono tendenzialmente adolescenti (o, comunque,
molto giovani), anche se poi possono più o meno crescere ed invecchiare a seconda del
periodo per cui si prolunga la pubblicazione del fumetto (a tal proposito, si tenga ben
presente che i manga raccontano storie che, prima o poi, finiscono; per cui è naturale
che i protagonisti di una serie, se questa dura molti anni, vengano mostrati anche
tenendo in considerazione il fattore crescita); i personaggi, buoni e cattivi, sono tutti
dotati di qualche particolare, e straordinaria, abilità; i personaggi sono
Dragon Ball è stato pubblicato per la prima
impegnati in diverse avventure, che si susseguono una dopo l’altra, nelle quali
volta sulla rivista settimanale Shōnen Jump
nel 1984 ed è stato il primo manga pubblicato
i protagonisti sono chiamati a fare sfoggio della loro abilità.
in Italia a essere letto da destra verso sinistra,
Infine, l’elemento più importante che caratterizza gli shonen è il tema
cioè rispettando l'impaginazione originale
dell’amicizia: essa è l’elemento che il più delle volte costituisce il motore
nipponica.
dell’azione e dell’avventura. Voglio subito chiarire, dunque, che le
ambientazioni fantastiche e/o fantascientifiche non sono caratteristiche degli shonen in quanto tali: per esempio, un
altro titolo shonen molto apprezzato, Slam Dunk di Takehiko Inoue, è interamente ambientato in una scuola e i
protagonisti sono giocatori di basket; il fatto che l’elemento fantastico sia molto presente è determinato piuttosto
dal fatto che i mangana tendono a recuperare il materiale utile per le loro storie dalla tradizione giapponese, piena
di elementi fantastici, spesso mischiandoli con elementi della cultura occidentale anch’essi legati al fantastico.
La produzione di shonen manga è oggi vastissima, perché è molto facile scrivere un fumetto attenendosi
fedelmente alle caratteristiche del genere; questo comporta, tuttavia, una scarsa qualità della maggior parte della
proposta, al punto che è raro che qualcuno continui a leggere shonen superata la soglia dell’adolescenza. Per
fortuna, però, ogni tanto capita che qualche autore, pur rimanendo all’interno del genere, riesca a creare un’opera
originale e peculiare, unica in sé.Gli shonen manga oggi più letti sono One Piece, di Eiichiro Oda, Naruto, di
Masashi Kishimoto, e Bleach, di Tite Kubo: il loro successo è legato, soprattutto, al fatto che tutti riprendono le
caratteristiche del genere in modo sufficientemente originale da non risultare noiosi: in One Piece, per esempio,
viene dato moltissimo spazio al tema dell’amicizia e, quindi, alle relazioni che legano i diversi personaggi tra loro,
e l’azione è caratterizzata da un ritmo serratissimo; in Naruto, invece, si dà particolare risalto all’abilità speciale
posseduta dal protagonista, che è lo spunto per una riflessione sul tema controllo del proprio potere e del “grande
potere che dà grande responsabilità”; in Bleach è particolarmente rilevante la costruzione della trama, nel senso che
l’autore dissemina indizi sugli sviluppi futuri che intende imprimere al racconto, sfidando in qualche modo il
lettore a ricomporre a posteriori tutto il non detto della trama. Una bella novità che tutti questi titoli presentano è il
ricorso frequente al flashback, che viene utilizzato per mostrare il passato dei personaggi; grazie al flashback gli
autori abbandonano l’azione per dedicarsi ad un’introspezione dei personaggi, arricchendoli di sfumature.
Altri titoli shonen di buona qualità sono Eyeshield 21, manga a tema sportivo (dopo il calcio – pensate a Capitan
Tsubasa – e il basket – pensate al già citato Slam Dunk – è la volta del football americano!), oppure, per chi voglia
rimanere nell’ambito fantastico e magico, Fullmetal Alchemist (anche se questo manga tende un po’ verso il genere
seinen per alcuni aspetti). Il mio consiglio, insomma, è quello di trovarvi un buon manga shonen da leggere per
divertirvi e riposarvi per un’oretta dopo una lunga, faticosa ed estenuante giornata scolastica!
LO ZUCCHI SOTTO LE STELLE
di ELEONORA BERTANZA ed ELISA PIAZZA IIG
Ciao a tutti! Anche questo mese, data la nostra voglia di novità, vi proponiamo un oroscopo alternativo: vogliamo
perlustrare gli antri reconditi del cuore e dirvi quale segno vi procurerà una grande felicità per tutto l’anno. Ci
teniamo, però, a precisare che non ci riferiamo solo a possibili innamoramenti, ma anche ad amicizie nuove o
recuperate che vi renderanno veramente felici e appagati. Bene, dopo questa semplice premessa, non ci resta che
augurarvi una buona lettura!
Ele&Ely
ARIETE
Quest’anno sarà un SAGITTARIO a farvi
perdere le redini del cuore: allegro,
spigliato e ottimista, saprà creare un’intesa
particolare che vi spedirà diretti in un cortocircuito di
passione!
BILANCIA
Quest’anno non potrete temere la noia
accanto a un fantastico ACQUARIO!
La sua originalità e fantasia vi
spiazzeranno e vi faranno deragliare dai rigidi binari
della ragione, a voi anche troppo cara.
TORO
La migliore sintonia la troverete in una
cara e serena VERGINE, che con la sua concretezza
e pacatezza vi farà tornare con i piedi per terra e darà
stabilità al rapporto.
SCORPIONE
Intese profonde, seduzioni travolgenti,
sensualità stellare… Solo con un
CANCRO il vostro cuore prenderà il volo! E non
solo il cuore, perché saprà stregarvi anche la mente
con le sue profonde riflessioni.
GEMELLI
La passione vera, in questo 2010, la
proverete con una BILANCIA, che vi
attrarrà per la sua delicata sensibilità e per
la sua incredibile classe. Brividi in arrivo!
SAGITTARIO
Vi capirete al volo con un ARIETE. La
sua impulsività e focosità vi daranno
carica e vi sproneranno ad affrontare ogni cosa con
determinazione e ottimismo. Una vera rivoluzione
per voi!
CANCRO
Il vostro 2010 sarà reso indimenticabile da
un PESCI: con lui volerete lontano lontano su un
altro pianeta e immaginerete di conquistare il
mondo…occhio alle sbandate!!
LEONE
Con la grande voglia di novità che avete,
vi troverete benissimo con un
GEMELLI, che vi diverte, vi stimola e vi
appassiona, e con cui sarete in grado di instaurare una
tenerissima complicità!
VERGINE
La fiducia in voi stessi e la vostra voglia di
affetto e comunicazione faranno sì che un
CAPRICORNO vi venga a cercare. Buona intesa
anche “tra i banchi”: insieme non ci sarà compito in
classe che regga!
CAPRICORNO
Questo 2010 vi sembrerà più bello se lo
passerete accanto a un TORO: la sua
raffinatezza e le sue buone maniere placheranno le
tensioni, e insieme saprete apprezzare ogni aspetto
della vita!
ACQUARIO
Voi brillanti e divertenti, lei elegante e razionale:
perfetto equilibrio con un BILANCIA, che vi
ammalierà grazie alla sua scioltezza. Tutti vi
ammirano!
PESCI
La chiarezza e il coraggio di esprimersi
sono le due qualità che vi affascineranno
di un LEONE, che di generosità e lealtà ne avrà da
vendere anche in amore!
Immagini a cura di Elisa Piazza II G e Costanza
Lucà II G
ANGULUS OTIOSUS
(o meglio come perdere tempo
fingendo di allenare il cervello)
di CHIARA DANIELLI IIIG
(frase: 8,9)
scoprite le 8 differenze
LA REDAZIONE
DIRETTORE: GIULIA COLOMBO IIIG
VICEDIRETTORE: SARA MONTAGNINO IIIA
CAPOREDATTORI:MICHELE CASADEI IIIA sezione Cinema e musica
MARCO COLOMBO IIG sezione Attualità
JAKOB PANZERIIIIA sezione Filosofia e politica
BENEDETTA RATTI IIG sezione Letteratura
FEDERICO SALA IIG sezione Giochi e Sport
GIULIA SPINELLI IIIC sezione Scuola
REDATTORI:
BALDACCIONI ROBERTO IIIF
BERTANZA ELEONORA IIG
CASTOLDI CORINNE IIG
CAIMI ELENA IIIG
COTTINI FEDERICA IIIF
DANIELLI CHIARA IIIG
DEL GENIO CLARA IA
GALLI EDOARDO IIIG
GENNARO GIULIA IIIC
GEROSA ALESSANDRO IIIG
MANTOVANI ALESSANDRO ID
MONTANARI DAVIDE IIIG
MONTI MATTEO IB
MELLONI PIERPAOLO IIIC
PIAZZA ELISA IIG
PINCELLI LUCA IIIC
QUAGLINI SILVIA IIIG
RIGILLO ANNA IA
ROSSINI CAMILLA IB
UNYANGODA NADEESHA IA
URRACCI NATALIA IIG
IMPAGINAZIONE E GRAFICA: ELENA MANTOVANI VC
IMMAGINI:
ARPANO SILVIA IF
GEROSA GIULIA IB
FILIPPELLA MARTINA IIA
Ringraziamo inoltre tutti coloro che hanno collaborato all’uscita del Bartolomeo (collaboratori, insegnanti ed
operatori scolastici).
Ricordiamo che chiunque può partecipare alla redazione del Bartolomeo inviando un suo articolo all’indirizzo
mail [email protected];
CHI DESIDERA INVIARE UN MESSAGGIO ALLA RUBRICA QUORINFRANTI PUO FARLO INVIANDO
UNA MAIL ALLO STESSO INDIRIZZO.
I numeri del Bartolomeo sono disponibili anche on line sul sito www.liceozucchi.it.
Gli articoli per il numero di Febbraio vanno inviati all’indirizzo mail [email protected]
entro l’11 Marzo.
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n° 4 Febbraio 2010 - Liceo Classico Zucchi