LA PALATA LA BANDA BASSOTTI: BERLUSCONI E IL SUO ALLIEVO BERTOLASO di PIERPAOLO MELLONI e LUCA PINCELLI IIIC Si susseguono in questi ultimi giorni notizie sulla dilagante corruzione della classe politica italiana. Al centro dell´attenzione, oltre che di un inchiesta della Procura di Firenze, si trova Guido Bertolaso, neo-ministro del Governo Berlusconi. L´accusa è quella di corruzione: secondo la ricostruzione dei magistrati Bertolaso sarebbe al centro di una rete di clientelismi alimentata da «incarichi professionali», «viaggi», «arredi», «telefonini», appalti e regali di ogni tipo. Il Sistema si basava sulle "Ordinanze di Protezione Civile", che permettono di stanziare ingenti finanziamenti scavalcando le lentezze burocratiche, per favorire un pronto intervento in caso di disastri imprevisti. Però il caro Guido ha sfruttato questo potere anche per gli appalti del G8 alla Maddalena, per i Mondiali di nuoto Roma ´09 e per la realizzazione delle opere per il 150° anniversario dell´Unità d´Italia. Ma, fatto ben più grave, dall´indagine è saltato fuori che questi appalti spesso faraonici erano vinti non in base alla consueta regola dell´offerta più bassa, ma in seguito ad accordi prestabiliti, detto in parole semplici alle mazzette. Uno dei "favoriti" di Bertolaso è il costruttore Diego Anemone, ora incarcerato per corruzione in concorso: ciò dimostra che la pratica delle Ordinanze abusata da Bertolaso non solo uccide un livello minimo di concorrenza di mercato ma offre anche il «cappello legale» ai più banali e antichi sistemi di corruzione. Questa indagine scoppia in un periodo durante il quale la Protezione Civile era già motivo di discussione per la creazione della Protezione Civile Servizi, una s.p.a. posta sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio. Molti esponenti di opposizione hanno visto in questa mossa una speculazione sulle emergenze, visto che, in quanto s.p.a. può ricavare utili e possedere infrastrutture etc. Inoltre, mediante la conversione del decreto che trasforma la Protezione civile in s.p.a. sarà vietato avviare procedimenti giudiziari nei confronti di Bertolaso stesso, mentre quelli pendenti verranno sospesi. Ovviamente Bertolaso non è rimasto isolato, ma ha ricevuto l´appoggio di Berlusconi, che si è prontamente schierato in sua difesa, respingendone le dimissioni e accusando i soliti magistrati comunisti di attentare al suo governo. Secondo noi la dichiarazione di Berlusconi non è tanto motivata dalla difesa di Bertolaso in quanto uomo dello Stato, quanto a gettare altro fango sulla magistratura e sulle intercettazioni: sono ormai moltissime le indagini in corso che vedono Berlusconi tra gli indagati, non ultima la questione sollevata da Guido Bertolaso (Roma, 20 marzo Ciancimino Jr. sulla nascita di Forza Italia e i suoi legami con la mafia. L´ 1950) è dal 2001 il direttore del obbiettivo politico è ormai chiaro: il nostro premier si difende attaccando e dipartimento della Protezione Civile screditando gli organi di giustizia, oppure impedendo il loro lavoro (vedasi della Presidenza del Consiglio dei processo breve). Ministri. Ma forse Berlusconi è capacissimo di immedesimarsi in Bertolaso. Accuse, processi, rapporti con la mafia e scandali a sfondo sessuale: in una telefonata intercettata fra Guido Bertolaso e tal Rossetti, si ascolta: «Sono Guido. Sono atterrato in questo istante dagli Stati Uniti, se oggi pomeriggio, se Francesca potesse, io verrei volentieri... Una ripassata». Ma che avete capito? Il Cavaliere ci illumina di verità: «Guido aveva mal di schiena, andava da una signora di mezza età. Ho parlato con Bertolaso, so che aveva mal di schiena e andava da una fisioterapista, una signora di mezza età ». Così dichiara il premier uscendo da un negozio d'antiquariato a Bruxelles dopo il vertice straordinario Ue dell´11 Febbraio. Povera Italia! DALLA TV A INTERNET: CHE LA FINE DELLA DEMOCRAZIA ABBIA INIZIO! di LUCA PINCELLI IIIC Sono un pollo. Ma sono in buona compagnia. Siamo in circa cinque milioni di cittadini ad osservare gli stessi pollai, per usare un’espressione del sempre pacato e moderato Presidente del Consiglio. Egli ha definito in questo modo (pollai, appunto) le trasmissioni di approfondimento giornalistico che un paio di volte alla settimana occupano i palinsesti della Rai. Il giorno precedente a questa esternazione, l’Onorevole Beltrandi, radicale eletto nelle liste PD, ha proposto l’approvazione del regolamento per le elezioni regionali del 28 e 29 Marzo sancito dalla Legge 28 del 22 Febbraio 2000 della Commissione di Vigilanza, con particolare riferimento all’art. 4 comma 2 (potete verificarlo sul sito della Commissione di Vigilanza servizi radiotelevisivi). In breve, secondo tale normativa, tra il 28 Febbraio e il 28 Marzo è impedita di fatto la messa in onda di Annozero , Ballarò e affini, a meno che propongano vere e proprie tribune politiche in cui siano presenti tutti i partiti che si candidano alle elezioni. Tutti? Quasi, perché i partiti che non sono presenti nei Parlamenti Italiano ed Europeo, non potranno esprimere la propria opinione. Ritengo che sia addirittura superfluo aggiungere che la proposta di Beltrandi è stata votata dalla Lega e dal PDL; l’UDC si è astenuto (“opposizione vera e seria”, la definisce il leader Casini. Giudicate voi); l’IDV si è opposto perchè tale normativa limita la libertà di opinione, secondo Di Pietro e soci. E il PD? I “democratici” hanno abbandonato l’aula, per cercare di far mancare il numero legale per la votazione: adottano questo sistema da due anni, senza aver mai ottenuto risultati soddisfacenti. Io penso che dando testate ad un muro continuamente, sia più facile avere un trauma cerebrale, piuttosto che rompere il muro: evidentemente, Bersani e quel genio della politica che è Massimo D’alema la pensano diversamente. Alla luce di tutto questo, sono due le perplessità che sorgono: la prima riguarda gli obiettivi del PD. Se Bersani e compagni (forse “compagni” non è proprio il termine più appropriato), volessero rimanere sempre all’opposizione, beneficiando delle briciole che vengono concesse loro dal PDL, giocando a fare il governo ombra, districandosi tra uno scandalo sessuale e uno di corruzione, allora le varie scelte fatte (dal modo di fare opposizione alla scelta dei candidati per le regionali) sarebbero coerenti con gli obiettivi. Inoltre, a mio avviso, la scelta di opporre scarsa resistenza all’approvazione del regolamento sopracitato è sintomatica della debolezza del Partito Democratico, che preferisce appoggiare le decisioni della maggioranza piuttosto che schierarsi a difesa di partiti minori di sinistra, con cui dovrebbero avere più punti in comune e premesse ideologiche affini. Ma non hanno ancora capito che questa strategia non porta a nulla? Non ci credo. A mio avviso, non vogliono capire. L’altra questione che mi pongo riguarda la libertà di parola: quando Di Pietro e De Magistris definiscono l’attuale situazione italiana come un fascismo in fieri, vengono accusati di bieco populismo da tutto l’arco parlamentare che legge tali esternazioni come un tentativo di raccattare voti attraverso un inutile giustizialismo; ma Giorgio Bocca, ex partigiano e straordinario giornalista italiano, sostiene qualcosa di analogo, seguito dai più illuminati giornalisti e pensatori italiani. Sono sempre stato molto cauto nel paragonare il “berlusconismo” al fascismo, ma le leggi sempre più anticostituzionali e antidemocratiche varate dal governo di centrodestra, insieme alle modalità con cui vengono fatte passare in Parlamento (inserite in altre proposte di legge con cui non hanno nulla a che vedere, per decreto ecc) non possono lasciarmi indifferente. Mi preoccupa ulteriormente il fatto che le intese bipartisan in Italia, diversamente dagli altri paesi, sono mirate alla protezione delle lobbie e delle caste e non a contrastarle, che si raggiungano facilmente accordi per limitare libertà di informazione e di opinione PROSEGUE A PAGINA 9 COLAZIONE ALLO ZUCCHI di MARCO COLOMBO IIG Come tutti ben saprete quella delle moschee è una questione che recentemente ha scaldato e acceso gli animi di tutte le parti politiche, e ha risvegliato vecchi temi che sembravano dimenticati dalla stampa italiana. Si è infatti parlato della costruzione di un luogo di culto finanziato dal comune di Milano da mettere a disposizione dei credenti di fede islamica, il cui numero cresce costantemente e che si trovano a non avere un luogo di ritrovo e preghiera appropriato. Tale problema mi pare poi ancor più di attualità a seguito del referendum tenutosi in Svizzera, col quale gli elvetici popoli hanno molto nettamente rifiutato la costruzione di minareti nel proprio territorio. Ebbene, per quanto riguarda Milano, sembra per ora che la famigerata moschea non abbia speranze di nascere prima del 2011, se non addirittura del 2012: difatti il capogruppo della Lega Matteo Salvini ha dichiarato di "Escludere che sia nel breve che nel lungo periodo la questione delle moschee rientri nell’agenda del Comune”. Di opinione contraria è il capogruppo del Pdl Giulio Gallera che ha invece ribadito il diritto dei musulmani di avere un luogo di culto appropriato. Cosa questa possibile (ipoteticamente) solo dopo l’approvazione da parte del governo del “Piano di governo del territorio”, relativo appunto all’edificazione di luoghi di aggregazione potenzialmente pericolosi, quali in effetti potrebbero rivelarsi le moschee. Sta di fatto che, nonostante le posizioni ufficiali sostenute da Abdel Hami Shaari, direttore del centro di cultura islamica di viale Jenner, speranzoso nella ristrutturazione della cascina Gobba da parte del comune, alcuni fedeli hanno deciso di ristrutturare autonomamente un edificio recentemente acquistato con le offerte dei fedeli in via Padova 144, suscitando cenni di approvazione, ma anche in verità di grande disapprovazione da parte degli stessi islamici, fra cui l'Ambrogino d'oro Asfa Mahomoud, che ritiene indispensabile l’approvazione di Palazzo Marino. La faccenda appare pertanto alquanto spinosa da risolvere e da valutare. Certamente infatti non si può negare che la grande presenza di musulmani nel nostro paese, e in specie in Lombardia, richieda la presenza di luoghi di culto appropriati, come sancito dalla nostra costituzione, che sottolinea come uno dei suoi pilastri portanti il diritto di libertà di espressione religiosa. Tuttavia la costruzione di tale edificio, al di là delle eventuali critiche che potrebbero essere avanzate per via della loro possibile pericolosità, necessiterebbe ovviamente di un ingente quantitativo di denaro, nonché in seguito spese di mantenimento che non ritengo debbano essere imputate al comune. Come infatti le chiese cattoliche, e in genere tutti gli altri edifici di culto presenti sul nostro territorio, si automantengono tramite le donazioni dei fedeli, piuttosto che grazie ad attività economiche di vario genere, non vedo la ragione per la quale una moschea dovrebbe essere costruita e mantenuta coi soldi pubblici. Mi trovo quindi d’accordo con Mahomoud, e cioè credo che si possa e si debba utilizzare l’edificio di Via Padova, acquistato coi soldi dei fedeli, ma allo stesso tempo credo, come lui, che il comune debba sbrigarsi a certificare ed ufficializzare l’immobile come luogo di culto. Ora qualcuno potrebbe chiedermi perché le moschee dovrebbero costituire un pericolo, come ho affermato poco prima. La risposta mi sembra ovvia: a costo di cadere nella banalità è bene infatti ricordare che praticamente tutti gli atti terroristici degli ultimi dieci anni provengono da fedeli islamici, che spesso proprio nei loro luoghi di culto si trovano ad ascoltare prediche e discorsi di imam esaltati, che travisano il vero senso del Corano e lo usano per scopi estremistici; e abbiamo avuto più prove di ciò anche a seguito dell’arresto di alcuni di questi predicatori. PROSEGUE A PAGINA 7 IL ROSSO E IL NERO LA CHIESA COMANDA, LA POLITICA OBBEDISCE di MARCO COLOMBO IIG e LUCA PINCELLI IIIC IL ROSSO- LUCA PINCELLI IL NERO- MARCO COLOMBO Attacchi ai danni di intere istituzioni, fermento di congiure, elaborazione di complotti: l’Italia di fine XX e inizio XXI secolo sembra la Roma cesariana. Gli scandali non coinvolgono solo i politici, ma anche la Chiesa, le cui gerarchie (politici sotto mentite spoglie) sono in subbuglio da qualche mese per il caso Boffo. Dino Boffo è stato, come ben sapete, direttore dell’Avvenire (giornale del Vaticano) per quindici anni e direttore di Sat 2000 (emittente televisiva dei cattolici nel mondo), fino agli inizi di Settembre dell’anno passato, quando si è dimesso dal suo incarico a causa di un articolo uscito sul Giornale di Feltri il 28 Agosto a firma di Gabriele Villa. Il giornalista sosteneva che Boffo, che in quel periodo era impegnato ad attaccare il Presidente del Consiglio per i suoi trascorsi con le escort, si era macchiato di reati ben più gravi (sentenza del Gip di Terni, 9 Agosto 2004): aveva infatti importunato la moglie di un uomo con cui intratteneva una relazione. Per questo aveva pagato una multa e il caso era stato archiviato. Eccoci al secondo argomento de “il rosso e il nero”. Questo mese ci troviamo a parlare di Dino Boffo, ex direttore di “Avvenire”, il noto quotidiano organo di informazione ufficiale della Cei. Ma il segugio di Feltri sembrava più preoccupato di additare come “colpa” massima dell’ex direttore di Avvenire, il fatto di essere omosessuale (fino a prova contraria, non costituisce reato). Ora, fino a qualche tempo fa, appariva chiaro a tutti come il Giornale avesse attuato questa mossa per proteggere il proprio editore e spostare l’attenzione dalle vicende che riguardavano il sultano, alle sterili (e, a mio avviso, non così gravi) accuse mosse a Boffo. Tuttavia, alla luce delle ultime notizie, sembra che il caso Boffo sia più complicato e coinvolga diversi ambienti: sembrerebbe che il documento su cui Feltri e Villa si sono basati per accusare l’ex direttore di Avvenire, sia in realtà un falso; inoltre, si vocifera di forti dissidi all’interno della Curia, causati dai forti contrasti tra il cardinale Ruini, Presidente del Progetto Culturale della CEI e fervente sostenitore del “progressista” Boffo, e il cardinale Bertone, Segretario di Stato Vaticano e Camerlengo, che avrebbe espresso forti perplessità sull’operato di Boffo stesso. Bertone avrebbe avuto anche l’appoggio di Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano (altro giornale cattolico), che parrebbe aver confermato il Anche se la questione risulta essere in verità un poco datata abbiamo ritenuto che potesse essere ugualmente interessante da proporre, soprattutto perché credo sia utile per dimostrare la totale inefficienza della stampa italiana e la sua grande faziosità. Boffo era infatti stato accusato da Vittorio Feltri, direttore del Giornale, di aver minacciato e molestato telefonicamente una sua ex amante, e soprattutto gli era stata imputata sempre da Feltri una presunta omosessualità, accuse queste “provate” da alcuni documenti che il direttore del Giornale affermava provenire direttamente da un’alta personalità della Chiesa, e che hanno causato delle dimissioni quasi forzate da parte di Boffo. Questa questione assai controversa ha occupato le prime pagine di tutti i giornali per molto tempo, eppure tuttora non si è riusciti a capire quale sia realmente la verità. Infatti alcuni giorni dopo la diffusione di queste accuse, che hanno creato un vero e proprio clima di solidarietà nei confronti di Boffo, Vittorio Feltri ha sostanzialmente smentito le sue tesi in una lettera di risposta ad una lettrice. La questione che mi preme maggiormente è la seguente: mi chiedo perché, se le accuse sono lanciate contro una persona che non sia Berlusconi o un altro membro del centro destra, tutti si schierino prontamente in sua difesa, maledicendo la dannata stampa italiana; se invece si lanciano accuse contro il Presidente del Consiglio, allora ecco che improvvisamente tutti cominciano a sbraitare senza ritegno le proprie tesi non suffragate da prova alcuna e a cianciare senza ritegno. Ma il diritto a essere considerati innocenti fino ad una condanna non dovrebbe essere uguale per tutti? falso documento a Feltri, garantendogli che non sarebbe incorso in alcun guaio giudiziario se l’avesse usato come fonte attendibile. Ora, il nostro amico Feltri (me lo immagino seduto alla sua scrivania, nella sede del Giornale, che contempla il suo mezzobusto di Mussolini), potrebbe incorrere nella radiazione dall’albo dei giornalisti, per aver diffuso notizie false senza essersi effettivamente documentato. Ma, in questa vicenda, il fatto che un giornalista diffonda menzogne è, paradossalmente, il problema minore. Che il Vaticano decida delle sorti di una persona, delle notizie che debbano essere pubblicate, del destino di uno Stato laico: questo è davvero terrificante! A mio avviso, la diatriba che si sta svolgendo in Vaticano tra “ruiniani” e “bertoniani”, ha visto trionfare la seconda schiera che quindi, con l’aiuto del Giornale ed, indirettamente, del Governo sta disegnando la nuova strada che la Chiesa è indirizzata a percorrere. Fatto, secondo me, ancora più grave è che la “vittoria” sia da ascrivere all’ala più conservatrice della Chiesa, largamente condizionata da vere e proprie sette, come l’Opus Dei e Cl che di fatto decidono gran parte dei movimenti nella Curia e, di conseguenza, nella politica italiana che appare ancora di più debole e condizionata non solo dalle mafie, ma anche dalle ingerenze della Chiesa. Quest’ultima prima condizionava “solo” le decisioni in merito a temi etici quali il divorzio, l’aborto, la fecondazione assistita e tanti altri; adesso ordisce attacchi e complotti a chi non segue la propria linea politica. Che Dio ce ne scampi! O vale solo per una parte politica e per l’altra no? Detto questo, invece, mi preme però sottolineare anche la leggerezza con la quale i nostri quotidiani, siano essi di destra o di sinistra, scagliano troppo spesso accuse infondate o non suffragate da prove sicure, col solo risultato di infangare il nome di qualcuno. Non sarebbe meglio riflettere prima di scrivere per poi dover ritrattare tutto e fare di conseguenza figure meschine? Non sarebbe meglio evitare i titoloni ad effetto a cui oramai siamo così abituati a favore di notizie magari meno eclatanti ma fondate e veritiere? Evidentemente non è questa l’opinione dei giornalisti, che sempre discutono di questa problematica ma che continuano, nella realtà, quasi sempre imperterriti a fare ciò che hanno sempre fatto: parlare a vanvera. Un po’ come i nostri politici. PROSEGUE DA PAGINA 5 È questa un’altra faccenda alquanto problematica, perché se da un lato è banale dire che non tutti gli islamici sono terroristi, dall’altro è però vero che lo Stato non è finora riuscito a distinguere fra gli immigrati regolari e i clandestini, che purtroppo in mancanza di lavoro si danno spesso alla macchia, ed è pur vero che anche a me darebbe un po’ fastidio abitare in un contesto popolato più da stranieri che da italiani, non per xenofobismo o per razzismo, ma semplicemente per il fatto che mi sembrerebbe di non essere più a casa mia se quando dovessi uscire trovassi una persona parlante la mia lingua e venti parlanti un idioma a me estraneo. In conclusione, non nego il diritto di tutti ad avere un proprio luogo di raccolta e di culto, ma sostengo la necessità di un controllo radicale e di una collocazione che, detto volgarmente, accontenti capra e cavoli. Rimangono però le proteste della gran parte dei cittadini milanesi residenti nelle zone limitrofe alle possibili future moschee, che sono preoccupati di vedere aumentare il tasso di criminalità del loro quartiere. Non nego certamente che tutti abbiano diritto a predicare il proprio credo e la propria religione, ma ritengo che bisognerebbe applicare forme di controllo particolari e “riservate”, che non vadano cioè a ledere la spiritualità di queste persone, ma che allo stesso tempo possano assicurare un clima non di odio verso gli italiani, ma di rispetto reciproco, che è poi cioè che sostanzialmente il Corano afferma realmente MAGARI NEIL ARMSTRONG VOLEVA DIVENTARE IDRAULICO di CAMILLA ROSSINI IB “Which job do you want to do?” Il quesito mi osserva, insistente, dalla sezione speaking del libro di inglese. L’insegnante giustamente mi incalza, vuole che dia una risposta. Bella domanda. Sono diciassette anni che mi ci arrovello, senza risolvere alcunchè. Ho voluto fare, nell’ordine: la sarta, la ballerina (!), la veterinaria, la naturalista, la scrittrice. E questo solo dai due ai dieci anni. Ed ora, nel giro di dieci secondi, dovrei trovare una soluzione al problema, pronunciare una parola, una sola, che qualifichi per sempre il mio percorso di vita. Spaventoso. Se mi fermo a riflettere, quasi ogni adulto che conosco (tranne gli eterni spiantati-spiazzati-arrangiantesi) è associato, nella mente di tutti, ad un mestiere che costituisce parte integrante della sua figura, che lo identifica tanto quanto la forma del naso, il colore degli occhi. Ed è come se ci fosse nato, con quel lavoro addosso. Come se l’ostetrica, con il neonato congestionato e bagnaticcio in braccio, avesse esclamato: “Complimenti, signora, è un ingegnere!”Non capita spesso di considerare, invece, che ognuno di loro è stato semplicemente un ragazzo, incerto sul modo in cui orientare la sua vita, e spesso la decisione è stata pressochè casuale, esitata. Magari –certamentetra loro molti avrebbero voluto divenire tutt’altro. C’è, ovviamente, chi dalla prima elementare procede, sicuro e spedito, lungo i binari diritti della certezza, e fin da bambino s’intesse una vita futura senza ombre. Attenzione: non parlo di chi ha un sogno, di chi dice “Io voglio fare la maestra”, ma di chi afferma con un sorriso vacuo “Io sarò maestra”, come parlasse di un libro che ha già letto. Per un certo verso li invidio: vedere tutta la propria vita spianata davanti come una vallata conferisce, suppongo, un’illusione di sicurezza all’esistenza. D’altro canto, mi dico, io non potrei mai decidere senza aver prima vagliato ogni possibilità; o meglio: come è possibile risolversi per un mestiere solo? Ci rendiamo conto di quante professioni interessanti si possono svolgere? Guardo un documentario sul Picchio Rosso Maggiore e mi vedo iscritta a Scienze Naturali, leggo Catullo e studierei Lettere per sempre, vedo un film dai colori vivaci e vorrei essere regista, canto sotto la doccia e già mi sento rockstar. È vero, ce n’è ancora di tempo per decidere. Ma noi tutti sappiamo quanto gli adulti siano incalzanti, in tal senso. Chi non viene occasionalmente assillato dall’imbellettata signora di turno che con tono compiacente domanda: “Cosa vuoi fare dopo, eh? Il mestiere di papà?” Primo: se non se ne fosse accorta, carissima, già da qualche tempo esiste un fenomeno chiamato mobilità sociale, inoltre trovo la prospettiva di fare carriera in quanto "raccomandatafiglia di" piuttosto avvilente, pensi che strano. Secondo: dopo cosa?! Come se tutto questo fosse solo una preparazione propedeutica al mio inserimento nella Grande Macchina del Sistema. Come se non fosse possibile studiare qualcosa per formarsi come individuo, ma solo per diventare un Essere in Qualche Modo Produttivo. – Ovviamente, alla signora non dico tutto ciò, ma bofonchio in risposta “…ancora non so…”Questa è la degenerazione del fenomeno di cui dicevo prima, affermando che il mestiere è tratto identificativo della persona: si arriva spesso a non pensare completo un individuo finché sul suo documento di identità, alla voce “professione”, non appare una magica parolina, che certifichi che la sua formazione lo ha finalmente portato al gioioso momento del lancio nella Produttività. È così che si finisce per educare i bambini a Internet, Informatica e Inglese e sacrificare Storia e Geografia, salvo aver fatto fino a ieri tronfi discorsi sul senso di appartenenza al territorio e sull'identità regionale. Ma questa è un’altra storia. Parlavamo della Produzione vista come realizzazione. Be’, io non riesco a vedermi in quest’ottica. È così incredibilmente elettrizzante sentirsi privi di una rotta, sapere di avere tutte le prospettive aperte davanti, essere ancora in tempo per immaginare una vita meravigliosa. Mi sento confortata e cullata da questa incertezza aurea, da queste pressochè infinite possibilità. Posso diventare qualsiasi cosa. Va bene, va bene, torno con i piedi per terra: l’anno prossimo inizierà il temuto orientamento, né, d’altronde, potrò fare tutte le professioni del mondo o, materialisticamente parlando, campare d’aria. Inoltre, la domanda sul libro di inglese mi scruta, attende una risposta. Tanto non lo so cosa voglio fare. Tanto in questo pizzico di secondi non posso certo risolvermi. Tanto è solo uno speaking di inglese. “I want to be an astronaut”, rispondo. Perché no? PIANETA ZUCCHI PERO’ …SOTTO SOTTO… di SARA MONTAGNINO IIIA Dopo avere passato ormai quasi cinque anni allo Zucchi non è difficile trovare 5 buoni motivi per i quali, avendo la possibilità di tornare indietro nel tempo, si sceglierebbe un altro indirizzo piuttosto che quello classico: 1. i compiti sono veramente tanti e sono direttamente proporzionali al tempo che impieghi per svolgerli tutti (con conseguenti nottate in bianco). 2. si studiano due lingue, il greco e il latino, che ormai non parla più nessuno e che hanno regole incomprensibili (e questo ti porta a prendere 4 nelle versioni). 3. apparentemente i professori sembrano insensibili di fronte agli studenti “stanchi” e “oberati” dai troppo compiti (vedi punto uno). 4. inoltre sempre i nostri prof. tendono a concentrare tutti i compiti in classe in uno stesso periodo, come se lo facessero di proposito (sembra quasi che si mettano d'accordo). 5. anche se ogni anno si crede che il peggio sia finalmente passato, immancabilmente il successivo ci si accorge che non è cosi: la quarta è difficile perché è il primo anno; la quinta perché bisogna studiare l'aoristo, gli aumenti, e tutti i verbi irregolari greci; la prima è difficile perché cambi la maggior parte degli insegnanti e aumenta il carico di lavoro; la seconda perché dicono che è la più facile e quindi la prendi “sotto gamba”; la terza perché già dal primo giorno si parla di maturità (ma la speranza è sempre l'ultima a morire). Tuttavia è proprio durante questi cinque anni che ti accorgi quanto in realtà lo Zucchi, ma credo valga per il liceo classico in generale, sia stato per te importante: magari, non essendo portati per le traduzioni del latino e del greco non si riuscirà mai a completare una versione decentemente, magari le nottate in bianco del liceo verranno ricordante anche dopo avere finito la scuola, magari si crederà sempre nella mancanza di benevolenza dei docenti. In fin dei conti però, alla fine i cinque anni dello Zucchi ti danno delle soddisfazioni: penso sia capitato anche a voi che persone, provenienti da altri indirizzi scolastici, vi abbiano detto come si intuisce dal modo in cui vi esprimete che venite dal Classico: e queste, diciamolo, sono soddisfazioni!. E penso anche che vi sia capitato che quel professore, a cui credevate di stare tanto antipatici, vi abbia dato un voto che non vi aspettavate minimamente “proprio da lui” (perché in fondo non sono tutti “brutti e cattivi” come noi vogliamo credere). Penso però che la soddisfazione più grande uno la possa avere quando ormai il suo percorso allo Zucchi è quasi terminato, quando tutto quello che doveva, e poteva, fare sia stato fatto: personalmente mi è capitato che visitando una città, un monumento particolare, un museo mi sono ritrovata la capacità di ricordare quanto fatto a scuola e di collegarlo a ciò che stavo vedendo. È solo in quel momento che tu ti accorgi quanto sia stata utile quella lezione di arte, di italiano, di filosofia che in un primo momento non eri stato capace di apprezzare. Questa è la vera scuola: non quella che pretende che tu abbia tutti sei per essere ammesso alla maturità, non quella che ogni anno ti dà il debito in greco e latino credendo cosi di colmare le tue lacune, ma quella che ti insegna da una parte ad affrontare il mondo dell'università e del lavoro e dall'altra ad apprezzare tutto ciò che ti circonda. E questa è la didattica su cui spero possa puntare la scuola del futuro: quella che, pur costringendoci a studiare il nostro passato (per non dimenticarci da dove proveniamo), trovi sempre i giusti collegamenti per farci vivere compiutamente il nostro presente e ci dia la possibilità di avere gli strumenti per proiettarci nel futuro. E così alla fine quelli che credevi “5 buoni motivi per i quali avresti scelto un altro indirizzo” passano in secondo ordine se messi a confronto con quanto di buono ti ritrovi dentro dopo questo percorso di studi. Lo so ….sembra un spot pro-Zucchi…..e vi sembrerà banale, ma bisogna provare per credere. ASPETTA ALMENO L’ANNO PROSSIMO! di CAROLA GALIMBERTI ID “Aspetta almeno l’anno prossimo!” E’ ciò che mi sono sentita dire agli albori della mia quarta ginnasio, allorché io annunciai ai miei genitori e compagni di classe l’intenzione di voler partecipare a qualche attività extrascolastica quale il teatro, Lector o il Bartolomeo.Effettivamente, intendiamoci, la mia prima superiore non stava scivolando via come l’olio e il mio rendimento scolastico non faceva certo innalzare inni di gioia ai miei genitori. Tuttavia mi faceva brillare gli occhi, come un bambino che vede un lunapark per la prima volta, l’idea di poter recitare su un palcoscenico. La preoccupazione che un’altra attività mi avrebbe sicuramente procurato un biglietto di sola andata per il paese Bocciatura, riuscì a far svanire, almeno temporaneamente, la mia forte volontà di sentirmi realmente parte integrante del liceo. I Galimberti sono comunque delle teste dure, che, quando si mettono in zucca alcune idee, cercano di raggiungere l’obiettivo, senza fermarsi a raccogliere margheritine sui bordi della strada. L’anno successivo, infatti, espressi nuovamente il mio desiderio di poter dare di più del “semplice sindacale”. Ma anche questa volta, mio malgrado, tutti mi consigliarono caldamente (e “caldamente” è usato eufemisticamente) di evitare di impegnarmi in attività che mi avrebbero distolto dallo studio, essendo la quinta ginnasio la classe in cui il Greco diventa la croce che un po’ tutti gli studenti sono obbligati a portare. Rinunciai anche quell’anno, sapendo che nulla mi avrebbe persuaso l’anno successivo a non prendere parte a quelle attività alle quali spesso le madri, bevendo il thè con le amiche, si vantano che i figli abbiano intrapreso. All’inizio dell’attuale anno scolastico mi presentai al cospetto di mio padre al quale annunciai con parole chiare e altisonanti la mia volontà. Inizialmente non sembrava aver alcunché da ribadire, tuttavia il suo apparente assenso si dimostrò fittizio: pronunciò un discorso a tal punto persuasivo che se lo avesse sentito il sofista Gorgia, probabilmente avrebbe preso lezioni private da lui o come minimo si sarebbe complimentato. I nuovi professori, le nuove materie, il maggiore numero d’ore scolastiche; ogni genere di difficoltà mi fu enfatizzato in modo così tragico che anche andare alla mia oretta di lezione di musica il lunedì sera, pareva togliermi il tempo che avrei potuto dedicare allo studio.Per questi motivi, purtroppo, anche quest’anno non reciterò a teatro e non leggerò i libri di Lector. Essendo io stessa la prima a non fare parte d’alcuna attività extrascolastica, sono fermamente convinta che “aspettare almeno l’anno prossimo” non porti alcunché di positivo. Se ne avete la possibilità, partecipate almeno voi alle attività complementari organizzate dallo Zucchi. Essere studenti non significa solo andare a scuola di mattina e uscirci prima del pranzo. Vuol dire essere partecipi dell’ Istituto che vive anche attraverso le sue attività extrascolastiche(sono oltrettuto fonte di arricchimento culturale per tutti noi, abituati spesso a definirci "amanti della cultura".) Per quanto mi riguarda, cercherò di impormi. La mia battaglia contro l’“aspetta almeno l’anno prossimo” non è ancora finita! PROSEGUE DA PAGINA 4 (la legge della Commissione di Vigilanza impedisce i dibattiti politici sulla Rai, lasciando il monopolio a Mediaset, di proprietà del Presidente del Consiglio), per limitare internet, come attualmente viene fatto solo nelle dittature.Un'altra forte spallata è stata data alla democrazia da parte dei politici italiani: non è antipolitica, qualunquismo o demagogia, io non condanno la politica in sé, ma chi ne è protagonista negli ultimi anni. Gli scandali, le accuse, i processi coinvolgono parlamentari e tesserati del PDL, del PD, della Lega, dell’IDV, dell’UDC … Quello che si sta instaurando in Italia è un fascismo edulcorato, attuato grazie all’impossibilità di una seria informazione, grazie alla censura, al benestare delle lobbie e delle mafie, al conflitto di interessi, alle manovre dei gruppi di potere, al silenzio e alla rassegnazione dei cittadini. Se considerate pericolosa la situazione italiana, non limitatevi a dire “tanto è così”, “lo fanno tutti” e altre frasi idiote del genere. Impegnatevi nel vostro piccolo a cambiare lo stato delle cose. Non si chiama rivoluzione, non è qualcosa “di sinistra”, “di comunista”. Si chiama impegno, si chiama amore per la libertà. Si chiama democrazia. PALUDI VERDE MARCIO COLME DI LUOGHI COMUNI di MIRIAM TAIEB IV C Mi par proprio che 'sto freddo ci stia intorpidendo un pò tutti. O è soltanto una delle tante scuse per dire che sono le nostre menti ad essere maledettamente pigre? Perchè mai dovremmo cercare la soluzione ad un problema, se apparentemente non ci riguarda, se è lontano anni luce da noi? Appunto: non ci riguarda; non ci riguarda finchè non verrà a tirar sassi contro le finestre della nostra casetta, dove ce ne stiamo rintanati al calduccio, sprofondati nell'apatia e nell'ignoranza. Il Paese dell'Inettitudine scarseggia di nuove menti da plasmare? Che aspetti, sbrigati a ripopolarlo: conduci quanti più amici puoi presso il fiume delle ovvietà, e facci anche tu un tuffo, che non fa mai male. Su, in fretta, torna tra le braccia di mammina, prima che ti raccontino come va il mondo, prima che ti spieghino che ogni cosa ha delle conseguenze. Non sia mai che tu sappia. Tanto non occorre che tu abbia delle opinioni. Qual è il problema, adesso? Non sai cosa fare? Ma lo risolviamo subito. Vai in salotto: la tele è accesa, non la spegniamo mai. Và a rincretinirti, muoviti. No, non guardare quelle cose lì... non sono adatte a te. Ma tu che vuoi saperne? Lascia che siano gli altri a prendere decisioni per te. Non devi far altro che seguire la massa. Che vuol dire? Vuol dire che, dove vanno tutti, devi andare anche tu. Chiaro? Non lo capisci che sono queste le cose importanti della vita, essere sempre aggiornati sugli ultimi pettegolezzi e venerare una Chiesa che condanna l'omosessualità perchè la ritiene una deviazione? Oh, vieni qui! Guarda che bella pubblicità di sentimenti e idee che tali più non sono. Troppo logore per essere usate, le idee, ma perfette per diventare pensieri futili che ristagnano nelle nostre menti, formando paludi verde marcio, colme di luoghi comuni e prossime all'esondazione. Li senti, li senti quei pensieri di seconda mano, triti e ritriti, che ti entrano da un orecchio ed escono dall'altro, il loro suono solo un po’ affievolito; quasi ovattato dai cumuli di polvere che ostacolano la viabilità dei tuoi neuroni febbricitanti? LA STRISCIA di ELISA PIAZZA IIG POPOLO BUE TI UCCIDONO CON IL 2012 di ALESSANDRO GEROSA IIIG Se dovete comprare un set di pentole mondial casa da Giorgio Mastrota, di quelli che comprate due pentole ed in regalo vi spediscono un asse da stiro, un forno a microonde, un pulisci-nanetto da giardino e una comoda ed elegante copertura in vera seta per cacciatorpediniere, prendete quelle offerte che incominciate a pagare le rate solo da due anni più tardi: pagatele dal dicembre 2012. IL CALENDARIO MAYA Secondo il calendario Maya il tempo si divide in cinque ere, quattro delle quali (quella dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco e della Terra) si sono già concluse. L’ultimo ciclo, chiamato Era dell’Oro, ha avuto inizio il 13 agosto del 3114 a.C. e si concluderà con una serie di alluvioni, terremoti e disastri naturali il 21 Dicembre 2012. Ma non vi preoccupate: i (pochi) sopravvissuti vedranno l’inizio di un’era di pace e serenità. Nulla sarà più lo stesso. Vedremo i gatti volare, nei frigoriferi ci cuoceremo le braciole di maiale e Cicciolina farà la parlamentare (ah, lo è già stata? Sicuri che il ciclo maya debba ancora finire?). In verità, tutte le teorie sulle profezie Maya sembrano campate per aria. I complottisti sembrano solo essere un po' tardi di comprendonio. Infatti i veri studiosi dicono che la fine di un ciclo Maya era solo l'occasione per fare una grande cerimonia, non era causa di cataclismi indicibili. Insomma, era il pretesto per fare baldoria ed aumentare esponenzialmente il tasso di natalità per una notte (l'avete capita? Baldoria, tasso di natalità...? No? Siete per caso complottisti?). Inoltre, i complottisti stanno dividendosi fra di loro. Infatti, molti (sedicenti) studiosi affermano che la fine del mondo non sarebbe affatto da imputare alla profezia Maya, ma ad un terrificante attacco gastro-intestinale di Giuliano Ferrara. D'altra parte le coincidenze parlano chiaro: seguendo il calendario Tzolkin dei Maya Giuliano Ferrara è nato nello stesso anno di Cicciolina; ma non solo, entrambi sono stati parlamentari, uno italiano e l'altro europeo, così da completare il ciclo dello Yin e dello Yang (che sarà pure cinese, ma gli fu insegnato dagli stessi alieni che insegnarono il calendario Tzolkin ai Maya, quindi è irrilevante). Se alcuni punti non vi sono chiari, a breve seguirà una puntata di Giacobbo su Voyager. Altri eminenti studiosi di genealogia sembrano aver dimostrato che il grande sacerdote Maya Ksun Ztupid, autore della profezia, sia diretto antenato del mago Do Nascimiento, quello di Wanna Marchi. Ciò non ha però intaccato la fede dei complottisti, i quali infatti credono anche ai consigli per il lotto di Do Nascimiento. Ma andiamo al titolo. Mia madre racconta che a Milano c'era un matto che gridava sempre “Popolo bue ti uccidono con l'onda”. Lui ce l'aveva con la chiesa, che diceva uccidesse con delle onde ultraviolette giapponesi lanciate dalle chiese. Il tutto prima che scoppiasse il caso delle onde di Radio Maria e Telepace XD. Oggi declinerei il motto in “Popolo bue ti uccidono con il 2012”. O almeno ti inibiscono, ti ebetizzano. Perché tu, popolo bue, devi credere che il problema del mondo sia il 2012. Poi, si, ogni tanto c'è qualche muratore che decide di fare bungee jumping dai cantieri senza elastico, o qualche operaio che decide di mettere la mano sotto la pressa “e vedere a poco a poco l'effetto che fa”. Ma quelli non sono problemi. D'altra parte in Italia nel 2008 sono morti solo 1'120 lavoratori, poco più di 30'000 sono rimasti invalidi a vita, e altrettanti circa sono rimasti vittima di patologie dovute al lavoro (e non si parla di una febbre curata con un'aspirina e due giorni sotto le coperte, si parla di sordità, tumori, problemi muscolari e/o scheletrici). Nel 2012 moriranno 6 miliardi di persone circa. Quindi chissenefrega di questi. Eh? Cosa dici? Che i lavoratori sono morti (o forse omicidi?) certi mentre il 2012 non si sa se moriremo o sopravviveremo? Sssssh, non dirlo in giro, altrimenti cominceranno a dire che il complottista sei tu. SORRIDIAMO TORTURE TUTTE ROSA di CLARA DEL GENIO IA Purtroppo per noi, al cordone ombelicale non è affiliato un libretto delle istruzioni: l’uomo non è mai riuscito a comprendersi e soprattutto a comprendere la vita a cui va incontro. Per questo motivo mi soffermo spesso a pensare perché Dio non abbia mai lasciato un qualcosina, che ne so, una email, un post it, un biglietto sul frigorifero, che ci spiegassero almeno in maniera basilare quali sofferenze ci tocca subire nel corso dell’esistenza. E a pensarci bene, lo ha fatto. Genesi, 3.16 - Alla donna disse: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà". Aha, carino, vero? E questo dà solo un’idea generale di quello che affronta e ha affrontato la popolazione femminile nei secoli dei secoli. Avete mai fatto caso di quanti modi vediamo torturate? Va bene, okay, ci meritavamo una punizione per aver fatto “cadere nel peccato” quel rinco*** di Adamo, però voglio dire. Sfornare figli in modo atrocemente doloroso è una giusta punizione; non bastava? Beh, sappiamo tutti che il Santo Padre ha tendenze megalomani. Quindi gli è sembrato sensato rendere protagoniste le nostre parti intime di quel meraviglioso evento mensile chiamato ciclo mestruale. (Non solo, non si è nemmeno preso la briga di fornirci assorbenti in natura, abbiamo dovuto inventarli noi.) Il rapporto Catullo – Lesbia è niente se confrontato a quello donna – menstruo: siamo isteriche quando non arrivano, siamo istericamente entusiaste quando arrivano, siamo isteriche perché sono arrivate e le odiamo, siamo isteriche quando ci rendiamo conto che il nostro salario è per metà consumato in Buscofan; non abbiamo potere decisionale nemmeno sul nostro utero, che decide di svuotarsi sempre nei momenti più adatti, la sera in cui hai addosso la gonna di jeans bianca, il giorno prima della gara di nuoto, il pomeriggio libero con il tuo ragazzo. E quando la natura non ha già fatto abbastanza, ci mettiamo noi a farci del male, con arnesi quali epilatore e ceretta. Depilarsi è necessario, certo: una gamba selvaggia non è piacevole né alla vista né al tatto. Ma perché gli uomini non sono costretti a farlo? Perché io devo avere l’ascella liscia come la seta per più di otto settimane, se tu coi peli che hai sotto le braccia puoi fartici le trecce? Perché io devo dolorosamente disboscare la mia zona bikini? La tua è percaso tutelata dal WFF, è riserva nazionale? Perché io devo seguire un corso di disegno geometrico per farmi le sopracciglia, e tu puoi permetterti tranquillamente un monosopracciglio a quattro corsie? E andiamo avanti. I tacchi sono per noi donne oggetti deliziosamente desiderati: poche di noi rifiuterebbero un’armadio di scarpe come quello di Carrie Bradshow. Ma se le consideriamo prettamente dal punto di vista logico, le scarpe col tacco sono veri e propri strumenti di tortura. A chi è venuta la malsana idea di ostacolare il nostro cammino e renderlo un impresa da trapezisti? “Stamattina mi sono svegliata e mi son detta, che vita noiosa! Che palle avere piedi sani e funzionanti appoggiati stabilmente al Io non so chi abbia inventato i tacchi terreno! Voglio dare una scossa alla mia routine! Adesso incollo alti, ma tutte le donne devono loro degli stecchini aguzzi alla suola delle mie scarpe e mi impossibilito molto" (Marylin Monroe) nel camminare! Che idea meravigliosa!” Fuori dalle discoteche pascolano mandrie di giovani ancora inesperte del tacco con le scarpe tra le braccia e i piedi nudi sull’asfalto (vengono spesso scambiate per Francescani particolarmente osservanti). Io tendo a lamentarmi molto spesso di queste piccole sofferenze, ma mi rendo conto che subirle sottointende una grande fortuna: non lontano dalla nostra ovattata città, e forse anche tra di noi, donne, per il solo essere donne, sono costrette, in un mondo che almeno per ideali è teso alla libertà, ad essere limitate o private dei loro diritti più elementari, a piegare la propria volontà a quella altrui; quante di noi sono ancora soggette, nel ventunesimo secolo, a pregiudizi di fondo, ad ingiustizie silenziose o dichiarate! La nostra condizione, seppur in balia di un maschilismo sempre più evidente (la TV ne è un chiaro esempio), può essere modificata, riscattata. Ma non tutte noi siamo così fortunate. Quindi cercherò di tenere a mente, mentre vado dall’estetista, che la ceretta, è vero, fa male: ma farebbe molto più male non avere libertà di pensiero. VITA QUOTIDIANA: MATRONA MATRONA PER UN GIORNO di ANNA RIGILLO IA Ricordate la famosa donna romana, quella dei libri, stimata per la sua sobrietà e austerità? Beh, mi spiace proprio, ma pare che dovrete premere il pulsante reset e ripartire da zero. Forse ho esagerato un po’. Agli inizi di Roma le donne dovevano vivere più modestamente, uomini e donne probabilmente vestivano allo stesso modo, ma con l’espansione e l’accrescersi del potere dell’impero, i contatti con le altre culture, soprattutto quelle orientali, produssero cambiamenti anche nelle usanze romane. Nel periodo imperiale era ormai fuori moda la semplice pettinatura dell’età repubblicana, che consisteva in capelli raccolti, con scriminatura centrale, e le matrone esercitavano i loro virtuosismi creando vere e proprie “torri” di trecce, che pare fossero finalizzate anche ad aumentare la statura (Eh già, per i tacchi alti bisogna aspettare ancora una quindicina di secoli). Siccome questa pettinatura non doveva essere esattamente semplice, né breve, le matrone dovettero affidarsi alle mani esperte della cosiddetta ornatrix. Questa simpatica “artista del capello” aveva anche altri compiti, quali la depilazione (sì anche loro) e il trucco della matrona. Pare che le matrone conservassero gelosamente nell’armadio della stanza nuziale il cofanetto dei “trucchi”, che veniva poi tirato fuori solo nel momento del bisogno. L’ornatrix cospargeva le braccia e il viso della cliente con biacca (polvere bianca) mista a gesso e, in mancanza di phard e ombretto, cospargeva gli zigomi e le labbra con ocra o feccia di vino rosso e stendeva intorno agli occhi un po’ di fuliggine (waterproof!). Non era trascurata neanche la pulizia dei denti, che avveniva ricorrendo alla polvere di corno (non chiedetemi come). Quando si dice le stranezze della vita: i denti certo dovevano essere puliti, tutto il resto, invece, veniva lasciato alla cura di madre natura: no alla doccia. Ma non è finita qui: potevano forse le ricche matrone trascurare i gioielli? Certo che no. Anche Le “semplice” pettinatura di alla disposizione di questi ultimi provvedevano le ornatrices, in modo che Cornelia Lippa, madre dei fratelli risaltassero e facessero risaltare la loro portatrice. Gracchi, vissuta nel II secolo a.C. Se trucco e parrucco erano così complicati, ci appare invece una matrona piuttosto semplice nel vestiario. Donna pratica, andava a letto con mutande (a differenza della compare greca), fascia sorreggente il seno e tunica. Quando usciva dal letto, così, era già bella e pronta (andare in giro in pigiama o a letto vestiti?) e doveva solo calzare i sandali e farsi avvolgere dalle addette al vestiario nella tunica lunga, che veniva stretta in vita da una cintura. Ultimo pezzo dell’abbigliamento era la palla, un mantello che scendeva a pieghe. L’abbigliamento delle matrone era molto simile a quello dei mariti, ma in tinte più vivaci, scelte dalle stesse perché esaltassero la loro figura e la loro carnagione. Accessori irrinunciabili in estate: un ombrello quasi sempre di colore verde che rimaneva sempre aperto (mi ricorda un po’ i miei) e per questo molto scomodo, soprattutto quando tirava il vento, e un ventaglio di piume di pavone (comodo!) utilizzato per sventolarsi e per scacciare le mosche (ricordate la storia della doccia?). Curiosità: sembra che fossero molto di moda la parrucca bionda realizzata con capelli di donna nordica e quella nera fatta arrivare dall’India. L’EFFIMERO RESPIRO DEL BUIO di MATTEO MONTI IB La notte è un continuo oscurarsi. Non c’è luce nei viali. Non c’è luce nelle piazze. Non c’è luce negli specchi di ghiaccio, vitrei, pallidi, memori di una vita che hanno soltanto potuto riflettere in silenzio. Avranno visto persone che si allontanavano, coperte da colorati cappotti, il susseguirsi dei vari cappelli variopinti. Avranno baciato la neve, quando ne erano accarezzati; bevuto il fumo di quelle troppe macchine, che schizzavano indifferenti per quelle strade dimenticate. Paradossalmente è proprio quando sei nel cuore della folla, che ti senti più solo. Il silenzio è un insieme di suoni azzerati, ed è solo la forza di volontà che ti permette di non perdere perfino te stesso, con tutti questi stimoli. Cammina, fermati, girati, sospira, continua questo stile di vita che ti opprime, figli di una società che ci disconosce, genitori di un modo di vivere ossessionante. Scatta in avanti, prenditi quello che vuoi. Se ti manca qualcosa prenditelo. Prendi da me quello che vuoi, ormai non sono più niente. L’aria fredda arrossa le tue guance, sei sempre rimasta bellissima alla luce soffusa. Cos’è la felicità? Chi l’ha mai provata? E’ felice l’inconsapevole. La serenità la possiede chi non sa nulla. Niente preoccupazioni, niente pensieri, una vita semplice, senza troppe pretese. Inebetito dalle urla, svegliato dal silenzio. Conduci una vita lineare, circondati di ignari. Non voglio più saperne. Non voglio più saperne di tutti questi pensieri sconnessi, di tutte quelle sere passate a scrivere, di tutte quelle sigarette fumate solo per avere un piccolo soffio dell’aria che respiri. Oh, parvenza divina, lume nella notte, trasportami dove non esiste il peso, prendimi con te, attraverso questi mille cieli. Donami l’ultimo fiato, il brivido prima della caduta. Fammi diventare freddo e bianco, fammi diventare cenere per gli alberi, acqua per la terra. Non voglio più guardare, non voglio più vedere; fammi sentire il caldo abbraccio del sole, la fredda acqua dell’ultimo fiume. Fammi bere alla fonte di Mnemosine, fammi dimenticare tutto quanto, fammi librare al di là delle nuvole. Donami quella vita che tanto desiderano i viventi, donami un posto vicino alle stelle, così che possa vedere il sole sorgere al di là dell’orizzonte, i due oceani che illuminati dei suoi raggi diventano d’oro, il mondo che abbandona la fredda morsa del buio. Coinvolgimi nella danza dell’universo, parte dell’armonia nascosta, della vibrazione che mantiene tutto nell’esistenza. Toglimi le catene dell’indifferenza, spezza i miei legami, libera il mio sorriso. Mettimi vicino al sole, che mi riscaldi il ghiaccio del mondo che mi porto dentro, che bruci le lame. Concedimi di risplendere dei bagliori delle comete, di rifulgere del fuoco delle meteore, di cavalcare le onde dei mari di nuvole. Come mi piacerebbe fissare da lassù il tuo sorriso, cogliere impercettibilmente il bacio che hai sulle labbra. Dannato e condannato, ad essere pestato sul pavimento da tutti gli effimeri che ci dominano. A vedere te, ferma e cristallina, imperturbabile di fronte alla tempesta. Quanto mi piacerebbe possedere un minimo della calma che adesso ti circonda, dell’aura che possiedi, dell’arcobaleno che crei con i tuoi mille lampi dentro i tuoi occhi profondi. Tienimi inchiodato qua, crocifisso a questo pavimento di verità non dette. Non mi posso muovere, non posso agire. Che mi possano sottrarre agli uncini del pensiero, che mi facciano accettare la mia completa nullità, che mi rendano libero. Affogami in un barile di vita liquida, di nettare per chi non ha mai assaggiato la bevanda degli Dèi, butta la mia vita nel mondo, a sorteggio fra le anime, che finisca tra quelle rifiutate da tutti. Che mi amino, che mi detestino, che mi dimentichino. Che non divorino i propri figli, che scelgano con il senno. Che si migliorino con il dolore. Tristi realtà. Triste destino. Destino di non poter vedere al di là della benda che abbiamo sugli occhi, di non poter scorgere una volta di più l’impercettibile parvenza di ciò che si cerca. Nella città la notte si propaga nera. Le voci degli allegri bevitori si mischiano ai sussurri degli spacciatori, negli oscuri anfratti dei lussuosi recessi del centro. Avverti tutto mentre cammini. La notte si diffonde brillante negli spiriti degli arditi. Le luci sono enormi fuochi. Durante la notte, si sentono gridare i respiri. Grifo di Persia Volava un mitico grifo di Persia Dal piumaggio cenerino a un’ala ferito. Dimmi, grifo, che cosa hai visto? Ho visto le sabbie nel mare del tempo L’antica via della seta, le meraviglie di Ishtar e la miseria delle campagne di Teheran in terra di ayatollah. Dimmi, grifo, che cosa hai visto? Ho visto un nuovo Serse Frenare e frustare Il ribelle mare di Elle, tiranno dall’occhio di cristallo uncino maldestro, bocca di fuliggine e cuore di scherno piegare in ceppi le onde ribelli. Dimmi, grifo, che cosa hai visto? Ho visto la candida rosa di Persia Perdere i petali sfioriti Inchinato lo stelo Al verme divoratore che le rodeva il cuore. Dimmi, grifo, che cosa hai visto? Ho visto una ragazza Sfregiata, calpestata, bruciata in una piazza. e tante giovani gocce formare un oceano verde all’unico grido “Libertà” IL NULLA Datti al giardinaggio dei fiori del male. di E.N. Credo che sia un gioco, sia per me che per te. La sfida di toccare qualcosa che si ritrae. Il brivido di sfiorare ciò che non ci appartiene. Senza venire forzatamente ammanettati a una routine che stanca, e che è terreno arido per il seme che più di tutti dà frutti, di succosa sostanza. L’amore. Non saprò mai realmente che cosa ho perso. Quel domani che non è mai arrivato, un sorriso che non è più tornato, le tue scarpe nuove, quel momento in cui mi dici che mi ami, qualcosa che hai buttato, e che io ho raccolto, il momento più bello della mia vita, l’opportunità di essere una persona migliore, e quella di vederti crescere. Lacrime sul viso mi dicono che sei ancora qui. Ma, che buffo, non ti vedo al mio fianco. E ti capiterà di ascoltare certe canzoni e di pensarmi. E mi capiterà di evitare di ascoltare certe canzoni perché ti penso già abbastanza. Come il momento in cui mi dici che devi andare. Ancora non ci credo che mi spegni il sole. Nella mio borsa c’è un fazzoletto usato, un biglietto dell’autobus già timbrato, pillole di indecisione e pasticche di incoerenza, un orgoglio ferito e un sorriso falso, battute scadenti e parole di scorta, nel caso mi dovessero mancare. E metafore che non hanno più un senso. Non ho più un senso io. Pur cambiando colore, non cambia il tuo odore. Hai prosciugato il blu dei miei occhi. Cerco un Dio che mi faccia sentire viva. Ora non posso però, proprio non riesco a staccarmi dall’idiozia di un parco che sa di libertà, almeno oggi. Ma tu non rimanerci male se cera calda cade su di me. Solidificandosi si staccherà. Nessun segno rimarrà, nessuna cicatrice. Nessun dolore. E’ tutto così verde. Bacio lui e intanto poso le labbra sulla bottiglia da cui hai bevuto. Non ho più un’identità. Con te rido in un modo, con lui parlo in un altro. Entrambi vi ho in pugno, di entrambi ho paura. Scatole di tonno e lividi sul corpo. Questo è quello che mi rimane. Domani partirò, e oggi è già domani. Piango ancora, perché non so sempre scegliere. Sarà che questa qua non è per me. Ricordi quando il mondo non ci apparteneva? Che vita stupida. Oggi ho tutto, troppo. E ieri non avevo niente. Tuona. Piove dentro e fuori di me. Potessi prendere una terza strada. Ma sono due. Tanto vale tornare indietro. Soffrirò, soffrirai, soffrirà. Soffriremo assieme. Addio: vi canterò in una canzone. Parole, sempre le stesse, o quasi. Il tabacco mi annebbia autodidatticamente la vacanza. Il sole non scalda, o meglio, mi scaldi di più tu. Tu che mi fraintendi, ma in un modo talmente dolce che mi viene voglia di fraintendere me stessa assieme a te. E poi perdermi nei flutti di una solitudine che mi cura. Ti chiamo subito la medicina, credo. Ma non riesco a resistere troppo tempo senza la mia città. E ho voglia di lavarmi via tutto. Forse perfino la mia immagine riflessa. Vorrei liberarmi di me, arrivare all’ultima tappa del concetto libertà, la più estrema. Affascinata come sono dalla dimensione della realtà tendo a rifiutare il sogno. Come cambiano le cose. Evidentemente il libero arbitrio consiste anche nel poter decidere di dare un senso alla propria esistenza o meno. C’è una luce nel buio, ma non mi appartiene. Per questo preferisco la notte al giorno. E i fuochi d’artificio esploderanno, questa volta senza di me. Alzerai gli occhi al cielo. Nelle orecchie una melodia già sentita mille volte. Ti volterai, ma non mi troverai. Niente più bollicine su tutta la faccia, niente più smalto per coprire il mio vizio, niente più ozio, né all’ombra né al sole, niente più odore di fatica e di gioco, niente più bruciature e gambe già sporche di ruote da dimenticare, niente più di quello che considero normale, che amo e cerco di afferrare. E voglia di tornare, tanta. Sentimenti contrastanti e brama di afa, braccia nude, ciuffi d’erba palloni da calcio, anche se fanno male. Buttata dentro un film nel quale non so recitare. La parte che non mi verrà mai assegnata comincia a pesare. Un paio di giorni assomigliano ad un’eternità quando sei in coda per un etto, un etto e mezzo, di felicità. Nel frattempo rimaniamo qui, inchiodati al bar. Con la pioggia che ci risciacqua le vene. Lotte all’ultimo sangue con i cuscini, magliette da lavare, bagni sempre occupati, pianti trattenuti, verità e sbagli, giochi da bambini e discorsi da grandi, la spesa da fare, cruciverba lasciati a metà da terminare, gente che non è capace di perdere e cambiare. Spesso anche solo il canale. E’ questo che mi ricorderò di una vacanza un po’ prigione, un po’ libertà. Un po’ a metà. Vivere per tornare. Tornare per vivere. Slogan di una felicità apparente conquistata con una corsa improvvisa nel vento. –Sei così felice di essere malinconica- Già. IL METRONOMO di FEDERICA COTTINI IIIF In queste fredde giornate invernali, il mio appetito musicale mal si accorda al triste clima monzese, e predilige, invece, canzoni che richiamano atmosfere più felici. Come non attingere, allora, da quel meraviglioso serbatoio musicale che sono gli anni Settanta e Ottanta? La mia conoscenza in materia è, ahimè, piuttosto limitata, ma vi sono due fenomeni del periodo che ritengo assolutamente degni di nota: il primo si chiama David Bowie; il secondo, tutto italiano, Alberto Camerini. IL DUCA BIANCO David Bowie, con la sua variegata carriera, sfugge ad una qualsivoglia definizione, avendo attraversato diversi decenni musicali e avendo mutato con camaleontica maestria il proprio stile musicale. Sarebbe facile scrivere dozzine di righe celebrative riguardo un simile artista, la sua verve melodica e il suo carisma attoriale, ma quello che più conta è ciò che l’enigmatico personaggio ha voluto rivelare di sé attraverso i suoi brani. Starman, anno 1972, è ambientata in un’atmosfera surreale. Un moderno marziano comunica con noi, esseri umani, e ci dice cose che risultano incomprensibili alle nostre orecchie, ma in un tono tanto semplice, tanto candido, che è impossibile non domandarsi se effettivamente siamo noi che non riusciamo a comprendere un’evidente verità: let the children lose it, let the children use it, let all the David Bowie è lo pseudonimo children boogie. Nello stesso album, The rise and fall of Ziggy Stardust and the di David Robert Jones, è nato Spiders From Mars, è contenuta anche Five years. In questa traccia, dalle l’8 gennaio 1947 a Brixton. sonorità più melanconiche e sfuggenti, è evidenziato il pressante scorrere del tempo, che produce smarrimento nell’animo umano. Vi è poi il Bowie degli anni Ottanta, quello di Modern Love e Magic Dance. I due brani citati sono fra le più riuscite produzioni dell’artista, almeno secondo la sottoscritta. Il nonsenso si mischia a interessanti trovate teatrali (il dialogo introduttivo di Magic Dance), i testi si fanno frammentati e proseguono per associazioni – spesso alquanto bizzarre – di idee, fornendoci una folle panoramica della mente del personaggio-cantante. Non potendo io continuare a scrivere per altre cinque pagine, vi rimando ora all’intera discografia di David Bowie, capace di soddisfare davvero ogni tipo di palato. È un artista complesso, di cui bisogna parlare poco e ascoltare tanto, fermandosi un momento a pensare. L’ARLECCHINO ROCK Così è stato all’epoca definito Alberto Camerini, eclettico cantautore italiano di origini brasiliane. Monotematico sino allo sfinimento – nei suoi testi non si trova altro che amore -, si avvale di basi musicali frequentemente elettroniche, sonorità semplici e non eccessivamente elaborate. Dove possiamo ravvisare, allora, una qualche innovazione musicale? Nei testi delle canzoni. Nella concretezza delle situazioni proposte, nella schiettezza quasi ingenua attraverso cui l’artista si racconta, nell’assenza di perifrasi e nella semplicità sferzante e immediat con cui i pensieri sono esposti. Ad esempio, un brano come Tanz Bambolina fa innanzitutto sorridere, poi fa pensare a quanto sia vero che spesso i sentimenti sono del tutto irrazionali e sconnessi dalla realtà. Se in Serenella la ragazza amata è rappresentata come protagonista di una fiaba d’altri tempi, subito in Non devi piangere l’autore cerca di consolarla da una recente delusione amorosa, accennandole timidamente il suo amore. Le barriere che Camerini ha tolto fra sé e i propri testi sono, invece, ben visibili nel look dell’artista negli anni giovanili: costumi teatrali sgargianti, di mille colori (ed ecco qui Arlecchino), pettinature quasi scultoree. Non di rado l’artista si è presentato in tv protetto da gomitiere e ginocchiere, volendosi provocatoriamente difendere dal una tecnologia che negli anni Ottanta si sviluppava con rapidità e che, agli occhi del cantante, danneggiava l’uomo e la sua sensibilità. Questa e molte scelte musicali sono state la causa delle pesanti critiche che hanno investito l’artista, tacciato di infantilismo e scarsità di contenuti. Personalmente ritengo che gli vada riconosciuto un singolare gusto per la sperimentazione, e che le sue canzoni siano interessanti e utili nella loro franchezza. Brani che ogni tanto è bene riascoltare per ricordarsi l’importanza di un sorriso e la sincera bontà di cui l’uomo è capace. Canzone del mese: If you’re looking for rainbows, look up to the sky. You’ll never find rainbows if you’re looking down. C. Chaplin, Swing little girl CINEMA E TEATRO di DAVIDE MONTANARI ed ELENA CAIMI IIIG, con la partecipazione di CHIARA FARCHIONI IIC A pochi giorni dalla premiazione cinematografica più attesa di sempre, quella degli Oscars (che si terrà il 7 Marzo e di cui parleremo nel prossimo numero) che, siamo certi, segnerà il trionfo del tecnologicamente avanzatissimo Avatar, le uscite del mese di Febbraio hanno regalato diverse sorprese. Partiamo innanzitutto da “il film che ha terrorizzato l’America” (giusto per citare l’inquietante voce che accompagna il trailer della pellicola, apparsa nelle nostre sale nei primi giorni del mese), ovvero Paranormal Activity. Interessante caso di horror low-budget, il film in questione è stato realizzato con un budget di soli 15.000 dollari da un regista esordiente, l’israeliano ed ex programmatore di videogiochi Oren Peli, ed ha in poche settimane superato i cento milioni di dollari di incasso negli Stati Uniti. La storia è semplice, quasi banale, e rimanda inevitabilmente a decine di film analoghi. San Diego, California. Micah e Katie sono fidanzati e vivono insieme. Katie ha una lunga e a dir poco strana storia di presunti contatti con un'entità soprannaturale che sembra seguirla e perseguitarla da quando aveva otto anni. Micah è scettico, ma vuole aiutarla. Perciò decide di filmare tutto (la telecamera è puntata su di loro anche quando dormono) in modo da poter accertare ed eventualmente catturare questa oscura “presenza”. Il film è quindi presentato come se fosse un montaggio dei filmati di Micah. Le riprese sono volutamente amatoriali, con un eccesso di movimenti da mal di mare forse all’origine dei numerosi casi di malore e attacchi di panico di cui si è avuta notizia nei giorni scorsi (certo che ce ne vuole…) e per i quali sono insorte le associazioni di tutela dei minori e de consumatori, che hanno chiesto di vietare il film ai minori. Tutto è comunque pensato per dare l’illusione della verità: attori sconosciuti, interni dove sono state fatte le riprese anonimi (pensate che la stessa casa, teatro principale delle vicende della sfortunata coppia, è la casa in cui abita il regista!), musica praticamente assente… In definitiva si può dire che Paranormal Activity non è tanto un film che fa “paura”, quanto piuttosto che è un film che suscita curiosità, che fa interessare lo spettatore alle vicende dei protagonisti, immersi in una realtà che si fa via via sempre più ostile e aliena. “Non riuscirete più a dormire” aggiunge la pubblicità. Tranquilli, per dormire si continuerà a dormire. L’importante Un’immagine del film Paranormal Activity, sarà ricordarsi di spegnere tutte le luci e di chiudere bene i uscito nelle sale a Febbraio rubinetti la sera, prima di andare a letto. Prima di cominciare a pensare a qualche demone o spirito maligno che ce l’ha con voi. Tra le sorprese positive di questo inizio 2010, anche un film sulla ricerca (laica) della felicità nel luogo (sacro) di Lourdes, che prende il nome proprio dal luogo in cui, si dice, possano avvenire dei veri e propri miracoli: Lourdes. Il film, diretto dalla regista austriaca e semi-sconosciuta Jessica Hausner, che è stato molto ben accolto dalla critica, racconta la storia di Christine, una giovane donna costretta sulla carrozzella dalla sclerosi multipla. Rassegnata alla sua condizione di invalida, partecipa a un pellegrinaggio a Lourdes, con la speranza di riacquistare un po' di fiducia nella vita. Sorride sempre, cerca la conversazione con i giovani volontari dell'organizzazione, si aggrappa all'espressività del volto, l'unica parte del corpo che riesce ancora a muovere. Alla gita spirituale partecipano malati sia nel fisico che nella mente, tutti parte di una sorta di “microcosmo” abituato alla solitudine e all'individualismo. Quando i giorni di vacanza stanno per concludersi, accade il miracolo: Christine, piano piano, riacquista sensibilità alle dita, poi alle braccia e alle gambe, fino ad appoggiare i piedi a terra e cominciare a camminare. La guarigione improvvisa sorprende tutti e accende crudeli invidie tra i compagni. Nel frattempo Christine si gode il suo momento di felicità, ancora incerta sul proprio futuro.Ha invece molto deluso la critica, non solo nostrana, ma anche d’oltreoceano, il primo dei tanti ed illustri ritorni previsti per quest’anno, e cioè quello di Peter Jackson e della sua trasposizione del romanzo, divenuto poi un bestseller, di Alice Selbold Amabili Resti. C’è da dire che la pellicola, che narra la storia di un'adolescente uccisa e rimasta intrappolata, in attesa di vendicarsi del suo assassino, fra la terra e il cielo in una sorta di limbo fatto di ricordi e di fantasie, ha comunque suscitato l’entusiasmo del pubblico che nei primi giorni di programmazione è corsa al cinema per salutare il ritorno del visionario del regista de Il Signore degli Anelli. Appuntamento al mese prossimo, con due dei film più attesi del 2010: Shutter Island (Scorsese+Leo diCaprio) e Alice nel Paese delle Meraviglie (Tim Burton), con Jhonny Depp nel ruolo del cappellaio matto…non vediamo l’ora! A TEATRO…PER HAITI! Qualcosa per la popolazione di Haiti lo abbiamo già fatto tutti. Tutti noi zucchini. Prima del terremoto. Prima che i mass media e il mondo intero si accorgessero delle condizioni in cui versava quella lontana isola nell’Oceano Atlantico. Prima che Haiti diventasse quella “Haiti”. Qualcosa però noi abbiamo anche perso: la felicità per il nostro prezioso contributo. E ovviamente qualcosa hanno perso anche loro; anzi tutto. Da anni ormai il laboratorio teatrale del liceo Zucchi collabora con un’associazione umanitaria, il Micromondo Onlus. Questa così speciale partnership prevede che i proventi degli spettacoli teatrali organizzati vengano devoluti in beneficienza proprio a Micromondo. Lo stesso è accaduto un anno fa. Grazie ai proventi dello spettacolo “Sogno di una notte di mezza estate” l’associazione è riuscita a costruire il centro di accoglienza San Francesco con un programma di recupero per bambini gravemente malnutriti nella capitale haitiana di Port au Prince. La presidentessa e la vice presidentessa dell’associazione hanno fatto visita ai teatranti zucchini durante alcune prove. Non portavano buone notizie. Il terremoto del 13 Gennaio scorso ha infatti distrutto la casa di accoglienza, che ospitava oltre 500 bambini. La notizia è giunta in Italia grazie alla referenza di Suor Marcella, che da anni lavorava presso quel centro. La donna, che per un lutto familiare e motivi di salute ha trascorso il periodo natalizio in Italia, è provvidenzialmente scampata al disastro. Il 24 Gennaio la suora è ripartita per continuare la sua missione ed andare a prestare soccorso ai pochi superstiti rimasti. Marcella ha riportato queste parole in una lettera spedita a Micromondo: “... ho notizie disastrose. Il mio ambulatorio a Port au Prince è crollato ed i miei ragazzi erano dentro. Non ho notizie né di loro né della mia gente, di tutti i nostri bimbi: ho speranza che nelle baracche ci si salvi più facilmente che in costruzioni in muratura. Ho già notizie di alcuni volontari amici trovati morti sotto le macerie, di diversi ancora sotto le macerie e di qualcuno trovato in fin di vita. E’ pazzesco il dolore che questa gente è chiamata a vivere. ...andrò nella Repubblica Domenicana per organizzarmi e da lì con la mia macchina e alcuni volontari raggiungerò Port au Prince: cercherò di arrivare alla nostra baraccopoli e cercare i miei ragazzi...” . In una mail del 6 febbraio Marcella racconta: “....sono a Port au Prince ormai da tre settimane e la cosa che mi colpisce è che in mezzo alla distruzione ed al dolore gli haitiani hanno ricominciato a vivere la loro quotidianità fatta di fatica e dolore da sempre. Il terremoto ha infatti aggiunto distruzione ad una realtà già pesante e la macchina allucinante dei cosiddetti aiuti umanitari non fa che creare situazioni ancora più pesanti... Tre sono i progetti a cui stiamo lavorando: - creazione di un centro di raccolta bimbi perduti in attesa che l’Unicef cerchi i familiari per poter ricostituire la famiglia. Tanti bimbi stanno sparendo potenziando quel traffico che già esisteva prima del terremoto di cui noi già sapevamo, di bimbi “esportati” nella Repubblica Domenicana ed immessi in ogni tipo di traffico (prima del terremoto si parlava di 2000 bambini l’anno); - trasformazione di una parte della missione in ospedale riabilitativo per le migliaia di amputati (le stime sul campo parlano di 23.000 amputati, quelle ufficiali di 5.000) prevedendo protesi e fisioterapia; - la costruzione di un grande centro educativo comprensivo di asilo, scuola di base, superiori e scuola professionale come scuola cattolica ufficiale del paese.... Ok, le cose da dire sarebbero ancora tante ma volevo per ora raccontarvi cosa stiamo facendo, nella prossima mail cercherò di raccontarvi cosa vuole dire per me essere qui oggi e la bellezza di essere Chiesa che stiamo vivendo e che ci rende proprio diversi da chi annaspa per trovare soluzioni, proporre programmi, inventarsi progetti dimenticandosi che gli haitiani non sono un problema da risolvere, ma degli uomini da accompagnare all’incontro con il Destino”. Con il crollo del centro di accoglienza non solo Suor Marcella ha perso i suoi bimbi e i suoi collaboratori. Quei bimbi erano anche un po’ nostri! Lo scorso anno abbiamo donato loro un rifugio. Quest’anno DOBBIAMO fare la stessa cosa. Adesso è arrivato il momento di AGIRE. Siamo responsabili della loro incolumità,salvezza, del loro FUTURO! SIETE DUNQUE TUTTI CALOROSAMENTE INVITATI A PARTECIPARE ALLO SPETTACOLO ORGANIZZATO DAL LABORATORIO TEATRALE DELLO ZUCCHI, CHE SI TERRA’ VENERDI’ 5 MARZO E SABATO 6 PRESSO IL TEATRO DELLA PARROCCHIA DI S.CARLO A MONZA IN VIA VOLTURNO 38. Sosteniamo Marcella attraverso una raccolta di fondi straordinaria. A mezzo Bonifico Bancario: Micromondo Onlus – c/c Banca Popolare Etica di Milano -IBAN n° IT05 L 05018 01600 000000102828 specificando nella causale "Pro Haiti". A mazzo bollettino postale: Associazione Micromondo Onlus c/c 43243203. E’ di fondamentale importanza che segnaliate come causale: Progetto Haiti. “Spesso le grandi imprese nascono da piccole opportunità” – Demostene PADDOCK ZUCCHI I SOPRANNOMI di ALESSANDRO MANTOVANI ID Tutti noi abbiamo dei sopranomi che a volte ci piacciono ma a volte no. Ma a tutti noi i soprannomi piace soprattutto darli agli altri, a chi ci sta simpatico ma anche a chi odiamo. Dovete però sapere che c'è una categoria di persone che, quando bisogna dare dei soprannomi, non è seconda a nessuno: quella dei tifosi. Tutti i tifosi di tutti gli sport amano trovare nomignoli ai loro eroi o ai loro “nemici”. Vediamo allora come sono chiamati dai tifosi i principali personaggi del motorsport.Un ambiente in cui i soprannomi abbondano è quello rilassato e (secondo alcuni troppo) scherzoso del motomondiale. Partiamo dall'idolo delle folle italiane e non solo, l'indiscusso supercampione della categoria, quel fenomeno che si chiama Valentino Rossi, uno che in tutta la sua carriera è stato chiamato in una miriade di nomi diversi che vi risparmio citando solo i due “ufficiali”: all'inizio della carriera il fenomeno di Tavullia si faceva chiamare Rossifumi, mentre dopo la laurea honoris causa è diventato “the doctor”. Sempre restando sui motociclisti italiani il soprannome ufficiale di Loris Capirossi è “Capirex” anche se molti lo chiamano semplicemente “il vecchio” visto che è un baldo giovine di soli quarant'anni, mentre l'acerrimo nemico di Rossi, Max Biaggi, si fa chiamare “il pirata”. Il pilota romano ormai corre nella meno importante categoria delle Superbike, ma secondo voi è un caso il fatto che il suo primo compagno di team in questo campionato sia stato l'australiano Troy Corser detto “il corsaro”? Se Biaggi dopo aver passato la carriera nei prototipi del motomondiale ha deciso di passare nelle derivate di serie della SBK c'è molta gente che fa il percorso inverso, come il texano Ben Spies, per i tifosi “il tornado”, che dopo aver battuto il più esperto Noryuki “nitronori” Haga si sta preparando al grande salto in moto gp dove sarà sicuramente uno dei protagonisti della prossima stagione. Tornando a parlare dei motociclisti della serie regina del mondo delle due ruote è impossibile non parlare dei “fantastici 4” cioè Rossi, Pedrosa, Stoner e Lorenzo. Di Rossi abbiamo già detto che di soprannomi ne ha avuti una marea, ma uno che su questo terreno rischia di batterlo è l'australiano Stoner che all'inizio della carriera era chiamato “Rolling Stoner” (perchè cadeva sempre), poi è diventato “Bastoner” (perchè vinceva “bastonando” gli avversari) ed oggi viene chiamato “canguro mannaro” (il perchè non lo so, chiedetelo a Guido Meda che ne sa più di me dato che l'ha inventato lui). Per completare il quartetto abbiamo Jorge “por fuera” Lorenzo ed il “torero camomillo” Dani Pedrosa. Uno che per scegliere il suo soprannome ha usato molta fantasia è l'americano Niki Hayden, che è nato nel Kentucky e si fa chiamare “Kentucky kid” anche se non scherza neppure il nostro Marco Simoncelli, detto “il Sic”. In pratica il suo soprannome è la sigla del cognome. Qualcuno aveva anche provato a chiamarlo, a causa della sua capigliatura cespugliosa, “Napo orso capo” come un cartone animato dei primi anni 70, che forse qualche professore ricorda, ma non ha ottenuto grandi risultati.Passiamo ora al mondo delle quattro ruote, un mondo più chiuso per i tifosi, come hanno dimostrato ampiamente Raikkonen, che una volta ha letteralmente travolto una ragazza che gli chiedeva un autografo, e Schumacher che ha recentemente ignorato un bambino che faceva lo stesso. Ma nonostante questo sui blog e sui forum i tifosi si scatenano affibbiando ai piloti una serie di nomignoli davvero interessanti. Partiamo proprio dal campione tedesco che prima era chiamato “il Kaiser” ma ora, dopo il suo passaggio in Mercedes, viene definito nel migliore dei casi come “il traditore”. Il freddo e distaccato finlandese Raikkonen è invece chiamato “iceman” mentre il suo connazionale Kovalainen, molto più caldo e vivace, anche se non altrettanto veloce, è diventato per contrapposizione “niceman”. Molto divertenti sono i soprannomi dei due ferraristi: Alonso viene chiamato “Nando” (abbreviativo di Fernando, il suo vero nome), mentre Massa viene chiamto “pippo” che è l'abbreviativo del suo nome in italiano (Filippo), anche se qualcuno lo chiama più malignamente “il raccomandato”. Ha invece dell'incredibile la metamorfosi subita dal nome dell'inglese Hamilton: il suo nome, Lewis, è diventato Luigi che si è trasformato in Luigino che ha poi portato al definitivo “Gino” (o “Ginetto”). Ovviamente a chiamarlo così sono stati i suoi (molti) detrattori certamente e non i suoi tifosi. Per finire abbiamo “il pianista” Adrian Sutil, Giancarlo “Fisico” Fisichella, Nick “the quick” Heidfeld, Timo “camomilla” Glock (perchè è sempre calmo anche dopo essersi schiantato a 300 all'ora contro un muro), Nico “Leonardo di Caprio” Rosberg (confrontateli: sono identici!), “il samurai” Kamui Kobayashi e, ultimo ma non meno importante, Bruno “jella” Lalli (abbreviato in B.J.L.). In realtà il cognome di quest'ultimo è Senna (infatti è il nipote del grande Ayrton), ma molti tifosi lo considerano più un raccomandato che ha deciso di cambiare il suo cognome originale (Lalli) con quello della nonna materna (il padre di Ayrton si chiamava Da Silva ma lui decise di adottare quello della madre) per fare carriera, che un talentuoso figlio (anzi, nipote) d'arte. In più lo chiamano “jella” perchè tutti i team che avevano intenzione di ingaggiarlo si sono ritirati dopo poco tempo e la squadra spagnola che dovrebbe farlo debuttare quest'anno rischia di fallire prima dell'inizio del campionato. Un campionato durante il quale i numerosi debuttanti dovranno fare i conti con i tifosi ed i loro dissacranti o esaltanti soprannomi. A TUTTO TUTTO SHONEN!!! di ROBERTO BALDACCIONI IIIF I manga vengono generalmente suddivisi in base al genere, che viene determinato, principalmente, dalle tematiche trattate e, soprattutto, dal pubblico cui il manga si rivolge: abbiamo così gli shojo, cioè i manga per ragazze, i seinen, ovvero i manga per adulti (quelli che affrontano tematiche particolarmente mature o che sono particolarmente ricchi di violenza) e gli shonen, cioè i manga per ragazzi adolescenti. Al genere shonen appartiene sicuramente la maggior parte dei fumetti giapponesi più conosciuti ed amati: esempio perfetto di questo fatto è rappresentato da Dragon Ball, scritto e disegnato da Akira Toriyama, primo vero manga ad aver conosciuto una diffusione su scala planetaria. Da questo manga, dunque, possiamo ricavare gli elementi che caratterizzano il genere shonen: innanzitutto, i protagonisti sono tendenzialmente adolescenti (o, comunque, molto giovani), anche se poi possono più o meno crescere ed invecchiare a seconda del periodo per cui si prolunga la pubblicazione del fumetto (a tal proposito, si tenga ben presente che i manga raccontano storie che, prima o poi, finiscono; per cui è naturale che i protagonisti di una serie, se questa dura molti anni, vengano mostrati anche tenendo in considerazione il fattore crescita); i personaggi, buoni e cattivi, sono tutti dotati di qualche particolare, e straordinaria, abilità; i personaggi sono Dragon Ball è stato pubblicato per la prima impegnati in diverse avventure, che si susseguono una dopo l’altra, nelle quali volta sulla rivista settimanale Shōnen Jump nel 1984 ed è stato il primo manga pubblicato i protagonisti sono chiamati a fare sfoggio della loro abilità. in Italia a essere letto da destra verso sinistra, Infine, l’elemento più importante che caratterizza gli shonen è il tema cioè rispettando l'impaginazione originale dell’amicizia: essa è l’elemento che il più delle volte costituisce il motore nipponica. dell’azione e dell’avventura. Voglio subito chiarire, dunque, che le ambientazioni fantastiche e/o fantascientifiche non sono caratteristiche degli shonen in quanto tali: per esempio, un altro titolo shonen molto apprezzato, Slam Dunk di Takehiko Inoue, è interamente ambientato in una scuola e i protagonisti sono giocatori di basket; il fatto che l’elemento fantastico sia molto presente è determinato piuttosto dal fatto che i mangana tendono a recuperare il materiale utile per le loro storie dalla tradizione giapponese, piena di elementi fantastici, spesso mischiandoli con elementi della cultura occidentale anch’essi legati al fantastico. La produzione di shonen manga è oggi vastissima, perché è molto facile scrivere un fumetto attenendosi fedelmente alle caratteristiche del genere; questo comporta, tuttavia, una scarsa qualità della maggior parte della proposta, al punto che è raro che qualcuno continui a leggere shonen superata la soglia dell’adolescenza. Per fortuna, però, ogni tanto capita che qualche autore, pur rimanendo all’interno del genere, riesca a creare un’opera originale e peculiare, unica in sé.Gli shonen manga oggi più letti sono One Piece, di Eiichiro Oda, Naruto, di Masashi Kishimoto, e Bleach, di Tite Kubo: il loro successo è legato, soprattutto, al fatto che tutti riprendono le caratteristiche del genere in modo sufficientemente originale da non risultare noiosi: in One Piece, per esempio, viene dato moltissimo spazio al tema dell’amicizia e, quindi, alle relazioni che legano i diversi personaggi tra loro, e l’azione è caratterizzata da un ritmo serratissimo; in Naruto, invece, si dà particolare risalto all’abilità speciale posseduta dal protagonista, che è lo spunto per una riflessione sul tema controllo del proprio potere e del “grande potere che dà grande responsabilità”; in Bleach è particolarmente rilevante la costruzione della trama, nel senso che l’autore dissemina indizi sugli sviluppi futuri che intende imprimere al racconto, sfidando in qualche modo il lettore a ricomporre a posteriori tutto il non detto della trama. Una bella novità che tutti questi titoli presentano è il ricorso frequente al flashback, che viene utilizzato per mostrare il passato dei personaggi; grazie al flashback gli autori abbandonano l’azione per dedicarsi ad un’introspezione dei personaggi, arricchendoli di sfumature. Altri titoli shonen di buona qualità sono Eyeshield 21, manga a tema sportivo (dopo il calcio – pensate a Capitan Tsubasa – e il basket – pensate al già citato Slam Dunk – è la volta del football americano!), oppure, per chi voglia rimanere nell’ambito fantastico e magico, Fullmetal Alchemist (anche se questo manga tende un po’ verso il genere seinen per alcuni aspetti). Il mio consiglio, insomma, è quello di trovarvi un buon manga shonen da leggere per divertirvi e riposarvi per un’oretta dopo una lunga, faticosa ed estenuante giornata scolastica! LO ZUCCHI SOTTO LE STELLE di ELEONORA BERTANZA ed ELISA PIAZZA IIG Ciao a tutti! Anche questo mese, data la nostra voglia di novità, vi proponiamo un oroscopo alternativo: vogliamo perlustrare gli antri reconditi del cuore e dirvi quale segno vi procurerà una grande felicità per tutto l’anno. Ci teniamo, però, a precisare che non ci riferiamo solo a possibili innamoramenti, ma anche ad amicizie nuove o recuperate che vi renderanno veramente felici e appagati. Bene, dopo questa semplice premessa, non ci resta che augurarvi una buona lettura! Ele&Ely ARIETE Quest’anno sarà un SAGITTARIO a farvi perdere le redini del cuore: allegro, spigliato e ottimista, saprà creare un’intesa particolare che vi spedirà diretti in un cortocircuito di passione! BILANCIA Quest’anno non potrete temere la noia accanto a un fantastico ACQUARIO! La sua originalità e fantasia vi spiazzeranno e vi faranno deragliare dai rigidi binari della ragione, a voi anche troppo cara. TORO La migliore sintonia la troverete in una cara e serena VERGINE, che con la sua concretezza e pacatezza vi farà tornare con i piedi per terra e darà stabilità al rapporto. SCORPIONE Intese profonde, seduzioni travolgenti, sensualità stellare… Solo con un CANCRO il vostro cuore prenderà il volo! E non solo il cuore, perché saprà stregarvi anche la mente con le sue profonde riflessioni. GEMELLI La passione vera, in questo 2010, la proverete con una BILANCIA, che vi attrarrà per la sua delicata sensibilità e per la sua incredibile classe. Brividi in arrivo! SAGITTARIO Vi capirete al volo con un ARIETE. La sua impulsività e focosità vi daranno carica e vi sproneranno ad affrontare ogni cosa con determinazione e ottimismo. Una vera rivoluzione per voi! CANCRO Il vostro 2010 sarà reso indimenticabile da un PESCI: con lui volerete lontano lontano su un altro pianeta e immaginerete di conquistare il mondo…occhio alle sbandate!! LEONE Con la grande voglia di novità che avete, vi troverete benissimo con un GEMELLI, che vi diverte, vi stimola e vi appassiona, e con cui sarete in grado di instaurare una tenerissima complicità! VERGINE La fiducia in voi stessi e la vostra voglia di affetto e comunicazione faranno sì che un CAPRICORNO vi venga a cercare. Buona intesa anche “tra i banchi”: insieme non ci sarà compito in classe che regga! CAPRICORNO Questo 2010 vi sembrerà più bello se lo passerete accanto a un TORO: la sua raffinatezza e le sue buone maniere placheranno le tensioni, e insieme saprete apprezzare ogni aspetto della vita! ACQUARIO Voi brillanti e divertenti, lei elegante e razionale: perfetto equilibrio con un BILANCIA, che vi ammalierà grazie alla sua scioltezza. Tutti vi ammirano! PESCI La chiarezza e il coraggio di esprimersi sono le due qualità che vi affascineranno di un LEONE, che di generosità e lealtà ne avrà da vendere anche in amore! Immagini a cura di Elisa Piazza II G e Costanza Lucà II G ANGULUS OTIOSUS (o meglio come perdere tempo fingendo di allenare il cervello) di CHIARA DANIELLI IIIG (frase: 8,9) scoprite le 8 differenze LA REDAZIONE DIRETTORE: GIULIA COLOMBO IIIG VICEDIRETTORE: SARA MONTAGNINO IIIA CAPOREDATTORI:MICHELE CASADEI IIIA sezione Cinema e musica MARCO COLOMBO IIG sezione Attualità JAKOB PANZERIIIIA sezione Filosofia e politica BENEDETTA RATTI IIG sezione Letteratura FEDERICO SALA IIG sezione Giochi e Sport GIULIA SPINELLI IIIC sezione Scuola REDATTORI: BALDACCIONI ROBERTO IIIF BERTANZA ELEONORA IIG CASTOLDI CORINNE IIG CAIMI ELENA IIIG COTTINI FEDERICA IIIF DANIELLI CHIARA IIIG DEL GENIO CLARA IA GALLI EDOARDO IIIG GENNARO GIULIA IIIC GEROSA ALESSANDRO IIIG MANTOVANI ALESSANDRO ID MONTANARI DAVIDE IIIG MONTI MATTEO IB MELLONI PIERPAOLO IIIC PIAZZA ELISA IIG PINCELLI LUCA IIIC QUAGLINI SILVIA IIIG RIGILLO ANNA IA ROSSINI CAMILLA IB UNYANGODA NADEESHA IA URRACCI NATALIA IIG IMPAGINAZIONE E GRAFICA: ELENA MANTOVANI VC IMMAGINI: ARPANO SILVIA IF GEROSA GIULIA IB FILIPPELLA MARTINA IIA Ringraziamo inoltre tutti coloro che hanno collaborato all’uscita del Bartolomeo (collaboratori, insegnanti ed operatori scolastici). Ricordiamo che chiunque può partecipare alla redazione del Bartolomeo inviando un suo articolo all’indirizzo mail [email protected]; CHI DESIDERA INVIARE UN MESSAGGIO ALLA RUBRICA QUORINFRANTI PUO FARLO INVIANDO UNA MAIL ALLO STESSO INDIRIZZO. I numeri del Bartolomeo sono disponibili anche on line sul sito www.liceozucchi.it. Gli articoli per il numero di Febbraio vanno inviati all’indirizzo mail [email protected] entro l’11 Marzo.