IL RITORNO DEL BRIGANTAGGIO di LUCA PINCELLI IIIC Nel 1865, dopo quattro anni di combattimenti, attentati, scontri e violenze, il neonato Stato italiano sconfigge manu militari, con il contributo del generale Cialdini, il fenomeno del brigantaggio. Nel dopo guerra, dalle elezioni governative che vedono la DC conquistare la maggioranza dei voti, la mafia e lo Stato iniziano a giungere ad alcuni accordi, più regionali che nazionali. Dal ventunesimo secolo mafia e Stato hanno iniziato a coesistere. Ma facciamo un passo alla volta. Liberato il meridione dal governo borbonico e dal brigantaggio, il recente Stato italiano si trova ad affrontare molte nuove spese, di cui alcune impreviste: sono le cosiddette spese di “liberazione”, che si aggiungono a quelle dell’amministrazione e dei lavori pubblici nel sud Italia. Lo Stato italiano commissiona tali lavori ad imprese lombardo-piemontesi, ma fa gravare le spese sui cittadini delle ultime zone liberate. In tale condizione i meridionali all'ingiustizia statale cominciano a preferire la giustizia semplice e, ai loro occhi, efficace di organizzazioni settarie come la “mafia” ("l'onorata società" che almeno in quel periodo talvolta tolse al ricco e diede al povero). Da questo momento in poi, la mafia avrà il pieno controllo del territorio. Un primo tentativo, per la verità molto sterile, di lotta alla mafia si ha nell’era fascista, quando il governo Mussolini è sembrato voler soffocare duramente l'organizzazione mafiosa, ma in realtà ha conservato i contatti con i capi più importanti; ha, infatti, fatto condannare molti “pesci piccoli”, lasciando in libertà e in pieno controllo dei propri affari il capomafia Di Giorgio e il fascista referente mafioso A. Cucco. Il 9 luglio 1943 poi, gli americani sbarcano in Sicilia senza incontrare nessun ostacolo, garantiti dalla mafia che si era "preoccupata" di tutto. Dopo questo evento l’onorata società riprende il controllo delle campagne, soffocando ogni protesta contadina, uccidendo sindacalisti e politici di sinistra; questo risultato porta all'organizzazione vantaggi economici e grandi riconoscimenti. La collusione tra mafia e Stato diviene evidente nelle regioni meridionali, quando sale al governo la Democrazia Cristiana i cui esponenti intrattengono importanti relazioni con l’onorata società, quando non ne fanno parte essi stessi. Tra gli anni '50 e '70 si ha una nuova generazione mafiosa, basata su sistemi americani, che impone il suo controllo sul settore degli appalti pubblici e dell'edilizia privata, traendo enormi profitti, che poi verranno investiti, negli anni '70 e '80 nel traffico di armi e droga. Proprio a partire da quegli anni la mafia diventa sempre più un problema per lo Stato e sempre meno un fenomeno puramente regionale, come dimostrano i numerosi processi ad imprenditori del nord Italia, che hanno chiesto sovvenzioni e permessi ad organizzazioni parallele allo Stato. In realtà, la mafia è stata riconosciuta per la prima volta come “cancro” di Stato alla conclusione del maxi processo del dicembre del 1987, conclusosi con la condanna di famosi boss mafiosi appartenenti al contesto politicoimprenditoriale. Gli anni ’90, poi, sono sicuramente ricordati come un periodo di grande impegno nella lotta a Cosanostra, visti i numerosi processi e la parziale epurazione dai partiti di personaggi mafiosi o collusi con la mafia; tuttavia, sono questi anni di grandi sacrifici e lutti, come dimostrano gli attentati a Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa e tanti altri, rivelatisi purtroppo fatali. Oggi viene da pensare che tali sacrifici siano stati completamente inutili, visto che la “Seconda Repubblica” è, se possibile, più corrotta della Prima; visto che gli scandali legati agli stretti rapporti tra politica e Cosanostra sono sempre più frequenti e palesi; visto che il numero di condannati in Parlamento per reati relativi alla collusione con la mafia è più alto che mai; visto che tutto il mondo della politica, in modo trasversale, aggredisce Giorgio Bocca, quando scrive sull’Espresso che le organizzazioni mafiose sono capillarizzate in ogni settore dello Stato, anche nella polizia; visto che il Presidente del Consiglio deve ancora difendersi in vari processi dall’accusa di intrattenere rapporti con Cosanostra. Mala tempora currunt. Quello che ai briganti ed ai primi esponenti dell’Onorata Società non è riuscito, ossia sconfiggere la politica, lo Stato e sostituirsi ad esso, sta riuscendo ora alla nuova mafia, a Cosanostra, che non cerca più il muro contro muro, lo scontro diretto, ma percorre la strada degli accordi, trovando terreno fertile. Alla fine, il brigantaggio ha avuto la meglio. COLAZIONE ALLO ZUCCHI di MARCO COLOMBO IIG E rieccoci qui, a gennaio inoltrato, quando ormai le verifiche ci hanno definitivamente ed irrimediabilmente sommerso, e tutte le materie si sommano inesorabili l’una con l’altra, dandoci come risultato dei meravigliosi ed appassionatissimi pomeriggi di studio. Ebbene, sorvolando sulla drammatica parentesi, questo mese il tema che vi propongo è invero abbastanza delicato e certamente molto scottante, perché mischia elementi di razzismo, xenofobia, immigrazione e intolleranza: sto parlando, ovviamente, delle recenti sommosse di Rosarno, in Calabria, che è stato appunto teatro di forti e violenti scontri fra gli immigrati che vi lavorano, regolari e non, e i cittadini del luogo. Innanzitutto occorre fare un breve riassunto dell’accaduto: il tutto inizia con l’atto idiota di alcuni(si crede siano due) non meglio identificati cittadini calabresi, che per una strana forma di divertimento avrebbero deciso di passare un’allegra serata in compagnia sparando pallini ad aria compressa su alcuni extracomunitari, i quali, esasperati per i continui atti di intolleranza nei loro confronti, di cui quest’ultimo costituisce la cosiddetta goccia che fa traboccare il vaso, hanno ben pensato di vendicarsi e di cercare di riscattarsi con atti di violenza ancor più feroci e indirizzati a persone che nulla avevano a che vedere con la triste vicenda dei loro compagni. Mi sembra scontato aggiungere che i calabresi abbiano deciso di reagire ulteriormente alle violenze di questi ultimi armandosi di tutto punto e sparando in aria alla cieca oppure prendendo a sprangate alcune delle baracche dei suddetti immigrati. Ora, normalmente il mio commento ad atti di questo genere sarebbe il seguente: “ i due calabresi sono due deficienti, però gli extracomunitari vengono in Italia, che non è il loro paese, stuprano a destra e a manca e poi fanno tutto questo casino per due colpi ad aria. I due calabresi vanno puniti, ma gli immigrati non sono neanche lontanamente giustificabili”. Tuttavia La mia precedente opinione (e ammetto che sia abbastanza sommaria) cambia radicalmente se andiamo ad analizzare la situazione di costoro e soprattutto i soprusi che in effetti sono costretti a subire da parte dei loro vicini italiani. Si scopre infatti che queste persone sono obbligate a lavorare per circa venticinque euro al giorno sei giorni su sette, per un totale perciò di seicento euro mensili. Tutto in nero ovviamente, e con turni di circa quattordici ore giornaliere. Si scopre anche che di questi venticinque euro, circa cinque debbono essere obbligatoriamente versati a varie società mafiose, e facendo un rapido conto possiamo calcolare quanto rimanga loro a fine mese: quattrocentottanta euro. Una miseria. Nemmeno sufficienti per acquistare il cibo necessario al proprio sostentamento. Ho inoltre letto su “ Il Giornale” alcune affermazioni dei datori di lavoro di queste persone, che sosterrebbero di non capire le ragioni di questa rivolta; avendo anche fatto mettere a disposizione tramite la regione e la provincia confortevoli e piacevoli alloggi per consentire un sereno riposo ai lavoratori stranieri, che avrebbero quindi tutto ciò che sia desiderabile. È interessante, a tal proposito, notare che i confortevoli alloggi in realtà non esistano, e che consistano in due capannoni abbandonati da innumerevoli anni, senza corrente, acqua, gas e vetri, dove tutte queste povere persone sono costrette a vivere in condizioni penose, peggio delle bestie. Mi piacerebbe che i cittadini di Rosarno provassero a vivere con quattrocentottanta euro al mese in uno squallido capannone senza alcun servizio, per poi poter loro chiedere quanto siano soddisfatti ed estasiati dalla loro condizione. In Italia tutti sono buonisti, specialmente alcune persone che fanno presto a parlare e ad accusare il Governo, che sta cercando di porre un limite all’immigrazione, di essere xenofobo e razzista, di non avere moralità e di essere senza cuore. Ma allora mi chiedo: “ se queste benedette persone non vuoi mandarle indietro al loro paese, puoi, una volta fattele entrare in Italia, trattarle come bestie da soma? Non sarebbe meglio respingerle direttamente invece che predicare bene e poi razzolare male?” Forse i cittadini di Rosarno non ricordano che la Calabria, ai primi del novecento, è stata una delle regioni italiane con il più alto tasso di emigrazione verso gli Stati Uniti, dove la maggior parte degli Italiani era trattata forse peggio di come ora loro stanno trattando questi immigrati. Ma la storia non dovrebbe aiutare a non commettere gli errori del passato e a non infliggere le stesse pene, tanto dolenti, ad altri dopo che le abbiamo provate anche noi sulla nostra stessa pelle? Polibio, il grande storico greco vissuto per tanto tempo a Roma, sosteneva nella sua teoria dell’anaciclosi che la vita di uno stato e la storia fossero destinate a ripetersi ad intervalli, per l’appunto, ciclici. PROSEGUE A PAG 5 IL ROSSO E IL NERO di MARCO COLOMBO IIG e LUCA PINCELLI IIIC Luca Pincelli, alias “ il Rosso”. Si definisce un utopista con tendenze anarchiche, legato più a movimenti studenteschi (UdS, L'Onda ecc) che a vari partiti italiani. Ateo e progressista sono due delle sue principali connotazioni. Il suo motto? "Nessuna carovana ha mai raggiunto il suo miraggio, ma solo i miraggi hanno messo in moto le carovane” Marco Colombo, ovvero “il Nero”. Libero pensatore moderno di derivazione galileiana e ciceroniana (nel senso che gli piace contraddire tutto e tutti), abbastanza spostato verso destra, ma con quel pizzico di autocoscienza che gli consente di pensare con la sua testa, senza un preciso partito di riferimento. Due pensatori dalle idee molto diverse espongono le loro opinioni su un argomento comune. Questo mese si parla di Gianfranco Fini. Chi, con il governo italiano che incontra continui dissensi da parte del Vaticano, dell’Europa e degli Stati Uniti, si oppone alle riforme di Berlusconi e soci? Il maggior partito di “opposizione” (il PD, per chi non avesse capito che si tratta di un partito e, soprattutto, che si trova all’opposizione!)? L’IDV, con la sua fortissima pars destruens e privo di pars costruens? Nessuno dei due. Gli attacchi più forti al governo di Centrodestra provengono da uno dei suoi maggiori esponenti, il Presidente della Camera scelto dallo stesso Berlusconi, colui che avrebbe dovuto (dovrebbe?) succedergli alla guida del PDL in futuro: Gianfranco Fini. L’ex presidente di AN, dalla fondazione del PDL, controbatte spesso e volentieri alle parole e alle azioni del Presidente del Consiglio: da quando ha definito la propria nuova forza politica come un gruppo di persone eterogenee che deve ancora elaborare un’unitaria idea di partito, fino alle recenti osservazioni sul fatto che “gli imperatori spesso rischiano di perdere la testa” (riferendosi al modo poco democratico di porsi e di governare di Berlusconi).Ora, sebbene il Centrodestra affermi costantemente la propria compattezza, accusando semmai le opposizioni di essere carenti sotto questo aspetto, appare evidente che sia maturato in Fini e nei finiani un certo dissenso, manifestatosi in questi e in altri numerosi episodi. Ma perché il delfino di Almirante (segretario del MSI) si oppone alla politica del suo partito considerandola conservatrice e antidemocratica? È solo una questione di ruolo istituzionale? Oppure è stata la moglie, elettrice del PD, a traviare il Presidente della Camera? Io credo che le principali ragioni che spingono un ex fascista ad agire in controtendenza rispetto ai suoi vecchi ideali siano tre: sicuramente l’essere una delle Questo è il primo di una lunga serie di brevi articoli che presenterò, e che cercheranno di proporre due visioni opposte, ma non sempre, su argomenti di attualità e di interesse comune. Il nostro primo argomento verte sulla figura dell’Onorevole Fini, attuale presidente della Camera, che come già esposto è al centro di forti polemiche e critiche da parte di numerosi politici dell’ala destra del parlamento e di alcuni giornali , e debbo confessare di trovarmi in gran parte d’accordo con molte delle critiche avanzate. Gianfranco Fini, infatti, inizia la propria carriera politica circa nel 1976, quando comincia a frequentare il Fronte della Gioventù, per poi entrare a far parte del MSI ed infine di An. In sostanza, quindi, la sua è una formazione che potremmo definire certamente molto orientata verso destra, come direbbe qualcuno di mia conoscenza talmente orientata verso destra da poter quasi sfociare nel’ala sinistra, come in effetti sta ora accadendo. Le sue posizioni sono nettamente contrarie, fino all’anno scorso, quindi direi non molto tempo fa, all’immigrazione, alla politica della sinistra italiana e alle critiche rivolte a Silvio Berlusconi, che anzi difende a spada tratta e col quale dimostra sempre di avere ottimi rapporti. Ora però inizia ad avere visioni stranamente più aperte, favorevoli a tutti quei temi cui era contrario, e sembra stia cercando di riacquistare un’autonomia che forse credeva, o aveva, effettivamente perduto a seguito della fusione di An nel Pdl. E lo fa in una maniera alquanto insolita, bizzarra oserei dire, con affermazioni che contraddicono in buona parte tutte gli ideali in cui ci aveva fatto credere di rispecchiarsi. E si sposta verso sinistra. quattro principali cariche istituzionali gioca un suo ruolo, infatti un buon Presidente della Camera deve agire in più direzioni, manifestare il suo dissenso verso ciò che è antidemocratico ed anticostituzionale, ascoltando e prendendo in considerazione le istanze di tutti i parlamentari, siano essi di destra o di sinistra. In secondo luogo, a mio avviso, si è sviluppato in Fini un senso di repulsione e fastidio nei confronti delle ingerenze della Lega, che avanza proposte sempre più barbare ed incivili, che non sono permesse dalla Costituzione Italiana: l’introduzione del reato di clandestinità, l’imposizione ai medici di non curare clandestini, la ghettizzazione degli studenti stranieri nelle scuole, sono stati infatti duramente criticati dal Presidente della Camera. Infine, è probabile che, siccome nel contesto europeo il Centrodestra italiano è sicuramente tra i più conservatori e tra i più distanti rispetto all’idea di destra europea, Fini cerchi di distaccarsi progressivamente da questo modello per porre le basi di un movimento fondato sì su valori tradizionali, ma più aperto al nuovo, all’idea di una società multietnica e multiculturale. Da persona di sinistra non posso far altro che lodare il Presidente della Camera per la sua acutezza politica e per la sua intelligenza e cultura, tuttavia il fatto che sia proprio lui a controbattere al Governo e non altri esponenti del Centrosinistra, dovrebbe far riflettere sul vuoto che c’è all’opposizione: bisognerebbe trovare una nuova forza, diversa sia dal PD sia dall’IDV, che si ispiri alla sinistra europea, al governo di Zapatero piuttosto che alla Linke tedesca. Lentamente e senza indugio. È diventato stranamente buonista. Il contrario di prima insomma. Ed è una cosa che non sopporto, non tollero e odio profondamente. Così, tanto per fare una sorta di bel climax. A parer mio la coerenza dovrebbe essere la dote fondamentale del politico, che purtroppo non la possiede quasi mai. E questo vale per molti esponenti dei più svariati partiti. Quali sono le segrete ambizioni dell’Onorevole Fini? A che cosa sta mirando realmente? In effetti non pretendo certamente che una persona debba mantenere le medesime opinioni per tutta la vita, io stesso molte volte cambio parere sullo stesso argomento. Tuttavia mi chiedo come si possa predicare certe cose per circa trent’anni per poi rinnegarle completamente nel giro di pochi giorni. Fini ha recentemente criticato l’atteggiamento di Silvio Berlusconi, che ha definito simile a quello di un imperatore, un novello Napoleone, insomma. Dimentichiamo però che sono ormai alcuni anni che i due sono alleati, e dunque non vi sembra che il presidente della camera sia un po’… “lento” se mi concedete il termine? Non sarà che l’alleanza e la cooperazione col Cavaliere era semplicemente una copertura, o meglio, un espediente pera arrivare prima al governo e guadagnare più consensi di quelli che le sue posizioni nettamente radicali gli avrebbero consentito? Il tempo ce lo dirà, francamente non mi sento in grado di esporre un giudizio così presto. E concludo qui per evitare di andare a toccare tasti eccessivamente caldi che potrebbero scatenare faide interne alla nostra amatissima scuola. PROSEGUE DA PAG 3 Inesorabilmente e senza altre possibilità. Spero proprio che avesse torto. Intendiamoci, non voglio certo giustificare le azioni degli extracomunitari, tanto più che sono state rivolte nei confronti di persone che nulla avevano a che fare coi loro guai, e che sono e rimangono deprecabili, dico soltanto che prima di giudicarli bisognerebbe farsi un esamino di coscienza, e pensare a come avremmo reagito noi in una situazione del genere. E concludo con una esortazione in puro stile ciceroniano, che odio ed amo a tempi alterni: smettiamola di fare tanto i buoni se poi sotto sotto usiamo gli immigrati solo per nostro vantaggio, li sfruttiamo come animali e di loro non ce ne frega un beatissimo cavolo! Smettiamola di farli venire nel nostro paese se non c’è abbastanza lavoro neanche per noi, visto che tutti si lamentano ossessivamente e costantemente di questa crisi! Smettiamola di sfruttare quelli che già sono nel nostro paese lamentandoci poi se il nostro datore di lavoro ci paga, a nostro avviso, poco! Non è forse infatti sfruttare pagare per il medesimo lavoro ottanta euro al giorno un italiano e venticinque un nigeriano? Smettiamola di voler sembrare a tutti i costi angelici e preoccupati per le sorti di queste persone se poi alla fine non ci interessano realmente!Smettiamola, e qui termino, di predicare bene e razzolare male! LE MIE COMPAGNE DI CLASSE NELLA VITA NON HAN CAPITO NULLA di ALESSANDRO GEROSA IIIG Dopo cinque anni allo Zucchi, una delle poche certezze che ho realizzato è che le mie compagne di classe nella vita non hanno capito nulla. Si sbattono da cinque (nel miglior caso xD) anni, studiano e piglieranno la maturità per poi dover fare almeno altri cinque anni a farsi un sedere tanto x finire probabilmente in un call center. E perché mai? Non serve studiare! Basta che fai un annuncio in cui dichiari di vendere la tua verginità per un milione di euro! (pure sei poi tutti sanno che vergine massimo massimo lo puoi essere x segno zodiacale...). E' così (per chi non lo sapesse) che Raffaella Fico è diventata famosa. Non si può d'altra parte negare che ora si sia impegnata in progetti ben più ardui e intellettivamente faticosi: ogni giorno lavora incessantemente insieme al cameraman per riuscire a mostrare quanto più seno e sedere possibile senza poter essere denunciata per oltraggio al pudore. 365 giorni su 365, la definirei senza ombra di dubbio un impresa titanica, tanto che ha trovato l'interesse di vari studiosi, nonché un numero più ampio di vecchi polentoni scapoli (e spesso anche afflitti da calvizie) che ad ora di cena si rimbambiscono tenendo con una mano la forchetta e con l'altra ciò che non può essere nominato. Ma, mi direte voi, Raffaella Fico rispecchia bene il cognome che porta! E' vero (pure se ciò non riesce a diminuire il mio disgusto per quella persona), molte ragazze non hanno la sua fortuna. Ma se anche voi volete avere successo, ma di solito i ragazzi in voi cercano solo la manopola per tirare l'acqua, non disperate! La Gerry & Co. ha la soluzione che fa per voi! Non vi publicizzeremo un macchinario per rassodare i glutei o scolpirvi gli addominali, no; per voi daremo a disposizione un piccolo prestito. Investitelo dal chirurgo plastico, fatevi fare una sesta (si si avete capito bene, una sesta!) e ci ripagherete presto con i soldi che farete in tv! D'altra parte dubito che Cristina abbia Raffaella Fico, classe 1988, nel 2008 ha qualche cosa d'altro di degno di nota (ed è pure partecipato al Grande Fratello 8. oggettivamente bruttina, direi), anche se gli scienziati sembrano ormai concordi nell'affermare che sia stata proprio la concorrente del GF ad ispirare i fratelli Montgolfier. E sempre sulla serie di dignità di nota, posso non mettere in dubbio l'impegno profuso dalla Carfagna nel suo ruolo di ministra, ma mi chiedo quante possibilità avrebbe avuto di aspirare a tale titolo se non avesse fatto prima la showgirl Che poi lo stesso termine “showgirl” è qualcosa di fenomenale. “Donna di spettacolo”. Eh?????!! Donne di spettacolo le chiamate? Ma se Eva Henger al confronto sembra Madre Teresa di Calcutta! Che poi mi ritrovo ad avere molto più rispetto per le pornostar, sinceramente, che di questi elementi. Almeno loro sai cosa fanno di mestiere, non fanno mica tanti giri di parole: “Stella del porno”, non “Donna di spettacolo”. Se vuoi accendi il pc, vai su uno dei tanti siti e bona. Ma per favore, quando guardo la tv, non mi rifilare donnette messe lì per soddisfare i desideri dei tanti mariti frustati e insoddisfatti di quella sorta di lottatore di sumo truccato che hanno sposato come moglie; che si rincretiniscono facendosi trip mentali con sederi e seni di turno, senza considerare il “piccolo et insignificante dettaglio” che se la loro moglie è la figlia di Fantozzi pure loro hanno il sex appeal di Brad Pitt, dopo un frontale con un tir si intende. DIALOGO di JAKOB PANZERI IIIA Rieccoci qua, care zucchine e cari zucchini, pronti a ripartire di nuovo con voi per un 2010 pieno di iniziative e di notizie! 2010 Anno di novità! Anno in cui ricorre il bicentenario della morte di Frederik Chopin, anno internazionale della biodiversità volto alla protezione dei mari e della fauna in via di estinzione, anno di novità anche a me: infatti oltre alla mia rubrica di etica e politica “Sapere Aude” mi impegno a ripristinare sul nostro Bartolomeo l’angolo poetico con il nome di “Il dottor Zivago” e sperimenterò insieme al prof.Galeotto e prof.Roi e ad altri che vogliano seguirci in questa iniziativa la sezione “Arcadia” : sul nostro giornalino una rubrica, un forum di discussione in lingua latina. Per questo mese non scriverò io qualcosa, ma desidero pubblicare l’intervista fatta dalla sezione culturale della Rai (allora esisteva: non c’era spazio per i reality show ma per tanta cultura…) nel 1988 al filosofo spagnolo Emilio Lledò sul senso del dialogo nella politica riprendendo la famosa massima aristotelica “zoon politikon”. Ritengo sia un prezioso intervento, soprattutto per il clima suscitato in questi ultimi tempi da Massimo Tartaglia, Susanna Maiolo e da tutti quelli che inneggiavano alle loro gesta. Chi lo ha fatto non ama l’Italia. Una pagina per riscoprire il valore del DIALOGO. DOMANDA: Qual è il significato e l'importanza della definizione aristotelica dell'uomo come zòon politikòn, che, tradotto letteralmente, significa "animale politico"? Questo è un termine essenziale, poiché ne è derivata una cosa tanto importante come la politica. Politica è, in questo caso, la traduzione, o meglio la traslitterazione, il trasferimento, di un aggettivo greco: politikè. Techne politikè è la politica, è la teoria della polis, e la polis era ovviamente, per i greci, uno spazio reale, un luogo, un topos, una realtà nella quale sì viveva e si esisteva. Ma, oltre ad esprimere questo concetto di realtà storica, di realtà fisica nella quale si abita, polis significava anche "reticolo": un sistema di relazioni fra gli uomini, una forma di organizzazione della vita degli individui che risiedevano in un certo territorio, che calcavano quel territorio, quella polis, quella città. Non è strano quindi che Aristotele abbia definito l'uomo, in modo così radicale e deciso, come zòon politikòn, come animale politico. Un mammifero che respira, che digerisce, che vede, che sente, che è dotato di sensibilità esattamente come qualsiasi altro mammifero ma che deve vivere insieme ad altri, deve vivere in comunità. E' vero che ci sono altri animali - e Aristotele lo rammenta nel medesimo contesto della politica - che vivono in comunità, ma il modo di vivere in comunità di questi animali è un modo gregario - dice Aristotele - mentre l'uomo non vive gregariamente in comunità, bensì costruisce la sua comunità, costruisce il suo sistema di relazioni per organizzare gerarchicamente o in condizioni di eguaglianza i suoi rapporti con gli altri. E' perciò importante, in questo senso, ricordare che Aristotele, nella stessa pagina in cui definisce l'uomo come animale politico, come animale che vive in una polis e deve organizzare il suo modo di vivere, lo definisce anche come zòon lògon èchon, che significa, traducendo alla lettera, "animale dotato di parola", o per meglio dire: "animale dotato di lògos". E' piuttosto singolare che questa definizione aristotelica dell'uomo abbia dato origine all'altra famosa definizione: "l'uomo è un animale razionale". Non era questo che Aristotele intendeva. Aristotele voleva dire soltanto che, naturalmente, il lògos è una lotta per la razionalità: ma l'uomo non è un essere razionale. E' invece, secondo questa famosa definizione, un essere che parla, che muove la lingua - quella cosa così reale e così fisica che è la lingua - e muovendola produce un suono semantico, dei suoni che creano comunità, che creano polis, che creano uno spazio collettivo. E' perciò interessante osservare che entrambe le grandi definizioni aristoteliche dell'uomo - animale politico e animale dotato di lògos - sono unite, perché sia la politica sia il possedere lògos si necessitano reciprocamente. Non potrebbe esistere la politica - un reticolo collettivo, uno spazio di intelligenza collettivo, una società, un vivere comunitario - se gli uomini non parlassero, se non comunicassero fra loro. Emilio LLedo, 1988, dall’intervista “Origine del concetto di Eudaimonia per l’uomo greco” TERRA, CIELO FATTI DI TE RRA, E VÒLTI AL CIEL O di GABRIELE GALEOTTO Os homini sublime dedit, coelumque tueri iussit et erectos ad sidera tollere vultus. Ovidio, Metamorfosi, I, v. 76-77 Ich beschwöre euch, meine Brüder, bleibt der Erde treu. F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, I, cap. 3 “Vi esorto, miei fratelli, a restare fedeli alla terra”. È questo il monito del nietzschiano Zarathustra, ed al di là delle varie interpretazioni fisolofiche che su tale richiamo sono fiorite, è certo che, almeno dal punto di vista linguistico, su cui Nietzsche la sapeva più lunga di quanto spesso ci si ricordi, uomo e terra sono state spesso tutt’uno. Così è, ad esempio, nella Genesi: kaˆ œplasen Ð qeÕj tÕn ¥nqrwpon coàn ¢pÕ tÁj gÁj, che San Gerolamo traduce, in modo più aderente al testo greco, formavit igitur Dominus Deus hominem de limo terrae. Ma neppure il patrono dei traduttori può rendere la suggestiva perfezione dell’originale, dove Dio crea Ahadam dalla ahdamah ( ָה ֲא ָדמָה- )הָ^דָם, a sua volta aggettivo sostantivato e antonomastico: si tratta de “la rossa”, ovvero la creta impastata dal vasaio, il limum terrae, corradicale al sostantivo dam, “sangue” (la lingua ebraica dispone di un altro “rosso”, sàsér, che indica la coloritura artificiale ricavata dal minio) Il paradosso è che proprio homo, -inis, la parola usata da San Gerolamo, è corradicale alla parola humus, -i, “terra”, che però il traduttore non usa, servendosi invece di terra, da *tersa, -ae, sostantivo di sapore cosmogonico, dato che indica la non-acqua nella primigenia divisione tra gli spazi del mondo. Quanto sia ancestrale il legame simbolico tra sangue, uomo e argilla lo dimostra la testimonianza dello mitografo ed erudito Beroso (Babylon. fr. 1a, 82): la dea-Scorpione Tiamat, vedendo la sterilità della terra da lei creata, ordinò che le fosse tagliata la testa, in modo che il suo sangue, impastandosi con la terra, potesse diventare la materia prima di ogni vita divina, e dunque animale e umana (tÕ ·u n aŒma toÝj ¥llouj qeoÝj fur©sai tÍ gÍ, kaˆ diapl£sai toÝj ¢nqrèpouj). Se parliamo di uomo, è d’obbligo una riflessione su ¥nqrwpoj. Georgiev, partendo dall’attestazione del miceneo ato-ro-qo, la etimologizza, sulla base di paralleli con altri costrutti, come * anthr-okw-o-s, ovvero come volto (in greco êy)-(con)-barba, un relitto linguistico dell’uomo nel suo status sociale di maschio (nella lingua rumena, barbat equivale a “uomo”). Certo, ci sarebbe molto da pensare sul fascino delle Elene fatali del mito, quando, specie nell’oratoria attica, troviamo la locuzione ¹ ¥nqrwpoj ad indicare la donna... Non tutti i linguisti sono peraltro concordi sull’etimo di Georgiev: Chantraine, per il quale gli aggettivi in –wpoj, come in origine doveva essere il sostantivo ¥nqrwpoj, derivano dalla radice indoeuropea oqw, cioè “vedere” (si pensi al latino oculus, dove l’esito dell’antica labiovelare è la gutturale), suggerisce il significato di “vedente in su”, altri preferiscono “vedente davanti a sé”. Nell’indoeuropeo pre-greco, la posizione eretta e gli occhi in collocazione frontale sembrano dunque le caratteristiche essenziali che rendono l’uomo diverso da ogni altro animale, che la natura ha creato pronum ventri, alla perenne ricerca del cibo davanti a sé, o condannato a stare all’erta verso il pericolo, guardandosi ai fianchi. Eppure il semplice atto fisiologico della vista non è tutto: l’essenza dell’uomo non pare il vedere-reagire, quanto il vedere-pensare. Non a caso, dice Eschilo nel Prometeo incatenato, ci fu un tempo in cui gli uomini, ancora primitivi, “guardando, guardavano invano” (blšpontej œblepon m£thn, v. 447). In un locus del Cratilo (399c 6) Socrate etimologizza ¥nqrwpoj a partire da quanto l’uomo opera a partire dalla vista: Gli altri animali di quanto vedono nulla osservano né su esso riflettono né lo vagliano (oÙd n ™piskope‹ oÙd ¢nalog…zetai oÙd ¢naqre‹), mentre l’uomo insieme conserva la visione e considera e ragiona su quanto ha visto (˜èraken kaˆ ¢naqre‹ kaˆ log…zetai toàto Ö Ôpwpen). Per Socrate, “uomo” significa dunque letteralmente “colui che vaglia quanto ha visto” (¢naqrîn § Ôpwpe), solleva il capo oltre se stesso e la terra di cui è fatto. È quasi automatico ripensare al fascino delle Stanze Vaticane di Raffaello, al volto di quell’austero Platone che indica con la mano destra il cielo, quasi sia il vero desiderium del millenario errare dell’umanità. Ma per non librarci troppo alti, vorrei, come ci chiede Nietzsche, ritornare alla terra, e alle memorie di un artista incompreso del secolo trascorso, il pittore Gino Sandri, che, per intervalla insaniae assai meno noti di quelli lucreziani, ma ben più testimoniati e certi, ci ha lasciato toccanti immagini e lucide riflessioni su quanto l’uomo, che così alto può volare, spesso si dimentica delle sue radici e di chi, come lui, dalle medesime è nato: “A che vale guardare gli altri dall’alto, se siamo tutti della stessa fragilissima creta?”. IMMAGINI DALL’EGITTO di CAMILLA ROSSINI IB È impossibile raccontare l’Egitto in una pagina. È un paese incredibile, che con noncurante fierezza ti mostra migliaia di anni di storia e con ostinato candore ti assilla perchè ne compri un gadget, una piramidina, una sfinge immersa nella neve. Dei mille ricordi, ne ho scelti alcuni, che spero minimamente trasmettano l’atmosfera di quei luoghi. LA DISSONANTE FUSIONE TRA IL PASSATO ED IL PRESENTE L’Egitto prima dell’alba. I sensi vagamente offuscati dalla sveglia mattutina non impediscono di abbeverare gli occhi a quel paesaggio nuovo ed insolito, che scorre come un fondale dipinto oltre i vetri del nostro pullman. Immerse nella penombra appaiono fugaci visioni di campi fertili e verdi, solcati da una quadrettatura di fitti canali, palme, a volte catapecchie, carretti, qualche moto per noi obsoleta. All’improvviso, la visuale cambia: la terra si è fatta brulla, il paesaggio spoglio. Siamo passati dalla fertile valle del Nilo ad un’arida distesa di sabbia e rocce: Il Regno dei Morti. Non c’è ancora nessuno, nella Valle delle Regine. Nella luce lattiginosa dell’aurora si staglia davanti a noi un mal assemblato complesso montuoso, rocce gialle e burrose scagliate sulla tavola piatta del deserto da una qualche divinità stizzita. In questa pietra friabile antichi uomini scavarono le tombe delle loro sovrane, decorandole con dipinti sontuosi; ora, casupole di fango popolano le pendici di quegli stessi monti, sparse come pizzichi di sale, e bambini e uomini si spartiscono la vita con asini, capre, cani randagi che si contendono i rifiuti. Mi volto, a dominare con gli occhi la pianura che si staglia sotto di me. È tutta diversa dalla nostra pianura, qui in Italia: senza palazzi ad ostruire lo sguardo, senza nebbia, senza foschia, i bassi edifici, i campi ed i minareti si mostrano a perdita d’occhio, in un susseguirsi di piani prospettici, che nella luce limpida della mattina degradano in una sinfonia di tinte blu sempre più scure. Un gruppo di ragazzi dai turbanti chiari e dalle lunghe vesti impolverate consuma la colazione comodamente seduto su rovine millenarie. Non c’è rispetto né soggezione per il passato tra questa gente, per una semplice ragione: l’Egitto è il proprio passato. Ciò che leggi nei libri di storia è poco distante dalla realtà che ti si para davanti agli occhi. L’unica visibile differenza sono le parabole che ornano i tetti di ogni casa, anche la più povera. DALLA NAVE: LA NATURA Chiunque visiti un paese del Nord Europa non può astenersi dal notare quanto il cielo appaia vicino, mutevole, e come ci si senta avvolti dalle nuvole, parte di esse. Qui è tutto il contrario. Immobile, statico, uniforme, dello stesso turchese propiziatorio che dipinge le porte e gli scarabei portafortuna, sovrasta ed incornicia con contorni oltremodo nitidi e definiti le palme e la vegetazione rigogliosissima, che si bagna sulle rive del placido Nilo, solcato dalla nave su cui mi trovo. Sdraiata su un lettino, sul ponte, la brezza tra i capelli e nessun pensiero per la testa, inizio a chiedermi se questo paesaggio non abbia potuto in qualche modo influenzare la concezione egizia della vita e della religiosità: la morte che non è che una prosecuzione del viaggio, il continuo riferimento all’oltretomba, al culto dei defunti. Di fronte a me, la vegetazione più verde e lussureggiante che abbia mai visto cede di colpo il passo a dune di sabbia infeconda: la morte che si amalgama con la vita, la siccità con l’enorme massa d’acqua del fiume. Oppure: la luce così incredibilmente pura, limpida, deve per forza avere a che fare con i disegni stilizzati della scrittura geroglifica. Guardo una tortorella, sulla ringhiera. Piume rosate, petto tondeggiante, occhi di spillo, si delinea perfetta contro il cielo blu, ed appare davvero bidimensionale. IL CAIRO: UN TERMITAIO Diciotto milioni di abitanti vuol dire che al Cairo non c’è mai requie. Ce lo spiega la nostra guida, autoctona, mentre ci troviamo imbottigliati nel più assurdo ingorgo che abbia mai visto: mercedes e suv (pochi) si alternano a vecchie Fiat degli anni sessanta, camion rugginosi che trasportano sul cassone pomodori, divani, ragazzi, e tutti suonano il clacson, e tutti superano tutti. Il che, in una coda di parecchi chilometri, può risultare problematico. PROSEGUE A PAGINA SEGUENTE PIANETA ZUCCHI ZUCCHI ON ICE di SARA MONTAGNINO IIIA Piazza Trento e Trieste, proprio davanti alla nostra scuola, nel mese di dicembre è stata teatro di una piacevole iniziativa: è stata aperta la pista di pattinaggio, quella che negli anni scorsi era stata montata in Piazza San Paolo. Quale modo migliore di ricominciare la scuola dopo il ponte di San Ambrogio PROSEGUE DA PAGINA se non con una bella pattinata? PRECEDENTE Detto fatto: infatti proprio il 9 dicembre la classe IIIA, seguita poi dalla IIIG, e da tutte le altre classi nei giorni successivi, ha fatto il suo ingresso in pista. Escludendo il quartiere Se state pensando ai numerosi film di Natale che hanno trasmesso durante le lussuoso, ed il centro storico feste su Canale 5, avete proprio sbagliato a capire: non tutti gli zucchini hanno deliziosamente ristrutturato, è superato indenni questa giornata “on ice”, soprattutto perché tante sono state le una città davvero sporca. Non è difficoltà da affrontare. un commento denigratorio, né disgustato, tutt’altro: città La prima difficoltà di fondamentale importanza è quella di indovinare, perché si affascinante, caotica, tratta proprio di quello, il proprio numero di piede. E vi assicuro che non è una incredibile. Ma sporca. Lo si cosa semplice: perché se porti il numero 40 immancabilmente il pattino che nota, da lontano, perché il cielo porta lo stesso numero ti sta grande o piccolo, a seconda dei casi?? è diviso a mezza altezza dalla A questa domanda ancora non so dare una risposta. Miei cari lettori avete una linea di una nube fosca, densa, suggerimento da darmi? oleosa che avvolge Una volta superato questo problema, ecco la seconda difficoltà: entrare in pista. perennemente la città in un La cosa apparentemente è abbastanza semplice, per chi sa pattinare si intende! bozzolo insalubre.Lo si verifica Ma il momento più divertente è guardare chi non è, diciamo, “esperto”: c’è chi nel mercato, dove merci di tutti i cade pur stando attaccato alla balaustra, chi si muove solo se accompagnato colori ornano bancarelle incuneate in vie dagli alti palazzi mano nella mano da un altro, e chi nel momento in cui, trovato il coraggio, sordidi; dove vedi un negoziante decide finalmente di andare a centro pista viene urtato dallo “sborone” di turno che ramazza la parte di strada di e ovviamente...cade! fronte al suo negozio, e pensi Terza difficoltà della giornata è la lezione con l'istruttrice: è solo allora che lo “com’è pulito!” finchè ti accorgi zucchino-medio scopre la cosa più importante del pattinaggio, quella che tutti che il lerciume viene gettato in dovrebbero sapere per evitare di correre rischi o di farli correre agli altri: la mezzo alla strada, dove tu frenata. cammini. M’infilo in una viuzza laterale, e Fosse semplice attuarla però: spesso si crea più danno imparando a frenare che mi accorgo con vago timore che non pattinando senza farlo. non è per nulla turistica: un Finita anche la lezione, sempre il solito zucchino-medio si rende conto che enorme uomo mi squadra con ormai manca poco tempo al ritorno in classe. aria torva, mentre mi chino per Scatta quindi la difficoltà numero quattro: fare finta di non sentire il prof. che non incagliarmi nella mercanzia cerca di richiamare tutta la classe: mai il pattinaggio è piaciuto tanto agli che pende dalla tenda del suo studenti come in quel momento. bazar, e quasi mi scontro E guai a chi dice che non è vero: anche quelli che fino a pochi attimi prima non con…due occhi. Due occhi neri e si erano ancora mossi, iniziano ad allontanarsi dalla balaustra (con grave rischio profondi avvolti dall’informe telo per se e per gli altri), facendo finta di pattinare, rischiando le gambe pur di non scuro del burqa. Io sono in fare una lezione di latino o greco. canottiera. Per un attimo gli Finito il tempo a disposizione, si ritorna in classe felici per le due ore passate in sguardi si incrociano, ed modo diverso rispetto al solito. entrambe, così radicalmente Ma credete che le difficoltà da affrontare siano finite? diverse, li distogliamo in fretta. È qui che vi sbagliate, manca ancora l'ultima: superare i due giorni successivi alla pattinata, tra dolori alle gambe e lividi per le cadute. Ma in fondo pattinare è cosi bello! O no !?!?!?! INTERVISTA AI RAPPRESENTANTI D’ISTITUTO di GIULIA COLOMBO IIIG Giovedì, dopo scuola. Mi trovo di fronte alle eminenze politiche zucchine: Michele “Fox” Fossati, Luca “Napo” Pincelli e Jacopo “Popo” Rossi, tre dei quattro rappresentanti degli studenti nel Consiglio d’Istituto. Il quarto, Stefano Parravicini, è sopra un pullman da qualche parte sulla linea Monza-Carate. L’incontro è epocale. L’intervista Frost/ Nixon non era niente al confronto, e so già che con questo articolo prenderò minimo un Pulitzer. Forse due, se mi viene bene. Impugno la penna con la serietà che la situazione richiede e intono le domande con aria professionale: Siete stati eletti in Ottobre. Che progetti siete riusciti a realizzare in questi quattro mesi? Jacopo, che ha passato gli ultimi minuti ad esultare perché finalmente oggi ha finito le interrogazioni, improvvisamente si fa serio. Michele estrae dallo zaino una cartelletta piena di circolari e documenti utili. Luca assume un’aria di concentrato distacco. Si capisce come tutti loro, nonostante gli scherzi, prendano il loro incarico molto sul serio. LUCA:Siamo riusciti ad ottenere uno sconto del 10% al Libraccio, oltre che una convenzione con lo Speedy che fa risparmiare il 15% agli studenti zucchini. Inoltre siamo riusciti ad organizzare anche quest’anno il Carnevale sulla Neve, che quest’anno si terrà a Lanzada. MICHELE: Abbiamo anche discusso con il prof. Valentini l’idea di istallare dei free software in tutta la scuola, ma siamo arrivati alla conclusione che sarebbe una spesa inutile, visto che molti non sanno usarli. Perciò inizialmente li sperimenteremo solo in alcune classi. JACOPO: In più stiamo portando avanti una battaglia per entrare in possesso di alcuni locali all’interno del nostro edificio, tra la palestra e le scale, che la Circoscrizione ha lasciato liberi. Quest’anno se n’è appropriato il Comune per adibirli ad uffici provvisori, ma dall’anno prossimo potrebbero essere utilizzati dallo Zucchi come aule per il laboratorio teatrale e musicale. Quali sono i vostri prossimi obiettivi? MICHELE: volevamo organizzare alcuni progetti di beneficenza. Ad esempio, pensavamo di sfruttare un mio contatto con Andy dei Blue Vertigo per farlo venire a parlare d’arte e musica. L’ingresso sarebbe gratuito, con un’offerta libera che andrebbe ad aiutare la popolazione di Haiti. Oppure c’era l’idea di organizzare una raccolta dei tappi di plastica: con il ricavato si aiuterebbe la ricerca contro il tumore osseo. JACOPO: Stiamo anche combattendo per ottenere alcune attrezzature sportive che mancano nella palestra. In più, come ogni anno, ci dedichiamo all’organizzazione del concerto e della festa di fine anno. Inoltre vogliamo organizzare qualcosa che sarà molto utile l’anno prossimo, quando tutti noi (si spera) saremo usciti dallo Zucchi. Pensavamo ad incontri tra i nuovi e i vecchi Rappresentanti d’Istituto, in modo da facilitare le cose ai neo-eletti, altrimenti ogni anno i primi mesi vengono persi solo per capire come funzionano le cose. LUCA: Si pensava anche di intitolare l’Aula Magna ad un ex- studente zucchino. Abbiamo deciso di scegliere un partigiano, e dovremo documentarci frugando le schede dell’ANPI. Durante la prossima Assemblea d’Istituto chiederemo il parere degli studenti. A proposito, quando sarà la prossima Assemblea d’Istituto? JACOPO: La stiamo organizzando per febbraio. Una delle questioni di cui intendiamo occuparci è anche creare un rapporto più stretto con tutti gli studenti, perché ci sia una più estesa informazione sulle nostre attività e di conseguenza una maggior partecipazione alla vita politica dello Zucchi. In realtà, questa partecipazione non sembra essere molto ampia. Perfino riguardo all’ultima cogestione, momento che dovrebbe interessare tutti gli zucchini (e non solo perché si perde una settimana di scuola), c’è stato un improvviso disinteresse, tanto che sono arrivate pochissime proposte per aule e conferenze. MICHELE: in effetti è vero… un po’ è colpa della tempistica: la circolare sulla cogestione è passata il 7 gennaio e la scadenza per le proposte era il 9, un po’ è colpa degli zucchini che non hanno mostrato partecipazione. L’anno scorso gran parte delle idee venivano da studenti di terza, quest’anno quasi nessuna. La classe ‘91 fa schifo. (Michele e Jacopo, dall’alto dei loro vent’anni, ridono alle spalle mie e di Luca, che sopportiamo con stoica rassegnazione la presa in giro dei diciottenni di oggi.) JACOPO: più che altro ogni tanto mi sembra che gli studenti si interessino solo ai voti sul libretto e una volta finite le lezioni se ne freghino di quello che accade a scuola. Forse capita perché si sentono poco informati su quello che succede a scuola: proprio per questo dobbiamo intensificare le comunicazioni tra noi e il resto degli zucchini. Al momento stiamo raccogliendo le mail dei rappresentanti di classe per un legame che non si limiti alle sole Assemblee. LUCA: a me sembra invece che spesso gli zucchini si concentrino più sulle cose che non vanno bene piuttosto che avanzare idee per cambiare in qualche modo le cose. Certo, siamo anche schiacciati dal confronto con i Rappresentanti dell’anno scorso, che sono riusciti a realizzare moltissime proposte. Avete trovato particolari difficoltà a svolgere il vostro lavoro? LUCA: Non direi. Soprattutto i rappresentanti dei genitori si sono mostrati disponibili ed attivi (specialmente riguardo la storia delle aule della Circoscrizione). Solamente alcuni insegnanti si sono dimostrati piuttosto passivi nel prendere decisioni. Il prof. Cinardi, inoltre, si è dimesso quest’anno, e per non so quali motivi il suo seggio è ancora vuoto. Più che altro i maggiori problemi ci sono stati causati dall’eccesso di burocrazia dello Zucchi, che rallenta moltissimo qualsiasi nostra iniziativa. Domanda di sociologia: secondo voi perché in un liceo a maggioranza femminile tutte le cariche “politiche” -rappresentanti degli studenti, capo del comitato studentesco, con la sola eccezione di un seggio della consulta- sono presiedute da ragazzi? MICHELE: Secondo me perché tra donne c’è più rivalità. Nessuna voterebbe per un’altra ragazza, non volendo in questo modo farla diventare “superiore” a se stessa. OK; so già che dopo questa frase domani verrò linciato da un gruppo di femministe furiose. LUCA: Dall’anno prossimo si potrebbero istituire delle quote rosa. (ride) JACOPO: Per me capita così perché tra le ragazze manca una figura davvero carismatica. Noi siamo meno, e pertanto abbiamo meno competizione da sopportare, mentre per loro è più difficile. In più molte temono di diventare come Rosy Bindi. MICHELE: A proposito, lo sapevate che ad una festa l’ho invitata a ballare? Peccato che mi abbia detto di no… è stato un duro colpo per la mia autostima! Com’è lavorare con ragazzi che prima non conoscevate? Ha influito il fatto di provenire da tre liste diverse? (N.d.R: Luca viene da “Lo scatafascio”, Stefano e Michele da “Listarnuti” e Jacopo da “The Superlative Conspiracy”) LUCA: in realtà no. Più che altro c’è stata la difficoltà di ritrovarsi dopo scuola: a parte gli impegni individuali, siamo tutti studenti di terza e quindi piuttosto impegnati con lo studio. Anche il fatto di appartenere a liste diverse si è rivelato un IL NUMERO DI SEGGI vantaggio, perché abbiamo potuto scegliere le idee migliori. E poi ASSEGNATI NEL CONSIGLIO ora che siamo rappresentanti d’Istituto dobbiamo unire le forze, non D’ISTITUTO ci sono rivalità tra noi. STUDENTI 4 JACOPO: Abbiamo formato una sorta di “partito dell’amore”. PERSONALE ATA 2 MICHELE: si accettano iscrizioni femminili! (ridono) INSEGNANTI (E PRESIDE) 9 JACOPO (tornando serio) più che altro nel consiglio d’istituto GENITORI 4 siamo la minoranza, quindi ci conviene unire le forze. Ho finito le domande. Avete qualche suggerimento per una chiusura brillante dell’articolo? JACOPO: Fammi pensare…direi... “The best is yet to come” (N.d.R. nota canzone di Frank Sinatra) LUCA: Originale! (ride) JACOPO: Guarda che si chiama imitatio et aemulatio! MICHELE: In realtà è in linea col suo spirito ecologico. Lui ama riciclare, anche le battute! L’intervista è finita. Jacopo può finalmente andare a fumare la sigaretta che tiene dietro l’orecchio da un’ora. Luca saluta con il suo solito sorriso compassato e si allontana con Michele discutendo di affari scolastici. Mi sembrano dei ragazzi in gamba, adatti a rappresentarci. Ma sarà vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza. SE FOSSI UNA DONNA GRECA… di ANNA RIGILLO IA (donna greca improvvisata) Essendo noi tutti grandi classicisti, non potevo di certo pensare di evitare di parlare della moda nelle due civiltà da noi più amate. Si parte dalla Grecia! (Alle amiche romane ci pensiamo la prossima volta) Ovviamente la fonte più antica che abbiamo è, come al solito, Omero. L’abito femminile che ci descrive, chiamato pèplos, phàros o heanòs, era molto semplice: un rettangolo di lana con pochi punti di cucitura, che le donne dovevano liberamente panneggiare, servendosi di fibbie o, raramente, di cinture (ringrazio l’invenzione dei vestiti preconfezionati). Non dobbiamo però pensare che le nostre donne greche fossero immuni dalle critiche riguardo al loro abbigliamento. Avete presente la scandalosa minigonna degli anni ’60? La stessa sorte ha subito il peplo spartano, criticato duramente dai poeti ateniesi, primo tra tutti Euripide, perché troppo corto. In effetti questa tunica doveva lasciare ben poco all’immaginazione: costituito da uno stretto scialle e legato su entrambe le spalle da una fibbia, senza cuciture e senza fibbia, lasciava coperta solo una metà del corpo e l’altra si scopriva ad ogni passo. Ad Atene, invece, il peplo era stretto in vita da una cintura allo scopo di mantenere le pieghe a posto ed evitare di scoprire le gambe camminando; ciò conferiva alla figura un aspetto nobile e severo (ed evitava eventuali critiche “poetiche”). Ma non tutte le donne potevano permettersi di passare tutta la mattinata a cercare di mettere a posto le pieghe del proprio peplo, così le più pratiche ergastines, le lavoratrici, indossavano un peplo “tubolare” chiuso lateralmente da cuciture che lasciavano libero solo il passaggio delle braccia. Questo “capo di abbigliamento” era chiamato peplo dorico e venne sostituito circa nel V secolo dal chitone di lino, l’abito ionico. Questo avvenne a causa della sempre maggiore diffusione del lino, tessuto preferito perché più leggero, dovuta ai commerci con l’oriente. Il chitone era una tunica di lino, costituita da due rettangoli di stoffa, cuciti insieme lungo i bordi dei lati lunghi, in modo da formare un cilindro che si fermava sulle spalle mediante fibbie, così da formare lunghe maniche; di solito veniva poi sovrapposta una seconda tunica più corta, da cui deriva il nome di diplòidion/diplòe, ovvero “veste doppia”. Tuttavia la tunica era un abito usato solo in certe occasioni: quando la donna usciva in pubblico, acconciata per una cerimonia. In casa le donne greche portavano il peplo spartano o delle tuniche casalinghe, più lunghe del peplo. Spesso, poi, portavano una veste corta chiamata chitònia, che lasciava scoperto il ginocchio e il polpaccio e veniva talvolta utilizzata anche come camicia da notte. Sopra la tunica di lino le donne portavano vari tipi di mantello. L’himàtion, che consisteva in un pezzo rettangolare di lana, piegato in due e avvolto intorno al corpo. Esistevano delle mantelline di vario tipo che troviamo indicate con nomi diversi: l’epomìdes, un semplice scialle fissato in forma di sciarpa su una spalla, oppure l’ènkyklon, un piccolo mantello rotondo con balze e il paràpechy che aveva le bordure solo su due lati. Infine la chlanide, simile al mantello maschile, ma il cui lembo cadeva davanti e non di dietro. Abbiamo poche notizie sulla biancheria intima. Sappiamo solo che le donne greche portavano il reggiseno (stròphion), che consisteva in una fascia. (Reggiseno sì e mutande no?) Nonostante il comune stereotipo dell’antico greco con i sandali praticamente incollati ai piedi, la varietà delle scarpe era grandissima e potevano essere acquistate anche già fatte, oltre che fatte su misura dal calzolaio. Per quanto riguarda le calzature femminili, c’erano babbucce per scendere la mattina dal letto chiamate nyctipèdekes (queste sì che sono indispensabili!), sandali di vario tipo detti blauttìa, calzature più comode da casa, le diàbathra, e scarpe più piccole e “eleganti” come le peribarìdes, per quando la donna si agghindava. Le donne maritate, sin dai tempi di Omero coprivano il capo con un velo chiamato kàlymma o kalyptra. Un lungo velo era usato con una precisa funzione rituale dalla sposa durante la cerimonia nuziale e dalle donne che partecipavano ai riti funebri. Per quanto riguarda il trucco, le donne greche avevano importato l’usanza dall’ Egitto, inoltre cospargevano il viso con una crema a base di biacca prodotta a Rodi: l’uso era però vietato durante il lutto e le cerimonie legate ai misteri di Demetra. Inoltre sappiamo da Aristofane che le donne usavano depilarsi il pube. (Ecco perché non avevano bisogno delle mutande!). CINEFORUM allo ZUCCHI!!! di BEATRICE CONTI e CHIARA DANIELLI III G In quanto attenti osservatori della realtà che vi circonda vi sarete sicuramente accorti che da qualche tempo a questa parte appaiono qua e là per lo Zucchi e per le classi simpatiche circolari su un fantomatico Cineforum. Ebbene il cineforum esiste! Esiste ed è organizzato da noi pazzi sognatori senza speranze del collettivo Jan Palach (sì perché allo Zucchi esiste anche un collettivo). Il motivo per cui abbiamo pensato questa iniziativa? Pensiamo innanzitutto che possa essere un'occasione per trovarci e guardare film che ci forniscano interessanti spunti di discussione e confronto (in alcuni casi anche film difficilmente reperibili). In secondo luogo per proporvi un buon modo per trasformare la vostra iactura temporis nell'adorabile connubio di cinema, pop-corn e birra!! Questo per dire che non siamo un circolo di pensionati e che non vi stiamo invitando alla bocciofila! I film che vi proponiamo sono sicuramente di un certo spessore ,ma sono stati scelti per un pubblico abituato ai ritmi cinematografici del terzo millennio (personalmente avevo proposto la “corazzata Potëmkin”, ma la proposta è stata rifiutata in massa da tutti i miei esimi colleghi...). Dunque, per chi fosse interessato, pubblichiamo di seguito le date e i titoli, nonché il luogo di proiezione. Per maggiori informazioni rivolgersi alle magnifiche autrici dell'articolo!! Il delitto Matteotti L’uomo che verrà In questo mondo libero Welcome L’ospite inatteso I 600 giorni di Salò Le vite degli altri Il giardino di limoni Milk Lunedì 8 febbraio Domenica 21 febbraio Domenica 7 marzo Domenica 21 marzo Domenica 11 aprile Domenica 25 aprile Domenica 9 maggio Domenica 23 maggio Domenica 6 giugno indirizzo via Orsini 4a ,angolo via Borgazzi 9 IL NULLA di E.N. In fondo portate nel cuore sangue che è destinato a seccare: vivete a morire. Mi circondo di giovani immortali, perché io sono immortale. Ma vi annuncio l’apocalisse. Verrà un giorno in cui l’erba non sarà più così verde, il vento non ci accarezzerà più i capelli, la nostra pelle non si nutrirà più dei raggi del sole, l’estate non verrà più. Un giorno i frutti della nostra immortalità si disperderanno. Vivremo in un altro seme. Aghi di pino di un pensiero che non conosco. Chimica organica di corpi che saremo. Eterna giovinezza di imbarazzi e, ancora, aghi di pino. Secchi. Siamo tutti condannati. Che sia alla vita o alla morte, poco importa. E siamo tutti degli illusi. Raggirati dalla spensieratezza, dalla bellezza, dal piacere. Finiamo per crederci immortali. Ma il tempo scorre. E ci ritroviamo vecchi, aridi, tristi. In attesa. Di cosa poi? E’ inconcepibile solo il fatto di poter pensare di non esistere più. Ma gli aerei cadono, le ore di religione volano, le mie calze scivolano, assieme alle mie resistenze. Posso vedere tutte le mie vene, e tutte le mie ossa. I calli sulle dita arriveranno, assieme a un bacio fatto di violenza. Non ti penso più, giuro. Perché lui non sente, tu non vedi, e io non parlo. Ma io ti sento, tu gli parli, e lui mi vede. C’è il nulla nei loro occhi, nelle loro espressioni, il nulla. E quando me ne andrò sui loro volti affiorerà il nulla. Ma restiamo uniti ancora per un po’. Che la notte è lunga, e domani mi aspettano altre lacrime. E risate. E viaggi lontani su braccia forti. E la mia immagine riflessa nello specchio. E quella di chi non ho visto mai, che mi mancherà sempre. E ancora, il niente. Come se fosse facile chiudere con un passato che è presente. E poi d’improvviso, acqua. Dentro e fuori di me. E sarebbe stato meglio se tu non ci fossi stato. Costretta ad annegare nella mia mediocrità. Acqua. Per dire quanto ora sei lontano. Per ridere di quanto prima c’eri vicino. Perché alla fine il dubbio viene. Le serate sono tutte sbagliate o sono io che sono sbagliata? Acqua. E’ la morte che temo di più. E’ come dire la mia vita. E pensare che siamo sotto lo stesso cielo. Tre lividi su una coscia mi dicono che non eri tu. Così come i graffi sulle braccia. E sono ridicola, hai proprio ragione. Faccio ridere. Un cuscino vale l’altro, tanto ho il cuore radioattivo. Qualche cosa te la dico, poi mi pento. E finisce che perdo il motivo del mio pianto. Vorrei dire qualcosa. Almeno per levare l’etilico imbarazzo dei tuoi occhi già spenti. Forse l’hai capito anche tu che un futuro non c’è. Mi dispiace per quel reggiseno che non indosso mai, per gli schiaffi che mi dai, per i calci, i pugni stretti, le magliette che porti. Mi dispiace di non essere abbastanza. Sia per te che per me. Ma se te ne vai non avrò più niente per cui lottare. Se te ne vai non avrò più nessuno contro cui lottare. Insomma, se te ne vai è meglio. Lo schifo che provo per te nemmeno lo immagini. E io rimarrò sempre ciò che odi di più. Eccesso, totale mancanza di rispetto, odio, ribellione, dolore puro. Seduta su un marciapiede lurido di ribrezzo per me stessa, ho nelle orecchie un frastuono di gente che mi disprezza. E in un attimo capisco che ho solo te, e ti prego. Non te ne andare. Ora le canzoni sono tue. Devo andare via finché sono in tempo, ma fuggire da me stessa è impossibile. Nella mia mente quei tre tentavi ridono di me. Troppo piccola e fragile per negare un futuro in modo convincente. Mi hai svegliata, e proprio non riesco a riaddormentarmi. Un’altra scusa la troverò, stanne certo, per allontanarmi da te. E non mi importa se non mi credi, io la so la verità. Ecco un altro che riceve e non dà. In fondo io e te siamo uguali. Ricucimi le ferite. Proprio non riesci a vedere oltre i miei occhi? Proprio non riconosci l’ombra del pianto? Libera, voglio essere libera. Perché è la prima parola che ho scritto. Perché è ciò che è meglio per me. Ma da sempre incoerente, bramo le tue catene. Beato chi non ne fa un dramma. Beato chi non ha rimpianti. Beato chi il giorno del suo diciottesimo compleanno riderà. Beato chi si sente vivo senza l’alcol, senza il fumo. Beato chi non dorme mai. Beato chi dell’amore prende solo il buono. Beato chi sta crescendo. Beato chi urla quando ne ha voglia. Beato chi piange senza un motivo. Beato chi non ha una coscienza. Beato chi ha un senso. Beato chi ha le ali per volare. Beato chi non ha paura di sporcarsi. Beato chi gode della poesia. Beato chi stringe un sogno. Beato chi sente girare il mondo. Beato chi ancora sta imparando. Beato chi non appartiene a nessuno. Beato chi nelle tasche ha tutto e niente. Beato chi ha ancora una speranza. Beato chi si sofferma a guardare il cielo. Perché egli è un Dio. IL DOTTOR ZIVAGO LA RUBRICA DI POESIA PIU’ AMATA DELLO ZUCCHI I MARI DI POLVERE; di Jakob Panzeri Mi perderò nei mari di polvere della superficie lunare, i miei piedi ballano su mille particelle solide e nella regolarità della Regolite. Sulla Luna la Bellezza trasecola e trascolora. Estetica Estatica Mi perderò nei mari di polvere sorvolerò la Baia delle Rugiade per desiare il Lago dei Sogni o come il navigante dell'Eubea o un nuovo Itaco veleggerò il mar della Tranquillità. Sto superando il confine, ecco il volto nascosto della Luna. Osservo i millel giochi di colore di Helios e Selene, rimembranze e aurei cigni. Parmenide. L'essere è come negli origami giapponesi. Ma ove il mio ippogrifo, ove l'apostolo di Patmos attraversatore dei quattro elementi? Ebe disse a Flora: mescola il ricamo. Uno... due... tre Acqua, Aria, Terra, Fuoco. Il principio di indeterminazione di Heisemberg. IIIA Esplosioni di sintagmi velate all'orizzonte. Ho perso la mia posizione chiastica nè sulla terra c'è più parvenza di un omoteleuto. C'è da una lingua da ricostruire. Io sono Astolfo, duca dell'Inghilterra, o forse un cavaliere del Graal, Percival o Galhaad eppure non ricordo, indugiai nel mare delle Nubi. Cercherò la legge Morale l'imperativo macchiato dal flusso relativo. Renovatio. Sulla Luna la Bellezza trasecola e trascolora. Ho una fanciulla da ritrovare per un amicizia da rifondare. Mi guida la luce del crisoberillo e l'essenza del mio crisma. Sì, sono Astolfo e son in cerca. Mi perderò nei mari di polvere L’ IMMOBILITA’ di MATTEO MONTI IB Il Natale quest’anno, è stato talmente bianco, che ha evidenziato le nostre ombre. Per inciso, trovo assurdo che ci debba essere un momento nell’anno, dov’è d’obbligo essere buoni. Sembra tanto una giustifica alla cattiveria per tutto il resto dell’anno. Alla cattiveria con cui ci troviamo a scontrarci ogni giorno. Cosa pensi? Come ti senti? Perché io mi sento vuoto e apatico. A momenti non sento manco più questo freddo pungente. Intanto la neve sta cadendo. Spero che tinga tutto di uno stesso colore, almeno per un po’ non ci saranno situazioni ben definite. Continua a fare freddo, cosa fare, mi spingo ad uscire? E se poi si rivela una serata inutile? Ne sarà valsa la pena? Mi hanno detto che forse, mi converrebbe pensare di meno e agire di più. Il mondo è degli incoscienti. In fondo cosa mi ci vorrebbe ad avvicinarmi, guardarti un’altra volta, ancora da più vicino? Il mondo è piccolo, ma troviamo sempre i modi per crearci degli ostacoli. Oh, sarebbe tutto più facile, se solo fossi stato provvisto di un po’ più di senno. Ma se vuoi possiamo andare sulla luna, per prenderne un po’. Ma forse pretendo troppo. Non dovrei viaggiare troppo con la fantasia, rischio di perdermi. Come se non lo fossi già, perso. Non mi conosco, non so quello che vivo, non so quello che sento, non so quello che dico. Le parole fuggono da me come il vento. In futuro, magari riderò. Riderò, quando avrò pensato che adesso c’è questa lontananza. Come ti fa sentire? Non ti sembra una cosa stupida? In fondo è tutto stupido. Stupidi gli spazi, stupide le strade, stupide delle persone. So solo che tu sei lì, e io qui. Il mondo si gira in 80 giorni, per raggiungerti ci vuole un’eternità. In fondo non viviamo in un mondo di DISEGNO DI MARTINA FILIPPELLA Dee ed Eroi? Queste imprese dovrebbero soltanto farci ridere. Ma siamo davvero limitati come vogliamo credere? Siamo davvero così immobili? Perché tutto scorre, ma rimaniamo così statici? Tu chi sei? Da dove vieni? Se vuoi ti posso offrire qualcosa. Così mi potrai raccontare qualche storia, giusto per passare un po’ il tempo. Sai, io ne ho da buttare. Ci credi in quello che vedi? Secondo te l’apparenza ti potrebbe ingannare? Io penso che non ci sia nulla di più vero, che la prima impressione. Certe cose te le senti subito. Il respiro, la palpitazione, la pressione che si alza, si può leggere tutto nel primo sguardo. Scontentezza, poco interesse, chiusura, si legge di tutto quando lo abbassi. Però io non mi ricordo che cos’ho provato quando ti ho visto. Posso provare a ricordarlo però. In fondo le sensazioni sono dentro di noi, basta ricercarle. Basta che siano autentiche. Anima intellettiva o concupiscente? Ci guida veramente la ragione? Meglio che io vada a dormire. Il sonno non porta consiglio? Non ti fa dimenticare? Se ti fa dimenticare ma ti porta consiglio, non rischiamo di fare le azioni giuste nei momenti sbagliati? Continua a meditare. Tanto fra poco ti addormenterai. Lo so, sono una compagnia noiosa. In fondo, adesso, con questo freddo, l’unica compagnia che vorremmo sarebbe una femminile. Se non è una donna, allora sarà la bottiglia. Tutt’e due ti inebriano, tutt’e due ti fanno uscire di testa. L’Alcol almeno annebbia te che sorridi ad un altro. Ed è un vero signore, quando non ti fa sentire il dolore alla testa dovuto alla caduta. E’ proprio vero, il sole illumina solo i perfetti. Per questo noi corriamo sempre verso di lui, perché vogliamo sentirci tali. La cosa strana, è che molto spesso, esistono parti di noi che si sentono perfette, altre invece che si sentono l’opposto. PROSEGUE A PAGINA 19 SORRIDIAMO E’ IL PENSIERO CHE CONTA! di CLARA DEL GENIO IA E così, anche quest’anno, siamo sopravvissuti a Natale. Periodo dell’anno che dovrebbe essere volto a riaccendere nei nostri cuori i valori della fede, dell’amore, della carità, della famiglia e bla bla bla (inserire qui quanti altri clichè da telefilm di rete 4 – sermone domenicale vi vengano in mente) e che invece consegue in un moto di disperazione e tormento, causato da una feroce e grama belva che si staglia minacciosa sull’orizzonte del 25 Dicembre, e che noi umani chiamiamo col nome di regalo. Ora, non vorrei scadere nella poco originale smadonnata riguardo alla materialità che caratterizza la società in cui viviamo (non penso ci sia bisogno di scrivere un’articolo su qualcosa che è innegabilmente posto dinanzi ad ogni occhio vedente), ma sicuramente va detto questo: le vacanze di Natale dovrebbero consistere in un lungo e meritato periodo di sciallo, di svaccamento, di ozio più completo e totale, di decadimento in stato vegetativo sul divano. E i regali, bandiere del nostro periodo di puro piacere, per buona parte delle vacanze natalizie rendono i nostri giorni un incubo. Anzi, ci travagliano l’anima ancora prima che le festività inizino. Dopo Halloween (ricorrenza abbastanza insulsa) ci si rende conto che le vetrine dei negozi omettono le minacciosissime zucche e vengono invece animate da obesi pupazzi di neve, e che iniziano a pendere dai terrazzi come cadaveri di impiccati quei Babbo Natali fantocci che ahimè, andranno incontro al terribile destino di decomporsi nelle loro location per il resto dell’anno ed essere saltuariamente sparati da qualche agente della polizia perché scambiati per ladri dalla vecchietta topica del condominio accanto. Ecco che spunta come una gemma primaverile nel nostro pensier l’irrequieta sensazione di dover prima o poi comprare i doni natalizi per i nostri cari. La cosa ci turba tanto che allontaniamo il pensiero sempre di più, sempre di più: nel frattanto la città in cui abbiamo residenza ha già sparso lucine per ogni via (riuscendo a creare motivi decorativi che sembrano peggiorare con gli anni; il tema delle decorazioni di Monza quest’anno era “trip psichedelico da LSD dell’elettricista”) , i presepi simil-viventi iniziano ad invadere ogni dove come zombie resuscitati in cerca di carne umana, le teste delle signore si popolano di pantegane a forma di colbacchi, e arriviamo al punto in cui mancano due giorni alla fine della scuola, abbiamo due euro nel portafoglio e siamo fortemente tentati ad ingerire due capsule di cianuro per evitare di dover affrontare simile situazione. Dopo aver passato la notte insonne a rimuginare su cosa regalare a chi (e dopo essersi resi conto di avere amici e/o parenti che a. hanno già tutto, b. hanno gli stessi interessi di vita che potrebbe avere una mozzarella e non c’è niente che si addica a loro, c. sono così incredibilmente impenetrabili da non far trapelare il loro disgusto o la loro adorazione verso un qualcosa) finalmente si riesce a giungere a regali universalmente apprezzabili (tazza, candela, penna, matita, braccialetto, mutanda e gli indimenticabili calzini) che susciteranno tale gioioso e gradito dialogo. Destinatario: - Oh, grazie, che bello! Era proprio quello che mi serviva. Mittente: - No, figurati, è una cosa da niente.. Destinatario: - Mannò, dai, e comunque è il pensiero che conta. PROSEGUE A PAG SEGUENTE PROSEGUE DA PAGINA PRECEDENTE PROSEGUE DA PAGINA 17 (Trad. D: - Ma che è’n regalo stamm*****a? M: - Sai com’è, l’ho preso all’autogrill mentre passavo de qua. D: - Eh vabbene che è il pensiero che conta.. ma che c***o stavi a pensà quando m’hai regalato sto coso?) Esiste un equilibrio? Solo per chi non ci pensa. Perché c’è chi sale e chi cade. Tu preferisci salire o cadere? Tanto alla fine ci troviamo dall’altra parte. Usciremo di testa, prenderemo strade diverse, ma tanto per quanto lontano puoi andare, ci si ritrova sempre. Siamo tutti sullo stesso carro. Andiamo tutti nella stessa direzione. Chi prima chi dopo. Non trovi? Non è come ti senti quando lui ti chiama? Non è quello che ti auguri quando gli sorridi? Lui com’è, perfetto? Che melodramma. Questi pensieri intendo. Quasi non mi riconosco. Adesso tra i fiocchi di neve che cadono, sto arrancando verso qualcosa, sento tutto più accentuato, ma allo stesso tempo i fumi dell’ebbrezza non mi fanno capire. Il rumore delle gomm e sull’asfalto ghiacciato rende tutto molto più acre. Quando si è a terra si ha una diversa percezione delle cose. E non si vedono le stelle, con tutta questa neve. Possiamo biasimare chi si stampa in faccia quel peculiare sorriso smagliante che sembra il frutto di un lifting andato storto? Ma certo che no. é lo stesso sorriso smagliante frutto di lifting andato storto di cui ci orniamo anche noi, davanti ad un dono sorprendentemente inutile e/o palesemente riciclato. Forse è trapelato il fatto che io e il Natale non andiamo molto d’accordo. Il che è vero, ma solo in parte. Non detesto tutto del periodo natalizio. C’è una cosa che combacia molto meglio con il mio disperato bisogno di tranquillità (bisogno che penso noi tutti allo Zucchi abbiamo): la neve. Perché quando nevica e tutto si ricopre di silenzi abissali, finalmente puoi spegnere quel costante ronzio che hai in testa, sfuggire all’ansia della versione del giorno dopo e permetterti di fissare inebetita i fiocchi di neve fuori dalla finestra, per tutto il tempo che vuoi. I rappresentanti d’Istituto hanno concordato con lo” Speedy” di Monza uno sconto del 10% sulle consumazioni per gli Zucchini che si presenteranno muniti del libretto scolastico! BAR SPORT Non è tutto oro quello che luccica… di FEDERICO SALA IIG e EDOARDO GALLI IIIG Il pallone che rotola, l’erba verde appena tagliata, il frastuono del pubblico, i soldi facili nel portafoglio, la popolarità indiscussa…gli arresti cardiaci, gli scontri mortali (o quasi), gli spari, i suicidi, LA MORTE. 25 Agosto 2007, 22.15, Siviglia La prima giornata del campionato spagnolo che vede affrontarsi Siviglia e Getafe è in corso quando al 22esimo minuto del primo tempo Antonio Puerta, laterale sinistro della squadra di casa, si accascia sul terreno di gioco senza aver subito alcuno scontro. Subito il compagno di squadra Dragutinovic accorre per estrargli la lingua in modo da evitare il soffocamento e nel giro di pochi minuti lo staff medico lo carica sull’ambulanza a bordo campo; lo stadio intero si ammutolisce. Puerta viene trasportato d’urgenza all’ospedale di Siviglia dove si cerca di rianimarlo ma gli sforzi sono del tutto vani; muore a causa di ben 4 arresti cardiaci subiti nell’arco di 2 ore, aveva 22 anni e dopo 40 giorni sarebbe nato il suo primo figlio. 10 novembre 2009, 18.15 Hannover (Germania) Le sirene dalla polizia tedesca e delle ambulanze raggiungono un cavalcavia nella periferia di Hannover, un uomo giace atterra senza vita con il volto quasi irriconoscibile per le ferite e le fratture, mentre pochi metri più avanti il treno diretto a Gelsenkirchen, fermo sulle rotaie. La situazione è subito chiara agli agenti, si tratta di suicidio, ma resta da chiarire l’identità della persona deceduta; dopo qualche minuto, mentre il cadavere viene trasportato via per l’autopsia, sopraggiungono le telecamere e soprattutto le prime notizie a cui però si stenta a credere ma che purtroppo si riveleranno veritiere: Robert Enke, calciatore dell’Hannover e della nazionale tedesca si è suicidato gettandosi sotto un treno. La tifoseria locale crolla nello sconforto e insieme ad essa la Germania intera mentre gli investigatori trovano un biglietto in cui Enke spiega i motivi di questa follia attribuendoli alla depressione che lo aveva colpito. Muore all’età di 32 anni lasciando la moglie e la figlioletta di 8 anni. 8 Gennaio 2010, 09.30, Lomè (Togo) Il pullman della nazionale di calcio togolese comincia il proprio viaggio per l’Angola dove svolgerà il primo match della Coppa d’africa, la più importante competizione del continente nero. Dopo 2 ore di viaggio, mentre la squadra attraversa il confine del Congo nella regione di Cabinda, l’inferno piove su giocatori e componenti dello staff del Togo a colpi di mitra e fucili. L’attentato, rivendicato da alcune forze indipendentiste del posto, provoca la morte dell’autista e di due dirigenti mentre tra i giocatori il più grave è il portiere, ferito al ventre da tre proiettili; illeso del tutto invece il più illustre della squadra Emanuel Adebayor. Le prime telecamere che giungono sul posto riportano i volti rigati dalle lacrime piene di dolore, le parole sbiascicate per lo shock e soprattutto la consapevolezza che a volte non basta essere Dei del calcio per essere immortali… Già, a volte sembra che il mondo del calcio sia il paese dei balocchi, un posto in cui tutto è perfetto e nessuno ha problemi e invece questi sono solo 3 dei molti casi di cronaca nera avvenuti soltanto nell’arco di questi ultimi anni. Come infatti dimenticare Marc Foe, morto nel 2003 durante la semifinale di confederation cup tra Camerun e Colombia per un attacco cardiaco, Phil O'Donnell anch’egli deceduto per la medesima causa durante una partita del campionato scozzese nel 2007, oppure Daniel Jarque, capitano dell’Espanyol, il cui corpo senza vita è stato ritrovato nella sua camera mentre era in ritiro con la squadra durante l’estate scorsa. Molti altri ci sono andati soltanto vicino, chi per propria volontà come l’ex calciatore dell’Inter Adriano, vicino al suicidio per sua stessa confessione, chi per sfortuna come Peter Cech, protagonista, durante il match di Premier League nel 2006, di uno scontro che gli procurò una doppia frattura al cranio quasi letale, chi per volontà altrui come diversi giocatori della nazionale Algerina feriti gravemente dal lancio di alcuni sassi mentre si trovavano nella hall del loro albergo, prima del match contro l’Egitto valido per le qualificazioni ai mondiali del 2010. Eppure il pensiero comune è un ostracismo totale nei confronti di questo sport e dei ragazzi che lo praticano da parte di tutte le persone che non ne capiscono il senso, le sensazioni e soprattutto i sentimenti; quante volte sono stati presi di mira i calciatori per il “lavoro” che fanno, quante volte per i soldi che “guadagnano”, quante volte per i “privilegi” che hanno, già quante volte, senza badare alle tante realtà difficili e a volte tragiche che invece ne fanno parte…ma infondo siete davvero così sicuri che sia tutto oro quello che luccica? PADDOCK ZUCCHI: ROMA VS MONZA di ALESSANDRO MANTOVANI ID Qualcuno politicamente molto schierato potrebbe definirlo come un episodio dell'eterna battaglia tra nord e sud, un duello che anziché Ettore ed Achille vede contrapposte la “Brianza operosa” e la “Roma ladrona”. In realtà la faccenda è relativamente meno importante: si tratta infatti della decisione presa dalla città di Roma di ospitare un Gp di Formula 1. Ma andiamo con ordine.Tutto iniziò nel mese di Gennaio del 2009, quando Maurizio Flammini, già organizzatore dell'appuntamento romano del mondiale Superbike nel 2007 e nel 2008, supportato da numerosi sponsor e dal sindaco Alemanno, propose (anzi ripropose: Roma avrebbe dovuto ospitare la F1 già nel 1985 ma poi la gara non si disputò) di far correre un Gran Premio di Formula 1 per le vie della capitale. L'idea di Flammini trovò presto l'appoggio importantissimo di Bernie Ecclestone (il boss della F1 ndr) ma anche il parere contrario di numerosi tifosi e, soprattutto, di Luca Cordero di Montezemolo che disse che Roma aveva altre cose a cui pensare e che il Gp si sarebbe difficilmente svolto. Poi non si seppe più nulla fino a poche settimane fa quando è stato dato l'annuncio ufficiale che dal 2012 si sarebbe corso il Gp di Roma su un circuito cittadino ricavato dalle strade del quartiere dell'Eur. Questo annuncio ha naturalmente scatenato una marea di polemiche: in difesa di Monza si sono schierati subito la Lega Nord ed i presidenti della provincia e della regione che temono di perdere il Gran Premio e tutti i benefici economici connessi all'evento mentre ovviamente si sono subito schierati in favore della capitale tutti gli imprenditori ed i politici di Roma e dintorni. Ma quante sono le reali possibilità che ha Roma di ospitare la Formula Uno? E soprattutto quante sono le probabilità che Roma ospiti il Gp d'Italia al posto di Monza? Per cominciare rispondiamo alla prima domanda, la più semplice: la F1 correrà quasi sicuramente a Roma nel 2012 e in teoria la gara si dovrebbe chiamare “Gran premio di Roma”, mentre il Gp d'Italia dovrebbe restare a Monza. Ma il condizionale è d'obbligo. Perchè anche se l'autodromo di Monza ha ospitato ben 59 gare in 60 anni di mondiale (ed infatti la pista ha sempre ospitato un Gp mondiale tranne che nel 1980) ed è un vero e proprio tempio del mondo dei motori corre anche lui il rischio di perdere la F1. Tra l'altro non sarebbe neppure il primo dei circuiti storici ad essere clamorosamente abbandonato per motivi economici dal campionato più importante di tutto il motorsport, visto che il circuito inglese di Silverstone (che ha ospitato nel 1950 la prima gara del primissimo mondiale di Formula 1) ha rischiato di esser tagliato fuori dal calendario del 2010 e che in Belgio SpaFrancochamps (a detta di tutti l'Università dei motori) ha dovuto più volte rinunciare al suo evento. Se Monza dovesse perdere la Formula uno, la perderebbe solo per motivi di tipo economico perchè sono solo i soldi e il glamour di Milano che hanno permesso al Gran premio d'Italia di restare in calendario e di disputarsi nella sua sede storica, mentre Silverstone e Spa, essendo situati nel bel mezzo della campagna inglese o dei boschi delle Ardenne possono contare solo sulla loro storia motoristica, che non basta all'avido Bernie Ecclestone che ha già provato a spostare il Gp di Gran Bretagna su un circuito cittadino ricavato per le strade di Londra. Ma molto probabilmente a Roma il Gp d'Italia non si correrà mai, anche perchè il nuovo circuito cittadino non nasce sotto i migliori auspici: infatti le strade dell'Eur che dovrebbero ospitare l'evento sono (a detta degli stessi abitanti di Roma) le peggiori di tutta la capitale e l'incredibile quantità di tifosi che invaderebbe la città sta già facendo tremare i pendolari della zona che ogni mattina devono fare i conti con un traffico ai limiti dell'impossibile e che aumenterebbe ancora di più durante il periodo precedente al Gran premio. Per evitare questo problema la gara verrebbe organizzata nelle ultime settimane di Agosto quando la città è semi deserta, ma questa collocazione temporale è troppo vicina alla data abituale del Gran premio d'Italia che si corre come ben sappiamo all'inizio di Settembre ed anche questo è uno dei fattori che potrebbe portare all'abbandono della Brianza da parte della Formula 1. Ma, poichè è poco probabile l'uscita di scena di Monza ed è difficile che si disputino due Gran premi in una stessa nazione a così poca distanza tra di loro uno dei due eventi dovrebbe essere anticipato al mese di Giugno. In ogni caso tutti i tifosi di tutta l'Italia sono concordi nell'affermare che Monza non si tocca e che il Gp di Roma (già ribattezzato scherzosamente da qualcuno “Gp del Vaticano”) potrà solo essere un evento alternativo al vero Gran premio d'Italia che si corre a Monza e la cui cancellazione scatenerebbe una vera e propria rivolta degli appassionati. Che sarebbero ovviamente sostenuti dalla Lega e dagli imprenditori brianzoli che nella Formula 1 di oggi contano (purtroppo o per fortuna?) molto di più dei tifosi. CINEMA E TEATRO di ELENA CAIMI e DAVIDE MONTANARI IIIG Avviso per tutti coloro che non stanno più nella pelle e non vedono l’ora di correre al cinema per gustarselo (e sono tanti), o che magari sono semplicemente incuriositi da quello che è stato definito da molti “un film epocale”, una vera e propria svolta nel modo di fare cinema: non troverete la recensione di Avatar su questo numero del Bartolomeo. Della nuova pellicola di James Cameron, per chi non lo sapesse il regista di Titanic, ci occuperemo il prossimo mese. Il motivo è semplice: al momento della stesura dell’articolo il kolossal che ha letteralmente abbattuto ogni record d’incassi non è ancora presente nelle sale italiane, facendo registrare peraltro un ritardo piuttosto anomalo se si pensa che il film è stato distribuito nei cinema di tutto il mondo più di un mese fa. Ora facciamo invece un veloce bilancio dell’annata cinematografica appena trascorsa, per focalizzarci poi su una delle produzioni più “calde” del 2010: Nine. Si è chiusa con un mese di dicembre, come al solito, decisamente sterile in quanto a film davvero degni di nota, un’annata 2009 che d’altro canto ha saputo regalarci diversi titoli interessanti, molti dei quali abbiamo avuto modo di commentare sulle pagine del nostro giornale. Tralasciando quindi gli ultimi (purtroppo) immancabili cinepanettoni targati De Sica e Pieraccioni, che si confermano “salvatori”, grazie ad incassi da capogiro, del cinema nostrano, insieme a qualche produzione americana non molto apprezzata dalla critica (vedi il nuovo Sherlock Holmes, piuttosto che l’animalista-strappalacrime Hachiko con un Richard Gere ormai al tramonto), possiamo dire che quello appena trascorso è stato un anno di buon cinema. Cinema che, soprattutto per le produzioni d’oltreoceano, ha in alcune occasioni raggiunto punte di alta classe (si pensi all’ultima fatica di Tarantino Bastardi senza gloria, o all’ennesima perla di Clint Eastwood, Gran Torino), ma che è stato oggetto di un parziale rilancio anche nel nostro paese, grazie a registi come Tornatore e Placido (nonostante sia Baaria che Il grande sogno non abbiano ricevuto i consensi sperati da critica e pubblico) e ad alcune idee coraggiose, su tutte Fortapàsc di Marco Risi a inizio anno. Detto questo, come sarà invece, cinematograficamente parlando, il 2010? Una cosa è certa: sarà l’anno dei ritorni. Del grande Peter Jackson che, dopo la trilogia sull’anello e il flop di King Kong, torna con la trasposizione del best seller Amabili resti; del già citato Eastwood con Invictus, per cui faremo sicuramente il tifo agli Oscar; dell’ennesimo Robin Hood e del suo redivivo interprete Russel Crowe, diretto ancora una volta da un Ridley Scott in cerca di conferme… e non solo. Quest’anno ritroveremo Leo diCaprio che, dopo un anno sabbatico, si rifà sotto con il thriller dalle tinte horror Shutter Island dell’amico e mentore Scorsese (per lui un genere abbastanza nuovo, siamo curiosi di vedere come se la caverà), l’ultimo, ma in realtà penultimo perché diviso in due, capitolo di Harry Potter, il divo Clooney nella commedia amara Tra le nuvole e, udite udite, i mitici Ghostbusters. Sofia, Nicole e le altre: 8½ diventa “Nine” “In crisi esistenziale e creativa, alle prese con un film da fare, un regista fa una sorta di mobilitazione generale di emozioni, affetti, ricordi, sogni, complessi, bugie. Un misto tra una sgangherata seduta psicanalitica e un disordinato esame di coscienza in un'atmosfera da limbo”. Con queste parole il grande regista italiano Federico Fellini raccontava il suo film, 8 ½. “Nine”, trasposizione cinematografica del musical debuttato a Broadway nel 1982, che a sua volta si ispira al lavoro di Fellini, è diretto dall’esperto del genere musicale Rob Marshall ,vincitore del premio Oscar nel 2003 per “Chicago”. Nel film Daniel Day-Lewis si ritrova come d’incanto circondato da bellissime donne, chi bruna, chi bionda, chi rossa. “Nine” è un musical tutto al femminile dunque, con protagoniste Nicole Kidman, Penélope Cruz, Marion Cotillard, Kate Hudson,”Fergie” dei Black Eye Peas, Madame Judy Dench e l’italianissima Sophia Loren. Il musical ruota attorno alle vicende del regista in crisi Guido Contini, e del suo rapporto con le donne della sua vita, la moglie Luisa, l'amante Carla, la sua musa Claudia e la defunta madre, che gli appare sotto forma di fantasma. Il titolo del film fa riferimento al personaggio di Guido a nove anni, suo alterego nel musical. Nonostante la produzione sia statunitense e il musical sia girato e interpretato da regista e un cast per lo più americano, il film sembra stato fatto proprio per noi italiani. C’è infatti una tale abbondanza di ammiccamenti ai grandi classici del nostro immaginario: (come il) il richiamo al modo in cui Ricky Tognazzi interpreta il produttore alle prese con le bizze del regista, o la telefonata di Penélope cui Daniel risponde davanti ai medici e (in) quel “Vada avanti, Monsignore” in riferimento a“Buonasera, Dottore?” . “Nine” può essere inoltre considerato come una specie di Bignami di ciò che piace agli americani dell’Italia, il Belpaese: mamme, mogli ma, soprattutto, tette. PROSEGUE A PAG 24 IL METRONOMO di FEDERICA COTTINI IIIF RETAGGI DEL 2009 Dopo aver rivolto a tutti i cari lettori del Bartolomeo i più sinceri auguri di un felice 2010, inizierei la rubrica di Gennaio con una notizia alquanto singolare riportata dai rotocalchi qualche giorno fa, e che ha suscitato nella sottoscritta somma e sconfinata ilarità: Lady Gaga vende i propri capelli. La giovane artista, dopo essersi presentata alla regina d’Inghilterra con un abitino rosso fuoco degno di Sailor Moon, ha pensato bene di asportare alla sua folta chioma copiose ciocche, per incrementare le vendite dell’edizione deluxe del proprio disco. Per 104 dollari vi porterete a casa i seguenti gadget: una ciocca di capelli di Lady Gaga, un puzzle da collezione, tatuaggi adesivi, un dietro le quinte, poster, un giornale amatoriale a tema, un paio di occhiali 3-D per vedere i video futuri, note personali di Lady Gaga e, per concludere in bellezza, una bambola di carta. Forse nel pacchetto è compreso anche il cd, ma non garantisco. La prima considerazione che si può avanzare alla vista di tale elenco è la ferma convinzione che il proverbio “ridere per non piangere” non è stato inventato a caso. La seconda, ben più incresciosa, riguarda l’imminente calvizie della cantante. Mi consolo pensando che, con le nuove entrate finanziarie, Lady Gaga potrà acquistare fluenti parrucche per sé e per tutto il suo entourage. Intanto la ringrazio sentitamente perché pochi cantanti sono fonti altrettanto produttive di notizie così meravigliosamente insensate. IL 2010 Scommessa piuttosto facile, ma il nuovo album di Mika promette di farsi sentire per buona parte dell’anno. The boy who knew too much è un lavoro interessante e corposo, che conta 12 tracce in cui la voce dell’artista assume un ruolo decisamente predominante rispetto alla stesura musicale. L’impareggiabile falsetto del ventiseienne cantante di origini libanesi si impone in molti dei brani, evidenziando una notevole abilità canora, in aggiunta ad una spiccata e gradevolissima vena ironica. Le sonorità sono meno elettroniche del precedente album, Life in cartoon motion, fatta eccezione per il secondo singolo estratto, Rain, che richiama molto l’ormai proverbiale Relax, Take it easy. Un modo efficace per affacciarsi all’universo musicale di Mika è guardare i suoi video, che –concedetemi una nota soggettiva – personalmente adoro. Dall’esordio di Grace Kelly fino all’ultimo Blame it on the girls, ci si può fare rapidamente un’idea dell’eclettismo dell’artista. Mika è sempre in movimento, in un bosco, in una stanza, fluttuante nel cielo, e la videocamera lo segue, senza impedirne i La copertina del nuovo album di Mika intitolato gesti enfatici. La predilezione per i colori sgargianti è “The boy who knew too much” evidente negli abiti del cantante e nei costumi di scena, e contribuisce a creare un’atmosfera straniante. Lo sguardo sempre ben fisso sull’osservatore, accompagnato da un’espressiva mimica facciale, è un efficace mezzo di coinvolgimento. Insomma, un doveroso tributo va riservato anche ai suoi registi. In conclusione, consiglio la lettura dei testi delle canzoni: a tratti irriverenti, a tratti melanconici, straordinariamente capaci di raccontare storie. Per questo mese è tutto, arrivederci al prossimo numero! Canzone del mese Do I attract you? Do I repulse you with my queasy smile? Am I too dirty? Am I too flirty? Do I like what you like? Grace Kelly, Mika ULTIMATES: I SUPEREROI DEL XXI SECOLO di ROBERTO BALDACCIONI IIIF Se, più di ogni altra cosa, amata l’azione, allora Ultimates è il fumetto che fa per voi: l’opera di Mark Milla e Brian Hitch è un puro concentrato di adrenalina, che vi lascerà senza fiato dalla prima all’ultima pagina.All’inizio del XXI secolo la Marvel, storico editore di fumetti statunitense, decise di svecchiare l’immagine dei suoi eroi più longevi e famosi, indubbiamente appesantita da quarant’anni di storie e di continuità; nacque, così, la linea Ultimate, in cui tentare di presentare almeno alcuni dei personaggi della Casa delle Idee (questo è il nome cha alla Marvel è stato attribuito) ripartendo da zero, dalle origini, con, inoltre, un taglio, narrativo e stilistico, del tutto nuovo e più moderno. PROSEGUE DA PAG 22 Emblematico il numero della Saraghina (interpretata dalla sensuale Fergie)che, con l’esornativo titolo “Be Italian”, invita Guido a essere italiano e ad stringere e ad abbrancare il suo seno (“Stringiti a queste”). In pratica, l’estetica della valletta di un quiz preserale. “Nine” verrà forse letto come una metafore del berlusconismo: un uomo in crisi, promesse che non è in grado di mantenere, etica traballante, e una consigliera saggia (la sublime Judi Dench) che lo esorta a fare quello che sa fare meglio: “Tu sei un mentitore di prima classe: vai là fuori, e menti. Fallo per l’Italia”. Fellini potrebbe essere soddisfatto dell’impresa compiuta da Rob? Daniel sarà un degno “Guido”, come lo fu il suo predecessore Mastroianni? Riuscirà Nicole ad ottenere lo stesso successo che ebbe nell’altro musical da lei interpretato “Moulin Rouge”? E Kate a vincere la sua prima statuetta? Per saperne di più, basta andare al cinema... Il primo personaggio a subire questo trattamento fu l’Uomo Ragno; il successo riscontrato dalla serie ultimate dedicata al ragnetto spinse l’editore ad estendere l’iniziativa prima agli X-Men e, poi, ai Vendicatori. Per chi non lo sapesse, i Vendicatori sono il principale supergruppo del mondo Marvel, e, tra i loro membri principali e storici, contano eroi del calibro di Capitan America, Iron Man, Thor e Hulk; Ultimates racconta, appunto, le avventure dei Vendicatori del XXI secolo. Millar porta meravigliosamente a compimento quel processo di modernizzazione che sta alla base della serie; lo scrittore recupera, dalle storie originali, i membri base del gruppo: Capitan America, Iron Man, Thor, Hulk, Wasp e Giant Man, ma, innanzitutto, la storia si svolge nella più stringente attualità, poi, le caratterizzazioni dei personaggi, che pur non vengono stravolte completamente rispetto alle loro versioni classiche, sono ampliate ed approfondite con elementi squisitamente legati all’attualità. Così, per esempio, Thor, il dio scandinavo del tuono e della tempesta, pur continuando ad avere poteri ed armi di natura divina, diventa un no-global che protesta attivamente contro il governo degli Stati Uniti e la sua aura divina viene completamente cancellata; Tony Stark, alter ego di Iron Man, è ancora un geniale miliardario alle prese con mille problemi personali (in particolare, l’alcolismo), ma la sua volontà di fare di tutto per aiutare il prossimo, anche a costo di rischiare in prima persona, viene mostrata come elemento di crescita personale; Steve Rogers è sempre il reduce della seconda guerra mondiale, e il tema dell’“uomo fuori del tempo” risulta ancora più accentuato in un mondo così tecnologicamente avanzato e radicalmente cambiato per abitudini, idee, morale. Questi, naturalmente, sono solo alcuni, molto semplificati, esempi; per farvi un’idea di quello che Millar sembra intendere per supereroe del nuovo millennio, forte ed indistruttibile solo all’apparenza, ma, in realtà, fragile e a rischio di perdere se stesso in qualunque momento, dovete leggere questo fumetto. L’opera, inoltre, è impreziosita dai magnifici disegni di Brian Hitch, che,attraverso un tratto dettagliatissimo ed iperrealista, contribuisce moltissimo all’operazione di svecchiamento, e dallo homour di Millar, che non perde mai occasione di farci sapere che cosa pensa di molte delle personalità di potere di questo tempo. Per chi volesse leggere le avventure degli Ultimates consiglio di recuperare in libreria o in fumetteria i due volumi pubblicati l’anno scorso da Panini Comics, intitolati Super Umano e Sicurezza Nazionale, facendovi, comunque, presente che altre storie sono in uscita in un (molto) prossimo futuro. LO ZUCCHI SOTTO LE STELLE di ELEONORA BERTANZA ed ELISA PIAZZA IIG Cari amici zucchini, siamo a conoscenza del fatto che voi tutti vi aspettate il solito, banale, trito e ritrito OROSCOPO DEL 2010, ma le vostre divinatrici preferite vi stupiranno. Questo mese infatti, dato che tutti (un po’ per scaramanzia, un po’ perché ci credono) avranno letto, ascoltato, visto , ricercato il proprio oroscopo annuale, noi vi proponiamo un oroscopo innovativo: non vi racconteremo il vostro futuro, bensì parleremo del vostro rapporto con il cibo. Vediamo se riusciamo ad indovinare… senza lamentarvi a tutte le cucine e vi piace provare tantissime pietanze…spesso ARIETE- I DIVORATORI anche in una volta sola! Cibo preferito: tutti i piatti Zucchini dell’Ariete, voi si che siete delle tipici di tutte le cucine! buone forchette! Amate i piatti sostanziosi e succulenti, anche se in verità guardate più alla quantità che alla qualità. E, caspita, con che rapidità SCORPIONE- GLI INCONTENTABILI Per voi Scorpioncini il cibo può creare li ingoiate! Cibo preferito: carne, carne, carne! parecchi problemi: siete molto esigenti, e se anche una minima foglia di insalata (sempre TORO- I RAFFINATI che vi piaccia!) non è come volete, potrebbe Per voi nati sotto il segno del Toro, il cibo è venirvi la voglia di buttare via tutto! Cibo preferito: molto importante: amate la buona tavola e stuzzichini e tartine. avete un palato molto raffinato. E, in più, amate gustare ogni-singolo-piatto mooolto lentamente! Cibo SAGITTARIO-I VARIONI preferito: tutti i tipi di dessert. Anche se a tavola vi adattate facilmente GEMELLI- I CREATIVI La parola d’ordine per voi è: sperimentare. Adorate provare ogni genere di cucina e tentare i più insoliti accostamenti di sapore (mai provato patatine fritte e gelato alla crema?!)…per fortuna non amate abbuffarvi! Cibo preferito: tutto ciò che è ipercalorico! CANCRO- I SEMPLICI Amici del Cancro, non amate molto pasticciare, vero?! Preferite una cucina semplice, con piatti poco elaborati, anche se non vi interessa molto mantenere la linea… Cibo preferito: pasta e dolci. LEONE- GLI AFFAMATI Come si sa, i leoni hanno sempre molta fame e non è per niente facile soddisfarli… Amate infatti cibi costosi e raffinati e pure in grandi quantità! Cibo preferito: tutto quello che è salato. VERGINE- I PRUDENTI Voi nati sotto il segno della Vergine siete molto tradizionalisti e preferite di gran lunga un piatto ben conosciuto e apprezzato ad una fantasiosa sperimentazione. Cibo preferito: piatti leggeri e poco elaborati. BILANCIA- LE BUONE FORCHETTE Probabilmente, riguardo al cibo, siete il segno meno problematico dello Zodiaco! Vi adattate senza troppe lagne, vi piace comunque avere una dieta molto variata. Di solito vi ispira parecchio la cucina tradizionale. Cibo preferito: tutti i primi piatti. CAPRICORNO- I RICERCATI Non è semplice descrivere voi del capricorno: alcuni di voi potrebbero essere degli autentici mangioni e altri assolutamente portati al digiuno! In qualsiasi caso, adorate i cibi costosi, introvabili e ricercati. Cibo preferito: i piatti francesi! ACQUARIO- GLI ANTICONVENZIONALI Cari amici dell’acquario, grazie alla vostra incredibile fantasia e originalità, non amate i cibi banali e vi divertite un sacco a creare piatti strani e improbabili (e magari improponibili!). Per non parlare dell’abbondanza delle portate… Cibo preferito: tutto ciò che è sostanzioso. PESCI- I GOLOSONI Con voi non si discute: siete dei golosi incorreggibili. Siete capaci di divorare qualsiasi cosa trovate a portata di mano a qualsiasi ora del giorno! Con una particolare predilezione per i dolciumi…attenti alla linea! Cibo preferito: ogni cosa che può ospitare la dispensa! IMMAGINI A CURA DI ELISA PIAZZA E COSTANZA LUCA’ IIG ANGULUS OTIOSUS (O MEGLIO : COME PERDERE TEMPO FINGENDO DI ALLENARE IL CERVELLO) 1) Sapete riconoscere i due ragazzini perfettamente uguali? IL REBUS IL SUDOKU QUORINFRANTI di GIULIA BELLINI IIIF, GIULIA BERETTA IIE, e ANTONELLA SILIOTTO IIIE Ma se io mi nutro e tu ti nutri, perché Frank Si-natra?by james “Anche Pèricle si riposò il settimo giorno!” By EFFErati studenti Un mega abbraccio e un bacione sul naso a tutte le intraprendenti scenografe zukkine, salvezza di tutti noi…! La vostra “serissima” capo scenografa. x la muratora: sei troooppo figa Per Anzu “un po’ ci piaci, un po’ci proviamo,dacci unbacino.” Le due dell’ultimo banco per il figo con gli occhiali di 3 Z..ti aspetto all'ingresso! Da simo alla sua compagna di banco: “già devo vederti 200 gg l’anno, non rendiamo le cose difficili.” Chi volesse dedicare a qualcuno un “Quorinfranti” può inviare una mail all’indirizzo [email protected]; LA REDAZIONE DIRETTORE: GIULIA COLOMBO IIIG VICEDIRETTORE: SARA MONTAGNINO IIIA CAPOREDATTORI:MICHELE CASADEI IIIA sezione Cinema e musica MARCO COLOMBO IIG sezione Attualità JAKOB PANZERIIIIA sezione Filosofia e politica BENEDETTA RATTI IIG sezione Letteratura FEDERICO SALA IIG sezione Giochi e Sport GIULIA SPINELLI IIIC sezione Scuola REDATTORI: BALDACCIONI ROBERTO IIIF BELLINI GIULIA IIIF BERETTA GIULIA IIE BERTANZA ELEONORA IIG CAIMI ELENA IIIG COTTINI FEDERICA IIIF DANIELLI CHIARA IIIG DEL GENIO CLARA IA GALLI EDOARDO IIIG GENNARO GIULIA IIIC GEROSA ALESSANDRO IIIG MANTOVANI ALESSANDRO ID MONTANARI DAVIDE IIIG MONTI MATTEO IB MELLONI PIERPAOLO IIIC PIAZZA ELISA IIG PINCELLI LUCA IIIC QUAGLINI SILVIA IIIG RIGILLO ANNA IA ROSSINI CAMILLA IB SILIOTTO ANTONELLA IIIE UNYANGODA NADEESHA IA IMPAGINAZIONE E GRAFICA: ELENA MANTOVANI VC IMMAGINI: ARPANO SILVIA IF GEROSA GIULIA IB FILIPPELLA MARTINA IIA Ringraziamo inoltre tutti coloro che hanno collaborato all’uscita del Bartolomeo (collaboratori, insegnanti ed operatori scolastici). Ricordiamo che chiunque può partecipare alla redazione del Bartolomeo inviando un suo articolo all’indirizzo mail [email protected]; CHI DESIDERA INVIARE UN MESSAGGIO ALLA RUBRICA QUORINFRANTI PUO FARLO INVIANDO UNA MAIL ALLO STESSO INDIRIZZO. I numeri del Bartolomeo sono disponibili anche on line sul sito www.liceozucchi.it. Gli articoli per il numero di Febbraio vanno inviati all’indirizzo mail [email protected] entro l’11 Febbraio.