116-117 Giappone Lancini_Layout 1 08/08/13 12:49 Pagina 116
GIAPPONE
“Il manga non è qualcosa che i Giapponesi scelgono.
Fa parte del mondo in cui vivono. Io sono nato
dentro la cultura dei manga e disegnarli per me è
stata la cosa più naturale che potessi fare.”
di Francesca Lancini
116
L
o sguardo di Yoichi Takahashi sembra
ancora quello di quando era bambino.
Mentre ci parla del suo fumetto Capitan
Tsubasa, conosciuto in Italia nella versione animata televisiva (anime) Holly e Benji, i suoi occhi di cinquantenne s’illuminano di stupore.
In una sua visita alla Rotonda della Besana di
Milano per la mostra 200 anni di Arte Manga,
l’autore ripensa a tutte quelle immagini disegnate in trent’anni, ma soprattutto a quelle riviste per ragazzi che sfogliava da ragazzino.
Erano gli anni del baby-boom, i favolosi Sessanta della rinascita economica dopo la disfatta bellica e la devastazione delle bombe
atomiche. La pace, ritrovata, era scritta nella
Costituzione come volontà di un’intera nazione. Era il momento di guardare avanti, al
futuro in cui tutto pareva possibile.
Da allora il manga, o fumetto giapponese,
diventa pervasivo e incisivo nella società, anche se le sue origini sono fatte risalire a molto
tempo prima. Il termine manga risalirebbe alle
stampe del 1814 di Katsushika Hokusai, pittore
e incisore noto per La Grande Onda.
Le influenze occidentali, tuttavia, sono importanti. Dopo la metà dell’Ottocento, quando
il Giappone si apre all’esterno e si sviluppano il
giornalismo satirico e il movimento per i diritti
civili, il manga comincia a registrare l’istante
della storia. Negli anni Venti, la donna che inizia
a lavorare è rappresentata come una centralinista, mentre durante la Seconda guerra mondiale prevale il manga di propaganda “stermina
anglo-americani”. Ma è soprattutto nel Dopo-
guerra che il Giappone inizia a trasformarsi nel cosiddetto “Paradiso
dei fumetti” con l’accelerazione
dello sviluppo economico, tecnologico e urbanistico.
Il manga si espande con i
boom economici, si diversifica nei
generi e nei pubblici rivolgendosi
sempre più dai bambini agli
adulti, e invade altri supporti mediatici, prima fra tutte la tv, ma
anche i giochi e i videogiochi, il
cinema, il design, i gadget.
Detto la “nona arte”, il manga
è stato considerato per decenni
un mezzo espressivo inferiore e
infantile dai paladini della “cultura alta”. Eppure, in un percorso
in cui si è arrivati a rappresentare
ogni ambito della vita (manga di
nicchia) ci sono autori di immenso valore come Osamu Tezuka, chiamato “dio dei manga”
(1928-1989), e il pensatore, regista, disegnatore Hayao Miyazaki,
classe 1941 e premio Oscar nel 2002 per il film
d’animazione La città incantata. Il supervisore
della mostra milanese, Osamu Takeuchi, osserva che il fumetto giapponese ha “la capacità
di descrivere l’intero spettro delle emozioni e
dei valori, di raccontare il pensiero umano, o
ancora di spiegare in maniera semplice la storia e i meccanismi sui quali si basa il funzionamento della società.”
Takahashi è d’accordo: nei suoi campioni
Holly e Benji, che hanno conquistato il pubblico nostrano fin dagli anni Ottanta e reso
popolare il calcio nel suo Paese, il sentimento
più forte è il gambarimasu, che significa “mettercela tutta per realizzare un sogno”. “E proprio questa tenacia avete visto nei Giapponesi
colpiti dal maremoto e dal disastro nucleare
dell’11 marzo 2011”, aggiunge Takahashi.
REUTERS/CONTRASTO/YURIKO NAKAO
Duecento anni
di manga
east european crossroads
116-117 Giappone Lancini_Layout 1 08/08/13 12:49 Pagina 117
GIAPPONE
Oggi, i riflessi della stagnazione economica
che dura dagli anni Novanta condizionano l’intera industria fumettistica, in cui lavorano migliaia di persone e sono stampate milioni di
copie l’anno. Il professore Takeuchi è preoccupato: “Fino al 2000 c’erano tanti manga artistici e critici, ma in seguito tutti gli editori
hanno dovuto fare i conti con i guadagni. I
manga sono diventati sempre più commerciali
e d’impatto. Se un manga non vende bene non
è ristampato, cosa che fa ridurre lo spirito critico delle opere”. Nel Giappone che cerca di risollevarsi e che spera nelle promesse fin troppo
ottimistiche del suo Neo-Premier Shinzo Abe,
i manga sono sempre meno quei racconti affascinanti della nostra infanzia, ma prodotti di
divertimento “estremo”. Anche la professione
di manga-ka, disegnatore di manga, è mutata.
numero 49 settembre/ottobre 2013
I professionisti noti sarebbero circa 4mila, ma
molti altri sono costretti a mantenere un secondo impiego per sopravvivere. Inoltre, in un
mondo che cambia velocemente, devono continuamente adattare tecnica e temi.
Forse, il segreto per essere un bravo mangaka è conservare lo sguardo di un fanciullo.
Disse nel 2005 al Guardian in una delle sue
rare interviste Miyazaki, che da cinquant’anni
narra storie di bambini e che è considerato il
più grande fumettista vivente: “Penso che le
anime dei bambini ereditino la memoria storica delle generazioni precedenti. È solo
quando crescono e hanno esperienza quotidiana del mondo che questa memoria si inabissa sempre di più. Sento che devo fare un
film per raggiungere quel livello profondo. Se
ci riuscissi morirei felice.”
\ Manga è un
termine che in
Giappone indica i
fumetti in generale,
mentre nel resto del
mondo viene usato
per indicare “storie a
fumetti giapponesi”.
Il termine manga
significa letteralmente
“immagini libere”.
117
Scarica

East_49_Duecento_anni_di_manga