ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
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Rassegna
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20 marzo 2008
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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SOMMARIO
Pag. 3 OUA: Mettere la giustizia al centro della politica (mondo professionisti)
Pag. 5 COSTI GIUSTIZIA: Un processo civile costa 600 mila euro (italia oggi)
Pag. 6 COSTI GIUSTIZIA: La giustizia in euro (italia oggi)
Pag. 7 ELEZIONI: Legali in forza al Pdl, donne al Pd (italia oggi)
Pag. 8 ELEZIONI: Cura ricostituente per la difesa d'ufficio e il gratuito patrocinio
(italia oggi)
Pag. 9 ELEZIONI: In partenza la maratona elettorale
di Francesco Cersosimo (italia oggi)
Pag.11 STUDI LEGALI: Come imparare a sottrarsi all'economia fotocopia (italia oggi)
Pag.12 PREVIDENZA: L'autonomia delle Casse e la cancellazione della Bersani
di Maurizio de Tilla - Presidente Adepp (italia oggi)
Pag.13 MAGISTRATI: Troppe assenze tra i magistrati (italia oggi)
Pag.14 ANTIRICICLAGGIO: Assegni, controlli soft alle girate (il sole 24 ore)
Pag.15 ANTIRICICLAGGIO: I principali chiarimenti (il sole 24 ore)
Pag.16 ANTIRICICLAGGIO: Attenzione ai tagli piccoli - di Ranieri Razzante
(il sole 24 ore)
Pag.17 AVVOCATI: L'Aiga chiede legalità per il Tibet (italia oggi)
Pag.18 FALLIMENTI: Fallimenti accelerati (italia oggi)
Pag.19 CARCERI: Una rete per il recupero (italia oggi)
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
MONDO PROFESSIONISTI
Mettere la giustizia al centro della politica
Dopo un primo incontro sulla giustizia civile in Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, l’Oua –
Organismo Unitario dell’Avvocatura italiana – procedendo nel percorso di seminari di
approfondimento e analisi sui problemi della giustizia in Europa, ha aperto il dialogo con
avvocati e magistrati di Bulgaria, Romania, Polonia e Ungheria nel corso del seminario “Lo stato
della Giustizia nei nuovi Paesi della Comunità Europea”, svoltosi lo scorso venerdì 14 marzo
presso Università degli Studi Roma III. In tale occasione abbiamo intervistato l’avvocato
Michelina Grillo, presidente Oua.
Domanda. Presidente, si parla dei problemi della giustizia nei Paesi nuovi membri della Comunità
Europea. Quali sono le differenze con l’Italia?
Risposta. Cominciamo col riconoscere che tra il nostro sistema giudiziario e il loro ci sono delle
sostanziali differenze di carriera. Per esempio, il nostro prevede diverse figure, dal magistrato al giudice
di pace, che hanno carriere autonome mentre nei nuovi Paesi in questione esiste soltanto una figura,
quella del giudice (magistrato) senza possibilità di intraprendere una carriera autonoma. La scelta di un
potere giudiziario legato solo a una figura e con un numero di giudici di gran lunga superiore al nostro,
rende il sistema giudiziario molto veloce, con pratiche processuali e modelli di procedure più snelli dei
nostri: questo rende il loro sistema equilibrato, soprattutto nel rapporto tra il numero dei magistrati e
quello della popolazione. Il vantaggio è quello di riuscire a smaltire le cause in tempi molto brevi e, a
differenza di quanto succede in Italia, non si riscontrano arretrati o ricorsi lunghi di anni. Quindi, grazie
al notevole numero di magistrati, il loro organico sembra essere più corretto ed equilibrato del nostro.
Inoltre, c’è da considerare un altro fattore importante che è rappresentato dai costi molto contenuti – a
volte pari a zero - a carico del cittadino che deve affrontare una causa. Tanto per dare un’idea, credo
che per una causa di divorzio da loro si spende l’equivalente di dieci euro, mentre la media per le altre
cause si aggira intorno ai 2,50 euro… Comunque, pur tenendo conto dei diversi tenori di vita, i loro
costi processuali sono di gran lunga più bassi dei nostri.
D. L’Oua ha più volte ribadito la necessità che la giustizia abbia un ruolo centrale nei programmi di
tutti i schieramenti politici e che ci sia collaborazione tra maggioranza e opposizione. Come pensa che
si possa ottenere?
R. Credo che la nostra classe politica, attraverso i grandi processi mediatici che ultimamente
rimbalzano sempre più spesso nelle cronache italiane, si possa rendere conto del sistema giudiziario del
nostro Paese. E dovrebbe cercare di prenderne atto per risolvere un problema grave come quello della
giustizia aprendo un tavolo di lavoro. Infatti, per affrontare seriamente il problema è necessario mettere
in discussione le carenze del settore, creare una “Costituente per la giustizia” che si faccia carico di
tutte le diverse problematiche nell’ottica realistica di poterle risolvere, cercando di recepire e di
applicare le riforme innovative che vengono richieste non solo dai cittadini italiani, ma anche dalla
Ue. In tal senso, ci auspichiamo proposte concrete da parte degli schieramenti politici e, soprattutto,
che ci sia collaborazione tra maggioranza e opposizione in modo da garantire un iter breve per
interventi che appaiono a tutti assolutamente urgenti perché bisogna intervenire subito sulla questione
sicurezza, senza peraltro comprimere le garanzie e il diritto di difesa del cittadino e rendere efficiente la
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macchina giudiziaria con la creazione di veri e propri manager dei tribunali, potenziando il ruolo dei
dirigenti amministrativi. Non solo, è necessario intervenire sul processo civile e sulla magistratura
onoraria e varare,
finalmente, una moderna riforma della professione forense. L’aspetto che più ci preoccupa.
D. Vuole spiegarci la sua preoccupazione?
R. Quello che più preoccupa nella riforma della professione forense è il silenzio della classe dirigente
dei partiti. Mi spiego: siamo in campagna elettorale e nei programmi dei vari schieramenti non viene
fatto alcun riferimento alle professioni intellettuali mentre credo che la loro tutela interessi tutti gli
elettori. In questi giorni si parla tanto di nuovo, sembra che la parola cambiamento sia la priorità
assoluta: perché, quindi, non approfondire e risolvere le attuali problematiche delle professioni
intellettuali che possono rappresentare un futuro per i giovani neolaureati, specialmente nel nostro
settore. Fabio Fiori
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ITALIA OGGI
Elaborazione di ItaliaOggi sui dati relativi alle spese fisse dell'amministrazione giudiziaria
Un processo civile costa 600 mila euro
È la cifra stimata per ogni procedimento definito nel 2006
Seicento mila euro a processo civile. Esattamente 647 mila euro per ogni procedimento definito nel
2006. Ecco il costo medio di ogni causa civile, che sia bagatellare oppure coinvolga diritti sensibili o
riguardi due imprese. L'impegno e la difficoltà del caso specifico non pesano sulla spesa che lo stato
paga per ottenere «il prodotto», qualsiasi sia la sua qualità.
Il dato di 600 mila euro a processo è stato elaborato da ItaliaOggi dividendo il costo complessivo
sostenuto nel 2006 per il funzionamento burocratico dei tribunali e il numero dei procedimenti definiti
nello stesso anno. Certo, le spese vanno a coprire anche l'impegno per i procedimenti non definiti, ma il
conto sarebbe diabolico.
Questo è stato possibile grazie alla predisposizione di alcuni dati della direzione bilancio del ministero
di via Arenula, che ha conteggiato la spesa per stipendi del personale di magistratura, per quelli del
personale amministrativo, la spesa per i beni mobili e quelli immobili. Tenendo conto peraltro del solo
personale e dei soli beni impiegati nel settore civile.
Nel dettaglio, le quattro voci nel 2006 sono arrivate a 2 miliardi 460 milioni 294 mila euro circa. I
processi comunque definiti sono stati circa 3 milioni 800 mila. Dividendo le due cifre si arriva a quei
647 mila euro di costo medio a processo di cui sopra.
Ovviamente, non è un dato per così dire scientifico e in assenza di un confronto magari anche europeo
non ci dice se la cifra sia giustificata o meno. Ma almeno dà una risposta orientativa a una domanda che
spesso risuona tra gli operatori del diritto che si chiedono da tempo quanto costa la giustizia. Ed emerge
per la prima volta.
Secondo i dati messi a fuoco da via Arenula, nel 2006 la spesa per gli stipendi dei magistrati è stata di
circa 834 milioni di euro, quella per il personale amministrativo di 818 milioni.
Gli investimenti in beni immobili sono stati pari a oltre 56 milioni di euro e quelli in beni mobili
(compresa l'informatica) a 751 milioni di euro.
Ogni distretto, peraltro, ha spese a sé visto che queste dipendono sia dal numero di unità di personale
impiegato sia dal numero dei procedimenti.Milano spende per processo 1.625 euro, Roma 2.141,
Palermo 1.109, Bologna 1.413 e Bari 1.794.
A queste cifre devono poi aggiungersi altri 500 milioni di euro di spese di giustizia. Tanto hanno speso
gli uffici giudiziari di tutta Italia nel 2007 per mandare avanti i processi.
O perlomeno è la cifra che il ministero della giustizia ha accreditato nel corso dell'anno passato sul
capitolo 1360, quello appunto delle spese di giustizia.
Il resumé dell'anno è contenuto nel sito del ministero della giustizia, che ha censito tutti i decreti di
apertura di credito distinguendo tra Corte di appello, tribunale, procura generale e procura della
repubblica. Claudia Morelli
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ITALIA OGGI
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ITALIA OGGI
ELEZIONI 2008/ Il Cav rinuncia a Sammarco ma prende Ruben. Veltroni vuole le toghe
Legali in forza al Pdl, donne al Pd
Tra big, new entry di grido e toghe rosa, ecco i giuristi in lista
Ci sono le giovani avvocatesse rampanti del Popolo della libertà, come Anna Maria Bernini, nota alle cronache
per avere tra i suoi clienti Nicoletta Mantovani in Pavarotti , o la ventottenne Nunzia De Girolamo, coordinatrice
di Fi a Benevento. E non manca qualche new entry dal nome di richiamo come Gianrico Carofiglio, magistrato e
scrittore di best seller, candidato dal Partito democratico in Puglia.
A farla da padrone, però, tra le tante toghe piazzate nelle liste dei maggiori partiti per le elezioni politiche del 13
aprile, è sempre la vecchia guardia. Soprattutto nel Pdl, che ricandida i legali di fiducia del Cavaliere. A
cominciare da Niccolò Ghedini, super-consulente di Silvio Berlusconi e senatore uscente, piazzato alla guida
della circoscrizione Veneto 1 per la camera. Spera di tornare a Montecitorio anche l'altro storico difensore di
Berlusconi, Gaetano Pecorella, padre dell'omonima legge sull'inappellabilità da parte del pm delle sentenze di
proscioglimento (poi dichiarata incostituzionale dalla Consulta), candidato in Lombardia. Tra i big del foro già
veterani del Transatlantico, per citare solo i nomi più noti, anche la star dei legali e deputata di An Giulia
Bongiorno, al sesto posto nella lista Lazio 1, seguita dal collega di partito Giuseppe Consolo, parlamentare da
due legislature. Rentrée sicura anche per i forzisti Donato Bruno e Luigi Vitali (Puglia), Antonino Caruso,
avvocato milanese di An alla quarta legislatura, e per il magistrato Alfredo Mantovano, già sottosegretario
all'interno con Berlusconi. Ottime chance, poi, per le new entry Francesco Paolo Sisto, noto avvocato barese, e
per i giudici Giacomo Caliendo, presidente dell'associazione magistrati tributari (Lombardia), e Alfonso Papa,
direttore generale degli affari civili al ministero della giustizia (Campania). In fascia sicura anche due
avvocatesse in carriera: Anna Maria Bernini in Emilia Romagna, legale di fiducia della vedova di Luciano
Pavarotti, e la ventottenne Nunzia De Girolamo in Campania. Blindato, infine, uno degli «acchiappi» di
Berlusconi che ha destato più scalpore: Alessandro Ruben, avvocato 41enne esponente di spicco della comunità
ebraica e presidente dell'Anti Defamation League, l'associazione per la lotta all'antisemitismo. La candidatura
con il centro-destra ha stupito molti, visto che Ruben era stato appena nominato consigliere di amministrazione
delle Autostrade del Lazio dal governatore Piero Marrazzo, e che è noto a Roma per aver patrocinato alcune delle
azioni legali contro il nazista Priebke nonché per essere stato aggredito da alcuni estremisti di destra. Però il
Cavaliere ha rinunciato a candidare Alessandro Sammarco, legale di Cesare Previti. Al fuoco di fila di principi
del foro vecchi e nuovi arruolati dal Pdl il Partito Democratico risponde schierando alcuni «pezzi da novanta»
della magistratura. Intanto tre new entry di peso: Donatella Ferranti, segretario generale del Csm e capolista alla
camera per il Lazio 2, Silvia Della Monica, capo dipartimento dei diritti e delle pari opportunità del ministero
guidato da Barbara Pollastrini, in corsa in Toscana al senato, e Gianrico Carofiglio, candidato in Puglia sempre
per palazzo Madama, assurto agli onori delle cronache nazionali grazie alla fortuna letteraria dei suoi romanzi,
che hanno inaugurato il legal thriller italiano. Tra le giovani avvocatesse spicca il nome di Anna Rossomando, in
quota Ds, numero tre della lista Piemonte 1, mentre dalla giunta regionale fa il salto in parlamento Doris Lo
Moro, magistrato calabrese. Non mancano anche nel Pd i magistrati-parlamentari di lungo corso: da Anna
Finocchiaro, capolista in Emilia Romagna, a Lanfranco Tenaglia, già responsabile giustizia della Margherita e
candidato in Abruzzo, ai giudici Gerardo D'Ambrosio, Alberto Maritati a Felice Casson. In Lombardia corrono
anche Tiziano Treu, giuslavorista pluriparlamentare, e Pierluigi Mantini, avvocato milanese altrettanto navigato.
Le toghe scese in campo, però, non sono solo quelle al seguito di Veltroni e Berlusconi: la Sinistra Arcobaleno
candida alla camera in Lombardia Gianfranco Amendola, ex pretore d'assalto a Roma e già deputato europeo con
i Verdi, mentre capolista in Sicilia per Aborto no grazie di Giuliano Ferrara è l'ex magistrato e ora avvocato
Vincenzo Vitale. Teresa Pittelli
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ITALIA OGGI
Le richieste di antigone
Cura ricostituente per la difesa d'ufficio e il gratuito patrocinio
Di difesa, gratuito patrocinio, recidiva, tortura e strumenti di garanzia dei diritti delle persone private
della libertà si parla oggi nell'incontro organizzato da Antigone presso il Museo Criminologico a Roma
in via del Gonfalone. Lanfranco Tenaglia (responsabile giustizia Pd), Gaetano Pecorella (Pdl), Cesare
Salvi (Sinistra, l'Arcobaleno) sono invitati a discutere di giustizia in una campagna elettorale dove il
tema non pare proprio sia quello più importante per le forze politiche. Tra le priorità in tema di giustizia
selezionate dall'associazione e messe all'attenzione dei partiti vi sono: un sistema di difesa dell'imputato
fondato su una difesa pubblica realmente funzionante e complementare rispetto alla libera professione;
la rivisitazione delle due differenti figure del difensore d'ufficio e del gratuito patrocinio, a oggi non
effettivamente in grado di garantire una difesa usufruibile dalla totalità dei cittadini; la revisione del
sistema sanzionatorio, che dopo l'approvazione della legge ex Cirielli sulla recidiva, è definitivamente
improntato a giudicare la storia socio-penale degli imputati piuttosto che i singoli e concreti fatti da loro
compiuti; l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico di un meccanismo indipendente di tutela delle
persone private o limitate nella libertà nonché del crimine di tortura nel nostro codice penale. Nella
scorsa legislatura alcuni di questi provvedimenti erano giunti molto vicini all'approvazione in via
definitiva. Si pensi che il disegno di legge sul delitto di tortura, al momento dello scioglimento delle
Camere, era all'ordine del giorno dell'Aula di Palazzo Madama dopo che era stato licenziato da
Montecitorio nel dicembre 2006. Nel documento programmatico si afferma che la magistratura debba
assicurare efficienza attraverso processi dalla durata ragionevole. A tal fine è indispensabile giungere, a
quasi 80 anni dall'entrata in vigore del codice Rocco, ad un nuovo codice penale di ispirazione
garantista, che porti con sé la riduzione del numero complessivo di reati, ed abbia ricadute positive sul
sovraffollamento penitenziario. Ciò determinerebbe una immediata ripercussione sul lavoro dei
magistrati che così potrebbero concentrarsi solo su questioni di grave portata criminale, riducendo i
tempi infiniti della giustizia. Vengono messe inoltre in discussione le nozioni di recidiva, delinquenza
abituale, professionale e per tendenza. Si sostiene che sia necessario ritornare al diritto penale del fatto
ponendolo in contrapposizione al diritto penale del reo nonché investire nelle misure alternative, che
come dimostrano le statistiche, sarebbero il vero antidoto alla recidiva. Il tema della giustizia e dei
diritti delle persone imputate o condannate non è al centro della campagna elettorale per le elezioni
politiche del 13 e 14 aprile. Qua e là si parla di sicurezza. Pochi discutono di riforme per accelerare i
processi, per renderli equi, per assicurare giustizia a chi si rivolge alla magistratura, per garantire i
diritti a chi viene assicurato alla giustizia. Vedremo se anche su questo si assomiglieranno le ricette e le
risposte dei due più grandi partiti. Patrizio Gonnella
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ITALIA OGGI
Tra conquiste raggiunte e obiettivi ancora attuali il punto sulle richieste dell'Angdp
In partenza la maratona elettorale
Gdp alle urne per le elezioni politiche e quelle associative
di Francesco Cersosimo
Al voto! Al voto! Tre importanti scadenze attendono i gdp: elezioni dei consigli giudiziari, elezioni
politiche, elezioni degli organismi dirigenti dell'associazione.
Consigli giudiziari. Il 6-7 aprile per la prima volta i giudici di pace eleggeranno i loro rappresentanti nei
consigli giudiziari in una sezione distaccata a loro dedicata e in un numero congruo pari ai magistrati di
carriera. Non è roba da poco, né il provvedimento è piovuto dal cielo. L'associazione ha identificato da
sempre il nodo della rappresentatività negli organismi di autotutela la chiave per il definitivo
consolidamento della giustizia di pace nel sistema più ampio della giustizia italiana. Il dato è positivo,
se consideriamo che in passato vi era un solo rappresentate dei gdp su 15 componenti. Solo chi vi ha
partecipato si potrà rendere conto, e spiegarlo a qualche anima bella antiassociativa, dell'enorme passo
avanti che si è determinato, se pure ci saremmo aspettati un maggiore coraggio nell'ambito delle
competenze che appaiono limitate dalla legge n. 111/2007, comunque attinenti alla nomina, ai rinnovi e
alle decadenze dei giudici di pace. Occorre una mobilitazione e una partecipazione massiccia a queste
elezioni.
L'importanza non deve sfuggire. Nella consapevolezza che questo risultato, per come abbiamo
comunicato in epoca non sospetta, si deve al ruolo e all'impegno delle associazioni. Con buona pace di
qualche neoautocandidato, che si fa propaganda elettorale con lo slogan qualunquistico: «Ma i sindacati
cosa hanno fatto?». Come se non fosse sotto gli occhi di tutti che solo grazie all'impegno continuo e
giornaliero su questo e altri impegni sia stato possibile negli anni portare all'attenzione di tutti la
funzione, ormai indispensabile del giudice di pace, per come è unanimemente riconosciuta. E di
recente, ma non da ultimo, dall'Organismo unitario dell'avvocatura che il 1° marzo u.s. mi ha invitato a
Caltagirone all'assemblea dei delegati a tenere una relazione nel seminario dedicato ai giudici onorari.
Di questo pubblicamente ringrazio la presidente Michelina Grillo e la giunta, anche per avere ricucito lo
strappo che l'Aiga (Associazione italiana giovani avvocati). La nostra precipuità, il non essere più
giudici onorari, bensì giudici di pace, riconosciuti dall'art. 116 della cst e dalla legge n. 111/2007
sull'ordinamento giudiziario con l'istituzione della sezione distaccata per i soli gdp, pone ormai una
pietra miliare sul definitivo riconoscimento, autonomia e indipendenza dei gdp non solo dai giudici
onorari, ma anche dai giudici di carriera. Attenzione. Smettiamola di chiamarli togati, in quanto anche
noi, per chi non se ne fosse accorto indossiamo, la toga. Se non altro dal 2000, quando ci è stata
assegnata un'autonoma competenza penale, che mai nessun onorario ha avuto. Il prossimo passo sarà la
nostra partecipazione al Consiglio superiore della magistratura, in qualche forma consentita dall'attuale
legislazione, per come abbiamo prospettato allorché fummo ricevuti dall'VIII Commissione, in attesa di
una legge di riforma. Essere magistrati ed essere eterodiretti non è più costituzionalmente compatibile.
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Elezioni Politiche. Il 13-14 aprile ci recheremo alle urne per eleggere il nuovo parlamento, dopo lo
scioglimento anticipato delle camere. Questo permetterà un'ampia meditazione sui programmi che i
maggiori schieramenti propongono al paese. Piuttosto generici in tema di politica giudiziaria. Per la
verità, dal nostro osservatorio ben poco ci appare anticipato su ciò che dovremo attenderci. Provo a
segnalare quanto di sospeso e di stressante ci ha lasciato la precedente legislatura: a) mancanza di uno
status, che riaffermi la nostra autonomia e indipendenza; b) la continuità nell'incarico sino a 75 anni,
per come previsto per i giudici tributari, con la sostanziale fine del precariato; c) la previdenza e
assistenza; d) la fine o la limitazione del cottimo nella retribuzione, nonché l'adeguamento Istat; e)
l'accorpamento organizzativo degli uffici, senza soppressione degli stessi, che non faccia venir meno la
funzione di giudice di prossimità, attento ai diritti primari dei cittadini, aumentandone le competenze
per deflazionare il carico dei tribunali e riformando le procedure civili e penali per dare maggiore
rapidità decisionale, messa a dura prova dalle leggi che si sono succedute; f) la partecipazione dei gdp
al Csm, per il principio dell'autotutela dei magistrati. Ribadiamo il nostro disappunto, e pensiamo che
debba essere un capitolo chiuso, verso la cosiddetta riforma Mastella-Scotti che prevedeva in ultima
analisi la scomparsa del gdp per come milioni di utenti l'hanno conosciuto. Riconfermiamo altresì la
nostra avversità al disegno di legge Castelli della Lega nord, che prevedeva l'elezione diretta dei gdp da
parte dei cittadini in concomitanza delle elezioni regionali.
Elezioni associative. Il 18-19 aprile p.v. si terrà a Bologna la XIV Assemblea dell'Associazione
Nazionale Giudici di Pace. Quattordicesimo anno. Lo diciamo con orgoglio e con la consapevolezza di
essere stata la prima associazione dei gdp ed essere a tutt'ora la più numerosa ed estesa su tutto il
territorio nazionale, nonostante alcune zeppe messe ad arte con personaggi auto referenziali che hanno
tentato di indebolire l'intera categoria, forti di presunti appoggi politici e dei magistrati di carriera
associati, con fantasiosi progetti. E' stato un anno difficile. Ma la compattezza della categoria, che si è
espressa anche in due scioperi, cui la nostra associazione ha dato un impegno totale ed unitario, e che
hanno visto i gdp partecipare in modo massiccio, ha fatto fronte in modo consapevole, nella
convinzione del ruolo di magistrato che svolge con dignità e con tanti sacrifici, spesso non riconosciuti
adeguatamente. L'essere riusciti, se pure non dando niente per acquisito, a farci ascoltare da tanta parte
dell'opinione pubblica e dai responsabili giustizia dei partiti lascia ben sperare per il futuro. Il rinnovo o
la riconferma del quadro dirigente per i prossimi due anni, il tutto o in parte, sarà una garanzia di
continuità e di simbiosi tra i vari giudici assunti in epoche diverse. Senza privilegiare quelli di prima
nomina, senza deludere le aspettative dei successivi, per come è avvenuto in questi anni, per come è nel
nostro Dna. L'alternanza delle cariche, totale o parziale, con sbarramento quadriennale, sono garantite
da uno statuto non assembleare, che affida le elezioni ai membri dei direttivi distrettuali, a loro volta
eletti dai singoli iscritti. Uno statuto che non prevede cariche a vita e che evita decisioni gravi che
possano essere prese sull'onda emotiva sotto un albero oppure avanti il monte Citorio .I documenti
finali di sintesi che verranno approvati segneranno la vita associativa per il prossimo anno.
Democraticamente .
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ITALIA OGGI
Come imparare a sottrarsi all'economia fotocopia
Nell'articolo precedente abbiamo cominciato ad affrontare il tema dell'economia «fotocopia» e della necessità di
trovare una propria via per rendersi diversi e distinguibili da quanti, concorrenti diretti o indiretti che siano,
offrono servizi equivalenti ai vostri, almeno agli occhi del cliente. L'economia «fotocopia» è caratterizzata da
due maledizioni: tutto viene rapidamente copiato e quasi qualsiasi servizio diventa, per i clienti, vostri e
potenziali, una commodity, un qualcosa che ci si aspetta facciate meglio e più velocemente dei vostri concorrenti
ma di cui non si riconosce più il vero valore aggiunto. Se non siete del tutto convinti di quello che leggete,
pensate a quante volte, ultimamente, vi siete sentiti richiedere un preventivo e poi non se ne è fatto più niente.
Oppure quante volte, ultimamente, alla fine di un incarico, vi siete trovati a giustificare la parcella ai vostri
clienti. E adesso rispondete onestamente: credete davvero che se i vostri clienti fossero convinti che il lavoro che
avete svolto voi (e che non avrebbe potuto svolgere nessun un altro meglio di voi) abbia permesso loro di aiutarli
a guadagnare dei soldi, consentire un risparmio consistente e/o ridurre i rischi che correvano, avrebbero poi
mercanteggiato sul prezzo? Certo, magari avrebbero commentato che eravate cari e che il servizio che hanno
ricevuto l'hanno pagato fino all'ultima goccia, ma non avrebbero chiesto uno sconto. Avrebbero pensato che
rivolgersi al migliore paga in termini di risultati ma costa in termini di servizio oppure avrebbero riconosciuto
che il problema che avevano era talmente complesso da richiedere un intervento articolato, e parecchio del vostro
tempo. Avrebbero pagato, sarebbero tornati qualora avessero avuto un altro problema ma, soprattutto, avrebbero
parlato bene di voi ad altri potenziali clienti. Invece si sono lamentati della parcella, vi hanno chiesto uno sconto
e non siete più sicuri nemmeno che siano ancora vostri clienti-fedeli. Dal punto di vista del professionista, il
problema sta nel fatto che i clienti, da un lato, sottovalutano la mole di lavoro e le reali responsabilità legate alle
singole pratiche e, dall'altro, non si rendono veramente conto di quanto sia necessario studiare il singolo caso per
dare una risposta esaustiva e seria. Ma dal punto di vista dei clienti, in moltissimi casi, rivolgersi ad un
professionista, oggi, è diventato un po' come passeggiare all'interno di un chiassoso bazar in cui tanti altri offrono
gli stessi servizi che offrite voi reclamando, tutti a gran voce, di farlo in modo personalizzato, competente,
secondo altissimi standard di qualità. Qual è l'atteggiamento di una persona razionale in una situazione simile?
Contrattare fino a strappare il prezzo più basso o continuare a girare finché non si è trovata l'offerta migliore
(ossia quella più a buon mercato). Di solito, arrivati a questo punto, il pensiero corre a Bersani perché c'è ancora
chi crede che la colpa sia sua e che i clienti abbiano colto la palla al balzo per pretendere, forti del fatto che non
esistono più i limiti tariffari, di essere loro ad imporre il totale che deve comparire sulle parcelle. Non si vuole
certo entrare qui nel merito di una polemica ma il fatto è che in nessun campo e, tanto meno, in nessun mercato,
nel lungo periodo si è riusciti a difendere tutti i privilegi acquisiti. I dottori commercialisti lamentano di non
averne mai avuti mentre notai e avvocati di averli progressivamente persi, se non tutti almeno alcuni. Ma la storia
dimostra che le strategie protezionistiche, per quanto ci si affanni a tutelarle, non durano. Inoltre, non si può più
sottovalutare la grande rivoluzione legata alla possibilità di accedere alle informazioni con sempre maggiore
facilità. I professionisti non hanno quasi fatto in tempo ad abituarsi (arrendersi?) all'idea di dotarsi di un sito
internet che i clienti, già armati delle tecnologie più aggiornate e sempre più in possesso di tutte le informazioni
che desideravano, hanno cominciato a darsi appuntamento in rete per giudicare qualsiasi cosa venga loro offerta:
che sia semplicemente inviando una mail o partecipando a qualche discussione su di un blog, tutto, anche i
servizi e l'operato del proprio professionista, viene valutato, elogiato o sconsigliato. La tendenza a mantenere lo
status quo e l'effetto gregge (il desiderio di adattarsi al comportamento e alle opinioni altrui) combinati con
sentimenti quali la paura, l'autocompiacimento e, scusateci, l'arroganza, sono i più potenti detrattori della
capacità di reinventarsi la propria professione, servendo i propri clienti come non si è mai fatto prima, usando
canali diversi o le innovazioni che la tecnologia offre incessantemente o, eventualmente, riorganizzando
internamente la propria struttura o le procedure. Ma allora come è possibile liberarsi dalle morse dell'economia
fotocopia? Come è possibile riuscire a rinnovarsi e a trovare il proprio modo per uscire dal coro? Nei prossimi
articoli parleremo proprio delle strategie che è opportuno adottare per avere successo in questo contesto sempre
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ITALIA OGGI
IL PUNTO
L'autonomia delle Casse e la cancellazione della Bersani
di Maurizio de Tilla - Presidente Adepp
Le due forti rappresentanze unitarie delle professioni (Cup e Adepp) hanno inviato ai «presidenti in
pectore» separati e analitici documenti per indicare alla forze politiche alcune indeclinabili richieste in
linea con il processo di sviluppo delle professioni e della previdenza privata. Essi possono svolgere un
ruolo fondamentale nel progresso spirituale e materiale della società italiana. Il discorso per le Casse
professionali è articolato e pregnante e riguarda, anzitutto, il riconoscimento definitivo dell'autonomia
normativa e gestionale per effetto della scelta di privatizzazione e della natura privata degli Enti sancita
di recente dal Tar del Lazio. In questi giorni l'Adepp ha per l'appunto approvato un documento che è
stato inviato a tutte le forze politiche e si caratterizza nei seguenti punti: - la riaffermazione della natura
privata delle associazioni e fondazioni di cui ai decreti legislativi 509/94 e 103/96; - l'eliminazione della
doppia tassazione e l'applicazione di un regime fiscale adeguato alla funzione istituzionale svolta; - la
piena realizzazione della funzione solidaristico-assistenziale che si accompagna alla tutela
previdenziale obbligatoria; - l'individuazione di misure atte ad assicurare nei tempi prevedibili la
sostenibilità economico-finanziaria e il miglioramento dell'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche
con il pieno esercizio dell'autonomia normativa che non potrà essere interdetta da autoritarie pratiche
ministeriali. Tra i punti principali segnalati dal Cup (presieduto da Raffaele Sirica) figurano i seguenti: l'attivazione degli ordini e collegi professionali per l'attuazione del principio di sussidarietà ex art. 118
Cost.; - il riordino dei percorsi formativi per garantire la qualità delle prestazioni, con il mantenimento
del valore legale del titolo di studio; - la promozione del dialogo tra pubblica amministrazione e
professionisti al fine di favorire la certezza del diritto nell'attuazione spontanea dell'ordinamento; l'estensione agli studi professionali della possibilità di adottare contratti di lavoro con incentivi per
l'ingresso nel mondo del lavoro di giovani e donne; - l'attivazione di «reti» tra professionisti,
professionisti-imprese, professionisti-pubbliche amministrazioni. Mi permetterei di aggiungere, al
primo posto, l'abrogazione della legge Bersani e l'ammodernamento delle organizzazioni professionali
per salvaguardare l'identità e l'indipendenza delle professioni liberali.
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ITALIA OGGI
I primi risultati dell'osservatorio del Consiglio nazionale forense sull'andamento dei tribunali
Troppe assenze tra i magistrati
Tra ferie, malattie e permessi l'organico è sempre in stress
Carenza di personale. Che si parli di magistrati o di semplici dipendenti il problema è sempre lo stesso:
l'esiguità di organico. A fronte di un carico di lavoro che aumenta, i dipendenti diminuiscono e i soldi
pure. Non fa sconti il Consiglio nazionale forense che, nella sua indagine condotta avvalendosi delle
osservazioni degli ordini forensi locali sullo stato della amministrazione della giustizia in Italia parla di
«una situazione gravissima in cui versa l'amministrazione della giustizia civile e penale». Da qualsiasi
punto di vista lo si analizzi il sistema è al collasso. E quando ci sono buone prassi queste, evidenziano i
vertici dell'avvocatura, sono il frutto di iniziative puramente individuali. Insomma per far funzionare la
traballante macchina giudiziaria mancano innanzitutto, come rilevano le conclusioni raccolte, le figure
chiave della funzione amministrativa giudiziaria e cioè i cancellieri. E questo, come ovvio, si ripercuote
sulle attività d'udienza. Manca poi il personale amministrativo rendendo difficile il funzionamento di
numerosi uffici e lo svolgimento di una parte dei procedimenti. A fronte di situazioni di sotto organico
fanno invece da contraltare, perfino in esubero, figure meno direttamente coinvolte nella gestione del
contenzioso come autisti, uscieri e collaboratori. Tanto che, in alcuni casi, l'Ordine forense ha dovuto
mettere a disposizione dei magistrati il proprio personale per la battitura delle sentenze. La situazione
non migliora nell'analisi sui carichi di lavoro distribuiti tra i diversi magistrati togati e onorari, anche
essi pesantemente sotto organico. Ma non solo perché, stando ai dati giunti ai vertici dell'avvocatura,
particolarmente sentiti sono i problemi che derivano dalla discontinuità nel lavoro dei magistrati che
spesso si assentano in maniera eccessiva avvalendosi dei benefici previsti da alcune norme a loro
vantaggio. I frequenti trasferimenti dei magistrati, oltre a distacchi, congedi e malattie, periodo di studio
sono tutti dati che contribuiscono ad aggravare i tempi della giustizia. E su tutto pesa inoltre una
drastica riduzione, negli ultimi cinque-dieci anni, dei finanziamenti assegnati ai tribunali per spese
d'ufficio. Il rapporto parla addirittura, in alcuni casi di un dimezzamento delle risorse disponibili e di
una «notevole incostanza» dei finanziamenti che variano in modo incomprensibile di anno in anno,
sottraendo qualsiasi logica di programmazione. Quando si passa al capitolo che analizza l'utilizzo delle
strutture informatiche la situazione non appare più rosea: gli strumenti informatici sono poco e sotto
utilizzati e in alcuni realtà locali viene segnalato un utilizzo praticamente nullo. Nessuna novità poi sui
tempi della giustizia: il quadro, si legge nella documentazione raccolta, «appare assai sconfortante»
soprattutto per le Corti d'appello. Tanto che, sottolinea il Cnf, «è inutile riportare le segnalazioni
critiche, trattandosi della quasi totalità». Fanno eccezione alcune realtà di ordini locali, per esempio
Aosta, Imperia e Ragusa che danno conto di tempi accettabile per lo scioglimento delle riserve (20
giorni) e per il deposito delle sentenze. Ad aggravare il quadro interviene anche la sostanziale assenza
di prassi conciliative tanto che in alcune sedi è stato condotto uno sforzo di promozione, anche
culturale, di questa pratica. Benedetta P. Pacelli
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IL SOLE 24 ORE
Antiriciclaggio. Imminente la circolare dell’Economia, più lontano il provvedimento delle Entrate
Assegni, controlli soft alle girate
In banca verifica solo per la regolarità formale del codice fiscale
Sarà poco più che formale il controllo che banche e Poste dovranno fare sulla regolarità delle girate per
gli assegni “liberi” che, dal 30 aprile, non solo non potranno essere emessi per somme da 5 mila euro in
su, ma dovranno anche riportare, sotto la firma, il codice fiscale del girante. Gli intermediari dovranno
infatti verificare che la girata sia firmata, che la sequenza alfanumerica del codice fiscale sia
formalmente regolare e che firma e codice siano compatibili. Ma il controllo si ferma se diventa
impossibile perché, per esempio, la firma è illeggibile. E’ uno dei chiarimenti contenuti nella circolare
messa a punto dal ministero dell’Economia per offrire alle banche e agli altri intermediari
le istruzioni applicative del decreto legislativo 231 del 2007 (dedicato alle nuove misure antiriciclaggio)
e, in particolare, dell’articolo 49, che riscrive i limiti all’uso del contante e dei titoli al portatore (si veda
anche «Il Sole 240re» di ieri). La circolare — presentata ieri a Milano al convegno promosso da
Afin sull’antiriciclaggio – è in dirittura: la firma del direttore della direzione antiriciclaggio
del ministero, Giuseppe Maresca, potrebbe arrivare già oggi. L’apertura sui controlli semplifica un po’
i compiti delle banche. Resta fermo che è nulla la girata irregolare, cioè senza codice fiscale
o con lo stesso codice «manifestamente errato». In questi casi, banche e Poste non pagheranno
l’assegno: per incassarlo sarà necessario risalire all’ultimo girante in regola. La circolare libera poi il
giratario dall’obbligo di inserire il proprio codice fiscale se, al momento dell’incasso, viene identificato
come cliente della banca o di Poste italiane o altrimenti identificato. Importanti le precisazioni per i
trasferimenti in contanti, per i quali il decreto 231 fissa un tetto più basso — a 2 mila euro — rispetto a
quello “generale” di 5 mila. Il ministero chiarisce che la soglia si riferisce solo all’invio di fondi e non
alla loro ricezione e vale solo per una singola operazione, mentre il tetto per quella frazionata resta a
mila euro. Il trasferimento fino a 5 mila euro in un’unica tranche è ammesso, ma occorrerà fornire
all’intermediario un documento che giustifica l’importo. Anche se viene assicurata flessibilità nel
valutare i giustificativi, che dovranno essere allegati alla ricevuta del passaggio di denaro. Irregolare
invece il trasferimento da 5 mila euro in su. Al convegno è poi emerso che le indagini finanziarie
restano ferme per cinque giorni per il riallineamento delle tabelle di comunicazione da parte degli
intermediari, visto che al momento sussistono differenze tra indagini via Pec e Archivio dei rapporti.
Nei prossimi giorni un avviso sul sito delle Entrate informerà del fermo tra il 27 ei1 31 marzo. Le
richieste di indagini in quei giorni non partiranno, ma nel caso gli intermediari avessero in scadenza
delle risposte, potranno inviare via Entratel la comunicazione, che resterà in stand by fino allo sblocco
del sistema. Sul fronte assegni, il provvedimento dell’Agenzia richiederà tempi di stesura più lunghi di
quelli previsti perla circolare del ministero: è in corso un confronto con la magistratura e con gli altri
soggetti interessati alla consultazione dell’Anagrafe tributaria per verificare le esigenze che si possono
presentare e dare indicazioni agli intermediari per ottenerne dati utilizzabili da tutti. Antonio Criscione
Valentina Maglione
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IL SOLE 24 ORE
I principali chiarimenti
Gli assegni
- Dal 30 aprile gli assegni “liberi” saranno emessi solo per importi sotto i 5mila euro. Si potranno
ancora incassare i titoli trasferibili emessi prima del 30 aprile per somme sotto i 12.500 euro
- Non occorre disfarsi dei vecchi carnet. Le scorte giacenti in posta o banca potranno essere usate anche
dopo il 29 aprile, barrando il limite di 12.500 euro e inserendo la non trasferibilità. Ammesso anche
l’uso dei moduli già a disposizione dei clienti, nel rispetto dei nuovi limiti
- Gli assegni «a me medesimo» potranno essere emessi per qualsiasi somma, ma solo incassati da chi li
emette
- Sui moduli “liberi” già in circolazione ma usati dopo il 29 aprile non si paga il bollo di 1,5 euro.
Nella girata va indicato il codice fiscale del girante: se questo manca o è errato, l’assegno non può
essere incassato
I libretti al portatore
- Per i libretti al portatore emessi prima del 30 aprile e presentati in seguito per l’incasso, il cessionario
deve autocertificare il trasferimento. Oppure il cedente, entro 30 giorni dalla richiesta di incasso, deve
dichiarare all’intermediario l’avvenuto passaggio del libretto
I money transfer
- Il divieto di trasferire somme da 2 mila euro in su vale solo per l’invio di fondi. La soglia per valutare
l’operazione frazionata resta a 5 mila euro
Le sanzioni
- La violazione delle norme sulla circolazione degli assegni o dei libretti al portatore non ostacola
l’incasso. L’infrazione sarà comunicata dall’intermediario al ministero dell’Economia che applicherà la
sanzione dall’1 al 40% dell’importo per gli assegni e dal 10 al 20% del saldo peri libretti. Nelle ipotesi
di «check truncation», la comunicazione può essere fatta solo dalla banca negoziatrice se la banca
trattaria è certa che la banca negoziatrice abbia adempiuto
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IL SOLE 24 ORE
Attenzione ai tagli piccoli
di Ranieri Razzante
Nascono i “nuovi” assegni, dopo il maquillage previsto dalla normativa antiriciclaggio. La circolare del
ministero dell’Economia, che sarà firmata in questi giorni, chiarisce le disposizioni del decreto
231/2007 contro il riciclaggio e mette i paletti all’uso del contante e degli strumenti che possono
prestarsi all’uso fraudolento. Da mercoledì 30 aprile, il limite per la libera trasferibilità di contante
scende dagli attuali 12.500 a 5 mila euro. Restano gli assegni, per le operazioni di taglio superiore, che
diventano obbligatoriamente non trasferibili. E i moduli che gli istituti abilitati ci consegneranno
saranno già dotati della dicitura «non trasferibile». I titoli sotto i 5 mila euro resteranno liberi, come gli
attuali emessi per importi inferiori ai 12.500 euro, ma con alcune condizioni restrittive, che il legislatore
italiano adotta in deroga (con sentita alla direttiva europea:
- il richiedente pagherà un’imposta di bollo di 1,5 euro per assegno bancario (15 a carnet) o per
ogni assegno circolare richiesto senza limitazioni;
- il suo nominativo (ma anche se fosse solo il negoziatore ultimo di un assegno libero), completo
di codice fiscale,verrà inserito in una lista a disposizione — su richiesta- dell’amministrazione
finanziaria
- non potrà trasferire l’assegno se la girata non conterrà il suo codice fiscale.
La girata è nulla se non contiene il codice fiscale del girante, o se è palesemente errato. In caso di
giranti persone giuridiche (rimanendo l’obbligo di firma accompagnata da eventuale timbro) il codice
sarà quello della persona giuridica. Anche su moduli rilasciati prima del 30 aprile, e sui quali non si
pagherà l’imposta di bollo, sarà obbligatorio indicare il codice dei giranti. Attenzione, quindi, quando si
riceve un assegno sotto i 5 mila euro soprattutto se con più girate. Omissioni o errori costano la nullità
della girata e quindi il mancato incasso: una penalità che ricade sull’ultimo girante. Si profila, dunque,
una delega al cittadino sul controllo di regolarità delle girate (e dei codici fiscali). Il destinatario, infatti,
dovrà premurarsi rispetto a un eventuale rifiuto della banca o dell’ufficio postale pagatore e pretendere
la posizione di un codice”corretto”da parte del girante. Questo per evitare contestazioni da parte
dell’intermediario, anche se il ministero richiede alla banca o alla posta di verificare “solo” la
«regolarità formale del codice fiscale». In caso di firma di girata illeggibile, ma di codice fiscale
corretto, dovrebbe prevalere, interpretando il chiarimento ministeriale, quest’ultimo. Sarà vietata la
circolazione degli assegni «a me medesimo»,oggi liberamente trasferibili. Resterà possibile l’utilizzo
per l’incasso da parte del traente; per questi titoli niente obbligo di importo massimo né di codice
fiscale (dato che la girata è una, quella per l’incasso). Se vi fossero girate, la banca o la posta
dovrebbero comunicare l’infrazione al ministero,ma comunque pagare il titolo. Da ultimo, i libretti al
portatore: diventando obbligatoria la comunicazione della loro cessione a prescindere dal saldo, per
quelli emessi prima del 30 aprile, l’incasso potrà avvenire previa autocertificazione della provenienza
da parte dei cessionari. Altrimenti, sarà il cedente a dover comunicare al ministero, entro 30 giorni, i
dati di colui al quale ha ceduto il libretto; l’alternativa è la sanzione pecuniaria in percentuale (fino al
40%) sul saldo del libretto.
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ITALIA OGGI
L'Aiga chiede legalità per il Tibet
I giovani avvocati per la causa del Tibet e perché sia ripristinata la legalità nella regione cinese. «Fino a
quando sopporteremo il perpetrarsi della ingiustizia, della violenza e della sopraffazione nei confronti
di un popolo pacifico e inerme da parte di un regime totalitario che si compra il silenzio del mondo?»,
ha commentato il presidente dell'Associazione giovani avvocati Valter Militi. «La dittatura
dell'economia che tutto pervade non deve farci dimenticare come giovani, come avvocati e come
uomini che esistono diritti fondamentali e non negoziabili da difendere ovunque siano violati» Per
questo Militi «invita il governo italiano a compiere tutti i passi necessari in Europa e alle Nazioni unite
per il ripristino della piena legalità attesa da troppi anni».
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ITALIA OGGI
Il tribunale di Milano lancia per primo l'iniziativa
Fallimenti accelerati
Arrivano le aste per le revocatorie
All'asta le azioni revocatorie dei fallimenti. Il tribunale di Milano apre la strada a una delle novità previste dalla
riforma delle procedure concorsuali del 2006. Dopo l'esperienza positiva delle aste dei crediti tributari (a maggio
2007 sono stati incassati 14 milioni di euro), la sezione specializzata in fallimenti del tribunale di Milano guidata
da Bartolomeo Quatraro si lancia a sperimentare l'asta giudiziaria per cedere i crediti relativi alle azioni
revocatorie dei procedimenti in corso e dei concordati fallimentari, come previsto dal dlgs 5/2006. Pertanto, è
stata inoltrata ieri a banche e curatori una comunicazione con tutti i dettagli dell'operazione sulla quale la
«consultazione», aperta a tutti gli addetti ai lavori, rimarrà aperta fino al prossimo 3 aprile. Dopodiché,
partiranno i lavori veri e propri. Per indire aste che, secondo un primo monitoraggio eseguito dal tribunale a fine
dicembre 2007, potrebbero riguardare azioni revocatorie per un valore superiore a 180 milioni di euro. Valore
che potrebbe aumentare a dismisura considerando che la ricognizione è avvenuta soltanto sulle revocatorie di
valore superiore a 100 mila euro. A consentire l'operazione sono due articoli della legge fallimentare: il 106,
comma 1 e l'art. 124, com. 4. Il primo riguarda le procedure concorsuali in genere: «Il curatore può cedere i
crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione; può cedere altresì le azioni
revocatorie concorsuali se i relativi giudizi sono già pendenti». Il secondo i concordati fallimentari, e dispone:
«La proposta di concordato fallimentare presentata da uno o più creditori o da un terzo può prevedere la
cessione, oltre che dei beni compresi nell'attivo fallimentare, anche delle azioni di pertinenza della massa purché
autorizzate dal giudice delegato, con specifica indicazione dell'oggetto e del fondamento della pretesa». Per il
concordato fallimentare le azioni di massa sono quelle proponibili dal curatore, in qualità di rappresentante dei
creditori, e secondo il tribunale di Milano vi rientrano: le azioni revocatorie fallimentari (quelle previste dagli
articoli 64, 65, 66, 67 lf) anche se proposte in via eccezionale, le azioni di simulazione nonché l'azione di
responsabilità ex art. 146 lf. Perché possano essere cedute queste azioni necessitano prima di un preventivo via
libera del giudice delegato, che deve «autorizzarle» con un provvedimento motivato.
La comunicazione del tribunale di Milano. Il documento inoltrato rappresenta una bozza aperta alle osservazioni
degli addetti ai lavori. L'invito è rivolto agli investitori, quindi banche, istituti di credito e finanziarie interessati a
proporre, quali terzi assuntori, concordati fallimentari con cessioni delle azioni di massa e specificamente delle
azioni revocatorie già proposte nonché soggetti disponibili a rendersi cessionari mediante vere e proprie aste di
singole azioni revocatorie o di lotti relativi ai singoli fallimenti. Per i concordati fallimentari innanzitutto
l'obiettivo è trovare soggetti che vogliano assumersi la cessione delle azioni revocatorie già proposte. Per i
fallimenti, invece, si svolgeranno vere e proprie aste che avranno a oggetto i crediti futuri e i diritti derivanti
dalle azioni di inefficacia ex artt. 64-65 lf, dalle azioni revocatorie ex art. 67 lf e dalle azioni revocatorie
ordinarie ex art. 66 lf proposte anche in via di eccezione sia prima del 16/7/2006 sia dopo tale data. E, secondo
una prima rilevazione del tribunale, l'ammontare globale di questi crediti supera il valore di 180 milioni di euro
(ci rientrano anche i crediti da azioni di massa che possono essere ceduti in concordati fallimentari con
assunzione).
Le aste potranno riguardare singole azioni o interi lotti. I requisiti per partecipare all'asta sono stati fissati e
prevedono l'iscrizione all'albo delle banche o Uic ai sensi degli artt. 106 e 107 Tub da almeno tre anni, autorizzati
a operare in Italia con un capitale sociale minimo di 500 mila euro e con bilanci dei due esercizi precedenti non
in perdita e soggetti a revisione contabile. All'asta potranno partecipare anche consorzi o gruppi di imprese che
rispondano ai requisiti richiesti. Naturalmente i curatori che intendono cedere tutte o alcune azioni revocatorie
dovranno allegare l'autorizzazione preventiva del comitato dei creditori o del giudice delegato. Chiara Cinti
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ITALIA OGGI
Siglato un accordo tra i ministeri e regioni per creare un network
Una rete per il recupero
Ecco il piano per il reinserimento dei detenuti
Un patto per l'inclusione sociale dei detenuti. Ieri l'approvazione al termine di una lunga fase di
concertazione partita a fine 2006 tra il ministero della Giustizia con i ministeri degli Affari Regionali,
del Lavoro, della Solidarietà Sociale, le regioni, l'Associazione dei comuni italiani, l'Unione delle
province italiane e la Conferenza nazionale volontariato giustizia.
Si tratta di una rete integrata, qualificata e diffusa su tutto il territorio nazionale con l'obiettivo di
realizzare percorsi di reinserimento a favore delle persone detenute. Dentro la responsabilità condivisa
nella lotta all'esclusione sociale che l'esperienza del carcere porta drammaticamente in sé, risalto al
terzo settore e necessità di investimenti economici importanti per la sicurezza sociale e il benessere
della comunità. È quanto prevede il patto siglato nel corso di una riunione della Commissione
Nazionale Consultiva e di coordinamento per i rapporti con le Regioni, gli enti locali e il volontariato il
cui raggio d'azione si concentra nei campi della prevenzione, della devianza e dell'esecuzione penale
studiando interventi integrati tra ministero, regioni ed enti locali con attività di proposta legislativa e di
indirizzo nazionale. L'iniziativa permetterà, anche attraverso la valorizzazione di protocolli d'intesa già
sottoscritti e delle leggi regionali in materia di inclusione sociale delle persone detenute, di mettere in
comune risorse finanziarie e strumentali in un quadro stabile e coerente. Potranno inoltre essere avviati
progetti tesi a sensibilizzare la collettività sui temi della pena e della cultura della legalità, migliorare la
qualità della vita negli istituti di pena, sostenendo e accompagnando i percorsi di reinserimento e,
infine, prevedere iniziative di formazione congiunta del personale delle amministrazioni centrali e
locali impegnate a vario titolo nel mondo del carcere. Il patto prevede azioni concrete e ben delineate
coerenti con il diritto ai trattamenti intesi come diritti da esercitare in termini di opportunità nuove e
crescenti per la popolazione carceraria e non come imposizione di regole e valori. C'è così tutto un
ventaglio di azioni di sensibilizzazione della collettività alla legalità, alla mediazione dei conflitti e a
una logica di accoglienza, di miglioramento della qualità di vita in carcere, accoglienza all'ingresso,
presenza di scuole di ogni ordine e grado, formazione professionale connessa al sistema produttivo
esterno, lavoro in collegamento con l'esterno, creazione di reparti per giovani fino a 25 anni, spazi
idonei allo sviluppo della genitorialità e tutor di avviamento al lavoro. Sarà compito della stessa
Commissione protagonista del Patto indire ogni tre anni una conferenza sull'esecuzione penale,
individuare le priorità e i modi per soddisfarle e definire le risorse necessarie alla piena attuazione del
patto. Accordi di programma e tavoli di coordinamento faranno il resto. Particolare attenzione è posta
nelle linee guida all'esecuzione penale minorile dove la relazione del gruppo tecnico prevede che le
esigenze di giustizia siano collegate a quelle di tutela del diritto del minore. Spazio quindi a
prescrizioni, permanenza in casa, comunità, sospensione del processo e messa alla prova. Marzia
Paolucci
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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani