ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
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16 luglio 2008
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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SOMMARIO
Pag. 3 RIFORME GIUSTIZIA: Alfano: “Così cambierò la giustizia” (il giornale)
Pag. 4 RIFORME GIUSTIZIA: Giustizia, Alfano va all'attacco (italia oggi)
Pag. 5 RIFORME GIUSTIZIA: Giustizia, tante incognite in vista della riforma
di Stefano Folli (il sole 24 ore)
Pag. 6 RIFORME GIUSTIZIA: Palamara: Giù le mani dalla Costituzione il governo
pensi a darci più mezzi” (la repubblica)
Pag. 8 SICUREZZA: Sicurezza, la Camera vota la fiducia (la repubblica)
Pag. 9 SICUREZZA: Sicurezza: oggi il voto finale al decreto (ansa)
Pag.11 CARCERI: Certezza ed effettività della pena, tra emergenza carceraria ed
emergenza sicurezza - di Valentina Amelio - Osservatorio Diritto Penale Aiga
(mondo professionisti)
Pag.12 ANTIRICICLAGGIO: Contro il riciclaggio crescono le segnalazioni
(il sole 24 ore)
Pag.13 ANTIRICICLAGGIO: Cambio di regole dopo meno di due mesi (il sole 24 ore)
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IL GIORNALE
Alfano: "Così cambierò la giustizia"
La riforma dalle fondamenta della giustizia italiana, ab imis come dice Silvio Berlusconi, il ministro
della Giustizia la presenterà a settembre. Sarà «organica», spiega Angelino Alfano, studiata «senza
preclusioni ideologiche e con rigore tecnico». Da realizzare in tempi rapidi, perché «nessuno darà
attenuanti a questo governo se non sarà in grado di dare al Paese una riforma della giustizia».
Al convegno dell’Unione Camere Penali, che proprio quella riforma vuole sollecitare con proposte
concrete, il Guardasigilli annuncia che il cantiere è già aperto a via Arenula. Niente «legislazione
alluvionale», dice Alfano, ma una serie di interventi, che seguiranno in parte la via ordinaria e in parte
quella costituzionale, «mirati» e non «punitivi» per qualcuno.
Nella sala il ministro ha di fronte portatori di esigenze e di posizioni politiche diverse. Ci sono tanti
avvocati, in testa il presidente dei penalisti Oreste Dominioni e anche magistrati, a incominciare dal
presidente dell’Anm, Luca Palamara. Saranno presto consultati, assicura il ministro, ma si sa che i loro
obiettivi spesso confliggono, soprattutto se si parla di separazione delle carriere tra giudici e pm, di
riforma della sezione disciplinare del Csm e di obbligatorietà dell’azione penale.
Oltre ai due avvocati deputati del Pdl Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno, per l’opposizione c’è il
ministro ombra della Giustizia del Pd. E Lanfranco Tenaglia subito accusa Alfano di predicare bene e
razzolare male: «Annuncia provvedimenti nell’interesse dei cittadini ma poi fa le norme per salvare
Berlusconi».
Al Pd, Alfano lancia un appello, perché nel voto si distingua da «un partito giustizialista e manettaro»
come quello di Di Pietro» e abbandoni un antiberlusconismo che «non fa bene né al Paese nè alla
giustizia». Sarebbe un grave errore politico, sottolinea, prendere le distanze solo dopo gli attacchi al
Quirinale e al Papa di piazza Navona.
Per i cittadini, avverte il Guardasigilli, il mondo si divide oggi in riformatori e conservatori. «I
riformatori vogliono mettere mano con coraggio alla questione giustizia e non è immaginabile cambiare
il Paese senza intervenire sul sistema. Chi è per il mantenimento, dello status quo, con 5 milioni di
processi civili e 3 di processi penali che non si fanno, è conservatore nel senso peggiore del termine».
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ITALIA OGGI
IL ministro dà l'annuncio e Berlusconi applaude: avanti anche senza Pd, la gente lo vuole
Giustizia, Alfano va all'attacco
Entro settembre riforma organica per Csm, toghe, codici
La Camera vota la fiducia al dl sicurezza mentre il Guardasigilli Angelino Alfano annuncia una riforma
lampo della Giustizia.
Ospite ad un convegno organizzato dall'Unione Camere Penali, il ministro ha affermato che quel che
occore al Paese è proprio «intervenire con una riforma organica della giustizia in tempi rapidi.»
Dati certi sul contenuto della riforma non ce ne sono ma non dovrebbe venir toccato il principio
costituzionale dell'obbligarietà dell'azione penale mentre una riforma del Consiglio superiore della
magistratura, la separazione delle carriere e la revisione dei codici sembrano essere i punti di partenza.
Sulla tempistica e la necessità di una separazione delle carriere dei magistrati si è espresso l'avvocato
del premier Silvio Berlusconi e parlamentare del Pdl Niccolò Ghedini, per il quale «oggi è il momento
giusto per una riforma costituzionale vera e seria del sistema giustizia. «Separare le carriere dei
magistrati non vuol dire sottoportre il Pm al potere esecutivo» e aggiunge il legale «sono contrarissimo
a fare questo perche' non mi fido della politica.»
Per il presidente dell'Anm, Luca Palamara, «c'è una divergenza di priorità con il ministro di giustizia» e
il tema che interessa ai cittadini «è il funzionamento del processo, ma la situazione è molto grave,
alcuni provvedimenti vanno in senso opposto all'efficienza e la politica dovrebbe occuparsi dei
problemi reali della giustizia.
Anche Berlusconi, nel corso di un incontro con i deputati del Pdl, ha rincarato la dose sul tema della
riforma e ha annunciato: «Se prima della campagna elettorale ero già deciso, dopo quello che è
successo in seguito ho raggiunto un grado di determinazione che non avevo mai avuto.»
Il premier, non è entrato nel merito della riforma e non si è soffermanto sul caso Abruzzo, ma ha citato
un sondaggio telefonico secondo il quale su 3.000 elettori del Pdl interpellati «solo il 6% ha fiducia in
questa giustizia» E così ha concluso: «Questa riforma avrebbe il sostegno della gente».
Poco importa, nel ragionamento del premier, se il segretario del Pd Walter Veltroni sull'argomento ha
invocato un confronto sulla riforma insieme ai magistrati. Lo stesso Veltroni che, tra l'altro, ha spezzato
una lancia nei confronti del leader dell'Idv Antonio Di Pietro, dimostrando di non considerare ancora
del tutto chiuso il rapporto con l'ex giudice di mani pulite, nonostante la manifestazione di piazza
Navona e gli attacchi rivolti al Pd e al presidente della repubblica Giorgio Napolitano dall'ex pm di
Mani pulite. .Un atteggiamento guardingo che non ha trovato accoglienza da parte di Berlusconi, pronto
ad andare avanti senza la sponda del Pd: «Veltroni sta pagando il prezzo dell'Idv e del suo
giustizialismo. di dialogo ne parlano loro: se c'è, bene, altrimenti noi con la nostra forza andiamo
avanti». Paolo Silvestrelli
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IL SOLE 24 ORE
Giustizia, tante incognite in vista della riforma
di Stefano Folli
Il voto di fiducia sul decreto sicurezza alla camera non è un bel segnale da parte di una maggioranza
ampia e coesa come quella di cui il governo dispone. S’intende che non si tratta di un segnale di
debolezza interna, come capitava al centrosinistra nella scorsa legislatura. Non ci sono fratture
sotterranee nel centro-destra in tema di sicurezza. È vero che nelle ultime settimane la maggiorariza è
stata battuta in occasione di votazioni minori, ma sarebbe assurdo immaginare che una forza
parlamentare imponente, qual è il Pdl più la Lega, abbia già bisogno del ricostituente della fiducia per
tenere la rotta. In realtà, il voto di ieri sera serviva solo a dare una sforbiciata al dibattito e ad accelerare
i tempi. Il che porta qualche argomento alla tesi delle opposizioni, da Veltroni a Carini a Di Pietro: il
governo tende a «espropriare» il Parlamento, a ridurre il suo spazio vitale. E senza dubbio la scelta
della fiducia ha impedito qualche plausibile convergenza su questo o quel punto del «pacchetto»,
soprattutto da parte dell’Udc. Circostanza che, con ogni evidenza, non interessa molto al centro-destra
Vale la pena notare che in questo contesto l’appello del ministro Alfano al Partito Democratico,
affinchè il suo voto fosse diverso da quello del «manettaro Di Pietro», costituisce pure accademia. E,
anzi,ha un sapore vagamente provocatorio. Come si è detto, la scelta della fiducia ha reso impossibile
all’opposizione qualsiasi ipotesi diversa dal «muro contro muro» e il ministro, in effetti, desiderava solo
rimarcare che iI Pd e Di Pietro sono uniti sulla linea dell’intransigenza il che costituisce un pessimo
viatico per quella riforma della giustizia che è stata annunciata per settembre e per la quale sembra
illusorio attendersi un disgelo parlamentare tra gli schieramenti. Del resto, Berlusconi è stato esplicito:
«Farò le riforme con o senza l’opposizione». E sulla giustizia, in particolare, la maggioranza ritiene di
avere le idee chiare, tanto da voler procedere senza indugi. Persino il caso Del Turco è stato usato dal
presidente del Consiglio, non senza spregiudicatezza, per sottolineare l’urgenza di un intervento
legislativo. Chi è in difficoltà su questo punto è il Pd. D’Alema, ancora di recente, ha riconosciuto che
esiste un nodo irrisolto fra politica e magistratura. E dunque che una riforma è necessaria, Sappiamo
che da tempo Luciano Violante espone le sue idee in materia E peraltro una riforma la reclamano anche
i magistrati, con il pensiero rivolto alle carenze strutturali e alla lunghezza dei processi.
Il problema è che ognuno, parlando di riforme della giustizia, pensa a una cosa diversa. La separazione
delle carriere, la fine dell’azione penale obbligatoria, l’indirizzo politico-parlamentare: sono tutti punti
controversi che toccano il cuore di ogni possibile iniziativa riformatrice. Sarebbe utile
che il Pd operasse una sintesi delle varie posizioni, dicesse dei sì e dei no e si presentasse di fronte alla
maggioranza con un suo piano alternativo ma credibile. Come lo invitava a fare, sul «Corriere» di ieri,
Angelo Panebianco: «In mezzo a tanti convegni inutili, l’unico convegno davvero prezioso che
purtroppo manca all’appello è quello in cui il Pd, pubblicamente e solennemente, sceglie la strada della
discontinuità, di una svolta decisa nella sua politica della giustizia». Anche perché, si potrebbe
aggiunger è questo il terreno su cui può crescere una forza riformista.
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LA REPUBBLICA
Palamara: irrinunciabili l’obbligatorietà dell’azione penale e le attuali regole sulle carriere
“Giù le mani dalla Costituzione il governo pensi a darci più mezzi”
Il leader Anm: grazie ai nastri punito tanto malcostume
ROMA — «Ma questo Paese vuole ancora dei magistrati liberi?». Il presidente del’Anm Luca Palamara
sta seduto a pochi metri dal Guardasigilli Angelino Alfano durante un dibattito degli avvocati penalisti.
E lascia cadere nello sconcerto del centrodestra, la sua domanda. AI ministro che annuncia «riforme
costituzionali» con Repubblica ribatte «giù le mani dalla Costituzione» e a Berlusconi che non vuole le
intercettazioni per la corruzione risponde: «Solo grazie a questo strumento sono stati debellati tanti casi
di malasanità».
Alfano annuncia la prossima campagna d’autunno sulla giustizia: via l’obbligatorietà dell’azione
penale, nuovo Csm, carriere separate. Se l’aspettava così all’improvviso e così pesante? «Ho appreso
con vero stupore che il governo ha deciso di annunciare iniziative di riforma costituzionale. Che i
magistrati avvertono come fortemente punitive verso chi, quotidianamente e con spirito di sacrificio e
abnegazione, cerca di far funzionare tra mille difficoltà la giustizia italiana. La nostra priorità è
tutt’altra: chiediamo al governo d’intervenire sulla durata dei processi. Ma dobbiamo constatare come
la politica torna sempreaconcentrarsi quasi esclusivamente su interventi che riguardano l’assetto della
magistratura’.
Avevate ipotizzato uno sciopero sulla blocca-processi. Se Berlusconi mette mano a una «grande
riforma della giustizia» che potrebbe mettere il pm sotto l’esecutivo che farete? «Continueremo a
batterci per avere magistrati liberi. E non potremo che richiamarci a un’intransigente difesa dei valori
costituzionali che non sono prerogative o privilegi della magistratura. ma garanzie che inprlno luogo
tutelano i cittadini. Denunceremo pubblicamente tutte le disfunzioni organizzative degli uffici,
soprattutto quelli del Sud che rischiano il black out, e continueremo a chiederci come le paventate
riforme costituzionali possano migliorare l’intero sistema».
Pensate a delle iniziative immediate? «E’ una decisione che non posso prendere io su due piedi, ma ne
discuteremo al più presto. Siamo alla fase delle enunciazioni, vedremo cosa vorranno fare in concreto
su obbligatorietà, carriere, Csm».
Avevate avuto segnali di un intervento così massiccio? «Ricordo ancora le parole del ministro al nostro
congresso: “Il vostro programma è il mio programma”. Purtroppo constatiamo una divaricazione
nettissima tra l’annuncio e il piano che sta venendo fuori. Siamo passati da una norma che rischiava di
far saltare 100 mila processi, a disposizioni che limitano l’uso delle intercettazioni, ai tagli alle spese di
giustizia e pure alla decurtazione degli stipendi».
Non sono interventi ben più gravi della blocca-processi? «Non ci può essere un incontro a metà strada,
nessun compromesso è possibile, nè sull’obbligatorietà, mi sulla separazione, né tantomeno sulla
sezione disciplinare al di fuori del Csm. Il sistema di governo della magistratura e l’indipendenza dei
giudici sono inscindibilmente connessi perché il Csm, nella sua attuale struttura, rappresenta la garanzia
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per cui l’ordine giudiziario è sottratto all’influenza del potere esecutivo. Il problema di fondo è se il
Paese vuole ancora dei magistrati liberi e soggetti solo alla legge o degli impiegati che dipendono dal
potere esecutivo e a cui il Guardasigilli di turno può dire su quali reati indagare».
Toccare l’obbligatorietà cosa comporterebbe? «Significa intaccare il principio per cui tutti i cittadini
sono uguali davanti alla legge e quindi la possibilità che un magistrato, discrezionalmente, decida nei
confronti di chi agire. Invece di cambiare la Costituzione sarebbe più opportuno ed efficace
depenalizzare i reati, introdurre il principio dell’irrilevanza penale del fatto, informatizzare il processo».
Berlusconi vuole ben altro. Ai suoi ha chiesto di eliminare il reato di corruzione da quelli intercettabili.
Non teme che la magistratura sia in pericolo? «Posso solo dire che grazie alla possibilità di poter
intercettare anche chi è indagato per corruzione è stato possibile scoprire casi gravissime di reati
commessi nella pubblica amministrazione, come episodi di malasanità. Ciò dimostra, piaccia o non
piaccia, che la magistratura è un potere dello Stato che inevitabilmente deve coesistere con gli altri.
Questa è l’essenza dello Stato democratico».
Tra il 2001 e il 2005 l’Anm ha scioperato quattro volte contro la riforma di Castelli. Glielo chiedo di
nuovo. E adesso? «Tra di noi c’è un fortissimo stato di allarme e di sofferenza perché la politica, nelle
sue scelte, quando affronta il tema giustizia, lo fa con una sorta di vero e proprio astio, che spesso
prende spunto solo da singole vicende giudiziarie. Liana Milella
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LA REPUBBLICA
Via la norma blocca-processi. Il ministro al Pd: non votate con i manettari. Ora il sì allo scudo per le
alte cariche
Sicurezza, la Camera vota la fiducia
Alfano: a settembre riforma della giustizia
ROMA — Militari nelle grandi città, stretta sui clandestini, ergastolo a chi uccide un poliziotto, più
poteri a sindaci e prefetti. Passa alla Camera la fiducia sul decreto sicurezza, mentre procede a tappe
forzate al Senato l’iter del lodo Alfano. La maggioranza, accantonato il dialogo, va avanti sulla strada
tracciata. L’obiettivo? Portare a casa entrambi i provvedimenti, prima della pausa estiva. Non solo. Il
Guardasigilli annuncia a gran voce una «riforma organica» della giustizia per settembre, secondo le
linee anticipate ieri da Repubblica. Inevitabile lo scontro con l’opposizione, mentre i sindacati delle
forze dell’ordine confermano la mobilitazione davanti tutte le prefetture. Sul decreto sicurezza, li
governo Berlusconi ha incassato ieri la sua seconda fiducia. La Camera ha approvato l’emendamento
con 322 voti a favore, 267 contrari e l’astensione dei sei deputati della componente radicale del Pd e dei
due della Svp. Il testo riproduce le norme già approvate a fine giugno al Senato, con una sostanziale
differenza: sparisce la ‘blocca processi”, sostituita con una più “digeribile” facoltà di rinvio affidata alla
discrezionalità dei magistrati. Una modifica che non basta al Partito democratico, pronto a ripetere
questa mattina il suo No al voto finale sul decreto, che dovrà poi tornare al Senato: «Questo decreto
— commenta Gianclaudio Bressa (Pd) —nasce non per la sicurezza dei cittadini, ma per la sicurezza a
Berlusconi’. Diversa la linea dell’ Udc: i centristi votano contro la fiducia ma, dopo una riunione del
gruppo, annunciano che si asterranno nel voto finale. Altro fronte di scontro, la giustizia. Ieri, a palazzo
Madama, la conferenza dei capigruppo ha deciso bruciare i tempi e far arrivare in aula il lodo Alfa- no
(che prevede l’immunità per le quattro più alte cariche dello Stato) per lunedì, prevedendo il voto finale
per martedì 22luglio. «E’ la prima volta— nota il vice capogruppo Pd, Luigi Zanda — che non si vota il
calendario dei lavori all’unanimità». Poi, in autunno, si penserà all’intera riforma della giustizia:
separazione delle carriere, Csm sdoppiato, no all’obbligatorietà dell’azione penale. Contro i
provvedimenti del governo, si schierano i sindacati delle forze dell’ordine. Il segretario
dell’Associazione Funzionari di Polizia, Enzo Marco Letizia, accusa la maggioranza di eludere col
decreto sicurezza»l’urgenza dì rendere certa la pena, perché i dati sui tempi medi di carcerazione per
gravi reati restano sconfortanti: per rapina 515, per spaccio 536, per violenza sessuale 692, per mafia
solo 736, per omicidio 2495 (meno di 7 anni)». E’ la dimostrazione del «fallimento della legge Gozzini
e del disinteresse del governo a porvi rimedio”. I sindacati criticano poi l’operazione di facciata” dei
300 milioni stanziati per la sicurezza: «A fronte di un taglio di oltre un miliardo —spiega Claudio
Giardullo del Silp-Cgil— il governo dichiara cli voler istituire un fondo di trecento milioni, finanziato
tra l’altro con le risorse destinate alle vittime della mafia». Donato Capece, segretario del Sappe,
(sindacato della polizia penitenziaria) non nasconde la sua «delusione per questa maggioranza, alla
quale tante donne e uomini dèlle forze dell’ordine hanno dato il proprio voto’. I sindacati di polizia
incontreranno oggi Maroni, poi (salvo sorprese) scatterà domani il volantinaggio contro il governo.
Divisi invece i sindacati, sulla proposta del ministro della Difesa di estendere anche all’esercito i
compiti di ordine pubblico oggi svolti dai carabinieri. Vladimiro Polchi
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ANSA
Sicurezza: oggi il voto finale al decreto
ROMA -Questa mattina voto finale della Camera sul decreto legge in materia di sicurezza, che ieri ha
ottenuto la fiducia dell'Aula con 322 voti a favore, 267 contrari e otto astenuti. Il decreto che dovrà poi
tornare a Palazzo Madama per la conversione in legge.
"Voi dovete votare in modo diverso in Parlamento" rispetto al "partito giustizialista e manettaro di Di
Pietro". Questo e' stato l'invito rivolto al Pd dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, prima del
voto al decreto sicurezza.
"Se il Pd si illude di potersi differenziare dal partito giustizialista e manettaro di Di Pietro solo quando
insulta il Papa e il Capo dello Stato - ha affermato Alfano, intervenendo al convegno dell'Unione
Camere Penali - compie un gravissimo errore politico. Voi - ha aggiunto rivolgendosi al ministro della
giustizia 'ombra' - dovete votare in modo diverso in Parlamento per differenziarvi da Di Pietro
altrimenti lo legittimate". Il guardasigilli ha dunque rivolto un "appello al Pd" affinché prenda "di petto
la questione giustizia" perché "il nutrimento antiberlusconiano che ha alimentato alcuni gruppi dirigenti
necessità di un ripensamento profondo", altrimenti "non si fa né il bene del paese né il bene della
giustizia".
"Vi annuncio, come fatto dal presidente Berlusconi, che proporrò, a partire da settembre, un'agenda che
contempli una riforma organica della giustizia". Lo ha detto il ministro della giustizia, Angelino Alfano,
intervenendo al convegno dell'Unione Camere Penali (Ucpi).
BERLUSCONI, SERVE UNA GRANDE RIFORMA
Il Paese ha bisogno "di una grande riforma della giustizia". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi
incontrando i deputati del Pdl a Montecitorio secondo quanto riferito da alcuni presenti. Il presidente
del Consiglio si è detto "sereno" e "tranquillo" riguardo ai processi e alle inchieste che lo vedono
coinvolto. Citando gli ultimi avvenimenti giudiziari legati alla sua persona, il premier ha detto di essere
"ancora più determinato ad andare avanti" sul tema della giustizia, per la quale serve "una grande
riforma". Berlusconi, sempre secondo quanto riferito da alcuni presenti, ha anche citato alcuni sondaggi
sostenendo che solo il 6% degli elettori del Pdl ha ancora fiducia nella magistratura. Ci sono alcune
procure che "fanno ancora politica", ha attaccato il Cavaliere.
DI PIETRO, COME AI TEMPI OLIO RICINO
"Non è accettabile un aggravante razziale per i reati commessi dagli extracomunitari; non è ammissibile
la schedatura dei bambini Rom con le impronte digitali; non è condivisibile una sensibile diminuzione
delle pene per chi ha commesso reati gravi solo per salvare Silvio Berlusconi e i suoi amici". Con
queste parole Antonio di Pietro ha attaccato il governo intervenendo nell'aula della Camera in
dichiarazione di voto sulla fiducia al decreto legge sulla sicurezza. Per il leader dell'Italia dei Lavori si
tratta di un "provvedimento sicuramente xenofobo, e non a caso Berlusconi si sente oggi il degno
prosecutore dei tempi dell'olio di ricino". L'ex pm ha iniziato il suo intervento protestando per l'assenza
dall'aula del premier:"Lei non c'é, ma continua a chiedere al Parlamento voti di fiducia sul suo operato e
sulla sua scelte per difendere se stesso. Ma si ricordi che non tutti in quest'aula sono suoi dipendenti".
Un'altra accusa Di Pietro l'ha rivolta al governo nel merito del decreto perché mentre "si continua a
sbandierare il tema della sicurezza come prioritario, nello stesso tempo si tagliano 40.000 posti di
lavoro complessivamente a tutte le forze dell'ordine". A suo avviso ancora più gravi sono i tagli al
settore della sicurezza, per 700 milioni di euro al ministero dell'interno e 1 miliardo per la difesa. In
sintesi, per Di Pietro il decreto sicurezza contiene una "norma salva-premier che servirà a tutelare anche
il complice di Berlusconi al processi di Milano, David Miller".
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CASINI, CON TAGLI INEFFICACE LOTTA CRIMINALITA'
"Con questi tagli ai fondi per le forze dell' ordine non si può fare una politica efficace di contrasto alla
criminalità": Pier Ferdinando Casini, capogruppo dell'Udc alla Camera, chiama la maggioranza a
rispondere su questo dato "inoppugnabile ". Nelle dichiarazioni di voto in aula al decreto sulla
sicurezza, Casini ribadisce che il suo partito "per coerenza con gli elettori" voterà no alla fiducia. "Oggi
più che mai il dialogo è necessario" e nel dl sicurezza "ci sono norme condivisibili" ma, lamenta Casini,
"non si possono operare tagli indiscriminati, se la sicurezza é un'emergenza nazionale non si possono
accettare tagli indiscriminati a questo settore"."Siamo obbligati a votare no a questa fiducia ma su
questo provvedimento vi daremo una mano, però dovete rispondere al Parlamento e al Paese dei tagli
alla sicurezza". L'aver posto la fiducia, a suo avviso, "blocca un dialogo mai così necessario come su
materie di questo tipo e continua l'esproprio del Parlamento fatto in questa legislatura" perché "sulla
domanda di sicurezza che viene dai cittadini non ci si può dividere tra destra, sinistra e centro. Siamo
tutti consapevoli che quando si parla di diritti dei cittadini e della loro libertà il Parlamento è chiamato a
dare risposta univoca". Casini critica la previsione nel provvedimento della "immigrazione irregolare
come aggravante", ma dice anche che "molte norme di questo testo invece sono condivisibili. Per
fortuna è stata stralciata la blocca processi: non si può essere feroci e lassisti a intermittenza"
LODO ALFANO LUNEDI' IN SENATO - Le commissioni Giustizia e Affari costituzionali del
Senato dovrebbero votare definitivamente il lodo Alfano entro giovedì pomeriggio. Tra oggi e domani,
infatti, ci sarà la discussione generale del provvedimento e per giovedì alle 12 è stato fissato il termine
per la presentazione degli emendamenti. E' questo, in sintesi, il calendario dei lavori deciso dall'Ufficio
di presidenza delle due commissioni presiedute da Filippo Berselli e Carlo Vizzini. Domani mattina
dovrebbero poi esserci le audizioni dei costituzionalisti Gustavo Zagrebelsky e Annibale Marini, così
come richiesto dall'opposizione. Il lodo è poi atteso nell'Aula di Palazzo Madama per il prossimo
lunedì.
LODO: FINOCCHIARO, ATTO DI PROTERVIA E PREPOTENZA
"La fretta della maggioranza di approvare il lodo Alfano è la dimostrazione, ancora una volta, di una
protervia nel perseguire gli interessi privati da parte della maggioranza". La capogruppo del Pd Anna
Finocchiaro, ha lasciato che in Aula altri senatori del suo gruppo protestassero contro la decisione della
Conferenza dei capigruppo di fissare per martedì prossimo, 22 luglio, il voto sul lodo Alfano dopo un
giorno e mezzo di dibattito in Aula, ma ne parla con i cronisti in sala stampa. "Approvare a tutti i costi e
con legge ordinaria il lodo Alfano - osserva Anna Finocchiaro - è un esempio di prepotenza politica e
istituzionale ed è anche la dimostrazione che gli interessi generali del Paese sono sottomessi agli
interessi privati". "Non mi convinceranno mai - sottolinea la capogruppo del Pd al Senato - che il lodo
Alfano è una buona soluzione. Ha grossi profili di incostituzionalità. Si adotta una legge ordinaria su un
tema che è da legge costituzionale e questo è ingiustificabile nel nostro sistema". Anna Finocchiaro
critica il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri sostenendo che ha detto "una cosa assolutamente falsa
affermando che eravamo stati noi a chiedere che si facesse prima il lodo Alfano e poi il decreto
sicurezza". "Siamo ormai - commenta - nel surreale e credo che gli italiani saranno molto interessati al
dibattito sul lodo Alfano (é prevista la diretta televisiva il giorno del voto, ndr) e potranno riflettere sul
fatto che questa straordinaria fretta è per un provvedimento che non aumenta i redditi o garantisce
lavoro ma garantisce al presidente del Consiglio che non si farà l'udienza finale del processo Mills".
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MONDO PROFESSIONISTI
Certezza ed effettività della pena, tra emergenza carceraria ed emergenza sicurezza
di Valentina Amelio - Osservatorio Diritto Penale Aiga
Sovraffollamento e carenza di organico del personale fanno da cornice al perenne dibattito
sull’emergenza carceraria. A quasi due anni dall’indulto, mentre continua la guerra di cifre sul tasso di
recidiva degli “indultati”, il sistema carcerario deve fare i conti con una previsione di circa 65 mila
detenuti entro giugno 2009 che riporterebbe la situazione nelle identiche condizioni esistenti prima del
provvedimento di clemenza. Già da qualche tempo, peraltro, la popolazione carceraria, svaniti i
“benefici” di breve periodo, è tornata sopra le 43.140 unità, numero pari alla capienza regolamentare
degli istituti penitenziari. A questo punto è inevitabile riflettere su quali strumenti adottare per
affrontare l’emergenza legata al sovraffollamento e alla conseguente insostenibilità del sistema
carcerario, tanto per le condizioni psicofisiche e igieniche dei carcerati che per lo stress e per i rischi
personali cui è sottoposto il personale di servizio; aspetto spesso sottovalutato, ma capace di avere un
forte impatto sul sistema, come confermato dalla manifestazione dei mesi scorsi, su scala europea, degli
agenti penitenziari, e dalle recente aggressioni subite dai Baschi Blu in alcune carceri italiane. La
situazione delle carceri, insomma, rischia di ridiventare esplosiva, anche per il prevedibile impatto del
“pacchetto- sicurezza”. È comprensibile che l’attuale maggioranza voglia dare corso a quanto indicato
in campagna elettorale ed alla richiesta di maggior sicurezza – certamente trasversale - che proviene da
ampie parti del corpo sociale, ma bisogna anche esaminare l’effettiva validità delle norme introdotte e
le loro ripercussioni sulla già acclarata crisi del sistema penitenziario. A ben vedere, il legislatore per
l’ennesima volta si piega alla logica dell’emergenza, operando interventi apparentemente draconiani ma
non in grado, nel lungo periodo, di risolvere il problema. E’ l’ennesima contraddizione del sistemaItalia: prima, l’emergenza carceraria ha spinto il legislatore ad emanare un provvedimento per
tamponare la contingenza, senza affrontare in modo risolutivo il problema; oggi l’emergenza sicurezza
porta il legislatore nella direzione esattamente opposta, attraverso un aggravamento di pene che avrà il
solo effetto di riportare il “pianeta carcere” alla precedente, insostenibile, situazione. Le iniziative
annunciate, volte a ridurre i benefici e gli sconti di pena per i detenuti, oltre che comportare uno
svuotamento di significato della finalità rieducativa della pena, costituirebbero il colpo di grazia finale.
Per riequilibrare il sistema, e dare piena attuazione ai principi costituzionali, non può prescindersi, ad
avviso di chi scrive, da una complessiva rivisitazione del sistema sanzionatorio, recuperando un
adeguato rapporto tra pena e reato e, in linea con il pensiero di numerosi ed autorevoli giuristi,
assegnando al carcere la funzione di extrema ratio nei casi di condotte criminose di maggior entità ed
offensività sociale. Il sistema sanzionatorio odierno e le novità legislative sembrano invece destinati ad
andare in senso diametralmente opposto:una pletora di extracomunitari andranno ad affollare le
prigioni, contribuendo in maniera determinante al collasso del sistema, oltretutto con la sola prospettiva
di essere espulsi alla fine della pena. Al di là dei singoli esempi, è evidente come l’intera parte speciale
del codice penale, ed il sistema sanzionatorio in particolare, necessiti di una rivisitazione profonda e
sistematica, rifuggendo dalle disposizioni occasionate dall’emergenza di turno, e concentrandosi invece
su meccanismi di controllo, incentivazione, dissuasione, obbedendo a criteri di razionalità, di
graduazione e di pratica efficacia; gli unici che possono di fatto avviare un processo di sostanziale
affermazione di uno stato di diritto e legalità. Se è vero che il grado di cultura e civiltà di un paese è
rilevato dalla qualità del sistema giustizia, non sarà l’introduzione di nuove pene a donare “qualità” a
quel sistema; perché la soluzione della questione giustizia è collegata ai contenuti che responsabilmente
saranno messi a disposizione del Paese.
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
IL SOLE 24 ORE
Lotta al crimine. Audizione di Draghi davanti alle commissioni del Senato
Contro il riciclaggio crescono le segnalazioni
Il Governatore: nuove regole per i mediatori e Testo unico
Un testo unico per lan ormativa antiriciclaggio e una riforma, da varare al più presto, della disciplina di
mediatori creditizi, agenti in attività finanziaria e intermediari finanziari ex artico1o 106 del Tub. Sono
questi i due suggerimenti offerti ieri sera dal Governatore della Banca d’Italia,Mario Draghi, ascoltato
dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato sul disegno di legge in materia di
sicurezza 733. «L’occasione è propizia per prospettare la necessità di un intervento legislativo organico,
più volte sollecitato dalla Banca d’Italia anche nel corso della precedente legislatura, per portare ordine
e sicurezza in un settore molto delicato: quello dell’attività svolta dagli intermediari finanziari non
bancari e dalla moltitudine incontrollabile dei mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria»
ha affermato il Governatore. Draghi ha fornito anche alcuni dati sui primi sei mesi di vita dell’attività
dell’Unità di informazione finanziaria istituita dal 1° gennaio 2008 e diretta da Giovanni Castaldi. «Nel
primo semestre l’attività di contrasto al riciclaggio non ha subito soluzioni di continuità, ma è stata anzi
intensificata: il sistema ha inviato oltre 6.800 segnalazioni di operazioni sospette (12.545 nell’intero
2007), con un incremento percentuale del 9,4% in rapporto all’anno precedente; la Uif ne ha trasmesse
circa 6 mila agli organi investigativi (11.724 nel 2007) per 20 operazioni è stato adottato il
provvedimento di sospensione previsto dall’articolo 6 del decreto legislativo 231 del 2007». Draghi ha
spiegato inoltre che l’Unità ha avviato 17 accertamenti ispettivi, attivando i nuovi poteri previsti dalla
legge e che specifica attenzione è stata dedicata alle banche insediate in Calabria: sono state così
realizzate sette verifiche per approfondire presso le direzioni generali le operazioni sospette segnalate é
per individuare eventuali comportamenti omissivi. E le banche ispezionate sono state selezionate in
coordinamento con la Vigilanza, che sempre in Calabria ha avviato un vasto programma di
accertamenti (70 verifiche). Quanto alla disciplina dei mediatori creditizi, il Governatore è tornato ai
richiamare l’attenzione del legislatore sulla «inadeguatezza, più volte segnalata dalla Banca d’Italia, dei
presidi di controllo». I requisiti per l’accesso al mercato di questi operatori e gli strumenti a
disposizione delle Autorità, ha sottolineato, non sono in grado dì assicurare adeguati livelli di qualità
del servizio e non consentono «un efficace presidio contro i rischi di illegalità o di contiguità con
attività criminose». Inoltre, «il numero spropositato degli iscritti (oltre 1.200 intermediari e circa 160
mila agenti e mediatori) conferisce al fenomeno dimensioni preoccupanti». Di qui la proposta di
riforma: innalzamento del capitale sociale minimo per intermediari finanziari e attribuzione a Bankitalia
di un potere regolamentare per i canali distributivi,requisiti di onorabilità più stringenti, forme di
controllo più incisive per i mediatori creditizi e affidamento dei controlli sull’accesso all’attività a
organismi costituiti dalle associazioni di categoria dei mediatori nonché da quelle delle banche e dei
consumatori. Rossella Bocciaretli
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IL SOLE 24 ORE
Cambio di regole dopo meno di due mesi
Torna il limite di 12.500 euro. Dal 25 giugno, data di entrata in vigore della manovra d’estate (decreto
legge 112/2008), il trasferimento dì denaro contante, l’emissione di assegni ‘liberi” (cioè trasferibili)e i
saldi del libretto al portatore tornano al vecchio limite di 12.500 euro e non più 5 mila (il tetto in vigore
da 130 aprile scorso, introdotto dal decreto Legislativo 231/07)
Girata senza codice fiscale. Altra novità è che dal 25 giugno per la girata dell’assegno trasferibile non
è più richiesto il codice fiscale del girante (obbligo operativo dal 30 aprile scorso) ma solo la sua firma
Confermata l’imposta di bollo. La manovra estiva conferma L’imposta di bollo di 1,5 euro, che
dal 30 aprile si deve pagare per ogni assegno trasferibile chiesto alla banca o alle Poste
«A me medesimo». Nessuna modifica per la disciplina degli «assegni a me medesimo)) così come
riscritta dal decreto Legislativo 231/07, in vigore dal 30 aprile: l’assegno emesso all’ordine del traente
può essere girato dallo stesso traente solo per l’incasso presso la banca o in Posta. Non può più essere
incassato da un soggetto diverso
Money transfer. Resistono i nuovi limiti peri Money transfer: non si può trasferire contante oltre i 2
mila euro oltre i 5mila, se si prova la congruità delll’operazione rispetto alle condizioni economiche di
chi la richiede
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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani