Passeggiando
lungo
la via Latina
pubblicazione realizzata da
Francesco Patini
Ciccio Franzese
Sergio Ricciuti
per
“I club del 2080
si raccontano”
Bisogna camminare con attenzione lungo il selciato della via Latina, evitando di
inciampare nei solchi che i carri romani hanno lasciato nei suoi lastroni. Il paesaggio
è suggestivo, la strada sale seguendo dolcemente il pendio, a destra, in basso, lo
sguardo si poggia sul Colosseo romano ed a sinistra, in alto compare la tomba di
Ummidia Quadratilla, la matrona romana che fece costruire l’anfiteatro che non è
visibile dalla nostra posizione. Più avanti compare, in alto, parzialmente nascosta da
una gobba della montagna, un’abbazia. Siamo nel cuore dell’area archeologica di
Cassino, un sito che merita di essere conosciuto. Faremo questo viaggio immaginario
con le parole di Francesco Patini e le immagini delle acqueforti di Ciccio Franzese
due past president del nostro club.
Sergio Ricciuti
Chi si trovasse a percorrere la strada che da Cassino porta all’abbazia di
Montecassino, alle pendici del monte esposte a sud, incontrerebbe un sito
archeologico di notevole importanza e che merita di essere visitato.
Visitarlo è come aprire il libro della storia di questo territorio, storia che si può
leggere lungo tutta la salita al monte di Benedetto, attraverso monumenti che si
incontrano, alcuni dei quali sono miracolosamente scampati ai bombardamenti che
hanno reso polvere l’abbazia e
la città, altri sono stati
restaurati, altri ancora sono
una testimonianza postbellica.
Sfogliamo allora le pagine di
questo simbolico libro: il sito,
ideale
per
le
esigenze
insediative del tempo, fu
abitato
già
in
epoca
preistorica, poi da popolazioni
italiche
(umbro-osche,
volsche, sannite) per divenire
successivamente municipium
romano
Entrando
nella
zona
archeologica dalla via Don
Angelo Pantoni, percorriamo
la via Latina, il cui lastricato,
ben conservato per lunghi
tratti, è profondamente inciso
dal passaggio dei carri, e
subito incontriamo i resti della
metropoli osca, l’Anfiteatro,
risalente al I sec. a. C. e la cui
costruzione è attribuita al
mecenatismo della matrona
Ummidia Quadratilla, alla
quale
è
tradizionalmente
dedicato il monumento funerario che domina sul lato sinistro. La bella costruzione a
pianta centrale, parzialmente ipogea, ha la copertura a cupola con volte a botte nei
bracci laterali; dagli studiosi viene accostato al più tardo Mausoleo di Galla Placidia a
Ravenna, coincidendo la pianta ed il sistema di copertura. Inoltrandoci lungo il
tracciato dell’antica via, attraversiamo la porta campana (antico accesso alla città) e
siamo al Museo Archeologico Nazionale, intitolato all’archeologo Gian Filippo
Carrettoni, il primo a scavare in modo organico il sito negli anni ‘30.
Più in alto, appoggiato al declivio del monte, ecco il Teatro ampiamente restaurato.
Proseguendo il percorso verso l’abbazia, un’altra pagina di storia ci viene incontro: al
culmine di un tornante, a strapiombo sulla vallata e sulla città, si erge la Rocca
Janula, fortezza sorta a difesa dell’abbazia a metà del X secolo per volontà dell’Abate
Aligerno, dalla storia alterna e avventurosa, che oggi si presenta restaurata nelle mura
perimetrali, mentre la torre a nord, detta Federiciana, dai conci firmati, ancora mostra
le vistose ferite infertele dal
tempo, ma soprattutto dalla
seconda guerra mondiale.
Poco al di sotto della Rocca, a
ridosso delle pendici del
monte lo sguardo del nostro
viaggiatore
incontra
la
contemporaneità testimoniata
dal monumento dello scultore
Umberto Mastroianni, che
rappresenta attraverso incroci
suggestivi di tubi in ferro,
l’esplosione della montagna
sotto i bombardamenti del
1944.
Il nostro simbolico libro di
storia ha fatto un ampissimo
salto dal medioevo all’ultimo
dopoguerra.
Le pagine relative a tanti
lunghi secoli intermedi, cioè
le testimonianze materiali ed
immateriali di tali periodi,
sono volate via, incenerite
dalle bombe di una guerra che
qui ha messo in scena una
delle sue rappresentazioni più
inutilmente cruente.
Francesco Patini
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