Introduzione Istituzionale al progetto – evento I LOVE PULCHERADA “La storia di una città è sempre raccontata attraverso i suoi monumenti più significativi e San Mauro non fa eccezione. Esistono tuttavia dei casi nei quali, oltre alle parti che emergono in superficie e sono chiaramente leggibili, ve ne siano altre celate dalla patina del tempo. Spesso, sono proprio queste ultime a rappresentare la parte più profonda delle vicende che hanno modellato una città e la sua cultura. La chiesa di Santa Maria di Pulcherada, da sempre considerata un buon esempio di architettura romanica, ha subito talune trasformazioni che l’hanno rimodellata dapprima in epoca settecentesca e poi nel 1920, fino quasi a smarrirne la propria identità. La prima fase di restauro ad opera del Consorzio San Luca ha restituito quanto il tempo e l’uomo avevano nascosto. Analizzando quello che è già stato ritrovato, come il ciclo pittorico raffigurante il Cristo Pantocratore ascrivibile al primo millennio dopo Cristo, si comprende come la Chiesa rappresenti un piccolo gioiello di storia che dialoga e interagisce con l’abbazia di Novalesa, ma ricorda, nel contempo, le esperienze decorative dei monasteri benedettini esistenti su scala nazionale ed europea. E’ questa la ragione per cui è diventato opportuno ragionare non solo più sul tema del recupero della chiesa, ma dell’intero complesso abbaziale, sicuro faro in passato di fede e spiritualità. Nel 2012 è stato costituito un Tavolo di Lavoro sull’Abbazia della Pulcherada al quale hanno aderito l’Università ed il Politecnico di Torino, oltre alle competenti Sovrintendenze, esperti di architettura, restauro e comunicazione integrata, finalizzato a recuperare una Pulcherada di cui forse si è persa memoria, e al contempo lanciarne una nuova e coinvolgente rilettura territoriale atta a meglio restituire l’avvincente immagine di una città che ancora oggi può incantare per il connubio dei suoi monumenti e del suo territorio. Il progetto I LOVE PULCHERADA ha come scopo preminente quello di far conoscere più e meglio al grande pubblico l’insediamento abbaziale, sia attraverso la prosecuzione di studi capillari condotti dal Tavolo di Lavoro che attraverso l’avvio di una più specifica valorizzazione culturale e turistica sulla Pulcherada. Una promozione ripensata in modalità attiva, coinvolgente ed esperienziale. Un approccio capace di coinvolgere le comunità locali nell’attuazione di azioni co-partecipate che comprendano una visione interdisciplinare tra i vari settori della collettività, al fine di alimentare l’attenzione e l’interesse di eventuali sponsorizzazioni, contributi e cofinanziamenti sul bene monumentale.” Sindaco Ing.Ugo Dallolio Vice-Sindaco e Ass. all’Urbanistica Arch. Colurcio Alla scoperta dell’Abbazia di S.Maria della Pulcherada “..La chiesa apparteneva al complesso abbaziale benedettino di San Mauro, citato per la prima volta nella documentazione scritta nel 991 d.C., ma si ignora l’anno preciso della fondazione dell’Abbazia, presumibilmente da collocare nel periodo della dominazione franca, ovvero tra il 773 e l’875 d.C. Probabilmente l’edificio sorse dove esistevano importanti costruzioni romane ruinate di un vicus o pagus oppure di una villa, sopra la strada romana che fiancheggiava la sponda destra del Po, collegante villaggi e città come Industria (Monteu da Po) e Cavagnolo; mentre è un dato storicamente accertato quello della sua distruzione nel periodo delle incursioni saracene, tra il 937 eil 954. Solo nel 991 i monaci poterono ritornare nel complesso, riedificato grazie all’opera del marchese del Monferrato Anselmo I e donato al monastero di Spigno presso Acqui. La storia non ci informa sull’entità della devastazione, né su quanto si fosse eventualmente salvato e neppure sul riutilizzo e sul recupero di materiali antichi per la ricostruzione, prassi da sempre in uso. Nel 1029 il monastero venne assoggettato da Manfredo II e da suo fratello Olrico, Vescovo di Asti, al monastero di San Giusto a Susa ed in seguito eretto in abbazia nel 1159 (Cuniberti, 1970). I benedettini mantennero la proprietà fino al 1603, quando il monastero fu devoluto in commenda ad abati del clero secolare che vi esercitavano giurisdizione episcopale e stipendiavano un vicario parrocchiale. Intorno alla metà del 1500 la chiesa possedeva ancora un impianto planimetrico a tre navate di cui quelle laterali di dimensione inferiore a quella centrale. Le absidi delle due navatelle avevano il ruolo di cappella, una delle quali era dedicata alla Madonna: il tutto era in uno stato di forte degrado tanto che nonostante le riparazioni nel frattempo avvenute, nel 1665 l’Abate Commendatario Aghemio Petrino, canonico della Metropolitana di Torino, decise di trasformare radicalmente la distribuzione dello spazio religioso nella forma attuale.” Estratto dal libretto “L’Abbazia di Pulcherada” edito dal Consorzio San Luca, che raccoglie alcuni contributi sulle attività del Tavolo di Lavoro sulla Pulcherada tra cui quelli di Costanza Segre Montel, Giovanni Romano, Jacopo Chiara, Alberto Crosetto, Mauro Luca De Bernardi, Cristina Lucca, Ippolito Ostellino, Gabriella Pantò, Giuseppe Sergi, Carlo Tosco. Si coglie l’occasione per ringraziare tutti i membri del Tavolo permanente di Lavoro sulla Pulcherada.