Il 30 settembre 2010 CIAVARRO Numero 35 ANNO IX° Cronaca di vita associativa Foglio trimestrale interno , riservato ai soli soci, di notizie, informazioni, idee e tante altre cose della ASSOCIAZIONE DEI MARCHIGIANI E UMBRI DI MILANO “E. MATTEI” dal 1950 Iscritta all’Albo della Regione Marche relativo alle Associazioni dei Marchigiani operanti fuori Regione Premiata con l’Ambrogino d’oro nell’anno 2001 SEDE : Via Peschiera ,1 – 20154 Milano REDAZIONE : presso G.B. Ortenzi, via Raffaello Sanzio,20 -20094 Corsico - Milano Recapiti telefonici : tel.02- 44 05 683 – – Fax 02 – 44 06 175 Siti Internet : www.ilciavarro.it www. marchigianieumbrienricomattei.eu 60 anni ma non li dimostra : dai valori regionali a quelli globali I l 20 ottobre del 1950 , presso lo studio del notaio Lelio Ruggeri, in corso di Porta Vittoria 12 a Milano, nacque l’Associazione dei Marchigiani. Il 22 ottobre 1955 l’Assemblea straordinaria dei soci deliberò l’unione con l’associazione degli Umbri. Nell’ottobre 1963 l’Associazione dei Marchigiani e Umbri si dotò di una “Accademia del Brodetto” . Nell’ottobre del 1997 l’Assemblea straordinaria approvò il percorso che ha portato all’approvazione dello Statuto attualmente in vigore come atto finale del processo di rinnovamento determinatosi negli anni precedenti. Infine, nell’ottobre 2002, in occasione del 50 anniversario della morte di Enrico Mattei, venne presa la decisione di intitolare l’Associazione al più grande marchigiano del ‘900, che proprio a Milano e a S.Donato Milanese ha costruito una delle realtà economiche più importanti del paese (dall’AGIP all’ENI). Come si può constatare ottobre è sempre stato un mese cruciale per il nostro sodalizio, e anche quest’anno lo sarà , con la celebrazione del nostro 60° anno di fondazione, insieme alle delegazione delle altre associazioni regionali con le quali condividiamo l’onore di rappresentare in terra ambrosiana i valori delle nostre regioni d’origine, e con le istituzioni locali che ci onorano del loro riconoscimento circa la qualità della nostra presenza sul territorio. Il nostro 60° anno di fondazione coincide con il 400° della morte di Matteo Ricci - nativo di Macerata, gesuita coltissimo, autore del più straordinario tentativo di avvicinamento della nostra cultura a quella cinese - e questo ci ha fatto riflettere su uno degli aspetti più singolari che hanno caratterizzato i grandi marchigiani : saldamente legati alle proprie radici, valori, ideali, ma capaci di proiettarsi, di comprendere, di dialogare con le culture più lontane. Padre Matteo Ricci con il suo alto numero di opere edite e inedite fece conoscere il Cristianesimo e la civiltà occidentale al popolo cinese, e la filosofia e la civiltà della Cina all'Occidente. All’Expò di Shangai in corso di svolgimento, la Regione Marche ha portato con grande successo una mostra su questo grande italiano e marchigiano, il più conosciuto in Cina. Il suo nome è un autentico “biglietto da visita” che apre le porte di una cultura antichissima e diffidente verso l’esterno. L’esempio di Matteo Ricci nel dialogo tra le culture, quello di Enrico Mattei nella collaborazione tra i sistemi economici, in questa città straordinaria che ha nel suo nome – Mediolanum – la sua vocazione a far incontrare le persone più diverse e farle dialogare ed integrare tra loro, ci indicano il percorso da seguire anche per il futuro. Saranno anni formidabili i prossimi per Milano : nel 2012 si terrà il Congresso Mondiale delle Famiglie con la presenza del Santo Padre Benedetto XVI°, nel 2013 si ricorderanno 1600 anni dall’Editto di Costantino, emesso a Milano per affermare la “tolleranza” tra le religioni, nel 2015 si terrà a Milano l’Esposizione Universale avente per tema una questione cruciale : “nutrire il pianeta”, da cui dipende il futuro e la pace nel mondo. Noi marchigiani e umbri li vivremo con la consueta attenzione, vivacità e protagonismo, insieme alle altre associazioni regionali, consapevoli di giocare un ruolo significativo in questa città da sempre aperta al mondo, capaci di mettere in pratica, nel nostro piccolo, l’esempio dei grandi che ci hanno preceduto. A nome del Consiglio Direttivo, quindi, buona “traversata” e….stateci vicini con la vostra amicizia e i vostri consigli! Pierfrancesco Fodde 1 ROF 2010 Gioacchino Rossini di Pierserafino Marsico Caro Ciavarro, anche l’edizione di quest’anno (la XXXI) del Rossini Opera Festival (“Rof”), come già la precedente, ha risentito dei noti “tagli” che, il prossimo anno, raggiungeranno il 22%. La situazione non appare rosea, né per il Festival né per la Città, malgrado l’importanza dell’indotto economico e di immagine. Come ha riferito il Resto del Carlino del 21/08/2010, il 60-70% del pubblico è composto da stranieri molto disponibili a investire in cultura, che apportano alla Città ed agli esercizi commerciali risorse preziose. Anche quest’anno, quindi, le opere in cartellone sono state sostanzialmente tre: il “Sigismondo”, il “Demetrio e Polibio” e la “Cenerentola”, oltre allo “Stabat Mater” di chiusura. Contemporaneamente il Rof ha presentato quattro “Concerti di Belcanto”, un “Concerto Pergolesi” a ricordo del tricentenario pergolesiano, una scena lirica con cori (“La morte di Didone”), una azione coreodrammatica, sempre di Rossini (“Le Nozze di Teti e di Peleo”) e l’ormai tradizionale “Festival Giovane” dell’Accademia Rossiniana, che anche quest’anno ha rappresentato “Il viaggio a Reims”. Hanno completato il Festival i “Péchés de Vieillesse” (da “Album pour les enfants adolescents” e da “Album pour les enfants dégourdis”), eseguiti dal pianista Bruno Canino. Sigismondo. Con questa opera giovanile in due atti su libretto di G. Foppa ha preso quest’anno l’avvio il festival rossiniano. Sulla vicenda c’è poco da dire. A volere essere molto clementi, la si può definire ingarbugliata. In sostanza, il libretto parla di un re, Sigismondo, che vaneggia in preda ai rimorsi per avere fatto giustiziare la moglie Aldimira, da lui ingiustamente creduta fedifraga. La regina, invece, si è salvata e, alla fine, la verità trionfa e i due sposi si ricongiungono. Naturalmente, il traditore che aveva falsamente accusato la regina viene punito. L’opera venne eseguita per la prima volta il 26 dicembre 1814 al Teatro La Fenice di Venezia, ottenendo un’accoglienza piuttosto tiepida. Il critico musicale del “Nuovo Osservatore” imputò l’insuccesso al fatto che “il compositore deve aver trovato ostacoli incomprensibili nel dar senso musicale a parole di senso vuote”, riversando quindi la responsabilità sul librettista. Al Rof l’opera è stata presentata in una versione a dir poco splendida dal regista veneziano Damiano Michieletto. Come si legge in un’intervista rilasciata al Resto del Carlino il 9 agosto 2010, il regista ha voluto presentare il re come un folle, divorato dal senso di colpa per la morte della moglie e di questa pazzia ha fatto la base della storia. Il re a poco a poco guarisce, fino a recuperare la realtà. La scena è stata suggestivamente collocata all’interno di un manicomio, con tanto di malati, di medici e di infermieri, raggiungendo un grande effetto emotivo e psicologico. Il pubblico pesarese, una piccola parte del pubblico pesarese presente alla Prima dell’8/8/2010, ha disapprovato la scelta del regista, che peraltro è stata vivamente apprezzata da chi ha assistito alle tre rappresentazioni successive. Della “ritrattazione” dà atto il solito Resto del Carlino nell’edizione del 17/08/2010 anche se persiste un versante critico nel SOLE 24 ORE del 15/8/2010. D’altro canto, la storia della musica è piena di episodi del genere. Basta pensare ai fischi che accolsero la Prima della “Sagra di Primavera” di Stravinskij. Per fortuna, è il giudizio finale quello che conta. Cos’altro? I cantanti. Tutti splendidi ma, in particolare, desidero ricordare Daniela Barcellona nel ruolo di Sigismondo (contralto) e Antonino Siragusa in quello del salvatore della regina (tenore). Per non fare ingiustizie, ricordo però anche Andrea Concetti (Ulderico/Zenovito), Olga Peretyatko (Aldimira, dotata di “classe luminosa”, così il SOLE 24 ORE del 15 agosto 2010), Manuela Bisceglie (Anagilda) ed Enea Scala, nel ruolo di Radoski. Ottimi anche il Coro del Comunale di Bologna e l’orchestra dello stesso Teatro Comunale. Resta da dire della direzione. L’ho lasciata per ultima perché si tratta di una sorpresa. La sorpresa è rappresentata dal direttore, il pesarese Michele Mariotti, il quale ha rivelato doti non comuni di chiarezza e di compenetrazione dell’opera, oltre a un indiscutibile magistero direttoriale. 2 Demetrio e Polibio. Si tratta di un “dramma serio” in due atti di Vincenzina Viganò Mombelli. Rossini la com- pose a 18 anni, nel 1810 ma la critica moderna dubita che essa sia interamente farina del suo sacco. Vi è di più. Nel libretto di sala dell’edizione di quest’anno (pag. 15) si legge addirittura che “siamo praticamente sicuri che la Sinfonia sia di (Domenico) Mombelli” e lo stesso sembra sia vero anche per alcune Arie. Il soggetto narra di un infante, Demetrio, figlio del re di Siria, che vive alla corte del re dei Parti perché suo padre è stato esiliato. Dopo varie vicende, il re esiliato recupera il trono, il fanciullo, nel frattempo divenuto uomo, sposa la figlia del re dei Parti e i due regni si legano in un’alleanza con tripudio generale. L’opera è andata in scena per la prima volta al Teatro Valle di Roma il 18 maggio 1812. Nota a questo proposito il Resto del Carlino del 12 agosto 2010 che “la la trama di “Demetrio e Polibio ”è un vero delirio del nulla storico-geografico-esotico-sentimentale, steso fra Metastasio e Hiller in un complicato universo pre-coloniale confuso e rissoso”. Il cast vocale era composto da Maria José Moreno (Lisinga), Victoria Zaytseva (Demetrio), Yijie Shi (Eumene) e Mirco Palazzi (Polibio). Sia alla Prima che alle rappresentazioni successive non sono mancati gli applausi. Molto attenta e puntuale la direzione del M° Corrado Rovaris. Assai apprezzata la regia di Davide Livermore, realizzata dalla Scuola di Scenografia dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino. Cenerentola. L’opera, in due atti, è un dramma giocoso di Jacopo Ferretti. Musica, naturalmente, di Gioachino Rossini. Prima rappresentazione: Teatro Valle di Roma, 25 gennaio 1817. La vicenda è troppo nota per essere ricordata. Basterà ricordare l’eloquente sottotitolo dell’opera, ossia “La Bontà in trionfo”. Piuttosto c’è da dire che la musica di quest’opera, “esplosiva e di altissima fattura” (come la qualifica il Resto del Carlino del 13 agosto 2010, ha ancora una volta affascinato il pubblico dei melomani. Ottimo il cast, composto da uno strepitoso Paolo Bordogna (Don Magnifico, “formidabile, rutilante sillabatore” così il SOLE 24 ORE del 15/8/2010) ), Lawrence Brownlee nella parte di Don Ramiro, Marianna Pizzolato nel ruolo di Cenerentola (“più mansueta che magica”, SOLE 24 ORE 15/8/2010) , Manon Strauss Evrard (Clorinda) , Cristina Faus (Tisbe), Nicola Alaimo (Dandini) ed Alex Esposito (Alidoro). Tutti bravissimi , anzi eccellenti. Calorosi applausi del pubblico che ha particolarmente apprezzato la regia di Luca Ronconi con la collaborazione di Ugo Tessitore e la direzione del M° Yves Abel. Maestro del Coro, ottimo, Paolo Vero. Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna. Stabat Mater, sequenza per soli, coro e orchestra. Composta nel 1832. Rossini ne completò sei pezzi (1, 5,6, 7, 8, 9) mentre i restanti sei furono affidati a Giuseppe Tadolini, suo antico compagno di studi alla scuola di Padre Mattei. Ripresa nel 1841, la composizione venne interamente completata da Rossini. La prima esecuzione pubblica ebbe luogo a Parigi (Théâtre Italien) il 7 gennaio 1842, riscuotendo uno strepitoso successo di pubblico e di critica. In Italia, la prima ebbe luogo nella chiesa di Sant’Antonio di Milano il 4 marzo 1842 con organico ridotto e il 18 marzo dello stesso anno a Bologna nella sala dell’Archiginnasio. L’unica rappresentazione al XXXI Rof ha avuto luogo domenica, 22/8/2010 con videoproiezione in diretta nella Piazza del Popolo. In precedenza, la composizione era stata eseguita al Rof nella stagione 2008. Interpreti Marina Rebeka, soprano, Marianna Pizzolato, mezzosoprano, Antonino Siragusa, tenore, Mirco Palazzi, basso. Orchestra e coro del Teatro Comunale di Bologna. Maestro del coro: Paolo Vero. Direttore: Michele Mariotti. L’esecuzione 2010 è stata vivamente apprezzata ed ha raggiunto momenti di commozione e di forte intensità nei movimenti finali, il n. 9, Quartetto, “Quando corpus morietur” e, soprattutto, nel n. 10, Finale, “In sempiterna saecula. Amen”, bissato, è il caso di dirlo, “a furor di popolo” presente in sala. Il pubblico ha manifestato vivo apprezzamento per i solisti, tutti bravissimi e molto partecipi, ed entusiasmo per il direttore. Un cordialissimo saluto. Pierserafino Marsico Milano, 1 settembre 2010 3 LOMBARDIA conosciamo la terra in cui viviamo di Antonio Gargiulo La Costiera del Canto. Un luogo dello spirito. Ai margini della Pianura Padana, là dove i territori di Bergamo e Lecco si incontrano, appena scostato dai primi contrafforti alpini, sorge un ampio dosso boscoso, che raggiunge un’altezza massima di 700 metri. Si tratta del Canto Basso, che si presenta con un versante esposto a sud e uno a nord. Su ciascun versante sorge un’antica abbazia. Le due abbazie sono accomunate dalla persona dello stesso fondatore, Sant’Alberto di Prezzate, un nobile vissuto nell’XI secolo e fattosi frate cluniacense, primo abate di entrambe le abbazie. Per il resto le due abbazie hanno subito vicissitudini diverse, e restano separate anche al giorno d’oggi. Le unisce soltanto uno scenografico sentiero attraverso i boschi, percorribile a piedi ( o in mountain bike ) da chi non ha paura di sopportare un minimo di fatica pur d’immergersi nell’atmosfera mistica di questi luoghi. Cominciamo dal versante nord e dall’Abbazia di Pontida. Fu la prima a essere fondata da Sant’Alberto su suoi expossedimenti, che egli stesso aveva donato all’Abbazia di Cluny, in Francia. A Cluny risiedeva una comunità di monaci fautori di un ritorno all’antica regola benedettina dell’Ora et Labora, che negli ultimi tempi era stata alquanto strapazzata dai rappresentanti dell’ordine. I cluniacensi fondarono moltissime comunità monastiche ispirate ai loro principi in tutta Europa, e alcune piccoline già le avevano in Lombardia. Con la fondazione dell’Abbazia di Pontida essi realizzarono un insediamento di tutto prestigio, anche per la statura del primo abate, cioè Sant’Alberto, che aveva dimestichezza con vescovi e imperatori. L’Abbazia, che era sorta anche come luogo di sosta per i pellegrini diretti ai luoghi santi, fu intitolata a San Giacomo, loro protettore. Poco dopo Sant’Alberto fondò anche l’Abbazia di Sant’Egidio a Fontanella, sul lato sud del costone del Canto Basso. Ce ne occuperemo più in là. Gli abati di San Giacomo a Pontida si spesero molto per appianare le divergenze fra i comuni lombardi. L’autorità che l’Abbazia così acquistò indusse i vari comuni a riunirsi proprio lì nel 1167, e a fondare la Lega Lombarda in opposizione al Barbarossa, pronunciando il famoso giuramento. Anche se manca una documentazione storica precisa, si hanno fondati motivi per ritenere che il giuramento avvenne proprio in questo luogo. L’Abbazia subì poi altre vicissitudini e decadde anche moralmente. Addirittura fu in conflitto con l’altra Abbazia, conflitto sfociato nell’assassinio dell’abate di Pontida. Risorse nel XV secolo, quando fu sciolto il legame con Cluny e istituito quello con l’Abbazia di Montecassino nel Lazio. Ancora oggi i monaci residenti si definiscono benedettinicassinesi. Come molti altri conventi in Lombardia, anche quello di Pontida fu soppresso da Napoleone nel 1798, e i suoi beni furono venduti per finanziare le sue campagne militari e le sue ambizioni imperiali. Solo la chiesa continuò a funzionare come parrocchia. I monaci ritornarono nel 1910, e tenacemente si misero all’opera per restaurare il complesso. Impiegarono fino al 1965 per riacquistare una per una tutte le loro vecchie proprietà, e gradualmente ricostituirono il monastero com’era prima. Oggi la chiesa si presenta all’interno in gradevole stile gotico-lombardo, purtroppo appesantito dalla solite cappelle barocche. Anche presbiterio e coro sono ricostruzioni recenti. La facciata è invece in stile neoclassico. Sono però bellissimi i due chiostri rinascimentali. Particolare curioso, la grande statua di San Giacomo in rame dipinto, collocata alla sommità del campanile, che ruota con il vento indicandone la direzione. Il complesso ha riacquistato un’atmosfera spirituale. I monaci ospitano le persone che intendono vivere un momento di ritiro spirituale e le fanno partecipare alla loro preghiere e funzioni religiose. Torniamo ora all’Abbazia di Fontanella, quella sul versante sud del monte. La chiesa è in stile romanico-lombardo, costruita con blocchi di arenaria azzurra locale. Dentro è quasi intatta, con begli affreschi cinquecenteschi. Immersa com’è nel verde, sia all’esterno che all’interno vi si avverte un’aura di spiritualità. E non a caso. È stata in epoca recente frequentata da due giganti della spiritualità moderna. Cito papa Roncalli, alias Giovanni XXIII, che era nato proprio qui, nel comune di Sotto il Monte, nel cui territorio sorge l’Abbazia. Papa Giovanni, da giovane, era un assiduo frequentatore dell’ Abbazia. L’altro è padre David Maria Turoldo, filosofo e poeta religioso, fondatore della Casa di Emmaus. Uomo di profonda spiritualità, che proprio qui si ritirò a vivere, e qui morì nel 1992. I locali ricordano la sua frequentazione assidua dell’Abbazia. Sicuramente era anche lui attratto dall’atmosfera mistica del luogo. Ora è sepolto nel piccolo e pittoresco cimitero di Sotto il Monte, e la sua tomba è oggetto di frequenti pellegrinaggi. Antonio Gargiulo 4 L’Uomo del grano (parte seconda) di Marco Micarelli Con la fine della seconda Guerra Mondiale, la figura e l’opera di Nazareno Strampelli cominciarono presto a sbiadire fino ad essere dimenticate presso il grande pubblico anche se le sue sementi di grano continuavano ad essere largamente coltivate assicurando cibo a milioni di persone attenuando le inevitabili carestie che fecero seguito al periodo bellico. Quali siano state le ragioni che nei decenni successivi alla guerra portarono alla cancellazione nel nostro paese del ricordo del grande genetista non è facile dire. Indubbiamente la crisi dell’agricoltura che faceva seguito allo spopolamento delle campagne con lo sviluppo delle nuove attività industriali che venivano affermandosi ebbe il suo peso. Ma personalmente ritengo che ci fu la volontà politica di cancellare il ricordo di un uomo che aveva aderito al Fascismo sin dal 1925, che era stato fatto Senatore del Regno (anche se con sua grande ritrosia) nel 1929 e, soprattutto, era stato l’artefice della tanto strombazzata Battaglia del grano. Alla fine del secolo scorso e precisamente nel 1999, il grande genetista Inglese A. J, Worland scrisse sull’ autorevole Journal of Genetic and Breeding che il lavoro fatto nella prima metà del novecento da Strampelli aveva posto le basi per la “rivoluzione verde” della seconda metà del secolo che valse il premio Nobel al messicano Norman E. Borlaug il quale aveva lavorato inconsapevolmente su varietà di frumento, messe a punto dal nostro genetista, coltivate in Messico. Anche Strampelli, negli anni trenta, era stato candidato al Nobel, ma la proposta non ebbe successo. Tra le numerose varietà di frumento realizzate, la prima fu il grano Carlotta dedicato a sua moglie, Carlotta Parisani, discendente dalla famiglia Bonaparte, che fu la sua prima validissima assistente venuta a mancare nel 1926. Cito alcune sue varietà (Villa Glori, Mentana, Ardito , Virgilio, Balilla, campioni di grano CARLOTTA Littorio, Terminillo, Cappelli) ottenute per ibridazione partendo da quelle esistenti provenienti da ogni parte del globo. Si trattava di una tecnica nuova che non trovava accoglimento né tra gli agricoltori attaccati alle varietà tradizionali, né nel mondo accademico che puntava sulla lenta selezione genetica delle varietà esistenti. Brutto vizio, tutto italiano, che rifiuta il nuovo frenando lo sviluppo in ogni campo. Solo i risultati clamorosi fecero ravvedere gli oppositori.Oggi, col procedere delle ricerche, la maggior parte delle sementi Strampelli hanno lasciato il campo ad altre varietà ottenute, spesso, con l’impiego, sin dagli anni settanta, di radiazioni nucleari. Nessuno si scandalizzi! Sono diecine i prodotti ortofrutticoli ottenuti per questa via, dal pompelmo rosa al grano duro Creso che ha praticamente soppiantato il Cappelli, ideale per la pasta, che qualche amico ancora ricorderà per la pubblicità che se ne faceva. Ed ora qualche notizia lampo per completare la figura umana del nostro conterraneo. Decise di laurearsi in Agraria dopo aver frequentato un anno di Giurisprudenza a Camerino: amo pensare che vi sia stato spinto dal desiderio di sollevare i nostri contadini dalla loro vita di stenti. Fondò nel 1891 la Società Agricolo-operaia di Mutuo Soccorso, una delle prime in Italia. Si rifiutò di brevettare le sue varietà di frumento, come rifiutò prebende per i meriti acquisiti, conducendo una vita modesta e disinteressata al servizio della scienza e dello Stato. A destra in basso : statua di Nazareno Strampelli posta nei giardini di Camerino. 5 Il racconto di Pasquale Di Geso Il Professore Camminava sicuro, dritto come se un palo della luce gli sostenesse il corpo asciutto, allampanato. Era sempre vestito di nero, non si sa se in segno di lutto o per affettare eleganza. Lo stesso abbigliamento in tutte le stagioni. Cappello a larghe tese. giacca a doppio petto e pantaloni scuri. La gente sentiva freddo quando gli vedeva addosso un cappotto blu notte e prevedeva un’invernata lunga. Un menagramo nella testa di molti e, per giunta , straniero persino nel cognome. Distinto, con la nazionale permanentemente accesa , di poche parole incuteva enorme soggezione. Ficcava il suo sguardo scuro negli occhi dell’interlocutore quasi a leggergli dentro. Nessuno sapeva né poteva contraddirlo, tanto erano semplici e razionali le sue idee e le soluzioni ai problemi più complicati. La pratica dell’insegnamento nelle scuole elementari lo aveva portato a semplificare tutto che, poi, accompagnava con un “va bene così” perentorio. Non si faceva chiamare maestro, troppo poco o molto impegnativo per lui, cui ben s’acconciava il titolo di professore. Non aveva peli sulla lingua e parlava sempre “avanti”. La scuola gli interessava come la conduzione del suo capitale al sole. Ed ogni sera si fermava vicino al municipio per trovare gli “ uomini “ , contrattare la giornata, indicare il campo, assegnare il Lavoro. Era il primo ad arrivare in piazza, così poteva scegliere i “migliori cafoni “. Il primo ad andare via, sempre solo, segnato a dito da tutti,in silenzio, segno di timore e di rispetto, che lo accompagnavano al palazzo dove si rinchiudeva fino all’alba successiva. Circolava nel quartiere una normale curiosità : Come viveva, con chi viveva, cosa mangiava e faceva quell’individuo impenetrabile e tirchio? Domande e risposte capziose s’intrecciavano e straripavano nel paese. Ma le illazioni popolari si concludevano con la saggia cautela dell’andante “ nel mare tranquillo ,silenzioso, non andare a pescare”. Pescò male un ortolano accusato d’appropriazione indebita di beni altrui. Ripetutamente aveva chiesto al professore di rimuovere dal suo viale un grosso mucchio di mota dragata da un canale. Persa la santa pazienza, se ne servì come concime e Giacchetta , pignolo , ricorse addirittura agli avvocati. L’immaginario dei paesani fermentava all’aria misteriosa di quel tipo davvero originale. Fantasticava sulla gelosia per una moglie bellissima e remissiva, impresentabile forse perché di origine plebea, costretta alle faccende domestiche ed a sfornare figli, che poi erano solo tre. Una reclusa che usciva solo di notte o al mattino presto , sempre coperta da un velo pregiatissimo, in occasione delle funzioni religiose, natalizie e pasquali. Pasquale il poeta cantava di avere intravisto il bel viso di Addolorata mentre prendeva l’ostia consacrata. “Madonna mia , che grande bellezza tiene o professore che è ‘na schifezza’ . E si capisce che rinchiusa la tiene, se no le male lingue chi le trattiene?” Le male lingue invece si muovevano lo stesso, tagliavano aspri giudizi sul quel caporale che non strillava mai, ma costringeva tutti a fare la sua volontà. Lo sapevano bene i suoi alunni ricompensati dei loro timori con gite a spietrare le sue terre . I giovani lavoratori facevano ginnastica fisica e mentale. Se un contadino vuole piantare in un poderetto di 350 are 100 alberi d’ulivo a quale distanza li alloggerà? E se le pianticelle costano 77 lire ciascuna , quanto dovrà spendere?. I ragazzi incespicavano su quell’allogare , ma intuivano, masticando 6 calcoli ed improperi. Né c’era respiro in questa attività peripatetica. Si doveva poi dividere il campo che era un rettangolo in due triangoli e calcolarne l’area conoscendo la misura dei cateti. Addizioni, moltiplicazioni , divisioni aeree o eseguite nella terra si concludevano con lirichette da mandare a memoria. “Che dice la pioggerellina /di marzo che picchia argentina/sui tegoli rotti ….” La marcia del ritorno , in fila per due , era cadenzata dall’inno per la festa degli alberi “Noi siamo le gentili pianticelle….” Era severo ma giusto. Non c’era il bagno nel magazzino dove insegnava, in via Della Macina e non poteva permettere la diaspora continua dei ragazzi dietro i “parait” , i muretti a secco là, verso il Camposanto. Divideva le numerose scolaresche in due gruppi e chi aveva bisogni supplementari poteva espletarli dopo una spalmata di ferula (1) sulle mani.. Mai punì Nino , un alunno debole di reni. Anche questo era un esercizio alla vita, avara per il professore. Tutto si seppe durante la veglia funebre che vide affollato il palazzo in via Fanfulla da Lodi. Pochi familiari vegliavano quel forte ottantacinquenne stroncato nel sonno da un colpo al cuore , ormai stanco, affranto dalle sofferenze , dalle disgrazie patite in dignitoso silenzio; dal lavoro che tutto l’assorbiva, dalla frustrazione per l’impotenza di fronte allo sfacelo della sua famiglia. Ci teneva molto. La moglie , che gli sopravvisse un mese soltanto, era stata afflitta dal piccolo male e lui l’aveva curata con amore sino all’ultimo. Dei figli solo il maggiore Giuseppe s’ era affermato ma a Torino dove era quasi fuggito dall’ambiente funereo della famiglia , cui era poco legato per essere vissuto in istituti. E il vago ricordo delle estati della sua infanzia vissute nella loro masseria di San Magno non poteva riportarlo giù , nel paese , a non sperdere il capitale del padre , che non aveva potuto neppure fidarsi di Tonino. Il secondogenito era laureato in Economia e Commercio, ma soffriva di ipocondria, di agorafobia. Si rintanava in casa ,fuggiva il mondo e non si sa che fine abbia fatto. Maria ,minata nel fisico, era morta adolescente per un male oscuro. Che pena faceva quel corpo inerte! Sul viso sereno c’era l’ombra di un sorriso , forse l’unico della sua vita a significare la fine delle tribolazioni. Il sincero struggimento per la sorte di quell’uomo durò tutto il funerale , lungo, preceduto da una teoria di orfanelli e seguito dalla banda paesana che suonava la marcia di Chopin. Rimase la nomèa e dura tuttora , condita anche da un’aneddotica fantasiosa e colorita secondo l’estro del momento e dall’abilità del narratore. Forse si saprebbe qualcosina di più e di certo , se si spulciassero le cronache inviate alla Gazzetta del Mezzogiorno da P.G. Il professore G. , dunque, sapeva usare anche la penna per narrare i fatti della sua terra. Lo faceva con sobrietà e discrezione, ma anche con competenza. Era sempre informato di tutto e su tutti , non lo faceva intendere a nessuno forse perchè , in fondo , anche a lui piaceva circondarsi di mistero. Ubbia o forma di difesa? Il segreto sta li, sotto i cipressi, con i suoi resti indicati da una lapide semplice di soli dati anagrafici. Pasquale Di Geso (1) Ferula : verga che si usava anticamente per punire gli alunni che si accostavano all’istruzione. Disegni di F.Granito Ringraziamo l’amico Prof. Pasquale Di Geso per averci concesso di pubblicare sul nostro CIAVARRO questo suo racconto già pubblicato nella raccolta : Figure e figuri Storie minime del mio paese- Universo Parallelo Editrice. Il prof. Pasquale Di Geso è laureato in lettere . Ha insegnato in Sardegna, nel Veneto, ed attualmente è docente presso il Liceo Classico “Francesco Stabili” di Ascoli Piceno. Ha pubblicato articoli riguardanti diversi argomenti per giornali del suo paese. Per i suoi alunni ha scritto nel 1986 un’Analisi comparata di alcune novelle di D’Annunzio e Pirandello, nel 1987 la versione teatrale in tre atti della novella “Il treno ha fischiato” di Pirandello presentate al Convegno Internazionale di Agrigento sullo scrittore siciliano. Oltre ad altre cose, ha scritto anche varie schede di lettura su romanzi di autori del ‘900. 7 Alcune prossime manifestazioni nelle nostre Regioni MARCHE Gino Paoli in tournee Il Palariviera di S. Benedetto del Tronto il 12 ottobre 2010 ospiterà il concerto di Gino Paoli che tornerà ad emozionare dal vivo riproponendo i suoi brani più amati : quelli celebrati nella sua raccolta “ Senza Fine”. L’immagine del made in Italy a Carta canta Dal 6 al 10 ottobre 2010 all’Ente Fiera di Civitanova Marche si terrà la 12° edizione di CARTA CANTA il Festival-Expo dedicato al settore Cartario e dell’Editoria. Elemento centrale del Festival è la seconda edizione di Grafich Fest con“L’immagine del made in Italy”, una grande mostra grafica sulla comunicazione e le Aziende del design dal 1950 al 1980. Festival della carne bovina di razza Marchigiana TREIA (MC) dal 2 al 3 ottobre 2010 La razza bovina Marchigiana costituisce la punta di eccellenza dell’agricoltura locale e proprio per la sua valorizzazione la Provincia di Macerata ideò l’annuale rassegna che con il tempo ha allargato il proprio inte – resse a tutte le produzioni agricole del mondo rurale in genere. Il Festival della carne bovina Marchigiana è sostenuto dalla Provincia,dalla Regione, dal Comune di Treia, dalla Pro-Loco Treia e dall’Ass.Nuova Santa Maria in Piana. Per gli spiritosi e le buone forchette ci permettiamo di segnalare A Fratte di Sassofeltrio dall’1 al 3 ottobre 2010 19°Sagra dei Fagioli e cotiche Ghiotta occasione per riscoprire i sapori tempo lontano quando cioè si diceva: “ Del maiale non si butta via niente” di un 8 UMBRIA Perugia Si terrà dal 15 al 24 ottobre p,v. la 17° edizione Eurochocolate nel capoluogo umbro. Il 9 e 10 ottobre p.v. inoltre la speciale anteprima a l’Aquila per contribuire alla ripresa del territorio. Dal 4 al 12 dicembre 2010 a Bastia Umbra Tante le proposte che animano la nuova edizione di Expo Regalo all’Umbriafiere di Bastia Umbra a dicembre. L’ingresso è gratuito. Il grande contenitore del regalo di Natale dove trovano spazio gli oggetti più vari per rispondere alla esigenze più disparate. TEATRO DEL SOGNO DA CHAGALL A FELLINI A Perugia dal 25/09/2010 al 09/01/2011 Si parte il 25 settembre 2010 con la mostra Teatro del Sogno da Chagall a Fellini presso la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia . Il sogno infatti è il tema, il soggetto, o il pretesto per costruire il percorso espositivo di una mostra che intreccia il Simbolismo di inizio Novecento con l’arte contemporanea , i diversi “surrealismi” con alcune delle più suggestive espressioni nel cinema. A ottobre Orvieto , a spasso con gusto. Rassegna enologica annuale. Il prestigioso appuntamento enogastronomico si pone l’obbiettivo di riscoprire e salvaguardare i prodotti della tradizione che rischiano di perdersi . A spasso con gusto è un itinerario slow per conoscere sapori e profumi , passeggiando tra vie, piazze e palazzi storici. A Bastia Umbra EXPO Casa torna dal 5 al 13 marzo 2011 9 L a vacanza estiva è già volata via e per fortuna mi ha lasciato bellissimi ricordi : antichi sapori , profumi, concerti, sagre paesane (anche troppe) e la gioia di avere potuto rivisitare stupendi luoghi marchigiani. E qui è bello apprendere che anche i giovani sono legati ai ricordi di questa nostra meravigliosa terra. Citiamo con piacere ad esempio il giovane e bravo attore Neri Marcorè che su SLOW FOOD , annuario delle Osterie e trattorie d’Italia ha scritto in merito uno spassoso articolo : “ Da li suri allo ficusu” che ci ha cortesemente concesso di riprodurre sul nostro CIAVARRO”. Ringraziamo ancora l’attore Marcorè e SLOW – FOOD per questa gentile concessione, mentre ci auguriamo di poterlo salutare, con un gruppo di soci, nel prossimo autunno al Teatro Strehler. Vincenzo Tappatà Da li suri allo ficusu ( prima parte) Sono nato sul mare. No. non nel senso che sono nato in barca o seguendo qualche bizzarra tecnica di parto rivoluzionaria.E in quel caso non l’avrei seguita io , ma mia mamma.Oh , va bene, insomma, voglio solo dire che sono nato in uno dei tanti paesi marchigiani bagnati dall’Adriatico ma che il pesce non l’ho mai apprezzato fino a quando non è stata la mia mamma a prendere in mano le redini della cucina, quasi a ridosso della mia adolescenza , intaccando di fatto il potentato della nonna. Si perché mia nonna gestiva ed ha continuato a gestire ancora a lungo il bilancio familiare e quando comprava il pesce ne prendeva sempre un tipo orrendo, presumibilmente non molto caro, stoppaccioso , pieno di spine; anzi, secondo me era un pesce costituito completamente di lische e spine dove qua e là capitava per sbaglio un po’ di carne. Ma si dirà carne anche quando si parla di pesce? . Mah …..Non ho mai voluto sapere il nome ufficiale(1) di olive ascolane questo coacervo di aculei che mi si conficcavano tutti regolarmente in gola, so soltanto che da queste parti lo si chamava “suru” :”Li suri” al plurale, visto che le disgrazie non vengono mai sole. Ora che ci penso , è possibile che si sia estinto in questi trent’anni nei quali non ne ho più sentito parlare, forse lo schifavano anche i tonni e non posso purtroppo chiederne conferma alla povera Manina che passava sulla strada col carretto del pescato del giorno urlando a squarciagola “la sclàpica-lasclàpicalecongole-limirluzziliroscioli-lisgummeri – lamagnàna lamàgnanaaaaaaahoo ooollll”,tutta una Neri Marcorè Suri alla griglia di Neri Marcorè attore parola. Alcuni dei suddetti nomi sono riconoscibili, nonostante il dialetto della mia zona, Porto Sant’Elpidio, altri meno, ma non importa specificarli, quel che conta è che negli ultimi trent’anni ho scoperto , grazie a mia mamma e non solo, che esisteva tutto un mondo subacqueo intorno ai suri che poteva essere cucinato in mille modi meravigliosi secondo la tradizione locale : vogliamo giusto citare il brodetto? O le olive ascolane – volendo anche ripiene di pesce- che si tuffano insieme ai dadini di crema nella frittura di paranza? Questa regione è un luogo benedetto dal creatore, perché mescola terra e mare, antiche ricette contadine con sapienti innovazioni culinarie e io sono stato fortunato perchè ,suri a parte , a casa mia ho sempre mangiato di tutto e da re. Si ammazzava anche il maiale, per dire. E poi via a smaltire e crescere sani e forti con gli amici nella campagna qua dietro. Che ora però è arretrata di parecchio,per la cronaca. ….La ” salata” , questo il termine con il quale si definisce la macellazione del suino da queste parti , vedeva impegnata per tutta la giornata l’intera famiglia, più un esperto “ salatore” ed era uno ciauscoli spettacolo la sera , malgrado la stanchezza, vedere penzolare tutti quei ciavuscoli ( o ciauscoli) , quelle lonze o quelle salsicce su in soffitta, dopo che durante il giorno nessuno si era fatto mancare il lardo fresco spalmato sul pane o il sangue rappreso , cotto in padella con le patate e la cipolla, che oggi non so se lo mangerei ma a quei tempi mi piaceva tantissimo. (segue al prossimo numero) (1) Nome ufficiale : Suro o sugarello o spighetta . 10 Vita associativa EVENTI A cura di G.B. Ortenzi San Ciriaco Cattedrale di Ancona Relazione dell’evento del nostro Vicepresidente Vincenzo Tappatà Alcuni componenti la nostra delegazione Vincenzo Tappatà Vicepresidente Non è stato facile ,per gli organizzatori, realizzare il XX° incontro , definito solo pochi giorni prima della data fissata, grazie al Presidente Prof. Ferri , ai suoi collaboratori ed al particolare interessamento dell’Assessore alla Cultura del Comune di Ancona Avv. Nobili. Tutto comunque si è svolto nel migliore dei modi rispettando il seguente programma : -Breve Consiglio dei Presidenti e/o Delegati delle Associazioni che hanno presenziato all’incontro e che hanno ringraziato il Prof. Ferri per l’impegno profuso e suggerito consigli per i futuri incontri. -Omaggio a San Ciriaco e interessante visita guidata alla Cattedrale ed al Museo Diocesano. -Accoglienza delle delegazioni da parte del Sindaco di Ancona , dell’Assessore alla Cultura e delle altre Autorità presenti del Comune, Provincia e Regione. Tutte le Autorità hanno apprezzato e lodato, facendoci anche promesse, il nostro impegno di Ambasciatori delle Marche sia in Italia che nel mondo . Erano presenti infatti anche rappresentanti di associazioni del Sud Africa , Americhe ed Europa , che hanno testimoniato il loro impegno, anche in attività di prestigio, nelle nazioni in cui ora operano e vivono. -La riunione ha avuto un magnifico epilogo con le parole dell’Arcivescovo di Ancona, Mons. Menichelli, che ha voluto intrattenerci con la massima competenza sul tema: “Associazionismo tra identità ed integrazione oltre i confini regionali Identità,storia, terra e fede “. L’incontro si è concluso con un ottimo pranzo , omaggi, tanta cordialità e con l’immancabile riproduzione della Cattedrale di Ancona eseguita dal bravissimo incisore Eros Donnini. Vedi sotto Gilberto Ricci Consigliere Francesco Granatelli Consigliere Inoltre erano presenti alcuni soci tra cui: R. Buegan , G. Tomassini 11 Notizie dalle nostre Regioni A cura di G.B. Ortenzi In occasione del terzo centenario della nascita di G.B. Pergolesi (Jesi 1710 – Pozzuoli 1736) La Fondazione Pergolesi Spontini , in collaborazione con “Il cioccolato di BruCo” nostro generoso sponsor e Azienda artigianale marchigiana considerata tra i 10 migliori cioccolatieri italiani, ha fatto realizzare “I pergolesi”, irresistibili pralines al cioccolato puro extrafondente, ottenuto dai migliori cacao del Sud America , cui si aggiunge una nota dei più raffinati oli extravergini di oliva delle splendide colline marchigiane. Si sono recentemente “Gli spontini”, aggiunti finissimi cioccolatini extrafondenti con nota di Visciola (ciliegia selvatica) ed “ I rossini” extrafondenti con una nota di tartufo. Tutto in onore dei due compositori che assieme a Pergolesi compongono la triade dei grandi marchigiani in campo musicale. G.B. Pergolesi Il 17 agosto 2010 alle ore 21,15, presso l’ ’Hotel Savoy a Pesaro l’ASSOCIAZIONE MARCHIGIANI E UMBRI DI MILANO “E.MATTEI” ha promosso una serata d’arte dedicata all’incontro con un cittadino illustre: Simone Cantarini In questa occasione è stato proiettato un DVD dal Titolo: )NCH?L;LC =;HN;LCHC;HC H?FF? -;L=B? a cura del Dott. Mario Mancigotti. Sant’Angelo in Vado “celebra “ il Tartufo Bianco simbolo e vanto di queste terre con questa Mostra che quest’anno raggiunge la sua 47 edizione e si svolgerà tutti i fine settimana dal 9 al 31 ottobre. Sant’Angelo in Vado è un incantevole Borgo medioevale dell’entroterra marchigiano, nella Provincia di Pesaro ed Urbino, bagnato dal fiume Metauro. Il Tasso scrisse “..il fiume degli innamoramenti improvvisi e duraturi … più ricco di gloria che di acque…” D O N A Z I O N E Orto botanico , aula per musica e informatica, 10 laboratori, campo sportivo polifunzionale, palestra, pannelli solari: è la scuola elementare che la famiglia Della Valle ha donato a settembre a Casette d’Ete. Il costo di tremila metri quadrati ,realizzati in un anno e mezzo , è di 5 milioni di euro. Sant ‘Angelo in Vado (PU) Mostra Nazionale del Tartufo Bianco Pregiato delle Marche Dal 9 al 31 ottobre 2010 IL CIAVARRO Direttore responsabile Pierfrancesco Fodde Redazione Direttore responsabile G.B. Ortenzi Segretaria Luisella Dameno Consulente Redazione Enzo Capocasa Redattori Antonio Gargiulo Marco Micarelli Impaginazione e grafica G.B.Ortenzi Hanno collaborato a questo numero Pasquale Di Geso Neri Marcorè Pierserafino Marsico Vincenzo Tappatà 12