AIAB CALABRIA Diversificazione e multifunzionalità dell’azienda biologica Con il contributo di: Dipartimento 8 Agricoltura e Risorse Agroalimentari AIAB CALABRIA Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Calabria cofinanziato Feasr Regolamento (CE) n. 1698/2005 Misura 111 azione 3 nell’ambito del progetto “InformaBio – Campagna di sensibilizzazione e informazione sul biologico per gli addetti del mondo agricolo” Indice Introduzione................................................................................ 5 Diversificazione e multifunzionalità................................... 8 Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura.........................13 Le principali attività di diversificazione all’interno della azienda agricola.................................................................. 17 Le nuove funzioni dell’agricoltura....................................22 Funzione ricreativa e turistica......................................................................... 23 Funzione educativa............................................................................................24 Funzione terapeutica e sociale...................................................................... 25 Funzione agro-energetica............................................................................... 26 L’agriturismo biologico.........................................................27 La fattoria didattica................................................................30 L’azienda agricola terapeutica............................................35 “Pick your own”, raccogli da solo......................................47 Bibliografia.................................................................................50 Sitografia....................................................................................50 3 4 Introduzione Luis Urrà Negli ultimi decenni l’agricoltura non è più vista come un’attività legata esclusivamente al soddisfacimento del bisogno alimentare, ma ingloba anche altre attività extra-produttive che consentono lo sviluppo sano ed equilibrato del territorio. Attualmente l’agricoltura sceglie infatti le proprie attività in base a quelle capaci di creare reddito nel rispetto delle esigenze dei consumatori, sempre più attenti al rispetto dell’ambiente e alla salubrità degli alimenti. Proprio da queste esigenze trae origine il metodo dell’agricoltura biologica, più attento alla sostenibilità ambientale rispetto a quella convenzionale e per questo considerato il modello di sviluppo in grado di assicurare un contributo nella riduzione della pressione sugli ecosistemi e sull’ambiente. Le aziende biologiche presentano infatti un minor carico di bestiame a ettaro, utilizzano più diffusamente sistemi a migliore efficienza idrica e a risparmio energetico, contribuiscono alla difesa della biodiversità, vendono direttamente i loro prodotti accorciando così la filiera produttiva e la distanza tra il luogo di produzione e il consumatore. In generale è possibile affermare che l’agricoltura biologica sviluppa un modello di produzione in cui il concetto di diversificazione è di per sé contemplato alla base, in quanto trova, nella tutela e valorizzazione della biodiversità agroalimentare, dell’ambiente e del paesaggio, strade alternative capaci di generare sviluppo. Le peculiarità di questo metodo agricolo e di allevamento consente quindi di effettuare con migliori risultati lo sfruttamento virtuoso delle proprie aziende, in linea con il trend internazionale, dove diffusa è l’applicazione della cosiddetta “diversificazione aziendale”. Questo modello gestionale dell’azienda consiste nell’individuare le occasioni che si presentano al di fuori del sistema attuale, al fine di garantire un maggior reddito tramite nuovi canali di mercato. Sempre più gli addetti del settore del Bio, puntano quindi a sviluppare una vera e propria interazione tra l’agricoltura, la società, l’ambiente ed altri settori dell’economia favorendo un modello di agricol5 6 tura basato sulla diversificazione e sulla multifunzionalità dell’azienda agricola integrata. Ciò si tramuta in un’interessante opportunità per l’impresa agricola biologica, cioè seguire strategie diverse che insieme concorrono alla creazione del reddito aziendale. L’agricoltura “multifunzionale” è quindi da intendere come un contenitore nel quale alle attività agricole viene riconosciuto un ruolo di primo piano, non soltanto per la tradizionale funzione produttiva, quanto anche per i servizi che queste sono in grado di generare. Tale attenzione è rivolta sia ai servizi destinati al mercato, sia alle esternalità positive e ai beni pubblici generati dalle attività del settore primario nei confronti dei quali, la domanda da parte della collettività, è in continua espansione. Tra le funzioni riconosciute alla sfera agricola troviamo infatti la dimensione turistico-ricreativa, la conservazione del paesaggio e delle tradizioni artigianali, la tutela ambientale, la gestione delle acque, il mantenimento della pratiche rurali, il ruolo terapeutico-riabilitativo e di integrazione sociale. 7 Diversificazione e multifunzionalità Antonino Sidari La diversificazione in agricoltura è un aspetto tipico dell’azienda biologica, in quanto estende le proprie attività oltre i suoi campi tradizionali, se non altro per diffondere ad un pubblico sempre più ampio di consumatori un possibile modello di sviluppo etico e sostenibile. Negli ultimi decenni, l’agricoltura biologica sta in ogni modo scoprendo sempre nuove opportunità di mercato, mettendo in risalto le enormi potenzialità del settore. Molte sono le aziende agricole che hanno saputo sfruttare, in maniera positiva, i cambiamenti del mercato offrendo, oltre alla produzione di prodotti alimentari, anche servizi mirati a tutelare l’ambiente, valorizzare i prodotti tipici e di qualità, sfruttare il potenziale turistico del paesaggio. Le attività aggiuntive possono assicurare all’azienda un’integrazione al reddito derivante dalle attività tradizionali, consen- 8 tendo al settore di sostenersi dal punto di vista economico. L’entità di questa richiesta di servizi è continuamente crescente in quanto le loro caratteristiche sono le più varie, in relazione al cambiamento del tenore di vita medio e ad una maggiore disponibilità di tempo libero per larghe fasce della popolazione. Chiaramente la funzione produttiva dell’azienda agricola ha sempre un ruolo principale e pertanto resta invariata, ma a questa si aggiungono nuovi elementi allo scopo di soddisfare nuove esigenze. Innanzitutto bisogna prendere in considerazione il fatto che i comportamenti di consumo alimentare sono profondamente cambiati negli ultimi decenni: c’è maggiore attenzione ai prodotti tipici e all’origine geografica dei cibi, si bada più alla qualità che alla quantità, si pone maggior interessa alla sicurezza alimentare (in termini nutrizionali, sanitari, ambientali ed etici). Altro aspetto rilevante è costituito dalla sempre più crescente domanda no-food, con paesaggio e sostenibilità ambientale che sono concetti sempre più diffusi tra i consumatori. Tutto ciò ha indotto una vera e propria trasformazione del settore agricolo che pone sempre più la sua attenzione sull’integrazione con il turismo e le tradizioni, sulle risorse territoriali e sulla valorizzazione dei prodotti locali. Le nuove attività ampliano le opportunità economiche, territoriali e sociali, dando al settore agricolo la possibilità di avvicinarsi a mercati diversi da quello tradizionale. Chiaramente questo nuovo approccio richiede anche una buona predisposizione imprenditoriale basata su programmazione, investimenti e management. Il ruolo dell’agricoltura, dunque, non è più identificabile solo con la funzione di produzione di beni di prima necessità ma è legato anche allo svolgimento di altre funzioni; queste funzioni nell’insieme vengono sintetizzate nel termine di multifunzionalità. Come si può facilmente intuire il concetto di multifunzionalità è strettamente connesso con la diversificazione anche se i due termini non vanno confusi: diversificando le attività agricole l’azienda supera la tradizionale funzione primaria di produzione alimentare e acquisisce nuove e numerose funzioni che non sono più soltanto connesse con l’attività agricola in senso stretto. Dunque la multifunzionalità può essere intesa come la possibilità che una stessa attività abbia due o più sbocchi, mentre per diversificazione si intende che diverse attività economiche (ad esem9 pio turismo e produzione alimentare) si combinino tra loro gestite da un’unica realtà (azienda agricola), formando una nuova attività. Il concetto di multifunzionalità riguarda la capacità che ha il settore primario di produrre beni e servizi secondari di diversa natura, unitamente alla produzione di prodotti destinati all’alimentazione umana ed animale. Come si può facilmente intuire questo termine racchiude una implicita idea di innovazione dell’organizzazione dell’impresa e delle tecniche produttive. La diversificazione, invece, rappresenta una scelta volontaria di ampliamento delle tipologie di produzione agricola di beni e servizi, che spesso avviene nei confronti di attività extra-agricole, allo scopo di diversificare il reddito e ridurre, in questo modo, i fattori di rischio. La diversificazione può essere anche vista quindi come un elemento della multifunzionalità. Il concetto di multifunzionalità fu introdotto nel 1992 durante il Summit di Rio de Janeiro per spiegare meglio i vari cambiamenti che si stavano attuando nel mondo dell’agricoltura e delle aree rurali. Successivamente, in occasione di Agenda 2001, vennero riconosciute all’agricoltura una serie di nuove funzioni legate al paesaggio, alla protezione ambientale, alla qualità, alla sicurezza dei prodotti alimentari e al benessere degli animali. La prima definizione di multifunzionalità è stata data dalla Commissione agricoltura dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico che l’ha descritta cosi: “Oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socio-economica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare. Quando l’agricoltura aggiunge al suo ruolo primario una o più di queste funzioni può essere definita multifunzionale”. Da questa definizione emerge che la multifunzionalità permette di ottenere più prodotti congiunti che possono contribuire a raggiungere contemporaneamente obiettivi sociali (OCSE, 2001), attraverso lo svolgimento di varie funzioni. Tuttavia per semplificare il concetto di multifunzionalità dell’azienda agricola le attività sono generalmente suddivise in tre categorie e in quattro distinti settori. 10 Le attività complementari a quella agricola, classificate anche dall’Istat come “attività remunerative connesse”, sono suddivise nelle seguenti categorie: 1.attività di deepening (approfondimento), cioè le attività che rappresentano un’estensione dell’attività agricola vera e propria e quindi sono direttamente collegate a questa (come ad esempio la prima lavorazione e la trasformazione dei prodotti in azienda); 2.attività di broadening, (allargamento) ovvero le attività che vanno oltre l’attività agricola in senso stretto (quali l’agriturismo e le attività didattiche); 3.attività di regrounding (, cioè quelle che effettuano una riallocazione della produzione e del lavoro all’esterno dell’azienda e dell’agricoltura (ad esempio: il contoterzismo e i negozi rurali). 11 I quattro settori contemplati nella multifunzionalità aziendale sono invece: - Il settore verde: racchiude tutte le attività mirate alla gestione e manutenzione del territorio dal punto di vista ambientale, paesaggistico e naturalistico, alla conservazione della biodiversità e alla gestione sostenibile delle risorse. - Il settore blu: comprende le attività legate alla gestione superficiale delle acque, alla tutela della acque di falda e all’uso dell’acqua come fonte di energia. - Il settore giallo: racchiude quelle attività in grado di generare vitalità nelle comunità rurali, valorizzandone le tradizioni storico-culturali e l’identità e favorendone lo sviluppo socioeconomico. - Il settore bianco: riguarda le attività che garantiscono cibo sicuro e di qualità. Il sistema agricolo multifunzionale, dunque, si presenta come un sistema fortemente legato al territorio, in grado di sfruttarne le risorse al fine di creare nuovi legami tra consumatori e produttori. 12 Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura Pasquale Faenza Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura ha trovato applicazione, in Italia, nell’emanazione del Decreto Legislativo n. 228 del 18 maggio 2001 - Orientamento e modernizzazione del settore agricolo (cosiddetta legge di orientamento), che in sostanza amplia lo spettro delle attività che possono definirsi agricole. Per il decreto le attività principali dell’impresa agraria sono “dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria a tale ciclo … che utilizzano o possono utilizzare il fondo o le acque dolci, salmastre e marine” e quelle “connesse alla manipolazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco e dell’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda … comprese le 13 attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e di ospitalità”. Il decreto, inoltre, precisa che “rientrano tra le attività agrituristiche, … ancorché svolte all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo, finalizzate ad una migliore conoscenza e fruizione del territorio, nonché la degustazione dei prodotti aziendali, compresa la mescita del vino”. L’impresa agraria, quindi, può aprirsi ad attività che sconfinano nei settori industriale e/o terziario. La norma in oggetto recepisce le esigenze di modernizzazione ed adeguamento che si sono presentate nel settore dell’agricoltura. L’articolo 1 del decreto n. 228, nel riformulare l’articolo 2135 del codice civile, stabilisce che si considerano attività connesse a quelle tradizionalmente agricole (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali) “le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola eser- 14 citata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”. In origine, l’articolo 2135 del Codice Civile considerava agricole per connessione soltanto le attività di trasformazione o di alienazione dei prodotti agricoli, “quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”. Era, dunque, necessario adattare la disciplina legislativa alla evoluta realtà che ormai caratterizza il settore primario. Un importante elemento da notare è costituito dal fatto che viene posta grande attenzione alle attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ponendo così l’accento sulle attitudini di tutela ambientale insite nell’esercizio delle attività agricole. La conseguenza più rilevante del nuovo ruolo dell’agricoltura è costituito dal fatto che si aprono nuovi sbocchi all’attività agricola biologica, soprattutto per soddisfare le finalità di utilità collettiva che permettono all’azienda stessa di diventare un punto di incontro fra la tradizionale attività di coltivazione e nuove attività di valorizzazione e di tutela delle specificità di un particolare ambiente rurale. L’ambiente, quindi, non va considerato solo come natura, ma anche come vissuto storico, sociale e culturale. Attraverso il ruolo multifunzionale dell’agricoltura, l’imprenditore agricolo può trarre dal territorio in cui opera nuove e alternative fonti di reddito, divenendo l’interlocutore privilegiato delle amministrazioni pubbliche per l’affidamento di servizi o lavori finalizzati al mantenimento di un assetto territoriale ed idrogeologico tale da consentire, alla collettività insediata nei territori interessati, di fruire di un ambiente “sicuro”. Il decreto 228/2001 è stato il primo in Italia ad elencare in maniera dettagliata quelle che devono essere considerate attività proprie di un’impresa agricola multifunzionale: agriturismo, vendita diretta, sistemazione e manutenzione del territorio, salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, cura e mantenimento dell’assetto idrogeologico e promozione delle vocazioni produttive del territorio. Un altro rilevante aspetto del decreto è rappresentato dagli strumenti che le imprese agricole e gli enti locali possono attuare per realizzare alcune collaborazioni al fine di promuovere i prodotti tipici e salvaguardare il territorio. In particolare gli articoli 14 e 15 del decreto disciplinano i rapporti degli imprenditori agricoli con la Pubblica Amministrazione, in particolare 15 per quanto riguarda i contratti di collaborazione e le convenzioni. L’articolo 14 “contratti di collaborazione con le pubbliche amministrazioni” prevede infatti che le Amministrazioni Pubbliche possano stipulare contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli al fine di promuovere le caratteristiche produttive di un territorio e tutelare le produzioni di qualità e le tradizioni alimentari locali (comma 1). Il comma 2, poi, precisa che tali contratti hanno lo scopo di assicurare il sostegno e lo sviluppo dell’imprenditoria agricola locale, anche attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, biologici e di qualità. Al fine di assicurare un’adeguata informazione ai consumatori e di consentire la conoscenza della provenienza della materia prima e della peculiarità delle produzioni di cui ai commi 1 e 2, le Pubbliche Amministrazioni, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all’agricoltura, possono concludere contratti di promozione con gli imprenditori agricoli che si impegnino nell’esercizio dell’attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale (Comma 3). L’articolo 15, invece, prevede che le Pubbliche Amministrazioni possano stipulare convezioni con gli imprenditori agricoli per incoraggiare lo svolgimento di atti- 16 vità funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell’assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio (Comma 1). Tali convenzioni possono essere costituite anche da finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Le Pubbliche Amministrazioni possono anche stipulare contratti d’appalto con gli imprenditori agricoli singoli o associati (Comma 2). L’importanza della legge orientamento è racchiusa nella possibilità che essa offre, cioè di realizzare un mercato per i servizi ambientali offerti dall’agricoltura: si tratta di una preziosa opportunità per gli imprenditori che possono differenziare le proprie attività e ottenere, in tal modo, redditi extra-agricoli. Le principali attività di diversificazione all’interno della azienda agricola La diversificazione riguarda attività non strettamente agricole che hanno lo scopo di valorizzare il prodotto agricolo aziendale, mantenendo le risorse aziendali impegnate nell’ambito della filiera agricola. In realtà, le aziende agricole hanno sempre attuato forme di diversificazione della produzione e dell’uso dei fattori disponibili. Ad esempio, la trasformazione in azienda dei prodotti aziendali è da sempre stata utile per dare un’occupazione all’eventuale manodopera familiare in eccesso: in tal modo si sono potute creare fonti di reddito aggiuntive rispetto a quelle tipiche. Il concetto che sta alla base della diversificazione è che l’agricoltura convenzionale non riesce più a fronteggiare la nuova idea di agricoltura e, pertanto, bisogna riorganizzare complessivamente l’azienda e le sue attività. Per l’azienda agricola, quindi, si presenta la possibilità di ampliare il proprio sviluppo attraverso tre percorsi alternativi praticabili: Attività di deepening (o di approfondimento): fanno parte delle attività della filiera agricola, di solito, integrate a monte o a valle dell’azienda stessa. Si tratta di attività produttive e/o di servizio che hanno lo scopo di sostituire i fattori convenzionali con nuovi fattori, 17 riorganizzare la produzione in forme integrate e più complesse, innovare il prodotto curandone i suoi aspetti qualitativi. Questa categoria raggruppa varie tipologie di attività, certificazioni e denominazioni d’origine, agricoltura biologica, ma anche produzioni di nuove tipologie di beni (ad esempio piccoli frutti, fiori, nuove varietà, ecc.). Le attività di deepening possono riguardare sia la trasformazione del prodotto all’interno della stessa impresa agricola (carne, latte, frutta, vino, ecc.) sia la sua commercializzazione mediante il sistema della vendita diretta in azienda (catena corta dell’offerta), la quale comportata la riduzione dei passaggi della catena commerciale fra il produttore agricolo ed il consumatore, con un notevole abbassamento dei costi e un vantaggio per l’ambiente, vista l’eliminazione del trasporto del prodotto e del suo confezionamento. La vendita diretta in azienda, garantisce infatti l’acquisto di prodotti bio a prezzi accessibili e una maggiore retribuzione del lavoro agricolo, coniugando così la necessità di un’agricoltura sostenibile in termini sia economici che ambientali con le esigenze dei consumatori. Il deepening contempla tutte le attività di vendita dei prodotti tramite filiera corta: punti vendita specializzatati, distribuzione presso i GAS (Gruppi di Acquisto Solidali) e GODO (Gruppi Organizzati Domanda e Offerta), consegne a domicilio, distributori automatici e ristorazione, con quest’ultima, oramai, sempre più orientata a soddisfare i clienti mediante prodotti tipici e salutari, provenienti da aziende biologiche certificate che garantiscono un prodotto fresco a km 0. Infine non va dimenticata la forma distributiva nei mercatini dei produttori agricoli Farmer’s markets, promossi spesso dalle associazioni di categoria che, insieme ai produttori, organizzano anche eventi finalizzati alla valorizzazione dell’agricoltura biologica, quali ad esempio la “BioDomenica” o “PrimaveraBio”, due importanti campagne nazionali dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica. Nelle attività di deepening troviamo infine tutte pratiche che hanno lo scopo di approfondire e valorizzare la produzione agricola, come ad esempio la vendita e-commerce, farm shops, adozione di alberi e animali presso l’azienda o il coinvolgimento dei consumatori nella attività tipiche aziendali, come la raccolta dei prodotti pick your own (raccogli da solo). Attività di broadening (o di allargamento) sono quelle che racchiu18 dono attività non agricole in senso stretto e che possono produrre reddito anche in maniera completamente indipendente dall’attività agricola vera e propria. Nello specifico si tratta di attività produttive e di servizio (di tipo no-food) che hanno lo scopo di rispondere ai nuovi bisogni del mercato fornendo nuovi servizi alla collettività. Questi tipi di attività riorganizzano e ampliano la tradizionale attività agricola. L’esempio più rappresentativo di attività di broadening è costituita dall’agriturismo, a cui sarà dedicato uno specifico paragrafo. Unitamente all’attività agrituristica in senso stretto, intesa come ospitalità e ristorazione, gli ultimi anni hanno visto la diffusione di moltissime altre attività correlate: ad esempio l’agri-cultura, che si concretizza in esperienze di fattorie didattiche, aziende museo, laboratori artistici, scuole d’arte e altre iniziative di valorizzazione della cultura rurale, e l’agricultural therapy, che si occupa della cura del disagio mentale, dell’inserimento al lavoro di portatori di handicap, del re-inserimento di soggetti difficili (extossicodipendenti, ex-detenuti, ecc.). Rientrano tra le attività di broadening anche le attività connesse alla cura e gestione della natura e del paesaggio, in particolare: cura e gestione del verde pubblico e privato, prevenzione incendi e cura delle foreste, lavori pubblici in genere come spalatura della neve in inverno, manutenzione opere pubbliche e così via. Attività che sempre più spesso vengono date in gestione ai privati con appalti o convenzioni. Sostanzialmente le attività di broadening allargano le funzioni svolte dall’impresa agricola. Attività di regrounding, sono tutte le attività attraverso cui si ha una riallocazione dei fattori di produzione all’esterno dell’azienda e dell’agricoltura. Questo tipo di attività ha il ben preciso scopo di offrire occasioni di impiego dei fattori di produzione e opportunità di reddito integrative per l’agricoltore e la famiglia agricola. Le risorse utilizzate dall’attività agricola necessitano quindi di essere riorganizzate e riposizionate con nuove combinazioni che, attraverso diversi modelli di utilizzo, permettano il raggiungimento di nuove strategie. L’esempio più rappresentativo di regrounding è la pluriattività che rappresenta per le famiglie agricole una buona possibilità di incrementare e diversificare i propri redditi. Altro esempio tipico è rappresentato dal contoterzismo. Sono attività di regrounding anche quelle 19 attività connesse al miglioramento delle qualità della vita e all’integrazione rurale, come la creazione di laboratori artigianali e artistici, di negozi rurali, di animazione rurale. Si tratta di attività che di fatto vengono svolte in azienda indipendentemente dall’attività agricola. Uno dei problemi più diffusi in ambito agricolo è sempre stato quello del basso livello di reddito: la famiglia agricola, per garantirsi un equo livello di vita, ha dovuto trovare fonti di reddito alternative. Nel corso degli anni le imprese agricole hanno subito un progressivo declino assistendo ad un’elevata instabilità dei propri redditi rispetto ai livelli di reddito conseguiti negli altri settori economici; la scelta di adottare strategie di diversificazione, quindi, si è resa necessaria per reagire a questo problema. Va messo, però, in evidenza che la diversificazione non nasce solo da ragioni di ordine economico ma può dipendere anche da aspetti di tipo non economico come ad esempio le caratteristiche sociali del conduttore e quelle socio-economiche del territorio in cui l’impresa opera. Forme di diversificazione sono legate anche alle innovazioni di prodotto e/o di processo: nuove produzioni o anche nuove varietà di una stessa produzione oppure trasformazioni di prodotti effettuate dalla stessa impresa agricola. 20 ATTIVITÀ DI DEEPENING ATTIVITÀ DI BROADENING ATTIVITÀ DI REGROUNDING Prima lavorazione dei prodotti agricoli Agriturismo Contoterzismo Trasformazione di prodotti vegetali e animali Attività ricreative e sociali Pluriattività Vendita diretta Attività terapeutiche e riabilitative Animazione rurale Lavorazione del legno (taglio) Artigianato Laboratori artigianali ed artistici Acquacoltura Produzione di energia rinnovabile Negozi rurali Silvicoltura Sistemazione di parchi e giardini Servizi per l’allevamento Fattorie didattiche 21 Le nuove funzioni dell’agricoltura Antonino Modaffari Alla tradizionale funzione produttiva dell’agricoltura, che si arricchisce di nuovi elementi per soddisfare nuovi bisogni legati alla salubrità degli alimenti, alla sicurezza alimentare, allo svago e alla valorizzazione delle tradizioni, si aggiungono nuove e interessanti funzioni. • Funzione Ricreativa Turistica • Funzione Educativa • Funzione Terapeutica e Sociale • Funzione Agro-Energetica 22 Funzione ricreativa e turistica Offre alle persone la possibilità di evadere da ambienti urbani sovraffollati ed inquinati, concedendo momenti di relax a contatto con la natura e con gli animali. Un esempio tra tutti è l’agriturismo che con i suoi servizi di ospitalità e ristorazione all’interno di aziende agricole biologiche diventa la meta prediletta degli amanti della vita agreste e di tutti coloro che vogliono trascorrere il proprio tempo libero godendo della tranquillità offerta dalla natura. 23 Funzione educativa Offre possibilità di incontro e formazione per bambini e ragazzi. L’esempio più diffuso è quello delle fattorie didattiche: aziende agricole che accolgono piccoli ospiti organizzando per loro attività educative che offrono la possibilità di scoprire e conoscere il mondo nascosto dietro alle città. Attraverso esperienze concrete e stimolanti i piccoli possono conoscere l’origine dei prodotti che consumano. Questa funzione riesce a trasmettere alle generazioni future i valori agresti e le tradizioni, molto spesso dimenticati. 24 Funzione terapeutica e sociale Permette attraverso le risorse dell’agricoltura di promuovere azioni terapeutiche di sostegno, abilitazione e riabilitazione, rientrando a pieno titolo nel concetto di “agricoltura multifunzionale”, un contenitore nel quale alle attività agricole viene generalmente riconosciuto un ruolo di primo piano, non soltanto per la tradizionale funzione produttiva, quanto anche per i servizi che queste sono in grado di generare. 25 Funzione agro-energetica Risponde all’esigenza, sempre più impellente, di trovare nuove soluzioni energetiche rinnovabili. Questa necessità nasce dal progressivo esaurimento delle energie fossili e dal continuo aumento del loro prezzo. Le lavorazioni di un’azienda agricola, e soprattutto i loro scarti, possono acquisire un’importanza rilevante per la produzione di energia da fonti rinnovabili anche allo scopo di ridurre gli impatti ambientali negativi legati alle fonti energetiche tradizionali. L’esempio più rappresentativo è costituito dalle biomasse, cioè l’insieme dei materiali di origine organica che non hanno subito alcun processo di fossilizzazione, utilizzati allo scopo di produrre energia escludendo, in questo modo, l’uso di tutti i combustibili fossili (petrolio, carbone, metano, ecc). 26 L’agriturismo biologico Francesco Vadalà La legge che disciplina gli agriturismi in Italia è la Legge nazionale numero 96 del 2006 che ha come principale finalità il sostentamento dell’agricoltura mediante la promozione di adeguate forme di turismo nelle campagne. Queste forme di turismo hanno lo scopo non solo di favorire la multifunzionalità in agricoltura, l’incremento e la differenziazione dei redditi agricoli e il miglioramento della qualità di vita dell’imprenditore agricolo e della sua famiglia, ma anche di tutelare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio rurale attraverso il mantenimento nello stesso di attività umane, il recupero del relativo patrimonio edilizio, l’incentivazione alle produzioni tipiche e di qualità e la promozione della cultura rurale, dell’educazione alimentare e dello sviluppo agricolo e forestale. L’attività agrituristica deve essere connessa e funzionale a quella agricola che, a sua volta, deve essere svolta in forma imprenditoriale. Quando l’impresa agricola è di tipo familiare, l’attività agrituristica può essere svolta anche da uno dei familiari. È previsto che possano esserci lavoratori dipendenti (a tempo determinato o indeterminato) che sono considerati lavoratori agricoli ai fini della disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale vigente. L’agriturismo è nato come una semplice forma di accoglienza, organizzata e offerta dagli agricoltori attraverso l’allestimento di alloggi in edifici aziendali; col passare degli anni, però, si è sempre più evoluto offrendo comfort e servizi volti a soddisfare le esigenze del turismo moderno, pur mantenendo la connessione con l’attività agricola prevista dalla legge. L’imprenditore agricolo che intende avviare un’attività agrituristica è tenuto ad effettuare la “denuncia di inizio attività” che deve essere seguita dall’autorizzazione da parte del Comune dove ha sede l’azienda agricola del richiedente (autorizzazione che può avvenire anche in forma di silenzio assenso e quindi mancata opposizione alla denuncia di inizio attività). La legge definisce le attività agrituristiche come quelle attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli, anche nella forma di 27 società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali. Rientrano fra le attività agrituristiche: • dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori; • somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti biologici propri e da prodotti di aziende agricole bio della zona, compresi i prodotti a carattere alcoolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali; • organizzare degustazioni di prodotti aziendali, inclusa la mescita di vini; • organizzare, anche all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche (trekking, mountain bike, equiturismo) finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale. Le Regioni sono tenute a determinare gli incentivi per lo sviluppo dell’agriturismo e ad individuare i criteri di controllo dell’attività e dei 28 requisiti degli immobili e delle attrezzature, sia ricettive sia destinate ad altri servizi. Poiché l’attività agrituristica prevede un contatto diretto con gli utenti è necessario che tutti gli operatori che prestano servizio presso l’agriturismo siano muniti di libretto sanitario; la legge prevede, inoltre, che i locali destinati all’esercizio dell’attività abbiano avuto parere favorevole dell’autorità sanitaria (qualora l’agriturismo possieda meno di 10 posti letto è sufficiente la semplice abitabilità dei locali). Le attività agrituristiche possono usufruire di contributi finanziari (in conto capitale o interessi) e di interventi di promozione e di sviluppo erogati dalle Regioni. L’agriturismo, inoltre, beneficia di un trattamento fiscale privilegiato che prevede: un coefficiente forfettario di redditività del 25% sul totale dei ricavi ai fini dell’imposta sul reddito e una detrazione forfettaria del 50% dell’IVA sulle operazioni imponibili. Poiché l’attività agrituristica si svolge con modalità analoghe a quelle di un servizio ricettivo si deve rifare al relativo regime giuridico; l’imprenditore agrituristico, dunque, ha responsabilità per le cose portate dalla clientela, può rifiutare l’alloggio a chi non sia in grado di documentare la propria identità, deve far compilare agli ospiti una dichiarazione delle generalità e deve comunicare alle autorità di pubblica sicurezza (entro 24 ore) l’arrivo delle persone ospitate. 29 La fattoria didattica Angelo Scordo Una Fattoria Didattica è un’azienda agricola o agrituristica in cui si affiancano alle attività tipiche, altre di tipo didattico ed educativo, in particolar modo rivolte a bambini e ragazzi. In questi casi l’azienda agricola resta una realtà produttiva a tutti gli effetti con la didattica che diviene un’integrazione alle normali attività. Lo scopo è divulgare la conoscenza del mondo agricolo e coinvolgere gli ospiti in lezioni teoriche o laboratori pratici, diffondendo la conoscenza sulle attività svolte normalmente e coinvolgendo gli ospiti nella realizzazione dei “lavori” rurali. L’idea di offrire un servizio di tipo didattico–sociale, da parte di chi lavora in campagna, è nata più di 100 anni fa, in modo spontaneo e non coordinato: agli inizi del ‘900 nel Nord America e Nord Europa si è assistito via via al sorgere di molte strutture la cui finalità era quella di garantire uno sviluppo equilibrato dell’individuo attraverso il contatto con l’ambiente naturale. Le cosiddette fattorie didattiche (per come oggi le conosciamo) hanno fatto la loro comparsa per la prima volta in Scandinavia, sotto il nome di Aktivspielplätze (parchi giochi attivi). Nel 1902, in Ohio (USA), si assiste alla nascita del 4H, un’organizzazione giovanile che, con i suoi 6,5 milioni di membri, tutti di età compresa tra i 5 e i 19 anni, ancora oggi ha la missione di spingere i giovani a realizzare il loro massimo potenziale durante il periodo dello sviluppo. Il quadrifoglio diventò il famoso simbolo di quello che sarebbe diventato il più grande movimento giovanile rurale del mondo, e il nome, derivante da quattro iniziali inglesi (Head, Health, Heart, Hand), è metafora dell’obiettivo del gruppo, teso ad uno sviluppo armonico dell’individuo includendo nel processo testa, salute, cuore e mani. ”Learn to do by doing”, questo lo slogan portato avanti dal Club 4H che piano piano ha iniziato a diffondersi in Europa arrivando verso gli anni settanta nei paesi del Mar Mediterraneo. In Svezia nel 1918, per esempio, fu istituito il Jordbrukare-Ungdomens Förbund (JUF), una confederazione di giovani 30 agricoltori che avevano l’obiettivo di sviluppare attività per i giovani improntate sulla natura, l’ambiente e l’agricoltura. Un altro valido esempio è la Green Chimneys Farm for Little Folk, sorta nella periferia di New York, inaugurata nel 1948 dal giovane Samuel Ross con lo scopo di fornire un ambiente amorevole per i bambini, con l’esperienza unica di interagire e curare gli animali (oggi questa fattoria accoglie più di 200 studenti che realizzano programmi scolastici residenziali). In Germania si cominciò a parlare di tematiche legate alle fattorie didattiche già alla fine della seconda guerra mondiale, dove allo sviluppo dell’urbanizzazione si accompagnò, anche qui, la creazione di parchi giochi “attivi”. Nei Paesi Bassi le fattorie didattiche vengono sostenute da una Fondazione Nazionale, dai Ministeri dell’Agricoltura e degli Affari Culturali e da numerosi sponsor. In Inghilterra, esempi di fattorie didattiche sono le City Farms, le quali vennero sviluppate come soluzioni di riqualifica di aree degradate; altro particolare motivo di realizzazione delle City Farms è la messa in comunione di gruppi di giardini privati, nonché la creazione di vere e proprie fattorie urbane, chiamate Community Gardens. Un’importante esperienza che riguarda il mondo delle fattorie didattiche si ha in Francia, dove la prima Fattoria Urbana 31 è stata costituita nel 1974 nella periferia di Lille, sull’esempio delle esperienze nordeuropee. Nel paese transalpino sono sorte nel tempo anche le Fermes pedagogiques, definite da una circolare interministeriale del 2001, strutture dove si allevano animali domestici, si realizzano coltivazioni agricole e si accolgono regolarmente bambini e giovani, sia in contesti scolastici che extrascolastici. Le Fermes, regolamentate rigidamente dal governo francese, si dividono in tre categorie: le Fermes d’animation, dove la produzione agricola è ridotta al minimo ed è prevalente la funzione educativa; le Exploitations agricoles che, pur mantenendo la funzione primaria di produzione di beni agricoli, sono aperte al pubblico e rappresentano un’importante opportunità per far riscoprire al consumatore il legame con la terra, ed infine le Fermes pédagogiques mixtes, quando la recezione pedagogica e la produzione agricola si equivalgono per peso economico. Tutti questi casi sono comunque ottimi esempi di come gli operatori rurali possano diversificare le loro attività in maniera virtuosa, contribuendo così alla multifunzionalità dell’agricoltura. Nel 1990 nasce la European Federation of City Farms (EFCF), per promuovere gli interessi e la cooperazione reciproca tra le organizzazio- 32 ni che promuovono attivamente la parità di accesso e il coinvolgimento dei bambini, giovani e adulti, attraverso l’esperienza pratica, in una vasta gamma di attività educative, ambientali, ricreative, sociali ed economiche, incentrate intorno all’agricoltura, con lo scopo di abilitare le persone a migliorare la propria esperienza di vita di pari passo con il mantenimento attivo dell’ecosostenibilità ambientale. Nel 1997 in Italia, sull’esempio di quanto avveniva nel nord Europa, Alimos Soc. Coop. (l’allora Osservatorio Agroambientale) ha organizzato, con il sostegno della Provincia di Forlì-Cesena, il primo gruppo permanente di fattorie didattiche grazie alla collaborazione di imprenditori agricoli che si sono organizzati nella “Rete delle fattorie didattiche romagnole”. Le realtà italiane mancano a tutt’oggi, però, di un coordinamento nazionale tanto da far registrare una situazione molto diversificata da regione a regione. Ad oggi comunque sono più di 2.500 le fattorie didattiche accreditate, concentrate su tutto il territorio nazionale. Le Fattorie Didattiche rientrano a pieno titolo nelle attività di broadening (o di allargamento) tipiche delle aziende multifunzionali, rispondendo ai nuovi bisogni del mercato fornendo servizi alla collettività. Dalle varie esperienze emerge come le Fattorie Didattiche stimolino efficacemente i contatti fra mondo urbano e rurale, diffondendo nelle nuove generazioni e nella società tradizioni e usanze della cultura contadina. La valenza educativa del progetto e la possibilità di riqualificare le attività agricole come fonte di reddito complementare e strumento di marketing, contribuiscono alla sempre maggiore popolarità dell’iniziativa in Italia e nel mondo. Un percorso interattivo sulla tradizione contadina e le specie animali che la fattoria didattica utilizza, può essere un buono stimolo didattico per intraprendere una ricerca sul rapporto uomo natura e per promuovere il rispetto per gli animali. Il successo di questo tipo di fattorie è da collegare, per assurdo, all’urbanizzazione: si sente il bisogno di accompagnare lo sviluppo della città con la creazione di “luoghi d’incontro” con gli animali, specialmente per i più giovani. Fin dai tempi della rivoluzione industriale, che ha cambiato profondamente il rapporto uomo-natura, è via via diminuito il legame diretto tra i due, a favore oggi di una “mediazione tecnologica”. E’ fon33 damentale quindi favorire la conoscenza e il recupero del rapporto con le pratiche agricole e gli animali tipici della tradizione contadina, propria di ogni località, per evitare la stesura di programmi educativi improntati su una conoscenza si realistica, ma indiretta, della natura. Una delle importanti funzioni degli operatori didattici nel contesto delle fattorie è, quindi, quella di migliorare il rapporto (anche sensoriale) dei bambini con la natura, promuovendo un atteggiamento di ricerca e conoscenza delle relazioni fra gli organismi di un ecosistema. L’ evoluzione della specie umana è stata possibile anche perché i vegetali e gli animali che hanno condiviso l’ambiente con l’uomo, lo hanno aiutato nelle sue attività, lo hanno difeso, nutrito e coperto. Oggi tale processo è sempre più spesso finalizzato a soddisfare esigenze particolari, che derivano dall’aver stabilito con gli altri esseri viventi un nuovo tipo di legame: basti pensare agli animali da compagnia o quelli coinvolti nelle attività ludico-educative o di pet-therapy, ma anche alle pratiche di ortoterapia che vedremo avanti. Le fattorie didattiche trovano la loro naturale contestualizzazione all’interno delle aziende biologiche, cioè aziende agricole che hanno effettuato una scelta etica ben precisa: rispettano i cicli stagionali delle coltivazioni e i normali ritmi di crescita degli animali, seguendo i Regolamenti CE n. 834/07 e n. 889/08; rispettano i Regolamenti che definiscono gli spazi minimi per l’allevamento animale sia al coperto sia all’aperto; escludono totalmente l’uso di prodotti chimici di sintesi; allevano gli animali autoctoni del territorio, lasciandoli liberi di pascolare nella natura, senza la somministrazione di nessuna sostanza sintetica che ne acceleri la crescita o ne aumenti l’appetito e la produzione; non allevano razze animali e specie vegetali ottenute mediante manipolazione genetica (OGM) ecc.. Gli obiettivi didattici così ottenuti, sembrano possedere un’elevata capacità di generalizzazione, in quanto l’azienda stessa è esempio di buon “utilizzo” delle risorse a propria disposizione, favorendo un eccellente equilibrio tra ambiente naturale e sistema agricolo. Esempi pratici riguardano l’impiego delle cosiddette tecnologie appropriate come mulini a vento, strutture edilizie in bioarchitettura, impianti di fitodepurazione, pannelli solari, celle fotovoltaiche, raccolta differenziata, compostaggio dei residui organici e recupero delle acque. 34 L’azienda agricola terapeutica Angelo Scordo La salubrità e la tranquillità dei luoghi di campagna sono gli elementi ideali per accogliere e curare persone in difficoltà, afflitte per esempio da patologie funzionali (le cosiddette patologie storiche) ossia derivanti da un’alterazione dell’identità personale causata da un’inadeguata riconfigurazione della propria esperienza (ansia, depressione ecc.), o persone anziane bisognose di ambienti tranquilli ed attenzioni costanti, ma anche persone con disagi sociali o ancora persone con disabilità organiche (le patologie non storiche). La valutazione delle potenzialità derivanti da attività legate all’agricoltura in programmi terapeutici o di riabilitazione sociale, viene inscritta con maggiore efficacia, nel contesto dello sviluppo delle aree rurali nelle quali la presenza dei servizi sociali è spesso insufficiente o inferiore a quella che si registra in contesti urbani. 35 L’azienda agricola ‘terapeutica’ è tra le attività di broadening (o allargamento) quella che sta riscuotendo maggior successo nel mondo dell’Agricoltura Sociale del settore del biologico. In questo contesto, l’Agricoltura Sociale ha un valore che va oltre le sue funzioni formative, terapeutiche ed inclusive, di per sé già significative: rappresenta un nuovo modello di sviluppo rurale sostenibile e di welfare locale partecipato; un importante contributo all’affermazione di politiche economiche e sociali eque e solidali. Punto centrale del dibattito rimane comunque il fatto che il lavoro in agricoltura, o semplicemente la vita di campagna, può rappresentare un importante strumento di integrazione sociale nonché di intervento terapeutico-riabilitativo nei confronti di persone problematiche, grazie anche ai metodi propri dell’agricoltura biologica che prevede l’azienda inserita in un sistema agricolo autosufficiente, che salvaguarda la fertilità naturale del terreno ed evita ogni forma di inquinamento potenzialmente determinato dalle tecniche agricole, sfruttando la generalizzazione di questi principi anche in terapia, influenzando positivamente i modi di fare esperienza. . Le realtà aziendali che nello svolgimento delle loro attività perseguono questo genere di finalità, nella quasi totalità dei casi, attualmente, rivolgono la loro attenzione a persone con devianze del “normale” comportamento sociale con l’obiettivo di promuovere un loro reinserimento all’interno dei gruppi sociali. Tossicodipendenti, ex-detenuti, minori a rischio e soggetti con patologie psichiatriche rientrano fra i comuni fruitori di questo tipo di “terapia”. Le numerose realtà operanti in questo ambito, proprio per il loro obiettivo prettamente riabilitativo, considerano l’impegno lavorativo come un mezzo per 36 avviare e sostenere il percorso di riabilitazione sociale, anche e soprattutto attraverso una ricostruzione dei rapporti interpersonali; in questa logica si colloca l’esperienza delle “comunità” e degli “orti sociali”, che prevedono la cessione in uso gratuito a persone di appezzamenti di ridotte dimensioni per la realizzazione di piccoli orti; in questo caso la funzione principale di carattere sociale origina una riconversione agricola di aree pubbliche o private inutilizzate, ma è assai infrequente il caso di programmi che, perseguendo l’obiettivo sociale, destinino le loro produzioni al mercato configurandosi come vere e proprie imprese, destinando piuttosto la produzione agricola all’autoconsumo. Per gli utenti, ovviamente in relazione al livello di abilità/disabilità, il coinvolgimento lavorativo può rappresentare invece il mezzo per recuperare stimoli motivazionali grazie alla possibilità di partecipazione in attività dalle quali è percepibile l’intero ciclo produttivo e la destinazione finale dei prodotti realizzati. Le aziende agricole che coinvolgono nel quotidiano persone con difficoltà psicologiche, sono ad oggi una realtà in molte parti del mondo, ottenendo così la possibilità di coniugare la funzione sanitaria-riabilitativa-occupazionale con la funzione produttiva orientata al mercato. L’obiettivo è un’agricoltura e uno sviluppo rurale sostenibile, profondamente legato al territorio e agli ecosistemi locali, per l’affermazione di un nuovo modello di produzione e consumo e di un’economia solidale. Sostenibilità, biodiversità ed equità sono gli elementi fondanti e gli obiettivi prioritari di questa scelta. Dopo i benefici della pet-therapy, la terapia con i piccoli animali domestici, anche in Italia sta giungendo l’eco dell’efficacia di un’altra pratica basata sulla natura; si tratta dell’ortoterapia (conosciuta anche con altre denominazioni), traduzione nuova e ancora piuttosto sconosciuta del più collaudato originale inglese Horticultural Therapy. E infatti proprio nei Paesi anglosassoni, Stati Uniti in testa, ma anche Australia e Canada, nonché in alcune realtà orientali come Giappone e Indonesia, la ricerca e la sperimentazione terapeutica in questo ambito hanno registrato i successi più significativi, con un incremento notevole delle pubblicazioni scientifiche sull’argomento e un diffuso interesse anche a livello di associazioni, gruppi di aiuto, comunità e singoli cittadini. Di cosa si tratta lo spiega la stessa 37 38 etimologia, ma attenzione, avvertono gli esperti, a non confondere l’ortoterapia con una qualsiasi pratica finalizzata al raggiungimento di un generico benessere. Le aziende agricole terapeutiche si caratterizzano per una spiccata e particolare multifunzionalità che è in grado di accrescere il livello di diversificazione produttiva delle aree rurali. Il sostegno a progetti in ambito agricolo aventi finalità anche terapeutiche e riabilitative può essere inoltre considerato nel più ampio orizzonte delle politiche del lavoro. In questa prospettiva non è da trascurare il risvolto occupazionale di tali progetti in grado di coinvolgere persone che, generalmente emarginate dal mercato del lavoro per via della loro disabilità (ancorché parziale), possono svolgere alcune operazioni tipicamente agricole con tempi e risultati comparabili a quelli di un addetto con una funzionalità tipica. La finalità terapeutico-riabilitativa, o di integrazione sociale, può inoltre coniugarsi felicemente con la produzione di beni e/o servizi commercializzabili; in questo modo l’azienda agricola terapeutica assume caratteri plurifunzionali contribuendo, oltre che al benessere dei soggetti coinvolti, anche alla formazione della ricchezza comunitaria. Da una prospettiva di analisi economica andrebbe quindi analizzato il carattere di bene pubblico del servizio offerto dai programmi agricoli, con esplicita finalità di integrazione sociale o di carattere terapeutico. Se, da un lato, appare evidente che i beneficiari diretti di tali programmi siano i pazienti coinvolti e le loro famiglie, è altrettanto evidente che dei loro positivi risultati beneficia l’intera comunità locale. Ma cos’è l’ortoterapia? Definita come “la scienza e l’arte della coltivazione di piante” da parte del Virginia Polytechnic Institute e State University, l’orticoltura, esperienza su cui poggia la terapia, è un’attività praticata dall’uomo da millenni, le cui proprietà benefiche nei confronti della salute umana derivanti dalla cura e dalla crescita delle piante sono quindi note da tempo. Fin dall’antichità al rapporto uomo–natura è stata sempre conferita una valenza spirituale e in un certo senso terapeutica, ma è stato soltanto nel corso degli anni che si è preso coscienza di come sfruttare a pieno questo connubio, trasformandolo in una sorta di terapia complementare per migliorare il benessere di individui con problematiche fisiche o psicologiche. L’ortoterapia, nacque quasi per caso intor39 no al 1600 quando la povertà nei paesi anglosassoni non permetteva ai meno abbienti di essere ricoverati in ospedale senza dover ripagare l’ospizio delle cure ricevute; a questi veniva infatti chiesto di prendersi cura, durante il ricovero, del giardino dell’ospedale. Con grande stupore dei medici, non solo il lavoro nel giardino non sembrava essere di peso ai malati, ma questi parevano guarire più in fretta dai loro mali rispetto ai pazienti più ricchi che potevano permettersi di pagare l’ospedalizzazione senza dover lavorare. Questo fatto, difficile da spiegare dalla medicina del tempo, venne apparentemente dimenticato o semplicemente giudicato poco importante, poiché l’ortoterapia restò per molto tempo un modo per pagare l’ospedale piuttosto che un processo terapeutico e curativo. Nel 1699 Leonard Maeger scrisse comunque sull’English Gardener che «dedicare del tempo alla cura del giardino, zappando, seminando, togliendo le erbe infestanti è il miglior modo per conservare la propria salute». E’ da citare anche lo psichiatra statunitense Benjamin Rush (1745 – 1813, considerato il padre della psichiatria americana, nonché firmatario della “Dichiarazione di Indipendenza” ), che nella sua opera “Medical inquiries and observation upon diseases of the mind” in cui descrisse scientificamente le potenzialità di un approccio terapeutico fondato sull’utilizzo delle piante e sulle attività di giardinaggio, affermò come le persone con problemi psichiatrici occupate in lavori manuali miglioravano dalle proprie difficoltà, a differenza di quelle esonerate da tali compiti che invece languivano e peggioravano. La correlazione tra guarigione e classe sociale lo portò alla conclusione che fosse proprio tale attività manuale a favorire la guarigione. Le sue scoperte furono considerate così innovative che si diffusero ben presto negli Stati Uniti e in Europa. Altro caso celebre è quello di alcuni ospedali della Spagna dei primi del 1800, dove si sottolineava la piena validità dell’uso dell’attività agricola nella terapia di persone con difficoltà mentali. Per curare tali patologie, alcuni istituti furono aperti in zone rurali, dove i pazienti avevano la possibilità di essere coinvolti facilmente nelle attività connesse con il lavoro della terra. A Gheel, centro rurale vicino Anversa (Belgio), centinaia di persone con problemi psichici erano affidate dai parenti alle famiglie di contadini. Gheel, nel 1821, ospitava 400/500 persone con disabilità men40 tale fino ad arrivare a circa 800 a metà del 1800. Ciò che più colpiva i medici che visitavano il villaggio era la constatazione che, sebbene “liberi”, questi ammalati non erano quasi mai causa di gravi incidenti o di episodi di violenza. Nella colonia agricola di Clermont-Ferrand, nel Massiccio Centrale in Francia, la fattoria era un vero e proprio distaccamento dall’ospedale psichiatrico, pertanto a gestione pubblica e non privata come accadeva in Belgio. La creazione di fattorie connesse o distaccate dai manicomi era considerata all’epoca un nuovo e rilevante progresso nella gestione dei malati psichiatrici. Negli Stati Uniti C.F. Menninger e suo figlio Karl, crearono la Menninger Foundation in Kansas nel 1919. Il giardinaggio e lo studio della natura erano parte integrante del trattamento dei loro pazienti. Questo esempio è stato seguito da molte altre istituzioni simili nel mondo. I Menninger per primi usarono il termine horticultural therapy per riferirsi ad attività di giardinaggio condotte con pazienti psichiatrici. Rhea McCandliss fu la prima horticultural therapist alla Menninger Foundation e già nel 1975 scriveva: «Una volta chiesi al Dr. Karl Menninger, mio amico e mentore, come avrebbe definito la terapia orticolturale. Lui mise le sue mani a coppa, ai lati della testa e disse mentre le abbassava che toglie i paraocchi ai pazienti e dà a loro un orizzonte più ampio». I pregi dell’ortoterapia vennero riconfermati in Inghilterra negli anni che seguirono la prima e la seconda guerra mondiale, quando a diversi reduci di guerra, feriti fisicamente e psicologicamente, venne prescritta una forma rieducativa molto simile all’odierna ortoterapia. Attraverso il contatto con la natura, gli ex soldati riacquistavano salute, capacità motorie, stabilità mentale e gioia di vivere. Nel 1959 il New York University Medical Centre, rinominato “Istituto di medicina Riabilitativa Rusk”, iniziò un programma di terapia orticolturale nella serra annessa appositamente costruita. Questo centro continua ancora oggi la sua attività ed è famoso in tutto il mondo. Negli anni ‘70 fu istituito il primo corso di laurea presso la Kansas State University. Nel 1973 fu fondata la American Horticultural Therapy Association (AHTA). L’associazione ancora oggi ha lo scopo di promuovere lo sviluppo a livello non solo statunitense, ma anche internazionale, dell’orticoltura come mezzo terapeutico e riabilitativo, elevare la professionalità degli ortoterapisti e migliorare i ri41 sultati dei programmi che utilizzano questo mezzo come terapia. In Gran Bretagna nel 1978, fu fondata da Chris Underhill la Society for Horticultural Therapy che nel 1997 è stata rinominata “Thrive”; un successo che l’ha portata a contare, negli ultimi tempi, 60.000 presenze l’anno ai suoi programmi di terapia. In Italia oggi la disciplina è argomento di discussione e di regolamentazione in commissioni parlamentari e gruppi di lavoro sia a livello nazionale che regionale e trova un giusto spazio nella più ampia tematica dell’Agricoltura Sociale; essa rappresenta infatti un’opportunità di incontro tra mondo produttivo agricolo e servizi alla persona sia in termini riabilitativi e di cura sia in termini di inclusione sociale di persone svantaggiate. Entrando nel merito delle varie pratiche che vedono l’attuarsi del connubio tra la natura e la terapia psico-fisica, sarebbero molti gli esempi da citare che hanno visto nel tempo ottenere risultati sempre più convincenti. Tra i tanti, emerge in maniera preponderante, appunto l’Horticultural Therapy, che nel nostro Paese viene solitamente tradotta in “Terapia Orticolturale”, “Ortoterapia”, “Orticoltura terapeutica” o “Ortogiardinoterapia” (anche se le espressioni 42 che maggiormente rispecchiano le attività svolte e le implicazioni curative sono “Terapia assistita con le piante” o “Riabilitazione attraverso la natura”). Con ciò si intende un processo che utilizzando impianti e attività orto-floro-vivaistiche, favorisce l’adeguamento sociale, educativo, psicologico e fisico delle persone, migliorando così l’esperienza degli individui. Il tutto è stato confermato ad un livello scientifico, già in molte occasioni. Un interessante studio ha riguardato il rapporto tra piante ed emozioni: sia in qualità di catalizzatori mentali o specificamente ai fini terapeutici, tutte le interazioni con le piante hanno dimostrato di avere un effetto sul benessere psicofisico delle persone. In questo lavoro del 2004, intitolato “Il significato dei giardini e del giardinaggio nella vita quotidiana”, completato dalla dottoressa Anita Unruh della Dalehouse University in Canada, è stato dimostrato l’effetto positivo del giardinaggio sulle persone con e senza cancro: lo studio effettuato su 42 tra uomini e donne in Nova Scotia, ha concluso che il giardinaggio è a tutti gli effetti una strategia positiva di coping (fronteggiamento delle situazioni stressanti), vantaggioso quindi per il benessere fisico ed emotivo. Un rapporto del Morris Centre George del 2007, ha dimostrato che la riduzione dello stress è tanto maggiore più è il tempo trascorso in attività utili alla coltivazione di piante. Più in particolare, il gruppo di pazienti ospedalizzati che ha partecipato allo studio e che ha usufruito di pratiche terapeutiche di tipo ortocolturali, aveva un disagio mentale dovuto allo stress tipico della situazione ospedaliera, inferiore rispetto a quelli trattati in maniera tradizionale, già di per sé sufficientemente terapeutica. Ciò ha anche mostrato come sia possibile ridurre i tempi di recupero dopo una procedura medica usando terapie orticolturali. Si evince, già da qui, come la Terapia Orticolturale può rappresentare a tutti gli effetti un sostegno alle tradizionali cure mediche, anche se va sottolineata l’utilità del contatto tra i sensi e la natura anche per le persone che non presentano patologie e/o disabilità. Caratteristica comune a queste applicazioni è quella di favorire il contatto del paziente-utente con le piante attraverso i diversi sensi (tatto, vista, olfatto, ma anche udito e gusto), favorendo in tal modo stimolazione ed adeguate risposte dei fruitori. D’altro canto non servono studi particolari, ma bastano l’esperienza personale e l’intuizione per sapere 43 che il contatto con la natura, la vista di un paesaggio o di un grande prato verde, il profumo dei fiori inducono nelle persone sensazioni di benessere, tranquillità, rilassatezza. La “Terapia Orticolturale” viene definita quindi come una disciplina medica che usa le piante, l’attività di giardinaggio e l’innata affinità che noi sentiamo verso la natura come mezzo professionale in programmi di terapia e riabilitazione. Utile a tali fini è ovviamente la predisposizione di giardini terapeutici. Un giardino diventa terapeutico quando è stato progettato per soddisfare le esigenze specifiche di un utente o della popolazione. Il giardino, setting per la Terapia orticolturale, impiega il valore ristoratore della natura per fornire un ambiente favorevole al riposo, alla riduzione dello stress, al recupero delle proprie emozioni, al potenziamento di energia, allo sviluppo delle capacità di interazione e partecipazione, al recupero e alla valorizzazione delle parti sane dell’individuo. La progettazione del giardino terapeutico si concentra sui bisogni psicologici, fisici e sociali degli utenti. Le caratteristiche principali sono l’accessibilità, gli stimoli sensoriali, la comunicazione tra le diverse zone e una programmazione di attività, così che l’esperienza di giardinaggio possa essere fruibile dagli utenti. Ogni progetto riabilitativo nasce dall’esigenza di portare la persona a rendersi il più autonoma possibile, a rafforzarne l’autostima per aiutarla a riconquistare un ruolo attivo nella vita e favorirne l’inserimento in un gruppo. Lavorare a stretto contatto con la natura, nei giardini terapeutici, non rappresenta una terapia esclusiva, ma uno strumento “in più” da abbinare alle cure tradizionali e quanto altro richiesto dal percorso di ogni singolo caso. I risultati sono ottenibili soltanto con percorsi terapeutico-riabilitativi specifici, mirati e lungimiranti, progettati e sviluppati grazie alla collaborazione di precise figure professionali. Con riferimento alle disfunzioni e ai disagi di natura psicologica, l’ampia letteratura disponibile nell’ambito ha analizzato gli effetti positivi sui pazienti derivanti da un’interazione attiva con le piante: • Riconoscere e gestire le emozioni: l’emozionarsi è il significato incarnato della situazione in corso, il sentimento globale di Sé che emerge dall’essere in uno specifico contesto 44 ed e inserito in specifiche interazioni; la tranquillità “naturale” generata dalla campagna, offre tempo e occasioni ai fruitori della terapia di riconoscere la propria emotività, imparando a gestire le sensazioni, gli stati d’animo, a esprimere le proprie emozioni. • Favorire la socializzazione: l’individuo è inserito, in tal contesto, all’interno di un gruppo di lavoro dove si perseguono intenti comuni e si svolgono attività insieme ad altri condividendo spazi, strumenti, fini ed obiettivi. • Migliorare capacità di apprendimento: imparare il nome di alcune piante, apprendere nozioni spazio-temporali, come ad esempio la ciclicità delle stagioni e i tempi adatti alla semina e al raccolto, organizzare lo spazio dell’orto sono tutte attività che incrementano le capacità generali di apprendimento e allenano l’intera sfera cognitiva dell’individuo coinvolto, stimolando e migliorando la memoria a breve e lungo termine, l’orientamento nel tempo e nello spazio, la capacità di calcolo, la concentrazione e l’attenzione, il linguaggio e le capacità di scrittura e di lettura. • Sviluppare motricità: le principali attività agricole stimolano sicuramente il movimento, contribuendo a migliorare il con- 45 trollo, l’uso ed il dosaggio della forza, ad esercitare la motilità, l’intenzionalità dei movimenti uni e bilaterali, i movimenti bi-manuali, la coordinazione occhio-mano, a migliorare la resistenza muscolare. • Aumentare la possibilità di sentir-si: seminare, veder crescere una pianta, aiutarla a fiorire stimola l’iniziativa, abitua a prendere decisioni; il contatto diretto con la natura e la terra fanno sì che l’individuo progressivamente acquisisca competenze e abilità che lo aiutino a “sentir-si”, a mantenere la comunicazione vitale che la persona tiene con il mondo, facendola sentire situata nel qui ed ora, aiutandola positivamente nel fare esperienza. • Orientare al mondo del lavoro: al termine di alcuni percorsi si acquisiscono realmente capacità e metodi di lavoro utili anche per poter poi svolgere delle attività professionali legate al lavoro nelle aziende agricole. 46 “Pick your own”, raccogli da solo Pasquale Faenza Tra le attività di deepening diffuse in Italia di recente troviamo il pick your own, che letteralmente significa “raccogli da solo”. Tale pratica consiste nel coinvolgimento dei consumatori nella attività tipiche aziendali, come ad esempio la raccolta dei prodotti direttamente dal campo. Attraverso il “Pick your own”, il consumatore può scegliere direttamente dalle piante frutta e verdura nelle aziende agricole, risparmiando, divertendosi, e stando a contatto con la natura insieme ad amici, parenti, ma anche in gruppo o ancora meglio con tutta la famiglia. Già molto diffusa in America, questa attività di deepening si pratica in Europa solo da una decina di anni, specie nel Regno Unito, dove il pick your own è oramai particolarmente amato dalle famiglie inglesi. Il suo successo in Inghilterra è tale che molte aziende britanniche, soprattutto quelle posizionate alle porte delle grandi città, hanno potuto specializzarsi via via nel tempo in questa attività, con ottimi risultati. La pratica del “raccogli da solo” ha il vantaggio di eliminare i costi di raccolta per il produttore visto che lo fa direttamente l’acquirente. È inoltre un eccezionale metodo per attrarre i consumatori in azienda, avvicinando il consumatore al mondo agricolo, alle pratiche di coltivazione e soprattutto agli interminabili passaggi che il prodotto solitamente fa prima di arrivare su le nostre tavole. Il pick your own è inoltre uno straordinario strumento per elevare la cultura agroalimentare, instaurare un rapporto diretto con i produttori e conoscere meglio i prodotti che si mangiano. Consumare un prodotto stagionale significa consumarlo nel periodo della sua naturale maturazione e rispettare questo tempo fisiologico vuol dire assumere un alimento di alto valore nutritivo e di sapore caratteristico. Il consumo della frutta e della verdura di stagione consente inoltre di diversificare nel corso delle stagioni l’apporto vitaminico e di minerali. Inoltre il pick your own è una eccezionale occasione per trascorre il proprio tempo libero, con tutta la famiglia, lavorando gomito a 47 gomito con i contadini per imparare i trucchi del mestiere e tornare a casa con cassette di gustosi prodotti raccolti al giusto grado di maturazione. Questo sistema prevede l’indicazione dei prodotti da raccogliere sul sito dell’azienda, la quale deciderà, sulla base della stagionalità ma anche delle previsioni meteo, i week end in cui destinare la raccolta di uno o più prodotti, in genere ortofrutta. Nelle giornate dedicate pick yor own il contadino spiegherà ai suoi acquirenti il metodo migliore per raccogliere la frutta e la verdura, al fine di non danneggiare gli alberi o le piante, ma anche le qualità prodotto stesso. Alla fine della raccolta, i prodotti vengono pesati nello spaccio aziendale e venduti come gli altri prodotti. Alcune aziende agrituristiche associano il pick yor own al servizio di ristorazione, cucinando i prodotti o una parte del raccolto, direttamente sul posto, accorciando ancora di più la filiera. Il pick yor own è infatti a tutti gli effetti la pratica che meglio risponde alla vendita dei prodotti a Km 0, cui benefici possono brevemente riassumersi nei seguenti punti: 1.Costa meno, perché la merce per arrivare al consumatore non deve essere trasportata, imballata e posta su uno scaffale. 2.E’ sostenibile perché scegliendo i prodotti a chilometro zero si attua un’azione di risparmio anche per l’ambiente, perché i prodotti non devono essere trasportati lontano, non consumando ulteriore acqua ed energia utili ai processi di confezionamento, ma anche plastica e cartone sull’imballaggio. 3.I prodotti sono più freschi, in quanto in azienda si trovano soltanto i prodotti di stagione, naturalmente freschi senza bisogno di conservanti. 4.Si può visitare l’azienda produttrice e avere più controllo sul prodotto, dal momento che si possono trascorrere dei bei momenti in fattoria con amici e familiari, vedendo da vicino i prodotti che si acquistano e la loro produzione. 5.Si riacquistano i profumi e i sapori delle diverse stagioni, scoprendo spesso alimenti della biodiversità agroalimentare che spesso, per ragioni di mercato, non raggiungono i banchi ortofrutticoli. 48 49 Bibliografia Franco S., Senni S., L’agricoltura sociale e lo sviluppo rurale. Alcune riflessioni introduttive, in Atti del XXXVIII, Convegno SIDEA, I servizi in agricoltura, Catania, 2003. Senni S., L’agricoltura sociale come fattore di sviluppo rurale, in AGRIREGIONIEUROPA, anno 1, n. 2, 2005. Senni S., L’agricoltura sociale tra impresa e comunità locale, in: I servizi sociali nelle aree rurali, INEA, Roma, 2005. Senni S., Caratteristiche delle funzioni sociali dell’agricoltura, in AA.VV. Le nuove frontiere della multifunzionalità in agricoltura, ALPA, Roma, 2007. Caccioni D., Colombo L., Il manuale del biologico, Bologna, 2012. Briamonte L., Sostenibilità ambientale, sociale ed economica della filiera vitivinicola - Atti del seminario Roma 17 Gennaio 2013, Roma, 2013. Vizioli V., Conversione al biologico – Linee guida per gestire il passaggio dell’azienda convenzionale al metodo di agricoltura biologica, Roma 2014 Zucaro R., Il sistema di controllo dei prodotti biologici in Italia, Roma, 2014. Sitografia http://www.growtheplanet.com/it/blog/better-world/articolo/318/la-storia-del-ortoterapia http://www.itsalute.info/salute-mental-health-it/salute-stress-it/1006066399.html http://www.hortusgiardini.it/articolo.asp?ID=22 http://www.forumagricolturasociale.it/wp-content/uploads/2013/02/agricoltura-biologica-e-sociale-strumento-del-welfare-parte.pdf http://www.greenchimneys.org/farm http://www.bdja.org http://www.farmgarden.org.uk http://gifae.prairie.be http://www.4-h.org http://4h.se 50 51 AIAB CALABRIA 89035 Bova Marina (RC) Via Monte Bianco 22 Tel. +39 0965 764992 - Fax +39 0645 227173 sito www.aiabcalabria.it email [email protected]