A GIUSTIZIA NPARAVENTI _a mattina parla da garantista. I pomeriggio passa ai toni forcaioli. Come ha dimostrato anche il caso Lupi, in campo giudiziario Matteo Renzi impone al suo esecutivo una linea a dir poco ambigua . Fa così un poco per opportunismo. E molto per paura. di Andrea Marcenaro n anno e un mese dopo, tutto straconfermato. Era il 20 febbraio 2014, un giovedì; la radicale Rita Bernardini, intervenendo a una manifestazione dell'avvocatura, disse: «La parola giustizia, nei programmi di Matteo Renzi, non esiste. Non c'è, è il niente». Venerdì 21 si sarebbe saputo che «ministro del niente», come lo battezzò Filippo Facci, sarebbe diventato Orlando Andrea, un italiano che amava definirsi «giovane turco». Non proprio il migliore, come viatico. Da allora Orlando non è più esistito, infatti. Fosse stato per Renzi, avrebbe perfino nominato Nicola Gratteri, il pubblico ministero calabrese. Giorgio Napolitano, cui la storia non potrà rinfacciare deficit di prudenza, ritenne che il massimo per quel posto non potesse coincidere col nome di un magistrato. Troppo pieno sarebbe diventato, il vuoto. E siccome meglio il Contraddizioni Matteo Renzi, 40 anni, presidente dei Consiglio, con Maurizio Lupi, 55 anni, ministro delle Infrastrutture costretto alle dimissioni il 20 marzo 2015. T IL LUNGO FILO ROSSO DELLE ULTIME INCHIESTE Da Expo al Mose, da «Mafia Capitale» a «Sistema», molti uomini del Pd sono coinvolti. di David Allegranti La sinistra perde Lupi ma non il vizio. II ministro di Ncd s'è dimesso in differita tv, a Porta a Porta, ma dall ' inchiesta «Sistema » emergono responsabilità (tutte politiche, per il momento) di esponenti dei Pd . Vedi Ugo Sposetti, ex tesoriere dei Ds, intercettato mentre è a colloquio con Giulio Burchi, già presidente di Italferr, indagato . Burchi, iscritto al Pd , «si attiva in più occasioni al fine di reperire incarichi in favore di persone indicategli dallo Sposetti». Tanto, annotano i pm, che in una conversazione il manager afferma: «Non faccio altro che fare il tuo ufficio di collocamento ». Il senatore dei Pd, in un'intervista a Repubblica, ha poi spiegato di aver voluto solo «dare una mano, a rendermi utile. Un po ' come fa la Caritas ». Non solo : dalle carte pare che Ercole Incalza abbia contatti con l'ala dalemiana dei Pd. Quando il deputato Francesco Boccia , lettiano, lo attaccò in un'intervista , lui disse al telefono ( intercettato): «Avvisiamo D'Alema». Esiste dunque una Caritas democratica, (nel senso di Pd). In effetti ce n'eravamo accorti da tempo : l'inchiesta «Mafia Capitale», con Salvatore Buzzi e Massimo Carminati , aveva mostrato la fragilità dei mondo delle coop rosse e il suo snaturamento . Un sistema anche quello trasversale, con rossi e neri a spartirsi quattrini alle spalle dei più deboli («Ma tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati ? Il traffico di droga rende meno », Buzzi dixit ). C'è dunque un filo rosso nelle inchieste . Dal Primo Greganti degli anni Novanta al Filippo Penati degli anni Duemila , per tornare al Greganti versione Expo , proseguendo con l'inchiesta sul Mose , che ha portato agli arresti dell'ex sindaco pd di Venezia Giorgio Orsoni , e quella su «Mafia Capitale». Fabrizio Barca , ex ministro nel governo Monti , ha completato la sua ricerca sul Pd romano definendolo così: «Un partito non solo cattivo ma anche pericoloso e dannoso », che «lavora per gli eletti » anziché per i cittadini e «senza capacità di rappresentare la società». Un partito che lavora per gli eletti e gli amici dei senatori . (Twitter@davidallegranti) niente che il troppo, meglio Orlando. I122 febbraio partì il governo. Dal 23, sulla giustizia che scotta, Renzi gioca da dietro un paravento. Letteralmente. Fa capolino di qua con gli occhietti, sporge mezza faccetta di là, sembra quasi garantista all'alba, già meno a mezzogiorno, diventa comprensivo verso i forcaioli nel corso del pomeriggio e lo resta la sera. Ha una paura fottuta di rottamare la magistratura militante, il decisionista Rottamatore. La materia è incandescente e lo si può capire. Il guaio è che si vede troppo. Prova a nascondersi, ma si vede anche questo. Una parte importante del giornalismo a sua volta militante, vissuto per vent'anni di veline e di Procure, appoggia ora senza troppa passione il governo. Ritrovarsi contro dei tipetti così potrebbe risultare letale. Per non far nomi, è del gruppo Espresso che si parla. E di Repubblica. Con, al fianco, la potente redazione giudiziaria del Corriere della Sera. Ha un bello scrivere Angelo Panebianco che, nel barcamenarsi sul caso Maurizio Lupi, il ministro dimissionario delle Infrastrutture, «Renzi ha scelto di sposare gli umori della piazza, esponendosi così all'accusa di opportunismo, di essere uno che usa due pesi e due misure». Ha un bello spiegare che «per mettersi al riparo dagli attacchi giudiziari, ha deciso di compiacere la piazza giustizialista, riconoscendo così, anche ufficialmente, la propria debolezza, la subalternità della politica al potere giudiziario». Pare effettivamente ineccepibile. Il presidente del Consiglio non potrà di sicuro negare la realtà. E invece lo fa. Sposta la faccina sul lato destro del paravento, la fa spuntare alla Luiss, cita Montesquieu e grida al mondo, giusto lunedì 23 marzo è capitato, che no, che mai e poi mai, che «un avviso di garanzia non può esser causa di dimissioni. Assolutamente, assolutamente. Perché siamo garantisti, noi, siamo per l'autonomia della politica». Già. Però non spiega, garantista qual è, e paladino immacolato dell'autonomia politica per quanto si proclama, come mai il suo Pd abbia scaricato in quattro e quattr'otto il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, raggiunto nel giugno 2014 da un avviso di cosiddetta garanzia per lo scandalo Mose, e ben prima che lo stesso Orsoni chiedesse di patteggiare la pena. Come mai si sia complimentato con l'ex pm Felice Casson, l'integralista del suo partito che a Venezia ha poi sbaragliato le primarie. Come mai, dopo lo scandalo gonfiato di «Mafia Capitale » che fece crollare mezzo Pd, il magistrato Alfonso Sabella sia stato chiamato a tambur battente nel ruolo di assessore alla Legalità con delega (sic) alla Moralità. Come mai il bravo sindaco di Firenze, vale a dire il suo molto sodale Dario Nardella, abbia concesso la corona di principe (risic) della Legalità a un magistrato tutto d'un pezzo come Giuseppe Quattrocchi, l'ex procuratore capo della città. Come mai Raffaele Cantone, persona per bene, intendiamoci, ineccepibile, e non a caso magistrato, dopo l'inchiesta sull'Expo sia stato innalzato a simbolo piddino, leopoldiano, renziano, e indiscutibile quanto insuperabile, della bontà contro la cattiveria, dell'onestà togata contro le troppe infamie politicanti. E come mai Renzi stesso, il quale porta in palmo di mano il Cantone scrittore (toh!, insieme a un giornalista dell'Espresso) di Il male italiano. Liberarsi della corruzione per cambiare il Paese, non abbia avvertito la necessità di rispondergli con analogo libretto di spirito riformatore il IL FIATO CORTO DI ANGELINO ALFANO I I leader dell'Ncd ha lasciato cadere Lupi. Per sopravvivere (ma fino alla prossima prova). Tutte le toghe dei presidente I magistrati passati a funzioni amministrative con il Pd, o che collaborano con il governo Renzi. ---------------------------------------------------------------------Alfonso Alfons Sabella 51 anni, dal 1993 sostituto procuratore prima a Palermo, poi a Firenze e a Roma, dal dicembre 2014 è assessore alla Legalità di Roma nella giunta di centrosinistra, dal 2013 guidata Ignazio Marino. Dal 18 marzo 2015 ha anche la delega al litorale di Ostia per «la forte presenza della mafia su quel lido». Nicola Gratteri Giuseppe Quattrocchi 56 anni, procuratore aggiunto a Reggio Calabria: nel febbraio 2014 Matteo Renzi l'aveva proposto come ministro della Giustizia, ma Giorgio Napolitano l'aveva respinto. Si è fatto anche il suo nome come successore di Lupi alle Infrastrutture. Dal luglio 2014 presiede la commissione governativa che deve riscrivere 75 anni, dal 2008 all'ottobre 2013 è stato procuratore a Firenze. Da allora guida l'ufficio «Città sicura» del Comune: una struttura le leggi antimafia e in novembre ha presentato una riforma in 95 articoli. di Andrea Orsini dal sindaco alle dipendenze del sindaco Dario Nardella, successore di Matteo Renzi, che deve coordinare l'azione della giunta nella lotta all'illegalità. Un po' lo stesso incarico che ebbe il suo predecessore Pier Luigi Vigna, chiamato come consulente del Comune e poi dimessosi per palese inutilità della carica. Greco 64 anni, procuratore aggiunto a Milano, coordina il pool reati finanziari. È stato in corsa come successore di Attilio Befera per la guida dell'Agenzia delle entrate. È stato anche tra i possibili successori di Lupi alle Infrastrutture. In gennaio aveva suggerito al governo Renzi la conversione in obbligazioni delle somme (1,2 miliardi di euro) sequestrate alla famiglia Riva, indagata per il disastro Ilva, lo scorso gennaio approvata in Senato. Raffaele Cantone 51 anni, ex sostituto procuratore a Napoli, dal marzo 2014 è presidente dell'Autorità anticorruzione. Ogni importante incarico nazionale che per caso si liberi gli viene automaticamente attribuito dai mass-media. Era dato come successore di Maurizio Lupi alle Infrastrutture. Ora è in corsa come commissario governativo per il rilancio dell'Italsider di Bagnoli e come candidato sindaco a Napoli, per il Pd, nel 2016. Difficile dire male di Angelino Alfano. L'uomo è brillante , simpatico, persino affettuoso nei rapporti personali. Ha lo stile inimitabile, negli abiti e nei modi, dei siciliani della buona società . Eppure a soli 44 anni ha già distrutto due partiti, costruendo su questo una brillante carriera politica . Il fatto è che Alfano sembra l 'affidabilità e la virtù fatte persona . Forte di una vita privata priva di pettegolezzi , da democristiano anni Cinquanta , e di un costante impegno antimafia che gli fa onore, Angelino pare a tutti come un bravo ragazzo . Come il bravo ragazzo abbia eliminato Gianfranco Miccichè, storico leader di Forza Italia in Sicilia , e poi seriamente danneggiato Silvio Berlusconi , portando il Popolo della libertà dal 30 al 13 per cento , è storia nota. Poi fondò il Nuovo centrodestra , partito che ha come ispirazione ideale quella di evitare le dimissioni sue e di altri dagli incarichi di governo . Soprattutto le sue: quando Matteo Renzi gli spiegò che «non si era mai visto che il ministro dell'interno non votasse il capo dello Stato» capì al volo l 'antifona e, con responsabilità istituzionale, in poche ore da avversario divenne il più deciso sostenitore del futuro capo dello Stato . Oggi Angelino ha realizzato il suo capolavoro : quella delle dimissioni, imposte da Renzi , di Maurizio Lupi. Non era facile : Lupi è, nelle ridotte dimensioni dell ' Ncd, un peso massimo. È il punto di riferimento di una realtà forte come Comunione e liberazione . È stato ministro stimato , considerato fra i più competenti del governo Renzi . E nessuno, negli ambienti politici , mette davvero in dubbio la sua onestà . Eppure se n'è dovuto andare e Alfano anche questa volta ha superato brillantemente la prova. Anzi, appena Lupi ha lasciato , ha spiegato con la massima serietà che l'Ncd «resta al governo finchè farà le cose che diciamo noi» (qualcuno allora avvisi Renzi che, senza saperlo, è un mero esecutore delle politiche di Alfano ). L'idea di lasciare il governo, ha spiegato Alfano , «sembra la vecchia barzelletta dei pazzi e i 99 cancelli ». Non conosciamo la barzelletta ma, se comincia con Angelino Alfano che abbandona il governo , farà ridere di gusto. E intanto il Pd punta all 'annessione del Nuovo centrodestra di Keyser Söze Gli alibi cambiano, ma alla fine il risultato è sempre lo stesso: qualunque sia lo strappo con cui Matteo Renzi umilia il Ncd (sia il Jobs act, l'elezione non concordata di Sergio Mattarella al Colle o il caso di Maurizio Lupi ), Angelino Alfano e i suoi abbozzano. Accettano, loro malgrado, di essere figli di un Dio minore. Se si fa ricorso ai ricordi, anche il Psdi di Pietro Longo e Franco Nicolazzi , teorici della poltronite, dimostrò quando era il partito vassallo della Dc di avere più orgoglio e carattere del Ncd: i socialdemocratici per difendere una posizione arrivavano alla crisi di governo. Parola che nel partito di Alfano è una bestemmia. «Pensano solo alla poltrona» dice un nome storico di Forza Italia come Antonio Martino «a qualsiasi costo e in qualsiasi contesto». Per dirla tutta, c'è dentro Ncd anche chi per sopravvivere è pronto ad accettare un'alleanza organica con il Pd che, nella logica della nuova legge elettorale, l'Italicum, equivale a un'annessione. Sono quelli, davvero pochi, che pensano di aver conquistato un posto nelle liste del Partito della nazione, ovviamente in quota Ncd, tipo il ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin , il probabile ministro Gaetano Quagliarello, e una sua ChièKeyserSöze : lo pseudonimo è tratto dal film -cult l soliti sospetti, dove quel personaggio è interpretato da Kevin Spacey (foto), e nasconde un importante rappresentante delle istituzioni, che su Panorama racconta la politica dal di dentro. fidatissima, la senatrice Federica Chiavaroli . Del resto nel Partito della nazione c'è posto per tutti, se è vero com'è vero che Mario Adinolfi sta coltivando per conto di Renzi anche i cattolici integralisti, gli antiabortisti. «Dietro il finanziamento del nuovo quotidiano di Adinolfi, La Croce» suggerisce un informatissimo Maurizio Sacconi «c'è Renzi». In questa luce per il premier annettere pezzi del Ncd non è un problema, anzi: se il Pci aveva gli indipendenti di sinistra, in futuro il Pd di Renzi avrà qualche centrista indipendente. Sono le stagioni della politica. Lo sa bene Alfano, che da buon dc si prepara a essere un uomo per tutte le stagioni. Per ora non si schiera né con i fautori dell'annessione, né con i tifosi del ritorno con il Cav. Sta a guardare, valutando quel che più gli giova. Ma è disponibile per tutti i giochi, anche i più spregiudicati. «L'alleanza con Silvio Berlusconi per le regionali in Campania» è il concetto che Alfano affida ai suoi «non è per nulla scontata». Tant'è che tra gli esponenti campani del Ncd si favoleggia di un piano che prevederebbe il ritiro della candidatura di Vincenzo De Luca da parte del Pd, e un'alleanza con Renzi su un altro nome che potrebbe attrarre anche pezzi di FI. Insomma, siamo alle prove di annessione. «Ma Angelino si illude» stigmatizza il Cav. «Se va con Renzi, si porta dietro pochi compagni di strada. Sul caso Lupi ha fatto la figura di Ponzio Pilato per non dispiacere il premier. E gli elettori non lo seguono». È probabile (il Ncd è all'1,3 per cento nei sondaggi, ha perso due punti in una settimana), ma se il centrodestra non trova una sua politica, se Matteo Salvini non la smette di porre veti, se dentro FI non finisce il festival delle epurazioni e delle scissioni, c'è il rischio del «cupio dissolvi». ❑f La giustizia italiana ha cui titolo avrebbe potuto essere: Il male italiano. Liberarsi dalla supplenza della magistratura per cambiare il Paese. Era un modesto suggerimento del Foglio. Potete scommettere che non vedrà mai la luce. Certo che esagerare non si deve, però. Dietro al paravento , il Rottamatore sa spostarsi come un furetto per spuntarti dall'altra parte: chi ha fatto la nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati? Io. Chi ha rimbrottato a muso duro il segretario dell'Anm Rodolfo Sabelli, quando si è permesso di offendere l'esecutivo politico insinuando carezze ai corruttori? Io. Chi gioca la partita del protagonismo decisionista, togliendo obiettivamente l'acqua a quello giudiziario? Sempre io. E non si può negare. Cioè. È innegabile che Renzi, mentre titilla ciò che resta della piazza «tricoteuse», appecoronandosi per- bisogno di una fino a ogni richiesta imperiosa di E pazienza se Renzi non lo riforma, sì o no? aggravare ogni pena, di allungare sapesse, ma lo sa. E non la fa, la Di'la tua sulla ogni prescrizione e di sposare ogni pagina Facebook legge. Evita, schiva, si dà malato. di Panorama. demagogia capace di conservare Per la corruzione c'è già l'ottimo il potere delle toghe, è innegabile, magistrato Cantone. Per le intersi diceva, che quel po' si vergogni. Che cettazioni che sputtanano tutto e tutti, che provi, ogni tanto, a metterci una pezza. ingrassano i giornali fiancheggiatori e che «Non parlategli di riforma della giustizia preservano all'infinito i poteri di condiziosul serio, però, da quell'orecchio non ci namento della politica, scusate ragazzi, ma sente» sussurra il professor Panebianco. non si trova al momento una toga disponiChe aggiunge, spietato: «Nonostante bile. Lo stesso, scusate ragazzi, vale per la la prudenza con cui tratta la questione separazione delle carriere tra inquirenti e giustizia, il governo Renzi ha già sperigiudicanti. Solo a sentirne, il Matteo cuor mentato l'ostilità dei rappresentanti sindi leone che rottamò Massimo D'Alema e dacali della magistratura». Per arrivare Susanna Camusso, abolì il Senato, menò infine al dunque: «Le norme del governo Confindustria con Sergio Marchionne, e sulla responsabilità civile dei magistrati, che metterà prima o poi spalle al muro la questo lo sappiamo tutti, avranno effetti potente Germania, solo a sentirne, il politiscarsi o nulli. Al contrario, una buona co più cuor di leone di sempre si nasconde legge sulle intercettazioni cambierebbe dietro il suo paravento. E lì si accuccia. ■ tanto nella politica italiana». © RIPRODUZIONE RISERVATA