Comunità Pastorale Regina degli Apostoli Parrocchie di Bernareggio, Villanova, Aicurzio, Sulbiate Anno della fede: scuola della Parola "La tua fede ti ha salvato" Pagine del Vangelo di Marco nell'Anno della Fede Primo incontro: Venerdì 19 ottobre 2012 - Chiesa parrocchiale di Villanova Credete al Vangelo! "Il tempo propizio" (Mc 1, 14 - 15) Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”. perché si può evidenziare quella parola che torna tante volte o quella riga che mi colpisce. Il Vangelo deve essere pasticciato, ecco perché vi ho dato un libretto, perché annoto qualcosa, metto un punto di domanda dove non capisco, sottolineo fortemente quella parola, quel gesto o quel verbo che mi colpiscono. Il secondo passo, che farò ancora io per voi, è la MEDITATIO. La prima cosa che devo fare non è dirmi subito “cosa dice questo Vangelo”, ma prima devo leggere e capire non cosa dice a me, ma cosa dice come messaggio. Quindi prima c’è la lectio, poi la meditatio che chiede “a noi invece cosa dice oggi questa Parola che ha duemila anni?” E allora la leghiamo alla vita. Il terzo passaggio è la CONTEMPLATIO, o ORATIO: la preghiera. Ho ascoltato, ho meditato sulla mia vita, cosa c’entra con me, e allora rispondo. La lectio divina ha la bellezza di essere l’unica preghiera oggettiva: nelle altre preghiere noi diciamo delle parole, qui invece rispondiamo. Ecco perché questo è il metodo di preghiera secondo me in assoluto più importante e, dopo l’Eucaristia, la preghiera più vera. Perché “Dio, ti rispondo”, cioè “mi hai parlato Signore, io ti rispondo”. A volte tante nostre preghiere rischiano di essere interminabili monologhi. Qui invece si ha dialogo. Il quarto e ultimo passo, quello che io vi suggerirò alla fine dell’incontro, è l’ACTIO, l’azione. In queste serate concentriamo questi quattro passaggi, poi ciascuno lo può fare anche in un quarto d’ora della sua vita, da solo: lectio = lettura, meditatio = meditazione, contemplatio = preghiera, actio = azione. Questo mese ci impegniamo tutti a fare una determinata cosa. E penso che sia bello andare a casa dicendo che c’è stata una comunità numerosa di adulti e di giovani che dice scegliamo questo proposito L’anno della fede, per me e per noi, non è sulla carta ma si incarna. RIFLESSIONE DI DON LUCA Il metodo della “Scuola della Parola” Permettete un'introduzione al tema della lectio divina che ha permesso al nostro Arcivescovo Card. Martini, quando la propose per la prima volta ai giovani nel 1980, di fare una piccola rivoluzione nel mondo, soprattutto monastico. I monaci che praticano la lectio divina, quindi la lettura divina della Parola, su una pagina di Vangelo ci stanno tutto il giorno; la bontà, secondo me, del metodo “Martiniano” è stata quella di rendere possibile l’approfondimento di un brano del Vangelo anche in un quarto d’ora, ma di permetterlo anche a chi, come me e come voi, non fa il monaco e che non ha tutta la giornata per tornare più volte a meditare sulla Parola. Ha dato cioè a tutti la possibilità di andare al cuore della Parola del Signore con un metodo semplice. Un metodo che è diverso dalla predica perché voi, stasera, mi sentirete fermarmi sulle parole, spiegare un verbo, un significato; l’omelia della domenica è un’altra cosa: devi prendere alcuni tratti e incarnarli nella vita. Stasera, il livello è un pochino più alto, ma non facciamo nemmeno “scuola di Bibbia”: questa non è esegesi, lettura per capire la Parola; noi stasera pregheremo. È quello di cui abbiamo tremendamente bisogno in questo anno della fede. E allora vi dico i quattro passi di questo metodo, i quattro momenti: il primo è la LECTIO, la lettura, ed è quello che io farò, o cercherò di fare, tra poco. In questo caso è meglio affidarsi a qualcuno che l’ha fatto già un po’ di volte o che ha studiato la Parola oppure al commento che avete lì e che magari potete leggervi in settimana, magari più ricco di alcune cose che dico io. La lectio, la lettura, leggere e leggere più volte il Vangelo anche quando lo facciamo da soli. Imparare a leggere il Vangelo, diceva Martini, con la penna 1 lo fa in maniera stringata ed è questa la capacità del Vangelo di Marco. Questo è il Vangelo dei primi cristiani, dei primi discepoli: è molto stringato, ma denso di significato. In poche righe fa vedere Gesù come il nuovo Adamo che viene in mezzo alle fiere, alle bestie nel deserto ma non parla, non dice niente. “Dopo che Giovanni viene arrestato”, Gesù entra in scena e le prime parole che dice sono queste, le abbiamo al versetto 15, ma è interessante questa parola che torna per due volte in due versetti e, se c’è una parola che ritorna tante volte nel Vangelo, è una parola importante. La parole è proprio “Vangelo” che c’è al versetto 14 ed è l’ultima parola del versetto 15. Vangelo, “ευαγγελιον” [euanghelion], tradotto letteralmente: “Buona notizia”. C’è un particolare, però: al versetto 14 si dice “Vangelo di Dio”, perché questa specificazione? C’è un Vangelo diverso? Perché c’è bisogno di dire questo “Vangelo di Dio”? In greco questa specificazione è importante perché la lingua originale dice alcune cose: questo “di Dio”, in greco, è un genitivo oggettivo, cioè significa che diventa il complemento oggetto per cui: “predicando il Vangelo CHE È DIO”, la buona notizia CHE È DIO. È un altro particolare in più interessante: la buona notizia CHE È DIO. La prima parola che presenta Dio quando suo figlio Gesù parla del Padre dice: “mio Padre è una buona notizia”. Allora arrivo a commentare, a leggere la lectio tra le righe. Capite che questa sera non è semplice perché sono poche righe e sono due versetti del Vangelo di Marco. Trovate una bellissima introduzione di don Matteo Crimella all’inizio del libretto su tutto il Vangelo di Marco. In fondo al libretto, poi, c’è un’altra interessante lettura da fare che è quella che don Giavini, altro anziano biblista, fa sulla storicità dei Vangeli. Qualcuno oggi mette in crisi dicendo che i Vangeli sono una bugia, che non sono storici; don Giardini risponde a questa cosa, quindi non entriamo ora nel merito. Ci interessa arrivare pregare stasera, e chiedo scusa per l’introduzione un po’ lunga. Il Vangelo di Marco Il Vangelo di Marco è un testo scritto per i cristiani perseguitata a Roma quindi potremmo dire che è un Vangelo “de noaltri”, è un Vangelo che appartiene alla nostra storia. Non ben identificabile, questo Marco non si sa chi sia: si pensa che sia Giovanni detto Marco, discepolo di Paolo e Barnaba. Nella Passione di Marco si parla di un giovinetto che, fuggito via di casa soltanto con un lenzuolo, nell’orto degli Ulivi viene braccato perché ha visto tutto, ma fugge via nudo. Ci si chiede perché solo il Vangelo di Marco racconti questo particolare. Probabilmente o era lui quel ragazzetto che scappa via lasciando il lenzuolo nelle mani delle guardie del sommo sacerdote, oppure è qualcuno che aveva poi conosciuto questo evangelista e che si è ritrovato a Roma durante la persecuzione di Nerone. All’inizio i cristiani si trovavano per spezzare il pane, per leggere le pergamene dell’Antico Testamento e ricordarsi i racconti su Gesù e sui suoi discepoli. I Vangeli sono nati da questi racconti di gente come noi che si trovava in chiesa e riportava quello che aveva ascoltato. La tradizione orale è diventata poi una tradizione scritta in quello che la comunità intorno a questo evangelista che si chiama Marco ha saputo raccogliere. Il tempo favorevole E poi, versetto 15, “il tempo è compiuto”. La parola che si usa per dire tempo è importante: nel greco antico ci sono due parole. La prima è “Κρόνος” [Krónos], cronometro, cronologia, tutto ciò che misura il tempo, il discorso sul tempo. Ma qui non si usa il tempo in senso di crono, di tempo che scorre. Il termine che si usa qua è “χαιρός” [Kairos] che vuol dire “tempo favorevole, tempo opportuno, tempo fecondo”. E c’è una bella differenza tra un tempo materiale che scorre e un tempo che invece è carico di fecondità, che è pregnante di significato. E dice che questo tempo “è compiuto”, siccome si usa un verbo che è al perfetto in greco, sarebbe da tradurre “il tempo opportuno, il tempo fecondo è compiuto ED È COLMO”, cioè fermatevi qui perché siamo arrivati al momento storico per eccellenza. Non è un caso che noi iniziamo sempre la lettura dei Vangeli dicendo “in quel tempo”: non c’è nel Vangelo, noi lo mettiamo all’inizio della liturgia quando leggiamo la Parola del Signore: “In quel tempo”, perché è quello, è tempo pieno e colmo. La buona notizia Finite le introduzioni, andiamo su questi due versetti. Sono proprio poca roba, ma vuol dire che congestionano tanti significati. Stasera vi parlerò di quattro parole. “Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea”. Il Vangelo di Marco è iniziato con un prologo: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo figlio di Dio”. Poi presenta la figura di Giovanni il Battista, il battesimo di Gesù e Gesù che si ritira nel deserto. Matteo, che leggiamo in Quaresima, racconta le tentazioni in maniera abbondante, Marco invece 2 affidarsi. L’immagine bella è quella del bambino tra le braccia della madre, che si butta tra le sua braccia e gode. Addirittura, dice il salmo 130: “io mi sento come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”. Perché “svezzato”? Perché il bambino che non è svezzato cerca la madre per egoismo, cerca il seno cui attaccarsi, invece il bambino svezzato cerca la madre solo per il piacere di stare tra le sue braccia, non ha bisogno del latte, ma sta tranquillo e sereno perché si sente al suo posto. Questa è la fede. Il Regno di Dio E poi si dice “il Regno di Dio”. L’espressione Regno di Dio viene usata da Marco e da Luca, Regno dei Cieli da Matteo, ma dicono la stessa cosa. Il pensiero va subito al Paradiso, ma non è immediatamente questo il significato delle parole “Regno di Dio” e “”Regno dei cieli”. Gesù dirà nella passione che il suo regno non è di quaggiù. Tradotto è semplicemente il vivere alla maniera di Gesù, il vivere la pienezza di quella buona notizia che è Dio. Ecco, il Regno è il potere che Dio dà a coloro che scoprono Lui come buona notizia, come notizia di vita, come notizia di gioia. C’è un bellissimo testo che ho trovato di Benedetto XVI che dice, nel 2008, “Regno di Dio non indica un regno terreno, delimitato nello spazio e nel tempo, ma annuncia che è Dio a regnare, che è Dio il Signore e la sua signoria è presente, è attuale, si sta realizzando” [Angelus del 27/01/2008]. Altra parola importante è che questo Regno “è vicino”, e non è vicino come lo intendiamo noi, ma significa che è avvenuto, è già qui, svegliatevi. L’ha detto anche la prima lettura di Isaia domenica scorsa [Is 26, 1-2. 4. 7-8; 54, 12-14a]: “Dio dice Io faccio una cosa nuova, non ve ne accorgete?” È vicino, è qui, è avvenuto, è successo, è un fatto reale, poi voi decidete se starci o no, se crederci o no, ma sappiate che è successo, che comunque 2000 anni fa questo avvenimento dell’annuncio del Regno ha cambiato la storia, che piaccia o no, che uno sia cristiano o no, ma ha cambiato la storia. E allora, dopo questa lettura approfondita, arriviamo a quattro riflessioni prima di entrare nel nostro tempo di preghiera. La delicatezza di Gesù Innanzitutto una cosa che mi colpiva in questi giorni, e vi ringrazio perché chi mi ha chiesto di fare questi incontri obbliga me a pregare di più sulla Parola e a prepararmi. Mi ha colpito questa cosa, e non l’avevo mai notata prima, il Vangelo dà sempre cose nuove. Questa introduzione delle due righe, ma non è per andare a cercare il capello, ma per capire il vero significato delle parole: “Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea”. Gesù era già entrato in scena, si era presentato al Giordano. Perché non si fa vedere prima? Giovanni l’aveva presentato anche bene: “Dopo di me viene uno cui io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali” caspita, l’ha detto subito. “Lui deve crescere, io diminuire”. Giovanni si era messa da parte, eppure mi piace questa delicatezza di Gesù: aspetta che Giovanni esca di scena, e poi inizia a predicare. Se ci pensate bene è di una delicatezza enorme nelle relazioni. Tu sai che vali di più, ma aspetti che chi vale meno di te o chi sembra valere meno di te, prima sia se stesso e poi ti esprimi. Mi sembra fondamentale nelle relazioni questo; in una relazione matrimoniale come in una relazione di amicizia. Dimostra un’attenzione e una delicatezza mostruosa lasciare che l’altro sia, lasciarlo esprimere. Invece noi a volte rischiamo di essere un po’ dei bisonti che devono portare avanti i propri principi, le proprie idee: “Ah io sono schietto, quello che devo dirti te lo dico”. Ma così roviniamo le relazioni in nome di una presunta verità, che verità non è perché fa male, quindi non può essere vera. È solo dire “2 + 2 fa quattro”, ma fai male all’altro per cui non è più una verità che l’altro recepisce, gli hai pestato i piedi. Gesù aspetta, lascia che l’altro sia. Avrebbe tutti i numeri per presentarsi e stracciarlo al traguardo in volata, come popolarità, come essere famoso: l’aveva presentato lui, gli sarebbe piaciuto Convertitevi e credete E poi questi due verbi che indirizzano al Vangelo: “convertitevi e credete”. Convertitevi che, tradotto letteralmente nel testo originale, è “cambiate mente”; lo vediamo sempre in senso morale come cambiare atteggiamento, invece la parola conversione indica un cambiamento di testa. Dopo, le azioni arrivano di conseguenza, ma prima deve cambiare la testa perché, se ci si sforzi di non fare una cosa semplicemente per volontà, alla fine la si fa, si cede. Se invece si capisce perché non bisogna farla cambiando mente… C’è poi quel verbo “credere” che, in ebraico, ha la stessa radice “ ”אָמֵןdella parola “Amen” che non significa dire “questa cosa c’è”. A volte pensiamo che dire “Credo in Dio” significa solamente dire Lui c’è, ma questo è di una banalità assurda. La radice ebraica di credere dice un “aggrapparsi a qualcosa, a qualcuno” quindi non ne faccio tanto un qualcosa che esiste, ma mi ci attacco, mi ci aggrappo, ci lego la mia vita. Noi potremmo tradurre questo termine come “affidatevi”, 3 la cornetta e fare quella telefonata, per dare quel sorriso perché… non abbiamo tempo. E quando non c’è più? “vincere facile” se l’avesse voluto. Non lo fa. L’altro ha la sua dignità. Le quattro parole E poi queste quattro parole che abbiamo visto: la prima è “Vangelo”. Mi chiedo e vi chiedo: quanto questa “buona notizia che è Dio” sia davvero per noi stasera una buona notizia. Spesso abbiamo ridotto la religione, e nell’anno della fede è importante ricordarcelo, a un atto morale, a rispettare dei precetti e delle tradizioni. Ma la buona notizia prima di tutto è un incontro che cambia la vita. E scopriamo che questo incontro che cambia la vita è Dio, che è una persona in Gesù. Non è un’idea Dio, è una persona! Tu come ti comporti con una persona? Lo sentiamo veramente persona questo Dio che è Gesù? Lo sentiamo un contemporaneo o, a volte, invece è un ricordo del passato che tiriamo fuori in alcuni momenti? Dio è persona, non è una teoria; è un avvenimento, un fatto. Allora è importante riscoprire la bellezza di questo avvenimento, come è accaduto nella mia vita. Magari stasera possiamo pregare e dire “come ho incontrato io Gesù?” o “come devo ancora incontrarlo come una persona?”. Terza parola: il “Regno”. Vivere alla maniera di Gesù. Ci accorgiamo che spesso si contrappone alla logica di questo mondo. Accendete la televisione in questi giorni e vi sembrerà che il mondo sia dei furbi, sia di quelli che invece il regno lo interpretano come potenza, come dominio, come acquisizione ancora inappagata e mai sufficiente di denaro. Se ne hanno tanto ne vogliono sempre di più, devono spendere tanto. E dici, allora ha senso? Si. Io penso che questo anno della fede nel confronto con la Parola debba portarci all’ottimismo: è più bello essere del regno di Dio che di questo mondo. Ma non perché disprezziamo il mondo, ma perché la logica del mondo non può portarci via la nostra gioia, la gioia di essere onesti, leali, sinceri, semplici. Quarta e ultima parola: “convertirsi e credere”. Non vi dico che per convertirvi dovete fare questo o fare quello, siete grandi abbastanza e lo sapete. Cito il nostro Arcivescovo Angelo Scola che, parlando della conversione, dice sempre che la fede è conveniente, che noi adulti dovremmo imparare a dimostrare ai nostri ragazzi e anche ai nostri amici che incontriamo sul lavoro o per strada, che la fede è conveniente, che conviene essere cristiani. Perché… guarda come sto bene io. Padre Fausti, gesuita, diceva che il cristianesimo si deve comunicare per invidia. Uno ti guarda e dice: “Orca, guarda quello lì come è, voglio essere così!” Secondo, la parola “tempo”: mi sono fermato a riflettere e ho scoperto che noi siamo figli del Krónos più che del Kairos. Il primo ricorda il tempo che passa, Kairos invece è il tempo fecondo, propizio, favorevole. Mi sono accorto che noi “corriamo dietro al tempo”, “non abbiamo tempo”, quante volte diciamo queste frasi. Penso che invece il nostro incedere nel tempo debba essere sempre fatto più di scelte. Settimana prossima andrò agli esercizi: vi assicuro che l’ho deciso due settimane fa. Vedendo le cose che ho da fare, non sarei mai andato a pregare. Due settimane fa camminavo in montagna (ho iniziato ad andare a camminare in pianura o in montagna una volta alla settimana per prendervi tutti a calci nella mia mente, così scarico un po’) e ho deciso: prendo a calci le cose che devo fare e mi fermo. Perché devo correre dietro al tempo che passa e non farlo diventare favorevole per me? Quante volte diceva il mio padre spirituale al liceo: “si finisce di pensare come si vive, invece di vivere come si pensa”. Cioè, rincorriamo così tanto il tempo che poi è il tempo che passa che decide che scelte facciamo nella vita. E, ormai siamo qui. Non ci fermiamo più a decidere come noi vogliamo vivere il nostro tempo. Oggi ho fatto il funerale a una donna di 56 anni: abbiamo sempre bisogno di qualcosa di grave per renderci conto che domani è tardi per dire ti voglio bene, per dire scusa, per prendere in mano Allora vi lascio queste domande: - Quanto Dio è “Buona Notizia” per me? - Come vivo il mio “tempo”? Il tempo è mio, la vita è mia e ne ho una. I miei affetti, le mie relazioni sono abitate da qualcosa di fecondo o è qualcosa che passa? - E il Regno mi dice: “Quanto sono ottimista?” “Quanto invece la logica del mondo mi sta schiacciando nel pessimismo?” - Infine, scopro veramente che la fede è qualcosa di conveniente, quando penso al cambiar vita, al credere? Vi lascio a queste domande, ciascuno prenda una cosa, due al massimo e ci stia su, ne parli con il Signore, se vuole si faccia aiutare anche dalle domande che sono lì a pagina 21, e stiamo in silenzio davanti all’Eucaristia. 4