BREVI RIFLESSIONI IN TEMA DI GESTIONE DELLE “SOMME” DESTINATE AI CREDITORI IRREPERIBILI (DI CIRO ESPOSITO) Si svolgono brevi considerazioni in merito alla “ gestione” normativa delle somme destinate ai c.d. “creditori irreperibili”. Una possibile soluzione del problema – dianzi alla lacunosità del dato normativo – potrebbe essere la seguente: 1) chiusura del conto corrente ex art. 34 l.fall. in esito al riparto finale ex art. 117 l.fall ; 2) constatazione della esistenza di “creditori irreperibili o che non si presentano” da parte del curatore fallimentare, in virtù di apposta relazione al GD prima della chiusura e dopo l’esecuzione del riparto. Relazione nella quale il curatore informa dell’esubero di somme e riferisce della apertura di un nuovo conto corrente ex art. 117,IV comma, l.fall; 3) “apertura” – nell’intervallo di tempo che va, dalla accertata irreperibilità o dalla mancata presentazione dei creditori, alla chiusura del fallimento - di un conto corrente sul modello e secondo le condizioni di quello ex art. 34 l.fall.. Conto corrente intestato alla procedura concorsuale. Per ragioni di praticità e maggiore sicurezza il rapporto potrebbe assumere anche la forma di un libretto nominativo intestato alla procedura – e lasciato nella disponibilità della cancelleria da parte del curatore - visto che la norma dispone unicamente che le “somme sono nuovamente depositate ….presso l’Ufficio Postale o la banca già indicati ai sensi dell’art. 34 “Sicché il deposito può avere anche le forme del libretto visto che non è richiamata la parte dell’art. 34 che dispone la forma del conto corrente. 4) chiusura del fallimento che non può essere ritardata – secondo il principio della celerità – dalla persistenza di somme da destinare come dimostra sistematicamente anche la vicenda dei creditori ammessi con riserva ( cfr artt.117, III comma, 113 e 113 bis l.fall) A seconda delle evenienze potrebbero – nei cinque anni dal deposito delle somme - verificarsi le seguenti ipotesi: 1 a) distribuzione delle somme, mediante mandato, emesso dal “giudice” designato dal Presidente del Tribunale, su ricorso degli interessati, agli aventi diritto ( creditori irreperibili o che non si sono presentati) che ne facciano richiesta, nei cinque anni dal deposito. A tali soggetti le somme sarebbero distribuite, man mano che si presentano, versando la somma prevista nel piano di riparto cui aggiungere la quota proporzionale di interessi, maturata sul conto ex art. 34 l.fall., sino a quel momento. Tanto in ragione di apposito ricorso, da parte del creditore, al Presidente del Tribunale, il quale nomina il giudice che provvede –secondo le modalità procedimentali ritenute dal giudice stesso più consone alla fattispecie concreta– alla emissione del mandato di pagamento; b) ove l’ipotesi sub a) non si realizzi, distribuzione delle somme a favore dei “creditori insoddisfatti”, che ne abbiano fatto richiesta, a mezzo ricorso “indirizzato” – prima dello spirare del termine quinquennale – al Presidente del Tribunale, il quale designa un giudice che “omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio…..dispone la distribuzione delle somme non riscosse in base all’art. 111 l.fall. tra i soli richiedenti”. Giudice che quindi disegna il procedimento di distribuzione del residuo, nel rispetto del contraddittorio, ma tenuto conto della singola fattispecie concreta e quindi del grado di complessità e del livello di informazione che la medesima può, o meno, imporre tenuto conto del principio di celerità; c) trascorsi i cinque anni dal deposito – laddove non si siano verificate le iporesi sub a e b – la Banca comunica, alla Cancelleria della sezione fallimentare del Tribunale, la persistenza delle somme sul conto corrente. La cancelleria sottopone la vicenda, al Presidente, il quale nomina un giudice che verificato - in virtù del procedimento che ritiene preferibile nella fattispecie concreta - il presupposto della distribuzione allo Stato ( i.e. mancato ricorso di creditori sub a e b)1 1 La questione della verifica di assenza di riscorsi, da parte dei creditori insoddisfatti, potrebbe rivelarsi insidiosa ove – come afferma la dottrina unanime – il ricorso possa essere presentato in seno alla domanda di ammissione al passivo. Ed infatti, verosimilmente, la cancelleria non avrebbe contezza del ricorso in quanto incorporato in altra istanza. Sicché – oltre a sembrare opportuno che la cancelleria sia attrezzata in tal senso – sarebbe opportuno che il curatore, in sede di istanza di chiusura, indichi la presenza di creditori insoddisfatti che abbiano formulato la richiesta di cui all’art. 117, IV comma, l.fall. Tanto in guisa da evitare la distribuzione a favore dello Stato, o comunque consentire – a tali 2 dispone il versamento a favore dell’entrata del bilancio dello Stato . Versamento che avviene a cura della Banca. Orbene, si ritiene che la soluzione proposta possa fondare sulla esegesi dell’art. 117 l.fall. La norma, infatti, al quarto e quinto comma, prevede : “Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’articolo 34. Decorsi cinque anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate a cura del depositario all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Il giudice, anche se è intervenuta l’esdebitazione del fallito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, su ricorso dei creditori rimasti insoddisfatti che abbiano presentato la richiesta di cui al quarto comma, dispone la distribuzione delle somme non riscosse in base all’articolo 111 fra i soli richiedenti”. Il dato letterale della disposizione – secondo lo sforzo progressivo imposto dall’art. 12 dip prel al c.c. – offre utili riferimenti per la ricostruzione della vicenda, nei termini sopra prospettati. La norma, in prima analisi offre un utile elemento ermeneutico, laddove individua i possibili destinatari del residuo attivo, secondo un progressione decrescente. Al primo posto vi sono “ i creditori irreperibili o che non si sono presentati”2 i quali – essendo i destinatari naturali delle somme creditori - di partecipare alla distribuzione del residuo, essendo altrimenti pregiudicati e costretti alla probabile applicazione dell’art. 114, II comma, l.fall. 2 Il dato numerico dei“ creditori irreperibili” rispetto ai “creditori che non si presentano” potrebbe essere destinato a ridimensionarsi in relazione al disposto di cui al d.l 179/12 e visto che l’art. 31 bis l.fall prevede un meccanismo di informazione sostitutivo previsto dall’art. 31 bis secondo comma l.fall. stando al quale “ Le comunicazioni ai creditori e ai titolari di diritti sui beni che la legge o il giudice delegato pone a carico del curatore sono effettuate all'indirizzo di posta elettronica certificata da loro indicato nei casi previsti dalla legge. Quando e' omessa l'indicazione di cui al comma precedente, nonche' nei casi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per 3 - possono, entro il termine di cinque anni dal deposito, presentarsi e richiedere quanto ad essi assegnato in sede di riparto, oltre agli interessi che le somme hanno maturato.3 A seguire, vi sono i c.d. creditori richiedenti rimasti inosddisfatti. Tra questi, vi rientrano, innanzitutto, coloro che sono stati ammessi al passivo e che dimostrino, di non essere stati integralmente soddisfatti. Nel novero di tali soggetti, si ritiene debbano essere inclusi, verosimilmente, anche coloro che sono stati ammessi con riserva e la cui riserva si è sciolta, dopo il fallimento, ma prima dei cinque anni dal deposito. Questi – essendo divenuti creditori – potrebbero avanzare richiesta di riparto supplementare eventuale, ove non integralmente soddisfatti dagli accantonamenti ad essi destinati. Anche gli stessi creditori irreperibili o che non si sono presentati potrebbero assumere tale veste, laddove – ricevuto quanto assegnato in sede di riparto in esito alla successiva richiesta e rimasti insoddisfatti – manifestino, nei modi di legge, la volontà di ricevere le somme depositate e non riscosse dagli altri creditori irreperibili o che non si siano presentati. Ed invero, la norma parla di “altri creditori rimasti insoddisfatti” e tale creditore ( redivivo) sarebbe sia “altro”, rispetto ”agli altri” “creditori irreperibili”, sia “insoddisfatto”, ove il riparto originario – del quale ha tardivamente profittato - non determini la sua completa soddisfazione. Il terzo destinatario delle somme, potrebbe essere “ l’entrata del bilancio dello Stato”, “ alla quale” gli importi sono destinati nella ipotesi in cui nessuna delle due categorie di soggetti di cui cause imputabili al destinatario, tutte le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria”. Ne viene che tendenzialmente il creditore è sempre “reperibile”, attraverso il deposito in cancelleria.. 3 Deve ritenersi che il diritto sia correttamente esercitato laddove il creditore irreperibile depositi il ricorso nei cinque anni, visto che la materiale distribuzione non è vicenda che dipende dal medesimo, potendo essere collegata ai tempi di assegnazione, frutto del procedimento adottato nel caso concreto. Sicché, operando diversamente e pretendendo che il medesimo debba riuscire ad essere anche soddisfatto nei cinque anni per assolvere il proprio onere, si farebbe ricadere sul ceditore la conseguenza di una azione che non è propriamente nella sua sfera di possibilità. 4 sopra, si presenti ( formuli ricorso) entro cinque anni dalla apertura del nuovo deposito. La norma, allora, offre un primo dato di rilievo costituito dalla “variabilità” dei destinatari, che non sono precisamente individuabili – ab origine ossia all’atto del nuovo deposito stabilito dall’art. 117 l.fall – ma solo determinabili, in relazione alle circostanze che dovessero realizzarsi nel corso dei successivi cinque anni. Da qui la impossibilità di prevedere, da subito, la intestazione del conto corrente in capo ai singoli creditori irreperibili , in quanto la scelta darebbe come “scontato” il verificarsi dell’evento “futuro e incerto” che questi si presentino, escludendo, del tutto, la verificabilità di eventi ( es la assegnazione delle somme ai creditori insoddisfatti, che ne abbiano fatto richiesta) che pure sono contemplati dalla norma e che non potrebbero realizzarsi, visto che, la previa intestazione del conto alla prima categoria, ne implica la scelta di destinazione4 o quantomeno la determinazione di evidenti complicazioni, per la ipotesi in cui si verifichi la perdurante irreperibilità del soggetto e la necessità di assegnare le somme a creditori insoddisfatti che ne abbiano fatto richiesta nei cinque anni. Il discorso sarà approfondito dopo, ma giova, sin da ora, osservare che la “variabilità” dei destinatari, escludendo la intestazione predeterminata in capo ai “singoli creditori”, rappresenta un indice di rilievo che depone a favore della “intestazione” del conto alla “procedura concorsuale”, se non altro per privazione del contrario. Tra l’altro, il secondo dato, che si ritrae dalla norma, attiene all’ espressione “le somme dovute sono nuovamente depositate presso l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’articolo 34”. Il “nuovamente” sta a significare come sia necessario aprire un nuovo “conto corrente”, non potendosi utilizzare quello già “ acceso ex art. 34 l.fall”. E del resto, in esito al “piano di riparto” finale, il conto è stato chiuso in ragione della realizzazione, su indicazione del giudice ex 4 Nel senso della intestazione alla procedura LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Padova 2007, 746; Forgillo, Il riparto dell’attivo, Fallimento e concordati, Torino 2010, 984. Contra Casilli, sub art. 117, in Commentario Nigro-Sandulli, Torino 2011 il quale – richiamando la dottrina nate riforma – ritiene che il depositi debba essere intestato ai singoli creditori. 5 art. 115 l.fall., dei “bonifici” sui conti indicati dai creditori, ovvero della compilazione degli assegni circolari destinati ai creditori che non abbiano indicato l’iban. Assegni custoditi dal curatore il quale – su indicazione del giudice delegato a norma dell’art. 115 l.fall.- trattiene i medesimi e comunica, ex art. 31 bis l.fall., ai creditori, il termine per il ritiro. Termine trascorso il quale gli stessi si devono ritenere “irreperibili” o “non presentati”. Il quinto comma della disposizione offre invece riferimenti in merito alla procedura di distribuzione a favore dei creditori “insoddisfatti” e pone utili rilievi per la soluzione di diverse problematiche sottese alla applicazione della norma. In prima analisi, il soggetto a cui è demandato il compito di disporre delle somme non riscosse, è individuato nel “ giudice” e quindi – deve ritenersi – nel giudice designato all’uopo dal presidente del tribunale, e non già “il giudice delegato” Depone, in tal senso, il dato letterale impresso nella espressione “giudice” , a cui non si associa l’espressione “delegato”. In termini sistematici, l’assunto è confermato dal fatto che il legislatore, nell’ambito della legge fallimentare, non utilizza i termini “giudice” e “giudice delegato”, come sinonimi visto che, nelle disposizioni in cui si occupa del medesimo, ha sempre cura di utilizzare l’espressione “giudice delegato”. La circostanza trova riferimento ulteriore nella disposizione di cui all’art. 120 l.fall. che determina – senza eccezioni – la decadenza degli organi, quale conseguenza della chiusura della procedura.5 5 In dottrina si osserva che le richieste di assegnazione delle somme depositate, nonché di riparti supplementari di somme non riscosse dovranno essere formulate con ricorso al Tribunale e non già agli organi della procedura ormai cessati con la chiusura della stessa ( Trinchi, sub art.- 117 l.fall. in Commentario Cavallini, Milano 2010, 1331). Sul tema anche Guerrini, sub art. 117, in Commentario Maffei – Alberti, Padova 2009. In realtà non bisogna sottacere che parte della dottrina ritiene che - malgrado il disposto dell’art. 120 l.fall – vi possa essere una ultrattività degli organi della procedura vista la esistenza, in tal senso, di diverse tracce normative costituite per esempio dalla prosecuzione del giudizio di reclamo ( cfr art. 18 l.fall.) e vigilanza in tema di concordato fallimentare ( cfr Maffei laberti ( a cura di) sub art. 120 l fall, Padoiva 2010) .Probabilmente il problema può essere superato, da un punto di vista pratico, visto che il Presidente potrebbe decidere di nominare, quale giudice – ai fini della distribuzione – l’ex giudice delegato e questi, nella gestione del contraddittorio, potrebbe chiedere l’interlocuzione con l’ex curatore, sì da trarre 6 Sicché, pare doversi accogliere l’idea della dottrina che si esprime nel senso che il giudice, che provvederà alla distribuzione, “ non sarà il giudice delegato di quel fallimento, considerato che la chiusura della procedura ha fatto venire meno anche gli organi. Si tratterà quindi di un giudice del tribunale designato dal presidente che preferibilmente appartenga alla sezione fallimentare”6 La ricostruzione si ritiene confermata anche alla luce della relazione illustrativa all’art. 117 l.fall.. Relazione che – sebbene non si soffermi sulla questione dei creditori irreperibili, limitandosi a dedicare indicazioni al tema dei creditori ammessi con riserva, i cui esiti non si siano “definiti” all’atto della chiusura del fallimento – offre utili indicazioni anche per la fattispecie in esame, data la similitudine dei temi costituita dalla necessità di creare “modello di gestione” delle somme, che sopravvivano alla chiusura del fallimento. Stando alla relazione “ poiché la chiusura fa venir meno anche gli organi della procedura stessa, si è previsto un semplice meccanismo processuale – un ricorso al giudice designato al presidente del tribunale – al fine di consentire comunque entro i cinque anni dalla chiusura stessa, la distribuzione delle somme accantonate e depositate”. Continuando nell’ esegesi della norma, il legislatore individua il “giudice” in colui che “dispone la distribuzione delle somme non riscosse in base all’art. 111 fra i soli richiedenti”. Aggiunge che la “distribuzione”, da parte del giudice, avviene anche se è intervenuta la esdebitazione del fallito e con un procedimento nel quale si ometta “ogni formalità non essenziale al contraddittorio”7. informazioni utili al fine. E del resto il primo comma dell’art. 117 l.fall. pare riattribuire – a differenza del riparto parziale - la paternità del riparto finale al giudice delegato il quale “ sentite le proposte del curatore ordina il riparto finale”. L’autonomia del giudice si evince poi dallo stesso testo dell’art. 117, V comma, l.fall. ove il legislatore rimette, al giudice appnto, la determinazione – sebbene nel rispetto del contraddittorio e della graduazione di cui all’art. 111 l.fall – la possibilità di stabilire il procedimento ritenuto più consono alla fattispecie concreta. Guerrini, sub art. 117, in Commentario Maffei – Alberti, Padova 2009. In giurisprudenza è stato talvolta seguito un altro percorso in ragione del quale “ Il curatore del fallimento può essere autorizzato a trasferire al trust 6 7 7 La disposizione, come cennato, offre utili spunti per una serie di considerazioni. La prima attiene alla circostanza che le somme depositate, sul conto corrente, non possano essere gestite – a fini distributivi – direttamente dall’istituto di credito depositario, visto che il legislatore individua espressamente, nel “giudice”, il soggetto deputato a siffatta gestione.8 E del resto, la scelta pare coerente con la circostanza che la distribuzione debba avvenire secondo le regole del “concorso” e quindi, nel rispetto della graduazione sancita dall’art. 111 l.fall. ed in ragione del rispetto del contraddittorio sebbene in un contesto tendente alla deformalizzazione. Sicché è parso necessario, al legislatore, individuare la competenza in capo al soggetto istituzionalmente deputato a risolvere “conflitti” ed in grado di gestire un riparto nel rispetto della par condicio , della graduazione e del contraddittorio, essendo in grado di stabilire quali sono le formalità da omettere, in quanto non essenziali al contraddittorio, e quali quelle da adottare essendo funzionali al medesimo. La seconda attiene alla circostanza che il legislatore – nell’utilizzare l’espressione “ omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio”, associata al fatto che la distribuzione è riservata solo ai creditori richiedenti – lascia, al giudice, la individuazione, nel rispetto del principio del contraddittorio, la scelta del modello procedimentale ritenuto “più efficiente” e capace, al tempo stesso e nel caso concreto, di dare vita ad una celere definizione della vicenda consentendo, al tempo stesso, a ciascun interessato ( i.e creditore richiedente insoddisfatto) di potere interloquire, in merito al progetto di distribuzione, prima che assuma carattere di definitività. istituito per provvedere alla riscossione dei crediti fiscali emergenti dalla procedura anche le somme destinate ai creditori irreperibili, affinché i trustee le versino loro o, decorsi cinque anni, le distribuiscano ai creditori concorsuali rimasti insoddisfatti nella misura percentuale di cui al piano di riparto”. Trib. Roma, 11.3.2009, Trust, 2009, 5, 541 8 Da un punto di vista operativo poi il materiale prelievo delle somme si ritiene debba essere eseguito su “copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato”. Tanto come espresso dalla regola, a valenza generale, di cui all’art. 34 l.fall.. 8 Sicché, il modello procedimentale e la documentazione idonea ad appurare che il “creditore sia effettivamente insoddisfatto”, nonché la “via” di distribuzione delle somme in suo favore, non sono – secondo una precisa scelta normativa – predeterminati secondo canoni rigidi, essendo rimessi alla discrezionalità tecnica – ritagliata sulle esigenze del caso concreto – di un soggetto qualificato che stabilisce la soluzione “dei conflitti” nel rispetto del contraddittorio richiesto dal caso omettendo le formalità ritenute superflue.9 La norma, sebbene riferita unicamente al caso di creditori insoddisfatti che ne abbiano fatto richiesta, pare potere essere efficacemente utilizzata anche per risolvere il tema della gestione della distribuzione in capo ai creditori “irreperibili”, che rivendichino le somme prima del trascorrere del quinquennio. E più in generale per affermare come il nuovo conto debba essere intestato alla procedura concorsuale e la sua gestione spetti al “giudice” designato dal presidente, e non già, in via autonoma, alla banca. Ed invero, sotto il primo aspetto, il “riparto supplementare” a favore dei creditori che ne facciano richiesta, è qualcosa di eventuale 9 Al riguardo, parte della dottrina ritiene che il ricorso debba essere notificato all’istituto bancario, che così ha contezza della esistenza di creditori rimasti insoddisfatti e può fornire al giudice il saldo aggiornato del conto per l’udienza ed al fallito che - nelle more - potrebbe avere pagato il creditore istante (Guerrini, sub art. 117, in Commentario Maffei – Alberti, Padova 2009). Potrebbe anche ipotizzarsi che il ricorso debba essere depositato prima del trascorrere dei cinque anni dal deposito con indicazione della data del deposito delle somme, sicché il giudice designato possa fissare l’udienza dopo i cinque anni e quindi una volta spirato il termine concesso ai creditori irreperibili. Ed invero, la norma non dispone che i creditori debbano presentare il ricorso trascorsi i cinque anni, ma solo che la distribuzione a favore dello Stato possa avvenire dopo cinque anni dal deposito. E del resto è logico – e coerente temporalmente – che il ricorso sia notificato prima visto che – ove si dovesse notificare trascorsi i cinque anni – vi sarebbe una tardività endemica in quanto la manifestazione di volontà avverrebbe quando il diritto alla distribuzione è maturato in capo allo Stato. Vi è di più, la elasticità del procedimento divisato dalla norma fa sì che il giudice – nella ampia discrezionalità tecnica di cui gode – modelli il procedimento di riparto supplementare richiedendo, al ricorrente, apposite integrazioni, anche documentali ( es produzione stato passivo, certificazione della cancelleria della assenza di altri istanti, ecc) ovvero fissi opportune incombenze quali la fissazione di una udienza e successiva notifica a soggetti interessati ad interloquire ( es altri creditori istanti) o che possano fornire informazioni ( es notifica all’ex curatore, alla banca, ecc). 9 in quanto subordinato alla mancata reviviscenza, in tutto o in parte, dei creditori irreperibili. Sicché, all’atto della apertura del conto corrente, non è dato sapere quale sarà la sorte delle somme depositate e quindi se vi sarà o meno un riparto supplementare ex art. 117, V comma, l.fall. ovvero se le stesse saranno attribuite – rispettando il piano di riparto originario – ai creditori “irreperibili”, redivivi, o ancora allo Stato. Ne viene allora che il modello di deposito, come cennato sopra, deve essere un modello per così dire a “geometria variabile” ossia “aperto a tutte le evenienze” immaginate dall’art. 117 l.fall.. Deve essere un modello di deposito gestibile sia per l’ipotesi in cui si presentino creditori irreperibili, sia per quella in cui vi siano creditori, in assenza dei primi, che chiedano una ulteriore distribuzione, sia per l’ipotesi residuale in cui le somme debbano essere, in tutto o in parte, destinate allo Stato. E difatti, al momento del deposito, giova ripetere, sono incerti i beneficiari visto che questi potrebbero essere “tutti i creditori” prima non reperiti, a cui distribuire le somme in ragione del piano di riparto finale, con l’aggiunta degli interessi maturati dal deposito della somma sul “nuovo conto”; i creditori insoddisfatti che ne abbiano fatto richiesta ex art. 117, IV comma l.fall.; taluni creditori prima non reperiti ed i creditori che ne hanno fatto richiesta ex art. 117, IV comma, l.fall.; lo Stato. Ora, una tale esigenza non potrebbe essere soddisfatta ove si sposassero ulteriori ipotesi di deposito come prospettate in dottrina quale quella del deposito intestato ai singoli creditori irreperibili 10 . Ecco, non è detto che questi si presentino nei cinque anni – come, del resto, preventivato dalla norma di cui all’art. 117 l.fall – sicché tale indicazione del beneficiario darebbe, per assodata, una definitività di distribuzione che non sussiste, in quanto la evoluzione degli eventi, normata dal legislatore, potrebbe portare a dovere distribuire, le dette somme ai “creditori insoddisfatti” che ne abbiano fatto richiesta ex art. 117, IV comma”, ovvero allo Stato. 10 Casilli, sub art. 117, in Commentario Nigro-Sandulli, Torino 2011 il quale – richiamando la dottrina nate riforma – ritiene che il deposito debba essere intestato ai singoli creditori. Sul tema anche Perrotti, sub art. 117, in Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma 2010, 1909. 10 E questo sarebbe incompatibile con la preventiva intestazione ad un creditore predeterminato. Si violerebbe invero il disposto normativo in quanto si predeterminerebbe ciò che il legislatore ha, volutamente, lasciato ad una successiva determinazione attribuita agli eventi futuri ed alla gestione del giudice. E lo stesso vale per la ipotesi – pure prospettata – di intestazione congiunta al singolo creditore ed al curatore fallimentare. Ipotesi che sconta analoghe eccezioni a cui aggiungere la complicazione di intestare il conto ad un soggetto “decaduto” ex art. 120 l.fall. Tanto senza contare le problematiche generate dalla evoluzione della normativa antiriciclaggio con riferimento alla in stazione di somme a favore di soggetti determinati. Per questo l’opzione preferibile pare quella di indicare quale “depositante” la procedura concorsuale in quanto è l’unica ipotesi che consente di gestire, al meglio, la variabilità dei beneficiari e di permettere, al tempo stesso, la gestione da parte del giudice, che sarà designato dal Presidente del Tribunale. Tanto senza contare che la scelta risolverebbe verosimilmente anche i temi burocratici dell’antiriciclaggio. A favore di tale opzione vi è anche il dato temporale o meglio procedimentale. Il legislatore, infatti, utilizza, al IV comma dell’art. 117 l.fall., l’espressione “Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’art. 34” 11 E tale nuovo deposito non può che essere realizzato, dal curatore, con intestazione del rapporto alla procedura concorsuale in essere12. 11 Ritiene debba trattarsi di nuovo deposito Miele, sub art. 117 in Commentario Ferro, Padova, 2011 12 Si esprime in tal senso anche autorevole dottrina la quale sostiene “ è necessario che il curatore fallimentare effettui il deposito delle somme spettanti ai creditori irreperibili sul conto corrente, bancario o postale, acceso nei confronti della procedura, così come previsto dall'art. 34 l. fall. Cfr LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Padova 2007, 746. Ciò dandosi per scontato il deposito da parte del curatore prima della chiusura del fallimento. Contra Casilli, sub art. 117, in Commentario Nigro-Sandulli, Torino 11 Esso avviene prima della chiusura della procedura, ossia nell’intervallo di tempo che va dalla definizione del piano di riparto alla istanza ex art. 118 l.fall., trattandosi di una evoluzione degli esiti del piano di riparto stesso. Evoluzione in ragione della quale vi sono risorse che non sono state utilizzate per la loro finalità ( i.e la soddisfazione dei creditori) e che quindi vanno nuovamente depositate al fine di potere essere– senza che la chiusura del fallimento sia rallentata – a ciò finalizzate. E del resto non è pensabile che il deposito avvenga successivamente alla chiusura, da parte di un soggetto che non è più curatore per essere decaduto ex art. 120 l.fall.13 Il deposito, nella immediatezza dell’accertamento della irreperibilità di creditori e quindi dalla esistenza di somme residue, è di un preciso dovere del curatore, che, altrimenti, tratterebbe delle “somme” dopo la cessazione della carica. Somme da destinare alla realizzazione del fine istituzionale della soddisfazione dei creditori irreperibili, ovvero insoddisfatti che ne facciano richiesta. Vi è di più. Una volta chiuso il fallimento, non pare vi siano preclusioni affinché le somme, con vincolo di destinazione variabile ex art. 117 l.fall., continuino ad essere depositate in banca, con la formale intestazione contabile al fallimento stesso, sebbene la procedura si sia chiusa. Il contratto stipulato, in precedenza dal fallimento, infatti, è un contratto di deposito ove depositante è una entità ( il fallimento) che, successivamente al deposito, cessa di esistere ( i.e chiusura del fallimento) e per il quale è individuato, legislativamente, un soggetto ( il giudice) deputato a disporre delle somme, secondo un percorso normativamente stabilito, 14 per il tempo in cui tale cessazione si sia verificata, in esito alla chiusura della procedura. 2011 il quale – richiamando la dottrina nate riforma – ritiene che il deposito debba essere intestato ai singoli creditori 13 Sul tema De Matteis, sub art. 117, in Commentario Lo Cascio, Milano 2013. 14 In dottrina si è rilevato “ La norma però nulla dice in merito alle modalità con cui possa essere determinato il passaggio del denaro dal conto deposito ai soggetti che dimostrino di averne diritto. Sembra che in tal caso si possa ricorrere agli stessi strumenti stabiliti per la destinazione degli accantonamenti, che prevedono la presentazione di un ricorso al giudice da parte 12 Chiusura che non può essere impedita dalla giacenza di somme da destinarsi come imposto dal principio di celerità e come desumibile sistematicamente dall’art. 117 l.fall. D’altra parte, anche quando muore una persona fisica, sebbene si dica impropriamente che il “conto è chiuso”, la banca assume l'obbligo della custodia delle somme depositate e della loro restituzione alla persona designata dal depositario, o autorizzata dalla legge o dal giudice, a riceverle, secondo gli ordinari principi sull'adempimento delle obbligazioni di dare”. 15 Qui accadrebbe, più o meno, la stessa cosa in quanto il fallimento – prima di “cessare”- ha aperto un conto corrente, in ottemperanza ad una norma, depositando le somme presso una banca che assume proprio l’obbligo di custodirle, ai fini della “erogazione” della somma, alla persona designata dal giudice. Ecco qui – mutatis mutandis - sarebbe la stessa cosa in quanto il soggetto ( il giudice), individuato dalla norma come legittimato a disporre, gestisce, per ogni ipotesi stabilita dalla norma, la movimentazione del conto. Ed infatti, laddove si presenti un “creditore irreperibile” il giudice ordinerà – con mandato di pagamento – alla banca, di pagare a questi le somme a lui spettanti. Somme che vengono a lui destinate ( aumentate degli interessi che le stesse hanno maturato sul conto) in ragione di quanto attribuito in virtù del piano di riparto finale. Sicché il compito del giudice è quello di determinare la somma con raffronto al piano di riparto ed individuando la procedura che gli consenta, nel caso concreto, di assolvere, al meglio, il compito assegnatogli dalla legge. Essendo in ciò il giudice dotato di ampia discrezionalità tecnica come depone l’assenza di un preciso procedimento dettato dal legislatore. Laddove invece le somme siano rivendicate da un “creditore insoddisfatto” la gestione – che avviene sempre da parte del giudice come dispone testualmente la norma – sarà effettuata sulla base di un del creditore interessato o, in alternativa, del curatore. Va comunque considerato che tali somme sono depositate su di un conto corrente formalmente intestato alla procedura fallimentare, anche se chiusa, e non pare possibile di conseguenza pensare ad un'accensione di una o più posizioni nominative vincolate a favore di tutti i singoli creditori irreperibili ( cfr Lupia, sub art. 117 l.fall., in Commentario Lo Cascio, Milano 2010. 15 Cass., 4.12. 1992, n. 12921. Mass. 13 nuovo piano di riparto ove i creditori insoddisfatti richiedenti partecipino secondo il concorso ed in ragione di un procedimento dotato di maggiore grado di complessità sebbene vada “omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio”. Vi è di più. Deve ritenersi che giudice disponga del conto anche ove le somme debbano essere destinate allo Stato. Il che può accadere ove nessun creditore irreperibile si presenti ma anche ove le somme depositate siano tali che i creditori insoddisfatti, che ne facciano richiesta e/o gli irreperibili redivivi, ricevano il pagamento dell’intero importo del credito e ciononostante residuino somme sul conto corrente. Ecco, anche in questo caso, è il giudice – trascorsi i cinque anni ed appurata su sollecitazione della banca la assenza di “creditori” legittimati - a disporre il versamento a favore dello Stato. La norma infatti, utilizza – non a caso - la espressione “ le somme sono versate a cura del depositario”. Ecco il depositario cura che le somme siano versate, allo Stato, ma non decide, in quanto a decidere è sempre il giudice ( ossia il soggetto deputato dalla legge a gestire il conto) che accerta il diritto dello Stato, dopo avere verificato la assenza di soggetti che si siano palesati a mezzo di ricorsi: siano essi gli irreperibili o gli insoddisfatti.16 E del resto la previsione di un meccanismo di informazione, da parte del depositario a favore del depositante – oltre a rientrare nelle prestazioni gravanti sul depositante anche secondo una integrazione ex art. 1375 c.c. – viene espressamente previsto, quale “dato di 16 In questo senso pare esprimersi parte della giurisprudenza secondo la quale “ la devoluzione allo Stato avviene , mediante mandato in favore della Cassa Depositi e Prestiti”. ( Trib. Bari, 13.10.2008). Come si vedrà dopo il dato pare confermato dal rapporto sistematico col regolamento in tema di c.c. “conti dormienti”. Ritiene invece che il depositario possa versare le somme direttamente allo stato Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino 2008, 334. Usa l’espressione ipso iure Trinchi, op. cit. 1332. Secondo altra dottrina , non è da escludere che nella prassi siano effettuati pagamenti direttamente, ad opera del depositario in favore degli aventi diritto Perrotti, sub art. 117, in Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma 2010, 1909. 14 allerta” per le ipotesi, di “conti dormienti”17 ai quali può assimilarsi, in certo qual modo, il “conto” in esame. Da un punto di vista meramente speculativo, l’interpretazione consente poi di evitare disguidi collegati ad una repentina ed ingiustificata destinazione, da parte del depositario, a favore dell’”entrata del bilancio dello Stato”, senza che ve ne siano i presupposti e quindi in violazione di legge.18 Un esempio varrà a chiarire il concetto. Come visto il creditore insoddisfatto – ma deve ritenersi anche quello irreperibile redivivo come visto sopra – può porre in essere la propria istanza entro cinque anni dal deposito laddove poi la materiale soddisfazione può essere anche successiva in relazione ai tempi del procedimento di assegnazione. Questo significa che, in via astratta, il ricorso per “l’assegnazione”potrebbe essere depositato in cancelleria – ed essere tempestivo – anche trascorsi 4 anni e 364 giorni. Ecco, in tal caso, il creditore avrebbe esercitato tempestivamente il proprio diritto ed avrebbe così diritto alle somme che gli dovranno essere destinate secondo il procedimento 17 Si veda il Regolamento di attuazione dell'articolo 1, comma 345, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in materia di depositi definiti dormienti.L’art. 3 (Obblighi dell’intermediario) prevede “ Al verificarsi delle condizioni di cui all’articolo 1, lettera b), l’intermediario invia al titolare del rapporto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata all’ultimo indirizzo comunicato o comunque conosciuto, o a terzi da lui eventualmente delegati, l’invito ad impartire disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della ricezione, avvisandolo che, decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al Fondo secondo le modalità indicate nell’articolo 4. Restano impregiudicate la cause di estinzione dei diritti. Il rapporto non si estingue se, entro il predetto termine di 180 giorni, viene effettuata un’operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l’intermediario non specificatamente delegato in forma scritta” 18 Uno dei nervi scoperti della norma infatti, è che “ si è intravisto il rischio che, immediatamente dopo la scadenza dei cinque anni previsti dalla legge, il depositario proceda immediatamente e senza alcun indugio allo smobilizzo dei fondi in favore del bilancio statale, rendendo pertanto inutili le eventuali richieste di assegnazione dei creditori insoddisfatti” ( Miele, sub art. 117, Ferro ( a cura di), Commentario alla legge fallimentare, Padova, 2007, 937). 15 “disegnato” dal giudice, designato dal Presidente del Tribunale. Sicché le somme gli saranno materialmente versate verosimilmente “decorsi i cinque anni”. Ora, ove si permettesse alla banca – scoccato il termine dei cinque anni – di versare ipso iure ed autonomamente, sena alcuna interlocuzione con il Tribunale, le somme allo Stato, il diritto del creditore, sebbene correttamente esercitato e prevalente rispetto agli interessi dello Stato, sarebbe illegittimamente pregiudicato, con possibili rischi di profili di responsabilità anche della banca. Ne viene allora che la gestione del conto in capo al giudice, anche in ipotesi di destinazione a favore dello Stato, è una vera e propria esigenza tesa alla corretta applicazione della norma. Tanto essendo il giudice l’unico soggetto capace di appurare la esistenza di conflitti e risolverli sì da evitare legittime pretermissioni. Ne viene allora la necessità di stabilire un meccanismo di comunicazione tra l’istituto depositario e la cancelleria del Tribunale utile a stimolare la emissione del mandato – da parte del giudice – a favore dell’entrata del bilancio dello Stato, in analogia a quanto accade per i “conti dormienti”. Tanto dopo la verifica della esistenza dei presupposti secondo un procedimento immaginato dal giudice stesso nel caso concreto. Meccanismo che potrebbe consistere nella comunicazione, alla cancelleria, con la quale si informa dello spirare del termine quinquennale dal deposito e della conseguente necessità di destinare le somme secondo il disposto del’art. 117, IV comma, l.fall. Tanto in maniera che il Presidente possa nominare il giudice che – accertata l’assenza di ricorsi da parte dei creditori irreperibili o di creditori insoddisfatti – disponga, con mandato, il versamento a favore della entrata dello Stato. Versamento poi “curato” – nel senso di eseguito – dalla banca. Meccanismo che sarebbe tanto più assicurato – con salvaguardia di tutti gli interessi in gioco – ove la forma del nuovo deposito fosse quella del libretto di deposito intestato alla procedura fallimentare e conservato in cancelleria come visto sopra. L’analisi della norma offre utili riferimenti per affrontare una ulteriore questione, posta all’inizio di queste brevi riflessioni, ossia quella delle modalità con le quali i “creditori irreperibili” ovvero “quelli insoddisfatti” debbano palesarsi, onde manifestare la volontà di acquisire la disponibilità delle somme dovute – rispettivamente – in 16 base al riparto finale, ovvero in ragione di riparto supplementare, da realizzarsi omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, nel rispetto dell’art. 111 l.fall. Orbene, la forma di tale manifestazione deve ritenersi essere quella del “ricorso” in entrambe le ipotesi19. Tanto come riferito nella relazione illustrativa ove – sebbene con riferimento al tema analogo degli accantonamenti – si riferisce “poiché la chiusura fa venir meno anche gli organi della procedura stessa, si è previsto un semplice meccanismo processuale – un ricorso al giudice designato al presidente del tribunale – al fine di consentire comunque entro i cinque anni dalla chiusura stessa, la distribuzione delle somme accantonate e depositate”. Ed invero, per quanto attiene ai creditori insoddisfatti, la disposizione dell’art. 117, V comma l.fall., espressamente prescrive che il giudice dispone la distribuzione “ su ricorso”20, sicché la “richiesta” si manifesta secondo tale forma se non altro per il brocardo in claris non fit interpretatio.. E, come visto sopra, a ciò consegue una attività – da parte del giudice designato dal Presidente del Tribunale – ove, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, si dispone la distribuzione delle somme, secondo il modello del concorso ex art. 111 l.fall.21 19 Cfr nota 9 Trattandosi di ricorso potrebbe anche accadere che la istanza sia contenuta nella domanda di insinuazione al passivo (Perrotti, sub art. 117, in Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma 2010, 1909; Bozza, La tutela dei diritti nella ripartizione dell’attivo, Scritti in onore di Lo cascio, Milano 2006, 205). Sicché – onde evitare disguidi – è opportuno che il curatore fallimentare indichi, nella istanza di chiusura del fallimento, la presenza di somme depositate ex art. 117, IV comma, l.fall. e di creditori che hanno già formulato la richiesta sì da coinvolgerli nel contraddittorio. Da qui anche la opportunità di coinvolgere l’ex curatore nel contraddittorio, ovvero prima di assumere la decisione della devoluzione delle somme allo Stato, onde avere la conferma che non vi siano domande di ammissione o ricorsi volti alla assegnazione. 21 Nel silenzio della legge si pone il problema della impugnazione del provvedimento di assegnazione. Secondo una prima dottrina sarebbe applicabile l’art. 26 l.fall, posto che il reclamo costituisce un mezzo di impugnazione generale dei provvedimenti del giudice in materia fallimentare. Tuttavia contrasta con tale soluzione il rilievo che il reclamo ex art. 26 l.fall. è previsto avverso i provvedimenti del giudice delegato laddove, in questo caso, invece il provvedimento da impugnare non sarebbe emesso dal giudice delegato essendo chiuso il fallimento . Ne viene secondo altra dottrina la verosimile applicazione 20 17 Si tratta allora di un procedimento che, come visto, il legislatore preferisce non predeterminare ma che vuole sia disegnato – sulla fattispecie concreta – dal giudice designato che – in relazione al grado di complessità della vicenda - determinerà il modello di dialettica e di formalizzazione più consono alla singola fattispecie sì da coniugare : celerità, deformalizzazione e rispetto del contraddittorio. 22 Analogamente deve valere per i creditori irreperibili – stante il dato generale espresso nella relazione – i quali – ove si presentino dopo la chiusura del fallimento23 e nei cinque anni dal deposito – degli artt. 737 e ss cpc con la precisazione che quindi – sia nell’una che nell’altra soluzione – non sarebbe possibile l’immediato ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost, che resterebbe ammissibile avverso il provvedimento che decide sul reclamo, essendo provvedimento di carattere decisorio che incide sui diritti soggettivi ( Miele, cit. 938). Allo stesso modo potrebbe tuttavia prospettarsi la diretta applicazione dell’art. 111 Cost avverso il provvedimento del giudice ove si ritenga che il medesimo abbia valenza decisoria. 22 Secondo la dottrina il provvedimento è emanato nel rispetto del contraddittorio e omessa ogni formalità ad esso non essenziale. Il contraddittorio – stando alla detta dottrina - deve essere costituito tra il fallito, che nel frattempo potrebbe aver saldato il debito, ed il creditore a cui favore fu disposto l’accantonamento; non parrebbe,invece, necessario che sia presente il soggetto che, all’epoca del fallimento, aveva ricoperto la carica del curatore. L’istanza dovrà essere notificata al depositario delle somme, al fine di evitare che questo, nel rispetto di quanto previsto dal 4° co., versi le somme ancora depositate allo Stato ( Così, Miele, op. cit, 936; Lupia, op.cit). Si ritiene in dottrina che il contraddittorio non vada esteso anche ai creditori che non abbiano proposto istanza, in quanto la norma prevede che la distribuzione sia effettuata solo a favore degli istanti; coloro che non hanno presentato domanda di distribuzione non hanno un interesse alla partecipazione al procedimento, non potendo essere destinatari delle somme. La ratio della norma va inoltre ricercata nella necessità di rendere più agevole e più celere la nuova distribuzione. Il giudice, secondo gli assunti dell’autore, concede termine per le notifiche e quindi potrà o fissare la data per l’udienza, oppure assegnare un termine per il deposito di note scritte con un ulteriore termine per repliche e solo all’esito provvedere. (Miele, op. cit. . 936). Come detto sopra il procedimento non deve necessariamente essere predeterminato essendo rimesso – in esito alla autonomia concessa dal legislatore – alla valutazione che il giudice faccia del caso concreto, sicché ricorso e procedimento potrebbero essere opportunamente integrati e stabiliti in ragione della sua decisione. 23 Ed invero, nulla osta che il creditore si presenti prima della chiusura de fallimento e dopo l’apertura del conto. Sicché è, a maggior ragione, avvalorata la necessità di intestazione del conto al fallimento 18 sono tenuti comunque a porre in essere ricorso al Presidente del tribunale, vista la decadenza degli organi ex art. 120 l.fall.. Questi, designerà un giudice che – appurata la qualità del soggetto di creditore “irreperibile insoddisfatto” secondo il modello procedimentale più consono alla fattispecie concreta – disporrà il pagamento con mandato; questa volta facendo applicazione delle risultanze del piano di riparto, visto che, il creditore irreperibile, deve avere ciò che gli spetta da riparto cui aggiungere gli interessi che la somma ha maturato in relazione al deposito sul conto. Anche in questo caso è necessaria, difatti, una procedimentalizzazione – sebbene larvata ed elementare – e la gestione della vicenda va rimessa a colui che è designato dalla legge alla soluzione dei conflitti ed alla gestione delle somme depositate : il giudice designato dal Presidente del tribunale Giudice il quale interviene pure nella ipotesi di “assegnazione allo Stato” anche in questo caso disegnando un procedimento di accertamento “del diritto” cucito sulla fattispecie concreta. 19