Punto Omega Rivista quadrimestrale del Servizio Sanitario del Trentino Nuova serie Anno III/2001 numero 5-6 agosto 2001 Registrazione del Tribunale di Trento n. 1036 del 6.10.1999 © copyright 2000 Provincia Autonoma di Trento Tutti i diritti riservati. Riproduzione consentita con citazione obbligatoria della fonte Direttore Mario Magnani Direttore responsabile Alberto Faustini Coordinamento redazionale ed editoriale Vittorio Curzel Redazione a cura del Servizio Programmazione e ricerca sanitaria Hanno scritto per questo numero: Luigi Bertinato Alberto Betta Vittorio Curzel Paolo Daini Paolo De Pieri Renzo De Stefani Carlo Favaretti Giovanni Martini Enrico Nava Monica Pisetta Federico Schena Angelo Stefanini Erio Ziglio Questo numero doppio contiene anche la versione italiana dei seguenti documenti ell’Organizzazione mondiale della Sanità: La Carta di Ottawa per la promozione della salute; Le Raccomandazioni di Adelaide sulla politica pubblica per la salute; La Dichiarazione di Sundsvall sugli ambienti favorevoli alla salute; Le Linee guida di Heidelberg per la promozione dell’attività fisica per le persone anziane; La scuola che promuove la salute - un investimento in educazione, salute e democrazia; La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21° Secolo; Accesso all’informazione, partecipazione pubblica e ricorso alla giustizia nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute; La Dichiarazione di Verona sugli investimenti in salute Published in English by the Regional Office for Europe of the World Health Organisation. © World Health Organisation Translation rights for an edition in Italian have been granted to the Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria, Provincia Autonoma di Trento, by the Director of the Regional Office for Europe of the World Health Organisation. The Publisher alone is responsible for the accuracy of the translation. La traduzione dei documenti è stata curata da Luigi Bertinato, Vittorio Curzel, Paolo De Pieri, Giovanni Martini, Francesca Menna, Federico Schena. I traduttori sono responsabili per l’accuratezza del testo e della traduzione. Progetto grafico Giancarlo Stefanati Editing Attilio Pedenzini Stampa Tipografia Alcione Trento Stampato su carta ecologica Fedrigoni Vellum white Indirizzo Provincia Autonoma di Trento Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria Via Gilli, 4 38100 Trento tel. +39.0461.494037 fax +39.0461.494073 e-mail: [email protected] Sito Internet: www.provincia.tn.it/ sanita 3 5 Mario Magnani Editoriale Erio Ziglio L’approccio della promozione della salute e il suo sviluppo nella regione europea Luigi Bertinato 13 Le nuove esperienze regionali: il Veneto Angelo Stefanini 20 Le nuove esperienze regionali: l’Emilia Romagna Paolo Daini 32 Promuovere la salute nell’ambiente: la prospettiva della valutazione d’impatto Vittorio Curzel 41 Promozione della salute e marketing sociale 57 67 75 84 92 100 Le esperienze in Trentino: Giovanni Martini Programmare per promuovere la salute Carlo Favaretti, Paolo De Pieri Gestire per promuovere la salute Enrico Nava Strategie di educazione alla salute nel setting scolastico Alberto Betta L’importanza di (ri)costruire una sanità pubblica moderna nel quadro delle politiche per la salute Monica Pisetta Creare ambienti favorevoli alla salute Renzo De Stefani Rafforzare l’azione delle comunità 5-6 anno tre numero cinque/sei Federico Schena 113 Lo sviluppo dell’attività fisica nella popolazione anziana Paolo De Pieri, Carlo Favaretti 124 Riorientare i servizi sanitari Schede 131 La Carta di Ottawa per la promozione della salute (1986) 136 Le Raccomandazioni di Adelaide sulla politica pubblica per la salute (1988) 143 La Dichiarazione di Sundsvall sugli ambienti favorevoli alla salute (1991) 149 Le Linee guida di Heidelberg per la promozione dell’attività fisica per le persone anziane (1996) 157 La scuola che promuove la salute un investimento in educazione, salute e democrazia (1997) 161 La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21° Secolo (1997) 166 Accesso all’informazione, partecipazione pubblica e accesso alla giustizia nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute (1999) 190 La Dichiarazione di Verona sugli investimenti in salute (2000) Editoriale F ino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile produrre una pubblicazione così ampia, diversificata e mirata sul concetto di promozione della salute e sulle applicazioni concrete di questo approccio: questa innovativa concezione metodologica e contenutistica per affrontare con efficacia ed efficienza i problemi della salute e della malattia ha infatti avuto in breve tempo un’incredibile diffusione e un progressivo radicamento nella mentalità e nell’azione di chi, da un lato, definisce le politiche per la salute e di chi, dall’altro, è incaricato della gestione e dei processi attuativi interni alla sanità. Gli interventi contenuti in questo numero di PuntOmega danno un’idea abbastanza esaustiva del livello a cui è giunta la riflessione e l’estensione pragmatica della promozione della salute in vari contesti di riferimento. La Provincia Autonoma di Trento ha sicuramente avuto un ruolo di avanguardia nell’acquisizione e nell’interiorizzazione di questo approccio, grazie soprattutto all’esperienza condotta con l’Ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. In quell’occasione il Trentino è stato scelto come realtà pilota in Europa per il progetto dimostrativo “Investire in salute”; il successo di questa iniziativa ha consentito un suo progressivo ed ulteriore sviluppo, poi sistematizzato e formalizzato come area di intervento prioritaria all’interno del Piano sanitario provinciale 2000-2002, attualmente in discussione come disegno di legge presso il Consiglio provinciale. Abbiamo già potuto constatare concretamente come il carattere “universalistico” di questa concezione non si limiti a cercare e ad applicare le modalità per produrre salute nel- le società contemporanee, ma persegua anche concetti come equità e sostenibilità, per raggiungere accettabili livelli di integrazione e coesione sociale ed elabori strategie che, in aggiunta ai guadagni di salute, possano fornire valore aggiunto allo sviluppo economico e sociale. La promozione della salute, dunque, non può assolutamente prescindere da un impegno intersettoriale che metta anche in discussione, rinnovandoli, sia le finalità proprie di questi ambiti, sia le metodologie di lavoro. Si tratta di una sfida in primo luogo di carattere culturale, una diversa prospettiva dove la salute dei singoli e della collettività venga sempre considerata come orizzonte di riferimento. Anche nel contesto locale, in presenza di condizioni probabilmente più favorevoli che altrove, siamo riusciti a vincere questa sfida, sebbene, per ora, soltanto in alcuni specifici e limitati ambiti di intervento. Il coinvolgimento intersettoriale, non solo dei livelli istituzionali ma anche degli stessi cittadini e delle loro associazioni, che divengono così protagonisti nel determinare la propria salute, risulta comunque imprescindibile per perseguire questa grande opportunità di cambiamento e di miglioramento delle politiche sociali nelle realtà a sviluppo avanzato con riferimento alla dimensione locale o nazionale, come anche questo è l’intento finale dell’OMS ad un livello che coinvolga e unisca l’intera area europea. Mario Magnani Assessore provinciale alle Politiche sociali e alla Salute 3 “Serrati gli uni contro gli altri dalla crescita del loro numero e dalla moltiplicazione dei collegamenti, accomunati dal risveglio della speranza e dell’angoscia per il futuro, gli uomini di domani lavoreranno per la formazione di una coscienza unica e di una conoscenza condivisa”. Pierre Teilhard de Chardin “Punto Omega”, nel pensiero di Teilhard de Chardin, filosofo e teologo vissuto tra il 1881 e il 1955, è il punto di convergenza naturale dell’umanità, laddove tendono tutte le coscienze, nella ricerca dell’unità che sola può salvare l’Uomo e la Terra. “Punto Omega” è anche il titolo scelto per la rivista quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino ideata nel 1995 da Giovanni Martini, poiché le sue pagine vogliono rappresentare un punto di incontro per tutti coloro che sono interessati ai temi della salute e della qualità della vita. Questo numero della rivista è dedicato a Marco Mantovano (1964/2001), caro amico e collega del Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. 2 L’approccio della promozione della salute e il suo sviluppo nella regione europea Erio Ziglio La promozione della salute come parte integrante e strumentale allo sviluppo economico e sociale dei paesi europei Introduzione Nell’ultimo decennio quasi tutti i 50 paesi membri della Regione Europea dell’OMS hanno avviato processi di riforma dei servizi sanitari. Benché vi sia molta differenza nell’organizzazione, nel finanziamento e nella storia dei sistemi sanitari dei paesi europei, le riforme in atto hanno molti elementi in comune sia ad est che ad ovest - sia a nord che a sud - del continente europeo. Infatti, analizzando le varie riforme, si può notare che il contenimento dei costi e la ricerca di modalità alternative di finanziamento del sistema sanitario sono di gran lunga gli elementi trainanti dei vari processi di riforma in atto in Europa. L’aumento della qualità delle prestazioni e l’equità dell’uso dei servizi sanitari da parte della popolazione sono altri elementi che caratterizzano le spinte di riforma in molti paesi Europei. Bastano questi elementi per forgiare una politica per la salute per il 21esimo secolo? Sicuramente no! La maggior parte dei processi di ri- forma in atto nel continente europeo sono viziati, a mio parere, da due punti deboli: - l’incapacità di orientarsi alla promozione della salute con solide strategie; - la debolezza strategica che non consente una seria politica intersettoriale ed integrata capace di influenzare i fattori che determinano la salute della popolazione. Con queste debolezze non si può pensare di avere una base solida per una politica di promozione della salute per il nuovo millennio. Non vi è dubbio che molte delle riforme in atto nei paesi europei possono apportare una migliore razionalizzazione all’interno del sistema sanitario. Di certo vi è, in moltissime realtà europee, la necessità di aumentare l’efficienza e l’efficacia dei servizi sanitari con opportune misure manageriali, finanziarie e di formazione del personale. Detto questo, un’analisi approfondita di queste riforme lascia perplessi sulla loro reale capacità di affrontare le grandi sfide per la promozione e il mantenimento della salute delle popolazioni in Europa. Queste sfide sono connesse con la necessità di supportare le popolazioni europee ed aiutarle ad avere un maggior controllo sui determinanti della salute sociali, economici ed ecologici. La sfida è complessa sia perché questi determinanti vanno oltre la tradizionale giurisdizione delle politiche sanitarie, sia per la dinamica dei grandi cambiamenti politici, sociali ed economici attualmente in corso in Europa. 5 La promozione della salute in Europa 6 Di questo è ben conscia l’OMS. La nuova politica per la “Salute per Tutti” approvata dai Paesi Membri della Regione Europea denominata Health 21 (Salute 21: Salute per Tutti nel 21esimo secolo*) è un grande ed ambizioso sforzo per implementare misure efficaci che sviluppano servizi sanitari di qualità e che producono salute attraverso un’azione multisettoriale. In aggiunta alla razionalizzazione del sistema sanitario (aumento della sua efficacia ed efficienza), le domande chiave che i paesi, le regioni ed i comuni devono porsi includono: come produrre salute in una determinata popolazione? con che strategie? con quali misure? con che approccio settoriale ed multi- * La traduzione in italiano è stata pubblicata in Punto Omega n. 2/3 Agosto 2000. settoriale? con quale sviluppo organizzativo? con quali incentivi? Il bisogno di un nuovo paradigma La promozione della salute viene definita dall’OMS (1986) come il processo che permette alla popolazione di aumentare il controllo dei fattori che determinano la salute al fine di promuoverla e sostenerla. La Carta di Ottawa definisce i campi d’azione per lo sviluppo di una strategia di promozione della salute. Questi campi d’azione possono essere elencati sotto cinque grandi aree: - Create Healthy Public Policy (creare politiche pubbliche che promuovono la salute della popolazione, per esempio orientare verso la promozione della salute le politiche sociali, agricole, del trasporto, del turismo, della pianificazione urbana, etc.); - Strengthen Community Action (rafforzare i processi di partecipazione dei cittadini nella formulazione, implementazione e valuatazione di politiche che direttamente o indirettamente influiscono sulle opportunità di promozione della salute in una determinata popolazione); - Build Supportive Environment (costruire ambienti che supportano la promozione della salute, per esempio la scuola, il contesto lavorativo, etc.); - Develop Personal Skills (sviluppare abilità personali per meglio affrontare decisioni inerenti la salute individuale e della popolazione nel suo insieme); - Re-orient Health Services (riorientare i servizi sanitari verso la promozione della salute e non solo sulla cura e riabilitazione). Partendo dalla Carta di Ottawa, una serie di conferenze e progetti internazionali promossi dall’OMS (fra cui uno, fra i primi, anche con la partecipazione delle Province Autonome di Trento e Bolzano) hanno creato evidenza e documentazione di come sia possibile innescare dei processi di cambiamento ed innovazione in linea con il concetto di promozione della salute sopra evidenziato. La decisione dell’OMS/Europa di realizzare prossimamente, in cooperazione con la Repubblica Italiana e la Regione Veneto, l’Ufficio Europeo per gli Investimenti per la Salute e lo Sviluppo, a Venezia, va nella logica di raddoppiare gli sforzi in questa direzione. Con questo Ufficio, l’OMS potrà fornire maggio- re contributo scientifico e servizi affinché i paesi membri possano aumentare la loro capacità di implementare politiche per la promozione della salute più integrate e collegate con uno sviluppo economico e sociale più equo e sostenibile. Posizionare la Promozione della Salute come Investimento L’Ufficio Europeo dell’OMS suggerisce di posizionare la promozione della salute come una strategia di investimento. Infatti, una robusta strategia di promozione della salute, in aggiunta a benefici di salute misurabili in una determinata popolazione, offre ritorni sociali ed economici. È importante quindi che la promozione della salute della popolazione sia posizionata al centro dello sviluppo sociale ed economico di una nazione, regione o area locale. Questo posizionamento ha una valenza sia metodologica che strategica. Dal punto di vista metodologico è disponibile una vasta letteratura che dimostra che cambiamenti economici e sociali hanno un impatto enorme sulle possibilità, o sulle barriere, per la promozione della salute. Dal punto di vista strategico, il concetto e i principi di promozione della salute, contenuti nella Carta di Ottawa, hanno maggiore possibilità di essere implementati in modo sostenibile ed efficace quando si addotta un approccio che l’OMS chiama “Investment for Health” (investire per la salute). Ci sono quattro domande cruciali a cui una politica di promozione della salute, come strategia di in7 Le riforme dei sistemi sanitari in atto in molti paesi europei dovrebbero ricercare risposte concrete a questi tre interrogativi. La strategia dell’OMS incoraggia i Paesi Membri ad affrontare alle radici gli ostacoli alla promozione della salute. Non vi è dubbio che esiste la necessità di intensificare programmi che facilitano cambiamenti comportamentali individuali su tematiche quali il fumo, l’alcol, l’attività fisica. Per essere credibili ed efficaci, questi programmi debbono essere implementati all’interno di una strategia quadro che riconosca e cerchi di influenzare le circostanze economiche, sociali e culturali che determinano la salute. Questo è il significato del termine “determinanti della salute” usato dall’OMS e più volte utilizzato nel piano sanitario nazionale italiano. Le politiche sociali, del lavoro, della casa, dell’istruzione, dell’ambiente sono da considerarsi determinanti cruciali della salute. Esse determinano le condizioni di vita degli individui e possono facilitare ed au- Programmi Investire per la Salute Politiche La promozione della salute in Europa 8 vestimento, dovrebbe dare risposta: - Dove si crea e si sostiene la salute di una determinata popolazione? - Che tipo di investimenti (o disinvestimenti) danno il maggiorritorno in termini di guadagni di salute per quella popolazione? - Che tipo di investimenti e strategie diminuiscono le ineguaglianze di stato di salute e rafforzano i diritti umani? - Quali investimenti danno valore aggiunto allo sviluppo sociale ed economico in modo equo e sostenibile e producono contemporaneamente guadagni di salute nella popolazione? Comportamenti Stili di vita Settings Condizioni di vita Investment for Health Figura 2 Quale Investimento? Tipo di Investimento Pubblico/ Pubblico/ Privato Individuale Condizioni di vita “Settings” Stili di vita ü üüü üüü ü ü ü ü üü Comportamenti ü üüü Investment for Health Figura 1 mentare le opportunità concrete di promozione della salute in una determinata popolazione. Oppure, se non orientate verso criteri di salute, tali politiche possono rimanere parte del problema e rappresentare grandi ostacoli per la produzione di salute. La figura 1 dà visivamente l’idea che l’approccio “Investment for Health” deve essere basato su politiche robuste che cercano di migliorare i determinanti sociali, ambientali ed economici che influiscono sulle condizioni di vita della popolazione. La figura 2 chiarisce che una strategia moderna di promozione della salute richiede un “portafoglio di investimenti”. Questi investimenti sono connessi con misure di sviluppo - politiche pubbliche ed iniziative private (per esempio, investimenti per ridurre i livelli di pover- tà) e misure individuali (investimenti in termini di motivazione personale per il cambiamento comportamentale inerente fattori di rischio quali, per esempio, il fumo). Il programma “Promozione della Salute ed Investimento” dell’Ufficio Europeo dell’OMS ha attivato una serie di progetti innovativi che mirano a dimostrare sul campo varie possibilità manageriali, finanziarie, di sviluppo organizzativo, ecc., nell’affrontare le tre domande cruciali sopra elencate. I primi risultati di questi progetti indicano che i paesi europei hanno la possibilità di innovare in modo significativo in questo campo. In aggiunta ai progetti dell’OMS accennati sopra, si è accumulata una letteratura interessantissima sui fattori sociali, economici, ambientali e culturali che determinano la salute. Macro-tendenze come l’au9 La promozione della salute in Europa 10 mento della povertà, la precarietà del lavoro ed altri fattori che determinano le possibilità di promozione della salute dimostrano che essa non può essere sostenuta se non in presenza di una solida strategia inter-settoriale. A questa conclusione arriva anche il lavoro pubblicato da Richard Wilkinson “Unhealthy Societies” in cui trend inerenti lo stato di salute e fattori socio-economici in vari paesi sviluppati sono analizzati con ammirevole creatività. Conclusione In queste brevi note si è cercato di porre l’attenzione sulla strategia OMS per la promozione della salute. I paesi europei hanno un gran bisogno di adottare e sostenere una strategia moderna di promozione della salute. Non vi è dubbio che l’OMS ha avuto grande lungimiranza quando nel 1948, nella sua costituzione, ha definito la salute come stato completo di benessere fisico, sociale e mentale, e non solo l’assenza di malattia. Questa definizione ha evitato che la salute sia vista solo come meccanico risultato di processi puramente biologici o genetici. Per l’OMS la salute è un concetto olistico. La promozione della salute è vista come un processo che permette alle popolazioni di aumentare il loro controllo sui determinanti della salute biologici, social ed economici. La promozione della salute rappresenta un “nuovo paradigma”. L’OMS incoraggia i Paesi Membri a riorientare le loro politiche verso questo paradigma. Ciò è essenziale per implementare politiche per la salute capaci di affrontare le sfide del nuovo millennio. La sfida principale non sarà confinata solamente al controllo della spesa sanitaria, bensì a sviluppare una strategia intersettoriale integrata che produca salute e dia dei ritorni aggiuntivi sociali ed economici; una strategia che risponda efficaciemente a criteri di equità e sostenibilità. A titolo conclusivo potremmo chiederci che tipo di caratteristiche dovrebbe avere una nazione, regione o area locale per essere in grado di sviluppare una strategia di investimento per la promozione della salute? Ovviamente la risposta meriterebbe molto spazio. Alla luce dell’esperienza Europea, una serie di caratteristiche sembrano di cruciale importanza, e possono essere sintetizzate nella capacità nazionale, regionale e locale di: - capire ed agire sui fattori che determinano la salute in una determinata popolazione; - concentrarsi sulla “produzione” della salute (non unicamente sulla razionalizzazione interna del sistema di assistenza sanitaria al fine di controllarne il consumo); - valutare i guadagni di salute per la popolazione e assegnare responsibilità per il loro raggiungimento e mantenimento; - analizzare i potenziali di investimento ed il loro impatto su criteri di equità, sostenibilità e guadagno di salute per tutta la popolazione; - aumentare la capacita di azione inter-settoriale a livello nazio- nale, regionale e locale; - fornire incentivi per formare una sinergia di interessi (pubbliciprivati) atti a promuovere e sostenere la salute e la qualità della vita nella popolazione in esame; - posizionare la promozione della salute all’interno del processo di sviluppo sociale ed economico (ed influenzare tale processo affinché sia “sano”, equo e sostenibile); - adottare un sistema informativo integrato ed imperniato sui determinanti della salute; - sviluppare una infrastruttura (all’interno e all’esterno del sistema sanitario) che favorisca quanto sopra. Non vi è dubbio che vi sia un grande bisogno in Europa di creare opportunità di dibattito, apprendimento e di sviluppo di esperienze e conoscenze sui temi sopra esposti. Per questa ragione, l’Ufficio Europeo dell’OMS ha lanciato la “Verona Initiative 1998-2000. Investing for Health: The economic, social and human context” (www.who.dk/verona/main.htm). L’idea è di creare un’arena di dibattito e di lavoro comune tra paesi e professionalità diverse. Il fine è di capire meglio come attuare in pratica una strategia di promozione della salute solitamente basata sui determinanti (in gran parte sociali ed economici) della salute. Vi è un gran bisogno di ricerca di consenso sui criteri di investimento e sulle caratteristiche di infrastruttura e di gestione del processo di cambiamento per posizionare ed implementare la strategia di promo- zione della salute come parte integrante e strumentale allo sviluppo economico e sociale dei paesi europei. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Kickbusch, I. (1997) “Think Health: What Makes the Difference? Address given at the 4th International Conference on Health Promotion”. Jakarta, Indonesia, 21-25 July 1997. Geneva: World Health Organization, HPR/HEP/4ICHP/BR/97.3. [2] Levin, S.L., McMahon, L. and Ziglio, E. (Eds) (1994) “Economic Change, Social Welfare and Health in Europe”. Copenhagen: World Health Organization, Regional Office for Europe. [3] Levin, S.L. and Ziglio, E. (1997) “Health Promotion as an Investment Strategy: A Perspective for the 21st Century” in M. Sidell, L. Johns, J. Katz and A. Peberdy (Eds) “Debates and Dilemmas in Promoting Health”. London: MacMillan Press Ltd. [4] Milio, N. (1981) “Promoting Health Through Public Policy”. Philadelphia: F.A. Davis. [5] Wilkinson, R.G. (1996) “Unhealthy Societies”. London: Routledge. [6] World Bank (1993) “Investment in Health. The World Bank in Action”. Washington, D.C.: The World Bank. 11 La promozione della salute in Europa 12 [7] World Health Organization (1984) “Health Promotion: A Discussion Document on the Concept and Principles”. Copenhagen: World Health Organization, Regional Office for Europe. cial and Human Development. Copenhagen, Arena Meeting 1, Verona, Italy, October 14-17. Paper available through: World Health Organization, Health Promotion and Investment Programme. [8] WHO, (1995) “Securing Investment for Health: Report of a Demonstration Project in the Provinces of Bolzano and Trento”. Copenhagen: World Health Organization, Regional Office for Europe, Health Promotion and Investment Programme. [13]WHO, (1998b) “Key Issues for the New Millennium.” Promoting Health The Journal of Health Promotion for Northern Ireland, 2, pp 34-37. [9] WHO, (1996a) “Investment for Health in Slovenia”. Copenhagen: World Health Organization, Health Promotion and Investment Programme. 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[12]WHO, (1998a) “Producing and Sustaining Health: The Investment for Health Approach”. Key Note Speech, The Verona Initiative - Investing for Health in the Context of Economic, So- Erio Ziglio è Responsabile del Programma Promozione della salute ed Investimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità - Ufficio per l’Europa, Copenaghen, Danimarca. Le nuove esperienze regionali: il Veneto Luigi Bertinato La promozione della salute nella Regione Veneto. “The Verona Initiative”. Il mutato assetto organizzativo del nostro Paese attuato con la riforma Bassanini, il recente decentramento delle competenze socio-sanitarie, la crescita delle attività di integrazione tra le istituzioni dell’Unione Europea, hanno offerto nuove opportunità alle Regioni nel campo della promozione della salute. La partecipazione della Regione del Veneto al progetto triennale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità denominato: “The Verona Initiative” sulle strategie di “investimenti in salute”, ha aperto un ampio dibattito sulla “politica sanitaria della Regione Veneto in favore dell’acquisizione di corretti stili di vita e della promozione della salute” che ha portato alla recente riorganizzazione della promozione della salute secondo un sistema di rete regionale diffusa sul territorio. Questa nuova organizzazione prevede, tra l’altro, il coordinamento tra le attività del Centro di Riferimento Regionale sulla Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (con sede a Vene- zia presso l’Azienda ULSS Veneziana) e il Centro di Riferimento Regionale sulla Promozione della Salute (istituito a Verona presso la locale Azienda sanitaria territoriale) con il compito di attuare le politiche regionali di promozione della salute, utilizzando metodologie di intervento nelle loro accezioni più moderne derivanti dal confronto internazionale cui la Regione del Veneto ha fattivamente partecipato con il progetto dell’OMS che si è svolto a Verona. “The Verona Initiative” I principi che hanno ispirato “The Verona Initiative” hanno tenuto conto sia delle strategie nazionali che di quelle dell’OMS. Il Piano Sanitario Nazionale, infatti, ha introdotto due tendenze sinergiche volte da una parte a realizzare una programmazione sanitaria centrata sulle compatibilità economico-finanziarie e ad una pro- 13 Le nuove esperienze regionali 14 grammazione imperniata su obiettivi di salute e dall’altra, sulla centralità della dimensione dello stile e delle condizioni di vita. L’OMS nel documento denominato “Salute 21 – salute per tutti nel XXI secolo” ha posto la salute e il benessere della popolazione come l’obiettivo finale dello sviluppo economico e sociale dei singoli Stati. Il dibattito di “Verona Initiative”, sulla promozione della salute e sugli investimenti in salute, si è caratterizzato con tre importanti eventi definiti “arena meetings” organizzati dall’OMS a Verona dal 1998 al 2000, in stretta collaborazione con la Regione del Veneto e le Istituzioni locali (Comune, Provincia, Università, Azienda Ospedaliera, Azienda ULSS n. 20 di Verona), con la maggiore industria farmaceutica ivi presente, con il Ministero della Sanità e con alcune tra le più importanti Istituzioni Internazionali quali la Yale University, l’Office for Public Management di Londra, la Mutualité Française, l’Università di Edimburgo e l’United Nations University, in collaborazione con “The European Committee for Health Promotion Development” e con i Centri collaborativi OMS sulla promozione della salute. Il dibattito si è sviluppato sulle seguenti tematiche: 1. “Investire in Salute – implicazioni e macro tendenze europee”, 1998. 2. “L’impatto delle macro-tendenze europee sulla salute dei diversi gruppi di popolazione, 1999. 3. “La promozione della salute nel XXI secolo: la strategia di inve- stimenti in salute”, 2000. Questi cosiddetti “arena meetings”, sia perché svoltisi a Verona, sia per il modello di lavoro “open space”, si sono inseriti in un contesto storico internazionale dell’ultimo decennio, rappresentato da grandi mutamenti sociali, economici e politici spesso contrastanti, che hanno avuto grandi ripercussioni sulla salute e sul benessere dei cittadini europei. Il particolare momento storico dell’Europa di fine secolo ha suggerito all’OMS la necessità di aprire questa nuova “arena” di dibattito, al fine di definire quali strategie da adottare per produrre salute e benessere per tutti nel XXI secolo, attraverso un’azione intersettoriale per la salute. Perché un’azione intersettoriale per la salute? La necessità di porre l’intervento intersettoriale tra gli obiettivi prioritari della politica sanitaria discende dall’evidenzia che il benessere sanitario di una popolazione dipende anche, se non soprattutto, da determinanti che di regola sono ritenuti estranei o poco influenti sulla “produzione” di quantità e di qualità di vita di una popolazione. Essi sono: la cultura, intesa in senso lato, la condizione socio-economica (fattori che a loro volta influenzeranno i comportamenti e gli stili di vita) e l’ambiente inteso come ecosistema. Determinanti socio-economici e promozione della salute Il dibattito di “Verona Initiative” ha voluto puntualizzare l’utilità e l’efficacia dei classici programmi di educazione sanitaria e di educazione alla salute, che mirano a ridurre i cosiddetti “fattori di rischio” delle malattie, o a promuovere comportamenti che abbiano un effetto “protettivo” sull’insorgere delle malattie cronico degenerative più diffuse. Non vi è oggi più alcun dubbio sul fatto che i maggiori determinanti della salute sono di tipo socio-economico e ambientale e che il modello biomedico dominante sullo studio eziologico delle malattie, non sia più sufficiente per comprendere ed affrontare le vere priorità a livello di salute pubblica. Tuttavia, i classici programmi di educazione sanitaria che mirano ad incoraggiare modifiche di comportamento e di stili di vita dimenti- cano che i fattori al di fuori dal controllo individuale (legati quindi al contesto socio-economico, a quello ambientale e legale) sono quelli che in realtà influiscono sui comportamenti e gli stili di vita e susseguentemente sulle condizioni psicofisiche degli individui. Il Verona Benchmark Tra gli obiettivi del progetto “The Verona Initiative” vi era quello di creare maggiore ricerca e cultura su come sia meglio investire in salute e su quali siano le strategie necessarie per ottenere i migliori investimenti nei diversi livelli decisionali (quello internazionale, quello nazionale, quello regionale e quello locale) e con quali strumenti di valutazione. Allo scopo è stato prodotto il documento “The Verona Benchmark: il confronto di Verona sugli 15 Le nuove esperienze regionali 16 investimenti in salute”. Questo documento chiarifica in quale maniera una nazione, regione o comunità locale può valutare la propria capacità di investire in salute mobilizzando sia le risorse economiche e produttive del proprio territorio sia migliorando le condizioni amministrative. Viene espressa la necessità che il dibattito europeo sulla salute non si limiti esclusivamente al controllo dei costi della sanità e agli aspetti finanziari e manageriali relativi all’offerta dei servizi sanitari, ma entri in una visione più ampia che includa elementi innovativi quali i cosiddetti fattori determinanti di salute. Il Verona Benchmark contiene le caratteristiche necessarie affinchè le strategie di promozione della salute siano realmente efficaci nel XXI secolo in Europa. Contiene inoltre i principi che permetteranno l’utilizzo delle moderne tecnologie nel miglioramento della salute. Il testo completo si può trovare sul sito: www.regione.veneto.it/sanita/oms/ index.htm. La sfida di Verona Il documento finale di “Verona Initiative” è stato denominato “La sfida di Verona” (“The Verona Challenge”) ed è stato approvato nel luglio 2000. Nel documento si affermano quattro principi: 1) La salute è un bene universale e un diritto umano fondamentale e come tale rappresenta un obiettivo prioritario di sviluppo e risorsa economica che merita di trovare sostegno e supporto. Chi gode di buona salute è più produttivo nel lavoro, si rivolge in misura ridotta al sistema sanitario e gode di maggiori opportunità di prendere parte alla vita economica, politica e sociale del paese. Gli investimenti in salute non devono assolutamente rappresentare un costo, ma devono essere considerati un investimento a favore del benessere socio economico. 2) Ogni decisione politica si ripercuote sulla salute di un paese. Per tale motivo, un investimento in materia di miglioramento dell’istruzione o degli alloggi, o a favore di ambienti più sani o di un miglioramento dell’occupazione, è da considerarsi un investimento in salute. Questo documento di Verona è rivolto a chi si occupa di decisioni politiche ed economiche, di piani e progetti, ai leader di un paese, nonché abbia il potere di influenzare la salute e di favorirne lo sviluppo. 3) Se le autorità di governo potessero investire nell’aumentare le risorse e le infrastrutture necessarie all’attuazione delle strategie dimostratesi più efficaci, si aprirebbero le porte di un futuro ancor più evoluto e progredito in materia di salute pubblica. Un impegno deciso da parte del governo in tale direzione, costituisce un requisito essenziale per lo sviluppo e la promozione della salute. 4) La salute di un paese è senza dubbio influenzata, sia positivamente che negativamente dai cambiamenti sociali, dalle riforme in campo politico ed economico, dall’introduzione di tecnologie all’avanguardia nonché dalla comunicazione globale. Tuttavia, per coloro che detengono il potere in campo politico, la sfida consiste nello sfruttare le opportunità offerte da simili cambiamenti ed evoluzioni in modo che tutti i cittadini possano godere di uno standard di vita migliore. Il testo completo si può trovare sul sito: www.regione.veneto.it/sanita/ oms/index.htm. Le ricadute strategiche nella Regione del Veneto Il dibattito sulla promozione della salute che si è svolto a Verona, abbinato a quello inerente le nuove esigenze di gestione del sistema sanitario regionale, che si è venuto a sviluppare negli ultimi anni in Regione, hanno spinto molte istituzioni, sia pubbliche che private, ad incorporare tra le priorità istituzionali la promozione e la salvaguardia della salute dei propri utenti. Anche la scuola, il mondo del lavoro e altri settori della società, si sono dotati di programmi di intervento e di strutture organizzative finalizzate al raggiungimento di questi obiettivi di promozione della salute. L’esigenza di rendere più concreta ed incisiva l’azione preventiva a livello regionale e locale ha richiesto la necessità di istituire, già da tempo, in tutte le Aziende ULSS del Veneto appositi Servizi per l’Educazione alla Salute nonché Centri di Riferimento Regionali, con funzioni attuative delle scelte strategiche e programmatorie regionali per le attività di educazione e promozione della salute. Un ulteriore obiettivo è quello di creare occasioni di formazione congiunta di personale sanitario e non, realmente efficaci nel settore della promozione della salute, che sappiano, da un lato, integrare le conoscenze provenienti dall’ambito scientifico ed educativo, e dall’altro che sappiano utilizzare in maniera organica i molti dati disponibili presso i Dipartimenti di Prevenzione, gli SPISAL e le Università, utilizzandoli per la costituzione della strategia programmatoria della Regione. Il passaggio dalla semplice raccolta e divulgazioni di dati epidemiologici alla concreta realizzazione di programmi che coinvolgano sempre più, oltre al settore sanita17 Le nuove esperienze regionali 18 rio nel suo complesso, anche gli altri settori vitali per produrre salute, quali il settore educativo, abitativo, dei trasporti ecc. ha così suggerito la necessità di istituire nella Regione del Veneto, la “Rete regionale di promozione e educazione alla salute” per mettere a frutto quanto imparato da approcci quali quello dello sviluppo integrato della salute e quello degli investimenti in salute dell’OMS. La Regione, attraverso le attività dei diversi livelli organizzativi del sistema socio sanitario regionale, vuole contribuire concretamente allo sviluppo delle strategie di promozione della salute oltre che a livello regionale anche a quello locale. Il focus infatti sia sul livello regionale che locale, permette una migliore comprensione delle esigenze pre- ventive e facilita la possibilità e capacità di identificazione di azioni coerenti con i bisogni dei cittadini e di realizzare programmi con possibilità di valutazione immediata delle ricadute a livello locale. In questo senso quindi il livello di partecipazione alle politiche regionali da parte delle Aziende sanitarie e degli Enti locali assumono realmente un valore propositivo, garantendo contemporaneamente un buon livello di coerenza tra politica socio-sanitaria regionali e politiche locali. Anche in quest’ottica risulta essenziale, in vista della valutazione della funzionalità del nuovo assetto organizzativo regionale in tema di Promozione della Salute, la verifica periodica del grado di organizzazione e di funzionamento delle strutture che in Veneto si occupano di questo settore. Ciò riguarda in primo luogo l’ambito del Sistema Sanitario Regionale che ha nel suo mandato istituzionale il compito di attuare servizi in grado di raggiungere gli obiettivi del Piano Sanitario Regionale, ma riguarda anche la collaborazione con tutti gli altri settori strategici regionali in particolar modo la scuola e gli enti locali. I rapporti tra Servizi di Educazione alla Salute, i Centri di Riferimento Regionali con i Dipartimenti di Prevenzione e la Medicina Territoriale, vengono coordinati a livello regionale nell’ottica di riconoscere specificità funzionali ai settori di competenza e della complessità del sistema di produzione della salute. I Servizi presenti nelle Aziende sanitarie e i Centri regionali di Promozione della Salute garantiscono l’attuazione dei programmi su scala regionale e locale utilizzando i nuovi strumenti specifici della Promozione della Salute, così come delineati da “Verona Initiative”, integrandoli con quelli forniti dall’educazione sanitaria o dall’educazione alla salute, mirando al sempre maggiore coinvolgimento intersettoriale di tutti quegli ambiti del sistema organizzativo sociale in grado di incidere sul livello di salute della popolazione. Con questa nuova visione della promozione della salute, anche il contributo dei Dipartimenti di Prevenzione è legato non solo alla produzione di dati e alla identificazione di bisogni, ma anche alla integrazione delle azioni sanitarie di competenza. Il livello di complessità che si sta via via delineando nel settore della “produzione di salute”, e le profonde interrelazioni che essa ha con lo sviluppo economico e sociale del territorio, rende evidente come le competenze preventive sanitarie non siano da sole sufficienti a rispondere ai nuovi compiti attribuiti alle Regioni nel campo della promozione della salute. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Blane D et al. Health and Social Organisation – Towards a Health Policy for the 21st Century. London: Routledge, 1996. [2] Wilkinson RG, Unhealthy Societies, London: Routledge, 1996. [3] Ziglio E et al. Social and economic determinants of health: implications for promoting the health of the public., Forum Trends in Exp. And Clin. Med. 8.3 (suppl. 4), Genoa: FSE, 1998. Luigi Bertinato è responsabile del Servizio per i rapporti socio sanitari internazionali della Regione Veneto. 19 Le nuove esperienze regionali: l’Emilia Romagna Angelo Stefanini I piani per la salute in Emilia Romagna: dalla erogazione di servizi alla promozione della salute. Uno dei temi forti contenuti nel DLgsl 229/99, la cosiddetta Terza Riforma, è quello che vede il crescente riconoscimento dell’importanza del governo locale nella salute della popolazione. Ciò è ribadito non soltanto dalla riconferma della funzione di programmazione sanitaria, verifica e controllo del comune, ma anche dal tema centrale al PSN 1998-2000 (ripreso nella proposta di quello 2001-2003) costituito dalla necessità di alleanze e collaborazioni, di un vero patto di solidarietà tra i vari attori sociali, per poter affrontare su fronti diversi i vari determinanti della salute. La “novità” di questo approccio consiste nello spostare l’impegno e l’assunzione di responsabilità per il miglioramento della salute della popolazione dai ristretti confini del sistema sanitario per portarli nel contesto sociale, ambientale e politico dove la gente effettivamente vive, lavora, si ammala e muore. Un tale salto di paradigma ha una valenza politica sia riformista che facilitatrice in quanto riconosce l’im20 portanza delle strutture sociali nella creazione delle opportunità di salute e malattia e il bisogno di dare voce e partecipazione anche alla popolazione riguardo ai propri problemi e bisogni.1 Il “nuovo” che viene portato avanti dal movimento della “nuova” sanità pubblica sta nella (ri)scoperta che i pericoli per la salute della gente sono eterogenei, multi-dimensionali e tra loro finemente articolati come dimostrano, ad esempio, crisi recenti come l’epidemia di AIDS e BSE, problemi complessi come l’invecchiamento della popolazione e, in genere, gli evidenti effetti patogeni derivanti dal tipo di organizzazione economica e sociale che ci siamo dati.2 Va chiaramente oltre le possibilità dei servizi sanitari poter neutralizzare questi pericoli. I cambiamenti necessari a questo scopo infatti si situano a tre livelli: 1. Un livello operativo, rappresentato da tutte quelle iniziative che possono essere poste in campo dagli operatori sanitari senza mettere in discussione le istituzioni sociali esistenti; 2. Un livello politico, che si riferisce alle iniziative che hanno un impatto sulla salute ma vanno al di là della sfera convenzionale di influenza e di autorità del settore sanitario. Un tale cambiamento necessita di interventi da parte dell’organo di governo, a tutti i livelli, ed esige maggiore coinvolgimento e responsabilizzazione delle istituzioni sociali, che possono quindi in qualche modo essere anche rivi- ste nelle loro modalità di organizzazione; 3. Un livello strutturale, che presuppone una messa in discussione radicale delle stesse strutture sociali che hanno un impatto sulla salute ma sulle quali la possibilità di intervento degli operatori sanitari e dello stesso governo sono molto limitate. Un cambiamento strutturale richiede la mobilizzazione di un supporto di massa che, a sua volta, richiede un’azione politica extra-parlamentare sostenuta e organizzata. L’operatore di sanità pubblica si trova dunque a vivere un paradosso di “collocazione”: situato saldamente dentro il sistema (sanitario), gli è impedito dalle regole e dalle procedure inter-professionali di perseguire “fuori” dal proprio sistema quei cambiamenti politici e strutturali che rappresentano la condizione sine qua non per migliorare la salute. Un tipico esempio che con prepotenza sta evidenziandosi, sia a livello globale che all’interno dei confini nazionali, sono le profonde disuguaglianze in salute dovute alle crescenti differenze socio-economiche. Tradizionalmente, tuttavia, la fedeltà di chi opera nell’ambito della sanità pubblica, per quanto non esclusiva, è sostanzialmente verso il sistema piuttosto che verso il mondo esterno. Il salto culturale e normativo fatto in questi ultimi anni in Italia, e di cui il PSN 1998-2000 e il Decreto 229 rappresentano i momenti più significativi, ci consente finalmen- te di identificare l’interfaccia, il raccordo concettuale e operativo tra sistema sanitario e mondo esterno, tra sanità e salute. Sistema sanitario e mondo esterno. Dove sta il raccordo? L’attività principale di un servizio sanitario universalistico come il nostro è soprattutto di assicurare servizi efficaci e accessibili sulla base del bisogno clinico (e non, ad esempio, della disponibilità economica). In questa prospettiva, la separazione tra acquirenti e produttori di servizi, caratteristica delle varie di riforme sanitarie che si sono susseguite a livello internazionale nella prima metà degli anni 90, era doppiamente motivata. Da una parte intendeva rendere autonomi i produttori di prestazioni sanitarie in modo che potessero competere tra loro in qualità e prezzo; dall’altra parte tale separazione era vista come un meccanismo per permettere alle autorità sanitarie, le Aziende USL, di concentrare le proprie forze nel rispondere ai bisogni della propria popolazione (la funzione di tutela o, come viene chiamata nella regione Emilia-Romagna, di “committenza”) senza essere influenzate dagli interessi di cui sono evidentemente portatori i produttori, per loro natura mossi non tanto al soddisfacimento dei bisogni della popolazione quanto verso obiettivi essenzialmente autoreferenziali. La Regione Emilia-Romagna ha ritenuto che la collaborazione paghi di più della concorrenza e che il lavorare insieme sia più efficace dell’individualismo che produce e di 21 Il concetto di COMMITTENZA Bisogni di salute Efficacia e costo-efficacia dei servizi Le nuove esperienze regionali Scelta delle priorità su quali servizi fornire 22 cui si nutre il mercato. Il Piano Sanitario Regionale 1999-2001, tuttavia, mantiene concettualmente separate, pur all’interno di una Azienda sanitaria unita, le due funzioni di committenza e produzione. In questo ruolo ritagliato su misura, l’Azienda può quindi ugualmente fungere da agente e paladino della popolazione e dei suoi bisogni. Per raggiungere l’obiettivo di un ‘guadagno in salute’ è necessario porre in atto una strategia di salute. È attraverso questa strategia che la funzione di committenza persegue il suo fine di migliorare la salute definendo il ruolo che i produttori devono svolgere per concorrere a tale scopo. È la chiarezza circa i risultati finali da raggiungere, e circa i target da perseguire per ridurre e prevenire la malattia, che permette al committente di definire il ruolo e le caratteristiche quali-quantitative dei differenti servizi necessari per raggiungere questo fine. Il concetto di committenza per un guadagno in salute comprende infatti tre aspetti: - l’accertamento dello stato di salute della popolazione e dei suoi bisogni; - la verifica della efficacia dei trattamenti e del rapporto costo-efficacia dei diversi servizi; - la scelta delle priorità tra i vari servizi con una attenzione particolare all’importanza che il pubblico attribuisce loro e la percezione che esso ha dei vari problemi di salute. La funzione di committenza ha in sé tutto il potenziale di forte leva per il cambiamento. Abbinando saggezza a competenza scientifica, essa può accelerare l’evoluzione di servizi efficaci ed equi, necessari a migliorare la salute, oltre a chiarire le necessità e le priorità della ricerca. La sfida consiste nell’influenzare Figura 1 la salute attraverso un processo che porti alla produzione dei servizi sanitari più efficaci, erogati nel modo più appropriato e che vadano a rispondere a bisogni precedentemente identificati, spostando il sistema sanitario verso la produzione di salute e non semplicemente verso la erogazione di prestazioni sanitarie. Nel contempo mirando alla identificazione non soltanto del bisogno di servizi ma di salute, la committenza ha in sé il potenziale per arrivare ad una vera e propria diagnosi di comunità, in cui i determinanti sociali, economici e ambientali vengono recepiti nell’impatto che hanno sulla salute della popolazione. La risposta non può dunque essere articolata dal sistema sanitario ma dall’intera società e dal governo che si è data. In Emilia-Romagna la funzione di committenza trova il suo momento di sintesi nei Piani per la Salute3 che affidano al Comune o, meglio, alla Conferenza Sanitaria Territoriale 4 , compiti di programmazione, verifica e controllo nel campo della salute. Agli Enti Locali in pratica viene chiesto di assumere la salute al centro delle proprie politiche locali. Questa impostazione, intesa ad assistere anche l’Azienda sanitaria nel ragionare in modo più strategico in termini di miglioramento di salute e non soltanto di erogazione di servizi, non può che potenziare la naturale dipendenza che essa ha nei confronti dell’organo eletto di governo per una effettiva implementazione di politiche di salute. Un tale processo può concretizzarsi pienamente nella progressiva responsabilizzazione dell’Ente locale verso compiti come l’analisi dei bisogni di salute e di servizi, la esplicitazione delle proprie priorità e criteri di scelta, la identificazione di accordi e contratti con i produttori locali per soddisfare tali bisogni, la produzione di una strategia integrata di promozione della salute che incorpori aree diverse come istruzione, insediamento urbano, trasporti, sicurezza e tempo libero, con un occhio speciale al loro possibile impatto sulla salute dei cittadini. Soprattutto, deve entrare in un dialogo genuino con la popolazione come parte integrante del processo di quella che viene così chiamata “programmazione negoziata”. A questo scopo è necessario individuare le modalità più appropriate con cui la popolazione può effettivamente essere coinvolta nei processi decisionali. 23 Le nuove esperienze regionali La finalità ultima di una tale impostazione sta non soltanto nel limitare gli sprechi in interventi inutili, ma di ridurre la disaffezione verso le amministrazioni locali e il cinismo non di rado espresso riguardo alle loro intenzioni di reale coinvolgimento dei cittadini, di consentire ai cittadini stessi di partecipare e promuovere scelte informate su varie questioni di grande interesse pubblico e, soprattutto, di rafforzare il processo democratico migliorando la qualità delle decisioni prese sulla salute dei cittadini.5 24 I Piani per la Salute in Emilia-Romagna Un Piano per la Salute (PPS) può essere definito come “un piano di azione con la finalità di migliorare la salute e l’assistenza sanitaria a livello locale“. Questo non è un obiettivo che l’Azienda USL, l’Ente locale o qualsiasi altro soggetto possa raggiungere da solo. Esso richiede invece il coinvolgimento più vasto possibile, il rafforzamento delle alleanze esistenti e la creazione di nuove. Il PPS costituisce insomma un patto locale di solidarietà per la salute. I PPS rappresentano uno strumento unificante volto ad evitare la frammentazione di un sistema sanitario a seguito di tendenze concorrenziali, attraverso l’introduzione di un coerente processo di pianificazione che coinvolge attivamente gli Enti locali, i produttori di servizi, i medici di medicina generale (MMG), le organizzazioni pubbliche, private e del terzo settore. Ciò fa sì che la programmazio- ne strategica venga indirizzata a partire dalle prospettive locali e dalle conoscenze apportate da tutti gli attori. I PPS si concentrano sul miglioramento della salute, sulla riduzione delle disuguaglianze e sullo sviluppo di servizi moderni, rapidi, accessibili e di alta e uniforme qualità. Il processo che conduce ai PPS è incentrato sull’azione e non su di una produzione di documentazione fine a se stessa. Unisce obiettivi espliciti a seri impegni di lavoro, target di miglioramento misurabili e un chiaro monitoraggio del progresso compiuto, in modo da perseguire un effettivo avanzamento nel miglioramento della salute, nella riduzione del divario di salute esistente tra gruppi di popolazione e nello sviluppo di servizi moderni e affidabili. Ciascun PPS si delinea lungo l’arco di tre anni e viene aggiornato e ri-sviluppato annualmente. Figura 2 Per gli Enti Locali il PPS rappresenta una opportunità per impegnarsi nel miglioramento della salute nel suo significato più vasto, a complemento del proprio compito di promuovere il benessere economico, sociale e ambientale delle proprie aree. Ciò impegna l’autorità locale in modo istituzionale, in quanto l’intervento sui determinanti della salute si estende lungo tutta la gamma delle sue responsabilità come per esempio alloggi, trasporto, ambiente, istruzione, tempo libero, ecc. Esso offre inoltre alle Autorità Locali una maggiore capacità di osservazione e una voce più autorevole nelle fasi di preparazione dei programmi di erogazione dei servizi sanitari. I PPS devono anche includere gli impegni del Servizio Sanitario Regionale su problemi più vasti di competenza degli Enti Locali come urbanistica, mobilità, sicurezza, ordine pubblico, problemi dei giovani ecc. Lavorando insieme come partner, l’Azienda sanitaria e l’Ente Locale sono messi in grado di sviluppare un’accresciuta comprensione delle rispettive priorità e delle diverse dimensioni di un’efficace azione comune. L’assunzione formale di impegno da parte di tutti partner è elemento critico per il rafforzamento della fiducia del pubblico nei programmi dell’Azienda e dei suoi partner. È importante a questo scopo investire tempo nello sviluppo di relazioni, fissare tempi realistici per i vari contributi e, laddove necessario, sviluppare nuovi approcci e attività come ad esempio il coinvolgimento della popolazione. Diversi livelli di programmazione: importanza del Distretto I diversi livelli di programmazione in cui si articola il percorso che conduce al PPS é illustrato schematicamente dalla figura 2. Essa intende visualizzare chiaramente la distinzione concettuale esistente tra la politica per la salute, compito nobile e supremo del governo di una comunità attuato attraverso i suoi poteri costituzionali, e la politica dei servizi, in particolare dei servizi sanitari che compete appunto al sistema sanitario.6 Il primo momento di una politica per la salute è quello di identificare, in base ai bisogni individuati nella popolazione, obiettivi di miglioramento della salute da perseguire attraverso una strategia che utilizzi l’importante apporto del sistema sanitario nella sue varie competenze di diagnosi (socio-epidemiologica, organizzativa) dei problemi della comunità, di “cura” (produzione di servizi preventivi, curativi e riabilitativi) e di verifica (ricerca valutativa sui sistemi sanitari). Momenti puntuali di questa programmazione, che vede i due flussi top-down e bottom-up entrambi essenziali, sono il Piano Attuativo Locale, il quale specifica la configurazione organizzativa con cui i servizi sanitari (e socio-sanitari) contribuiscono, in sede aziendale, al raggiungimento degli obiettivi di salute. Il soggetto attore è l’Azienda, sono coinvolti tutti i componenti del Collegio di Direzione, viene approvato dal Direttore Generale previo parere della Conferenza Sa25 Le nuove esperienze regionali 26 nitaria Territoriale e dà sostanza organizzativa al Piano delle Azioni. Quest’ultimo definisce operativamente il tipo, il volume, la diffusività degli accessi e la qualità (standard assistenziali) dei servizi la cui realizzazione consente di raggiungere gli obiettivi di salute. L’Azienda ne è l’attore principale coinvolgendo tutti i soggetti, istituzionali e non, che possono concorrere alla erogazione di servizi, dando luogo, per i non-profit, alla sussidiarità orizzontale. Il Piano delle Azioni analizza il fabbisogno di “offerta” in rapporto alla valutazione dei bisogni reali e correla i servizi con le risorse necessarie all’interno di un limite di compatibilità economica. Viene approvato dal Direttore Generale previo parere della Conferenza Sanitaria Territoriale e del Comi- tato di Distretto. In un percorso di questo tipo, l’elaborazione del Programma delle Attività Territoriali (PAT) (di cui all’Art. 3 quater del Dlgs 229/99) rappresenta il momento in cui il distretto può veramente “diventare promotore dello sviluppo della comunità e della solidarietà locale…” e “partecipare alla programmazione regionale e aziendale.” come indicato nella proposta di PSN 20012003. Il PAT quindi non soltanto sviluppa a dimensione distrettuale il Piano delle Azioni, secondo la logica della politica dei servizi, ma attiva all’interno della comunità locale, nella sua qualità di livello di programmazione più vicino alla popolazione e ai suoi bisogni, l’approccio intersettoriale e partecipativo che costituisce il cardine della stra- tegia dei PPS. Il soggetto attore è il Direttore di Distretto che nella sua funzione di committenza, in seno al Comitato di Distretto e avvalendosi dell’apporto degli altri attori sociali presenti in quella realtà, realizza un vero e proprio Patto territoriale per la salute. Il Piano di Zona (di cui all’Art. 19 della Legge 328/2000) sintetizza i contenuti della programmazione socio-sanitaria del distretto esplicando le modalità della integrazione organizzativa e operativa. È evidente come PAT e Piano di Zona rappresentino due strumenti a cui é necessario garantire unitarietà e contiguità temporale al processo programmatorio. Il distretto svolge un ruolo centrale nella programmazione aziendale soprattutto per il fatto di essere il livello organizzativo più vicino alla popolazione con il vantaggio quindi di poterne conoscere a fondo i bisogni. Il distretto rappresenta il luogo in cui é maggiormente possibile identificare le connessioni esistenti fra le politiche di salute ed il loro effettivo impatto sulla realtà sociale. A questo livello, infatti, risultano immediatamente evidenti le importanti interdipendenze esistenti tra il governo locale con le sue decisioni politiche e gli effetti pratici di tali decisioni. Gli amministratori pubblici vivono dove lavorano, sono direttamente identificabili con le loro politiche; essi stessi, le loro famiglie e i loro amici e conoscenti sono coinvolti dalle loro stesse decisioni. I processi e la burocrazia a questo livello sono meno complessi che in sede regionale o anche aziendale ed esiste una maggiore possibilità di collaborazione intersettoriale. Le stesse motivazioni dei leader locali a perseguire politiche di salute non possono che rafforzarsi di fronte alla consapevolezza che essi stessi ne sono direttamente interessati. Esistono inoltre prove7 8 di come una comunità resa partecipe delle scelte politiche locali con effetti sulla salute possa indurre i cittadini a spostare il proprio atteggiamento e la percezione dai problemi di malattia di singoli individui verso l’effetto che programmi e politiche possono avere sull’intera comunità, rafforzandone quindi la capacità di controllo sul miglioramento delle condizioni locali che conducono ad una società più sana. Il PPS e il PAT rappresentano in pratica gli strumenti di una esplicita strategia intesa a rafforzare la responsabilità sociale dei principali soggetti, istituzionali e non, nei confronti della salute e quindi stimolo al perseguimento di politiche di salute a livello locale. Lo scenario regionale Le prime esperienze regionali di PPS sono state avviate, in forma sperimentale, sul finire del 1999, nelle Aziende Sanitarie Locali di Bologna Nord e Imola. Entrambe hanno seguito, almeno nella prima fase, un percorso comune per l’individuazione degli attori da coinvolgere: hanno infatti scelto di attivare da subito momenti specifici di formazione, in cui è stato possibile confrontarsi sui temi connessi alla promozione della salute ed acquisire un 27 Le nuove esperienze regionali 28 lessico comune. Ciascuna ASL ha poi valorizzato maggiormente aspetti diversi: sul coinvolgimento della Conferenza Sanitaria Territoriale ha insistito maggiormente Bologna Nord, mentre Imola ha individuato nelle “giurie dei cittadini” (ispirate alle citizens juries anglosassoni) lo strumento capace di far emergere le problematiche di maggior evidenza per i cittadini, quelle stesse su cui stanno oggi costruendo progetti di intervento mirato, avendo individuato come ambiti di attenzione prioritaria quello della popolazione anziana, degli incidenti stradali e del disagio giovanile. Si tratta di temi che, di fatto, stanno emergendo un po’ in tutte le realtà territoriali, pur con sfaccettature e accenti anche molto diversi: tutto questo è dovuto alla sostanziale omogeneità del territorio regionale e, per così dire, alla diffusa percezione della rilevanza sociale di questi temi. Motivi che, supportati anche da dati di natura epidemiologica, hanno fatto emergere queste ed altre tematiche anche dai documenti regionali di indirizzo in materia. Non stupisce dunque la risonanza che queste tematiche hanno assunto, da Piacenza fino a Ferrara o Rimini, pur interpretate, come detto, con assoluta originalità. Ciò su cui è interessante soffermare l’attenzione sono le interpretazioni locali dei medesimi temi, la loro traduzione in progetti diversi. Dire anziani o giovani, infatti, significa fare una macro scelta di campo: ciò che segue, però, è ben altra cosa; ciascuna realtà deve in- fatti individuare precisi aspetti su cui agire per conseguire i propri obiettivi di salute, in stretta aderenza al proprio territorio ed ai suoi peculiari problemi. Agire sulla condizione anziana in montagna può voler dire, ad esempio, darsi l’obiettivo di ridurre l’isolamento, magari intervenendo sui trasporti e la viabilità, o sulle reti telematiche, o ancora sul decentramento dei servizi; lo stesso obiettivo in contesto di pianura può assumere valenze affatto diverse, ad esempio di promozione e sostegno alle reti comunitarie, alle associazioni di volontariato, di diversa organizzazione e accessibilità di alcuni servizi e così via. Ma è significativo vedere anche i diversi modi in cui le singole realtà territoriali hanno interpretato il percorso tracciato dalla Regione (come indicato nella deliberazione 321/2000), valorizzando maggiormente alcuni aspetti rispetto ad altri: con modalità anche molto diverse e con esperienze di coinvolgimento delle comunità locali talvolta coinvolgenti e davvero avvincenti, ciascuna sta costruendo il proprio, originale percorso di elaborazione di progetti condivisi. A Cesena, ad esempio, si è deciso di privilegiare i focus groups come strumento di coinvolgimento dei vari attori sociali e, insieme, come meccanismo utile a mettere a fuoco e far emergere, in maniera ragionata ed approfondita, i problemi cui assegnare carattere prioritario. L’esperienza fin qui condotta, in particolare, ha riscosso notevole interesse e condivisione, ed ha na- Figura 3 Modello di Richmond e Kotelchuck applicato alla promozione della salute. turalmente creato stimolanti attese sul percorso futuro e sui suoi sviluppi. A Modena l’attenzione maggiore è stata posta invece nell’analisi dei bisogni di salute, in un confronto allargato e molto partecipato, anche grazie all’ampia presenza di associazioni e gruppi organizzati. In particolare sono stati attivati “gruppi di cittadini competenti”, composti anche da forti valenze tecniche, che hanno delineato gli ambiti di intervento prioritario e che sono ora alle prese con la scomposizione e la descrizione dettagliata del “cosa fare” e per quali precisi obiettivi di salute. Valorizzare anche il ruolo dei professionisti della sanità è invece una delle strade tentate a Reggio Emilia: qui, aderendo al progetto dell’OMS denominato “Ospedali per la salute”, si sta individuando l’ospedale come luogo deputato non solo alla cura delle fasi acute della malattia, ma anche come luogo di promozione della salute. In tal modo si vuole infatti sottolineare come il lavoro clinico (ed i professionisti a questo preposti) possa a pieno titolo assumere un ruolo importante all’interno dei PPS; in quest’ottica, infatti, gli ospedali stessi divengono un sorta di ponte che consente all’attività di prevenzione di entrare negli ospedali ed al lavoro clinico di fare il suo ingresso nei PPS, con un auspicato quanto atteso arricchimento per entrambi. Per parte sua Parma ha scelto invece di privilegiare il ruolo del Distretto (nella fattispecie quello di Langhirano), in ragione di un lavoro capillare di coinvolgimento e partecipazione già avviato con successo su 29 Le nuove esperienze regionali altre tematiche: insomma un avvio dei PPS in questo laboratorio già strutturato, prima di allargare l’ambito di intervento ad altre realtà territoriali. Si tratta, come si vede, di un universo in movimento, il cui coordinamento tecnico e progettuale è naturalmente affidato all’Assessorato Regionale alla Sanità, mentre l’Agenzia Sanitaria Regionale assicura, in ogni fase, un prezioso supporto di formazione, ricerca e sperimentazione. 30 Conclusione Alla luce di quanto discusso sopra appare evidente che la nuova strategia per la salute implica trasformazioni sostanziali quali: - un nuovo stile di assistenza sanitaria il cui impatto andrà valutato sulla base di effettivi miglioramenti del livello di salute e della qualità dei servizi prestati oltre che sulla loro efficienza economica; - un ruolo più forte attribuito agli Enti locali nella promozione della salute attraverso i momenti della programmazione negoziata; - la necessità di interventi che tendano alla modificazione dei fattori sociali, economici e ambientali responsabili della perdita della salute, attraverso iniziative politiche intersettoriali; - la presa di posizione nei confronti del problema delle disuguaglianze in salute e della esclusione sociale. La sfida principale che si presenta riguarda la necessità non soltanto di fondere le conoscenze disponibili con una strategia efficace, ma anche e soprattutto di assicurare l’adesione convinta dei decisori po- litici che ne consenta la effettiva attuazione. I PPS, così come elaborati in Emilia-Romagna, si propongono come uno strumento per dare corpo a queste trasformazioni identificando nel livello locale (comunale e distrettuale) l’ambito ottimale per riuscire a combinare efficacemente questi tre requisiti essenziali: una teoria scientifica, una strategia sociale e una volontà politica che supporti il cambiamento (e generi le risorse necessarie a dar luogo al cambiamento).9 NOTE [1] Blane D, Brunner E and Wilkinson R. (1996), Health and Social Organisation: Towards a health policy for the 21st century. London, Routledge. [2] Wilkinson R, Marmot M. Social determinants of health. The solid facts. Copenhagen: WHO; 1998. [3] Regione Emilia-Romagna, Deliberazione della Giunta Regionale 1 marzo 2000, n.321. Piani per la Salute. Piano Sanitario Regionale 1999-2001. Primi provvedimenti di attuazione, Bollettino Ufficiale 2 maggio 2000. [4] La Conferenza sanitaria territoriale, inserita nella Legge regionale n. 3/1999 sulla riforma della autonomia degli enti locali, è formata dai sindaci dei Comuni compresi nel territorio di una azienda USL. [5] Stefanini A. (2000), Politiche di salute e la salute della politica. Qualità Equità n.19: 7482. [6] Stefanini A. (2000), Politica dei servizi e politica per la salute. Prospettive Sociali e Sanitarie. Anno XXX 15 febbraio 2000: 16. [7] Landstingsforbundet (2000), Health impact assessments of proposed policy decisions at local and regional level. http:// www.lf.se/hkb/engelskversion/ enghkb.htm. Sito consultato il 02/11/00. [8] Mittelmark MB (2000), Promoting social responsibility for health: health impact assessment and health public policy at community level. Washington, Pan American Health Organization. Fifth global conference on health promotion, Mexico City, Mexico. 5-9 June, 2000. [9] Atwood K, Colditz GA, Kawachi I. (1997), From public health science to prevention policy: placing science in its social and political contexts. American Journal of Public Health 87 (10): 1603-1606. Angelo Stefanini è Ricercatore presso il Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica della Università degli Studi di Bologna e consulente dell’Assessorato alla Sanità, Regione Emilia-Romagna. 31 Promuovere la salute nell’ambiente: la prospettiva della valutazione d’impatto Paolo Daini Dalla valutazione di impatto ambientale alla valutazione degli impatti sociali e sulla salute della popolazione. Sanità, ambiente, salute e territorio sono quattro termini e concetti che si intrecciano nel linguaggio da diversi anni in modo sempre più stretto. L’esigenza di conoscenza che precede un piano, un programma o un progetto, insieme a quella di comunicazione ed a quella di partecipazione dei soggetti coinvolti durante la loro formazione, ha prodotto l’utilità della valutazione degli impatti nel tentativo di prevenire o almeno di limitare gli effetti indesiderati. Tale esigenza, attraversa anche le fasi decisionali per finire con le verifiche a posteriori e il monitoraggio. La valutazione degli impatti, diffusasi a partire dagli anni settanta per le problematiche legate all’ambiente fisico, ha presto coinvolto, in alcune realtà, anche quello sociale e lo specifico che riguarda la salute. Nella Provincia di Trento, la determinazione e la valutazione degli impatti sociali e di quelli sulla salute della popolazione non ha tuttavia avuto lo spazio accumulato in 32 un decennio dalla valutazione degli impatti ambientali, nota con la sigla VIA, (ci si riferisce soprattutto alle discipline ingegneristiche, delle scienze biologiche e della terra), e sebbene il termine “impatto” figuri oggi con una certa frequenza nei documenti inerenti la salute e la sanità, le applicazioni concrete di valutazione sono ancora modeste, in particolare se riferite in modo integrato agli ambiti tradizionalmente distinti di ambiente, salute e territorio. Contemporaneamente si sta peraltro consolidando una visione allargata del sistema sanitario, inserito nel più ampio ambito della salute della popolazione, con l’obiettivo di considerare questa nella sua interezza psico-fisico-sociale, e di evidenziarne i suoi determinanti. Fra i diversi, possibili modi di affrontare tali questioni, si trova l’approccio che qui si intende introdurre e la cui applicazione attraverso un procedimento sequenziale (noto anche come Health Impact Assessment o HIA) è in grado di gestire in modo più integrato le problematiche della salute e dell’ambiente, rispetto alle quali ancora si lamenta una eccessiva separazione. Salute ed ambiente: la stima degli impatti Una definizione classica considera gli impatti sulla salute come “quegli effetti complessivi, diretti o indiretti di una politica, strategia, programma o progetto sulla salute della popolazione”. In queste poche parole si riesce a leggere come il concetto di impatto si fonda su quello di cambiamento e di stima delle modificazioni attese tra un “prima” ed un “dopo”. Per realizzare queste stime di previsione, l’attenzione al pragmatismo, indirizzato ad incidere nei processi decisionali reali, ha portato alla individuazione di un procedimento in cui convergono numerose discipline e diversi attori. Il fine ultimo è raggiungere una maggiore tutela dell’ambiente e migliori livelli di salute nella popolazione, per contribuire a quello che da alcuni anni viene chiamato sviluppo sostenibile (SD). L’intento di costruire un quadro complessivo che chiarisca gli impatti e le loro relazioni con le scelte antecedenti, sta progressivamente spingendo la frontiera del “considerato” verso gli impatti indiretti, come indica la definizione richiamata precedentemente nonché verso gli impatti “cumulati” (dovuti cioè alla combinazione di più azioni simultanee) che non necessariamente si rivelano in una delle dimensioni singolarmente prese in esame. Per implementare la valutazione d’impatto, tanto sull’ambiente quanto sulla salute, risultano quindi necessarie oltre alle conoscenze generali, spesso richiamate dalla manualistica, differenti competenze professionali; limitandosi all’area più direttamente legata agli impatti sulla salute, possono ricordarsi oltre a quelle che rientrano nella sfera medica e psicologica, l’economia e la sociologia. L’aumento della complessità portato sia dalla stima di impatti indiretti e cumulati sia dagli impatti specialistici coinvol- ti, determina anche la necessità di un più robusto coordinamento interdisciplinare, a cui è affidato il compito di realizzare una sintesi e di comunicare il quadro complessivo, prodotto finale di tutto il processo. Queste riflessioni rimandano anche, da un differente punto di vista, al paradigma di scambio (trade-off), presente sin dagli inizi nella valutazione d’impatto. Nella accezione classica, tale paradigma indica che nella valutazione degli impatti sull’ambiente e sulla salute, vanno identificati e resi evidenti, in termini di gruppi di persone e di elementi ambientali, quelli che ricevono benefici e quelli che subiscono perdite. In una accezione più ampia, sul versante pratico, emerge come tale paradigma sia continuamente presente, ad esempio come scambio tra l’approfondimento dedicato agli impatti specifici e quello dedicato alla loro sintesi. 33 Salute e ambiente La figura 1, basata sulla letteratura specialistica, riassume gli elementi delle triade su cui opera la valutazione di impatto ambientale, sociale e sulla salute. I tre ambienti rivestono importanza, e partecipano come determinanti della salute sia per gli impatti positivi che per quelli negativi. Il differente peso e l’attenzione prestata a ciascuno sono legati necessariamente al caso specifico; esiste una concreta difficoltà, ben presente nel dibattito teorico e nella pratica, a raggruppare casi a diversi livelli di generalità per problematiche ricorrenti. Nondimeno attraverso un lavoro che si traduce soprattutto nella predisposizione di linee guida, si sta ottenendo la condivisione delle metodologie e delle esperienze valide. Nella figura, all’interno dei tre circoli, viene proposta una prima arti- 34 colazione di livello inferiore, che indica alcune classiche aree dell’ambiente fisico, della sfera sociale e di quella individuale. Rappresentano le aree principali in cui si è accumulata ricerca ed esperienza. È anche evidenziato come l’educazione alla salute si collochi in qualità di area cerniera tra la sfera del sociale e l’ambito individuale, presentando insostituibili valenze nel medio e lungo periodo per politiche destinate sia a maggiori livelli di salute che a comportamenti compatibili con la conservazione dell’ambiente. Come ulteriore considerazione generale, va ricordato che teoria e pratica della valutazione ambientale stanno cercando di integrarsi con la stima degli impatti sulla salute derivata dalle diverse branche della medicina e della psicologia. Alcuni primi risultati sono stati ottenuti, ma molto rimane ancora da fare, in particolare quando ci si sposta verso il concetto di salute psico-fisica, che presenta intrecci di relazioni a minore livello di separabilità e necessità di strumenti di misura complessi. Figura 1 I tre ambienti su cui opera l’impatto ambientale. Il procedimento e i metodi Come accennato, la valutazione degli impatti sulla salute si articola sia nel procedimento complessivo, applicabile a politiche, piani, programmi e progetti (i primi tre casi sono spesso indicati con la sigla PPP, e fatti rientrare nella valutazione d’impatto strategica, una più recente estensione della VIA), sia in alcuni metodi e strumenti specifici per l’applicazione concreta. Il procedimento risulta oggi ampiamente condiviso a livello internazionale e, seppure spesso preveda dei “ricircoli” (per cui i risultati o le scelte ad un certo punto portano a cambiare e ripetere uno o più dei momenti precedenti) è organizzato attraverso definiti passaggi successivi. Come procedimento, lo schema classico delle fasi è il seguente: - screening - scoping - termini di riferimento - studio di valutazione - analisi e verifica dello studio di valutazione - negoziazione - implementazione - monitoraggio Tale sequenza, viene anche ulteriormente articolata: così vi sono proposte di opzioni che suddivido- no il momento di valutazione in “rapido” o “accurato”, oppure vi sono molti autori ed organizzazioni che mettono in evidenza l’indispensabilità del confronto di alternative differenti, in particolare nelle fasi che vanno dallo studio alla negoziazione. Nella Provincia Autonoma di Trento la valutazione degli impatti sulla salute trova uno spazio istituzionale all’interno delle vigenti normative di Valutazione di Impatto Ambientale, ma va sottolineato come in senso più ampio i suoi concetti e metodi possono essere utilizzati nella programmazione sanitaria, consentendo un maggior approfondimento analitico e decisionale. Questo spazio relativamente meno “formalizzato” ma diffuso nel concreto si trova nelle relazioni, negli studi di fattibilità e nelle analisi costi-benefici e derivate, oltre che nella ricerca applicata, sia che esse riguardino il momento programmatorio che quello delle modifiche operative. L’identificazione di massima dei rischi e/o dei benefici per la salute della comunità coinvolta attiene ai momenti iniziali del procedimento, essenzialmente le fasi di screening e di scoping, mentre nella realizzazione dello studio valutativo vengono precisati i legami tra i programmi e le azioni con le categorie proprie dell’epidemiologia, stimati i rischi (o i miglioramenti), definito il profilo della popolazione soggetta ai cambiamenti con la sua vulnerabilità ed infine valutato l’impatto per la salute. Rispetto all’analisi dei rischi per 35 Salute e ambiente 36 la salute, che rappresenta in sè ormai una disciplina consolidata, va notato come sia apprezzabile, ed apprezzata, la variabilità nella valutazione del rischio effettuata da esperti e non esperti. La collocazione di tale momento nel contesto generale del procedimento che si sta illustrando appare tutt’altro che trascurabile, poiché fra i criteri fondanti dell’HIA vi è la partecipazione, secondo modalità diversificate, della popolazione coinvolta. I risultati della stima dei rischi per la salute, elemento determinante e profondamente incastonato nel tutto, si riversano “in cascata” nelle fasi successive di negoziazione e di decisione finale. Così può esserci una differenza anche sensibile se alla stima da parte degli esperti ne viene affiancata e comparata una prodotta dai non esperti. Negli stadi successivi vengono considerate in qualche misura entrambe. Tale linea d’azione, che porta il “pubblico coinvolto” nel “tecnico”, rappresenta una genuina e purtroppo assai rara forma di partecipazione, riconducibile al paradigma che vede il rischio per la salute come un impianto socialmente determinato. Inoltre, il differenziale esperti-non esperti nella valutazione del rischio presenta altre importanti implicazioni di natura strettamente informativa e comunicativa, queste però riguardanti in prevalenza le fasi finali del processo. Tra i diversi metodi utilizzati nel procedimento, i più diffusi sono gli elenchi di analisi, conosciuti come check-list e le matrici. Le prime servono per rendere più semplici i problemi affrontati, mediante la selezione degli aspetti e dei fattori ri- tenuti più importanti. Le matrici invece puntano principalmente a sistematizzare ed analizzare le relazioni fra azioni o settori coinvolti dal piano/progetto da una parte, ed tipi di influssi sulla salute (come malattie trasmissibili, malattie non trasmissibili, infortuni, disagio mentale, ecc.) dall’altra. Le matrici nel presentare le relazioni, per lo più col fine di riassumerle per consentire un apprezzamento simultaneo di aspetti differenti, mettono in risalto un problema classico di tutta la materia della valutazione d’impatto, che è l’articolazione qualitativo/quantitativo. Negli impatti sociali e sulla salute, ci si può aspettare, quasi con certezza, che in uno studio di valutazione siano presenti sia stime di carattere qualitativo che di carattere quantitativo. Così le matrici che si incontrano presentano simboli semplici (ad indicare presenza/assenza) o simboli per categorie ordinali (come basso, medio, alto), e meno spesso valutazioni quantitative espresse numericamente. Non di rado accade anche di incontrare matrici contenenti numeri che esprimono in realtà scale ordinali di valutazione. Oltre ai due precedenti, sono poi utilizzati anche altri metodi, come i network, o tecniche specifiche come quelle per raggiungere il consenso in riunioni decisionali. Ancora, modellistica con maggiore formalizzazione matematico-statistica si trova nella determinazione degli impatti per aspetti specifici, come, ad esempio, nel caso delle diffusione di inquinanti. In generale, si può affermare che passando dal fattore specifico alla sintesi dei molti aspetti di un piano/progetto che coinvolgono la salute, si riduce progressivamente la quantificazione, e la formalizzazione adotta “maglie” via via più larghe. Infine, tornando agli obiettivi del procedimento, è da ricordare quello della gestione dei rischi per la salute; esso è presente soprattutto nella fase di negoziazione ed implementazione con interventi di tipo regolamentare (come limitazioni nell’uso di prodotti o l’obbligo di protezioni durante certi lavori) o di predisposizione di mezzi e procedure di emergenza, mentre già nella fase di studio dà luogo alla definizione di misure di mitigazione del rischio, che si traducono, operativamente, in cambiamenti nella politica o nel progetto. Alcune questioni applicative Se la procedura per realizzare la valutazione degli impatti sulla salute, in termini di suddivisione del percorso su fasi successive risulta ben definita, una situazione di minor certezza si riscontra, quando i diversi momenti vanno tradotti sul piano applicativo, e gli impatti devono essere valutati nel segno e nella grandezza. Questo sia per le inevitabili semplificazioni, anche drastiche, della situazione in esame (che si rendono necessarie per ricondurla ad una dimensione maneggiabile) sia per le molteplici dimensioni sempre coinvolte. Un esempio tra gli infiniti: una cosa è determinare in laboratorio l’intensità sonora (in dB(A)) che corrisponde alla 37 Salute e ambiente 38 soglia del dolore - la cui individuazione va poi fra l’altro a finire in normative e standard per i costruttori di macchinari di tutti i generi un’altra è stimare il livello di fastidio acustico (noise annoyance) inteso come vissuto psico-fisico, indotto dal progetto di una nuova linea ferroviaria ad alta velocità sugli abitanti di un centro abitato. Altro esempio, anche più complesso: il tema dell’attività fisica interessa da tempo la promozione della salute, e tra i diversi tipi di esercizio viene studiato il ciclismo non agonistico per i suoi benefici effetti sulla salute. Si ipotizzi un consistente piano di incremento, sull’intero territorio provinciale, di piste ciclabili, e ci si chieda se e quali impatti (ed eventualmente come misurarli) questo piano potrebbe produrre sulla salute della popolazione. A prescindere dalla quantità di effettivo utilizzo delle piste progettate, va considerato se l’incremento riguarda lo svago e/o porta ad una riduzione di altri mezzi di trasporto. Poi potrebbero ridursi (o intensificarsi) gli incidenti con i conseguenti infortuni oltre ad effetti di miglioramenti sul piano dei benefici per la salute. Se però la ciclabile corre in prossimità di intenso traffico veicolare (come accade per un tratto esistente in via Brennero a Trento) gli effetti sull’apparato respiratorio non è detto che siano di segno positivo. Guardando alla componente psicologica della salute, ormai difficile da ignorare, per passare ad esempio da un generico “impatto sostanzialmente positivo” ad una qualche maggior precisazione, la questione non sembra affatto semplificarsi. In sintesi, collegare interventi affatto ipotetici ai metodi e alle categorie epidemiologiche, non è strada breve e piana. I due spunti proposti sono deliberatamente tratti da interventi “esterni” al settore sanitario, ma volendo se ne trovano facilmente moltissimi legati ad interventi su quest’ultimo, tanto su strutture che su programmi gestionali. A questo punto preme evidenziare il denominatore comune di tali situazioni, al di là delle specificità che contraddistinguono temi assai diversi fra loro. Questo può rinvenirsi nella chiarezza, nel dettaglio e nella capacità di argomentare i confini che vengono fissati per il problema in esame, ricordando che tali limiti, insieme ai vincoli propri dei metodi che si utilizzano, caratterizzano l’acquisizione dei dati prima, e, successivamente, la spiegazione dei risultati che vengono presentati. Pertanto essi andrebbero dichiarati sempre e comunque in modo esplicito, poiché ciò costituisce un elemento di trasparenza culturale e, spesso, scientifica. Che è poi riflettere su quello che in economia viene considerato come “esternalità”, e nella metodologia della ricerca, come i diversi aspetti di validità. Nella valutazione degli impatti sulla salute, dove le relazioni di causalità sono mediate, sfumate, difficili da cogliersi e instabili sul piano temporale vi è un forte pericolo che tali relazioni discendano da assunzioni piuttosto che da un pro- cesso analitico e argomentativo supportato da impianti teorici precisi. Un pericolo tutt’altro che raro nelle applicazioni concrete, come messo più volte in evidenza dalla letteratura specializzata, e come si è cercato di esporre in precedenza. Una possibile spiegazione è che dichiarare le “condizioni di contesto” spesso si scontra, con il desiderio, immediato e di facile presa, tanto di trovare certezze e spiegazioni che di raggiungere significativi livelli di relazione causale, presenti in particolare nelle fasi politiche, di transazione e di comunicazione dell’intero processo valutativo sugli impatti. Per districarsi può essere quindi opportuno spendere tempo e risorse all’inizio per ben collocare l’intervento di valutazione degli impatti lungo alcune importanti dimensioni: una prima è rappresentata dai due poli individuale e clinico da una parte e sociale, di comunità dall’altra, soprattutto in termini dei costrutti e dei metodi a cui ci si riferisce per sviluppare il lavoro; un’altra è la dimensione di scala (in termini di orizzonte spaziale e temporale), importante perché qualsiasi stima e valutazione necessita di strumenti di misura in grado di raccogliere e discriminare i dati sui quali opera, e la valutazione degli impatti sulla salute non fa certo eccezione. Una terza è quella definita dal continuum strategico-operativo, che aiuta a collegare le valenze conoscitive agli altri momenti in cui si articola l’azione di prevenzione e di promozione della salute. Tali dimensioni, pur non esaurendo certo quelle di rilievo, possono costituire una buona base per impostare correttamente un HIA da effettuare, oppure per stimare il valore di uno già svolto. Note conclusive L’estrema sinteticità di quanto è stato presentato non evidenzia che in minima parte le molte sfaccettature e le potenzialità che possiede la prospettiva della valutazione di impatto applicata allo specifico della salute. È però importante sottolineare come nella matrice che l’ha prodotta siano ampiamente presenti i valori di equità, di eredità intergenerazionale e di condivisione partecipata delle scelte, valori riconosciuti da molti come fondanti e non surrogabili della società umana. Valori il cui spessore, nel concreto, non può essere considerato in continua ed automatica espansione, stanti le molte inevitabili ammissioni che le disuguaglianze sono in rapido aumento, ed i legittimi dubbi sul livello di salute del pianeta che verrà consegnato alle generazioni future. Sono sufficienti queste ragioni di fondo per comprendere l’importanza di fare passi in avanti, anche se piccoli e faticosi, nell’individuare e stimare le ripercussioni che i cambiamenti pianificati, progettati o realizzati nell’ambiente (sia fisico che sociale) producono sulla salute della popolazione. La valutazione d’impatto offre un quadro, definisce un procedimento ed ha sperimentato un certo numero di strumenti operativi. Questo, come è noto, non garantisce 39 che la fase decisionale segua in toto i medesimi valori, ma al minimo si può sperare che la sua applicazione pratica aumenti in una qualche misura l’adesione ad essi dei decisori, dei tecnici e del pubblico, e che l’outcome (cfr, APSS, Programma di sviluppo strategico – Glossario) di tutto il “sistema salute” ne consegua apprezzabili benefici. [5] Stokols, D. (1992), Establishing and Mantaining Healthy Environments – toward a Social Ecology of Health Promotion, in American Psychologist, 47, 1, 6-22. [6] Pershagen, G. (1999), Research priorities in environmental health, in BMJ, 318, 16361637. [7] Dean, K. (Ed.) (1993), Population Health Research – Linking Theory and Methods. London: Sage. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Salute e ambiente [1] APSS (2001), Programma di sviluppo strategico – Glossario. Trento (I): Litografica Editrice Saturnia. 40 [2] European Centre for Health Policy, Gothenburg consensus paper December, 1999 (1999), Health Impact Assessment – Main concepts and suggested approach, Brussels. [3] WHO (2000), The World Health Report 2000 – Health Systems: Improving Performance.Geneva: WHO. [4] Kwiatkowski, R.E. and P. Gosselin (2001), Promoting human impact assessment within the environmental impact assessment process: Canada’s work in progress, in Promotion & Education, VIII/1, 17-20. [8] Department of Health, (1999), Health Impact Assessment – Report of a Methodological Seminar, Department of Health, 10311 IP 500 Dec 99 (CWP). London. [9] Terza Conferenza Ministeriale della Regione Europea sull’ambiente e la salute (1999), Accesso all’informazione, partecipazione pubblica e accesso alla giustizia nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute (traduzione in lingua italiana su questo numero di Punto Omega a pag. 166). Paolo Daini è funzionario del Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. Promozione della salute e marketing sociale Vittorio Curzel Il ruolo strategico e i limiti del marketing sociale e della comunicazione pubblica nella promozione della salute. Marketing e comunicazione per la salute Se la finalità primaria delle iniziative e delle politiche pubbliche di promozione della salute è facilitare l’adozione di stili di vita favorevoli al conseguimento e al mantenimento del benessere fisico e psicologico dei cittadini non vi è dubbio che il marketing e la comunicazione sociale sono strumenti primari per raggiungere tale obiettivo. Infatti, mentre la funzione del marketing tradizionale è promuovere e ampliare la vendita di beni e servizi, veicolare l’immagine positiva di una ditta produttrice e “fidelizzare” i suoi clienti, il marketing sociale può contribuire significativamente al raggiungimento di obiettivi di interesse collettivo (in questo caso la salute) attraverso la modifica di atteggiamenti e comportamenti di individui e gruppi sociali. Nel marketing e nella comunicazione sociale oggetto dell’offerta non sono tanto i prodotti (beni o servizi) quanto le idee e ciò che si chiede al pubblico non è tanto di acquistare qualcosa quanto piuttosto di cambiare un’opinione e di modificare un comportamento che si ritengono dannosi per l’interesse individuale e/o collettivo. La concorrenza con cui ci si confronta non è una marca o un prodotto (e nemmeno una particolare visione del mondo, un sistema di valori, uno status, di cui quel dato prodotto rappresenta o vorrebbe rappresentare un simbolo), ma piuttosto una ben determinata opinione, un ben determinato stile di vita che si vogliono combattere o modificare. Gli obiettivi del marketing sociale saranno dunque di cambiamento cognitivo (per favorire attraverso una maggiore conoscenza del problema e delle sue soluzioni l’adozione di un determinato comportamento), d’azione (incentivando determinate scelte a scapito di altre), di comportamento (inducendo l’abbandono di abitudini pericolose e l’assunzione di comportamenti sani) e di valori (creando, ad esempio, un atteggiamento favorevole della popolazione verso un disegno legislativo che disciplini o vieti il fumo nei locali pubblici)1. Differenze e analogie con il marketing d’impresa Nel considerare l’applicazione del marketing all’azione della Pubblica Amministrazione è necessario evidenziare alcune differenze. Va innanzi tutto detto che alcune organizzazioni come le Aziende sanitarie, pur non avendo fini di lucro, svolgono alcune attività produttive che le rendono del tutto si41 Il ruolo del marketing sociale 42 mili ad aziende private e, in questo senso, potrebbero essere interessate ad utilizzare, per la promozione della propria immagine e attività, anche tecniche tipiche del marketing tradizionale. Parleremo in questo caso di marketing dei servizi pubblici. Da questo punto di vista la differenza con il marketing d’impresa non risiede nella natura pubblica del soggetto, ma piuttosto nella responsabilità connessa ad attività di marketing che hanno rilevanza sociale e finalità dettate dalle esigenze della collettività. Philip Kotler distingue fra marketing delle organizzazioni senza fini di lucro (marketing for no profit organisations), marketing sociale (social marketing) e marketing dell’impresa dal punto di vista delle responsabilità sociali dell’azienda (societal marketing), che deve comunque operare secondo modalità che preservino o rafforzino il benessere del consumatore e della collettività2 . In questa accezione “Il marketing sociale è la progettazione, la realizzazione e il controllo dei programmi finalizzati ad aumentare l’accettabilità di una causa o di un’idea sociale (presso uno o più gruppi obiettivo). Esso utilizza i concetti della segmentazione del mercato, della facilitazione, degli incentivi e della teoria dello scambio per massimizzare la risposta del gruppo obiettivo”3. Gli elementi che caratterizzano il marketing sociale sono: - la tipologia dell’offerta: i prodotti che si offrono come oggetto di scambio sono per lo più idee, valori, atteggiamenti e comportamenti. Le idee rappresentano il prodotto principale anche quando siano associate a beni e/ o servizi (offerti per facilitare l’adozione di quella data idea, atteggiamento o comportamento); - la finalità dell’offerta: l’obiettivo principale di una campagna di marketing sociale è quello di risolvere un problema di interesse collettivo attraverso il cambiamento di atteggiamenti e comportamenti individuali e/o di gruppo, sia prospettando benefici individuali di interesse collettivo (p.es. la salute) che benefici sociali derivanti da comportamenti individuali (p.es. il risparmio energetico). Alcuni Autori evidenziano anche il fatto che le campagne di marketing sociale generalmente affrontano temi universalmente accettati, distinguendosi in questo dal marketing politico o da campagne pubblicitarie d’opinione promosse da associazioni, sindacati, movimenti partiti, a favore o contro determinate idee oggetto di controversia. Tale distinzione appare tuttavia labile e discutibile. Infatti, se è vero che il marketing sociale può essere impiegato per sostenere cause su cui vi è un diffuso consenso, altre campagne di pubblica utilità4 potrebbero essere non condivise universalmente per motivi religiosi, morali o ideologici (si pensi ad esempio alla campagne per l’utilizzo del preservativo nella lotta all’AIDS). Figura 1 Campagna per la promozione di una sana alimentazione (cinque soggetti diversi per affissione murale, m. 6 x 3; 5 soggetti diversi per manifesti cm. 70 x 100; un pieghevole “Guida rapida per la salute”). Elaborazione e realizzazione nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” Provincia Autonoma di Trento - 2001. Ideazione e Art Direction V. Curzel. Marketing per il cambiamento Per ottenere un cambiamento nell’atteggiamento e nel comportamento, in senso più favorevole alla salute, sono possibili vari interventi, riferibili sostanzialmente ai seguenti approcci: - “normativo” - interventi legislativi di restrizione o incentivazione rispetto alla produzione, alla vendita e al consumo di determinati prodotti, ritenuti rispettivamente dannosi o utili per la salute; - “tecnologico” - innovazioni tecnologiche che possono aiutare le persone nell’abbandonare un comportamento dannoso o assumerne uno favorevole; - “economico” - politiche di aumento o riduzione dei costi relativi a comportamenti indesiderati o auspicati nonché politiche di disincentivazione o incentivazione, per esempio attraverso l’eliminazione di sovvenzioni o attraverso ricompense; - “informativo-educativo” - elaborazione e diffusione di messaggi per informare sui danni alla sa- lute prodotti da un dato comportamento o sui benefici derivanti dal cambiamento. Il marketing sociale trae origine da quest’ultimo approccio, pur tenendo conto che campagne informativo-educative possono risultare da sole inefficaci, per inadeguatezza del messaggio (rispetto al target) o perché i messaggi possono essere recepiti in modo distorto e riduttivo o perché gli individui mettono in atto processi selettivi rispetto all’esposizione, alla comprensione e alla memorizzazione dei messaggi o infine per il fatto che non di rado tali campagne forniscono informazioni sul rischio insito in un comportamento dannoso (per es. il fumo), ma non forniscono aiuti concreti per modificare tale comportamento dopo l’esposizione al messaggio (per es. che cosa fare per smettere di fumare e quali aiuti esistono). La consapevolezza di tali limiti ha fatto sì che il marketing e la comunicazione sociale adottassero un approccio più esteso, integrando 43 Il ruolo del marketing sociale vari strumenti di intervento e considerando, nello svolgersi del processo di pianificazione, che i massmedia sono certamente molto utili per sensibilizzare, informare e creare consapevolezza, ma che la comunicazione interpersonale può essere determinante per favorire il cambiamento comportamentale. 44 Nel fissare gli obiettivi di una campagna è bene considerare la possibilità di individuare anche più obiettivi in successione, così come potremmo darci obiettivi diversi per diversi segmenti di popolazione o gruppi-obiettivo. Comunque sia si dovrà tenere presente le possibili tipologie di cambiamento per cui lavorare, che sono state sopra accennate e che in ordine crescente di difficoltà di attuazione, sono le seguenti: a) cambiamento cognitivo: lo scopo principale è quello di creare conoscenza e consapevolezza su un dato tema (per es. sul valore nutritivo dei vari alimenti). Le difficoltà maggiori in questo caso risiedono nell’identificare i segmenti che hanno maggior carenza informativa in tale ambito, capire quali siano le loro abitudini di consumo dei media, decidere di conseguenza forme e contenuti del messaggio, canali e tempi per la diffusione; b) cambiamento d’azione: lo scopo è quello di indurre il maggior numero di persone possibile a compiere una data azione entro un tempo determinato (per es. aderire a una campagna di vaccinazione antinfluenzale). Le difficoltà sono non soltanto nel fornire informazioni adeguate in modo efficace, ma anche nel convincere le persone ad agire, tenendo conto che anche laddove esista un atteggiamento favorevole, vi possono essere una serie di costi reali o percepiti (il costo economico, la distanza, il tempo, etc.) in grado di allontanare il potenziale utente. L’azione di marketing dovrà dunque affiancare alle iniziative di comunicazione facilitazioni e incentivi capaci di bilanciare i costi e stimolare attraverso tutti gli elementi del marketing mix l’azione desiderata; c) cambiamento di comportamento: lo scopo è quello di favorire la modifica o l’abbandono di comportamenti dannosi (per. es. l’assunzione di droghe) e l’adozione di nuove abitudini favorevoli alla salute. Anche in tal caso il solo ricorso ai mass-media si è rivelato solitamente insufficiente, quando non controproducente. È in ogni caso necessario effettuare ricerche di marketing preliminari nonché pre-test per verificare gli effetti del messaggio su un campione adeguato; d) cambiamento di valori: lo scopo è modificare valori e opinioni profondamente radicati rispetto ad alcuni temi o situazioni (per es. i pregiudizi razziali e/o religiosi). È certamente il cambiamento più difficile da attuare, dato che l’identità e il benessere individuale si basano anche su un sistema di valori e su di una “Weltanschauung” tenden- zialmente dotati di forte coerenza interna e capaci di orientare tanto la percezione della realtà quanto le scelte di comportamento individuali. L’introduzione di elementi cognitivi dissonanti crea evidentemente tensione (fra il cambiamento auspicato e la tendenza generalmente consistente alla conservazione) per cui le persone cercheranno spesso di evitare informazioni incoerenti o di reintegrarle, distorcendole o negandole, nel proprio sistema di valori. Sono dunque necessarie intense e prolungate iniziative di informazione e sensibilizzazione, ma non solo. Talvolta sono indispensabili interventi normativi e in questo caso l’azione di marketing può servire per creare un clima favorevole all’approvazione della nuova legge. Figura 2 “Guide rapide per la salute n. 1: Escursioni sicure”. Le guide, piegate, hanno la dimensione di una carta di credito, da portare e consultare ovunque. Sono dedicate alla prevenzione dei comportamenti a rischio e alla promozione della salute. Elaborazione e realizzazione nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” Provincia Autonoma di Trento. Ideazione e coordinamento redazionale ed editoriale V. Curzel. La pianificazione di marketing per il cambiamento Qualunque sia il cambiamento che si intende promuovere la pianificazione è una fase determinante per il successo di un’azione di marketing sociale. Il processo di pianificazione prevede queste fasi: 1) analisi del macro e micro-ambiente àcontesto socio-economico, culturale, tecnologico, politico e normativo all’interno del quale agiscono le forze che sostengono le idee e i comportamenti considerati favorevoli a una data iniziativa di promozione della salute (come ad esempio una campagna anti-fumo) ma anche le forze contrarie o antagoniste nonché i diversi tipi di pubblico ostili, alleati o neutrali, la situazione della domanda e della concorrenza, etc5 ; 2) sviluppo del piano àdefinizione degli obiettivi, segmentazione della popolazione in gruppi omogenei e individuazione dei gruppi-obiettivo, elaborazione delle strategie e dei programmi operativi; 3) attuazione; 4) controllo e valutazione dell’efficacia. In ognuna di queste fasi l’attività di ricerca (sia primaria, con raccolta diretta dei dati, che secondaria, con l’analisi dei risultati di ricerche precedenti, svolte anche da altri enti, sia quantitativa che qualitativa) potrà fornire elementi utili per il processo decisionale, consentendo di definire il problema a cui si intende dare una soluzione, di 45 Il ruolo del marketing sociale individuare bisogni, opinioni e atteggiamenti preesistenti, di segmentare il pubblico in target – groups. 46 Una volta definito il problema si considerano le risorse disponibili e si fissano gli obiettivi della campagna, coerentemente con la mission dell’ente promotore e in relazione ai bisogni espressi dall’utenza. Tali obiettivi vengono normalmente descritti in forma alquanto generica (p.es. “promuovere un uso corretto dei farmaci in casa”). Tuttavia, per poter effettuare il controllo e la valutazione di una campagna, sarebbe opportuno fissare anche traguardi operativi misurabili ed elencarli in ordine di priorità in relazione alle risorse disponibili (p.es. ridurre entro tre anni del 15% il consumo di farmaci vendibili senza ricetta medica), tenendo presente che tali obiettivi devono essere ragionevolmente conseguibili, in relazione ai gruppi che si intendono raggiungere e alle opportunità o agli ostacoli che si presentano nell’ambiente di riferimento. La successiva definizione delle strategie e dei programmi operativi implica la suddivisione del mercato (segmentazione) in gruppi di consumatori/utenti omogenei per le caratteristiche prescelte. Le variabili normalmente utilizzate (anche in combinazione tra loro) per l’individuazione dei diversi segmenti sono variabili geografiche (luogo di residenza e sue caratteristiche climatiche, di densità di popolazione, ambientali), demografiche (età, sesso, reddito, livello di istruzione, religione, razza, dimensione del gruppo famigliare, etc.), psicografiche (classe sociale, stili di vita, interessi, opinioni, etc.), comportamentali (benefici ricercati, utilizzo abituale o meno di un dato bene o servizio e atteggiamento verso lo stesso, costi percepiti, etc.) I dati circa le variabili psicografiche e comportamentali sono certamente i più difficili da raccogliere ma possono aiutare a comprendere meglio perché, quando e a quali condizioni un gruppo di persone accetterà lo scambio di marketing proposto (cambio di atteggiamento o comportamento in cambio di benefici per la salute, sociali etc.). Alla segmentazione seguirà l’eventuale scelta di rivolgere l’azione solo ad alcuni gruppi ritenuti più bisognosi o più interessati all’intervento, come pure la definizione di programmi specifici per ogni segmento. Una strategia di marketing indifferenziato (un unico programma di azione per l’intero mercato) consente certamente maggiori economie, ma dà buoni risultati soltanto se vi è un’effettiva omogeneità di bisogni e desideri nei diversi segmenti. Dopo aver selezionato i gruppiobiettivo si procede al posizionamento del prodotto offerto all’interno di ogni segmento, cioè vengono individuati i vantaggi competitivi (in relazione ai bisogni manifestati o latenti) per poter comunicare al consumatore e al target group il valore dell’offerta in rapporto a prodotti concorrenti. Anche nel marketing sociale si possono infatti avere situazioni di concorrenza, che possono interessare tanto i prodotti, quanto i soggetti produttori, ma soprattutto bisogni, comportamenti e idee contrastanti. Per esempio in una campagna di prevenzione di una data malattia sarà opportuno verificare se altri enti od organizzazioni pubblici o privati stiano già attuando campagne analoghe, scegliere nel caso di occuparsi di segmenti eventualmente ignorati, cercare alleanze e sinergie o modificare l’offerta occupandosi di un aspetto differente del problema. Di fatto la presenza di più soggetti operanti in uno stesso ambito può creare problemi nel reperimento di fondi, di mancato coordinamento delle iniziative o addirittura di azioni contrastanti. Tuttavia la principale forma di concorrenza è rappresentata dalle idee o dai comportamenti che si vogliono modificare proponendo l’adozione di comportamenti alternativi e ritenuti più favorevoli6 . Per esempio in un programma per l’alimentazione sana la concorrenza sarà rappresentata da comportamenti alimentari che privilegiano il consumo abbondante di grassi, zucchero, sale, alcolici… Si tratta di una forma di concorrenza più complessa e più difficile da individuare e proprio per tale motivo è assolutamente importante l’analisi dei bisogni del target-group, per capire quali bisogni un dato comportamento soddisfi, in modo da poter mostrare i vantaggi competitivi del comportamento alternativo propo- sto. Senza per questo dimenticare che talvolta idee o comportamenti nocivi per la salute possono essere oggetto di sostegno da parte di organizzazioni portatrici di interessi confliggenti, che pertanto si configurano come concorrenti espliciti e ostili (p.es. le imprese produttrici di sigarette in una campagna antifumo). Segmentazione e posizionamento del prodotto consentono la scelta dei target-group più appropriati nonché la definizione degli elementi del marketing mix (prodotto, prezzo, promozione e distribuzione) adeguato agli stessi. Nella definizione dei programmi d’azione si dovrà rispondere a quattro domande: che cosa fare per attuare la strategia che è stata individuata sulla base dei bisogni e della segmentazione del mercato? Quando? Chi lo fa? Quanto costa?7 Per quanto riguarda il marketing mix si terrà conto che: 1) il prodotto, come si è detto, è per lo più rappresentato da un’idea che viene offerta per suscitare un cambiamento comportamentale. Tale idea è talvolta associata a un prodotto tangibile o a un servizio offerto per facilitare l’abbandono di un dato comportamento e l’adozione di un altro, rendendo l’offerta più attraente agli occhi del gruppoobiettivo. Nella gestione di questi prodotti tangibili si applicheranno i concetti e le tecniche tradizionali del marketing d’impresa (posizionamento, analisi del ciclo di vita del prodotto, defi47 Il ruolo del marketing sociale 48 nizione del nome di marca, packaging, etc.). Nella gestione di prodotti/idee-comportamenti si potrà far leva su alcuni aspetti (attribuibili peraltro anche ai prodotti tangibili) che consentono la comparazione. In particolare si potrà fare riferimento a questi aspetti: a) vantaggio relativo: può essere misurato in termini economici, di convenienza, di soddisfazione, di prestigio e di approvazione sociale, e indica in che misura un’idea/ comportamento innovativa viene percepita come migliore di quella che intende sostituire. Più grande è il vantaggio relativo percepito e più facile e rapida sarà l’adozione del nuovo comportamento; b) compatibilità con il sistema dei valori prevalente: un’idea percepita come incoerente o contraddittoria rispetto ai valori dominanti in un dato sistema sociale sarà accettata con difficoltà e più lentamente; c) complessità: la facilità di comprensione e di applicazione di un’idea innovativa ne faciliterà l’adozione e la diffusione; d) sperimentabilità: la possibilità di provare la bontà di un’idea per un tempo e/o in uno spazio limitato e la reversibilità della scelta, cioè la possibilità di ritornare al comportamento precedente senza conseguenze, facilita l’adozione di atteggiamenti e comportamenti nuovi; e) visibilità dei risultati: effetti positivi facilmente osservabili in tempi brevi favoriscono l’adozione di nuovi comportamenti. La presenza di un nome di marca che accompagna un’idea o una proposta di cambiamento, consentendo la riconoscibilità e l’attribuzione di tale proposta a un soggetto autorevole, rafforzandone la credibilità e la memorizzazione, può contribuire efficacemente alla sua adozione e diffusione. Poiché spesso il nome di marca di una causa sociale coincide con il nome dell’ente promotore, anche per questo motivo è di fondamentale importanza curare l’immagine istituzionale. Per quanto riguarda il ciclo di vita di un’idea va detto che in esso si possono riconoscere le stesse Figura 3 infosanità 10: “Le encefalopatie spongiformi trasmissibili”. La collana “infosanità” è dedicata all’informazione istituzionale riguardante il Servizio sanitario provinciale. Elaborazione e realizzazione nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” Provincia Autonoma di Trento. Coordinamento editoriale V. Curzel. fasi evolutive che caratterizzano i prodotti tangibili (introduzione, crescita, maturità, declino8) e che ognuna di queste fasi comporta evidentemente problemi e opportunità diversi con approcci, strategie e tattiche di marketing differenziati9. 2) Nel fissare il prezzo per l’acquisizione di un determinato bene o servizio si dovrà tener conto che, agli occhi del cittadinoutente, esso è rappresentato dai costi economici, ma anche psicologici e fisici e da qualunque altro effetto legato allo scambio e percepito come negativo (perdita di tempo, cambio di abitudini radicate, fatica fisica, timore di effetti spiacevoli, etc.). Se nell’impresa commerciale la determinazione del prezzo ha normalmente come obiettivo la massimizzazione dei profitti, nell’erogazione di servizi pubblici più spesso si tende al recupero di parte dei costi e non di rado si sceglie il prezzo più basso possibile, per facilitare l’acquisizione del prodotto e avere il più gran numero possibile di utilizzatori. Nel marketing sociale, dove il prodotto è spesso rappresentato da un’idea/comportamento da adottare, l’importanza di controllare e diminuire i costi non monetari (p. es. diminuendo i tempi di attesa) è determinante, essendo spesso i soli costi a carico della persona. Altri costi percepiti, come il timore di rischi o di possibili conseguenze negative per l’utente, possono essere bilanciati con l’introduzione di ricompense, rinforzi psicologici, prove gratuite e informazioni rassicuranti da parte di fonti autorevoli. Talvolta può essere invece necessario aumentare anche notevolmente il prezzo. Ciò si verifica quando, nell’ambito di strategie di “demarketing” si vuole scoraggiare il consumo di prodotti dannosi (per es. di sigarette o superalcolici), diminuire lo spreco (p.es di acqua o energia elettrica), controllare l’abuso o l’uso improprio (per es. di farmaci). 3) Per quanto attiene alla distribuzione nel marketing sociale avremo probabilmente una serie di enti o istituzioni che assumono la funzione di distributori, tenendo conto che prodotti tangibili e servizi dovranno essere facilmente disponibili per gli utenti, mentre prodotti intangibili, come idee e comportamenti, richiederanno una rete distributiva costituita essenzialmente dai canali di comunicazione interpersonali e mass-mediatici. La gestione del sistema di distribuzione richiederà in ogni caso l’individuazione e la selezione dei canali più adatti nonché il coordinamento della rete da essi costituita, tenendo conto delle risorse disponibili, del tipo di prodotto che viene offerto all’utenza, delle caratteristiche dei gruppi-obiettivo, degli eventuali intermediari. Si noti a tale proposito che nella fase di distribuzione, sia che si tratti di prodot49 Il ruolo del marketing sociale 50 ti tangibili che intangibili, può essere molto utile cercare la collaborazione di soggetti pubblici estranei all’organizzazione del servizio sanitario (per es. scuole o biblioteche) o di imprese private (aziende, fabbriche, studi professionali, esercizi pubblici) per trasformare anche questi luoghi in punti di “distribuzione” di un prodotto/idea (come p. es. nel caso di una campagna di educazione alimentare o per la prevenzione degli infortuni). In ogni caso si dovrà curare un’azione coordinata fra i vari canali e intermediari utilizzati, evitando che si creino conflitti per la presenza di obiettivi e/o interessi contrastanti fra i vari soggetti coinvolti, individuando di ciascuno l’atteggiamento verso il prodotto, il grado di sostegno offerto, le motivazioni e le potenzialità per quanto riguarda la distribuzione. Un’attenzione particolare sarà rivolta agli “intermediari finali” cioè a coloro che entrano direttamente in contatto con l’utente: operatori sanitari, farmacisti, personale di sportello, volontari, poiché la loro cooperazione è indispensabile nel rendere l’offerta credibile e accettabile. 4) La promozione attraverso le attività di comunicazione ha nel marketing sociale un ruolo primario, poiché l’obiettivo primo di una campagna è quello di informare e sensibilizzare su un dato problema, per costruire i presupposti cognitivi utili alla modifica di idee e comportamenti. È importante considerare la sostanziale differenza che intercorre in tal senso con il marketing d’impresa, laddove il consumatore, nell’atto di acquisire un dato prodotto, generalmente già ne conosce (almeno in generale) i benefici e i vantaggi legati all’uso (per esempio di un’automobile o di un elettrodomestico), limitandosi a scegliere una data marca o modello. Una campagna di marketing sociale che promuova opinioni e/ o comportamenti (ad esempio “non fumare perché fa male alla salute”, oppure “collabora alla raccolta differenziata dei rifiuti a difesa dell’ambiente in cui vivi”) devono associare a funzioni informative e persuasive anche le funzioni di produzione, prezzo e distribuzione, necessarie per realizzare il processo di scambio con l’utente. Ciò vuol dire che, all’interno del messaggio, si dovranno sottolineare i maggiori benefici derivanti dall’abbandono di una data abitudine dannosa per la salute a fronte dei costi (psicologici e/o materiali) da affrontare per adottare un nuovo comportamento. Anche la strategia di comunicazione (come la definizione degli altri elementi del marketing mix) dovrà dunque fondarsi sui risultati di studi e ricerche ad hoc, cercando di garantire continuità e coerenza alle varie iniziative di comunicazione, indirizzando l’elaborazione dei messaggi e la realizzazione creativa, nonché la scelta dei mezzi, dei tempi e dei luoghi di diffusione, utilizzando anche pre-test sui target-goup e sui gruppi di intermediari prescelti10 . La strategia di comunicazione dovrà inoltre tener conto del possibile appoggio di gruppi di influenza e di altre istituzioni pubbliche e private e valuterà l’eventuale utilizzo di tutti i canali disponibili, sapendo che essi sono fra di loro complementari, che vanno integrati e coordinati e ricordando che la comunicazione di massa è particolarmente efficace nel diffondere in breve tempo e presso un gran numero di cittadini conoscenza e consapevolezza, mentre la comunicazione personale e selettiva (come direct mail e telemarketing) possono fornire all’utente informazioni più dettagliate e stimolare più efficacemente il cambiamento. Il grado di difficoltà e di complessità della misurazione e della valutazione dell’efficienza (rapporto costi/benefici) e dell’efficacia (raggiungimento del risultato atteso) di una campagna di marketing sociale dipende sia dal tipo di offerta (prodotto, servizio, idea/comportamento), sia dagli obiettivi (cambiamento cognitivo, di atteggiamento, comportamentale, di valori). Pur essendo l’attività di valutazione un processo a carattere tendenzialmente continuativo, essa acquista particolare importanza nelle fasi iniziali di definizione del pia- no e nella parte conclusiva di misurazione dei risultati conseguiti. Vale a dire che prima dell’implementazione del piano è necessario fissare obiettivi quantificabili (e raggiungibili) con relativi indicatori e tempi di attuazione; durante lo sviluppo si realizzeranno pre-test (sui singoli elementi del marketing mix) e controlli periodici (generalmente su scala ridotta e a intervalli prefissati) per apportare eventualmente correzioni in itinere; a conclusione della campagna verranno effettuate rilevazioni approfondite e su larga scala per misurare l’efficacia del piano in relazione agli obiettivi. L’attività di marketing è a tutti gli effetti un processo interattivo e circolare, dove, nonostante la complessità e il costo della valutazione, il feed-back da essa fornito prima, durante e dopo, è indispensabile per apportare le correzioni necessarie e per la pianificazione delle campagne successive, mettendo in luce problemi irrisolti, punti deboli ed opportunità da sfruttare. Si deve comunque tenere conto della obiettiva difficoltà nel misurare le modifiche cognitive, affettive e comportamentali, anche perché i cambiamenti riscontrati possono essere stati facilitati da altri fattori esterni, legati all’azione di altre forze sociali e ambientali11 che agiscono contestualmente alla campagna, così come questi medesimi fattori possono averla pesantemente contrastata. Allo stesso modo non sarà facile individuare con precisione i processi psicologici individuali e/o sociali che possono de51 Il ruolo del marketing sociale 52 terminare effetti favorevoli o avversi all’efficacia di una data iniziativa di marketing sociale. Certamente il grado di attenzione e di sensibilizzazione della popolazione rispetto ad un dato problema influisce direttamente tanto sull’impatto di una campagna che sui suoi risultati. Si potrebbe in questo senso dire che anche per le idee vi sono delle “tendenze di mercato”, e quindi che il presupposto necessario per il successo di una campagna è dato dalla presenza di una domanda latente. Ciò rende l’applicazione del marketing ai problemi sociali ben più complessa di quella del marketing di un’impresa commerciale, se non altro perché, se nel secondo caso l’obiettivo è normalmente convincere il consumatore ad aumentare il consumo (o a scegliere una marca piuttosto di un’altra) di un prodotto i cui benefici sono già noti, nel marketing sociale si tratta solitamente di indurre un comportamento nuovo e più favorevole alla salute, i cui benefici tuttavia non sono ancora stati sperimentati direttamente dal cittadino utente. I problemi aperti e i limiti del marketing nella promozione della salute I problemi e i limiti da affrontare nell’azione di marketing sociale (tanto più nell’ambito della sanità e della promozione della salute) possono essere così riassunti, in relazione alle varie fasi dell’attività e di elaborazione delle relative strategie: a) analisi del mercato: difficoltà nel reperire dati utili per l’individuazione dei bisogni e delle caratteristiche del target-group (per quanto riguarda atteggiamenti e comportamenti, esposizione ai media, etc.) per vari motivi. Fra questi: - difficoltà, per quanto riguarda le ricerche primarie di misurare le variabili più importanti perché molte persone tendono a dare risposte vaghe, interessate o socialmente accettabili, su temi che toccano i valori, ma anche le ansie individuali; - ricerche secondarie di qualità generalmente inferiore a quelle disponibili nel settore commerciale, per la eccessiva specializzazione settoriale di indagini pregresse e per la scarsità di studi teorici di ambito; Figura 4 “Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: un impegno comune”. Nella collana “Documenti per la salute” sono pubblicati atti di seminari e convegni nonché studi e ricerche inerenti l’assistenza sanitaria, la promozione della salute e la prevenzione delle malattie. Redazione e realizzazione nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” - Provincia Autonoma di Trento. Coordinamento editoriale V. Curzel. - difficoltà nell’identificare il peso dei vari determinanti sociali del comportamento; - difficoltà nel reperire le risorse finanziarie per analisi di mercato ad hoc, in quanto non portano risultati tangibili immediati; - lentezza burocratica che allunga i tempi preliminari alla attuazione della campagna; b) strategie di segmentazione: necessità nell’intervento pubblico di rivolgersi ad ampie fasce di popolazione (quando non a tutti) in conformità ai principi di egualitarismo ed equità (si realizzano programmi generici e di scarso impatto per mancanza di risorse sufficienti alla attuazione di programmi differenziati e consistenti per ogni segmento); non sono disponibili dati utili e attendibili per la segmentazione a causa di ricerche di mercato inadeguate; i segmenti-obiettivo (per es. i fumatori) sono spesso formati da soggetti predisposti negativamente, con livelli alti di coinvolgimento emotivo e più resistenti nei confronti dell’offerta (cioè il contrario di quanto avviene nel marketing d’impresa); c) strategie di prodotto: scarsa discrezionalità nella scelta dei “prodotti” da offrire al pubblico (soprattutto se si tratta di comportamenti attesi ben determinati, che non si possono modificare per renderli più accettabili al gruppo-obiettivo: per esempio “non fumare sigarette” non può essere sostituito con “fuma- d) e) f) g) re di meno” o “fumare la pipa”); difficoltà nel formulare un concetto di prodotto semplice e significativo (soprattutto se si tratta di un comportamento complesso) e di strategie di posizionamento di lungo periodo (le campagne di marketing sociale raramente lo sono); scarsa visibilità dei benefici personali percepiti o prevalenza di benefici sociali; strategie di prezzo: trattandosi spesso di costi non monetari, ma piuttosto di costi di tempo, psicologici, fisici, sociali, richiesti per adottare il comportamento desiderato, c’è la difficoltà di misurare tali costi percepiti e talvolta anche di ridurli effettivamente; strategie di distribuzione: difficoltà nell’utilizzare e controllare i possibili intermediari, di fornire loro incentivi per ottenerne la collaborazione; costi elevati nell’istituire canali distributivi autonomi; complessità di un sistema distributivo basato sul volontariato e costi di formazione dei volontari; strategie di comunicazione: difficoltà nel promuovere un nuovo comportamento a causa delle numerose informazioni che bisogna fornire a un pubblico che potrebbe avere conoscenze pregresse scarse o eterogenee; difficoltà di rappresentare benefici (individuali o sociali) intangibili; costi elevati dell’utilizzo dei mass media; valutazione: difficoltà nell’individuare indicatori efficaci e nel 53 Il ruolo del marketing sociale misurare cambiamenti di comportamento (tanto più quando questi sono a lungo termine); difficoltà nello stimare l’effettivo contributo della campagna al raggiungimento dell’obiettivo. 54 La presenza di tali difficoltà e limiti oggettivi del marketing sociale, lungi dallo sconsigliarne l’applicazione alle attività di promozione della salute, impongono piuttosto da una parte di non sviluppare aspettative esagerate e dall’altra di promuovere formazione, competenze ed esperienza professionale specifiche e adeguate nel personale addetto, che deve essere capace di un approccio analitico, progettuale, realizzativo e organizzativo-gestionale differente da quello richiesto nel marketing commerciale. Augurandosi che nel contempo si approfondiscano e amplino anche la ricerca e gli studi teorici nel campo. Un ultimo aspetto certamente non trascurabile riguarda la dimensione etica e della responsabilità. Ciò vuol dire che da una parte è necessario considerare l’impatto sociale degli obiettivi che una campagna di marketing intende raggiungere (comprendendo in questa analisi anche i metodi e gli strumenti utilizzati e gli eventuali effetti indesiderati nonché quelli di lungo termine) e dall’altra si dovrà tener conto che si stanno promuovendo certi valori a scapito di altri. Ciò vuol dire che ogni campagna di pubblica utilità non necessariamente è sempre e comunque di interesse collettivo (o, per meglio dire, che i suoi obiettivi sono universalmente condivisi), nel senso che promuovere i valori considerati (da chi promuove la campagna) socialmente, moralmente ed economicamente migliori, significa inevitabilmente deprimere o annullare valori o interessi altri e confliggenti. Questo implica evidentemente consapevolezza e senso di responsabilità in chi deve decidere quali siano gli atteggiamenti e i comportamenti congruenti agli interessi della comunità e quali invece vadano modificati, tenendo peraltro conto che, come è stato più volte sottolineato, circostanze economiche, sociali e ambientali possono essere fattori determinati dello stato di salute di un individuo o di una comunità in misura ben maggiore dei comportamenti e che comunque il contesto socio-economico-ambientale influisce pesantemente sui comportamenti e gli stili di vita12 . Va inoltre considerato il fatto che l’utilizzo dei metodi e degli strumenti del marketing per promuovere cambiamenti di comportamento può da qualcuno essere associato con concetti di manipolazione e di persuasione o di propaganda, poiché si potrebbe dire che, se di fronte alla pubblicità commerciale il consumatore è consapevole degli interessi di chi promuove il prodotto, nel caso di una iniziativa di comunicazione pubblica il cittadino difficilmente metterebbe in dubbio la correttezza e la buona intenzione della fonte del messaggio, grazie all’autorevolezza e alla credibilità di un Ministero, di un Assessorato o di un’Azienda sanitaria. NOTE [1] cfr. S. Tamborini, Marketing e Comunicazione sociale, Editori di Comunicazione – Lupetti, Milano, 1996. [2] Le responsabilità sociali di un’impresa interessano ovviamente la qualità, l’affidabilità e la sicurezza del prodotto, ma anche la salvaguardia dell’ambiente e della salute, il risparmio energetico, la correttezza dell’informazione pubblicitaria e altri aspetti dell’attività societaria. Le imprese più orientate al mercato hanno assunto un atteggiamento proattivo, concretizzando la loro responsabilità sociale anche in attività come sponsorizzazioni di eventi culturali e di ricerche scientifiche, donazioni a organizzazioni no-profit, partecipazione a campagne di marketing sociale, viste come un’opportunità a beneficio della collettività che l’azienda può cogliere per migliorare il proprio rapporto con la comunità di appartenenza, rafforzando nel contempo le proprie possibilità di sopravvivenza nel mercato. [3] P.Kotler, Marketing for Non Profit Organisations, Prentice Hall, Englewood Cliffs – New Jersey, 1982, cit. in S. Tamborini, Marketing e Comunicazione sociale. [4] Il concetto di “pubblica utili- tà” o pubblico interesse è ovviamente relativo e collegato ai valori presenti in un dato momento storico e in un dato contesto socio-culturale. [5] Fra i metodi utilizzabili per raccogliere dati sull’ambiente possiamo ricordare le indagini tra gli opinion leader, i sondaggi d’opinione, l’analisi continuativa (per un dato periodo) dei messaggi veicolati dai massmedia per individuare temi e atteggiamenti emergenti nonché l’analisi degli orientamenti legislativi negli ambienti politici. [6] Vedi P.Kotler & E.Roberto, Social Marketing: Strategies for Changing Public Behavior, Free Press, New York 1989, trad. it. Marketing Sociale. Strategie per modificare i comportamenti collettivi, edizioni di Comunità, Milano, 1991. [7] ibid. [8] P.Kotler (1982, op.cit.) chiama queste fasi: fase di crociata, di movimento popolare, manageriale, burocratica. [9] vedi S.H.Fine, The Marketing of Ideas and Social Issues, Preager, New York, 1981. [10]Una ricerca svolta dall’Health Message Testing Service sui messaggi pubblicitari di interesse pubblico ha notato che si dimostravano particolarmen55 Il ruolo del marketing sociale 56 te efficaci i messaggi: a) che enfatizzavano sia il problema che la soluzione offerta; b) dove l’eventuale testimonial apparteneva al target group; c) che evidenziavano un vantaggio o una ricompensa derivante dall’adozione del nuovo comportamento atteso; d) che comunicavano i benefici psicologici derivanti dal cambiamento; e) dove, se possibile, il nuovo comportamento veniva mostrato concretamente; f) dove il tono del messaggio non faceva ricorso all’ironia; g) dove lo stile del messaggio era altamente o moderatamente emotivo. (Cfr. P.Kotler & A.R.Andreasen, Strategic Marketing for Nonprofit Organistions, III ed. Prentice-Hall, Englewood Cliffs, New Jersey 1987). Altri studiosi manifestano tuttavia forti perplessità circa l’utilità di messaggi a forte contenuto emotivo, soprattutto nel caso di messaggi ansiogeni, portando ad esempio l’inefficacia di alcune campagne proprio per l’alto livello di ansia e paura generato nel target goup. Tali messaggi attiverebbero infatti meccanismi di percezione selettiva con i quali i soggetti esposti alla comunicazione che si sentono particolarmente a rischio tentano di sottrarsi al messaggio e ne rimuovono il ricordo. L’utilizzo dei cosiddetti “fear ap- peals” richiede anche considerazioni di carattere etico, valutando se i benefici che il cittadino destinatario dei messaggi ne può trarre siano maggiori dei costi psicologici che gli vengono imposti. [11]P.Kotler & E.Roberto, op. cit., distinguono sei tipi di forze esterne che influiscono sulla capacità di una campagna di sviluppare e mantenere un’efficace influenza sui gruppi obiettivo: demografiche, economiche, fisiche, tecnologiche, politico-legali, socio culturali. [12]Cfr. Gianfranco Domenighetti, Per una politica di sanità pubblica centrata sui bisogni della popolazione e non su quelli dei servizi, in Punto Omega, Quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino, Nuova serie, Anno II, n.2/3, Provincia Autonoma di Trento, 2000. Vedi anche, su questo numero della rivista, gli interventi di Ziglio, Bertinato nonché il documento OMS “La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21° Secolo”. Vittorio Curzel è Direttore con incarico speciale per la comunicazione e l’informazione presso il Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. Programmare per promuovere la salute Giovanni Martini La programmazione sanitaria come strumento tecnico per realizzare e sviluppare scelte politiche orientate alla salute. “Se si desidera un mare calmo, non si può sopprimere il mare agitato” (Thich Nhat Hanh) Una premessa “mitologica” Durante la fioritura della civiltà ateniese in grande considerazione era tenuta la protezione di Igea, che si dice fosse l’emanazione di Atena, dea della ragione. Igea impersonava e proteggeva la salute e non aveva nulla a che fare con la malattia. Essa simboleggiava la credenza secondo la quale gli uomini potevano star bene se avessero vissuto in armonia con la ragione. In tutto il mondo classico Igea ha continuato ad essere il simbolo dell’importanza di una vita sana in un ambiente sereno, l’ideale di mens sana in corpore sano. Più avanti nel tempo, mentre in Grecia veniva identificata con la salute mentale, a Roma assunse il nome di Salus, la dea del benessere. Più tardi ancora il culto di Igea cominciò ad essere sostituito da Asclepio, il dio della medicina. Per prevenire le malattie o per guarire, gli uomini ritennero più facile fare affidamento ai medici e alle medicine piuttosto che dedicarsi al difficile compito di vivere in modo saggio. Secondo la mitologia greca Asclepio fu il primo medico che divenne famoso non tanto per l’insegnamento della saggezza, ma per la conoscenza delle virtù curative delle piante. Presto Igea fu relegata al ruolo di ancella, talvolta di figlia o di sorella o di moglie di Asclepio, ma sempre a lui sottomessa. I miti di Igea e di Asclepio simboleggiano l’eterna oscillazione fra due differenti punti di vista della medicina. Per i seguaci di Igea, la salute consiste nell’ordine naturale delle cose, una caratteristica positiva che gli uomini possono raggiungere in seguito ad una condotta di vita accorta. Secondo questo modo di pensare, il ruolo più importante della medicina è quello di scoprire 57 Le esperienze in Trentino 58 e di insegnare le leggi naturali che consentono agli uomini di avere una mente sana in un corpo sano. I seguaci di Asclepio credevano invece che il ruolo principale del medico fosse quello di curare le malattie e di ripristinare la salute intervenendo sulle patologie congenite ed acquisite. Anche se la mitologia classica sembra mostrare la supremazia di Asclepio, tuttavia Daniel Callahan (2000) ritiene che la vittoria scientifica sia da attribuire ad Igea in quanto ormai è accertato come la migliore prescrizione per favorire la salute di una popolazione sia un buon sistema sanitario pubblico, condizioni di lavoro e istruzione di medio livello, uno stile di vita prudente. La salute e la strategia della salute per tutti Quando nel 1948 fu costituita l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si ritenne che per troppo tempo il pendolo della medicina aveva oscillato a favore di una visione asclepiadea e che era giunto il tempo di rivolgersi in maniera più convinta ad una maggiore attenzione alla salute, vista anche come armonia fra la componente fisica, psichica e sociale. La salute è stata definita dal documento costituente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1948) come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non come semplice assenza di malattia”. Se pensata in termini operativi, questa definizione rivela delle impor- tanti implicazioni non solo per l’organizzazione dei servizi sanitari, ma soprattutto per le politiche rivolte alla salute della popolazione. Pensare alla salute in termini di benessere significa prima di tutto introdurre nel ragionamento il concetto di equità. È però opportuno operare una distinzione fra l’equità nella distribuzione dell’assistenza sanitaria e l’equità della salute, definendo quest’ultima come la modalità secondo la quale a tutte le persone viene offerta la opportunità di raggiungere il massimo potenziale di salute. L’equità della salute si riferisce al livello di salute effettivamente conseguito, tenuto conto che i bisogni sanitari sono diversi così come è diversa, per ciascuna persona, la suscettibilità alla malattia. Lo sviluppo di questi concetti con l’introduzione della “Strategia della salute per tutti” verso la fine degli anni ’70 e con la diffusione dei principi della promozione della salute formalizzati nella Carta di Ottawa nel 1986 ha offerto contributi teorici innovativi. Per essere compiutamente sviluppati richiedono alcuni prerequisiti fondamentali che si possono riassumere nella necessità di: - perseguire un approccio olistico alla salute, se intendiamo mantenere e sviluppare i miglioramenti nello stato di salute che sono stati conseguiti nel secolo appena trascorso; - essere consapevoli che l’80% della nostra salute è determinato da politiche assunte ed azioni svolte da settori esterni a quello sanitario (ad esempio i trasporti, l’istruzione, l’agricoltura, l’allevamento, ecc.). In sostanza possiamo sostenere che la nostra salute, individuale e collettiva, dipende: - dalle condizioni in cui viviamo, cioè dall’organizzazione sociale in cui siamo inseriti; - dalle interazioni umane che intratteniamo con gli altri, ossia dalle relazioni sociali; - dal modo in cui interagiamo con l’ambiente costruito, con l’ambiente naturale e quindi con l’intero pianeta che ci ospita, in altre parole dalle relazioni ambientali. La promozione della salute in Provincia di Trento I principi della promozione della salute e della strategia della salute per tutti, pur se recepiti nella normativa e nei documenti di programmazione di molti Stati, inclusa l’Ita- 59 Le esperienze in Trentino 60 lia, e le Regioni europee, inclusa la Provincia Autonoma di Trento, hanno trovato e trovano tuttora molte difficoltà ad essere tradotti in pratica, cioè ad essere diffusi e acquisiti dalla cultura delle comunità e soprattutto messi in pratica perché possano produrre i loro effetti. Anche per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha cercato di colmare il gap fra teoria e prassi attraverso la promozione, negli anni ’90, di una serie di progetti prototipali e sperimentali con lo scopo di aiutare le Amministrazioni regionali a riflettere sulle modalità con le quali le strutture, i processi e le risorse da esse governate e gestite avrebbero potuto essere utilizzate per promuovere la salute. Uno dei primi fra questi progetti sperimentali, denominato “Investing for Health”, ha avuto luogo fra il 1993 e il 1995 nelle Province Autonome di Trento e di Bolzano. Il progetto dimostrativo “Investing for Health” si fondava sull’osservazione che i servizi sanitari mostrano evidenti limitazioni nella capacità di produrre miglioramenti significativi nello stato di salute della popolazione dal momento che: - non tutti i gruppi di popolazione beneficiano in modo uguale dell’assistenza sanitaria; - la domanda e le aspettative di assistenza sanitaria sono in progressivo aumento a fronte della contrazione delle risorse disponibili; - l’assistenza sanitaria è, prevalentemente, incentrata sulla malattia anziché sulla salute; - una parte sempre più consistente delle risorse per l’assistenza sanitaria vengono utilizzate per lo svolgimento di attività sanitarie di alta specializzazione, pur nell’evidenza che è l’assistenza di primo livello che produce i maggiori benefici in salute per unità di spesa rispetto all’assistenza specialistica di secondo e terzo livello. Il progetto si proponeva di: - sviluppare e testare strumenti politici (normativi, organizzativi, gestionali ed educativi) in grado di aiutare ad accrescere una maggiore comprensione di come gli attuali e futuri investimenti di risorse pubbliche potrebbero essere riorientati per garantire miglioramenti in salute; - potenziare le capacità delle autorità e dei funzionari pubblici a farsi responsabili per dare sostegno a tutto ciò che poteva produrre benefici nella salute della popolazione; - mettere in grado le risorse locali di intraprendere e compiere processi di analisi, sviluppo e attuazione di politiche per la salute. Promozione della salute e programmazione sanitaria Una visione ecologica delle problematiche legate alla salute porta alla considerazione che i diversi contesti in cui la gente vive e i modi di relazionarsi ai contesti stessi sono profondamente condizionati dalle scelte delle comunità attraverso lo strumento più potente che hanno a disposizione: la politica. Risulta pertanto evidente che la politica deve diventare sempre di più un approccio irrinunciabile per la creazione delle condizioni e delle relazioni che possono migliorare la salute. Le diverse politiche dovrebbero facilitare le persone, singole o associate, nell’esprimere scelte orientate alla salute propria e della comunità nella quale vivono e rendere più difficili quelle scelte che alla salute nuocciono, anche nella consapevolezza e nella convinzione che non vi è possibilità di cambiare gli stili di vita senza cambiare contestualmente il contesto sociale della vita di ogni giorno. Diventa fondamentale in questa prospettiva il ruolo della sanità pubblica che però deve porsi nella logica di vedere la salute secondo un modello di relazioni di tipo ecologico che vede l’interazione dell’uomo con l’ambiente, sia quello costruito che quello naturale. Questa visione nasce dall’evidenza che la salute e la malattia sono strettamente interrelate con la famiglia, il posto di lavoro, la scuola, l’ambiente, i trasporti, le relazioni sociali, ecc. Una nuova sanità pubblica deve porre maggiormente l’enfasi sulle strutture e sui processi per mezzo dei quali si comprende, si salvaguarda e si promuove la salute della popolazione attraverso gli sforzi organizzati della società, più che sugli aspetti giuridico-legislativi e sui programmi finalizzati al controllo delle malattie. È in questo contesto che il ruolo della programmazione sanitaria assume un ruolo importante, in quan61 Le esperienze in Trentino 62 to costituisce lo strumento tecnico per realizzare e sviluppare le scelte politiche. A seguito della diffusione delle idee della promozione della salute e della salute per tutti anche la programmazione sanitaria ha subito un’evoluzione per la quale se, a metà degli anni Settanta, essa poteva essere definita come un processo a medio-lungo termine culminante in decisioni per il riequilibrio delle risorse tra assistenza domiciliare, ambulatoriale e ospedaliera (in modo da diagnosticare curare ed assistere tutti i bisogni percepiti dalla comunità), più recentemente la programmazione sanitaria è definibile come programma di attività che esprime la volontà complessiva e condivisa della popolazione che vive nella comunità locale, con lo scopo di migliorare la qualità di vita e di conseguenza lo stato di salute. Nel corso dell’ultimo quinquennio la programmazione sanitaria della Provincia Autonoma di Trento si è progressivamente orientata ad affermare con forza il ruolo importante della promozione della salute e a concentrare i propri sforzi nello sviluppo di una programmazione diretta alla salute della popolazione, più che all’organizzazione dei servizi. Tale situazione è stata facilitata oltre che dalla partecipazione al citato progetto “Investing in Health” anche dal progressivo recepimento, da parte della programmazione sanitaria nazionale, a cui la programmazione locale è tenuta a fare riferimento, di una visione maggiormente tesa a privilegiare gli obiettivi di risultato dell’azione sa- nitaria. Progressivamente i progetti di Piano sanitario provinciale elaborati nel corso degli ultimi cinque anni in Provincia di Trento contengono sempre maggiori indicazioni e obiettivi riferiti alla promozione della salute e al coinvolgimento dei settori esterni alla sanità in un processo finalizzato al miglioramento della salute e della qualità della vita della popolazione. La proposta di piano sanitario 2000-2002, attualmente in discussione presso la competente Commissione legislativa del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, dedica un quarto delle sue pagine alla “promozione della salute” e alla “prevenzione primaria delle malattie”. Il progetto di piano sanitario assume fra i propri punti di riferimento l’adozione sistematica e continuativa dell’approccio della promozione della salute come modalità importante per affrontare i problemi della salute e della malattia. La parte relativa alla promozione della salute propone l’avvio di un processo di ampia portata, sotteso ad ogni attività della vita umana, individuale e sociale, attraverso il quale la popolazione può giungere a conoscere, valutare e indirizzare i propri comportamenti e stili di vita, e conseguentemente ad assumere il controllo della propria salute al fine di migliorarla; propone un approccio di tipo intersettoriale nella consapevolezza che la sanità, da sola, non è in grado di controllare tutte le variabili che hanno un impatto sulle condizioni di salute e che quindi diventa fondamentale realizzare “alleanze virtuose” con tutti i settori della politica e della società con l’obiettivo di accrescere i guadagni in salute dei cittadini; propone, infine, che la promozione della salute venga a costituire una modalità di approccio che deve attraversare l’intera organizzazione sanitaria ed essere consapevolmente interiorizzato da tutti gli operatori (anche gli Ospedali e le Residenze Sanitarie Assistenziali, ad esempio, dovranno promuovere la salute). Gli obiettivi posti nella parte dedicata alla promozione della salute prevedono di affrontare le seguenti tematiche: - comportamenti per la salute: si fa riferimento alle iniziative connesse con gli stili di vita. In particolare la promozione di un’alimentazione equilibrata, la promozione dell’attività fisica, la riduzione dell’abitudine al fumo, la riduzione del consumo di alcol, la prevenzione di altre dipendenze e comportamenti a rischio; - per una vita più sicura: si fa riferimento alle iniziative relative alla riduzione degli incidenti stradali, alla riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali e degli incidenti domestici; - ambiente per la salute: si prendono in considerazione i principali aspetti ambientali che hanno un impatto sulla salute, quali la sicurezza degli alimenti, l’acqua, l’aria, il rumore, i rifiuti, le radiazioni ionizzanti e non ionizzanti; - fasi della vita e salute, come aspetti fondamentali degli sforzi complessivi nell’affrontare i 63 Le esperienze in Trentino 64 problemi e i bisogni tipici e particolari di alcune fasce di età (infanzia, adolescenza, anziani) e di alcune condizioni specifiche (maternità). Gli obiettivi della programmazione sanitaria e l’organizzazione sanitaria in Provincia di Trento che ha previsto, all’interno dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, l’istituzione di una Direzione per la promozione della salute, hanno contribuito a favorire la realizzazione di una serie di iniziative di cui si parla in altre parti della presente pubblicazione. Molto rimane ancora da fare, anche se ritengo che la strada che si è imboccata sia quella in grado di produrre gli effetti più utili e duraturi. Collateralmente all’attività di pro- grammazione sanitaria la Provincia Autonoma di Trento, dal 1995, ha realizzato un programma di comunicazione volto a diffondere e a far conoscere nella traduzione in italiano i principali documenti internazionali, gran parte dei quali prodotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, relativi alla promozione della salute e alla strategia della salute per tutti. I destinatari principali di tali pubblicazioni, che facevano parte della prima serie della collana Punto Omega, erano, in primis, i politici (consiglieri regionali, sindaci, ecc.) e gli operatori sanitari (medici, infermieri, ecc.) della provincia di Trento. Ben presto le pubblicazioni hanno superato i confini del Trentino e il sito Internet (www.provincia.tn.it/sanita/Cds/ Emeroteca/pomega/fr_omg_h.htm) sul quale tali documenti sono stati pubblicati ha riscosso notevole interesse. Le prospettive Il paradigma dei tempi attuali e del prossimo futuro è quello di operare in modo sinergico secondo un modello di rete in grado di connettere tutti i soggetti che hanno la possibilità di svolgere un’azione per il raggiungimento di obiettivi condivisi e utili a livello di comunità, come può essere quello del miglioramento del benessere di una popolazione. La metafora della rete sta pervadendo tutti i campi dell’agire umano e, in particolare, quello del perseguimento di guadagni in salute. È una metafora culturale sostenuta dal progresso delle telecomunicazioni che permette anche alle comunità più isolate di far parte di una realtà in cui le informazioni, le esperienze, le progettualità, i risultati possono essere condivisi e confrontati, riducendo in misura considerevole i fenomeni di marginalità culturale. Utilizzando anche questi strumenti è auspicabile che la cultura della salute possa diffondersi e radicarsi presso tutti gli strati della popolazione e non solamente fra gli “addetti ai lavori”, che potranno svolgere un prezioso lavoro di leadership, in quanto la promozione della salute non costituisce solamente un dovere professionale, ma anche e soprattutto uno sforzo teso a favorire il mutamento delle condizioni sociali, culturali e politiche che esercitano un impatto nei confronti del benessere della popola- zione. Le comunità locali dovranno a loro volta farsi carico di creare e far crescere ambienti sociali e naturali in grado di aiutare gli individui a operare scelte in favore del miglioramento della salute, e in questo senso si muove il disegno di legge n.96/2000 di riordino del Servizio sanitario della Provincia Autonoma di Trento. Sarà indispensabile sviluppare la partecipazione degli individui e delle comunità alle scelte a favore della salute. Affinché queste scelte possano tradursi in risultati concreti le decisioni delle Amministrazioni in materia di salute dovranno essere assunte “insieme” alla gente e non “per” la gente in una logica che tenda a privilegiare la salute collettiva rispetto a quella individuale nonché la responsabilità degli individui attraverso l’adozione di stili di vita orientati a favorire la salute. Solo in questo modo si potrà dar vita ad un movimento di comunità che faccia della salute un reale obiettivo prioritario della vita sociale. Tutto questo però con la consapevolezza dei limiti della natura umana, in cui rientra la malattia, e delle conoscenze scarse ed approssimative che possediamo sul rapporto fra le cause che minano la salute e i loro effetti; di conseguenza della impossibilità di negare l’esistenza della malattia o di presumere una vittoria totale nei suoi confronti. In maniera poetica ciò è espresso dalle parole di René Dubos, medico ed ecologista ante litteram, alle quali è affidata la conclusione di questo articolo: 65 “La vita è come un mare mosso da correnti profonde e da brezze superficiali. Abbiamo compreso qualcosa del vento e abbiamo adeguato le vele. Ma le forze profonde che determinano l’evoluzione dei popoli sono le correnti che scorrono in profondità e delle quali conosciamo poco, sono le leggi fondamentali che governano il mondo della fisica e della biologia, sono gli stili di vita e la cultura dell’umanità che affondano in modo profondo le loro radici nel passato”. [6] Milio, N. (1991) “Making healthy public policy; developing the science by learning the art: an ecological framework for policy studies”. In: Badura, B. and Kickbush, I., ed. Health promotion research. Copenhagen: WHO Regional Publications. European Series No. 37. [7] Sen, A. (1999) “Uguali e diversi davanti alla salute”. In: Kéiron, n.1, giugno 1999. [8] Skrabanek, P. McCormick, J. (1992) “Follie e inganni della medicina”. Venezia: Marsilio. Le esperienze in Trentino RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 66 [1] World Health Organization, Regional Office for Europe, Health Promotion and Investment Programme: “Securing Investment for Health: Report of a Demonstration Project in the Provinces of Bolzano and Trento”. Copenhagen (1995). [2] Provincia Autonoma di Trento(2000) - Disegno di legge n.87/2000 “Approvazione del Piano sanitario provinciale 2000-2002”. [9] Stott, R. (2000) “The Ecology of Health”. Totnes: Green Books Ltd. on behalf of the Schumacher Society. [10]WHO Regional Committee for Europe 48th session, Copenhagen, 14–18 September 1998 “Developing Public Health in the European Region”, w w w. w h o . d k / R c / d o c / rc4813e.pdf. La traduzione italiana è disponibile all’indirizzo: www.provincia.tn.it/sanita/ C d s / E me r o t e c a / p o me g a / fr_14.htm [3] Callahan, D. (2000) “La medicina impossibile”. Milano: Baldini&Castoldi. [4] Capra, F. (1997) “La Rete della Vita”. Milano: Rizzoli. [5] Dubos, R. (1959) “Mirage of Health”. New York: Harper & Brothers. Giovanni Martini è Dirigente il Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. Gestire per promuovere la salute Carlo Favaretti, Paolo De Pieri L’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari e la promozione della salute. La promozione della salute Nonostante siano ormai passati 15 anni dalla “Carta di Ottawa sulla promozione della salute”, che rappresenta l’atto conclusivo della 1° Conferenza Internazionale sulla promozione della salute (Ottawa 1986) è ancora opportuno esplicitare la definizione di “promozione della salute”, in quanto con questa espressione non si indica una generica tutela della salute, ma ci si riferisce a una specifica strategia definita a livello internazionale. La promozione della salute è “il processo che mette in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla”: può essere quindi considerata sia un processo globale e sia una specifica tecnologia sanitaria. Il processo globale, che deve essere attentamente pianificato e gestito, è orientato alla trasformazione, in senso favorevole alla salute, delle condizioni sociali, ambientali, culturali, strutturali ed economiche e al rinforzo delle conoscenze, delle abilità individuali e dei livelli di autonomia delle persone nelle scelte che hanno un impatto sulla salute. Questo processo sociale e politico riguarda soprattutto i livelli di governo delle comunità e il ruolo delle aziende sanitarie è di essere parte attiva nella necessaria azione intersettoriale che ne consegue, sostenendo la causa della salute nel dibattito civile degli interessi contrapposti. La promozione della salute è però anche una specifica “tecnologia” che deve essere usata nel lavoro quotidiano delle strutture sanitarie: tutti i professionisti e gli operatori possono infatti adottare comportamenti professionali, organizzativi e relazionali che mettano in grado i pazienti, i loro familiari, i dipendenti e la comunità di aumentare il controllo sui fattori che influenzano la salute e di acquisire il maggior grado possibile di autonomia. 67 Le esperienze in Trentino 68 Le aziende sanitarie e la promozione della salute In termini generali, un’azienda può essere definita come un insieme di persone, di risorse e di processi coordinati, interdipendenti e che vengono finalizzati al raggiungimento di determinati scopi. Nel caso delle aziende sanitarie, è indubbio che tra gli scopi principali vi sia la promozione della salute dei singoli e della comunità, anche se una mal intesa impostazione manageriale corre il rischio di trascurare il valore dell’impatto sulla salute delle attività svolte e di favorire solo gli aspetti amministrativi e gestionali. D’altra parte è ormai un dato incontrovertibile che le aziende sanitarie sono in grado di controllare solo una piccola parte dei fattori che determinano la salute e che la promozione della salute è una competenza che coinvolge tutte le componenti di una comunità La promozione della salute è coerente con la missione delle aziende sanitarie di gestire le strutture sanitarie nell’ambito dei rispettivi Servizi Sanitari pubblici? Le aziende sanitarie hanno un ruolo nel processo complesso della promozione della salute, che necessita dell’azione integrata di molti settori della comunità? Alle due domande si può dare fin da subito una risposta positiva, in quanto l’allineamento delle aziende sanitarie alle strategie di promozione della salute risponde a precise disposizioni di programmazione sanitaria. Infatti la promozione della salute non solo è la strategia che ha ispirato lo sviluppo complessivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità negli ultimi decenni, ma è anche una delle principali indicazioni del Piano Sanitario Nazionale vigente e di numerosi Piani sanitari regionali. Una gestione delle aziende sanitarie che voglia essere coerente con la promozione della salute deve necessariamente tenere conto delle cinque aree prioritarie d’azione che la Carta di Ottawa ha indicato a sostegno delle tre strategie di fondo della promozione della salute (to enable, to mediate, to advocate): 1. costruire una politica pubblica per la salute; 2. creare ambienti favorevoli alla salute; 3. rafforzare l’azione della comunità; 4. sviluppare le abilità personali; 5. riorientare i servizi sanitari. In tutte queste aree d’azione prioritaria le aziende sanitarie possono avere specifici compiti, in gran parte già previsti dall’attuale normativa. In generale le loro attività di gestione devono tradursi in programmi, politiche e altre attività destinate ai pazienti, al personale e alla comunità che devono essere progettate, realizzate e valutate in accordo con i seguenti principi: globalità: la multidimensionalità della salute (fisica, mentale, sociale e spirituale) richiede che le iniziative adottate siano sempre coerenti con questa visione olistica; intersettorialità: la collaborazione e l’integrazione tra diversi settori e strutture della comunità deve rappresentare la regola nelle strategie di promozione della salute, sia per favorire le sinergie operative e sia per valorizzare la globalità della persona di cui al punto precedente (ad esempio, integrazione sociosanitaria); empowerment per la salute: è il processo sociale, culturale, psicologico, educativo e politico attraverso il quale gli individui e i gruppi sociali diventano capaci di riconoscere i propri bisogni di salute, partecipano ai processi decisionali e realizzano specifiche azioni per soddisfare tali bisogni assumendo un maggiore potere sui fattori personali, socioeconomici e ambientali che li influenzano; partecipazione: le iniziative che puntano a promuovere la salute devono coinvolgere tutte le parti interessate (stakeholder) nella fase di analisi dei bisogni, nella programmazione, nella realizzazione e nella valutazione finale; equità: la capacità di realizzare pari opportunità di sviluppo per tutti rappresenta il punto di partenza per consentire a ciascuno di esprimere il suo potenziale di salute; approccio complesso: le attività che si prefiggono di promuovere la salute devono adottare approcci multipli: ad esempio, la pianificazione strategica, i cambiamenti strutturali e organizzativi, la legislazione e la tassazione, l’educazione, la comunicazione. L’APSS e la promozione della salute Come tutto ciò può tradursi nell’operatività gestionale dell’APSS? In che modo la promozione della salute si snoda nell’APSS e ne influenza il funzionamento? Per rispondere a queste domande, è opportuno esaminare in quale modo la promozione della salute si intreccia con i quattro macroprocessi gestionali che le nuove norme ISO Figura 1 “Programma di sviluppo strategico”. Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Trento, 2001 (adottato con deliberazione n. 66 del 24 gennaio 2001). 69 Le esperienze in Trentino 70 9000 pongono alla base dei sistemi di gestione per la qualità di tutte le organizzazioni e che sono stati ripresi dal Programma di sviluppo strategico adottato all’inizio del 2001(figura 2): - Responsabilità della direzione; - Gestione delle risorse; - Realizzazione del servizio; - Misurazione, analisi e miglioramento. Responsabilità della direzione Con la deliberazione n. 66 del 24 gennaio 2001 il direttore generale ha adottato il Programma aziendale di sviluppo strategico, che rappresenta il documento di riferimento nel quale viene esplicitata la missione, la visione, i valori aziendali e le tre linee strategiche lungo cui deve muoversi l’organizzazione nei prossimi anni. La prima delle tre linee strategiche è proprio la promo- zione della salute, posta come punto di partenza e cornice più ampia dentro la quale è opportuno collocare le altre due e cioè il miglioramento continuo della qualità e la gestione aziendale. Questa scelta è coerente con la più moderna impostazione di sanità pubblica e con tutta la programmazione sanitaria nazionale e provinciale. Infatti, oltre ai riferimenti programmatori nazionali, anche il disegno di legge sul Piano Sanitario Provinciale 2000-2002 presentato dalla Giunta Provinciale al Consiglio contiene chiari ed espliciti riferimenti alla promozione della salute, che viene considerata una delle quattro aree strategiche attraverso le quali il Piano si pone l’obiettivo del miglioramento dello stato di salute della popolazione trentina e della qualificazione del Sistema sanitario provinciale. Figura 2 L’esplicitazione da parte della direzione generale che la promozione della salute rappresenta una delle tre linee strategiche dell’azienda rappresenta un elemento essenziale per il coinvolgimento dell’intera struttura, cercando di superare l’impostazione manageriale che considera marginali le attività di promozione della salute e le ritiene competenze solamente di uno specifico servizio. Gestione delle risorse In questo ambito non è importante solo come vengono gestite le risorse per sviluppare programmi e attività che promuovono la salute, ma anche come viene integrata la promozione della salute nella gestione di tutte le risorse dell’intera azienda. È indubbio che il riorientamento di alcune risorse aziendali, a favore di specifiche attività che promuovono la salute dei pazienti, del personale e della comunità nel suo complesso, è un passo necessario per sostenere meglio alcune iniziative. Tuttavia la promozione della salute deve poter contare su un modo nuovo di utilizzare le risorse e i processi aziendali già esistenti (assistenziali e gestionali). Le normali attività cliniche, gli sforzi fatti per tutelare la sicurezza dei collaboratori, la comunicazione e informazione dei pazienti e del personale, la formazione, ecc. devono interfacciarsi tra di loro con l’obiettivo di promuovere la salute. La presenza della Direzione per la promozione e l’educazione alla salute e delle strutture in cui si articola (Servizio Educazione alla sa- lute e Servizio Osservatorio epidemiologico) è indubbiamente una grande opportunità per l’APSS: tuttavia essa deve rendere sempre più visibile il doppio ruolo di realizzazione di specifiche attività di promozione della salute e quello di supporto all’intera organizzazione per lo sviluppo di questa linea strategica. Un punto particolarmente importante nella gestione delle risorse è la necessità di orientare alla promozione della salute gli accordi contrattuali con i fornitori strategici e con le altre componenti della comunità: ad esempio, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, i comuni, i servizi sociali, le IPAB, il mondo della cooperazione, il volontariato. Realizzazione del servizio Le attività di promozione della salute che vengono già svolte dall’APSS sono numerose e non si limitano alle attività di educazione alla salute. Tuttavia il punto critico è dato dall’integrazione di queste attività con tutti e tre i livelli essenziali di assistenza (LEA). Infatti la promozione della salute non può essere una competenza esclusiva di uno specifico servizio all’interno dell’APSS, ma rappresenta un elemento che deve caratterizzare tutte le strutture impegnate a garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza previsti dalla programmazione nazionale e provinciale (figura 3). L’integrazione della promozione della salute nei livelli essenziali di assistenza implica la necessità di 71 Le esperienze in Trentino 72 mettere in campo modalità organizzative differenziate. Ovviamente le strategie attivate nelle scuole o nei luoghi di lavoro, per promuovere la salute di chi frequenta quei setting, dovranno essere tarate su di essi e sui fattori specifici che determinano le condizioni di salute e di malattia. In quei contesti gli operatori dell’APSS incontrano persone sane che, in modo più o meno consapevole, modellano i propri atteggiamenti e comportamenti nei confronti della salute e della malattia interfacciandosi con una pluralità di voci non sempre orientate in modo esplicito alla salute. Anche negli altri due contesti assistenziali (distrettuale e ospedaliero) è possibile attivare specifiche iniziative di promozione della salute, rivolgendo l’attenzione in questi casi a persone che mostrano già i segni di una malattia, aumentando la loro capacità di tutelare e governare la propria salute: i supporti dati in innumerevoli occasioni ai malati cronici (ad esempio: dia- betici, alcoolisti, non autosufficienti, ecc.) rappresentano eccellenti esempi di attività di promozione della salute realizzate da operatori non specificamente incardinati all’interno di specifiche strutture aziendali che si occupano di promozione della salute. A conferma del ruolo che anche le strutture curative possono giocare nella promozione della salute, esiste un’esperienza internazionale promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, chiamata “Rete degli Ospedali per la promozione della salute”, che incoraggia la realizzazione di attività di promozione della salute anche negli ospedali e con la quale l’APSS sta perfezionando le procedure di adesione. Una caratteristica fondamentale delle attività di promozione della salute che vengono svolte nell’APSS, come del resto per tutti gli altri processi assistenziali, è che devono essere efficaci, efficienti e appropriate, cioè che abbiano un reale impatto sui livelli di salute dei singoli e della comunità, che utilizzino nel miglior modo possibile le risorse disponibili e che si realizzino nei contesti organizzativi più adeguati. Figura 3 Misurazione, analisi e miglioramento Quest’ultimo macroprocesso apre un capitolo gestionale molto importante sul quale l’APSS sta lavorando da alcuni anni: l’Osservatorio epidemiologico mette già a disposizione dell’Azienda e della comunità trentina un ricco ventaglio di informazioni relative allo stato di salute dei cittadini e all’erogazione delle prestazioni. La misurazione delle attività di promozione della salute rappresenta da sempre un passaggio oggettivamente difficile: non basta infatti conoscere gli interventi educativi fatti, il numero delle persone incontrate, dei dispositivi di protezione individuale messi a disposizione o dei corsi per smettere di fumare organizzati per sapere se tutto ciò ha avuto un reale impatto sui livelli di salute e di malattia della comunità. La promozione della salute ha bisogno di indicatori di esito come ad esempio, la mortalità, la morbosità, il livello di autostima; tuttavia questi indicatori sono a volte difficili da misurare e, soprattutto, evidenziano effetti solo a distanza di tempo dall’intervento e non consentono di discriminare il ruolo di tutti i determinanti in gioco. Ad esempio, la riduzione della mortalità e della morbosità da fumo di tabacco in Trentino è attribuibile al fatto che l’APSS ha organizzato specifici corsi di disassuefazione dal fumo e, più in generale ha messo in campo una strategia antitabagica (ad esempio, corsi, counselling dei MMG e negli ambulatori specialistici, educazione nelle scuole), oppure agli interventi legislativi connessi al fumo passivo, alla politica dei prezzi e della tassazione sui tabacchi, all’orientamento giurisprudenziale che tutela maggiormente chi ha avuto un danno da fumo, alla strategia pubblicitaria dei produttori, ai cambiamenti culturali che attribuiscono nuovi significati allo status di fumatore? Sul versante gestionale è quindi difficile collegare gli esiti sulla salute con le decisioni operative e ciò impone due scelte indicate nel Programma di sviluppo strategico: a) anche gli interventi di promozione della salute (i grandi progetti formalizzati e le piccole attività quotidiane) devono rientrare nel grande capitolo dell’assistenza sanitaria basata sulla prove di efficacia, in modo da non lasciare all’improv73 Le esperienze in Trentino visazione un così grande capitolo dell’assistenza; b) il sistema informativo aziendale e i meccanismi del controllo di gestione devono trovare un maggiore allineamento con le attività di promozione della salute 74 Conclusioni La presenza esplicita della promozione della salute nella programmazione sanitaria implica che la gestione delle aziende sanitarie si adegui a questo compito. Le attività di promozione della salute devono essere sviluppate sul piano globale e sul piano locale, considerando che esse non sono solo di competenza di una specifica struttura all’interno dell’azienda, ma rappresentano un valore da aggiungere a ciascun livello essenziale di assistenza. Lo sviluppo delle attività di promozione della salute richiede che tutti i processi aziendali (assistenziali, gestionali e tecnico-amministrativi di supporto) vengano resi sempre più coerenti con l’obiettivo ultimo di “mettere in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla”. tion Glossary”. www.who.int/ hpr/archive/docs/glossary.pdf [3] Organizzazione Mondiale della Sanità (1986) “The Ottawa Charter on Health Promotion”. WHO/HPR/HEP/95.1. Ottawa. www.who.int/hpr/archive/ docs/ottawa.html [4] Ministero della Sanità (1998) “Piano Sanitario Nazionale 1998-2000”. Roma. www.sanita.it/psn/ [5] Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (2001) “Il programma di sviluppo strategico”. Trento. www.apss.tn.it/documenti/ pss/default.htm RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Baric L. (1994) “Health promotion and health education in practice - The organisational model”. 1st ed. Altrincham: Barns Publications. [2] Organizzazione Mondiale della Sanità (1998) “Health Promo- Carlo Favaretti è Direttore Generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento. Paolo De Pieri fa parte dello Staff del Direttore Generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento. Strategie di educazione alla salute nel setting scolastico Enrico Nava La scuola come occasione privilegiata per instaurare un dialogo sulla salute e sulla qualità della vita. Quando si affronta il tema dell’educazione alla salute, il pensiero si indirizza in modo naturale verso la scuola, intesa come punto di incrocio principale di tutti gli interventi finalizzati all’educazione degli individui di una collettività. In realtà l’educazione alla salute ha un potenziale bacino di ricaduta molto più vasto potendo variamente coinvolgere gruppi allargati di popolazione dell’area “anti-scolare” (ossia soggetti che pur rientrando in fasce di età assimilabili a quelle dell’età della scuola vengono per così dire contattati attraverso momenti ed occasioni diverse, quali gruppi di aggregazione giovanile, momenti di comune interesse, luoghi di lavoro), gruppi di soggetti accomunabili per una particolare condizione sociosanitaria, lavorativa, di temporanea frequentazione di uno specifico ambiente, oppure semplicemente popolazione generale, senza una peculiare distinzione economica, di sesso, di lavoro, di collocazione nel contesto sociale allargato. Qualora l’educazione alla salute venga rivolta a questo secondo e più eterogeneo gruppo risulta in un certo modo più difficoltoso individuare una strategia efficace e, soprattutto, definire e valutare indicatori di risultato sufficientemente validi ed esportabili in altre analoghe esperienze. Lavorare con la scuola costituisce perciò per il servizio sanitario un’occasione privilegiata (anche se non si devono assolutamente tralasciare le altre strade di approccio) per attivare quello che si può ben definire come un dialogo con gli individui sulle questioni della salute e della qualità della vita, per promuovere cioè quella cultura che valorizzi le capacità personali di autodifesa e di autodeterminazione relative alla tutela o al recupero delle condizioni di benessere all’interno del mondo sociale. Le ragioni per le quali le attività di educazione alla salute possono integrarsi in modo armonico e coerente nel contesto formativo generale della scuola sono molteplici. Anzitutto le attività di educazione alla salute rappresentano opportunità strutturate di comunicazione per sviluppare conoscenze e abilità personali necessarie per la salute individuale e collettiva. L’educazione alla salute è quindi lo strumento che permette alla popolazione di esercitare, attraverso le conoscenze, il diritto alla partecipazione. I principi fondamentali ai quali si ispirano le attività di educazione alla salute nella scuola sono definiti in modo particolareggiato nella 75 Le esperienze in Trentino 76 Risoluzione della prima conferenza della Rete europea delle scuole che promuovono la salute1 tenutasi a Salonicco l’1-5 maggio 1997: tra essi spiccano il concetto di equità e democrazia, il rinforzo e la capacità di agire e generare cambiamenti per essere in grado di influire sulla vita e le condizioni di vita, l’ambiente scolastico come risorsa di promozione della salute, il programma dei corsi scolastici come strumento di arricchimento delle conoscenze e di incoraggiamento all’acquisizione di attitudini necessarie all’apprendimento. I concetti del “vivere il proprio corpo” in modo consapevole, personale, critico, soddisfacente e creativo e della capacità di relazionarsi in modo corretto con le altre persone e l’ambiente, quali costituenti fondamentali dell’equilibrio della persona sono stati ulteriormente ripresi e sanciti dal documento di sintesi dei gruppi di lavoro per il riordino dei cicli di istruzione approvato dal Ministero della pubblica istruzione il 7 febbraio 20012. In modo più specifico, questi momenti possono essere ricondotti a due aspetti che si intrecciano integrandosi in modo complementare. Quello formale, tipico impegno della scuola, che si pone come obiettivo la progettazione di situazioni formative che diano consapevolezza delle responsabilità individuali e sociali per il conseguimento del benessere, e quello informale, impegno comune allargato a più operatori della società civile, finalizzato al benessere giovanile come motivazione all’apprendimento, va- lorizzazione della personalità, partecipazione alla vita e al lavoro collettivi. In questo quadro di riferimento generale anche la scuola trentina ha operato per il raggiungimento di obiettivi specifici3: - facilitare la scuola nella scoperta dei fattori di rischio, fornendo alla stessa strumenti, metodi, procedure mirate alla riduzione delle situazioni di disagio e di malessere; - promuovere la diffusione del nuovo concetto di salute e di cultura della vita; - elaborare e offrire metodi e progetti per la realizzazione della prevenzione educativa; - proporre e sostenere i cambiamenti e l’innovazione richiesti dalla continua evoluzione del contesto socioculturale in cui la scuola opera; - facilitare l’assunzione di consapevolezza e responsabilità nei confronti della condizione giovanile; - stimolare l’adozione di metodologie educative finalizzate all’apprendimento di situazioni di benessere; - esplorare le dimensioni dell’educare in relazione alle problematiche connesse con la salute onde evitare che il disagio “normale” si trasformi in disagio patologico. Ulteriori aspetti che spingono inoltre a ritenere che interventi nel mondo scolastico rappresentino una scelta importante sotto il profilo strategico sono costituiti dal fatto che la scuola è la fucina educativa dell’individuo, è momento di transito di tutta la popolazione giovanile, è caratterizzata dalla presenza di soggetti in classi omogenee per età, vi è una concreta possibilità di un coinvolgimento globale, possono essere efficacemente concertate le attività di programmazione e di pianificazione degli interventi e vi è garanzia di strutturare momenti di valutazione rappresentativi. Partendo da questi presupposti si può quindi notare immediatamente come l’educazione alla salute in realtà rappresenti un’attività che non possiede una precisa titolarità; Figura 1 Concorso provinciale per la scuola “Chi non fuma vince!”, ideato e organizzato dal Servizio Educazione alla salute dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari in collaborazione con l’Assessorato provinciale all’Istruzione. Locandina elaborata e realizzata nell’ambito del “Progetto Comunicazione per la salute” Provincia Autonoma di Trento. Art Director V. Curzel. per quanto riguarda il mondo giovanile, scuola e servizio sanitario vedono i loro obiettivi istituzionali intrecciarsi in un percorso virtuoso che, salvaguardano le rispettive specifiche competenze, ha moltissimi punti in comune e necessita quindi di forme di collaborazione assolutamente formalizzate e condivise. D’altro canto, più in generale, la promozione e l’educazione alla salute sono azioni collegiali che possono riconoscere momenti di profonda integrazione a livello di varie istituzioni: servizio sanitario, scuola, mondo sociale e produttivo, famiglia, volontariato. L’asse portante è quindi quello dell’intersettorialità dal momento che la salute è il risultato di una mediazione tra opzioni individuali all’interno di un determinato ecosistema umano4. Informare, comunicare, educare nel contesto organizzativo locale e implicazioni sulle strategie di intervento Educare alla salute vuol dire essenzialmente instaurare un processo di comunicazione con la popolazione di riferimento. Pertanto differenziare il processo di comunicazione da un processo di informazione è essenziale per comprendere l’importanza di definire fin dall’inizio strategie progettuali che privilegino aspetti dialogici comunicativi e modelli di intervento fondati più su aspetti esperenziali che cognitivi. La comprensione di questa differenza rende anche ragione di un processo di cambiamento nelle strategie di approccio ai progetti di educazione alla salute rivolti alla scuo77 Le esperienze in Trentino 78 la che è ancora oggetto, nella nostra realtà locale, di continuo perfezionamento. Infatti se in un percorso meramente informativo viene essenzialmente posto l’accento sul contenuto del messaggio che si vuol far passare (intervenendo sulle singole componenti strutturali in modo da garantire la massima comprensione dell’informazione o conoscenza dell’argomento) minore importanza viene data alla ricaduta e all’impatto che questa azione produce sul destinatario. Solo per fare un esempio, probabilmente in una popolazione di adolescenti di oggi non esistono soggetti che ignorino i pericoli del fumo di tabacco e quindi si può dire che l’informazione è corretta e generalizzata: tuttavia i fumatori tra i giovani sono molti. Il processo comunicativo, per contro, non si limita a fornire informazione, ma si preoccupa anche del ritorno, cioè dell’impatto che quest’azione produce sul soggetto e questo ritorno è fondamentale per l’operatore (sanitario o scolastico che sia) per capire se il proprio sforzo comunicativo è stato in grado di produrre oltre che un’implementazione delle conoscenze, anche un cambiamento, perlomeno attitudinale. Molti interventi di educazione sanitaria scolastica condotti in passato si sono invece limitati ad essere interventi informativi, semmai avvalorati dalla figura del cosiddetto esperto esterno il quale, sovente in modo estemporaneo, si presentava su chiamata della scuola a par- lare di aspetti attinenti alla sua conoscenza professionale. Ecco perché, analogamente al fumo, in molte tematiche relative a stili di vita (alimentazione, alcol, dipendenza, infezioni a trasmissione sessuale, ecc.), spesso oggetto di imponenti e costose campagne informative, non si sono notati i risultati sperati, anche per la mancanza di obiettivi progettuali di carattere educativo. Invece i progetti educativi a valenza sanitaria devono anzitutto essere integrati nel percorso curriculare e sottostare alle regole generali della formazione che prevedono l’interazione tra docente e discente, la valutazione dell’impatto e la valutazione degli esiti prodotti sia in termini di atteggiamenti che di comportamenti. Ecco perciò che il coinvolgimento attivo del mondo scolastico nei percorsi di educazione alla salute è indispensabile anche per avvalersi nel modo più efficace di strategie comunicative e formative delle quali gli operatori scolastici sono i depositari istituzionali. Nell’esperienza trentina l’intento di lavorare in modo congiunto tra scuola e servizio sanitario, per condividere obiettivi e responsabilità nella progettazione degli interventi di educazione alla salute e negli aspetti procedurali relativi alla metodologia operativa, hanno trovato coronamento nella stipula di un Protocollo di intesa tra Sovrintendenza scolastica provinciale e Azienda provinciale per i servizi sanitari (31 gennaio 1996). Tale documento sancisce un ac- cordo tra scuola e sanità per gestire in forma comune e coordinata gli interventi di educazione alla salute rivolti alle scuole fissando, in modo particolare per la sanità, anche le basi per un’architettura organizzativa sia centrale che distrettuale. Nel documento sono altresì definite le rispettive competenze della scuola e del servizio sanitario provinciale e gli elementi di riferimento utili per la progettazione degli interventi. Sotto il profilo organizzativo si è assistito nel corso degli ultimi anni ad un riassetto strutturale che vede vari livelli di competenza e responsabilità all’interno del contesto strutturale dell’Azienda sanitaria trentina. In particolare il Servizio per l’Educazione alla Salute promuove, indirizza e coordina le attività di educazione alla salute su tutto il territorio provinciale, definendo i cam- pi e le priorità di intervento e, d’intesa coi distretti, le modalità più efficaci di supporto alla scuola nei processi educativi finalizzati alla promozione della salute. Vengono attuate dal Servizio le iniziative di tipo formativo rivolte agli operatori dell’azienda sanitaria per uniformare le metodologie progettuali e gli obiettivi specifici delle attività di educazione alla salute. Vengono altresì definite le modalità operative di presentazione dei progetti di educazione alla salute ed individuate le risorse finanziarie per la loro realizzazione. Di rilievo è anche l’attuazione di interventi di formazione del personale docente della scuola, nell’ambito di specifici progetti educativi sia a livello locale (tramite la collaborazione del distretto) che a livello provinciale nonché la promozione di gruppi di lavoro multidisciplinari su tematiche specifiche. 79 Le esperienze in Trentino 80 Per quanto concerne il distretto sanitario, a questo livello vengono promosse e attuate le iniziative di educazione alla salute nell’ambito territoriale di propria competenza, grazie all’apposita figura del referente per le attività di educazione alla salute. Il referente per l’educazione alla salute è una figura di assoluto rilievo in quanto coordina le attività di educazione alla salute a livello locale, valutando i bisogni e le richieste, confrontandosi con il personale insegnante delle scuole, attivando forme di collaborazione con esperti, enti, associazioni o settori sanitari o non sanitari che svolgono attività nel campo della promozione della salute. Spetta al referente il compito di proporre alla scuola i progetti di educazione alla salute, sulla base degli obiettivi aziendali. Infine, un gruppo di coordinamento distrettuale rappresenta il mo- mento di confronto a livello distrettuale tra Azienda sanitaria e Scuola; coordinato dal referente per l’educazione alla salute è composto da referenti del personale docente degli istituti scolastici presenti nel distretto che dovranno ampiamente rappresentare in modo paritario i vari ordini e gradi di scuole presenti. Compito del gruppo di coordinamento è quello di garantire la massima collaborazione tra tutti i soggetti che condividono le iniziative di educazione sanitaria rivolte alla scuola, favorendo la massima divulgazione e promozione degli interventi educativi in conformità agli obiettivi aziendali. Il gruppo rappresenta una valida occasione per il coinvolgimento attivo del personale docente sui progetti scolastici, sulla rilevazione dei bisogni emergenti dall’ambiente scolastico e dalla società, al fine di garantire ad ogni soggetto la possibilità di beneficiare di interventi mirati. I progetti aziendali e i risultati raggiunti Una prima riflessione riguarda senza dubbio il processo di riorganizzazione dell’offerta in tema di educazione sanitaria attuato negli ultimi anni; la strada intrapresa è orientata a fornire “pacchetti progettuali” integrati che si caratterizzino per un’uniforme ricaduta nell’ambito del territorio provinciale. Questo graduale passaggio si è reso necessario per ottimizzare le risorse disponibili, ma soprattutto per rendere più funzionale l’offerta alle esigenze di promozione della salute orientate alle problematiche di forte impatto sanitario e sociale, in modo da influire sugli stili di vita e sui determinanti della salute. Il punto di partenza per la scelta di queste “priorità” è costituito dagli obiettivi di salute fissati dal Piano Sanitario Nazionale nonché dalle linee guida programmatiche formulate dalla Provincia nei propri documenti di indirizzo. L’esigenza inoltre di realizzare progetti le cui ricadute e i cui effetti possano essere effettivamente valutabili in termini di impatto, di processo e di esito, ha reso necessaria un’azione di revisione delle metodologie progettuali ad iniziare dagli interventi rivolti alla scuola primaria. In quest’ottica, si è andato modificando il ruolo degli operatori sanitari mediante un passaggio da una fase “paternalistica”, in cui l’esperto andava in classe a parlare di salute ad una fase in cui la scuola viene direttamente coinvolta nel processo di educazione sanitaria appropriandosi dei contenuti e delle metodologie tipiche della promozione della salute. Questa metodologia di approccio, maggiormente indirizzata agli insegnanti, ha anche un elevato valore strategico in relazione alla ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse umane. Nel corso del tempo si sono andate così affermando le iniziative di formazione promosse dal Servizio sanitario soprattutto in quei campi per i quali l’insegnate può assumere un forte ruolo educativo (corretta alimentazione, igiene orale, fumo e alcol) lasciando ai cosiddetti esperti esterni il ruolo princi- pale in quelle tematiche ancora difficilmente gestibili in forma autonoma dalla scuola (tossicodipendenze, educazione sessuale, primo soccorso). La maggiore responsabilizzazione nei confronti della salute che si è andata promuovendo a livello scolastico non va peraltro interpretata come una delega, ma va piuttosto vista in termini di interdisciplinarità del processo educativo nel quale il servizio sanitario mantiene un forte ruolo di pianificazione e programmazione (scelta delle priorità di intervento, definizione del target, condivisione della migliore modalità di approccio) e, soprattutto, di valutazione dei risultati in termini non solo di incremento delle cognizioni ma di sviluppo di corrette attitudini e comportamenti che potranno avere una significativa ricaduta individuale e collettiva. Lo scenario che si delinea alla luce di questo processo di rinnovamento è contraddistinto dall’introduzione dei “progetti aziendali” ossia quegli interventi caratterizzati da una forte componente progettuale espressa da gruppi di lavoro multidisciplinari con partecipazione attiva di esponenti del mondo scolastico. Dall’azione dei gruppi è derivata la realizzazione del materiale progettuale e dei protocolli valutativi secondo una linea metodologica uniforme. Solo a titolo esemplificativo vengono citati il progetto di educazione alimentare rivolto agli insegnanti delle classi terze elementari, il progetto sull’alcol e fumo rivolto, secondo due forme modulari, rispetti81 Le esperienze in Trentino 82 vamente agli insegnanti delle classi quinte elementari e delle medie, il progetto sul corretto uso dei farmaci per i ragazzi di seconda media e, del tutto recentemente, quello sull’educazione socio-affettiva e sessuale. Per quanto riguarda l’offerta educativa, essa è stata modulata sulla popolazione scolastica bersaglio in accordo con la scuola, con l’intento anche di razionalizzare la domanda. La disponibilità di una metodologia basata sulla progettazione ha permesso di poter esprimere una valutazione sul reale impatto dell’intervento nella comunità destinataria. Infatti, le relazioni accompagnatorie ai singoli progetti per la valutazione delle attività svolte hanno consentito non solo di esprimere un giudizio sulla validità delle iniziative, ma anche di poter individuare le situazioni maggiormente critiche e quindi di attuare eventuali azioni di miglioramento didattico, contenutistico, metodologico o valutativo. L’intervento di ottimizzazione dell’offerta ha certamente rappresentato un vero e proprio obiettivo di servizio, condiviso da tutti gli operatori sanitari coinvolti nell’educazione alla salute, in quanto rispondente al criterio di garantire a livello territoriale un livello uniforme di prestazione consona alle esigenze di salute espresse attraverso l’analisi dello stato di salute della popolazione. L’esperienza sinora condotta si è inoltre arricchita attraverso la col- laborazione di enti e strutture di tipo non sanitario, per effetto del consolidamento di alleanze per la promozione della salute. Ne sono esempio la compartecipazione della Federazione Trentina delle Cooperative alle iniziative di educazione alimentare svolte nelle scuole elementari. In questo caso, particolarmente interessante è risultata la sinergia tra il momento sanitario-educativo gestito dagli insegnanti sulla base del progetto proposto dal servizio sanitario (cognizioni e atteggiamenti) e il momento della scelta consapevole curato dalla dietista (comportamento) attuata “sul campo” attraverso le animazioni condotte nel punto vendita o, ove queste non realizzabili, nella classe stessa. Ed ancora, la collaborazione degli operatori dell’Associazione AMA Auto Mutuo Aiuto di Trento nel campo della promozione della scuola libera dal fumo e, in alcuni casi, sulla disassuefazione dall’abitudine al fumo. Certamente la strada da percorrere è ancora lunga anche perché la caratteristica modulare degli interventi è proprio quella di potersi sviluppare durante tutto il percorso educativo dell’individuo, quindi con momenti successivi e continui di rinforzo e di approfondimento. Per garantire tutto questo, è fondamentale un’attenta pianificazione delle azioni sia attraverso la revisione critica di ogni momento formativo, sia attraverso l’individuazione di target di età ben definiti, sia mediante il pieno coinvolgimento del corpo docente. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Conference resolution. First Conference of the European Network of Health Promoting Schools: “The Health Promoting Schools - an Investment in Education, Health and Democracy”, Thessaloniki-Halkidiki, Greece, 1-5 May 1997. [2] “Verso i nuovi curricoli” - Sintesi dei gruppi di lavoro della Commissione di studio per il programma di riordino dei cicli di istruzione (legge 10 febbraio 2000, n. 30). Ministero della pubblica istruzione: Roma, 7 febbraio 2001. [3] Scuola & Salute. Protocollo di Intesa educazione sanitaria e prevenzione. Opuscolo a cura di Lucia Rigotti e Fabio Lorandi. Provincia Autonoma di Trento anno 1995. [4] G. Pocetta. Riflessioni sulle basi teoriche dell’educazione sanitaria nella promozione della salute. Educazione sanitaria e promozione della salute: 23,1,2000; pag. 25-28. [5] http://www.who.dk/enhps/ index.html (Rete europea delle scuole che promuovono la salute). Enrico Nava è responsabile del Servizio Educazione alla Salute dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari - Trento. 83 L’importanza di (ri)costruire una sanità pubblica moderna nel quadro delle politiche per la salute Alberto Betta Il ruolo della sanità pubblica nel processo di formazione della salute. Nella Carta di Ottawa, nel paragrafo dedicato alla costruzione di una politica pubblica per la tutela della salute, si legge1: “La promozione della salute va oltre la mera assistenza sanitaria. Essa porta il problema all’attenzione dei responsabili delle scelte in tutti i settori, a tutti i livelli, invitandoli alla piena consapevolezza delle conseguenze sul piano della salute di ogni loro decisione e a una precisa assunzione di responsabilità in merito. Nella politica di promozione della salute si fondono componenti diverse ma complementari quali la legislazione, i provvedimenti fiscali e la modifica dei criteri organizzativi, in un’azione coordinata diretta a imporre politiche sanitarie, sociali e dei redditi ispirate ad una maggiore equità. L’azione comune contribuisce a garantire prodotti e servizi più sani e sicuri, servizi pubblici più sani, e ambienti più igienici e accoglienti. La politica di promozione della salute richiede di identificare gli ostacoli che impediscono l’adozio84 ne di una politica pubblica che tuteli la salute in tutti i settori non sanitari, e i modi migliori per rimuoverli. Occorre far sì che anche per i responsabili politici la scelta della tutela della salute divenga la scelta più facile.” Dunque si ritiene che una serie di iniziative politiche assunte nei settori non sanitari (nel campo ad esempio dell’istruzione, dell’occupazione, dello sviluppo sostenibile, dei trasporti, delle scelte urbanistiche) complementari peraltro a quelle attivate dal sistema sanitario, possano contribuire in modo determinante alla modificazione dei fattori sociali, economici e ambientali che conducono al mantenimento o alla perdita della salute dei cittadini. La sanità pubblica può svolgere un ruolo nel processo di promozione della salute? Innanzitutto è utile definirne i confini. A torto spesso il termine “sanità pubblica” viene utilizzato in senso riduttivo come “igiene pubblica”. In realtà il dibattito internazionale ha permesso di stabilire alcuni criteri di identificazione, in parte certamente innovativi2: la sanità pubblica esiste a prescindere dal tipo di sistema sanitario in cui le sue attività devono esprimersi; concerne tutte le attività sanitarie che non possono essere lasciate alla responsabilità individuale dei cittadini e/o degli operatori e che devono essere esercitate sulla base di decisioni assunte a livello collettivo; non concerne la salute individuale, bensì il tipo e le caratteristiche di prestazioni sanitarie che devono essere assicurate alla popolazione nel suo complesso e i criteri in base ai quali le prestazioni sanitarie stesse devono essere assicurate; propone un modello di salute globale e sociale che richiede un atteggiamento intersettoriale e multidisciplinare; privilegia gli interventi di igiene e di prevenzione. Ha inoltre la necessità di fondare le decisioni su prove scientifiche di efficacia, sicurezza, accettabilità, economicità, eticità e di coinvolgere i cittadini nella conoscenza dei problemi riguardanti la salute collettiva ed i rischi per la salute e nelle azioni da intraprendere. Questa “Nuova sanità pubblica”, a prescindere da una non sempre chiara definizione della propria funzione e della propria collocazione sociale, è il risultato – come sopra si accennava - di una profonda revisione della propria missione e dei propri contenuti scientifici avvenu- ta in questi ultimi anni in tutta Europa (basti al riguardo ricordare la serie di rilevanti editoriali ed articoli pubblicati negli ultimi cinque anni in particolare – ma non solo dal British Medical Journal; ne cito due per tutti3,4). Attualmente le sottodiscipline che costituiscono la sanità pubblica (igiene e medicina del lavoro, igiene pubblica, igiene e sanità veterinarie, prevenzione ambientale) hanno - e talvolta richiedono con forza - autonome sfere di competenza e sembrano esplicare più facilmente le loro attività in ruoli tradizionali (basati su norme fondate sul “demand and control”) piuttosto che giocare un ruolo di “accompagnamento” verso la prevenzione, di “partnership and innovation”5 con tutti gli attori del processo preventivo, che le leggi europee hanno individuato in quasi tutti i settori di interesse della sanità 85 Le esperienze in Trentino 86 pubblica. In effetti alcune normative (ad es. 626/94, 155/94 ) spostano “il luogo dove si fa salute” dalle strutture della sanità pubblica a dove effettivamente le persone acquistano o perdono salute o contribuiscono a questo processo: il laboratorio di produzione alimenti, la cucina, il luogo di lavoro. È lì che i meccanismi di prevenzione devono essere attivati per essere efficaci e permanenti e lì devono essere compenetrati alle modalità di gestione delle strutture (autocontrollo, autocertificazione…). Conseguentemente si deve passare da un atteggiamento del sistema pubblico del tipo “la salute si fa dove ci sono io”, a quello basato sul concetto che “la salute si fa dove l’individuo vive, si muove, opera, interagisce con persone, ambiente, agenti esogeni, strutture…” Anche nel nostro Paese è comunque cominciato questo processo di revisione, prima di tutto culturale ma anche normativo, che, pur tra contraddizioni e lentezze, sta portando le strutture pubbliche a capire che una società complessa, anche per quanto riguarda la salute della popolazione, ha bisogno di interventi articolati e complessi. La loro efficacia, quindi, può dipendere non tanto dal fatto di poter “mettere in fila” tutti i servizi che si occupano dei vari aspetti di tutela della salute, ma piuttosto della capacità dei professionisti della salute di reimpostare la loro attività in modo complessivamente orientato per problemi, in modo coordinato ed integrato. Si fanno strada lentamente al- cune importanti indirizzi: ad esempio quello che la “Nuova sanità pubblica” deve ridare ai cittadini il senso del “servizio” attraverso un maggiore radicamento nella comunità ed una costante periodica opera di diffusione di ogni informazione e conoscenza dello stato della salute collettiva; o quello che, oltre ad effettuare i controlli tipici dell’assistenza sanitaria collettiva, deve essere in grado di lavorare con decisione sulla disseminazione di informazioni sui determinanti della salute ad ogni livello, in considerazione che le maggiori potenzialità di influenzare la salute pubblica si trovano nel pubblico stesso. La “Nuova sanità pubblica” può quindi dare, nonostante le attuali incertezze, un contributo certamente rilevante alla promozione della salute, purché gli operatori abbiano chiarezza sul significato e le tappe del processo nel suo insieme, lo spirito critico necessario per rive- dere, ove risulti opportuno, le proprie attività e la capacità di orientarle al cambiamento. Da questo punto di vista la nostra provincia offre interessanti condizioni di base: in primo luogo esiste uno strumento importante, costituito dal Programma di sviluppo strategico dell’Azienda per i servizi sanitari6 che traccia il quadro complessivo della promozione della salute e le azioni di adeguamento del sistema sanitario, ivi compresa ovviamente la sanità pubblica. In secondo luogo, anche la sanità pubblica trentina, culturalmente partecipe del dibattito nazionale ed internazionale di questi ultimi anni, ha già - pur faticosamente - iniziato un percorso di (ri)qualificazione in questa direzione, puntando fondamentalmente su attività che qualifichino in senso professionale chi le pratica, sul coinvolgimento dei cittadini singoli e/o organizzati, sulla diffusione dell’approccio multidisciplinare ai problemi di protezione della salute, sull’attivazione di reti di interessi intra ed extrasettoriali, sull’educazione alla salute. Educazione alla salute L’esistenza di un’intersezione tra promozione e educazione alla salute è evidente: la promozione della salute richiede la costruzione di una cultura della salute e l’empowerment della popolazione (finalizzato tra l’altro alla capacità di riconoscere i determinanti della salute per averne il migliore controllo) ed il ruolo dell’educazione è di rinforzare l’azione personale/sociale sul controllo della propria salute come principa- le strategia metodologica e sviluppare le competenze individuali per indurre una efficace, consapevole e responsabile partecipazione alla vita sociale. Le politiche per la salute devono trovare sostegno in specifiche azioni all’interno delle istituzioni dove l’educazione alla salute è pertinente: nelle scuole, nelle imprese, nelle associazioni locali, ecc. Nella nostra provincia l’educazione alla salute coinvolge soprattutto il mondo della scuola, attraverso un protocollo di intesa tra Azienda sanitaria e Sovrintendenza scolastica. Viene effettuata secondo gli obiettivi di salute fissati dal Piano sanitario nazionale e dalle linee guida programmatiche formulate dall’Amministrazione provinciale. La Scuola è direttamente coinvolta nel processo di educazione sanitaria attraverso un processo di responsabilizzazione degli insegnanti circa il proprio ruolo educativo, inteso come sforzo per incidere non solo sulle cognizioni dei ragazzi ma sulle loro capacità decisionali. Nell’anno scolastico 1999/00 sono state impegnate in interventi di educazione alla salute oltre 7800 ore, con il coinvolgimento di oltre 27.000 soggetti tra studenti, insegnanti e genitori. Gli esperti che hanno collaborato alla realizzazione degli interventi sono stati circa 270 (medici igienisti, assistenti sanitari, infermieri professionali, medici rianimatori e addetti ai servizi del primo soccorso, dietiste, psicologi, logopediste, pediatri, volontari del trasporto infermi e della Croce Rossa) sia dipendenti dal87 Le esperienze in Trentino 88 l’Azienda sanitaria che esterni, con rapporto di convenzione libero professionale. Dalla collaborazione tra Azienda e Farmacisti pubblici e privati si è sviluppato il progetto “Farmaci e salute”, che ha permesso di estendere ai ragazzi di seconda media su tutto il territorio provinciale, con uniformità di contenuti, la corretta informazione circa l’uso dei farmaci (nell’anno scolastico 1999/00: circa il 20% dei ragazzi dell’età target). Nelle scuole materne è stato interessato alla formazione in materia di salute del cavo orale circa il 50% degli istituti (144 su 289), mentre circa il 30% degli insegnanti nelle quinte classi elementari ha avuto una formazione specifica (ed ha attivato un percorso educativo) sul consumo di alcol e di tabacco. Sempre agli insegnanti delle scuole elementari (terze classi) è destinato il progetto sulla corretta alimen- tazione, che si avvale della collaborazione dei punti vendita alimentari della Federazione Trentina delle Cooperative, presenti capillarmente sul territorio provinciale e che permettono una integrazione “dal vivo” del percorso educativo condotto a scuola; nell’anno scolastico 1999/00 hanno partecipato 900 bambini. Il lavoro interdisciplinare L’Azienda Sanitaria ha iniziato ad orientare alcune attività svolte nell’ambito dell’assistenza sanitaria collettiva non “per competenza” ma “per problemi” (i quali comunemente non afferiscono ad una sola disciplina, un ambito di competenze, una funzione), nella consapevolezza che questo tipo di metodo –necessariamente interdisciplinare superando gli approcci settoriali oggi prevalenti, possa meglio contribuire a raggiungere obiettivi di salute e costituisca una premessa importante anche per le attività di promozione della salute. E’ il caso, ad esempio, del “Piano amianto” o del Piano per la sorveglianza e controlli in campo alimentare o del Piano per la sicurezza nella Scuola, nei quali sono coinvolti professionisti di gran parte delle strutture “competenti”, con obiettivo comune e condiviso e per i quali è in atto una contemporanea campagna di comunicazione. Il lavoro dipartimentale permette alle varie discipline che afferiscono alla nostra sanità pubblica di agire in maniera integrata e su uno spettro più ampio rispetto a quello di propria pertinenza. Alcune azioni di tutela e vigilanza, specialmente se orientate ad interi comparti produttivi, vengono preliminarmente illustrate e discusse con i diretti interessati e con le loro associazioni e tale metodo tendenzialmente dovrà divenire di diffusa e comune applicazione. I risultati ottenuti dalla collaborazione di varie discipline e servizi verranno portati a conoscenza della popolazione generale attraverso una periodica specifica informazione. Il rapporto con i cittadini Riteniamo che la comunicazione con i cittadini sia un aspetto di vitale importanza per la sanità pubblica. Anche se moltissimo rimane da costruire, oltre alla diffusione di materiale informativo di supporto all’educazione alla salute e agli screening di massa relativi alla prevenzione dei tumori del collo dell’utero e della mammella, in questi ultimi anni è stata curata la messa a punto di strumenti telematici per la diffusione delle informazioni. Si è in particolare cercato di dare una risposta organica e strutturata ai bisogni informativi e formativi di tutti i soggetti che operano nell’ambito della prevenzione e sicurezza in ambiente di lavoro7 e di rendere disponibile materiale divulgativo e percorsi didattici per l’ educazione alla salute nella Scuola8. La rete delle alleanze per la salute La sanità pubblica ha progressivamente stretto diverse intese con settori extrasanitari per promuovere e sostenere iniziative di educazione alla salute e/o di prevenzione. Cito la sottoscrizione del protocollo di intesa tra l’Azienda sanitaria, l’Agenzia Provinciale per l’Ambiente e il Comune di Trento, avente ad oggetto la partecipazione istituzionale e la collaborazione nel campo della tutela ambientale e della salute dei cittadini residenti nel Comune di Trento, nell’ambito del progetto “Città sane” (1998); quello tra l’Azienda sanitaria e le Farmacie Comunali SpA di Trento e l’Azienda Multiservizi di Rovereto per la collaborazione nel campo della educazione sanitaria e della tutela della salute (1999) o con l’Associazione Titolari di farmacia di Trento sempre per la collaborazione nel campo dell’educazione sanitaria (1999); quello con la Federazione Trentina delle Cooperative per la collaborazione nel campo dell’educazione alimentare (1999); quello con il Consorzio Autoscuole Riuni89 Le esperienze in Trentino 90 te del Trentino per la realizzazione del progetto “Alcol e guida” (1999) ed inoltre la sottoscrizione del documento di intesa tra l’Azienda sanitaria, l’Associazione degli Industriali di Trento, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Trento, le Confederazioni Sindacali C.G.I.L. - C.I.S.L. - U.I.L. del Trentino, per la promozione della salute nei luoghi di lavoro (1999), in cui si conviene che la costituzione di una “alleanza per la salute” possa permettere con maggiore efficacia l’impostazione di campagne su sani stili di vita, la lotta al fumo e ai cancerogeni ambientali, la diffusione tra i lavoratori di conoscenze per migliorare la capacità personale di decidere come mantenere la propria salute e come scegliere cure appropriate, la diffusione della conoscenza tra le lavoratrici delle campagne di prevenzione gratuite per i tumori femminili. Con il mondo del volontariato, nello specifico con l’associazione “Auto Mutuo Aiuto” di Trento, è stato invece sottoscritto un protocollo di intesa avente ad oggetto la collaborazione nel campo della informazione e della promozione di sani stili di vita, concordando un approccio basato sulle tecniche di auto mutuo aiuto (2000). Il quadro normativo e le esigenze di una nuova formazione Nella cosiddetta “riforma ter” (D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229) il dipartimento di prevenzione “promuove azioni volte ad individuare e rimuovere le cause di nocività”. L’obiettivo primario è rappresentato dalla costruzione dei cambiamenti che siano portatori di salute. I processi con ricadute positive sulla salute vanno attentamente promossi, seguiti, indirizzati e controllati dall’ente pubblico (“orientare scelte, animare politiche, sostenere comportamenti”) ed anche dalla sanità pubblica. Ogni disciplina fornisce le conoscenze scientifiche e tecniche necessarie ma lavora con tutte le altre, in condizioni di pari opportunità. Il “servizio pubblico” conserva una regia complessiva delle attività a valenza sanitaria, sulla base di una migliore conoscenza dei determinanti sanitari della salute e procede al raggiungimento degli obiettivi prefissati, anche attraverso la ricerca della condivisione degli obiettivi e di ampie alleanze, adottando un metodo di cooperazione. Ogni specifica professionalità sanitaria deve essere in grado di interagire e creare sinergie con tutti i soggetti - anche non appartenenti al mondo sanitario – ai fini del miglioramento della salute della collettività. Il processo di integrazione, ma anche della visione più ampia in cui deve trovare collocazione la disciplina praticata da ciascun professionista, non nasce automaticamente da un nuovo assetto organizzativo, ma ha bisogno di essere supportato da una nuova “cultura dell’integrazione”; quest’ultima deve essere creata negli operatori sanitari attraverso una accurata formazione specifica, che tenga conto degli importanti mutamenti in atto. In effetti, ancor oggi le politiche e le metodologie di formazione in sanità pubblica risultano ampiamente inadeguate, con il risultato di una produzione di specialisti con competenze molto specifiche anziché di professionisti dotati di una visione globale e capaci di integrare il proprio lavoro con quello degli altri, sia all’interno che all’esterno del settore sanitario. A questo proposito in tempi recenti l’OMS9 sollecitava la “formazione di una massa critica di professionisti forniti di una visione più vasta della sanità pubblica che tenga in dovuto conto anche le problematiche connesse alla formulazione di nuove politiche e strategie di salute”. Da questo nuovo tipo di professionista ci si attende infatti un contributo tutto particolare nei cambiamenti attualmente in corso nel settore sanitario ed un contributo significativo alle politiche pubbliche per la salute. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Carta di Ottawa per la promozione della salute (1986) – Provincia Autonoma di Trento, Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria, Collana Promosan; Punto Omega; 1996;4. [2] Carreri V., Lagravinese D., Stefanini A., Montaguti U. – La sanità pubblica in Italia: attualità e prospettive per l’ingresso in Europa – Atti Convegno Nazionale SitI, 39° Congresso Nazionale SitI, Ferrara, 24-27 settembre 2000, 25 – 30. [3] Editorial – From public health to the health of the public – B.M.J. 1998; 317:550-551. [4] Wylie I., Hunter D.J. – Everywhere and nowhere-a Socratic dialogue on the new public health – B.M.J. 1999;319:839840. [5] Griffiths S. – From health care to health – BMJ 1998;316:300301. [6] Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Provincia Autonoma di Trento – Programma di sviluppo strategico – Saturnia Ed., Trento, 2001. [7] www.safetynet.it [8] www.aziendasanitaria.trentino.it/direzioni/promosal/ promo_salute.htm [9] WHO Regional Office for Europe – Training and Research in Public Health. Policy perspective for a “New Public Health” – Copenhagen: World Health Organization and Karlstad (Sweden): Centre for Public Health Research -Training and Research in Public Health Dialogue Series, 1991;1. Alberto Betta è responsabile della Direzione Promozione ed Educazione alla Salute dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Trento. 91 Creare ambienti favorevoli alla salute Monica Pisetta L’intersettorialità come condizione necessaria per promuovere la salute negli ambienti di vita e di lavoro. La promozione della salute in Trentino Dal 1993 al 1995 le Province Autonome di Trento e di Bolzano parteciparono attivamente al progetto dimostrativo “Garantire gli investimenti in salute”, ideato ed attuato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità - Ufficio regionale per l’Europa - (OMS-Euro) con il fine di diffondere e di rafforzare la conoscenza e la comprensione culturale del nuovo approccio della promozione della salute, nonché di testare nei singoli contesti locali la proposizione di politiche pubbliche incentrate sulla salute. Le due province autonome della regione Trentino-Alto Adige furono scelte come situazioni pilota (dunque come primo laboratorio per tutta la Regione Europea) soprattutto per le positive condizioni strutturali (economiche, sociali e ambientali) di questo territorio, considerate come terreno ottimale per sperimentare l’applicazione di questa innovazione di enorme portata, sia di contenuto che metodologica. 92 Si intendeva dimostrare la necessità della promozione della salute e i benefici della sua sistematica adozione, per affrontare, a tutti i livelli, da quello politico strategico fino a quello più concretamente operativo, i problemi della salute e della malattia, modificando su questa base l’orientamento tradizionale alla base dei processi decisionali in questo ambito. La fase sperimentale si rivelò una determinante ed “illuminante” esperienza formativa per chi vi partecipò e permise, da un lato, di porre la nostra Provincia all’avanguardia in Italia per l’acquisizione del nuovo approccio, ma anche - e questa è la cosa essenziale - di maturare e radicare la cultura della promozione della salute fino al più recente risultato, il disegno di legge di Piano sanitario provinciale 2000-2002. Questo, naturalmente, non significa che tutto sia stato acquisito in modo definitivo e consolidato, per- ché, come è noto, i processi culturali di grande portata innovativa richiedono tempo e graduale maturazione, ma la nuova mentalità si sta diffondendo in modo evidente e questo sicuramente, oltre che da altri fattori generali e di contesto, dipende in gran parte dall’azione promozionale compiuta nell’arco di questi ultimi anni dall’Assessorato alle politiche sociali e alla salute, fondata sull’apporto costruttivo sorto dalla partecipazione al citato progetto dimostrativo dell’OMS/ EURO. Un concetto chiave nel nuovo approccio: gli ambienti per la salute Tra tutte le componenti di contenuto, di metodo, programmatorie, organizzative e operative, tra di loro interrelate in un unico e coerente insieme compreso sotto la definizione di promozione della salute, ne esiste una in particolare che, sebbene possa apparire come un’evidenza scontata, di fatto costituisce, assieme alla necessità dell’empowerment dei cittadini nei confronti della propria salute, l’elemento che segna maggiormente la portata innovativa e rivoluzionaria contenuta in questo approccio. Ci si riferisce al fatto che la salute (e conseguentemente la malattia) si crea soprattutto al di fuori dell’ambito sanitario, dunque in ogni altro ambiente e nelle specifiche condizioni ambientali in cui si svolge la vita di ciascuno di noi. Il termine ambiente, nell’accezione sopra utilizzata, non può venir compreso nel suo reale significato se ci si limita al problema della relazione tra l’alterazione dell’ambiente naturale e la modifica delle condizioni di salute dell’uomo. Sebbene questa costituisca indubbiamente una delle più importanti questioni, che si è diffusa storicamente molto prima e indipendentemente all’approccio della promozione alla salute, essa non costituirà il fulcro delle considerazioni qui esposte. Questo essenzialmente perché la complessità del legame di interdipendenza tra tutti i fattori che incidono sull’ecosistema richiede interventi incisivi a livello macro, addirittura planetario, quindi non attuabili unicamente nel contesto locale di riferimento, anche se naturalmente specifiche azioni avviate sulle fonti di rischio o sul risanamento degli elementi ambientali a questo livello (es. sulle acque, sui rifiuti, sulle fonti radioattive, sulla tutela del verde, ecc.) possono sicuramente assicurare almeno una relativa, buona vivibilità e dunque influenzare positivamente la salute della popolazione. Proprio per la conoscenza e la consapevolezza “storica” di questo problema, tale questione è quantomeno “monitorata” e “sotto controllo”, anche a livello locale. In questa sede, invece, si focalizza l’attenzione su un altro concetto di ambiente, quello che genericamente può definirsi come “ambiente di vita”. Chiarendone ulteriormente il significato, questa accezione di ambiente comprende i luoghi, in cui si svolge la vita dell’individuo e della 93 Le esperienze in Trentino 94 collettività, luoghi intesi in senso lato, sia di carattere strutturale-organizzativo (come la casa, la scuola, il luogo di lavoro, ecc.), sia sociali o comunitari (la tipologia e l’espansione del sistema di sicurezza sociale, ecc.), sia economici (es. il grado e la distribuzione della ricchezza, ecc.), sia culturali (es. il modello e le abitudini di vita di ciascuna struttura sociale). La configurazione di ciascuno di questi ambiti di contesto influenza ed incide sullo stato di salute dell’individuo, in diverso modo e su diversi livelli. Pensiamo, a titolo esemplificativo, ai diffusi e gravi problemi di salute di carattere infettivo esistenti nei Paesi sottosviluppati dell’Africa, oppure all’elevata percentuale di depressione mentale grave, con conseguente aumento esponenziale del tasso dei suicidi, tra le donne nell’Afghanistan dei talebani. Nel primo caso, il sistema economico-sociale, nel secondo quello socio-culturale influenzano lo stato di salute di determinate categorie di popolazione in preoccupante ed evidente misura. Pur non dimenticando la necessità e l’impegno umano di agire su vari fronti per modificare, nei contesti portati ad esempio, queste situazioni per molti versi drammatiche, si sottolinea che l’adozione di un approccio altamente pragmatico, quale quello della promozione della salute, prevede di agire all’interno di un contesto socio-politico-economico dato (privilegiando, secondo quanto previsto dalla strategia dell’OMS, una dimensione regionale piuttosto che statale). Per questa linea prioritaria di azione fi- nalizzata alla creazione di ambienti favorevoli per la salute, esso consiste nel porre il valore o il bene della salute come obiettivo guida e di riferimento nello svolgimento dell’attività umana. Questo significa, come si diceva all’inizio, rendersi conto che le condizioni dell’ambiente di vita incidono e determinano buona parte delle condizioni di salute degli individui. L’intersettorialità come condizione necessaria La più importante conseguenza dell’agire per creare ambienti orientati alla salute riguarda il coinvolgimento di tutte le componenti facenti parte dei vari contesti di riferimento, adottando un’ottica intersettoriale nella pianificazione e nella realizzazione di interventi. In questo frangente, quindi, si pone la necessità che gli organi politici o deputati alla tutela della salute riescano ad instaurare vari livelli di alleanze virtuose, in primo luogo con tutti i settori della politica, ma anche con altre componenti istituzionali o sociali o con espressioni della comunità civile, allo scopo di migliorare la salute e la qualità della vita della popolazione interessata. Questo significa che ciascuno di questi soggetti, nello svolgimento della loro attività ordinaria, dovrebbero orientare i loro comportamenti o adottare esplicite misure finalizzate al miglioramento del contesto per assicurare e perseguire la salute umana, come dimensione e connotazione costante –e al tempo stesso in dinamico adattamentoche funga da sfondo per la “mission” e per ogni attività “istituzionale” dell’ambiente di riferimento. Gli esempi sono molteplici e di diversa natura e dipendono spesso dalla tipologia dell’ambiente considerato, comportando vari livelli di impegno, di sforzo e di cambiamento organizzativo e operativo, ma sicuramente non particolarmente rilevante o dirompente rispetto all’assetto esistente, bensì assorbibile col tempo e comunque risultante vantaggioso per tutti. Pensiamo, per citare un esempio tra i più apparentemente semplici anche da attuare, alla creazione di ambienti (scuole, ospedali, ambienti comunitari, luoghi di ristorazione, di lavoro ecc…) “smoke free”, ovvero completamente liberi dal fumo, che significa con il divieto assoluto, compresi negli eventuali spazi previsti, di fumare e le positive conseguenze sulla salute di tutti coloro che, come interni o esterni, frequentano il posto in questione. Al di là delle apparenze e delle indubbie conseguenze positive raggiungibili per tutti, la creazione di ambienti favorevoli alla salute non rappresenta un processo spontaneo e di facile realizzazione, proprio perché non è stata ancora interiorizzata a livello culturale la convinzione del porre come priorità il perseguimento della salute dei singoli e delle comunità. Manca infatti la percezione che questo bene-valore costituisce il principale fattore per un positivo sviluppo socio-economico, non solo per il presente, ma anche per il fu95 Le esperienze in Trentino 96 turo, divenendo l’interesse e la cura di questo elemento un vero e proprio investimento anche per le prossime generazioni. Attualmente esistono dunque parecchi ostacoli alla collaborazione intersettoriale finalizzata al perseguimento della salute, che sono resi evidenti dalla tradizionale e ancora vigente impostazione delle politiche sociali. Ci si riferisce, in particolare, all’autoreferenzialità di ogni settore, al conseguente scarso interesse per il problema della salute (che si ritiene delegato esclusivamente all’ambito sanitario), alla difficoltà ad accettare la “regia” e il coordinamento dell’ambito sanitario per incentivare la promozione della salute, percepito come una impropria direzione gerarchica sul proprio settore, alla concorrenzialità tra settori, che rende impossibile accettare eventuali maggiori investimenti di risorse (a somma zero), direttamente o meno, per problemi riguardanti la salute pubblica. e così avanti. Non ultimo, è pure da tener conto dell’incapacità di ciascun settore (per caratteristiche organizzative, gerarchiche, burocratiche e operative, per metodi di raccolta/elaborazione dati differenziati, per l’uso di “linguaggi” diversi e incompatibili con l’esterno, ecc.) di rapportarsi ed interagire per un obiettivo comune. Eppure, qualcosa già si muove... Nonostante tali impedimenti, il processo verso questa nuova prospettiva si è quantomeno aperto, da cir- ca una decina di anni, come componente essenziale della graduale affermazione dell’approccio della promozione della salute e conta numerose esperienze, sia a livello europeo che nazionale, così come a livello locale; esso tende a svilupparsi, secondo i principi e le linee guida dell’OMS, sul riconoscimento della comune condivisione di determinati problemi di salute da parte delle Regioni europee, che ha creato, di conseguenza, un interscambio costante e sinergico di proposte e soluzioni, attraverso la costituzione di vere e proprie reti formalizzate di collegamento, a cui la realtà della provincia di Trento, vista l’esperienza maturata, ha spesso aderito. Tra gli esempi più significativi ricordiamo l’adesione del Comune di Trento alla Rete Italiana delle Città sane; nella prospettiva delineata, infatti, anche la città costituisce un ambiente, che, seppur complesso, è anche tipologicamente ben caratterizzato e diverso da altri contesti di riferimento, per cui è necessario creare accordi di collaborazione con i vari settori interessati, anche tramite intese formalizzate con appositi protocolli. Il Comune, in tal senso, ha stipulato uno specifico atto con l’Azienda provinciale per i servizi sanitari e l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, individuando dettagliatamente i campi di azione comune per la promozione della salute dei cittadini. Nel corrente anno, poi, l’Azienda provinciale per i servizi sanitari, anche sulla base di un obiettivo assegnato da parte della Provincia, aderirà alla Rete Europea degli Ospedali per la Promozione della Salute. Anche in questo caso, pur essendo l’Ospedale un luogo sanitario e di cura, può essere identificato, da una diversa ottica, come specifico ambiente con proprie caratteristiche e pertanto possono essere messe in atto in tutte queste situazioni determinate azioni a favore dei pazienti, ma anche degli operatori e di coloro che entrano in qualsiasi veste in questa istituzione, per rendere più vivibile ed assicurare la promozione della salute e la qualità della vita indipendentemente dall’attività costitutiva di questo ambito. Ad esempio, il dichiararlo zona “smoke free”, l’assicurare adeguate misure di protezione per tutti dai rischi radioattivi delle attrezzature presenti, ecc. Dal punto di vista metodologico, per la creazione di ambienti favorevoli alla salute si tende ad utilizzare il “settings based approach”, ov- vero si considera e si indirizza l’azione sulle caratteristiche non solo strutturali, ma anche organizzative in senso lato (che comprendono anche gli aspetti relazionali, gli obiettivi, i valori e le regole esplicite ed implicite, insomma tutti gli elementi che definiscono l’organizzazione in quanto tale) di vari “set” ambientali (quali, le scuole, i luoghi di lavoro, gli ambienti domestici, gli ospedali appunto, ecc.). A seconda poi dell’angolazione considerata, si può scendere nel dettaglio, dividendo i macro-ambienti in sottogruppi e agire su di essi (es. gli ospedali potrebbero essere considerati come luogo di lavoro, ma anche come luogo di “soggiorno” di individui, quindi le misure adottate possono indirizzarsi, a seconda delle esigenze e del momento, su uno di questi aspetti oppure su entrambi o anche su altre dimensioni). L’importante è riuscire ad individuare tutte queste caratteristiche comuni e definenti il singolo set ambientale per poter intervenire in senso favorevole alla salute, intersecando le suddette linee di azione. Promuovere la salute nell’ambiente lavoro: l’esperienza della Provincia Autonoma di Trento Uno dei macro-ambienti più rilevanti della vita sociale riguarda il luogo di lavoro: il lavoro rappresenta infatti indubbiamente l’attività umana più diffusa a livello quantitativo e diversificata a livello qualitativo, per cui diviene prioritariamente necessario rendere le svariate sedi in cui si svolge sane e sicure per chi vi 97 Le esperienze in Trentino 98 opera e per chi ne viene a contatto. In considerazione dell’alto numero di incidenti, spesso gravi e mortali, che caratterizzano questo ambito, la Provincia Autonoma di Trento ha posto la lotta a questo fenomeno come una delle principali priorità della corrente legislatura. Per attuare questo importante obiettivo, la Provincia si è fatta innanzitutto carico di promuovere l’attenzione su questo problema (in particolare, attraverso la realizzazione di uno specifico Convegno sul tema), diffondendo la consapevolezza dell’evitabilità delle cosiddette “morti bianche”, ma anche di quegli incidenti che provocano comunque una più o meno grave compromissione dello stato di salute dell’individuo coinvolto. Ciò ha condotto ad una spontanea adesione ed un esplicito impegno da parte di tutti i settori coinvolti, interni e soprattutto esterni alla sanità, per fornire, ciascuno per la propria competenza, la disponi- bilità a porre interventi nel proprio ambito di riferimento al fine di prevenire gli infortuni e garantire la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. In questo caso, dunque, la chiara definizione dell’obiettivo da raggiungere e la condivisione esplicita dello stesso, dovuta anche alla valutazione dei vantaggi diffusi per tutte le forze in campo nel promuovere la sicurezza sul lavoro, ha permesso di superare facilmente le inevitabili divisioni ed incomprensioni dovute alle diverse prospettive in cui si colloca la mission di ciascun soggetto (v. ad esempio, le posizioni apparentemente contrapposte delle parti imprenditoriali e sindacali), nonché di accettare anche specifiche limitazioni o momenti di compromesso a fronte della convergenza sinergica verso il perseguimento dell’obiettivo di salute posto. Il risultato di questo fattivo accordo si è concretizzato nell’elaborazione di un Piano operativo per la prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro (che costituisce il contenuto di un Protocollo-quadro d’intesa, sottoscritto da tutti i soggetti coinvolti in data 8 maggio 2001 e approvato con Deliberazione della Giunta provinciale n.1404 del 8 giugno 2001); esso, per i motivi suddetti, rappresenta una concreta applicazione dell’approccio di promozione della salute e in particolare incide in questa area prioritaria di azione riferita alla creazione di ambienti sani. Composto da 8 progetti, il piano operativo può essere letto su diver- si livelli e contiene obiettivi e azioni di diversa natura e portata, vista anche l’eterogeneità della materia, ma è comunque caratterizzato da una immediata empiricità e concretezza; per assicurare la sua applicazione, sono previsti specifici momenti di valutazione e di verifica, sia per la realizzazione delle azioni previste, sia per il raggiungimento dello scopo fondamentale, ovvero la prevenzione e la riduzione degli incidenti da lavoro. Nel mese di giugno 2001, il Piano operativo è entrato nella fase propriamente attuativa. sone implicate, improntati alla prevenzione e alla sicurezza. Questo a dimostrazione che la promozione della salute riguarda un approccio complessivo, dipendente da diverse azioni interrelate, ma che non può mai trascurare l’importanza del cosiddetto “fattore umano”, in quanto esso rappresenta sempre, nelle sue diverse componenti, l’elemento determinante per perseguire efficacemente la salute dei singoli e della collettività. Conclusioni Questa esperienza ha aperto prospettive favorevoli per il futuro e per altre problematiche emergenti di salute, inducendo anche un’ulteriore riflessione. Anche la creazione di ambienti favorevoli per la salute non può prescindere, come rivela e dimostra lo stesso piano operativo e le azioni in esso contenute, dalla assunzione da parte delle persone coinvolte e operanti in questo ambiente, in questo caso dai lavoratori e dei datori di lavoro, di comportamenti consapevoli e responsabili per prevenire questo tipo di infortuni. Detto in altri termini: la creazione di condizioni ambientali favorevoli per contrastare l’insorgere dell’evento lesivo o patologico, seppur necessaria, non può assolutamente prescindere dal controllo e dalla assunzione di atteggiamenti e di comportamenti concreti, indotti da interventi di informazione ed educazione sanitaria, da parte delle per- [1] World Health Organisation e altri: “Securing Investment for Health” – Demonstration Project in the Provinces of Bolzano and Trento- Final Report, June 1995; RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [2] Provincia Autonoma di Trento, Assessorato alle Politiche sociali e alla Salute, “I documenti OMS sulla Strategia della salute per tutti”, Puntomega n.2/ 3, Agosto 2000. [3] Provincia Autonoma di Trento, Assessorato alle Politiche sociali e alla Salute, “Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: un impegno comune - Atti della Conferenza provinciale”, Collana “Documenti per la salute” n. 7, Trento, 2001. Monica Pisetta è funzionario del Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. 99 Rafforzare l’azione delle comunità Renzo De Stefani Tre esempi di azioni per favorire la solidarietà sociale e la partecipazione della comunità alla promozione della salute. “È attraverso l’azione comunitaria concreta ed efficace che la promozione della salute può stabilire priorità, prendere decisioni e progettare e realizzare strategie tese al miglioramento della salute. Momento centrale di questo processo è il potenziamento della comunità, per renderla veramente padrona e arbitro delle sue aspirazioni e del suo destino. Lo sviluppo della comunità attinge risorse umane e materiali esistenti nella comunità stessa per favorire l’autosufficienza e la solidarietà sociale e per elaborare sistemi flessibili diretti al rafforzamento della partecipazione e della gestione diretta per quanto riguarda i problemi relativi alla salute. Per questo occorre garantire l’accesso libero e costante a tutte le informazioni e opportunità di conoscenza in tema di salute, nonché un adeguato supporto finanziario.” Carta di Ottawa per la promozione della salute, OMS, 1986 La Carta di Ottawa compie quest’anno 15 anni, portati, mi pare, 100 molto bene. Infatti non si sente tanto il bisogno di cambiarla, quanto quello di individuarne, finalmente, nelle nostre comunità i primi segni di concreta applicazione. Sono segni ancora spesso contraddittori e deboli. La promozione della salute fa fatica a entrare nel nostro quotidiano per quello che dovrebbe essere, legata ai principi della responsabilità personale, del protagonismo sano, della partecipazione finalizzata. Sono comunque segni in crescita, anche se spesso ancora non sufficientemente visibili o collegati nella nostra percezione alla promozione della salute. Del resto il radicato costume della delega nonché quello della confusione tra domanda e offerta di servizi sanitari, prevenzione e promozione di salute induce ancora troppo spesso alla pratica di consegnare a terzi, soprattutto al mondo sanitario, la responsabilità prima del- la nostra salute. E naturalmente il costume della delega ben si sposa con tutte le resistenze che ciascuno di noi poco o tanto tira fuori quando si tratta di assumere in prima persona responsabilità e protagonismo, soprattutto quando si “scopre” che questo significa modificare comportamenti e darne testimonianza. Un circolo vizioso che si può spezzare e si spezza tutte le volte che esperienze concrete e importanti per le persone, le famiglie, i gruppi che le vivono ci fanno cogliere l’importanza che il diventare responsabili e protagonisti ha sulla qualità della nostra vita, e perciò sulla promozione della salute, sui grandi temi delle aspirazioni, del benessere, dell’adattamento o della modifica dell’ambiente. Perché tutto questo diventi patrimonio acquisito e consolidato servono testimonianze, tali da modificare ogni giorno di più la nostra cultura di riferimento. In questo breve contributo vorrei portare 3 esempi che pur nella loro diversità contengono elementi comuni e coerenti con l’obiettivo di rafforzare l’azione della comunità in tema di promozione della salute. 1. ”Lamiacittà – vivere tutti meglio a Trento”. Ovvero come migliorare la nostra QRI (=Qualità delle Relazioni Interpersonali) Dagli atti costitutivi de “lamiacittà” “Sia nel comune sentire della vita quotidiana che nelle riflessioni delle grandi Agenzie internazionali che si occupano di salute e di convivenza, torna ricorrente una constatazione preoccupata. Nei nostri paesi e nei quartieri delle nostre città, mentre è cresciuto il benessere materiale della maggioranza delle persone e delle famiglie, è calato il senso di appartenenza alla comunità, le reti di mutualità del buon vicinato, gli scambi interpersonali significativi. Spesso ci diciamo che la qualità della vita è peggiorata. Ci capita di sentirci smarriti ed estraniati rispetto ad una comunità di cui a volte è difficile vedere il tessuto connettivo. Le relazioni interpersonali e sociali, nei condomini come nei luoghi di lavoro, appaiono grigie o assenti, ritrovarsi su valori condivisi sembra un qualcosa di cui si sta perdendo la memoria. Nell’aprile 1999 l’Azienda provinciale per i servizi sanitari, per il tramite del Servizio di Salute Mentale, e il Comune di Trento, attraverso l’Assessorato alle politiche sociali, hanno deciso di cercare assieme i modi per passare dalla preoccupazione diffusa alla ricerca dell’azione condivisa. In quel momento “lamiacittà” ha fatto il primo passo, subito con un obiettivo ambizioso: migliorare la qualità complessiva delle relazioni interpersonali e sociali nella città di Trento. Un obiettivo importante perché dalla qualità complessiva delle nostre relazioni dipende la qualità della nostra vita e quel bene prezioso che è la salute mentale, intesa come capacità costante nel tempo di stare bene con noi stessi, 101 Le esperienze in Trentino 102 con la nostra famiglia, con la nostra comunità. Perché “lamiacittà” potesse partire col piede giusto occorreva naturalmente coinvolgere e mettere assieme disponibilità e risorse delle persone e dei gruppi variamente organizzati e rappresentativi dei mondi istituzionali, sociali, economici, culturali e del volontariato presenti nella nostra città. Per fare questo sono state contattate le 50 realtà associative più rappresentative della città di Trento ed è stato spiegato e proposto loro di partecipare a “lamiacittà”. Circa 30 realtà hanno manifestato interesse e disponibilità a passare dalle parole ai fatti. Per fare questo si è costituito un gruppo di lavoro e di coordinamento. Il gruppo di lavoro ha operato intensamente per definire un progetto e alcuni percorsi. “lamiacittà” è quindi diventata una “proprietà” diffusa di Enti, Associazioni, rappresentanze molto diverse tra loro, garanzia fondamentale per poter costruire un qualcosa di condiviso e di radicabile nella città. È in questo spirito di condivisione tra soggetti diversi che lamiacittà ha iniziato a camminare, interessata a coinvolgere nel tempo sempre più tutte le persone disponibili a mettersi in gioco. Hanno promosso “lamiacittà”: ACLI, Amnesty International, ARCI, Associazione Albergatori, Associazione Amici della Bicicletta, Associazione Artigiani e Piccole Imprese, Associazione “Famiglie Insieme”, Associazione Mutilati e Invalidi Civili, Associazione Trentini nel Mondo, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Servizio di salute mentale di Trento, Casa per la Pace, CGIL, Collegio degli infermieri professionali, Collegio dei periti industriali, Comitato Difesa Consumatori, Comune di Trento – Assessorato alle politiche sociali, Confederazione Italiana Agricoltori, Conferenza dei Presidenti di Circoscrizione, Confesercenti del Trentino, Coordinamento Caritas delle Parrocchie del Decanato di Trento, Coordinamento donne, Federazione Trentina delle Cooperative, Istituto regionale di studi e ricerca sociale, Ordine dei farmacisti, Ordine dei giornalisti, Ordine dei medici, Ordine degli psicologi, Servizio Istruzione della Provincia autonoma di Trento, Rete “Radié Resch”, Unione piccoli proprietari immobiliari. Su queste premesse sta crescendo “lamiacittà”. Gli elementi che maggiormente la caratterizzano quale laboratorio volto a promuovere salute sono i seguenti: - l’obiettivo chiaro e condiviso è quello di migliorare la qualità delle relazioni interpersonali in quanto determinati di salute mentale; - le proposte individuate sono sempre frutto di una condivisione di un gruppo di lavoro che rappresenta le principali realtà aggregative e rappresentative della città; - le proposte cercano di essere sempre il più possibile semplici, accattivanti, sorridenti, stimolanti; - le proposte sono aperte e perseguono sempre il maggior livello possibile di coinvolgimento, di responsabilizzazione e di protagonismo del singolo cittadino, della sua famiglia, di un suo eventuale gruppo di riferimento - l’elemento di coinvolgimento e di responsabilizzazione personale costituisce l’indicatore primo e principale su cui misurare il successo dell’iniziativa. Le principali iniziative già realizzate nel 2000 e in corso di realizzazione nel 2001 sono le seguenti Iniziative 2000 - Materiale informativo - N. di telefono – 0461/230004 - Accordi con i media - Il volantone sulla comunicazione - I sabati di “lamiacittà” – Il Gazebo - Le attività fatte con altre realtà (8 marzo, bimbinbici, etc) - Il laboratorio del lunedì - Indice QRI - Coinvolgimento e protagonismo di… - Altro e di più ... Iniziative 2001 - Una fisarmonic-card per star meglio con se stessi e con gli 103 - - Le esperienze in Trentino - 104 - Descriverò molto brevemente l’Indice QRI (QRI = Qualità delle Relazioni Interpersonali) per rappresentare con un esempio lo spirito informatore complessivo de “lamiacittà”. Che cos’è. L’Indice QRI è un termometro che misura la temperatura delle relazioni interpersonali e sociali nella città di Trento. Come funziona. I rilevatori de “lamiacittà” misurano in 10 luoghi predefiniti della città, una volta al mese, le relazioni interpersonali e sociali utilizzando scale di valutazione numeriche. La rilevazione fatta in ogni singolo luogo fornisce l’indice QRI di quel luogo in quel mese. La somma delle dieci rilevazioni di un dato mese costituisce l’indice mensile del QRI della città di Trento. L’obiettivo. L’obiettivo dell’Indice QRI è contribuire a dare visibilità e importanza al valore della qualità delle relazioni interpersonali, a stimolarvi intorno riflessioni e pensieri. La rilevazione e la pubblicizzazione dell’indice QRI non ha finalità dirette sulla qualità delle relazioni interpersonali nei luoghi dove si effettua la misurazione. L’attesa è quella di creare nella città un clima di curiosità, di attenzione, di sensibilizzazione che favorisca il più possibile la nascita di iniziative dirette e/o che contribuisca comunque a movimenti spontanei di riflessione e cambiamento. I luoghi della rilevazione. Sono stati individuati 10 luoghi con caratteristiche diverse, ma che rappresentano sempre luoghi di passaggio, di incontro, di attesa, di richiesta di beni o servizi. I 10 luoghi individuati forniscono un insieme rappresentativo della quotidianità di Foto G. Zotta - APT del Trentino - altri Una carta di identità di “lamiacittà” Il futuro del QRI a Trento, in Italia e oltre… Un gazebo per tutte le stagioni Sorrisi tra commercianti e soci de “lamiacittà” Inviti a personaggi famosi per proporsi come veicolo dei temi di “lamiacittà” Partecipazione a iniziative di altri Le feste di condominio Attività con le scuole. Dal QRI in avanti… Laboratorio del lunedì Ancora e sempre coinvolgimento e protagonismo di singoli e gruppi Altro e di più... vita della città di Trento, per quanto riguarda i suoi luoghi “pubblici”. Le variabili della rilevazione. Per misurare la temperatura delle relazioni interpersonali e sociali nei 10 luoghi individuati utilizziamo 10 variabili. 5 variabili sono frutto dell’osservazione del luogo e della valutazione delle relazioni che vi si svolgono, 5 variabili sono frutto della valutazione di situazioni provocate dai rilevatori nell’ambito di 3 situazioni ricorrenti: esternazione di un complimento “soft”, richiesta di un “piccolo” favore, richiesta di un’informazione “semplice”. Dalla somma delle 10 misurazioni si ottiene il QRI del singolo luogo che potrà andare da un minimo di 0 a un massimo di 100. Sommando i 10 QRI si ottiene il QRI generale che potrà oscillare tra un minimo di 0 ed un massimo di 1000. I primi sei mesi di rilevazione dell’indice QRI – dicembre 2000/ maggio 2001- permettono di tracciare alcune considerazioni. Le persone che sono state coinvolte nella rilevazione nei diversi luoghi hanno mostrato quasi sempre disponibilità e interesse. Tutte le volte che è stato possibile spiegare loro il senso di “lamiacittà” e dell’indice QRI hanno espresso vivo apprezzamento, condivisione, incitamento a proseguire. Dalle circa 600 persone con cui si è parlato più approfonditamente (una media di 10 persone per luogo per mese) si è percepito chiaramente che il bisogno di migliorare le nostre relazioni interpersonali è molto sentito e condiviso. Molti hanno dichiarato interesse a farsi coinvolgere in iniziative finalizzate a questo scopo. In questo senso “lamiacittà” e l’Indice QRI sono stati considerati stimoli efficaci e concreti. Come abbiamo chiarito già all’inizio il principale obbiettivo dell’Indice QRI è quello di stimolare altre iniziative che siano finalizzate al miglioramento delle relazioni interpersonali e che partano dall’iniziativa di singoli cittadini o di loro gruppi. In questo senso questi primi 6 mesi di rilevazione hanno prodotto: - un interesse “generico” delle persone coinvolte nella rilevazione che ne hanno preso conoscenza e si sono mostrate interessate ad attivarsi; - un interesse “specifico” di alcune persone per introdurre l’Indice QRI nelle proprie realtà di lavoro o di vita. È evidente che se fatto in contesti di questo tipo l’Indice QRI viene ad assumere un valore specifico come modificatore della qualità delle relazioni interpersonali; - in 3 scuole sono partite iniziative finalizzate agli obiettivi di “lamiacittà”; In particolare nelle scuole Bresadola e Tambosi alcune classi sono state coinvolte direttamente nella rilevazione dell’Indice QRI; - è aumentata la frequenza al laboratorio di “lamiacittà”, aperto tutti i lunedì dalle 18.00 alle 19.00, con la finalità di raccogliere idee, proposte, progetti; - da diverse persone che risiedo105 Le esperienze in Trentino no fuori Trento, sia in provincia che in altre regioni italiane, sono venute richieste di materiale sull’Indice QRI per poterlo sperimentare nella propria realtà territoriale; - alcuni media nazionali hanno riportato l’esperienza dell’Indice QRI. 106 Naturalmente i “veri” risultati sono rappresentati dai coinvolgimenti personali. Un buon esempio ci viene dalle Scuole medie Bresadola. Un gruppetto di studenti partecipa dall’inizio alla rilevazione del QRI. I ragazzi l’hanno presa giustamente sul serio e sono molto attenti a studiare e a misurare quello che succede nei luoghi, a coinvolgere chi transita in piccole e gentili provocazioni per poi trasformare in voto la Qualità della Relazione che si è creata. Il “vero” risultato è che hanno trasferito a scuola lo spirito dell’iniziativa cercando di individuare i nodi, i problemi che nella loro scuola pesavano sulla Qualità delle loro Relazioni Interpersonali. E hanno cominciato a discuterne. Non per questo in quella scuola saranno diventati tutti angioletti, ma forse qualcosa di positivo è successo e qualche riflessione la possiamo fare, visto che ci preoccupiamo sempre di più dei comportamenti dei nostri ragazzi e delle difficoltà a coinvolgerli. In questo modo è accaduto che i ragazzi, acquisitane la responsabilità, si sono sentiti diretti protagonisti della Qualità delle loro Relazioni, in altri termini della loro salute mentale. Facile immaginare che l’iniziativa si stia estendendo in altre scuole. Un percorso simile si sta verificando con altre iniziative, col risultato atteso che del laboratorio de “lamiacittà” diventino responsabili e protagonisti il maggior numero di cittadini trentini. 2. Alcol, problemi alcolcorrelati e promozione di salute. Tutti più informati, tutti più responsabili Da circa 10 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha modificato l’approccio nei confronti dell’alcol e dei problemi alcolcorrelati. Fino alla fine degli anni ‘80 il riferimento costante era il binomio uso/ abuso. Da un lato i consumi consentiti/sociali/innocui, progressivamente in calo, e misurati in grammi/die, dall’altro quelli pericolosi/ dannosi e perciò sconsigliati/proibiti. Su quest’approccio si era consolidata per anni la cultura del cosiddetto bere moderato/sociale/accettato. Una cultura che mescolava tradizioni radicate e fortemente condivise dalla comunità con posizioni scientifiche sempre meno sostenibili come veicolatrici di salute. Il fallimento di questo approccio appariva sempre più evidente considerato che non riusciva a mettere in campo nulla di significativo in termini di “prevenzione” e neppure in termini di “cura”. Vi era poi da fare i conti con un dato epidemiologico ormai acquisito che dimostrava come il numero di problemi alcolcorrelati in una popolazione fosse direttamente proporzionale ai con- Documenti per la salute 6: “Le attività alcologiche in Trentino”, a cura di L. Pellegrini e C. Zorzi. Coordinamento editoriale V. Curzel. Provincia Autonoma di Trento, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Centro Studi e Documentazione sui Problemi alcolcorrelati Trento. sumi medi di quella popolazione e che nel gruppo dei cosiddetti bevitori moderati, percentualmente maggioritario, si concentrasse il maggior numero di problemi alcolcorrelati. Da qui il passaggio “epocale” che, abolendo la storica distinzione tra uso e abuso, riconduce il bere bevande alcoliche sempre e comunque a consumo e lo colloca tra i comportamenti a rischio che in quanto tali è bene il più possibile evitare. Da qui lo slogan odierno dell’OMS nei confronti del bere: Less is better, Meno è meglio. In pochi campi come in quello dell’alcol e dei problemi alcolcorrelati rafforzare l’azione della comunità è fondamentale, perché è proprio attraverso la disinformazione e i relativi conseguenti comportamenti della comunità che si creano la maggior parte dei problemi alcolcorrelati. Mentre è proprio attraverso una azione comunitaria che può cambiare la percezione che la comunità ha dell’alcol e di conseguenza i comportamenti e perciò i consumi e perciò l’incidenza e la prevalenza dei problemi alcolcorrelati e perciò la nostra salute. In Trentino poco più di 15 anni fa approdarono i Club degli alcolisti in trattamento, gruppi basati sui principi della mutualità, composti da 5-10 famiglie al cui interno vi sono problemi alcolcorrelati. I membri dei Club si incontrano 1 volta alla settimana con il fine dichiarato di smettere di bere e soprattutto di cambiare il proprio stile di vita. In questi 15 anni i Club si sono diffusi rapidamente e in modo capillare tanto che oggi ve ne sono in Trentino più di 160, 1 ogni circa 2800 abitanti. I Club hanno ovviamente e primariamente dato risposte molto importanti a centinaia e centinaia di famiglie che sono uscite dal problema. Ma i Club hanno anche costituito un potente laboratorio che ha contribuito a modificare nella comunità il rapporto con l’alcol stabilendo principi e pratiche di promozione di salute. Questo è avvenuto per 3 specifici fattori. a) Il primo fattore riguarda la dichiarata visibilità dei Club. I membri di Club non si nascondono, anzi, la loro testimonianza è dichiarata e assume un valore ovvio non solo per chi vi partecipa direttamente ma anche per quanti per motivi diversi ne vengono a conoscenza e in contatto (amici, vicini di casa, colleghi di lavoro, operatori socio107 Le esperienze in Trentino 108 sanitari, amministratori, etc). b) Il secondo fattore riguarda il particolare sistema che ruota attorno ai Club in tema di formazione e di aggiornamento. In questo sistema vi sono livelli e target di riferimento diversi che interessano complessivamente tutta la comunità. - Il 1° livello riguarda “Il Corso di sensibilizzazione all’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e complessi”, Corso della durata di 50 ore e che è aperto a operatori, volontari, cittadini con o senza problemi alcolcorrelati. Gli obiettivi dichiarati del corso sono due. Il primo riguarda la messa in discussione del rapporto personale che chi partecipa al Corso ha con il bere, secondo quelle che sono le attuali posizioni OMS; il secondo l’acquisizione di conoscenze sulla metodologia e sulla pratica dei Club per entrare a farvi parte come operatore. - Il 2° livello riguarda momenti di formazione e di aggiornamento dedicate alle famiglie che frequentano i Club, all’inizio e durante il percorso. - Il 3° livello riguarda momenti di informazione e di sensibilizzazione organizzati assieme ad associazioni e/o enti di un dato territorio (quartiere, circoscrizione, paese) e offerti alle persone e alle famiglie che abitano in quel territorio. c) Il terzo fattore riguarda la dichiarata volontà di collaborare con i servizi pubblici coinvolti nei problemi alcolcorrelati, dai servizi di alcologia ai servizi sociali, dai medici di medicina generale a tutte le figure e le aggregazioni significative della comunità. Chi ha memoria storica della nascita e dello sviluppo dei Club in Trentino conosce bene queste cose. Forse può apparire meno evidente il legame che tutto questo ha avuto e sempre più avrà in prospettiva con la promozione della salute. Ne ricordo i 2 passaggi principali. - Il primo passaggio riguarda le famiglie che entrano nei Club e che ricevono fin dal primo momento una fortissima iniezione di responsabilità e protagonismo. Tanto più forte se si pensa che per decenni i problemi alcolcorrelati si riteneva fossero un prezzo da pagare senza soluzioni possibili o con false soluzioni come i ricoveri continui, i vari passaggi tra servizi, i pellegrinaggi della falsa speranza. Più di 5000 persone in Trentino attraverso la frequenza ai Club hanno “scoperto” che la responsabilità della loro salute era nelle loro mani e che lì stavano trovando la risposta che per anni avevano cercato invano anche attraverso i circoli viziosi della delega e della deresponsabilizzazione. - Il secondo passaggio richiama i percorsi di sensibilizzazione. Nella tabella 1 si trova il numero di famiglie entrate nei Club, il numero delle persone residenti in Trentino che hanno frequentato lo specifico Corso di sensibilizzazione e il numero approssimativo delle persone che hanno partecipato a serate di sensibilizzazione. Sono numeri che colpiscono e che contribuiscono a spiegare come mai oggi in Trentino vi sia il maggior numero di Club in rapporto alla popolazione, vi sia una percezione dei problemi alcolcorrelati sempre più corretta, pur in presenza di una cultura del bere ancora molto radicata, vi siano importanti iniziative mirate, validate scientificamente sulla base dei dettati dell’OMS, per stimolare attraverso programmi specifici di informazione e di sensibilizzazione una riduzione dei consumi e perciò una riduzione dei problemi. In buona sostanza una chiara azione della comunità che in modo sinergico promuove salute, a chiara dimostrazione di come muovendosi Tabella 1 N. di famiglie entrate nei Club 1985-2000 N. di Club al 31.12.2000 3250 162 N. di persone che hanno N. di persone che hanno frequentato i Corsi partecipato a serate di sensibilizzazione di sensibilizzazione 1986-2000 1986-2000 964 8000 ca 109 Le esperienze in Trentino in questa direzione la promozione della salute esce dalle affermazioni di principio per calarsi nel nostro quotidiano di vita. 110 3. Dal disagio psichico alla salute mentale. Lotta al pregiudizio per fare assieme Una famosa ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità documentò alcuni anni orsono che il decorso delle malattie mentali più gravi assume un andamento più favorevole nei paesi meno sviluppati rispetto all’Occidente ricco e industrializzato, che pure ha servizi psichiatrici capillarmente diffusi. La spiegazione di questo apparente paradosso è stata individuata nel fatto che rispetto all’Occidente, nei paesi del cosiddetto terzo mondo si registra solitamente una accettazione superiore nei confronti dei malati di mente e che lo stigma nei loro confronti assume forme molto più blande quando non è del tutto assente. Su questa base da alcuni anni, e a maggior ragione dopo le riflessioni culturali che la chiusura dei manicomi hanno portato in Italia, si sta dando valore e significato ad azioni di sensibilizzazione della popolazione generale per raggiungere alcuni obiettivi specifici: - abbassare lo stigma e il pregiudizio; - migliorare il livello di accettazione e di integrazione solidale - promuovere il protagonismo di tutti sui temi della salute mentale. L’esperienza che da alcuni anni sta portando avanti il Servizio di salu- te mentale di Trento rientra in questo contesto e si sta sviluppando in questo modo. Si è progressivamente costituito per iniziativa del Servizio un “Gruppo sensibilizzazione” costituto da operatori, utenti, familiari, volontari, rappresentanti di enti pubblici e privati che si occupano a vario titolo di disagio mentale (ad esempio vigili urbani ed operatori di cooperative sociali), Gruppo che si colloca all’interno della Consulta cittadina per la salute mentale. Questo Gruppo che ha visto col tempo crescere sempre di più la presenza e l’importanza di utenti e familiari riconosce una radicale parità di sapere e di esperienza a tutti i suoi componenti. Già questa acquisizione stabilisce un presupposto importante perché garantisce responsabilità e protagonismo in pari misura a soggetti tradizionalmente separati. Da un lato gli operatori dei Servizi o di enti comunque attivi nel campo e dall’altra gli utenti e i loro familiari. L’attività di sensibilizzazione si articola nel seguente modo. Un operatore del Servizio che svolge funzioni di segretariato organizzativo e di rete prende contatto con tutte le realtà variamente organizzate che nel Comune di Trento hanno rappresentanza (Circoscrizioni, parrocchie, associazioni culturali, ricreative, sportive, etc.) nonché con alcune agenzie particolarmente importanti come le scuole. In questi contatti si propone alla realtà contattate di organizzare assieme una prima serata da proporre ai cittadini che sono collegati a quella realtà. Si usa a questo scopo del materiale standard con locandine e manifestini o lettere personali che richiamano lo schema illustrato nel riquadro qui sotto riportato. Figura 1 Locandina per la promozione di serate di sensibilizzazione sulle tematiche della salute mentale e della sofferenza psichica. Servizio di Salute mentale di Trento. Consulta per la salute mentale Il Circolo culturale di Gardolo Ti invitano ad una serata di sensibilizzazione e di discussione sulle tematiche della salute mentale e della sofferenza psichica J salute mentale J disagio psichico J disturbo psichico/malattia mentale J cosa hanno di diverso l’infarto e la schizofrenia J Giovanni e la sua psicosi J il Servizio di salute mentale di Trento J ciascuno di noi è una risorsa non cerchiamo eroi, ma Ci troviamo il 21 ottobre alle ore 20.30 presso il Circolo dei Filosofi in Via dei Rododendri 34 Introducono utenti, familiari, operatori del Servizio di salute mentale di Trento La Consulta è promossa dal Servizio di salute mentale di Trento, Via Petrarca 1, tel 0461-985825 Questa forma organizzativa garantisce un coinvolgimento attivo della realtà co-organizzatrice e che si attiva per coinvolgere i suoi membri. La serata si svolge di solito nel modo seguente: - un volontario introduce spiegando storia e senso dell’iniziativa; - alcuni utenti e familiari raccontano la loro esperienza personale, che senza bisogno di esplicitarlo più di tanto si rivela sempre un ottimo modo per contrastare i pregiudizi e per fornire agli intervenuti stimoli identificatori positivi; - un operatore del Servizio sottolinea l’interesse che il Servizio ha in queste attività e l’importanza del coinvolgimento e della responsabilizzazione di tutti a partire da quanti sono presenti in quella serata. Segue un dibattito solitamente molto ricco di spunti personali da parte di tutti e una prima riflessione su micro-iniziative che possono essere prese assieme. Dall’incontro si attendono alcuni risultati. - Il primo risultato atteso è che gli intervenuti mettano in discussione stigma e pregiudizio nei confronti della malattia mentale maturando un atteggiamento di disponibilità e di attenzione. - Il secondo risultato atteso è che le testimonianze di utenti e familiari con la loro carica di protagonismo e di responsabilità suggeriscono modalità simili a chi in vario modo si trova o si troverà a vivere forme di disagio o di disturbo o è vicino a chi tali problemi vive. - Il terzo risultato atteso è che dall’incontro nel suo complesso e da eventuali iniziative successive, la singola persona e/o il piccolo gruppo sia stimolato a cogliere l’importanza del coinvolgimento personale e della responsabilizzazione non solo in riferimento al disagio e al disturbo ma anche alla salute mentale nel suo valore positivo di star bene con se stessi e con gli altri a partire dalla qualità dei rapporti interpersonali (cfr. “lamiacittà”). 111 e di cui si cominciano a vedere i tangibili risultati. Le esperienze in Trentino Un ultimo cenno sul supporto finanziario a queste iniziative a cui fa esplicito riferimento anche la carta di Ottawa. Si tratta di cifre assolutamente modeste, ma che spesso è assai faticoso reperire, così come è faticoso reperire quelle attenzioni e quel consenso che ancor più delle risorse economiche permette a queste iniziative di vivere e di moltiplicarsi. Oggi qualcosa più di ieri lo si sta facendo e queste brevi testimonianze ne fanno fede. Per domani ci aspettiamo che sensibilità e investimenti crescano un po’ più velocemente. Auguri a tutti noi! 112 Questo modello organizzativo ha ormai raggiunto una sua stabilità con circa 25-30 incontri all’anno a cui partecipano da 10 a 50 persone per incontro con un coinvolgimento su base annua di circa 7-800 persone. Stanno inoltre maturando altre iniziative collaterali quali ad esempio la pubblicazione sui giornalini delle varie realtà locali (circoscrizioni, parrocchie, associazioni) di contributi sul tema, così come la presenza ormai abituale di gazebo nelle feste di quartiere o nel Centro storico, gazebo organizzati dal “Gruppo sensibilizzazione” e in cui si distribuiscono opuscoli informativi e omaggi floreali e si iniziano a tessere rapporti con la comunità. Un insieme di iniziative il cui obiettivo è rafforzare l’azione della comunità in tema di salute mentale Renzo De Stefani è Direttore dell’Unità Operativa di Psichiatria di Trento dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari e Coordinatore del Centro Studi e Documentazione sui Problemi Alcolcorrelati di Trento. Lo sviluppo dell’attività fisica nella popolazione anziana Federico Schena Strategie e azioni di educazione motoria per la popolazione anziana. Attività fisica e salute: un binomio non scindibile Il legame tra attività fisica e salute è immediato e intuitivo. Un atleta durante una competizione o una qualsiasi persona impegnata in un gesto sportivo anche di moderata intensità evocano in tutti l’idea di un soggetto in stato di buona salute, anzi, in uno stato di ottima funzionalità psico-fisica che consente di trarre il meglio dal proprio corpo. Tuttavia proprio questa idea di esercizio fisico come attività “speciale” ha portato per lungo tempo a sottovalutare la rilevanza dell’esercizio motorio abituale come strumento di salute per ogni individuo e la necessità che questo tipo di comportamento debba essere presente in tutte le persone, non solo a scopo di prestazione sportiva e/o di attività ricreativa, ma anche per lo sviluppo, il mantenimento ed il recupero di una condizione di buona salute. Il ruolo dell’attività fisica nei documenti internazionali Dalla fine degli anni ’80, in coincidenza con una maggiore attenzio- ne verso la salute come elemento globale della persona, inizia a intravedersi nei documenti internazionali anche l’esercizio fisico come uno degli aspetti da considerare e da promuovere in tutta la popolazione per migliorarne la condizione di salute (vedi ad esempio la Carta di Ottawa). L’acquisizione di importanza è completa nell’Health 21 dove l’attività fisica appare finalmente distinta dal più riduttivo concetto di sport ed è invece associata all’ambiente (Obiettivo 10) e ad altri comportamenti positivi quali una corretta alimentazione o un moderato uso di alcool (Obiettivo 11). Un documento fondamentale per il riconoscimento della relazione tra attività fisica e salute è la relazione del ministero della sanità americano pubblicata nel 19961 che raccoglie i risultati di alcuni fondamentali studi epidemiologici compiuti negli Stati Uniti2, per definire l’attività fisica come un requisito non eliminabile da una politica sanitaria di promozione della salute. Si fa strada inoltre l’attenzione a comprendere quali destinatari dello sviluppo dell’attività fisica anche le fasce più deboli della popolazione, in particolare gli anziani. Il focus sulla popolazione anziana Il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale è una delle emergenze sanitarie che negli ultimi anni ha richiamato l’attenzione di tutti coloro che sono impegnati nella programmazione e nella gestione delle risorse sanita113 Le esperienze in Trentino 114 rie. Di fronte al progressivo allungamento della vita l’incremento degli anni passati in buona salute e la riduzione degli anni di disabilità e dipendenza sono due obiettivi fondamentali. Esistono molte evidenze che la pratica dell’attività fisica è una condizione basilare per queste finalità3. Nel 1997 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recepito questi risultati pubblicando le “Lineeguida di Heidelberg” per la Promozione dell’attività fisica nella popolazione anziana (il cui testo è allegato a questa pubblicazione), che individuano i presupposti e le modalità operative per raggiungere gli obiettivi di salute sopra enunciati, richiamando inoltre gli effetti dell’AF non solo sulle funzionalità fisica, ma anche su vari aspetti psicosociali cruciali per la vita dell’anziano. Le strategie e le azioni A livello nazionale esiste un vasto consenso su questi punti-chiave fatti propri anche dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 che ha ripreso questi aspetti, identificando l’incremento dell’attività fisica nella popolazione anziana come uno degli obiettivi primari, riaffermato anche nell’attuale Piano recentemente definito. Questo aspetto è valorizzato nel Piano Sanitario Provinciale della PAT che lo include chiaramente tra gli scopi dell’obiettivo 1. Le azioni concrete realizzate in Italia in questo settore sono tuttavia meno numerose rispetto ad altri ambiti, tanto che è nota e docu- mentata una carenza di informazioni e di dati nazionali nel campo dell’esercizio fisico per la popolazione anziana. Questa difficoltà dipende dalla già citata difficoltà di separare attività fisica per la salute da attività sportiva e forse anche da specifiche carenze nei processi formativi e culturali degli esperti, responsabili e ricercatori, che nel nostro paese hanno per lungo tempo portato a sottovalutare tutto ciò che attiene all’ambito fisico e motorio. Si tratta certamente di una situazione in cambiamento, anche alla luce dei sempre più frequenti confronti con gli altri paesi europei, ma rimane un ritardo non irrilevante da recuperare. Le iniziative dell’ECUS/CeBiSM a Rovereto Il Laboratorio di ricerca dell’ECUS (Centro interuniversitario Europeo per le Scienze Sportive) è stato avviato a Rovereto nel 1996, per iniziativa delle università di Trento Verona e Brescia, per condurre studi ed iniziative nel settore delle attività motorie e sportive. Dal 2000 gli interessi del Centro sono stati ampliati verso il settore della Bioingegneria ed è stata modificata la denominazione in CeBiSM (Centro Interuniversitario di ricerca in Bioingegneria e Scienze Motorie) Tra gli ambiti di ricerca che sono stati al centro delle attività in questi anni, lo studio delle relazioni tra esercizio fisico ed invecchiamento ha rappresentato senza dubbio il campo di maggior impegno. Sono stati approfonditi aspetti diversi (fisiologici, psicologici, didattici) in re- lazione alle modificazioni indotte dall’invecchiamento sulle dimensioni della salute, per identificare gli effetti che si possono ottenere attraverso programmi mirati di attività fisica. Nonostante alcuni studi abbiano riguardato gli effetti di programmi individualizzati di allenamento (per atleti cosiddetti “master”) o di recupero funzionale in malati cronici (nel campo della riabilitazione cardiologica), l’interesse principale è stato finalizzato alla definizione e all’attuazione di programmi di attività motoria di gruppo, secondo esperienze già iniziate in precedenza4, attuabili da un’ampia parte della popolazione anziana, che è in grado di prendere in considerazione e di modificare, in accordo con le linee guida di Heidelberg, tutti gli ambiti della salute. Le iniziative realizzate hanno seguito due linee di sviluppo tra di loro interconnesse: 1. la definizione degli effetti scientificamente dimostrabili in funzione dell’attività fisica proposta e attuata; 2. la sperimentazione e la valutazione di iniziative concretamente realizzabili sul territorio in collaborazione con le realtà (enti, associazioni) esistenti. Per ragioni di spazio verranno illustrati solo i risultati più significativi riguardanti le esperienze condotte in Trentino, rinviando al sito www.form.unitn.it/CEBISM per una completa panoramica delle attività di ricerca effettuate in questo ambito. 115 Le esperienze in Trentino 116 Il programma di educazione motoria per la popolazione anziana a Rovereto L’esperienza pluriennale dei corsi promossi nell’ambito delle iniziative dell’Università dell’Età Libera del Comune di Rovereto rappresentava un patrimonio di grande spessore che è stato integrato con le conoscenze scientifiche citate in precedenza, per trasformare i semplici corsi di “ginnastica” in uno strumento di intervento globale mirato ad una “migliore qualità di vita per tutta la vita”. La collaborazione, iniziata nel settembre 1996, con un primo corso di formazione per gli insegnanti di attività motoria dell’Università dell’Età Libera, ha trovato in questi anni continui spunti per rinforzarsi ed ampliarsi attraverso una sinergia tra Comune di Rovereto e CeBiSM, che ha dato vita ad un concreto sviluppo di iniziative centrate sull’educazione motoria per gli anziani con aumento della tipologia di corsi di attività motoria, sviluppo di iniziative collaterali (formazione insegnanti, incontri di informazione su temi inerenti l’attività motoria), realizzazione di ricerche e studi specifici, iniziative di ricaduta diretta sulla popolazione anziana di Rovereto. Il “Progetto di educazione motoria per la popolazione anziana” è un programma di lavoro comune, rinnovato annualmente dal Servizio Attività Sociali del Comune e dal Laboratorio di ricerca, che prevede la possibilità di coinvolgere anche altre entità sociali a vario titolo interessate alla promozione della salu- te, al benessere psico-fisico e al miglioramento della qualità della vita dell’anziano nell’ambito delle tematiche che spaziano dall’attività fisica alla medicina. Il progetto si è articolato in questi anni in 4 settori di attività: 1. Corsi rivolti alla popolazione anziana; 2. Selezione formazione e coordinamento docenti; 3. Attività di ricerca scientifica e didattica; 4. Iniziative di ricaduta sulla popolazione anziana e nel territorio; secondo una precisa filosofia che può essere così sintetizzata: a) gli interventi sono finalizzati al miglioramento complessivo della qualità di vita; b) la ricerca è parte necessaria alla definizione dei programmi; c) gli insegnanti sono parte attiva della didattica e della ricerca; d) organizzazione, didattica e ricerca non possono essere momenti separati. Rinviando al già citato indirizzo internet la completa elencazione delle attività svolte e dei risultati conseguiti, saranno qui illustrati in modo sintetico le iniziative attuate ed i risultati raggiunti negli ultimi due anni. Corsi rivolti alla popolazione anziana Questi corsi rappresentano la forma più tradizionale di attività motoria proposta, ormai diffusamente, alla popolazione di età adulta avanzata ed anziana. In genere i corsi si ri- volgono a soggetti completamente autosufficienti, in buone condizioni di salute con età media intorno ai 60 anni. E’ stato fatto un tentativo concreto di ampliamento delle tipologie di attività possibili anche con integrazione tra forme diverse (es. palestra + piscina) e promosso iniziative dirette alle età più elevate, stimolando anche la partecipazione di persone con patologie croniche parzialmente disabilitanti (es. cardiopatici). La finalità dei corsi ha vissuto una progressiva evoluzione: da occasione di movimento guidato, che coniugava esercizio fisico e momenti di socializzazione, si è passati ad una progetto integrato di educazione al movimento, dove i momenti di socializzazione trovano una cor- retta collocazione all’interno di un programma motorio indirizzato alla prevenzione delle più comuni patologie degenerative, e al miglioramento delle abilità motorie necessarie alla vita quotidiana. La durata dei corsi è tale (circa 6 mesi) da permettere un consolidamento nel tempo dei risultati ottenuti e coprire il periodo dell’anno dove è più frequente la riduzione dell’attività spontanea. Nell’ultimo anno 2000-2001 sono stati proposti i seguenti corsi seguiti da circa 500 persone: - corsi di educazione motoria “da 55 anni ed oltre”; - corsi di educazione motoria “Over 70”; - corsi di educazione motoria “Almeno 80”; - corsi di educazione sportiva; - corsi di aquagym; - corsi di nuoto; - corsi di attività motoria estiva. Ad integrazione dei corsi vengono proposte una serie “Conferenze di informazione sanitaria” che mirano a fornire una informazione su temi inerenti la salute, che rappresentano per l’anziano un momento di grande attrattiva. Negli anni si è passati dalle lezioni sulle malattie ad incontri su temi più ampi, toccando anche argomenti alquanto inconsueti come: l’economia e la programmazione sanitaria; lo scoperta del genoma umano; le relazioni nonni-nipoti, per citarne qualcuno, perseguendo sempre una modalità di presentazione colloquiale ed interattiva che ha trovato una risposta positiva ed interessata. 117 Le esperienze in Trentino 118 Selezione, Formazione e Coordinamento insegnanti Asse portante del progetto e reale interfaccia con gli anziani sono gli insegnanti dei corsi, verso i quali è stata posta la massima attenzione ottenendo una fattiva ed aperta collaborazione. Il reclutamento degli insegnanti avviene tra i diplomati ISEF e comporta la loro adesione al progetto complessivo, in quanto l’attività di conduzione dei corsi ne costituisce solo una parte. La motivazione è quindi un punto prioritario in quanto proprio l’impostazione dei corsi richiede che l’insegnante, che accetta di assumere la responsabilità di conduzione di attività corsuale, non possa limitare l’impegno alle ore di palestra ma si impegni a sostenere le iniziative di aggiornamento e di ricerca. In questo modo il gruppo di docenti si è consolidato e sempre più qualificato negli anni, anche attraverso gli incontri periodici di aggiornamento con esperti e di autoaggiornamento che hanno condotto alla produzione di una guida per la programmazione e la conduzione dei corsi, che rappresenta la sintesi dell’esperienza didattica maturata in questi anni di lavoro. Ricerche scientifiche e didattiche In questo contesto l’attività di ricerca è parte necessaria per la definizione dei programmi. Vengono perciò attuate ricerche che si rivolgono all’indagine dei meccanismi di base che permettono un positivo adattamento all’esercizio fisico anche nel corso dell’invecchiamento e alla sperimentazione di modalità operative di trasferimento dei risultati in programmi di lavoro nonché di successiva verifica delle variazioni apportate. La prima di queste due finalità potrebbe sembrare fuori luogo in un contesto di attività a prevalente connotato ricreativo, ma così non è se si riflette sulla grande opportunità di maggiore salute che una attività motoria, svolta correttamente, offre ad una persona che affronta una fase della vita segnata in genere da una pesante riduzione della funzionalità personale. Per sfatare l’errata convinzione che sia sufficiente proporre una qualsivoglia modalità di esercizio per fare una buona attività per l’anziano è necessario raccogliere dati obiettivi e quantificabili che, supportati dalle necessarie osservazioni dell’insegnante, permettano di realizzare un programma su basi scientificamente e metodologicamente corrette. Gli ultimi studi eseguiti hanno riguardato i seguenti temi: Analisi della specificità dell’intervento motorio Il programma annuale di attività motoria di quattro gruppi-palestra omogenei per composizione è stato differenziato per circa 1/3 del tempo (20’di ogni singola lezione) per valutare l’efficacia di una parziale finalizzazione del programma all’interno del progetto generale. Le tipizzazioni riguardavano la forza, l’equilibrio, la reattività mentre il quarto gruppo eseguiva un programma standard. Ogni gruppo ho eseguito all’inizio ed alla fine una serie di valutazioni in laboratorio che della successiva sospensione, sulla naturale evoluzione della forza muscolare in conseguenza dell’età. Sono state analizzate diverse velocità di movimento con un ergometro isocinetico, ripetendo le misurazioni ad ottobre ed aprile di ogni anno dal ’97. I risultati ottenuti, alquanto complessi per una breve sintesi, mostrano un sensibile incremento della forza dopo il primo anno di corso ed una riduzione durante il periodo estivo che riguarda circa il 50% dei soggetti. I corsi successivi hanno dato un recupero quasi completo in chi aveva perso forza nel periodo senza training mentre un ulteriore incremento limitato in coloro che avevano mantenuto la forza durante l’estate. Chi abbandona i corsi dopo 2 o 3 anni inizia a perdere forza solo dopo circa 18 mesi. In conclu- hanno evidenziato un miglioramento generalizzato in tutti gli ambiti che si differenziava solo per il gruppo forza (figura 1) e per il gruppo equilibrio, limitatamente ai compiti posturali più complessi. È stato quindi evidenziato che il programma generale dei corsi in gruppo è in grado di modificare in modo positivo la funzionalità motoria e che solo la forza muscolare risente in misura significativa anche di interventi di durata modesta mentre altre abilità richiedono esercizi mirati più prolungati. Figura 1 Variazioni percentuali della forza misurata con ergometro isocinetico nella flesso-estensione del ginocchio a 180°. Valori medi ricavati dal rapporto tra il test post ed il test pre dei gruppi: controllo (GrC), Forza (GrF), equilibrio (GrE) e reattività (GrR) suddivisi sulla base del programma svolto in palestra. PT_flex = forza picco in flessione, PT_ext= forza picco in estensione, flex/ ext= rapporto tra flessione ed estensione. ANOVA * = p<0.05 ** = p<0.01 post vs pre; # = p<0.05 GrF vs gli altri gruppi. Studio longitudinale sulla forza L’evoluzione longitudinale della forza muscolare è seguita da 4 anni in un gruppo di circa 70 anziani, per studiare l’effetto della partecipazione ai corsi annuali di attività motoria, che durano circa 6 mesi, e VARIAZIONI PERCENTUALI FORZA 140 % GrC # # ** ** GrF GrR ** 120 * * GrE * * 100 80 60 PT_flex PT_ext Flex/Ext 119 Le esperienze in Trentino sione lo studio dimostra che la partecipazione ai corsi di educazione permette di incrementare la forza muscolare e di mantenere l’incremento nonostante l’aumento di età. In una percentuale rilevante del campione l’effetto permane anche alla sospensione del training, indicando che la pratica costante induce delle modificazioni semi-permanenti del sistema neuro-muscolare. 120 Risposta cardiaca all’esercizio in acqua I corsi di ginnastica in acqua hanno avuto negli ultimi anni una esplosione di consenso da parte degli anziani. Le informazioni disponibili sulla reale efficacia di tali attività è molto scarsa. Abbiamo confrontato la risposta cardiaca allo sforzo di un gruppo di anziani, che svolgevano sia attività in acqua che attività in piscina, confrontandola con un test standard in laboratorio. I dati raccolti indicano che in generale l’aquagym induce una minore risposta cardiaca rispetto alla palestra. Si sono evidenziati livelli di frequenza cardiaca allenante solo temporanei con picchi anche eccessivamente elevati in soggetti meno abili. Abbiamo tuttavia documentato che il trend può essere modificato opportunamente se l’insegnante del corso cambia in modo finalizzato la tipologia dei movimenti proposti agli allievi. Iniziative di ricaduta Informazioni agli anziani La necessità di un coinvolgimento diretto degli utenti nelle attività di studio e di ricerca trova evidente giustificazione nel trasferimento dei risultati ottenuti ai programmi dei corsi in palestra; tuttavia richiede anche una adeguato ritorno informativo agli anziani ed una coerente ed ampia pubblicizzazione delle ricadute positive attese. Ogni anziano che prende parte agli studi programmati riceve un quadro generale dei propri risultati, corredato da un opportuno commento che li renda comprensibili e con un giudizio qualitativo che inquadri il dato individuale nel contesto generale. Inoltre ogni anno viene organizzato un incontro pubblico rivolto in primo luogo ai partecipanti ai corsi di attività motoria, ma aperto anche a tutta la popolazione, per illustrare le linee generali dei risultati ottenuti ed il significato che essi assumono nell’indirizzare le future iniziative. Opuscolo divulgativo La presa di coscienza da parte della popolazione anziana del valore dell’esercizio fisico per un buon invecchiamento non viene incrementata solamente attraverso l’organizzazione di momenti attivi, ma anche favorendo la comprensione dei presupposti medici e delle ragioni scientifiche che sono a sostegno di queste affermazioni. La possibilità di riscontri su esperienze percepite come vicine e di immediata comprensione facilita questa consapevolezza e per questa ragione all’interno dell’opuscolo, che riporta le informazioni relative all’università dell’età libera, vengono inserite una decina di pagine che riguardano al- Figura 2 Valori medi di forza isometrica misurata nei tre gruppi di anziani ospiti coinvolti nella sperimentazione. IT = gruppo allenamento individuale, GT = gruppo allenamento di gruppo, Controllo = gruppo di controllo che non ha svolto programma motorio. La variazione percentuale si riferisce al confronto primadopo le 12 settimane di allenamento. ANOVA: * = p<0.05 *** p<0.001 confronti pre vs. post. cune delle iniziative portate a termine l’anno precedente ed i risultati più significativi relativi alle ricerche ed agli studi eseguiti. Convegni e seminari Per focalizzare l’attenzione verso il tema dell’attività motoria nell’anziano, nel giugno ’99 è stato organizzato a Rovereto un convegni di studi con la partecipazione di esperti a livello nazionale e locale che ha rappresentato un momento di riflessione e di spunto per sviluppo di nuovo iniziative. L’esperienza verrà ripetuta nel 2002 con un workshop di formazione a livello internazionale che sarà finalizzato alla definizione di procedure condivise ed attuabili sulla valutazione della capacità motoria dell’anziano. I progetti di attività motoria per gli anziani fragili Se le esperienze condotte a Rovereto si finalizzavano prevalentemente su persone in condizioni di buona autonomia personale non si può ignorare che certamente anche gli anziani fragili e/o disabili possono trarre rilevanti vantaggi da una attività fisica regolare. Anche in questo settore la conduzione di esperienze, significative sul piano della salute oltre che su quello della ricerca, deve essere legata all’ambito territoriale. Nel corso del 2000 il Laboratorio di Rovereto ha avuto l’opportunità di sperimentare una iniziativa all’interno delle strutture protette per anziani. L’esperienza è stata condotta in collaborazione con l’Unità Operativa di Geriatria del121 Le esperienze in Trentino 122 l’Ospedale Santa Chiara (primario dott. Gabriele Noro) e di tre case di riposo situate a Trento, Gardolo e Povo e con il supporto tecnico della Technogym che ha fornito una serie di apparecchiature che sono state collocate presso una delle strutture. Lo scopo della sperimentazione era la realizzazione di un programma di attività fisica finalizzata all’incremento della forza muscolare in anziani ospiti di case di riposo e nel confronto di programmi di esercizio diversi rispettivamente basati sull’allenamento individuale (IT) oppure sul lavoro in gruppo (GT) con esercizi a corpo libero o con piccoli pesi e bande elastiche. Gli outcomes attesi riguardavano: - l’aderenza al programma; - gli effetti sulle capacità fisiologiche; - gli effetti sulla performance motoria. Lo studio è stato positivamente completato circa 1 anno fa ed ha rappresentato un’assoluta novità per l’Italia trovando spazio di presentazione al Congresso nazionale di geriatria e pubblicazione sul Giornale di Gerontologia5. In sintesi i risultati più importanti hanno riguardato: 1. la realizzabilità del programma di attività motoria anche in una popolazione di anziani con forti limitazioni psico-fisiche, con una adesione complessiva di oltre il 90% alle sedute di training ed un numero di drop out inferiore al 5%; 2. l’incremento molto significativo della forza muscolare in entram- bi i gruppi allenati che ha riguardato in misura superiore il gruppo che ha svolto il training individuale con le macchine isotoniche; 3. il miglioramento di tutti i test di performance, alcuni dei quali sono stati sensibilmente più incrementati dagli anziani che svolgevano lavoro di gruppo rispetto a quelli che si allenavano individualmente. In conclusione questa esperienza ha dimostrato che è possibile far svolgere attività motoria anche agli anziani in strutture protette osservando un’adesione alta e notevoli benefici nelle funzioni motorie, che possono trarre il massimo giovamento da un programma misto che comprenda sia un lavoro individualizzato con attrezzature per lo sviluppo della forza che esercizi in gruppo per migliorare la destrezza e le dimensioni psicologiche e sociali. Le attività in corso e gli sviluppi futuri: a) Prosegue attivamente la collaborazione con il Comune di Rovereto che si è indirizzata anche verso altre tipologie di anziani che potrebbero beneficiare di adeguati programmi di attività motoria. È in corso una sperimentazione, presso il centro diurno, per verificare nuovi programmi di esercizio ed è intenzione raggiungere anche gli utenti seguiti dai piani di assistenza a domicilio; b) È stata avviata una iniziativa presso il centro servizi di Villa Agnedo, in collaborazione con il Comprensorio C3, dove si sta attuando un’esperienza simile a quella condotta in casa di riposo a Trento; c) È iniziato uno studio multicentrico per la validazione negli anziani di un questionario per il monitoraggio dell’attività fisica già proposto a livello internazionale per la popolazione adulta dall’OMS. Il CeBism, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche sociali e alla Salute della Provincia autonoma di Trento è uno dei partner del progetto che comprende 13 nazioni. Si intende applicare lo strumento validato per un’indagine conoscitiva sulle abitudine motorie degli anziani del Trentino. - È stato formato un gruppo di lavoro, sotto il patrocinio dell’UPIPA, per l’ampliamento a una decina di case di risposo (future RSA) del programma di attività fisica sperimentato a Trento. NOTE [1] U.S Department on Health and Human Services. Physical activity and Health: A report of the Surgeon General. International Medical Publishing, Atlanta USA, 1996. [2] Pate R.R., Pratt M., Blair S.N. et al., Physical activity and public health. JAMA, 273:402-407 1995. [3] Shepard RJ, Ageing, Physical Activity and Health. Human Kinetics, Champaign, USA, 1997. [4] Schena F. The influence of physical activity on ageing: the “Third Age Project” in Verona. Advances in Rehabilitation 2:101-107, 1999. [5] Schena F, Martinelli C., Noro G. Il significato dell’attività fisica nell’anziano istituzionalizzato: un’esperienza italiana. Giorn.Gerontol.48:597-607, 2000. Federico Schena è Direttore del Laboratorio di ricerca CeBiSM – Centro Interuniversitario di ricerca in Bioingegneria e Scienze Motorie, Rovereto (TN). 123 Riorientare i servizi sanitari Paolo De Pieri, Carlo Favaretti Il riorientamento dei servizi verso la promozione della salute nei documenti internazionali, nazionali e provinciali. Il riorientamento dei servizi sanitari è una delle cinque aree prioritarie d’azione a sostegno delle strategie di fondo della promozione della salute delineate dalla Carta di Ottawa e approfondite nel corso delle successive Conferenza internazionali sulla promozione della salute. Le tre strategie di fondo indicate dalla Carta di Ottawa per promuovere la salute, cioè per mettere in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla sono le seguenti: a) difendere, sostenere la causa della salute (“to advocate for health”), affinché vengano modificati in senso favorevole i fattori politici, economici, sociali, culturali, ambientali, comportamentali e biologici che hanno influenza sulla salute; b) mettere in grado (“to enable”) le persone e le comunità di esprimere al massimo il loro potenziale di salute; c) mediare tra gli interessi contrapposti della società (“to media124 te”), perché la salute sia considerata un valore da tutti i settori della società stessa. Da queste tre strategie si intuisce come la promozione della salute non possa essere una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma sia invece il risultato dell’azione intersettoriale tra tutte le componenti di una comunità che agiscono in maniera integrata per aiutare i singoli e la collettività nel suo insieme ad acquisire un maggiore controllo sui fattori che determinano la salute e a fare scelte che la migliorino. All’interno di questa azione intersettoriale, fin dagli esordi di questa strategia di sanità pubblica, è stata comunque evidenziata la necessità che i servizi sanitari modifichino in maniera sostanziale la loro direzione di sviluppo. La relativa novità di questo approccio internazionale e la sua scarsa conoscenza nella realtà italiana impongono fin da subito di esplicitare due possibili equivoci. Il primo è che la promozione della salute possa essere identificata con la prevenzione delle malattie, cioè con l’insieme degli interventi efficaci che mirano a evitare l’insorgenza delle malattie o a rallentarne l’evoluzione come, ad esempio, la riduzione dei fattori di rischio ambientali e comportamentali o le diagnosi precoci. È infatti possibile aumentare il controllo sui fattori che determinano la propria salute ed esprimere al massimo il proprio potenziale (cioè promuovere la propria salute) sia in assenza di malattia che in condizioni di malattia, anche particolarmente gravi. Man mano che ci si allontana dai servizi dedicati all’urgenza e all’emergenza (nei quali il livello di dipendenza dei pazienti dalla struttura è alto) e ci si sposta verso le unità operative che sono a contatto con i malati cronici (curabili e inguaribili), fino ad arrivare alle strutture che si occupano di riabilitazione o di prevenzione, è sempre più necessario attivare processi che aiutino le persone ad avere un maggiore controllo sui fattori che determinano la propria salute, con l’obiettivo di garantire loro la maggiore autonomia possibile. Il secondo possibile equivoco è la sovrapposizione che a volte viene fatta tra il concetto di promozione della salute e quello di educazione alla salute: l’espressione “promozione della salute” non è la maniera più moderna o più aggior- nata di definire l’educazione alla salute. Quest’ultima è l’insieme delle opportunità di apprendimento progettate consapevolmente per migliorare le conoscenze, le abilità e le motivazioni che possono influire sui comportamenti individuali e comunitari rilevanti per la salute. È una modalità di intervento molto importante ed è uno degli strumenti che, tra gli altri, consente alle persone di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla. Verso quale direzione andare? “Riorientare i servizi sanitari” è un’espressione accattivante, moderna, dà l’idea del cambiamento magari verso un miglioramento, ma è come una scatola vuota che deve essere riempita. Perché non vanno più bene i servizi precedenti? Cam- 125 Le esperienze in Trentino 126 biare per andare dove? Quali sistemi e punti di riferimento utilizzare in questo cambiamento? È sempre la Carta di Ottawa che viene in aiuto per chiarire queste domande e dalla quale sono estrapolabili alcune indicazioni precise: - nell’ambito dei servizi sanitari la responsabilità della salute deve essere condivisa tra i singoli, i gruppi della comunità, gli operatori, le strutture e i governi nazionali e regionali; - i servizi sanitari devono operare con un mandato più ampio: non solo prevenzione, diagnosi, cura della malattie e riabilitazione, ma anche promozione della salute (mettere in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla), andando al di là della responsabilità, già di per sé impegnativa, di garantire nel modo più efficiente possibile servizi assistenziali efficaci e appropriati; - i servizi sanitari devono ricalibrare la loro attenzione sui bisogni complessivi dell’individuo nella sua interezza e non sulla parcellizzazione delle specializzazioni; - i servizi sanitari devono stabilire efficaci connessioni con le altre componenti sociali, politiche ed economiche della comunità per coordinare i rispettivi impatti sulla salute dei singoli e della comunità stessa. Nel suo complesso, il riorientamento dei servizi sanitari richiesto dalla promozione della salute è sintetizzato dallo spostamento dell’en- fasi dalla parola “malattia” alla parola “salute”: non si tratta di un banale e inoffensivo gioco di parole ma è un salto culturale, professionale e organizzativo molto importante. Spostare l’enfasi dalla malattia alla salute implica per le organizzazioni sanitarie un profondo cambiamento della maniera stessa di strutturarsi e di operare: si tratta di passare dalla valutazione delle prestazioni per singole persone malate alla valutazione degli esiti sulla salute dell’intera popolazione servita, dalla cura della malattia all’assistenza centrata sui bisogni e sull’autonomia della persona, dalla frammentarietà delle specializzazioni alla globalità dell’approccio, dalla produzione delle singole prestazioni ai percorsi assistenziali integrati tra i diversi professionisti e con le altre componenti della comunità. È un processo indubbiamente difficile, ma è consolante vedere oggi che, anche nel nostro paese, questi temi non sono più un’utopia di pochi idealisti, ma rappresentano uno sforzo di molti: la stessa programmazione nazionale e regionale degli ultimi anni li ha recepiti in larga misura, anche se restano moltissime cose da fare per far camminare i servizi sanitari lungo la strada segnata da questa nuova direzione. Più che un allargamento delle competenze, il riorientamento dei servizi sanitari assomiglia a una radicale innovazione. Le persone ritornano a essere più importanti delle malattie e diventano co-artefici della loro assistenza, le strutture sanitarie perdono l’esclusiva sulla salute e devono interfacciarsi con il resto della comunità: come è possibile che 20 anni fa gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si siano azzardati a ipotizzare un quadro così radicalmente diverso da quello che ancora oggi sperimentiamo il più delle volte? La ragione di questo gap sta probabilmente nel fatto che le resistenze al cambiamento sono tuttora molto grandi e i servizi sanitari si stanno adeguando con lentezza alle esigenze e alle aspettative che i singoli e le comunità stanno maturando ormai da molto tempo. Aziendalizzazione e riorientamento Appare interessante chiedersi se il processo di aziendalizzazione che i servizi sanitari pubblici stanno vivendo in questi anni nel nostro Paese sia coerente con il riorientamento richiesto ai servizi sanitari di tutto il mondo per partecipare a pieno titolo alla strategia globale della promozione della salute. Va subito detto che un’azienda sanitaria territoriale e ospedaliera non può “riorientarsi” da sola, cioè cambiare in definitiva la propria mission al di fuori della programmazione nazionale e regionale che la ricomprende. Da questo punto di vista, il complesso degli interventi normativi e programmatori che l’intero Servizio Sanitario Nazionale ha subito negli ultimi anni sembra consentire questa evoluzione; anzi, alcuni elementi come la centralità dei cittadini, la globalità dell’approccio, l’interfaccia con i servizi sociali, i piani di zona da realizzare insieme ai comuni sembrano addirittura spingere le aziende sanitarie su questa strada. Se la programmazione consente alle attuali aziende sanitarie di percorrere questa nuova direzione, la stringente contingenza dei costi di gestione, l’esasperazione della logica prestazionale (da parte dei pazienti e dei clinici), i fragili meccanismi competitivi non hanno finora consentito a queste organizzazioni di rendere visibile e sistematico questo cambiamento. In molti casi addirittura, le attività di educazione alla salute e di promozione della salute sono state compresse, dal momento che non sono finanziate con meccanismi tariffari: la durata delle degenze e i tempi di attesa per una mammografia sono indicatori che meglio si adattano alla nostra balbettante capacità di formulare i budget aziendali e delle unità operative, al contrario magari dell’estenuante lavorio di tessitura ne127 Le esperienze in Trentino 128 cessario per costruire la rete territoriale dei servizi socio-sanitari. Il riorientamento dei servizi sanitari passa non solo attraverso una maggiore definizione operativa dei livelli essenziali di assistenza (LEA), ma anche attraverso l’impegno a spalmare le attività che promuovono la salute in ciascuno di essi. Non basta attivare un efficace piano di vaccinazioni, un coinvolgente programma di screening o una strategia globale per ridurre il numero dei fumatori: accanto a queste iniziative ad hoc di promozione della salute, è necessario tradurre gli elementi di riorientamento indicati nel paragrafo precedente in tutta la normale attività assistenziale, nella medicina generale, nella specialistica, nei ricoveri ospedalieri, nell’assistenza residenziale e semiresidenziale, nella vigilanza sulle attività produttive, ecc.. Come tutte le radicali innovazioni, anche il riorientamento dei servizi sanitari ha dei costi pesanti. In prima battuta viene da pensare ai costi economici dovuti all’aumento delle funzioni richieste alle strutture: informare, educare, badare maggiormente ai bisogni delle persone, cucire le reti assistenziali richiede indubbiamente un maggiore sforzo finanziario che male si concilia con le attuali esigenze di governo/contenimento dei costi. D’altra parte vanno considerati anche i costi dovuti al mancato riorientamento dei servizi sanitari come, ad esempio, il rinforzo della logica consumistica che punta solo alla prestazione e all’incremento dei servizi, il mancato coordinamento delle risorse assistenziali presenti sul territorio, la non ottimale assistenza erogata a pazienti non consapevolmente coinvolti nei processi assistenziali. Si deve poi aggiungere che molte delle attività necessarie per riorientare i servizi sanitari non implicano risorse aggiuntive, ma un modo nuovo di utilizzare le risorse esistenti: ad esempio, alcune esperienze mostrano come una parte delle risorse finalizzate a garantire ad alcune categorie di malati cronici prestazioni specialistiche francamente inappropriate possono essere riconvertite per aumentare l’autonomia e la capacità degli stessi pazienti di controllare meglio i fattori che determinano la loro condizione. I costi del cambiamento (professionale, organizzativo e relazionale) sono probabilmente altrettanto importanti di quelli economici. È indubbio che il riorientamento dei servizi sanitari implica per l’organizzazione e per ciascuno dei suoi membri un profondo ripensamento del proprio modo di agire, una messa in discussione del proprio passato e delle proprie sicurezze, il confronto con aspetti professionali sconosciuti, una condivisione di alcune posizioni di potere consolidate nel tempo, la perdita addirittura della propria identità. Da questo punto di vista, i nuovi modelli di gestione aziendale che i meccanismi di aziendalizzazione hanno introdotto possono essere di un qualche aiuto: l’integrazione dei processi, la valorizzazione delle professionalità, la differenziazione delle posizioni organizzative, la formazio- ne mirata, il confronto con le altre strutture, l’ascolto dei propri clienti possono contribuire a sostenere il personale in questo momento cruciale di passaggio. Il riorientamento nell’APSS Anche l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento (APSS) sta affrontando in questi anni il riorientamento imposto dalla promozione della salute: è un’operazione non solo consentita, ma addirittura richiesta dalla programmazione provinciale, che ha più volte reso esplicito l’orientamento alla promozione della salute del Servizio Sanitario Provinciale. Molte sono le attività di promozione della salute che sono state svolte nel campo dell’educazione, della cronicità, dell’integrazione socio-sanitaria, della sicurezza, della dipendenza da sostanze, sostenute sempre da professionisti illuminati e preparati che hanno tenuto alta la fiaccola del cambiamento; tuttavia anche l’APSS ha vissuto le contraddizioni che l’intero Servizio Sanitario Nazionale ha incontrato in questi anni e il riorientamento dell’intera organizzazione, che conta quasi 7000 dipendenti e serve l’intero territorio provinciale, appare ancora un punto lontano all’orizzonte. Il Programma di sviluppo strategico aziendale, adottato con la deliberazione n. 66 del 24 gennaio 2001 rappresenta un importante momento di crescita, in quanto la promozione della salute viene indicata come la prima delle tre linee strategiche che devono guidare l’Azienda nei prossimi anni, insieme al miglioramento continuo della qualità e alla gestione aziendale. Anche se ovviamente una deliberazione del direttore generale non basta di per sé a cambiare un’organizzazione così complessa, la presenza della promozione della salute nel Programma di sviluppo strategico sta a significare che essa non deve essere più lasciata all’iniziativa dei soliti professionisti “illuminati e preparati” e che operano isolatamente, ma rappresenta un dovere di ogni membro dell’organizzazione. Alla luce di quanto contenuto nel Programma di sviluppo strategico sarà allora possibile affrontare in modo più articolato e integrato alcuni temi già all’ordine del giorno come, ad esempio, l’unità valutati129 Le esperienze in Trentino va multidimensionale per l’accesso alle RSA e, più in generale, per l’accesso alle rete territoriale dei servizi, l’integrazione socio-sanitaria e il rapporto con i comuni, il completamento degli screening oncologici, il consenso informato. Nel 2001 l’APSS, sulla base di un esplicito obiettivo annuale posto dalla Provincia, aderirà alla Rete Italiana degli Ospedali per la Promozione della Salute, con il duplice obiettivo di sviluppare anche nel contesto ospedaliero alcuni progetti di promozione della salute rivolti ai pazienti, al personale e alla comunità e di introdurre elementi di riorientamento complessivo basati sul setting-approach tipico della promozione della salute. 130 Conclusioni Il riorientamento dei servizi sanitari rappresenta una necessità connessa allo sviluppo delle strategie di promozione della salute. Nel contesto delle riforme che si sono susseguite negli ultimi anni in Italia, tale riorientamento è sostenuto dalla programmazione, anche se nella fase realizzativa i cambiamenti non sono molto evidenti e non sono quasi mai riusciti a coinvolgere le organizzazioni sanitarie nel loro complesso. Per agevolare questo cambiamento organizzativo, la direzione generale dell’APSS di Trento ha indicato nel suo Programma di sviluppo strategico che la promozione della salute è una delle tre linee strategiche di riferimento, insieme al miglioramento continuo della qualità e alla gestione aziendale. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Baric L. (1994) “Health promotion and health education in practice - The organisational model”. 1st ed. Altrincham: Barns Publications. [2] Organizzazione Mondiale della Sanità (1998) “Health Promotion Glossary. www.who.int/ hpr/backgroundhp/glossary/ glossary.pdf [3] Organizzazione Mondiale della Sanità (1986) “The Ottawa Charter on Health Promotion”. WHO/HPR/HEP/95.1. Ottawa, www.who.int/hpr/archive/ docs/ottawa.html [4] Ministero della Sanità (1998) “Piano Sanitario Nazionale 1998-2000”. Roma, www.sanita.it/psn [5] Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (2001) “Il programma di sviluppo strategico”. Trento, www.apss.tn.it/documenti/ pss/default.htm Paolo De Pieri fa parte dello Staff del Direttore Generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento. Carlo Favaretti è Direttore Generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento. SCHEDA 1 Carta di Ottawa per la promozione della salute (Ottawa Charter for Health Promotion) Prima Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute Ottawa, Canada, 7-21 novembre 1986 II primo Congresso Internazionale sulla Promozione della salute, riunitosi a Ottava il 21 novembre 1986, ha presentato questa CARTA propositiva per il conseguimento della Strategia della Salute per Tutti per l’anno 2000 e oltre. La Conferenza è stata soprattutto una risposta all’esigenza sempre più diffusa di un nuovo movimento mondiale per la salute. La discussione si è incentrata sui bisogni dei paesi industrializzati, senza però trascurare le situazioni consimili nel resto del mondo. Punto di partenza sono stati i progressi registrati grazie alla “Dichiarazione di Alma Ata sull’Assistenza Sanitaria di Base”, al documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla ”Strategia della Salute per Tutti” e al recente dibattito dell’Assemblea Mondiale della Sanità sull’intervento intersettoriale per la salute. PROMOZIONE DELLA SALUTE Per promozione della salute si intende il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, l’individuo o il gruppo devono essere in grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di modificare l’ambiente o di adattarvisi. La salute vista, dunque, come risorsa di vita quotidiana, non come obiettivo di vita: un concetto positivo, che insiste sulle risorse sociali e personali, oltre che sulle capacità fisiche. Di conseguenza, la promozione della salute non è responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma supera anche la mera proposta di modelli di vita più sani, per aspirare al benessere. Requisiti per la salute Condizioni e risorse fondamentali della salute sono: la pace, la casa, l’istruzione, il cibo, il reddito, un eco-sistema stabile, la continuità delle risorse, la giustizia e l’equità sociale. Ogni progresso sul piano della salute dove essere necessariamente e saldamente ancorato a questi requisiti. Sensibilizzare La salute è un bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale, ed è aspetto fondamentale della qualità della vita. I fattori politici, economici, sociali, cultu131 rali, ambientali, comportamentali e biologici possono favorirla così come possono lederla. L’azione di promozione si propone di indirizzarli in senso positivo attraverso un’intensa campagna di sensibilizzazione. Offrire i mezzi La promozione della salute mira soprattutto all’equità nella salute. Il suo intervento si prefigge di ridurre le differenziazioni evidenti nell’attuale stratificazione sociale della salute, offrendo a tutti eguali opportunità e risorse per conseguire il massimo potenziale di salute. Questo comprende: un saldo radicamento in un ambiente accogliente, l’accesso alle informazioni, le abilità necessarie alla vita, la possibilità di compiere scelte adeguate per quanto concerne la propria salute. Non è possibile conquistare il massimo potenziale di salute se non si è in grado di controllare tutto ciò che la determina: questo vale in eguale misura per le donne e per gli uomini. Mediare I requisiti e le potenzialità della salute non possono essere garantiti dal solo settore sanitario. Non soltanto: la promozione della salute impone il coordinamento dell’azione di tutti gli organismi interessati: i governi, i settori sanitari, sociali e economici, le organizzazioni non governative, le autorità locali, l’industria e i mezzi di comunicazione. Il problema riguarda tutti - indipendentemente dalla loro condizione - sul piano individuale, familiare e comunitario. Compito imprescindibile dei gruppi professionali e sociali, e del personale sanitario, è la mediazione dei diversi interessi presenti nella società ai fini della promozione della salute. Le strategie e i programmi di promozione della salute devono adattarsi alle condizioni e alle esigenze locali dei singoli paesi o regioni, tenendo conto dei diversi sistemi sociali, culturali ed economici. PROMUOVERE LA SALUTE SIGNIFICA: Costruire una politica pubblica per la tutela della salute La promozione della salute va oltre la mera assistenza sanitaria. Essa porta il problema all’attenzione dei responsabili delle scelte in tutti i settori, a tutti i livelli, invitandoli alla piena consapevolezza delle conseguenze, sul piano della salute, di ogni loro decisione e a una precisa assunzione di responsabilità in merito. Nella politica di promozione della salute si fondono componenti diverse ma complementari, quali la legislazione, i provvedimenti fiscali e la modifica dei criteri organizzativi, in un’azione coordinata diretta a imporre politiche sanitarie, sociali e dei redditi ispirate ad una maggiore equità. L’azione comune contribuisce a garantire prodotti e servizi più salubri e sicuri, servizi pubblici più sani e ambienti più igienici e accoglienti. La politica di promozione della salute richiede di individuare gli ostacoli che impediscono l’adozione di una politica pubblica che tuteli la salute in tutti i settori non sanitari e i modi migliori per rimuoverli. Occorre far sì che anche per i responsabili politici la scelta della tutela della salute divenga la scelta più vantaggiosa. 132 Creare ambienti capaci di offrire sostegno Le società contemporanee sono complesse e interdipendenti. La salute non può essere un obiettivo isolato. Il legame inestricabile tra l’uomo e l’ambiente costituisce la base di un approccio socio-ecologico al problema della salute. Si tratti del mondo intero, di una nazione, di una regione o di una comunità, il principio informatore generale deve tendere sempre al sostegno reciproco - dobbiamo aver cura gli uni degli altri, della nostra comunità e dell’ambiente naturale. La tutela delle risorse naturali in tutto il mondo va ribadita come responsabilità globale. Il mutare dei modelli di vita, del lavoro e del tempo libero influisce in modo decisivo sulla salute. Lavoro e tempo libero devono divenire fonti di benessere per tutti. Il modo stesso in cui la società organizza il lavoro deve contribuire a renderla più sana. Dalla promozione della salute derivano condizioni di vita e di lavoro più sicure, stimolanti, gratificanti e piacevoli. Una valutazione sistematica dell’incidenza sulla salute di un ambiente di vita in rapida trasformazione - in particolare nei settori della tecnologia, del lavoro, della produzione di energia e dell’urbanizzazione - risulta indispensabile e ad essa deve seguire un’azione tesa a garantire sicuri benefici per la salute di tutti. Ogni strategia di promozione della salute deve tener conto della tutela dell’ambiente naturale e degli insediamenti, nonché della conservazione delle risorse naturali. Rafforzare l’azione della comunità È attraverso l’azione comunitaria concreta ed efficace che la promozione della salute può stabilire priorità, prendere decisioni e progettare e realizzare strategie tese al miglioramento della salute. Momento centrale di questo processo è il potenziamento della comunità, per renderla veramente padrona e arbitro delle sue aspirazioni e del suo destino. Lo sviluppo della comunità attinge alle risorse umane e materiali esistenti nella comunità stessa per favorire l’autosufficienza e la solidarietà sociale e per elaborare sistemi flessibili diretti al rafforzamento della partecipazione e della gestione diretta per quanto riguarda i problemi relativi alla salute. Per questo occorre garantire l’accesso libero e costante a tutte le informazioni e opportunità di conoscenza in tema di salute, nonché un adeguato supporto finanziario. Sviluppare le capacità personali La promozione della salute favorisce lo sviluppo personale e sociale fornendo informazione, istruzione sul problema della salute e preparazione generale. Aumenteranno così per tutti le possibilità di esercitare maggiore controllo, e di operare scelte precise, riguardo alla propria salute e all’ambiente. È essenziale fare in modo che tutti possano continuare ad apprendere per tutto il corso della vita, preparandosi ad affrontarne le diverse fasi e l’eventualità di malattie o invalidità croniche, apprendimento che dovrà essere favorito dalla scuola, dall’ambiente di lavoro e dalle associazioni comunitarie. Occorre intervenire sugli organismi scolastici, professionali e commerciali, e su quelli del volontariato, nonché sulle istituzioni stesse. 133 Riorientare i servizi sanitari La responsabilità per la promozione della salute all’interno dei servizi sanitari ricade ad un tempo sugli individui, sui gruppi comunitari, sugli operatori della sanità, sulle istituzioni del servizio sanitario e sui governi. Solo dalla loro collaborazione potrà nascere un sistema di assistenza capace di contribuire al conseguimento degli obiettivi di salute. Il settore sanitario dovrà agire in misura sempre maggiore nella prospettiva della promozione della salute, al di là della mera offerta di servizi clinici e curativi. Il mandato dei servizi sanitari dovrà estendersi a comprendere la ricettività e la sensibilità alle esigenze culturali, rispondendo al bisogno individuale e comunitario di una vita più sana, e aprendo canali di comunicazione tra il settore sanitario e le più vaste componenti sociali, politiche, economiche e ambientali. Riorientamento dei servizi sanitari significa anche più attenzione per la ricerca e per l’innovazione nella preparazione e nell’addestramento professionale. L’atteggiamento e l’organizzazione dei servizi sanitari dovranno cambiare, restituendo la priorità ai bisogni globali della persona intesa nella sua totalità. VERSO IL FUTURO La salute viene creata e vissuta da tutti nella sfera della quotidianità: là dove si impara, si lavora, si gioca, si ama. La salute si crea avendo cura di se stessi e degli altri, acquisendo la capacità di prendere decisioni e di assumere il controllo delle circostanze della vita, e facendo in modo che la società in cui si vive consenta la conquista della salute per tutti i suoi membri. L’impegno, una strategia organica di supporto e l’attenzione all’ecologia sono fattori essenziali allo sviluppo della promozione della salute. Per chi se ne occupa, il principio ispiratore dovrà dunque essere che in ogni fase della progettazione, della realizzazione e della valutazione della promozione della salute uomini e donne devono agire insieme su un piano di assoluta parità. L’impegno per la promozione della salute I partecipanti al Congresso si impegnano: - a scendere in campo nella battaglia per una politica pubblica di tutela della salute, chiedendo un esplicito impegno politico per la salute e la giustizia in tutti i settori; - a reagire alle pressioni che favoriscono prodotti dannosi, spreco delle risorse, condizioni di vita e ambientali malsane e cattiva alimentazione; a richiamare l’attenzione delle istituzioni su questioni di tutela della salute attinenti l’inquinamento, i lavori nocivi, i problemi dell’alloggio e dei nuovi insediamenti; - a colmare le disparità sul piano della salute all’interno di ogni società, e tra una società e l’altra, lottando contro le diseguaglianze nella salute create dalle norme e dalle consuetudini delle società stesse; - a riconoscere le persone come la maggiore risorsa per la salute; ad aiutarle e incoraggiarle a tutelare la salute propria, quella della famiglia e dei conoscenti, attraverso finanziamenti ed altro; ad accettare la comunità come principale interlocutore per 134 quanto concerne la salute, le condizioni di vita e di benessere; - a riorientare i servizi sanitari e le loro risorse in direzione della promozione della salute e a condividere il potere decisionale con altri settori, altre discipline e, in particolare, con gli stessi utenti dei servizi; - a riconoscere nella salute e nella sua tutela un fondamentale investimento sociale e una sfida decisiva nonché ad affrontare in modo globale il problema ecologico del nostro modo di vita. Il Congresso invita tutti gli interessati ad aderire al suo impegno in una solida alleanza per la salute. Appello all’azione internazionale Il Congresso esorta l’Organizzazione Mondiale della Sanità e altri organismi internazionali a sostenere la promozione della salute in tutte le sedi interessate, e ad aiutare i singoli paesi a elaborare e realizzare strategie e programmi di promozione della salute. II Congresso è fermamente convinto che se la gente di ogni condizione, le organizzazioni non governative e di volontariato, i governi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e ogni altro organismo interessato uniranno le loro forze per realizzare strategie di promozione della salute, nel rispetto dei valori morali e sociali che costituiscono la base di questa CARTA, la Salute per Tutti entro l’anno 2000 diventerà una realtà. La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/ottawa.html Traduzione di Giovanni Martini. 135 SCHEDA 2 Le Raccomandazioni di Adelaide sulla politica pubblica per la salute (The Adelaide Recommandations) Seconda Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute Adelaide, Australia, 5-9 aprile 1988 L’adozione della Dichiarazione di Alma Ata, avvenuta dieci anni fa, ha rappresentato una pietra miliare molto importante per il movimento della Salute per Tutti avviato nel 1977 dall’Assemblea Mondiale della Sanità. A partire dal riconoscimento che la salute è un obiettivo sociale fondamentale, la Dichiarazione di Alma Ata ha stabilito una nuova direzione per lo sviluppo di una politica a favore della salute, enfatizzando il coinvolgimento delle persone, la cooperazione tra i diversi settori della società e l’assistenza sanitaria primaria quale elemento che ne sta alla base. Lo spirito di Alma Ata Lo spirito di Alma Ata è stato riproposto nella Carta per la Promozione della Salute adottata a Ottawa nel 1986. La Carta ha lanciato la sfida di un movimento a favore di una nuova sanità pubblica, riaffermando che la giustizia sociale e l’equità sono prerequisiti per la salute e che l’azione di sostegno e la mediazione rappresentano i processi per il loro conseguimento. La Carta di Ottawa ha identificato cinque aree d’azione per la promozione della salute: costruire una politica pubblica per la salute, creare ambienti favorevoli, sviluppare le abilità personali, dare forza all’azione della comunità e riorientare i servizi sanitari. Queste azioni sono interdipendenti tra di loro, ma lo sviluppo di una politica pubblica per la salute costituisce le condizioni che rendono possibili le altre quattro. La Conferenza di Adelaide sulla politica pubblica per la salute ha continuato nella direzione tracciata nei documenti di Alma Ata e Ottawa e ha approfittato del loro slancio. Duecentoventi partecipanti, provenienti da 24 paesi, hanno messo in comune le esperienze fatte nel formulare e nel realizzare in concreto politiche pubbliche per la salute. Le strategie d’azione per una politica pubblica a favore della salute che sono raccomandate in questo documento riflettono il consenso raggiunto nel corso della Conferenza. LA POLITICA PUBBLICA PER LA SALUTE Una politica pubblica per la salute è caratterizzata sia dall’interesse esplicito a favore della salute e dell’equità in tutti i settori della politica, sia dalla assunzione di responsabilità nei confronti della salute. Lo scopo principale di una politica pubblica per la salute 136 è quello di creare un ambiente favorevole che metta in grado le persone di condurre una vita sana. Tale politica fa in modo che le scelte sane siano possibili o più facili per i cittadini e trasforma gli ambienti fisici e sociali perché accrescano la salute. Nella ricerca di una politica pubblica per la salute i settori governativi che si occupano di agricoltura, commercio, istruzione, industria e comunicazioni devono considerare la salute come un fattore essenziale quando formulano le loro politiche. Questi settori dovrebbero assumersi la responsabilità delle conseguenze sulla salute derivate dalle loro decisioni politiche. Essi dovrebbero fare attenzione tanto alla salute quanto alle considerazioni economiche. IL VALORE DELLA SALUTE La salute è contemporaneamente un diritto fondamentale dell’uomo e un buon investimento sociale. Per accrescere lo stato di salute di tutti i loro cittadini, è necessario che i governi investano risorse nella politica pubblica per la salute e nella promozione della salute. Il fatto che le persone possano accedere agli elementi essenziali per una vita sana e soddisfacente è un principio fondamentale di giustizia sociale. Allo stesso tempo, ciò accresce la produttività della società nel suo complesso, dal punto di vista sociale ed economico. Come dimostrato dalle esperienze presentate durante questa Conferenza, una politica pubblica per la salute realizzata nel breve periodo porta a benefici economici a lungo termine. Devono essere fatti ulteriori sforzi per collegare in un’azione integrata la politica economica, la politica sociale e quella a favore della salute. EQUITÀ, ACCESSO E SVILUPPO Le disuguaglianze in tema di salute sono radicate nelle ingiustizie presenti nella società. Per colmare il divario esistente tra le persone svantaggiate sul piano sociale e culturale e coloro che invece partono da una condizione migliore è necessario attuare una politica che crei ambienti favorevoli e che migliori l’accesso ai beni e servizi che accrescono la salute. Tale politica dovrebbe riconoscere una priorità elevata ai gruppi svantaggiati e vulnerabili. Inoltre una politica pubblica per la salute riconosce la cultura caratteristica dei popoli indigeni, delle minoranza etniche e degli immigrati. Un aspetto estremamente importante dell’equità rispetto alla salute è rappresentato da un’uguale accessibilità ai servizi sanitari, in particolare all’assistenza sanitaria di comunità. Il rapido cambiamento strutturale provocato dalle tecnologie emergenti può comportare nuove disuguaglianze in tema di salute. Il primo obiettivo stabilito dalla Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo cammino verso la Salute per Tutti è il seguente: “Entro l’anno 2000 le reali differenze nello stato di salute tra la nazioni e tra i gruppi all’interno di uno stesso paese dovrebbero essere ridotte di almeno il 25%, migliorando il livello di salute delle nazioni e dei gruppi svantaggiati”. In considerazione delle grandi differenze esistenti tra i livelli di salute dei vari paesi, che sono stati verificati da questa Conferenza, le nazioni sviluppate hanno l’obbligo di garantire che le loro politiche abbiano un impatto positivo sulla salute nelle nazioni in via di sviluppo. La Conferenza raccomanda che tutti i paesi sviluppino politiche pubbliche per la salute che si occupino esplicitamente di questo aspetto. 137 LA RESPONSABILITÀ PER LA SALUTE Le raccomandazioni di questa Conferenza si realizzeranno solo se i governi prendono l’iniziativa a livello nazionale, regionale e locale. Lo sviluppo di una politica pubblica per la salute è importante tanto ai livelli locali di governo quanto a quello nazionale. I governi dovrebbero stabilire espliciti obiettivi che mettano in evidenza la promozione della salute. La pubblica assunzione di responsabilità nei confronti della salute è un nutriente essenziale per la crescita di una politica pubblica per la salute. I governi e tutti coloro che hanno un controllo sulle risorse devono rispondere ai cittadini delle conseguenze sulla salute provocate dalle loro scelte o dalla mancanza di esse. Un impegno a favore di una politica pubblica per la salute implica che i governi devono misurare e riferire quale sia l’impatto sulla salute derivato dalle loro scelte politiche, adottando un linguaggio che possa essere compreso senza difficoltà da tutti i gruppi della società. L’azione della comunità è centrale per favorire una politica pubblica per la salute. Tenendo in considerazione il livello di educazione e alfabetizzazione, devono essere fatti sforzi straordinari per comunicare con quei gruppi che sono maggiormente condizionati dalla politica interessata. La Conferenza enfatizza la necessità di valutare l’impatto delle scelte politiche. E’ necessario sviluppare sistemi di informazione sulla salute che supportino questo processo. Ciò incoraggerà l’assunzione di decisioni informate rispetto alla futura allocazione delle risorse per l’implementazione di una politica pubblica per la salute. ANDARE OLTRE L’ASSISTENZA SANITARIA Una politica pubblica per la salute rappresenta la risposta alle sfide per la salute poste da un mondo sempre più dinamico e che cambia dal punto di vista tecnologico, con le sue complesse interazioni ecologiche e con le crescenti interdipendenze internazionali. Molte delle conseguenze sulla salute che derivano da queste sfide non possono essere risolte dall’attuale assistenza sanitaria né da quella che si può prevedere in un prossimo futuro. Gli sforzi della promozione della salute sono essenziali e richiedono un approccio integrato allo sviluppo sociale ed economico che ristabilisca i legami tra la salute e la riforma sociale, principio riconosciuto come fondamentale dalle politiche sviluppate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel decennio scorso. Gli alleati nel processo della politica I governi hanno un ruolo importante nei confronti della salute, ma essa è molto influenzata anche dagli interessi delle aziende e del mondo degli affari, dagli organismi non governativi e dalle organizzazioni comunitarie: dovrebbero essere incoraggiate le potenzialità offerte da questi soggetti nel preservare e promuovere la salute delle persone. I sindacati, il commercio e l’industria, le associazioni accademiche e i capi religiosi hanno molte opportunità di agire a favore della salute dell’intera comunità. Per dare impulso a un’azione favorevole alla salute devono essere formate nuove alleanze. 138 AREE D’AZIONE La Conferenza ha identificato come prioritarie quattro aree chiave di intervento immediato per sviluppare una politica pubblica per la salute. Sostenere la salute delle donne Le donne sono le principali promotrici di salute in tutto il mondo e la maggior parte del loro lavoro viene svolto gratuitamente o in cambio di una retribuzione minima. Le reti e le organizzazioni delle donne rappresentano dei modelli per il processo di organizzazione, pianificazione e realizzazione della promozione della salute. Le reti di donne dovrebbero ricevere un riconoscimento e un supporto maggiori da parte di chi compie le scelte politiche e dalle istituzioni costituite, altrimenti questo investimento del lavoro delle donne accresce le disuguaglianze. Per una loro reale partecipazione alla promozione della salute è necessario che le donne possano accedere alle informazioni, alle reti e ai finanziamenti. Tutte le donne, in particolare quelle che appartengono a gruppi etnici, indigeni o minoritari, hanno il diritto di autodeterminare la propria salute e dovrebbero essere considerate come soggetti attivi nella formulazione di una politica pubblica per la salute, per garantirne la rilevanza culturale. Questa Conferenza propone che le nazioni diano avvio su scala nazionale a una politica pubblica per la salute delle donne che metta al centro le questioni della salute delle donne e che includa proposte per: - l’equa distribuzione del lavoro assistenziale prestato nella società; - la possibilità di partorire secondo le preferenze e i bisogni delle donne; - i meccanismi di supporto al lavoro assistenziale, come il sostegno alle donne con figli e i congedi per l’assistenza sanitaria dei genitori o delle persone a carico. Cibo e alimentazione La sconfitta della fame nel mondo e della malnutrizione è un obiettivo fondamentale per una politica pubblica per la salute. Tale politica dovrebbe garantire a ogni persona la disponibilità di adeguate quantità di cibo sano, secondo modalità culturalmente accettabili. Le politiche per il cibo e l’alimentazione devono integrare i metodi di produzione e distribuzione del cibo, sia pubblici che privati, per ottenere un accesso equo al cibo a un prezzo sostenibile. Tutti i governi dovrebbero considerare come prioritario lo sviluppo di una politica per il cibo e l’alimentazione che integri i fattori agricoli, economici e ambientali, per assicurare un impatto positivo sulla salute a livello nazionale e internazionale. Il primo passo di tale politica dovrebbe essere l’individuazione di obiettivi per l’alimentazione e la dieta. La tassazione e le sovvenzioni dovrebbero essere articolate in modo da consentire a tutti di accedere facilmente a un cibo sano e a una dieta migliorata. La Conferenza raccomanda che i governi agiscano immediatamente e direttamente a ogni livello, usando il loro potere di acquisto sul mercato alimentare, per assicurare che le forniture di cibo che sono sotto il loro specifico controllo (come negli ospedali, nelle scuole, nei servizi assistenziale e nei luoghi di lavoro) permettano ai consumatori un pronto accesso a cibi sani. 139 Tabacco e alcol Il consumo di tabacco e l’abuso di alcol rappresentano due importanti pericoli per la salute che meritano un’azione immediata attraverso lo sviluppo di politiche pubbliche per la salute. Oltre al danno diretto provocato dal tabacco sulla salute dei fumatori, sono ora più chiaramente riconosciute che nel passato le conseguenze sulla salute del fumo passivo, specialmente sui bambini. L’alcool contribuisce alla discordia sociale e ai traumi fisici e mentali. Inoltre le importanti conseguenze ecologiche derivate dall’uso del tabacco quale merce di scambio nelle economie impoverite, hanno contribuito all’attuale crisi mondiale nella produzione e distribuzione del cibo. La produzione e il commercio del tabacco e dell’alcol sono attività molto redditizie, specialmente per i governi attraverso la tassazione. I governi spesso considerano che le conseguenze economiche di una produzione e di un consumo ridotti di tabacco e alcol, provocate da un cambio delle scelte politiche, potrebbero costituire un prezzo troppo alto da pagare se confrontato con i guadagni di salute che verrebbero ottenuti. Questa Conferenza esorta tutti i governi a riflettere sul prezzo che stanno pagando in termini di potenziale umano perduto, essendo complici delle vite perdute e delle malattie provocate dal fumo di tabacco e dall’abuso di alcol. I governi dovrebbero impegnarsi a sviluppare una politica pubblica per la salute che fissi a livello nazionale degli obiettivi di riduzione significativa entro il 2000 della produzione, del commercio e del consumo di tabacco e alcol. Creare ambienti favorevoli Molte persone vivono e lavorano in condizioni che sono pericolose per la loro salute e sono esposti a prodotti potenzialmente pericolosi. Tali problemi spesso trascendono i confini nazionali. La gestione dell’ambiente deve proteggere la salute umana dagli effetti avversi che direttamente o indirettamente sono provocati da fattori biologici, chimici e fisici, e dovrebbe riconoscere che gli uomini e le donne sono parte di un ecosistema complesso. Le risorse naturali che arricchiscono la vita, estremamente diverse ma limitate, sono essenziali per garantire la sopravvivenza, la salute e il benessere della razza umana. Le politiche di promozione della salute possono essere condotte solo in un ambiente che salvaguarda le risorse attraverso strategie ecologiche globali, regionali e locali. È richiesto un impegno a tutti i livelli di governo. Sono necessari sforzi intersettoriali coordinati per assicurare che le considerazioni sulla salute vengano assunte come prerequisiti integranti per lo sviluppo industriale e agricolo. A livello internazionale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe giocare un ruolo più incisivo nel far accettare questi principi e dovrebbe supportare il concetto di sviluppo sostenibile. Questa Conferenza ritiene prioritario che la sanità pubblica e i movimenti ecologici si uniscano insieme per sviluppare strategie che perseguano sia lo sviluppo socio-economico sia la conservazione delle risorse limitate del nostro pianeta. Sviluppare nuove alleanze per la salute L’impegno a sviluppare una politica pubblica per la salute esige un approccio che privilegi la consultazione e la mediazione. Una politica pubblica per la salute richiede la presenza di validi sostenitori che tengano viva l’attenzione di chi compie le scelte politiche sui 140 temi della salute. Questo significa favorire il lavoro dei gruppi di sostegno e aiutare i mezzi di comunicazione a interpretare le complesse questioni politiche. Le istituzioni educative devono rispondere ai bisogni emergenti della nuova sanità pubblica, riorientando i programmi di studio esistenti, in modo da includere l’acquisizione di abilità che consentano di mettere in grado le persone di costruire la propria salute, di mediare e di sostenere la causa della salute. Nello sviluppo della politica deve esserci uno spostamento di enfasi dal controllo al supporto tecnico. Inoltre è necessario creare occasioni di discussione per lo scambio di esperienze a livello locale, nazionale e internazionale. La Conferenza raccomanda che gli organismi locali, nazionali e internazionali: - istituiscano formali iniziative di stimolo e di confronto, per promuovere esempi di buona pratica nello sviluppo di una politica pubblica per la salute; - sviluppino reti di ricercatori, di formatori e di gestori di programmi che collaborino all’analisi e alla realizzazione di una politica pubblica per la salute. L’IMPEGNO PER UNA SALUTE PUBBLICA GLOBALE I prerequisiti per la salute e lo sviluppo sociale sono la pace e la giustizia sociale, una corretta alimentazione e la disponibilità di acqua pulita, l’istruzione e un alloggio decoroso, un ruolo utile nella società e un reddito adeguato, la conservazione delle risorse ambientali e la protezione dell’ecosistema. La prospettiva della politica pubblica per la salute è quella di raggiungere queste condizioni di base per una vita sana. Il raggiungimento di una salute globale poggia sul riconoscimento e sull’accettazione dell’interdipendenza esistente tra i diversi paesi e al loro interno. L’impegno per una salute pubblica globale dipenderà dal trovare validi strumenti di cooperazione internazionale per agire nei confronti delle questioni che superano i confini nazionali. LE SFIDE FUTURE 1. Una sfida per tutte le nazioni è rappresentata dall’assicurare un’equa distribuzione delle risorse anche in situazioni economiche difficili. 2. La Salute per Tutti sarà raggiunta solo se la creazione e la salvaguardia di condizioni di vita e di lavoro favorevoli alla salute diventano una preoccupazione centrale in ogni decisione politica pubblica. Il lavoro in tutte le sue dimensioni – il lavoro assistenziale, le opportunità di impiego, la qualità della vita lavorativa - influenza pesantemente la salute e la felicità delle persone. 3. La sfida più importante che le singole nazioni e le agenzie internazionali si trovano di fronte per raggiungere una politica pubblica per la salute è quella di incoraggiare la collaborazione (o lo sviluppo di alleanze operative) tra i vari paesi sui temi della pace, dei diritti umani, della giustizia sociale, dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile in ogni parte della terra. 4. Nella maggior parte dei paesi la salute dipende dalla responsabilità di organismi a diversi livelli politici. Nella ricerca della miglior salute è auspicabile trovare nuove strade di collaborazione all’interno e tra questi livelli. 141 5. Una politica pubblica per la salute deve assicurare che i progressi della tecnologia sanitaria agevolino il raggiungimento di una maggiore equità, e non siano invece di ostacolo. La Conferenza raccomanda fortemente che l’Organizzazione Mondiale della Sanità continui lo sviluppo dinamico della promozione della salute attraverso le cinque strategie descritte nella Carta di Ottawa. La Conferenza incoraggia l’Organizzazione Mondiale della Sanità a espandere questa iniziativa in tutte le sue regioni come modo integrante del suo lavoro. Il supporto ai paesi in via di sviluppo rappresenta il cuore di questo processo. RINNOVO DELL’IMPEGNO Nell’interesse della salute globale, i partecipanti alla Conferenza di Adelaide esortano tutti coloro che sono coinvolti a confermare l’impegno richiesto dalla Carta di Ottawa per una forte alleanza a favore della salute pubblica. La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/adelaide.html Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e documenti internazionali sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di Padova – Servizio regionale di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute. 142 SCHEDA 3 La Dichiarazione di Sundsvall sugli ambienti favorevoli alla salute (Sundsvall Statement on Supportive Environments for Health) Terza Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute Sundsvall, Svezia, 9-15 giugno 1991 La 3a Conferenza internazionale sulla promozione della salute, dal titolo “Gli ambienti favorevoli alla salute”, si inserisce in una serie di eventi che hanno visto il loro inizio nel 1977 con l’impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) a perseguire gli obiettivi della Salute per Tutti. A questo impegno sono seguite la Conferenza internazionale sull’assistenza sanitaria primaria, organizzata ad Alma Ata nel 1978 dall’O.M.S. e dall’U.N.I.C.E.F. (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia), e la 1a Conferenza internazionale sulla promozione della salute nei paesi industrializzati svoltasi a Ottawa nel 1986. Il successivo incontro di Adelaide nel 1988 che si è occupato della politica pubblica per la salute e quello di Ginevra del 1989 intitolato “Appello all’azione: la promozione della salute nei paesi in via di sviluppo” hanno ulteriormente chiarito l’importanza e il significato della promozione della salute. Parallelamente a questi sviluppi nel campo della salute, è cresciuto enormemente l’interesse pubblico circa le minacce portate all’ambiente globale. Quest’ultimo fatto è stato chiaramente espresso dalla Commissione mondiale su ambiente e sviluppo nel suo rapporto “Il nostro futuro comune”, che ha fornito un nuovo modo di comprendere l’imperativo rappresentato dallo sviluppo sostenibile. La 3a Conferenza internazionale sulla promozione della salute, dedicata agli ambienti favorevoli alla salute, è il primo incontro globale sulla promozione della salute al quale hanno partecipato i rappresentanti di 81 nazioni; la Conferenza ha convocato persone da tutte le parti del mondo per impegnarsi attivamente nella realizzazione di ambienti più favorevoli alla salute. Esaminando insieme le attuali questioni della salute e dell’ambiente, la Conferenza ha messo in evidenza che milioni di persone vivono in uno stato di estrema povertà e di privazione, all’interno di un ambiente sempre più degradato che minaccia la loro salute: questa situazione rende estremamente difficile da raggiungere l’obiettivo finale della Salute per Tutti entro il 2000. Il cammino che ci sta davanti consiste nel trasformare gli ambienti fisico, sociale, economico e politico in modo che favoriscano e supportino la salute piuttosto che danneggiarla. La Conferenza di Sundsvall ha identificato molti esempi e approcci per creare ambienti favorevoli, che possono essere usati da chi definisce le politiche, da chi assume le decisioni operative e dagli attivisti che operano nella comunità nei settori della salute e dell’ambiente. La Conferenza ha riconosciuto che ciascuno ha un ruolo nel creare ambienti favorevoli alla salute. 143 APPELLO ALL’AZIONE Questo appello all’azione è diretto a coloro che definiscono le politiche e assumono le decisioni operative in tutti i settori importanti e a ogni livello. Gli attivisti e coloro che sostengono le cause della salute, dell’ambiente e della giustizia sociale sono esortati a formare una grande alleanza per raggiungere l’obiettivo comune della Salute per Tutti. Noi partecipanti alla Conferenza ci siamo solennemente impegnati a riportare questo messaggio alle nostre comunità, alle nostre nazioni e ai nostri governi per iniziare ad agire. Inoltre ci appelliamo alle organizzazioni delle Nazioni Unite perchè rafforzino la loro cooperazione e si stimolino reciprocamente per un reale impegno nei confronti dell’equità e dello sviluppo sostenibile. Un ambiente favorevole è di estrema importanza per la salute e le due questioni sono interdipendenti e inseparabili. Noi raccomandiamo vivamente che il raggiungimento di entrambi venga considerato l’obiettivo centrale nella definizione delle priorità per lo sviluppo e che venga data la precedenza nell’analisi degli interessi in competizione nella gestione quotidiana delle politiche di governo. Le disuguaglianze si riflettono in un crescente divario sia all’interno delle nostre nazioni che tra la nazioni ricche e quelle povere. Questo è inaccettabile. E’ necessario e urgente sviluppare azioni che realizzino la giustizia sociale in tema di salute. Milioni di persone vivono in uno stato di estrema povertà e privazione all’interno di un ambiente urbano e rurale sempre più degradato. Un numero di persone imprevisto e allarmante soffre a causa delle tragiche conseguenze imposte dai conflitti armati sulla salute e sul benessere. La rapida crescita della popolazione è la maggior minaccia a uno sviluppo sostenibile. Le persone sono costrette a sopravvivere in mancanza di acqua pulita, di un’alimentazione adeguata, di un alloggio o in condizioni igieniche precarie. La povertà frustra le ambizioni delle persone e i sogni di costruire un futuro migliore, mentre il limitato accesso alle strutture politiche indebolisce la base per l’autodeterminazione. In molti casi l’istruzione non è disponibile o non è sufficiente oppure, nelle sue forme attuali, non riesce a fornire alle persone i mezzi e le opportunità e non attribuisce loro un maggior potere. Milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione primaria e hanno di fronte a loro una piccola speranza di un futuro migliore. Le donne, che rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale, sono ancora oppresse. Esse sono sessualmente sfruttate e vengono discriminate nel mercato del lavoro e in molte altre aree, nelle quali viene impedito loro di giocare un ruolo di primo piano per la creazione degli ambienti favorevoli. Più di un miliardo di persone in tutto il mondo hanno un accesso inadeguato all’assistenza sanitaria essenziale e, indubbiamente, i sistemi di assistenza sanitaria devono essere rafforzati. La soluzione a questi enormi problemi sta nell’azione sociale per la salute, nelle risorse e nella creatività degli individui e delle loro comunità. Per liberare questo potenziale è necessario un profondo cambiamento nel modo in cui consideriamo la nostra salute e il nostro ambiente, ed è richiesto un impegno forte e chiaro a favore di politiche sostenibili per la salute e l’ambiente. Le soluzioni vanno trovate al di là dei sistemi sanitari tradizionali. Le iniziative devono provenire da tutti i settori che possono contribuire alla creazione di 144 ambienti favorevoli alla salute e devono essere realizzate dalle persone nelle comunità locali, dai governi e dalle organizzazioni non governative a livello nazionale e dalle organizzazioni internazionali su scala globale. L’azione dovrà coinvolgere soprattutto i settori dell’istruzione, dei trasporti, degli alloggi, della pianificazione urbana, della produzione industriale e dell’agricoltura. DIMENSIONI DELL’AZIONE SUGLI AMBIENTI FAVOREVOLI ALLA SALUTE Nel contesto della salute, il termine ambienti favorevoli è riferito sia agli aspetti fisici che a quelli sociali di quanto ci sta attorno. Esso comprende il luogo dove le persone vivono, la loro comunità locale, la loro casa, dove lavorano e si divertono. Il termine comprende anche la struttura organizzativa secondo la quale sono determinate le modalità di accesso alle risorse per la vita quotidiana e alle opportunità di accrescere le possibilità personali. In questo modo l’azione per creare ambienti favorevoli ha molteplici dimensioni: fisica, sociale, spirituale, economica e politica. Ciascuna di queste dimensioni è inestricabilmente legata alle altre in una interazione dinamica. L’azione deve essere coordinata a livello locale, regionale, nazionale e globale per raggiungere soluzioni che siano realmente sostenibili. La Conferenza ha messo in risalto quattro caratteristiche degli ambienti favorevoli. 1. La dimensione sociale comprende le modalità con cui le norme, le usanze e i meccanismi sociali influenzano la salute. In molte società tradizionali i rapporti sociali stanno cambiando in modo minaccioso per la salute, per esempio aumentando l’isolamento sociale, togliendo alla vita una coerenza e uno scopo che abbiano significato oppure modificando i valori tradizionali e il patrimonio culturale. 2. La dimensione politica impone ai governi di garantire la partecipazione democratica al processo decisionale e il decentramento delle responsabilità e delle risorse. Essa richiede inoltre un impegno a favore dei diritti umani, della pace e il trasferimento delle risorse dalla corsa agli armamenti. 3. La dimensione economica richiede un riorientamento delle risorse per il raggiungimento della Salute per Tutti e di uno sviluppo sostenibile, compreso il trasferimento di tecnologia affidabile e sicura. 4. Le capacità e le conoscenze delle donne devono essere riconosciute e utilizzate in ogni settore, compresa la definizione delle scelte politiche e l’economia, allo scopo di sviluppare una infrastruttura più positiva per gli ambienti favorevoli. Il peso del carico lavorativo delle donne dovrebbe essere riconosciuto e ridistribuito tra gli uomini e le donne stesse. Le organizzazioni di donne presenti nella comunità devono contare di più nello sviluppo delle politiche e delle strategie per la promozione della salute. PROPOSTE D’AZIONE La Conferenza di Sundsvall ritiene che le proposte per implementare le strategie della Salute per Tutti debbano riflettere due principi fondamentali: l’equità e l’interdipendenza. 1. L’equità deve essere una priorità basilare nella creazione di ambienti favorevoli alla salute e nel diffondere energia e potere creativo, accomunando tutti gli essere umani 145 in questo eccezionale sforzo. Tutte le politiche che mirano a uno sviluppo sostenibile devono essere soggette a nuovi modelli di procedure di responsabilità, per ottenere un’equa distribuzione delle responsabilità e delle risorse. Tutte le azioni e l’allocazione delle risorse devono essere basate su priorità trasparenti e sull’impegno specifico verso i più poveri, alleviando le ulteriori avversità sopportate dagli emarginati, dai gruppi minoritari e dalle persone con disabilità. Il mondo industrializzato deve pagare il debito umano e ambientale che ha accumulato in seguito allo sfruttamento del mondo in via di sviluppo. 2. L’azione pubblica per la creazione di ambienti favorevoli alla salute deve riconoscere l’interdipendenza che esiste tra tutti gli esseri viventi e deve gestire le risorse naturali tenendo in considerazione le esigenze delle generazioni future. I popoli indigeni hanno una relazione spirituale e culturale caratteristica con l’ambiente fisico, che può rappresentare una preziosa lezione per il resto del mondo. E’ quindi essenziale che i popoli indigeni siano coinvolti nelle attività a favore dello sviluppo sostenibile e che siano avviati negoziati per il rispetto dei loro diritti connessi alla terra e al patrimonio culturale. DARE FORZA ALL’AZIONE SOCIALE È POSSIBILE L’invito a creare ambienti favorevoli è una proposta pratica per sviluppare un’azione di sanità pubblica a livello locale, focalizzando l’attenzione sugli ambienti organizzativi per la salute che permettono un ampio coinvolgimento della comunità e il controllo. Nel corso della Conferenza sono stati presentati esempi sviluppati in ogni parte del mondo sui temi dell’istruzione, dell’alimentazione, degli alloggi, del supporto sociale e dell’assistenza, del lavoro e dei trasporti. Questi esempi hanno chiaramente mostrato che gli ambienti favorevoli mettono in grado le persone di espandere le proprie capacità e di sviluppare la propria autonomia. Nel rapporto e nel manuale della Conferenza sono disponibili ulteriori dettagli su queste proposte operative. A partire dagli esempi presentati, la Conferenza ha individuato quattro strategie chiave nell’azione di sanità pubblica che promuovono la creazione nelle comunità di ambienti favorevoli: 1. rafforzare il sostegno alla causa della salute attraverso l’azione della comunità, particolarmente tramite i gruppi organizzati delle donne; 2. mettere in grado le comunità e gli individui di esercitare un controllo sulla propria salute e sull’ambiente grazie all’istruzione e all’attribuzione di un maggior potere; 3. costruire alleanze per la salute e per gli ambienti favorevoli, allo scopo di rinforzare la cooperazione tra le campagne e le strategie a favore della salute e dell’ambiente; 4. mediare tra gli interessi che sono in competizione nella società, per assicurare un equo accesso agli ambienti favorevoli alla salute. In sintesi, il processo di attribuzione di un maggior potere e la partecipazione della comunità sono stati considerati i fattori essenziali in un approccio democratico di promozione della salute e la forza motrice verso l’autonomia e lo sviluppo. In particolare i partecipanti alla Conferenza hanno riconosciuto che l’istruzione è un 146 diritto umano fondamentale ed è un elemento chiave per determinare i cambiamenti politici, economici e sociali necessari a rendere la salute una possibilità per tutti. L’istruzione dovrebbe essere accessibile in ogni età della vita ed essere basata sul principio dell’equità, specialmente rispetto alla cultura, alla classe sociale e al sesso. LA PROSPETTIVA GLOBALE La specie umana costituisce una parte integrante dell’ecosistema terrestre e la salute delle persone è profondamente concatenata con l’ambiente globale. Tutte le informazioni disponibili indicano che non sarà possibile sostenere la qualità della vita, sia degli esseri umani che di tutte le altre specie viventi, senza dover attuare a tutti i livelli drastici cambiamenti degli atteggiamenti e dei comportamenti connessi alla gestione e alla conservazione dell’ambiente. La sfida del nostro tempo è costituita dalla realizzazione di un’azione concertata per ottenere un ambiente sostenibile e favorevole alla salute. A livello internazionale, le grandi differenze di reddito pro-capite creano delle disuguaglianze non solo nell’accesso alla salute ma anche rispetto alla capacità delle società di migliorare la loro situazione e di sostenere un’adeguata qualità della vita per le generazioni future. Le migrazioni dalle zone rurali a quelle urbane fanno aumentare drasticamente il numero delle persone che vivono nei quartieri poveri e ciò si accompagna a problemi quali la mancanza di acqua pulita e le cattive condizioni igieniche. Troppo spesso il processo decisionale politico e lo sviluppo industriale sono basati su una pianificazione di breve periodo e sui guadagni economici, che non tengono in considerazione i reali costi imposti alla nostra salute e all’ambiente. Il debito internazionale sta drenando in modo preoccupante le scarse risorse delle nazioni povere. Le spese militari sono in crescita e la guerra, oltre a causare morti e disabilità, sta ora introducendo nuove forme di vandalismo ecologico. Lo sfruttamento della forza lavoro, l’esportazione e lo scarico delle sostanze e dei rifiuti tossici soprattutto nelle nazioni più deboli e povere e lo spreco delle risorse mondiali dimostrano la crisi dell’attuale approccio allo sviluppo. C’è la necessità urgente di andare verso un’etica e un accordo globale nuovi, basati su una convivenza pacifica che permetta una distribuzione e un utilizzo più equi delle limitate risorse del pianeta. OTTENERE UNA RESPONSABILITÀ GLOBALE La Conferenza di Sundsvall si appella alla comunità internazionale perchè instauri nuovi meccanismi di responsabilità ecologica e nei confronti della salute, che siano basati sui principi dello sviluppo sostenibile per la salute. Questo richiede nella pratica che vengano predisposte dichiarazioni di impatto sulla salute e sull’ambiente per le maggiori iniziative politiche e di programmi. È necessario che l’O.M.S. e l’U.N.E.P. (il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite) diano nuovo vigore ai loro sforzi per sviluppare codici di comportamento sullo scambio e la commercializzazione delle sostanze e dei prodotti dannosi alla salute e all’ambiente. L’O.M.S. e l’U.N.E.P. devono sviluppare linee guida basate sui principi dello sviluppo soste147 nibile che possano essere usate dagli Stati membri. Tutti i donatori multilaterali e bilaterali e le agenzie di finanziamento quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale devono usare tali linee guida nella progettazione, nella realizzazione e nella valutazione dei progetti di sviluppo. E’ necessario che venga intrapresa un’azione urgente per supportare i paesi in via di sviluppo nella realizzazione di soluzioni proprie. Una stretta collaborazione con le organizzazioni non governative dovrebbe essere assicurata durante tutto il processo. La Conferenza di Sundsvall ha dimostrato ancora una volta che le questioni della salute, dell’ambiente e dello sviluppo umano non possono essere separate. Lo sviluppo deve implicare un miglioramento della qualità di vita e della salute, preservando nel contempo la sostenibilità dell’ambiente. I partecipanti alla Conferenza quindi raccomandano caldamente che la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, che si terrà a Rio de Janeiro nel 1992, tenga in considerazione la Dichiarazione di Sundsvall nel dibattito sulla Carta della Terra e sull’Agenda 21, che sembra essere un piano d’azione che ci porterà nel 21° secolo. Gli obiettivi di salute devono figurare in maniera predominante su entrambi i documenti. Solo un’azione su scala mondiale, basata su una cooperazione globale, assicurerà il futuro del nostro pianeta. La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/sundsvall.html Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e documenti internazionali sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di Padova – Servizio regionale di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute. 148 SCHEDA 4 Le Linee guida di Heidelberg per la promozione dell’attività fisica per le persone anziane (The Heidelberg Guidelines for promoting physical activity among older persons) Quarto Congresso Internazionale su Attività fisica, Invecchiamento e Sport Heidelberg, Germania, agosto 1996 TARGET: Persone anziane Una regolare attività fisica giova agli individui durante l’intero arco della vita. Le seguenti linee guida sono state messe a punto, tuttavia, per promuovere l’attività fisica nella seconda parte della vita. Nonostante la maggior parte dei contenuti possano ritenersi validi per tutte le età, il comitato scientifico incaricato di sviluppare queste linee guida ha identificato come target più appropriato gli individui appartenenti alla fascia d’età superiore ai 50 anni. I 50 anni segnano un momento della mezza età in cui una regolare attività fisica può essere particolarmente efficace nel ridurre ed evitare i rischi fisici, psicologici e sociali spesso associati all’avanzare del tempo. Tali benefici riguardano la maggior parte degli individui a prescindere dal loro stato di salute e/o di malattia. All’interno di queste linee guida l’attività fisica è definita come tutto il movimento svolto quotidianamente, incluse le attività lavorative, ricreative, sportive etc. E’ noto che gli effetti preventivi e riabilitativi di una regolare attività fisica risultano ottimizzati qualora l’esercizio viene iniziato in giovane età piuttosto che in età avanzata. L’attenzione è focalizzata sull’impatto di una regolare attività fisica su entrambi i sessi. Tuttavia, a causa delle differenze storiche nella pratica dell’attività fisica tra i due sessi, e per la maggior percentuale di donne tra gli anziani, il Comitato scientifico è cauto nell’affermare che le linee guida siano universali ed applicabili a tutti gli individui allo stesso modo. È evidente che queste devono essere sufficientemente flessibili affinché siano significative per un’ampia gamma di gruppi sociali e culturali. SCOPO: Fornire linee guida per facilitare lo sviluppo di strategie e politiche da adottare negli interventi indirizzati alla popolazione finalizzati a mantenere e/o incrementare il livello di attività fisica in tutte le persone anziane. 149 1. EVIDENZA “Una attività fisica appropriata può essere divertente e vantaggiosa per tutti” La maggior parte delle persone che pratica attività motorie ricreative lo fa perché è divertente e piacevole; tuttavia, è ampiamente dimostrato che l’attività fisica è associata ad un significativo miglioramento nelle abilità funzionali e nello stato di salute e può frequentemente prevenire alcune patologie o diminuirne la loro severità. E’ importante notare, tuttavia, che molti di questi benefici richiedono una frequenza regolare e continua e possono essere rapidamente perduti con un ritorno all’inattività. Evidenza Scientifica L’attività fisica regolare... a. aumenta il generale stato di benessere b. migliora globalmente la salute fisica e psicologica c. aiuta a conservare l’autosufficienza d. riduce il rischio di sviluppare alcune malattie non trasmissibili (es. cardiopatia ischemica, ipertensione...) e. aiuta a controllare specifiche condizioni di vita (es. stress, obesità) e di patologia (es. diabete. ipercolesterolemia) f. aiuta a minimizzare le conseguenze di alcune disabilità e può aiutare nella gestione delle condizioni di dolore cronico g. potrebbe aiutare nel modificare l’immagine stereotipata della vecchiaia 2. BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA: A. Per l’individuo 1. Fisiologici I. Benefici immediati: a. Glicemia: L’attività fisica aiuta a regolare i livelli ematici di glucosio b. Attività catecolaminica: I livelli di adrenalina e noradrenalina sono stimolati dall’attività fisica. c. Sonno: È stato riportato che l’attività fisica migliora la qualità e la quantità del sonno in individui di tutte le età. II. Effetti a lungo termine: a. Resistenza aerobica/cardiovascolare: sostanziali miglioramenti in quasi tutti gli aspetti della funzione cardiovascolare sono stati osservati dopo un appropriato allenamento fisico. b. Resistenza e potenziamento muscolare: Individui di tutte le età possono trarre beneficio da esercizi di rafforzamento muscolare. L’allenamento di forza resistente può avere un significativo impatto sul mantenimento dell’autosufficienza nell’anziano 150 c. Flessibilità: l’esercizio fisico aiuta a preservare e a ripristinare la flessibilità d. Equilibrio/coordinazione: una regolare attività aiuta a prevenire e/o a ritardare la diminuzione dell’equilibrio e del coordinamento legata all’età che rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio di caduta. e. Velocità di movimento: una caratteristica dell’invecchiamento è il rallentamento funzionale. Attraverso una regolare attività fisica è possibile posticipare tale inconveniente 2. Psicologici I. Benefici immediati: a. Rilassamento: una appropriata attività fisica favorisce il rilassamento b. Riduzione dello stress e dell’ansia: è dimostrato che un’attività fisica regolare può ridurre stress ed ansia c. Miglioramento dell’umore: molte persone riferiscono un miglioramento dell’umore dopo una appropriata attività fisica. II. Effetti a lungo termine: a. Benessere generale: Incrementi in quasi tutti gli aspetti delle funzioni psicologiche sono state osservate dopo periodi prolungati di attività fisica b. Migliore salute mentale: L’esercizio fisico regolare può portare un contributo rilevante al trattamento di numerose malattie mentali comprese la depressione e le nevrosi c. Incrementi cognitivi: L’attività fisica regolare può aiutare a ritardare il declino correlato all’età della velocità del Sistema Nervoso Centrale e migliorare il tempo di reazione d. Controllo e prestazioni motorie: L’attività regolare aiuta a prevenire e/o a ritardare il declino associato all’età nelle prestazioni motorie fini e grossolane e. Acquisizione abilità motorie: Nuove abilità possono essere imparate ed abilità esistenti possono essere affinate da tutti gli individui senza limiti di età. 3. Sociali I. Benefici immediati a. Rafforzamento degli individui anziani: Una grande percentuale della popolazione anziana adotta gradualmente uno stile di vita sedentario che con il tempo costituisce una minaccia di riduzione dell’indipendenza e dell’autosufficienza. La partecipazione a corsi appropriati di attività fisica può aiutare a rafforzare 151 gli individui anziani e assisterli nel assumere un ruolo più attivo nella società. b. Aumentata integrazione sociale: I programmi di attività fisica, particolarmente quando sono realizzati in piccoli gruppi e/o in ambito sociale, aumentano le interazioni sociale e interculturali per molti anziani. II. Effetti a lungo termine: a. Aumentata integrazione: chi svolge una regolare attività fisica difficilmente tende a chiudersi in se stesso e più propenso, invece, alla partecipazione attiva alle attività sociali b. Formazione di nuove amicizie: la partecipazione all’attività fisica, specialmente se svolta in piccoli gruppi o altri contesti sociali, offre l’opportunità di nuove amicizie e conoscenze c. Ampliamento dei rapporti sociali: l’attività fisica offre l’opportunità di ampliare la propria rete sociale d. Mantenimento del ruolo ed acquisizione di nuovi ruoli: uno stile di vita attivo dal punto di vista fisico spinge a frequentare ambienti stimolanti necessari per mantenere un ruolo attivo nella società e ad acquisire nuovi ruoli positivi. e. Aumento delle attività intergenerazionali: in molte società l’attività fisica offre l’opportunità di contatti intergenerazionali diminuendo così la percezione stereotipata dell’invecchiamento B. Per la Società I. Ridotti costi di assistenza sanitaria e sociale: l’inattività fisica e la vita sedentaria contribuiscono alla diminuzione dell’indipendenza e all’insorgenza di molte malattie croniche. Uno stile di vita fisicamente attivo può aiutare a ritardare l’insorgenza della disabilità fisica e della malattia riducendo conseguentemente in misura significativa i costi dell’assistenza sociale e sanitaria. II. Aumento della produttività degli anziani: le persone anziane sono in grado di offrire un rilevante contributo alla società. Uno stile di vita attivo aiuta gli anziani a mantenere un’indipendenza funzionale ed a ottimizzare l’entità del contributo che essi sono capaci di apportare alla società. III. Promozione di una immagine dell’anziano positiva ed attiva: Una società che promuove uno stile di vita attivo per gli anziani raccoglierà più facilmente i benefici della ricchezza di esperienza e saggezza propria degli anziani nella comunità. 152 3. CHI DOVREBBE ESSERE FISICAMENTE ATTIVO? “Attività fisica e sport per tutti” I. Individui di tutte le età possono iniziare a trovare piacere nell’attività fisica ad ogni età e trarne i benefici. II. L’attività fisica regolare presenta significativi benefici fisici, psicologici, sociali e culturali per individui di tutte le età, comprendendo le persone con specifiche limitazioni fisiche e disabilità. III. Individui e gruppi con necessità specifiche possono avere particolari esigenze che devono essere soddisfatte per ottimizzare l’efficacia dell’attività fisica, sia a breve che a lungo termine (es. accessi speciali, riduzione delle barriere ambientali, programmi modificate ed attrezzature adattate). La messa in atto di strategie, politiche e programmi educativi deve tenere in considerazione le particolari necessità e le richieste di questi soggetti. Le necessità di specifici programmi di attività fisica varierà in funzione della posizione del singolo individuo lungo la scala Salute - Fitness (vedi fig.1) SCALA SALUTE – EFFICIENZA Fisicamente efficienti Sani Non sani Indipendenti Fisicamente non efficienti Fisicamente non effic. fragili GRUPPO I GRUPPO II Non sani Dipendenti GRUPPO III Figura 1 153 Gruppo 1 Fisicamente efficienti - Sani Questi individui sono regolarmente inseriti in programmi appropriati di attività fisica, possono essere ritenuti fisicamente efficienti e possono partecipare in tutte le attività del vivere quotidiano. Gruppo 2: Fisicamente non efficienti - Non sani, indipendenti Questi individui non sono inseriti in programmi di attività fisica. Nonostante conducano ancora una vita indipendente, stanno sviluppando patologie multiple croniche che pregiudicano la loro indipendenza. L’attività fisica regolare può aiutare a migliorare le capacità funzionali e a prevenire la perdita di indipendenza. Gruppo 3: Fisicamente non efficienti -Non sani, dipendenti Questi individui non sono più in condizione di condurre una vita indipendente nella società per una serie di ragioni fisiche e/o psichiche. Una appropriata attività fisica può migliorare significativamente la qualità della vita e restituire indipendenza in alcune aree funzionali. 4. PROMUOVERE E FACILITARE UN AUMENTO DI ATTIVITÀ FISICA È necessario sviluppare strategie che portino ad un aumento del livello di attività fisica all’interno di tutti i segmenti della popolazione. Un obiettivo di sanità pubblica di questo genere può essere raggiunto solo influenzando: I. Politica sanitaria È necessario stimolare una maggiore considerazione per l’importanza di una attività fisica regolare tra i responsabili politici a tutti i livelli di amministrazione. 1. 2. 3. 4. Internazionale Nazionale Regionale Locale II. Educazione, informazione e creazione di ambienti che favoriscano l’attività fisica Esiste anche la necessità di coinvolgere un ampio numero di settori nella disseminazione dell’informazione sull’invecchiamento in salute e nel sostegno alla creazione di condizioni ambientali favorevoli per la promozione dell’attività fisica, quali: 1. la famiglia 2. i gruppi di sostegno (es. Consigli Nazionali sull’Invecchiamento) 3. i servizi sociali 4. le associazioni non governative 5. i mass media 6. i gruppi di auto aiuto 7. le strutture sanitarie Team di assistenza primaria 154 8. 9. 10. 11. 12. ospedali, case di cura assicurazioni le università i centri riabilitativi e terapeutici le strutture residenziali le organizzazioni private e pubbliche i club sportivi e sociali 5. METTERE IN ATTO L’ATTIVITÀ FISICA I. L’attrezzatura 1. Non è necessario avere attrezzature costose 2. L’attività fisica può risultare efficace anche in ambienti con spazi e risorse limitati (es. in casa) 3. Il posto di lavoro può essere un luogo appropriato per fornire programmi di attività fisica. II. Indicazioni per la sicurezza 1. Un controllo medico può essere desiderabile per alcuni individui prima di iniziare un programma di attività fisica 2. Un addestramento adeguato a tutti i livelli (Partecipanti, Istruttori, responsabili dei programmi e delle valutazioni) è raccomandato. 3. Ambienti sicuri sono importanti (es. luci adeguate, scale) 4. Riduzione degli ostacoli ambientali III. 1. 2. 3. 4. 5. I fattori motivanti (le motivazioni) L’attività fisica può essere un divertimento L’amicizia L’aumentato controllo sulla propria esistenza Attività per tutta la durata della vita Aumentato stato di salute e benessere IV Gli ostacoli all’attività fisica 1. Mancanza di informazioni sull’attività fisica e l’invecchiamento: a. tra gli anziani b. tra i membri della famiglia c. nelle strutture sanitarie d. nella società 2. Immagini stereotipate dell’invecchiamento 3. Insufficiente supporto sociale 4. Inadeguato supporto ambientale (es. trasporti, accessi, pianificazione urbana) 5. Storie di vita, aspetti biografici incluse cattive esperienze con lo sport 6. Attitudine negativa verso lo sport e l’esercizio fisico 155 7. 8. 9. 10. Squilibrio tra lo sforzo necessario e gli obiettivi raggiunti Ostacoli di tipo sociale verso uno stile di vita salutare Ambienti sociali e culturali inadatti Determinate condizioni mediche che possono richiedere programmi di attività diversi. 6. TIPI DI ATTIVITÀ FISICA Molti individui hanno uno stile di vita fisicamente attivo senza partecipare necessariamente in un programma formale di esercizio. Attraverso le attività usuali della vita quotidiana - come il lavoro, gli acquisti, le pulizie e la preparazione dei pasti una persona può mantenere un adeguato livello di attività, anche senza un elevato livello di prestazioni aerobiche. Il primo messaggio da dare agli individui quando invecchiano è che essi devono rimanere attivi nella vita di tutti i giorni. Tuttavia nelle società industrializzate, gli stili di vita sono spesso associati con un livello di attività fisica inferiore a livelli adeguati. Programmi strutturati di attività forniscono la possibilità alle persone di promuovere uno stile di vita attivo. Le raccomandazioni per questi programmi includono: I. Attività in gruppo e/o individuale non hanno una assoluta necessità di essere eseguite con una supervisione II. Ci sono benefici associati con i vari tipi di attività fisica che comprendono tra gli altri: allungamento, rilassamento, esercizi a corpo libero, esercizi aerobici, rafforzamento III. L’attenzione deve essere posta su forme di attività fisica semplice e moderata (es. cammino, balli, salire le scale, nuoto, ciclismo, esercizi sulla sedia etc.) IV. Componenti importanti da considerare in un programma di esercizi sono: attività aerobica, rafforzamento muscolare, flessibilità ed equilibrio V. Gli esercizi devono andare incontro ai bisogni ed alle aspettative individuali e di gruppo. VI. Gli esercizi dovrebbero essere rilassanti e gradevoli. Fateli divertire! VII. Gli esercizi dovrebbero essere regolari, se possibile giornalieri. 7. RICERCA Nuove ricerche per la promozione dell’attività fisica tra le persone anziane sono necessarie. Ciò implica la presenza di appropriati livelli di finanziamenti. Ricerche di particolare interesse includono risultati e valutazione degli interventi che riflettono le differenti dimensioni specificate in queste linee guida. La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/ageing/heidelberg_eng.pdf Traduzione di Federico Schena e Francesca Menna (CeBiSM - Università di Trento) 156 SCHEDA 5 La Scuola che promuove la salute - un investimento in educazione, salute e democrazia (The Health Promoting School - An Investment in Education, Health and Democracy) Prima Conferenza della Rete europea delle Scuole che promuovono la salute - Salonicco, Grecia, 1-5 maggio 1997 Tutti i bambini e i giovani hanno diritto e dovrebbero avere l’opportunità di essere educati in una scuola che promuove la salute. È dimostrato che i determinanti dell’educazione e della salute sono inseparabilmente collegati. Questa dinamica non può essere ignorata se si vuole proteggere, sostenere e sviluppare l’educazione e la salute dei nostri giovani. La Rete Europea delle Scuole che Promozione la Salute ha mostrato che il successo nella realizzazione di politiche, principi, metodi per la promozione della salute nelle scuole può contribuire in modo significativo all’esperienza educativa da parte di tutti i giovani che in queste scuole vivono e apprendono. È stato dimostrato che le scuole che promuovono la salute costituiscono un investimento sia per l’educazione che per la salute. Inoltre la Rete ha un notevole impatto positivo nei confronti di tutti coloro che insegnano, amministrano, sostengono e sovvenzionano le scuole e le comunità in cui esse sono inserite. Le scuole rappresentano un elemento fondamentale per la creazione di una generazione che abbia grandi aspettative ed elevati obiettivi educativi. Le scuole che promuovono la salute sono destinate a produrre un impatto sostanziale sulla riduzione delle disuguaglianze sociali, contribuendo in tal modo alla salute ed al benessere della popolazione nel suo complesso. La scuola che promuove la salute si fonda su un modello sociale di salute. Questo mette in evidenza da un lato l’intera organizzazione scolastica dall’altro concentra la propria attenzione sugli individui. Al centro del modello vi è il ragazzo considerato in termini, all’interno di un contesto dinamico. Questo approccio crea un ambiente sociale di grande sostegno che influenza la visione, la percezione e l’azione di tutti coloro che vivono, lavorano, giocano e imparano all’interno della scuola. Questo genera un clima positivo che influisce sul modo in cui si strutturano le relazioni, su quello in cui i giovani assumono le decisioni, sviluppano i propri valori e gli atteggiamenti personali. La presente Risoluzione, che sostiene la necessità che i governi realizzino azioni per la più ampia diffusione in tutta Europa del concetto di Scuola che promuove la salute, è stata condivisa nel corso della Prima Conferenza della Rete Europea delle Scuole che Promuovono la Salute. La Risoluzione si propone di incoraggiare l’adozione di politiche, nelle quali 157 rientra la produzione di leggi, e indica i meccanismi che è necessario attuare per poterle realizzare. La Risoluzione definisce i principi e le azioni necessarie per sviluppare interamente il potenziale educativo delle scuole che promuovono la salute. Questa Conferenza, che esprime le opinioni di un ampio numero di professionisti appartenenti a 43 Stati, sollecita i governi di tutti i Paesi europei ad adottare il concetto di “Scuola che Promuove la Salute” e li invita a favorire le condizioni perché i principi di seguito espressi possano essere tradotti in pratica. 1. DEMOCRAZIA La scuola che promuove la salute è fondata su principi democratici che favoriscono la promozione dell’apprendimento, dello sviluppo personale e sociale e della salute. 2. EQUITÀ La scuola che promuove la salute assicura che il principio di equità sia collocato nell’ambito dell’esperienza educativa. Ciò garantisce che le scuole non siano condizionate dall’oppressione, dalla paura e dallo scherno. La scuola che promuove la salute offre a tutti l’accesso equo a un’ampia gamma di opportunità educative. Lo scopo della scuola che promuove la salute è quello di favorire l’evoluzione emozionale e sociale di ogni individuo, consentendogli di sviluppare in modo completo le proprie capacità, in assenza di qualsiasi discriminazione. 3. EMPOWERMENT1 E CAPACITÀ DI AGIRE La scuola che promuove la salute migliora le capacità dei giovani ad agire e a generare il cambiamento. Essa mette a disposizione un ambiente all’interno del quale gli allievi, lavorando assieme ai loro insegnanti e ad altre persone, possano raggiungere gli obiettivi. L’empowerment dei giovani, collegato con le loro visioni e idee, li rende capaci di influenzare la loro vita e le loro condizioni di vita. Questo obiettivo si raggiunge attraverso politiche e metodi educativi di qualità, che offrono la possibilità di prendere parte a processi decisionali riguardanti aspetti importanti. 4. AMBIENTE SCOLASTICO La scuola che promuove la salute pone in rilievo l’ambiente scolastico, inteso in termini 1 Termine inglese di difficile traduzione con un singolo vocabolo italiano. L’empowerment è il processo generale di rinforzo, crescita e responsabilizzazione delle persone e delle comunità perché diventino sempre più capaci di svolgere la loro funzione sociale. Nel contesto della promozione della salute l’empowerment è il processo sociale, culturale, psicologico, educativo e politico attraverso il quale gli individui e i gruppi sociali diventano capaci di riconoscere i propri bisogni di salute, partecipano ai processi decisionali e realizzano specifiche azioni per soddisfare tali bisogni. (Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della provincia Autonoma di Trento - Programma di sviluppo strategico - Glossario, Trento 2001). 158 fisici e sociali, come elemento critico per promuovere e sostenere la salute. Tale ambiente costituisce una risorsa di valore inestimabile per promuovere in modo efficace la salute, attraverso lo sviluppo di politiche che favoriscono il benessere. Ciò implica l’elaborazione e il monitoraggio di provvedimenti orientati alla salute e alla sicurezza, nonché l’istituzione di strutture organizzative per la loro gestione. 5. PROGRAMMI DI STUDIO Il programma dei corsi della scuola che promuove la salute offre ai giovani l’opportunità di acquisire conoscenza ed intuizione e di impadronirsi delle capacità essenziali per la vita. I programmi devono essere specifici per le necessità presenti e future dei giovani; devono stimolare la loro creatività, incoraggiare allo studio e offrire loro le abilità necessarie all’apprendimento. I programmi della scuola che promuove la salute costituiscono anche una risorsa di ispirazione per gli insegnanti e per tutti coloro che lavorano nell’ambiente scolastico. Costituisce altresì uno stimolo per la loro crescita personale e professionale. 6. FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI La formazione degli insegnanti è un investimento non solo per la salute, ma anche per l’educazione. La legislazione, aiutata da appropriati incentivi, deve guidare le strutture di formazione e di aggiornamento degli insegnanti, utilizzando il quadro concettuale della scuola che promuove la salute. 7. MISURAZIONE DEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI Le scuole che promuovono la salute valutano l’efficacia delle loro azioni nei confronti della scuola e della comunità locale. La misurazione del raggiungimento degli obiettivi viene percepita come strumento di sostegno e di empowerment nonché come processo attraverso il quale i principi della scuola che promuove la salute possono essere applicati nel modo più efficace. 8. COLLABORAZIONE La condivisione delle responsabilità e la stretta collaborazione tra i Ministeri, in particolare tra quelli che hanno competenze in materia di istruzione e di sanità, costituisce un requisito indispensabile della pianificazione strategica delle scuole che promuovono la salute. La collaborazione tra partner provata a livello nazionale si rispecchia a livello regionale e locale. Devono essere definiti e chiariti i ruoli e le responsabilità di tutte le parti coinvolte. 9. COMUNITÀ I genitori e la comunità scolastica svolgono un ruolo essenziale nel guidare, sostenere e rinforzare il concetto di scuola che promuove la salute. Lavorando in collaborazione, le 159 scuole, i genitori, le organizzazioni non governative e le comunità locali costituiscono una forza potente per un cambiamento in senso positivo. In modo uguale i giovani stessi hanno maggiori probabilità di diventare cittadini attivi nelle comunità locali. Scuola e comunità, cooperando, avranno un impatto positivo nella creazione di un ambiente sociale e fisico favorevole ad una salute migliore. 10. SOSTENIBILITÀ Tutti i livelli di governo devono impegnare risorse per promuovere la salute nelle scuole. Tale investimento contribuirà allo sviluppo sostenibile di lungo periodo della comunità nel suo complesso. Come contropartita, le comunità diventeranno sempre più una risorsa per le loro scuole. INVESTIRE NEL FUTURO Questi principi sono custoditi nel concetto e nella pratica della scuola che promuove la salute. Essi offrono le basi per investire in educazione, in salute e in democrazia a favore delle generazioni future. La Conferenza invita la Commissione Europea, il Consiglio d’Europa e l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a mantenere il sostegno e la guida di questa importante iniziativa. La Conferenza chiede alle tutte e tre le organizzazioni di dare seguito a questa risoluzione. Ogni bambino dovrebbe avere ora diritto a trarre beneficio dall’iniziativa di una scuola che promuove la salute. La versione originale è reperibile all’indirizzo http://www.who.dk/enhps/page/ intenglish.html#Resolution. Traduzione di Giovanni Martini. 160 SCHEDA 6 La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21° Secolo (Jakarta Declaration on Leading Health Promotion into the 21st Century) Quarta Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute Jakarta, Indonesia, 21-25 luglio 1997 Le premesse La 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute dal titolo “Nuovi attori per una nuova era: introdurre la promozione della salute nel 21° secolo” giunge in un momento critico nello sviluppo delle strategie internazionali a favore della salute. Sono passati quasi venti anni da quando gli Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, con la Dichiarazione di Alma Ata, si sono assunti l’ambizioso impegno di sostenere la strategia globale della Salute per Tutti e i principi dell’assistenza sanitaria primaria. Dieci anni fa si è svolta a Ottawa, in Canada, la 1° Conferenza internazionale sulla promozione della salute. Il risultato di quella Conferenza è stata la pubblicazione della “Carta di Ottawa per la promozione della salute” che, da quel momento, é stata una guida e una fonte di ispirazione per la promozione della salute. Nelle successive Conferenze internazionali e in altri incontri sono stati ulteriormente chiariti l’importanza e il significato delle strategie chiave della promozione della salute, che comprendono la politica pubblica per la salute (Adelaide, 1988) e gli ambienti favorevoli alla salute (Sundsvall, 1991). La 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute svoltasi a Jakarta è la prima che viene organizzata in un paese in via di sviluppo ed è la prima che coinvolge il settore privato a supporto della promozione della salute. La Conferenza costituisce un’opportunità per riflettere su quanto è stato appreso circa l’efficacia della promozione della salute, per riesaminare i determinanti della salute e per identificare le direzioni e le strategie che sono necessarie per orientare le sfide della promozione della salute nel 21° secolo. LA PROMOZIONE DELLA SALUTE È UN PREZIOSO INVESTIMENTO La salute è un diritto umano fondamentale ed è essenziale per lo sviluppo sociale ed economico. La promozione della salute viene considerata sempre più come un elemento essenziale per lo sviluppo della salute. È infatti il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. La promozione della salute, attraverso investimenti ed azioni, agisce sui determinanti della salute per creare il maggiore guadagno di salute per le persone, per contribuire in maniera significativa alla riduzione delle iniquità rispetto alla salute, per garantire i diritti umani e per costruire il capitale sociale. L’obiettivo finale é quello di aumentare la speranza di salute e di ridurre la differenza nella 161 speranza di salute che esiste tra i vari paesi e tra gruppi diversi. La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute descrive un’immagine e il punto focale della promozione della salute nel prossimo secolo. Essa riflette la ferma determinazione dei partecipanti alla 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute di ricorrere alla più vasta gamma di risorse per affrontare la questione dei determinanti della salute nel 21° secolo. I DETERMINATI DELLA SALUTE: LE NUOVE SFIDE I prerequisiti per la salute sono la pace, una casa, l’istruzione, la sicurezza sociale, le relazioni sociali, il cibo, un reddito, l’attribuzione di maggiori poteri alle donne, un ecosistema stabile, un uso sostenibile delle risorse, la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani e l’equità. La più grande minaccia per la salute è soprattutto la povertà. Tendenze demografiche quali l’urbanizzazione, l’aumento delle persone anziane e della prevalenza delle malattie croniche, il comportamento sempre più sedentario, la resistenza agli antibiotici e ad altri farmaci comunemente disponibili, l’aumentato abuso di droghe e la violenza nella vita quotidiana e tra le mura domestiche minacciano la salute ed il benessere di centinaia di milioni di persone. Malattie infettive nuove e riemergenti, insieme a una maggiore consapevolezza dei problemi di salute mentale, richiedono una risposta urgente. È essenziale che la promozione della salute si evolva per affrontare i cambiamenti nei determinanti della salute. Anche i fattori transnazionali hanno un significativo impatto sulla salute. Essi comprendono l’integrazione dell’economia globale, i mercati finanziari e il commercio, l’accesso ai mezzi e alle tecnologie della comunicazione, il degrado ambientale dovuto ad un uso irresponsabile delle risorse. Questi cambiamenti modellano i valori, gli stili di vita a ogni età e le condizioni di vita in ogni parte del mondo. Alcuni di questi, come lo sviluppo tecnologico delle comunicazioni, rappresentano una grande opportunità per la salute; altri invece hanno un impatto negativo rilevante, come ad esempio il commercio internazionale del tabacco. LA PROMOZIONE DELLA SALUTE FA LA DIFFERENZA La ricerca e gli studi applicativi svolti nei diversi paesi mostrano in maniera convincente che la promozione della salute funziona. Le strategie di promozione della salute possono sviluppare e modificare non solo gli stili di vita, ma anche le condizioni sociali, economiche ed ambientali che determinano la salute. La promozione della salute é un approccio concreto per ottenere una maggiore equità nei confronti della salute. Le cinque strategie descritte nella Carta di Ottawa sono essenziali per il successo: - costruire una politica pubblica per la salute; - creare ambienti favorevoli; - dare forza all’azione della comunità; - sviluppare le abilità personali; - riorientare i servizi sanitari. C’è ora la chiara dimostrazione che: 162 - gli approcci globali allo sviluppo della salute sono i più efficaci: gli approcci basati sulla combinazione delle cinque strategie sono più efficaci di quelli che ne utilizzano solo una; - gli ambienti organizzativi offrono concrete opportunità per la realizzazione di strategie globali: questi ambienti comprendono le megalopoli, le isole, le città, i paesi e le comunità locali, i loro mercati, le scuole, gli ambienti di lavoro e le strutture sanitarie; - la partecipazione é essenziale per sostenere gli sforzi: l’azione della promozione della salute deve essere incentrata sulle persone e i processi decisionali che la sostengono devono essere efficaci; - le conoscenze relative alla salute favoriscono la partecipazione: l’accesso all’istruzione e all’informazione é essenziale per ottenere una partecipazione efficace e per attribuire maggiori poteri alle persone e alle comunità. Queste strategie sono gli elementi chiave della promozione della salute e sono significative per tutti i paesi. SONO NECESSARIE NUOVE RISPOSTE Per affrontare le nuove minacce alla salute, sono necessarie modalità d’azione innovative. La sfida per i prossimi anni sarà di liberare il potenziale per la promozione della salute presente in molti settori della società, tra le comunità locali e all’interno delle famiglie. Vi è la chiara necessità di abbattere le tradizionali frontiere all’interno dei settori governativi, tra il governo e le organizzazioni non governative, tra il settore pubblico e quello privato. La cooperazione è essenziale. In modo particolare questa richiede, su basi paritarie e a tutti i livelli di governo, la creazione di un nuovo accordo operativo a favore della salute tra i differenti settori delle società. LE PRIORITÀ PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE NEL 21° SECOLO 1. Promuovere la responsabilità sociale per la salute I decisori devono essere fermamente sostenuti da un alto senso di responsabilità sociale. Sia il settore pubblico che quello privato dovrebbero promuovere la salute, perseguendo politiche e attività che permettano di: - evitare di danneggiare la salute di altri individui; - proteggere l’ambiente ed assicurino un uso sostenibile delle risorse; - limitare la produzione e il commercio di beni e sostanze pericolose per la salute, come il tabacco e gli armamenti, così come i comportamenti di mercato che non favoriscono la salute; - salvaguardare i cittadini nei luoghi di mercato e gli individui nei posti di lavoro; - includere valutazioni di impatto sulla salute focalizzate sull’equità, come parte integrante dello sviluppo politico. 2. Aumentare gli investimenti per lo sviluppo della salute In molti paesi, gli attuali investimenti a favore della salute sono inadeguati e spesso inefficaci. Aumentare gli investimenti per lo sviluppo della salute richiede un vero e 163 proprio approccio multisettoriale, che include risorse supplementari per l’istruzione, per le politiche abitative e anche per il settore sanitario. I maggiori investimenti a favore della salute e il riorientamento di quelli esistenti - sia all’interno dei paesi che tra paesi diversi - possono far progredire in maniera significativa lo sviluppo umano, la salute e la qualità della vita. Gli investimenti a favore della salute dovrebbero essere coerenti con i bisogni di alcuni gruppi come le donne, i bambini, gli anziani, gli indigeni, i poveri e le popolazioni emarginate. 3. Consolidare ed espandere gli accordi operativi per la salute La promozione della salute richiede la stipula di accordi operativi a favore della salute e dello sviluppo sociale tra i diversi settori presenti a tutti i livelli di governo e nella società. Gli accordi operativi esistenti devono essere rafforzati e deve essere esplorata la possibilità di nuove forme di accordo. Gli accordi operativi offrono un beneficio reciproco per la salute, grazie alla condivisione delle competenze professionali, delle abilità e delle risorse. Ciascun accordo deve essere trasparente, responsabile e deve essere fondato su principi etici condivisi, sulla comprensione e sul rispetto reciproci. Le linee guida dell’O.M.S. dovrebbero essere coerenti con tutto ciò. 4. Aumentare le capacità della comunità e attribuire maggiori poteri all’individuo La promozione della salute si compie per mezzo delle persone e insieme a loro, non è un’attività che si realizza sopra le persone e non è destinata ad esse. La promozione della salute migliora la capacità degli individui nel prendere l’iniziativa e quella dei gruppi, delle organizzazioni o delle comunità di influenzare i determinanti della salute. Per migliorare la capacità delle comunità di promuovere la salute sono necessari una istruzione pratica, un addestramento ad assumere un ruolo di guida e l’accesso alle risorse. L’attribuzione di maggiori poteri agli individui necessita di un accesso più affidabile e costante al processo decisionale, e richiede le abilità e le conoscenze di base per determinare il cambiamento. Questi processi possono essere supportati sia dalle forme tradizionali di comunicazione, che dai nuovi mezzi di comunicazione di massa. Le risorse sociali, culturali e spirituali devono essere utilizzate in modi innovativi. 5. Garantire una infrastruttura per la promozione della salute Per garantire una infrastruttura per la promozione della salute bisogna trovare nuovi meccanismi per finanziarla a livello locale, nazionale e globale. Si dovrebbero sviluppare degli incentivi in grado di influenzare le azioni dei governi, delle organizzazioni non governative, delle istituzioni educative e del settore privato, per aumentare il più possibile la mobilizzazione delle risorse per la promozione della salute. “Gli ambienti organizzativi per la salute” rappresentano la base organizzativa della infrastruttura necessaria alla promozione della salute. Le nuove sfide per la salute implicano che devono essere create nuove e diverse reti per ottenere una collaborazione intersettoriale. Tali reti dovrebbero fornire assistenza reciproca all’interno di una nazione e tra paesi 164 diversi e dovrebbero facilitare lo scambio di informazioni sull’efficacia delle diverse strategie realizzate in ambienti organizzativi specifici. Per supportare le attività di promozione della salute, dovrebbe essere incoraggiata l’acquisizione, in teoria e in pratica, di abilità che permettano di assumere un ruolo di guida a livello locale. Si dovrebbe migliorare la documentazione delle esperienze di promozione della salute attraverso ricerche e rapporti dei progetti, al fine di migliorare la programmazione, l’implementazione e la valutazione delle stesse esperienze. Tutti i paesi dovrebbero sviluppare gli appropriati ambienti politici, legali, educativi, sociali ed economici di supporto alla promozione della salute. APPELLO ALL’AZIONE I partecipanti alla Conferenza si impegnano a condividere i messaggi chiave di questa Dichiarazione con i propri governi, le istituzioni e le comunità, di mettere in pratica le azioni proposte e di riferire su quanto realizzato alla 5° Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute. Al fine di rendere più spedito il progresso verso una promozione della salute globale, i partecipanti sostengono la formazione di una alleanza globale per la promozione della salute. L’obiettivo di questa alleanza é di portare avanti le priorità di azione per la promozione della salute che sono espresse in questa dichiarazione. Le priorità per questa alleanza includono: - aumentare la consapevolezza che i determinati della salute possono essere modificati; - sostenere lo sviluppo della collaborazione e delle reti per la crescita della salute; - mobilizzare le risorse per la promozione della salute; - aumentare le conoscenze sul modo migliore di agire nella pratica; - dare la possibilità di un sapere condiviso; - promuovere la solidarietà nell’azione; - favorire la trasparenza a la pubblica assunzione di responsabilità nella promozione della salute. I governi nazionali sono invitati a prendere l’iniziativa per stimolare e finanziare le reti per la promozione della salute, sia all’interno del loro paese che tra paesi diversi. I partecipanti alla Conferenza di Jakarta 1997 raccomandano all’O.M.S. di assumere un ruolo di guida per costruire un’alleanza globale per la promozione della salute e per mettere in grado gli stati membri di implementare i risultati della Conferenza di Jakarta. Un aspetto chiave di questo ruolo è rappresentato dall’impegno dell’O.M.S. di coinvolgere i governi, le organizzazioni non governative, le banche per lo sviluppo, le agenzie delle Nazioni Unite, le istituzioni interregionali, le agenzie bilaterali, il movimento del lavoro e le cooperative, come pure il settore privato, nel portare avanti le priorità di azione per la promozione della salute. La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/backgroundhp/jakarta/ jakartadeclaration.htm. Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e documenti internazionali sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di Padova – Servizio regionale di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute. 165 SCHEDA 7 Accesso all’informazione, partecipazione pubblica e accesso alla giustizia nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute (Access to information, public partecipation and access to justice in environment and health matters) Terza Conferenza Ministeriale della Regione Europea sull’Ambiente e la Salute - Londra, Gran Bretagna, 16-18 giugno 1999 Partecipazione pubblica e accesso all’informazione sono riconosciuti sempre più come elementi essenziali nel realizzare la necessaria transizione verso forme di sviluppo rispettose dell’ambiente, favorevoli alla salute e sostenibili. Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi nell’individuare i presupposti per un efficace coinvolgimento della popolazione nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute, anche se molto rimane ancora da fare. Questo documento si propone di identificare le aree che richiedono ulteriori passi avanti. La Convenzione di Århus, adottata nel Giugno 1998 e sottoscritta da 39 governi e dalla Comunità Europea, costituisce attualmente la cornice più significativa per rafforzare i diritti pubblici all’informazione, alla partecipazione nel processo decisionale e all’accesso al ricorso giurisdizionale, nel contesto della protezione dell’ambiente e della salute legata all’ambiente. I governi sono sollecitati ad accelerare l’entrata in vigore della Convenzione e, allo stesso tempo, ad applicare i suoi articoli con la massima estensione possibile. Si raccomanda inoltre di dare una forte enfasi agli aspetti che riguardano la salute, nelle fasi di implementazione e ulteriore sviluppo della Convenzione. Si riconosce anche che la questione dei diritti all’informazione, alla partecipazione e alla giustizia, per quanto riguarda la sfera della salute, merita di per se una specifica attenzione. Si propone pertanto di istituire, con il patrocinio dell’Ufficio Regionale Europeo dell’OMS, un gruppo di lavoro, formato da rappresentanti delle organizzazioni governative e non governative, con il compito di esplorare le possibilità di rafforzare tali diritti. Le tecnologie elettroniche della comunicazione, in primo luogo Internet, forniscono nuove opportunità per fornire al pubblico informazioni sull’ambiente e la salute, in modo efficiente, a basso costo e in tempo reale. Per realizzare questo potenziale si propone di costituire una task force che comprenda rappresentanti dell’OMS, del Programma Ambiente dell’ONU, della Commissione Economica per l’Europa dell’ONU, dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente nonché delle organizzazioni governative e 166 non governative. Questa task force dovrebbe essere finalizzata, fra l’altro, a stabilire e sviluppare connessioni fra le banche dati esistenti; ad individuare lacune nei dati e a migliorare la loro comparabilità; a sviluppare e ad applicare i criteri allo stato dell’arte per realizzare accessi user-friendly e infine a estendere l’accesso a Internet nella Regione europea. Una comunicazione efficace con la cittadinanza ed una efficiente diffusione dell’informazione sono elementi determinanti nello sviluppo e nell’implementazione delle politiche per l’ambiente e per la salute. I governi sono sollecitati ad applicare le misure opportune per incoraggiare l’utilizzo dei media per promuovere gli obiettivi ambientali e di salute. Si propone di costituire un gruppo di lavoro, guidato dall’Ufficio Regionale e di cui facciano parte i partners principali, per valutare e comunicare i rischi e per elaborare linee guida sulla comunicazione del rischio. Altre raccomandazioni indirizzano verso il rafforzamento e l’estensione dell’utilizzo della valutazione di impatto ambientale e sulla salute; l’importanza di far crescere il coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali inerenti le questioni dell’ambiente e della salute, compresi l’elaborazione e l’implementazione dei NEAPs (National environmental health action plans – Piani nazionali d’azione per l’ambiente e la salute) e il bisogno di un manuale di buone pratiche nell’ambito della partecipazione pubblica alle questioni ambientali e di salute. Sono anche raccomandate varie misure per ridurre le barriere di accesso al ricorso giurisdizionale. A livello internazionale si raccomanda infine di consentire alle organizzazioni non governative di partecipare efficacemente alla preparazione dei documenti e degli atti giuridici che hanno rilevanti implicazioni per l’ambiente e la salute della popolazione. INTRODUZIONE 1. Man mano che ci si avvicina alle soglie del nuovo millennio appare sempre più chiaro che non è certo isolandosi dal resto della società che i governi possono risolvere i principali problemi inerenti l’ambiente e la salute nel nostro tempo. 2. La transizione verso uno sviluppo fondato sul rispetto dell’ambiente, il miglioramento della salute, la sostenibilità richiedono non soltanto una forte iniziativa da parte dei governi ma anche un riorientamento dei comportamenti dell’intera società. Sono necessari cambiamenti negli stili di vita personali, così come mutamenti a tutti i livelli dei processi decisionali, in ambito politico ed istituzionale. 3. Questa transizione può essere attuata solo con l’impegno attivo ed il sostegno della società civile. Questo implica una forma nuova e maggiormente partecipativa di democrazia: sia per incoraggiare un maggior coinvolgimento della popolazione nello sviluppare i necessari cambiamenti, che per incrementare la trasparenza e la responsabilità delle istituzioni di governo e delle imprese. Accesso all’informazione, partecipazione alle decisioni e diritto di ricorso giurusdizionale contro le decisioni, sono parti integranti di questo processo di cambiamento. 167 4. Progressi significativi sono stati fatti in anni recenti nello stabilire i prerequisiti necessari per un effettivo coinvolgimento della popolazione nelle questioni dell’ambiente e della salute. Ma molto resta ancora da fare. Questo documento evidenzia i prossimi passi da fare. IL QUADRO INTERNAZIONALE DI RIFERIMENTO PER L’AZIONE 5. Il valore della partecipazione della cittadinanza nel processo decisionale nel settore pubblico ha guadagnato negli anni recenti un crescente riconoscimento politico. A livello globale, l’Agenda 21 ha sottolineato la necessità di coinvolgere l’intera società nel processo evolutivo verso uno sviluppo sostenibile e la Dichiarazione di Rio ha messo l’accento sulla necessità di informazione, partecipazione e possibilità di adire al ricorso tramite la giustizia amministrativa quando si affrontano le tematiche ambientali. 6. La “Carta Europea sull’Ambiente e la Salute”, adottata dalla Prima Conferenza Ministeriale Europea sull’Ambiente e la Salute (Francoforte, 1989), ha riconosciuto che la partecipazione pubblica è un elemento importante nel contesto delle questioni ambientali e della salute. Nella seconda Conferenza (Helsinki, 1994) questo riconoscimento si è riflesso sull’enfasi data, nell’ambito del Piano di Azione Europeo per la Salute Ambientale, all’obiettivo di rafforzare il coinvolgimento delle organizzazioni pubbliche e non governative (ONG) nei processi decisionali riferiti alla salute ambientale. 7. La partecipazione pubblica è emersa come elemento prioritario anche in altri consessi, soprattutto quelli concernenti il tema “Ambiente per l’Europa”. Alla terza Conferenza ministeriale “Ambiente per l’Europa” (Sofia, ottobre 1995) i Ministri per l’Ambiente di tutti gli Stati che partecipano alla ECE (United Nations Economic Commission for Europe) hanno approvato le Linee guida ECE per l’Accesso alle informazioni sull’Ambiente e per la Partecipazione pubblica alle decisioni in materia ambientale. 8. In ogni caso l’adozione, lo scorso anno, della Convenzione ECE sull’Accesso all’informazione, sulla Partecipazione pubblica nei processi decisionali e sull’Accesso al ricorso giurisdizionale nelle questioni ambientali, rappresenta senza dubbio lo sviluppo internazionale più significativo in questo ambito. Questa nuova normativa, adottata nella città danese di Århus dalla Quarta Conferenza Ministeriale “Ambiente per l’Europa” (giugno 1998), molto probabilmente costituirà il principale quadro di riferimento giuridico per il rafforzamento dei diritti ambientali dei cittadini dei paesi aderenti all’ECE nel prossimo futuro. Ad oggi 39 Paesi e l’Unione Europea hanno firmato la Convenzione. COSTRUIRE SULLA BASE DELLA CONVENZIONE DI ÅRHUS 9. 168 Mentre è competenza dell’Assemblea delle parti sorvegliare l’attuazione della Conven- zione dopo la sua entrata in vigore, i firmatari di Århus decisero “di cercare di applicare la Convenzione nella misura massima possibile nell’attesa della sua entrata in vigore”. La Conferenza di Londra fornisce a questo proposito una tempestiva occasione per delineare alcuni indirizzi per l’applicazione della Convenzione, specialmente per quanto concerne gli obiettivi di salute, che in seguito potranno essere presi in considerazione anche dall’Assemblea. La Convenzione di Århus, come risultato del processo “Ambiente per l’Europa”, si sviluppò come convenzione per l’ambiente. Conseguentemente gli obiettivi di salute in quanto tali non ebbero un ruolo centrale nell’ambito dei negoziati. Per questo motivo la Conferenza di Londra, come parte del processo di crescita della cooperazione internazionale nei settori dell’ambiente e della salute, può contribuire a dare una rilevanza maggiore agli obiettivi di salute all’interno della Convenzione. 10. Di fatto in molte parti del testo della Convenzione si fa esplicito riferimento alla salute. L’art.1, che stabilisce l’obiettivo della Convenzione, fa riferimento al “diritto di ogni persona, della presente e delle future generazioni, a vivere in un ambiente adeguato alla sua salute ed al suo benessere” e questa affermazione è supportata anche da altre enunciazioni simili presenti nel preambolo. 11. Più concretamente la definizione della Convenzione inerente l’informazione ambientale contiene un circoscritto ma esplicito riferimento alla salute e alla sicurezza nonché alle condizioni per l’esistenza umana. Pur essendo questo riferimento correlato in modo più evidente alle direttive della Convenzione riguardanti l’informazione, è logico e coerente interpretare il significato dei termini “ambiente” e “ambientale” allo stesso modo, anche quando sono utilizzati negli altri ambiti della Convenzione. Infatti è chiaramente auspicabile che l’intera Convenzione - e non soltanto la parte che riguarda l’informazione - sia interpretata come un’applicazione, almeno nel senso qui definito, degli obiettivi di salute. 12. Per quanto riguarda la gamma di obiettivi di salute considerati, pare ragionevole assumere una definizione di salute che ricomprenda almeno gli elementi contenuti nella definizione di “salute ambientale” utilizzata dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS (WHO/EURO). Tale definizione include “sia gli effetti patologici diretti di agenti chimici, radiazioni e agenti biologici che gli effetti (spesso indiretti) su salute e benessere, dell’ambiente, dal punto di vista fisico, psicologico, sociale ed estetico, comprendendo l’edilizia abitativa, lo sviluppo urbano, l’utilizzo del territorio e i trasporti”. 13. Un’ulteriore questione è se la Convenzione debba anche stabilire i diritti all’informazione ed alla partecipazione in relazione a obiettivi di salute pubblica che non hanno una connessione diretta con l’ambiente, o se tali diritti debbano essere tutelati in altro modo. Le attività di produzione alimentare o di medicinali sono esempi di aree con significative implicazioni per la salute pubblica, dove vi sono ragioni forti per 169 rispondere alle richieste di partecipazione pubblica e di trasparenza e che tuttavia non necessariamente ricadono nel campo di previsione della Convenzione di Århus. Dal punto di vista della ragione, è difficile comprendere perché i diritti di pubblico accesso all’informazione nella sfera della salute pubblica dovrebbero essere più deboli dei diritti di informazione ambientale e la stessa cosa si può dire per quanto riguarda il diritto di partecipazione ai processi decisionali. ACCESSO ALL’INFORMAZIONE 14. Un’efficace politica dell’informazione è fondamentale per coinvolgere la popolazione nella promozione della salute ambientale. L’informazione non è soltanto un prerequisito per una partecipazione effettiva nei processi decisionali: è anche necessaria per consentire ai singoli di fare scelte consapevoli nella loro vita, con beneficio alla loro salute e all’ambiente. 15. Una politica dell’informazione dovrebbe mirare ad assicurare la responsabilità e la trasparenza delle istituzioni pubbliche e a creare un’utenza più informata, attraverso misure che favoriscano la crescita della conoscenza e della consapevolezza nella popolazione. Le autorità pubbliche sono in possesso delle informazioni per conto dei cittadini. Tali informazioni dovrebbero pertanto essere accessibili pubblicamente, salvo alcune eccezioni, chiaramente definite in considerazione del pubblico interesse. Certe informazioni, inoltre, dovrebbero essere prontamente fornite alla popolazione. 16. La Convenzione di Århus individua gli elementi essenziali di un sistema che soddisfi le domande di accesso degli amministrati all’informazione posseduta dalle autorità pubbliche. Vi è un orientamento generale a favore dell’accesso nonché definizioni di “informazione ambientale” e di “autorità pubbliche” che delineano la gamma delle informazioni riservate e gli elementi richiesti per la loro fornitura; sono individuate in larga massima le modalità di accesso (limiti temporali, costi, modulistica, etc.) e le condizioni per un limitato numero di esenzioni. 17. L’accesso alle informazioni riguardanti la salute è parzialmente contemplato dalla Convenzione, per la parte che è interrelata con le problematiche ambientali. I dati epidemiologici e tossicologici dovrebbero essere in via di principio disponibili al pubblico, pur considerando la possibilità di esclusioni previste dalla Convenzione per quanto riguarda, per esempio, dati personali, informazioni commerciali riservate ed informazioni tutelate da diritti di proprietà intellettuale. Al fine di consentire il massimo grado di accesso pubblico ai dati epidemiologici, senza infrangere la privacy personale, tali dati dovrebbero essere strutturati in modo tale che ogni minima informazione che potrebbe portare all’identificazione di un particolare soggetto possa essere separata, fornendo soltanto l’informazione rimanente. In tali casi si dovranno altresì prevedere accessi privilegiati ai dati riservati da parte di ricercatori nominati da coloro che rappresentano interessi pubblici, essendo tale accesso comunque tutelato da un accordo di riservatezza. 170 18. Non dovrebbe essere possibile per un’Autorità pubblica avvalersi di una eccezione per trattenere un’informazione la cui pubblicazione potrebbe prevenire una significativa minaccia alla salute. Inoltre si dovrebbe considerare la possibilità di procedure veloci o l’esenzione da pagamenti per ottenere l’accesso a questo tipo di informazioni. 19. Il cittadino dovrebbe avere sempre il diritto di accedere alle informazioni riguardanti la propria salute, salvo casi eccezionali, previsti dalla legge, allorquando vi sono buone ragioni per credere che l’accesso a tali informazioni, senza che vi sia alcun effetto positivo, potrebbe recargli grave danno. Le informazioni sullo stato di salute di una persona deceduta dovrebbero essere sempre disponibili per i parenti stretti. 20. È necessario dare urgentemente indirizzi precisi per quanto riguarda il problema delle informazioni possedute dal settore privato, dato che la maggior parte delle norme sulla libertà di informazione si applicano soltanto all’informazione posseduta dalle autorità pubbliche. E’ essenziale prevedere meccanismi per assicurare un adeguato flusso di informazione dal settore privato al dominio pubblico. 21. Si dovrebbe dedicare una speciale attenzione alle necessità di informazione dei lavoratori esposti a particolari rischi nell’ambiente di lavoro, dato che tali bisogni non sono soddisfatti attraverso l’informazione pubblica generale. Accordi collettivi fra i lavoratori e il management hanno incluso clausole relative all’informazione e un quadro istituzionale e legislativo in evoluzione hanno rafforzato i diritti dei lavoratori in quest’area. Tuttavia è necessario un ulteriore progresso, come dimostra, fra l’altro, il numero relativamente piccolo di paesi che hanno ratificato la Convenzione ILO del 1981 (No. 155) per la Sicurezza e la Salute sul lavoro. I meccanismi di raccolta delle informazioni 22. Sia gli aspetti attivi che quelli passivi della politica dell’informazione, dipendono da adeguati sistemi di produzione, raccolta, organizzazione e presentazione delle informazioni. Vi sono vari strumenti per produrre o raccogliere informazioni: a) Reports sullo stato dell’ambiente e/o della salute forniscono un’utile base per una analisi politica periodica. Il valore di tale attività di rilevazione come strumento per guidare le scelte politiche aumenta se, oltre al fatto di rendere disponibili informazioni fattuali sul presente e proiezioni sulla situazione futura dell’ambiente e della salute, essa analizza i trends in atto alla luce di indicatori di sviluppo sostenibile. b) La valutazione di impatto ambientale (VIA) è ampiamente utilizzata per prevedere il probabile impatto sull’ambiente e/o sulla salute di progetti e di attività proposti, e in minor misura anche per quanto riguarda programmi, piani o linee politiche. La valutazione di impatto sulla salute e la VIA stanno peraltro emergendo anche come utili discipline accademiche. 171 c) Il controllo ambientale delle attività produttive e delle imprese, attraverso programmi come lo Schema dell’Unione Europea per la Gestione e la Certificazione Ambientale (European Union’s Environmental Management and Auditing Scheme), e l’analisi dell’intero ciclo di vita dei prodotti può contribuire alla crescita della consapevolezza, nei produttori e nei consumatori, delle implicazioni ambientali delle loro azioni. Tali schemi dovrebbero essere, per quanto possibile, vincolanti, onde assicurare la massima copertura possibile e stabilire un “campo di gioco uniforme”, comprendendo anche le implicazioni per la salute. d) I registri inerenti gli scarichi e i trasporti di materiali inquinanti (Pollutant release and transfer registers, PRTRs), aggiornati attraverso il rilevamento periodico degli scarichi e dei trasporti di una gamma specifica di sostanze derivanti da attività potenzialmente inquinanti, si sono dimostrati mezzi altamente efficaci e di costo relativamente basso per la raccolta di informazioni ambientali dal settore privato e per l’acquisizione delle stesse al dominio pubblico, esercitando in tal modo una pressione atta a diminuire i livelli di inquinamento. Tuttavia , pochissimi Paesi nella Regione europea, hanno istituito tali registri. e) I sistemi di reporting dei dati sulla salute sono necessari anche per fornire una base per la ricerca delle possibili relazioni causali fra problemi della salute e fattori ambientali. Sono necessari una migliore sorveglianza delle malattie ed il monitoraggio degli indicatori ambientali che possono essere correlati con la salute, inclusa la salute sul lavoro. Oltre ai dati sulla mortalità, che danno soltanto un crudo e tardivo segnale d’allarme circa l’esistenza di problemi potenziali, i registri sulle ricorrenze delle malattie tumorali e il monitoraggio di “eventi sentinella” dovrebbero essere utilizzati e organizzati in modo da massimizzare l’accesso pubblico alle informazioni più significative, senza compromettere la tutela della privacy. Infine sono di grande importanza i registri pubblici delle sostanze con proprietà pericolose per la salute, come ad esempio il Registro Internazionale dei Prodotti Chimici Potenzialmente Tossici. 23. Alcuni passi dovrebbero essere fatti per migliorare il valore combinato di questi diversi sistemi di reporting. a) Gli stessi sistemi dovrebbero essere attivati (laddove questo non è già stato fatto), rafforzati e ampliati. Nel caso dei PRTRs, la cornice legale offerta dalla Convenzione di Arhus, combinata con la considerevole esperienza accumulata in questo ambito da Istituzioni come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE / Organisation for Economic Co-operation and Development, OECD), con la cornice del Programma Inter-organizzazionale per la Corretta Gestione delle Sostanze Chimiche (Inter-Organizational Programme for the Sound Management of Chemicals), dovrebbe essere utilizzata per dare nuovo impulso all’uso dei PRTRs nella Regione. 172 b) Al fine di incrementarne significativamente l’utilità dovrebbero essere rafforzate le connessioni fra questi diversi sistemi informativi. c) In terzo luogo, per consentire una maggiore comparabilità fra i dati, si dovrebbero incoraggiare misure per armonizzare i sistemi di raccolta delle informazioni nella Regione Europea. d) Si dovrebbe rendere disponibile al pubblico l’informazione in modo facilmente accessibile e “user-friendly”. Ciò comporterà, di consuetudine, la prassi di rendere compatibili con i bisogni e gli interessi del pubblico l’interpretazione, l’organizzazione e l’analisi delle informazioni, senza che ciò comunque impedisca l’accesso ai dati originali. Vi è un considerevole aumento dell’utilizzo pubblico delle informazioni quando le stesse sono offerte con modalità “user friendly”, attraverso applicazioni elettroniche “one-stop-shop”, come è dimostrato dallo stato dell’arte dei siti web in Internet che connettono banche dati inerenti le emissioni nell’ambiente (nella forma di sistemi informativi su base geografica) con banche dati circa le implicazioni sulla salute dei prodotti chimici tossici. Vi è inoltre la necessità di fornire alle Organizzazioni non governative (NGOs) ed al pubblico maggiori informazioni su come interpretare i dati inerenti le problematiche dell’ambiente e della salute. LA COMUNICAZIONE PUBBLICA 24. La comunicazione con il pubblico e un’efficace diffusione dell’informazione sono elementi essenziali nello sviluppo e nell’implementazione delle politiche per l’ambiente e per la salute. Una popolazione bene informata è maggiormente in grado di partecipare efficacemente ai processi decisionali e più interessata a sostenere politiche rivolte alla creazione di un ambiente più salubre. 25. A livello individuale, una buona comunicazione può avere benefici diretti per l’ambiente e per la salute, sia avvertendo i cittadini su quando e come evitare l’esposizione ai rischi (p. es. l’esposizione ai raggi ultravioletti, l’ozono, lo smog), sia dissuadendo dall’adottare comportamenti dannosi per l’ambiente (p.es. utilizzando l’automobile in città, quando sono disponibili mezzi di trasporto pubblico meno inquinanti). Chi comunica? 26. La comunicazione nell’ambito dell’ambiente e della salute non è semplicemente un processo unidirezionale attraverso il quale un’informazione obiettiva passa da chi è informato a chi non lo è. Essa può e dovrebbe comprendere momenti di dibattito, dialogo e informazione di ritorno (feedback), specialmente nel contesto dei processi decisionali. 27. I governi devono considerare con attenzione come gli organismi sotto il loro diretto 173 controllo comunicano con il pubblico. I media hanno un ruolo particolarmente importante nella comunicazione delle informazioni e nello sviluppo di una “alfabetizzazione per la salute”. Media liberi, indipendenti e critici sono elementi chiave di una sana democrazia. Pertanto le istituzioni pubbliche che intendono diffondere i loro messaggi devono lavorare con i media con modalità proattiva, evitando la segretezza ed incoraggiando la trasparenza. Entrambe le parti dovrebbero essere consapevoli della loro responsabilità e della necessità di comunicare in modo aperto e professionale l’uno con l’altro, in particolare in situazioni di calamità (quando la tempestività può essere la cosa più importante e i protocolli di comportamento devono essere già stati predisposti). 28. Altri attori importanti nella comunicazione delle informazioni sull’ambiente e la salute sono i medici, i professionisti della salute ambientale, le istituzioni educative, le imprese, i sindacati e le ONG. La comunicazione delle politiche di sanità pubblica, le idee e gli sviluppi dipendono anche dal loro coinvolgimento attivo e dal loro accordo. 29. Tutte queste componenti sono state invitate, insieme con gli uffici informazione governativi, nel Network Europeo per la Comunicazione sulla Salute (WHO European Health Communications Network), recentemente costituito presso il WHO/EURO (Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), che sosterrà lo sviluppo di competenze e provvederà a diffondere le informazioni sulle buone pratiche, stabilendo anche un codice etico e linee guida per i professionisti. I mezzi di comunicazione 30. Le tecnologie della comunicazione si stanno evolvendo rapidamente. E’ dunque necessario che i Governi adattino le loro politiche tenendo conto dei cambiamenti tecnologici, riconoscendo che essi portano con sé nuovi rischi ma anche nuove opportunità. 31. La televisione è diventata la maggior fonte di notizie e informazioni in Europa, come nel resto del mondo. E’ un mezzo molto potente per trasmettere messaggi, sia positivi che negativi, circa le problematiche dell’ambiente e della salute. La recente crescita degli investimenti sulla televisione digitale e su altri canali televisivi significa che gli spettatori hanno accesso ad una moltitudine di canali commerciali, oltre a quelli di proprietà dello Stato, alcuni dei quali hanno una larga copertura satellitare, che non tiene in alcun conto i confini nazionali. Questo ha inevitabilmente ridotto la possibilità dei governi di avere voce in capitolo per quanto riguarda i messaggi a cui le loro popolazioni sono esposte. D’altra parte, l’arrivo della televisione digitale può portare un grande numero di canali a basso budget rivolti alle comunità locali, accrescendo le opportunità per i cittadini e per le Organizzazioni non governative, di partecipare all’utilizzo del mezzo e alla diffusione di messaggi socialmente utili, ma aumentando anche nel contempo, a causa della frammentazione dell’audience, la difficoltà di raggiungere con un messaggio l’intera popolazione. 174 32. Nonostante la limitata influenza che i Governi possono avere sul contenuto della programmazione televisiva, è importante che ciascun Paese, i cui cittadini costituiscono gli spettatori dei canali televisivi, manifesti con chiarezza ciò che ci si attende per quanto riguarda la responsabilità delle emittenti TV. In passato alcuni governi hanno stabilito il quadro di riferimento all’interno del quale le stazioni televisive dovrebbero operare per ottenere la licenza di trasmettere. Questo può voler dire stipulare l’accordo che una certa percentuale di programmi siano “socialmente utili”, per esempio per la promozione della salute, o su problematiche sociali e ambientali. Questa categoria può anche includere i “programmi dell’accesso”, o programmi che incoraggiano gli spettatori a partecipare e ad esprimere la loro opinione. Gli annunci di pubblica utilità sulle tematiche sociali o della salute, solitamente realizzati da agenzie governative o da ONG facenti parte di campagne per la salute pubblica o altro e inseriti fra un programma e l’altro, possono essere mezzi molto efficaci per lo sviluppo della consapevolezza dei cittadini. Ci sono tutte le ragioni per incoraggiare le emittenti nazionali a trasmetterli con regolarità, gratuitamente o a pagamento. Così come ci sono forti argomentazioni morali per limitare la pubblicità di prodotti dannosi per la salute o per l’ambiente. 33. Le tecnologie elettroniche della comunicazione, specialmente Internet, stanno rivoluzionando le modalità con cui la società tratta le informazioni. Inserire le informazioni su siti web o su homepages, utilizzando nel contempo i media convenzionali, vuol dire utilizzare una via efficace per mettere a disposizione tali informazioni del crescente numero di utenti del computer, risparmiando tempo e denaro sia da parte del pubblico, che delle autorità e permettendo agli utenti di commisurare le informazioni ai loro bisogni ed ai loro interessi. La Convenzione di Århus richiede alle parti interessate di produrre informazioni ambientali gradualmente fruibili anche in questa forma, con particolare enfasi per alcune categorie di informazione. Tuttavia, molti non sono ancora collegati con Internet, in forma diretta o indiretta, e c’è la necessità di aumentare il numero dei contatti, per esempio attraverso punti di accesso situati in centri pubblici di informazione. 34. Le agenzie educative costituiscono una fonte essenziale di informazione sulle questioni dell’ambiente e della salute e dovrebbero essere incoraggiate a includere con decisione nei loro programmi didattici le tematiche dell’ambiente e della salute. Questo non solo migliorerà la qualità della partecipazione della popolazione ai processi decisionali, nel breve e medio termine, ma produrrà anche benefici sul lungo periodo per quanto riguarda la salute ambientale del futuro, attraverso la costituzione di un “capitale di intelligenza” nella popolazione. 35. Le etichette dei prodotti sono uno strumento importante di informazione al pubblico. Possono essere uno strumento neutrale (p.es. fornendo una lista obiettiva degli ingredienti) o valutativo (p.es. sottolineando il fatto che quel prodotto può nuocere alla salute o all’ambiente). E’ essenziale che al pubblico siano fornite informazioni sufficienti e in forma appropriata, affinché tutti siano in grado di scegliere consapevol175 mente ciò che porta beneficio alla salute ed all’ambiente. Criteri minimi per la compilazione delle etichette dovrebbero essere stabiliti su base obbligatoria, per assicurare un minimo comun denominatore, con la possibilità di integrarli utilmente con modalità di etichettatura supplementari e volontarie. In entrambi i casi, il contenuto dell’etichetta dovrebbe essere coerente con i risultati delle analisi inerenti l’intero ciclo di vita del prodotto, affinché il consumatore possa ottenere il quadro complessivo delle implicazioni del consumo di quel prodotto sull’ambiente e sulla salute. I criteri di compilazione delle etichette dovrebbero inoltre tener conto delle preoccupazioni della popolazione, p. es. rendendo obbligatoria la menzione che il prodotto contiene o trae origine da materiali geneticamente modificati. La comunicazione dei rischi per la salute e l’ambiente 36. La comunicazione dei rischi e dei pericoli per la salute e per l’ambiente è una delle aree più delicate e controverse della comunicazione pubblica. Fornire alla popolazione informazioni insufficienti o incomplete circa una situazione di rischio può privare i cittadini della possibilità di prendere misure precauzionali o preventive e può avere serie conseguenze, in qualche caso può costare letteralmente la vita. Quando un’informazione tempestiva può ridurre o eliminare una minaccia per la salute o per l’ambiente, dovrebbe essere obbligatorio, per chi possiede tale informazione, renderla immediatamente disponibile alla popolazione potenzialmente interessata. 37. La comunicazione del rischio dovrebbe tendere a trasmettere alla popolazione potenzialmente interessata un’informazione obiettiva sul reale livello di rischio al quale è o potrebbe essere esposta. Tuttavia ci sono molti ostacoli che rendono difficile il conseguimento di questo obiettivo. 38. Comunicare al pubblico situazioni di rischio per la salute vuol dire spesso riferirsi a fatti tecnici complessi utilizzando una terminologia da profani senza perdere in esattezza dell’informazione. Talvolta ciò comporta la necessità di colmare una lacuna fra percezione pubblica e fatto oggettivo, al fine di ristabilire la realtà della situazione. In alcuni campi questo può significare anche comunicare incertezza o diversità di opinioni. Questioni etiche e politiche possono essere messe in gioco. Ma tutte queste non sono comunque buone ragioni per evitare la comunicazione; al contrario queste sono le aree in cui si riscontrerà il maggiore interesse pubblico. 39. Se le autorità pubbliche sottostimano i rischi o i pericoli per la salute derivanti da incidenti, attività o prodotti, o se semplicemente l’informazione non viene diffusa, ciò può portare all’instaurarsi di un circolo vizioso di scarsa comunicazione e comporterà una perdita della fiducia da parte dei cittadini. La popolazione non crederà più alle informazioni di fonte ufficiale, adottando le propria versione molto concreta del principio di precauzione. Le autorità pubbliche saranno così rinforzate nella loro credenza che il pubblico è irrazionale, e saranno sempre meno portate a condividere con la popolazione le informazioni sui rischi per timore che esse provochino reazioni sproporzionate. 176 40. Se il rischio è sovrastimato, ciò può causare un ingiustificato stress psicologico, che può a sua volta essere costituire o essere causa di un significativo e misurabile impatto sulla salute pubblica. Una comunicazione efficace del rischio dovrebbe perciò percorrere la strada che passa tra il causare compiacenza (complacency) ed il causare allarme. D’altra parte non si dovrebbero mai invocare i problemi per la salute indotti dall’informazione come scusa per trattenere le informazioni, quando queste potrebbero consentire l’adozione di azioni precauzionali atte a ridurre una minaccia significativa per la salute o per l’ambiente. 41. Forse la maggior sfida nella comunicazione delle situazioni di rischio si attua nelle situazioni di incertezza circa il livello o la natura del rischio. Sebbene la valutazione possa basarsi spesso su alti livelli di certezza scientifica, tuttavia la valutazione di rischio poggia su un’ampia gamma di modelli previsionali, e perciò il livello di incertezza - e la possibilità di produrre valutazioni di rischio ampiamente differenti - è di gran lunga più grande. E’ dunque cruciale che la comunicazione di rischio rispetti pienamente il principio di precauzione alla luce di ogni possibile incertezza, e che ogni realistico dubbio e lacuna nella conoscenza siano comunicati alla popolazione. La valutazione dei rischi 42. La comunicazione del rischio spesso equivale al comunicare i risultati della valutazione di rischio. Per questo motivo la questione di come i rischi vengono valutati assume rilevanza centrale. 43. La valutazione del rischio può costituire uno strumento potente quando riguarda sistemi ben delineati, dove i rischi sono ben definiti (p.es. il traffico). Ma in passato è stata applicata troppo frequentemente anche a sistemi complessi, dove i rischi sono scarsamente definiti e/o completamente imprevedibili (p.es peer gli organismi geneticamente modificati). Questo ha contribuito, in qualche modo, ad accrescere lo scetticismo con cui la gente ha accolto negli ultimi decenni le informazioni sulla salute e la sicurezza. 44. I Governi dovrebbero incoraggiare l’identificazione e la quantificazione del rischio nella misura massima possibile in ogni valutazione di rischio, riducendo in tal modo, per quanto possibile, il numero della valutazioni basate su modelli. Per quanto riguarda le valutazioni rimanenti è importante che siano chiaramente precisate e che il principio di precauzione sia rigorosamente applicato. 45. A parte la difficoltà di quantificare i rischi in modo accurato e affidabile, la questione della loro accettabilità dipende da un ventaglio di altri problemi che interessano i giudizi soggettivi di valore. Ciò implica la necessità di un ampio apporto sociale nei processi decisionali inerenti le situazioni di rischio. Il ruolo dei giudizi di valore e il trattamento dell’incertezza scientifica nella valutazione di rischio sono sviluppati più ampiamente nell’allegato 1. 177 La prevenzione dei rischi 46. La maggior parte dei rischi e dei pericoli nella società moderna non sono inevitabili, piuttosto nascono come risultato, diretto o indiretto, delle attività umane. L’obiettivo di fondo di qualsiasi politica inerente la comunicazione dei rischi deve essere quello di diminuire e, dove possibile, di eliminare i rischi evitabili. La comunicazione del rischio non dovrebbe essere un processo attraverso cui il governo o l’industria tentano di far apparire più accettabili per la popolazione rischi evitabili, presentandoli come “dati di fatto”. 47. La comunicazione di rischio dovrebbe essere vista nel più ampio contesto di un approccio preventivo. Un’efficace comunicazione di rischio dovrebbe in molti casi non soltanto guidare gli individui a minimizzare la loro esposizione al pericolo, ma anche esercitare una pressione pubblica per eliminare la fonte del pericolo. 48. Allo stesso modo, la valutazione dei rischi dovrebbe essere vista nel più ampio contesto di un movimento verso una società il cui sviluppo è sostenibile, basata su una produzione pulita. Le valutazioni di rischio standard possono fornire informazioni, con le sopracitate limitazioni, circa la probabilità del verificarsi di determinati eventi e delle loro possibili conseguenze. Comunque questo dovrebbe costituire soltanto uno degli elementi nel processo decisionale circa l’opportunità di continuare o meno con un’attività che dà origine a situazioni di rischio. Un’eccessiva enfasi su questo aspetto può diminuire la considerazione di altre problematiche quali i bisogni sociali, la disponibilità di soluzioni alternative o l’irreversibilità degli effetti dannosi. 49. In fin dei conti la società ha bisogno di adottare un approccio completamente nuovo ai rischi ed ai pericoli - un approccio preventivo e proattivo, piuttosto che reattivo e basato sulla riduzione del danno dopo che l’evento si è verificato. Le tecnologie pervasive, che si ritiene ragionevolmente abbiano la potenzialità di produrre effetti dannosi sostanziali, irreversibili e incontrollabili non dovrebbero essere sviluppate fino a quando non sia stato stabilito, senza ragionevole dubbio, che esse non produrranno tali effetti. LA PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO E DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE 50. La partecipazione della popolazione e delle ONG ai processi decisionali di carattere istituzionale per quanto riguarda le questioni della salute e dell’ambiente è auspicabile poiché tende a migliorare la qualità delle decisioni e ad accresce il livello del consenso pubblico rispetto alle conseguenze di tali decisioni. In modo meno tangibile, ma non meno importante, ci si può aspettare che una società in cui la gente si rende conto che può far sentire la propria voce e può influire sulle decisioni abbia un morale più alto rispetto a una in cui la popolazione percepisce di non avere alcuna voce in capitolo per quanto riguarda le condizioni di vita e di lavoro. Questo fattore ha implicazioni numerose e di vasta portata che non dovrebbero essere ignorate, anche se difficili da quantificare. 178 51. La Convenzione di Århus fornisce un’ampia cornice legislativa a tale partecipazione, stabilendo i requisiti minimi per la partecipazione pubblica alle decisioni su iniziative specifiche (art. 6), su piani, programmi e politiche (art. 7) e in generale su norme e regolamenti (art. 8) relative all’ambiente. 52. È necessario rafforzare ulteriormente le possibilità di partecipazione pubblica ai processi decisionali che hanno significative conseguenze per la salute, sia attraverso la Convenzione che con altre iniziative. Per esempio, si dovrebbero compiere altri passi avanti per contemplare la partecipazione pubblica nei processi autorizzativi inerenti il trasporto delle scorie nucleari o di altri rifiuti pericolosi, un’attività che ha evidenti implicazioni sulla salute. Analogamente le incertezze nel campo degli organismi geneticamente modificati rendono obbligatoria la scelta di prevedere una partecipazione pubblica nei processi decisionali riguardanti questo ambito quanto meno pari a quella attuata per le altre attività (elencate nell’Allegato 1 della Convenzione). 53. Non si dovrebbe permettere che decisioni assunte in ambito imprenditoriale o di investimento finanziario limitino la partecipazione pubblica in alcun modo, ma piuttosto si dovrebbero incoraggiare i governi a mantenere ed ampliare i meccanismi di partecipazione già esistenti. Le valutazioni di impatto sull’ambiente e la salute 54. Negli ultimi decenni, la valutazione di impatto ambientale (VIA) dei progetti ha rappresentato un meccanismo particolarmente importante per coinvolgere la popolazione in alcune categorie di processi decisionali, in un numero crescente di Paesi. Nondimeno si deve riconoscere che nella presente forma la VIA, come la correlata disciplina della valutazione del rischio, non ha impedito la diffusione di tecnologie e di pratiche pericolose per l’ambiente. 55. È possibile avvalersi dell’esperienza fatta con la VIA e incrementare la sua efficacia in tre modi: in primo luogo assegnando alla valutazione di impatto sulla salute un rilievo maggiore di quello attribuito fino ad ora; in secondo luogo allargando la partecipazione del pubblico, specialmente quando si tratta di stabilire il campo d’azione della VIA; in terzo luogo aumentando il numero delle categorie di processi decisionali considerati, includendo quelli inerenti le politiche, i piani, i programmi, le leggi sull’ambiente o sulla salute correlata all’ambiente. Limitare la VIA a livello dei processi decisionali sui progetti è come fidarsi di una soluzione sull’ultimo anello della catena. Buone pratiche 56. Vi sono precise condizioni, tutte altrettanto importanti, per raggiungere una vera partecipazione pubblica, evitando un coinvolgimento che sia solo di facciata. Fra i principali fattori di una efficace partecipazione vi sono: a. la possibilità di un coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali, 179 nelle fasi preliminari e in itinere; b. una comunicazione adeguata e tempestiva nei confronti delle parti interessate; c. l’accesso pubblico alle informazioni rilevanti per il processo decisionale, con un’attiva diffusione delle informazioni chiave al pubblico interessato; d. la dovuta attenzione agli input che provengono dal pubblico; e. decisioni ponderate nei confronti di tutte le controversie sostanziali originate dalla partecipazione pubblica; f. la trasparenza nei processi decisionali, mettendo a disposizione del pubblico anche la raccolta di tutte le opinioni espresse e i resoconti delle riunioni tenute con i soggetti decisori ; g. la formazione dei funzionari pubblici al fine di sostenere la partecipazione pubblica; h. una infrastruttura di supporto per la partecipazione del pubblico e delle ONG, comprese le misure necessarie per superare gli ostacoli finanziari alla partecipazione; i. la costruzione di competenze e capacità produttive a lungo termine che rafforzino le ONG. 57. Non si dovrebbe considerare la partecipazione pubblica come una pura questione di adempimenti procedurali e formali. Per quanto possibile il contenuto delle decisioni dovrebbe rispecchiare gli input derivanti dalla partecipazione pubblica, specialmente gli input di soggetti i cui diritti o legittimi interessi sono particolarmente coinvolti dal processo decisionale in corso. La partecipazione pubblica nei piani nazionali e locali per la salute ambientale 58. Sebbene il processo decisionale per quanto riguarda i piani nazionali e locali per la salute ambientale (Ntional and Local Environmental Health Action Plans, rispettivamente NEHAPs e LEHAPs) si riferisca soltanto ai piani concernenti la salute e l’ambiente, si tratta evidentemente di un processo importante in questo contesto. La risoluzione che accompagna l’adozione della Convenzione di Århus enfatizza indirettamente l’applicabilità della Convenzione ai processi decisionali riguardanti i piani nazionali per la salute ambientale. 59. L’indicazione data dal gruppo di lavoro NEHAP del Comitato Europeo per l’Ambiente e la Salute (European Environment and Health Committee’s NEHAP Task Force) contiene varie raccomandazioni e suggerimenti per quanto riguarda la consultazione e la parte180 cipazione pubblica. Oltre a sottolineare la rilevanza delle Linee Guida di Sofia (vedi paragrafo 7), l’indicazione fa riferimento alla necessità di una strategia della partecipazione pubblica e definisce come “assiomatico” il fatto che i pareri della cittadinanza siano influenti. 60. Un consulto dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (VHO/EURO) sull’informazione e la partecipazione pubblica nelle questioni della salute ambientale ha analizzato la situazione nei Paesi europei ed ha prodotto un elenco di raccomandazioni su come affrontare questi problemi. 61. Lo studio di scenario diffuso dal Centro Regionale per l’Ambiente dell’Europa Centrale e Orientale (Regional Environmental Centre for Central and Eastern Europe, REC) mostra che mentre alcuni paesi hanno dato alla popolazione ampie possibilità di partecipazione nei processi decisionali inerenti i NEHAP, in altri si verifica un coinvolgimento minimo o nullo. Nel caso dei piani locali LEHAPs (o di iniziative similari come l’”Agenda locale 21” o le “Città sane”) sembra che si sia realizzato un più elevato livello di partecipazione. Sebbene l’analisi REC abbia coperto una selezione di paesi relativamente piccola e in una fase iniziale dei processi NEHAP/LEHAP, i suoi risultati indicano che c’è ancora molto spazio per migliorare. Forme di partecipazione 62. Nella maggior parte dei processi decisionali pubblici, lo scopo della partecipazione pubblica è quello di assicurare che la popolazione sia stata adeguatamente consultata e che i punti di vista espressi siano stati realmente presi in esame. Le decisioni vere e proprie sono generalmente adottate dalle amministrazioni pubbliche operanti sotto l’autorità di governi eletti. 63. In alcuni casi tuttavia, per esempio dove vengono utilizzati lo strumento referendario o il diritto di iniziativa legislativa popolare, la cittadinanza o le ONG sono realmente soggetti decisori o co-decisori. L’uso fruttuoso di questi strumenti di “democrazia diretta” in un piccolo numero di Paesi non soltanto fornisce modelli interessanti da seguire in altri Paesi, ma suggerisce anche che è necessario non circoscrivere la partecipazione pubblica nella realizzazione di consultazioni pubbliche all’interno di un processo decisionale in corso. Può anche voler dire esaminare le stesse strutture del processo decisionale e svilupparne di nuove (p.es. opzioni a scelta multipla) in grado di rafforzare la partecipazione della popolazione. 64. I computer aprono nuove possibilità per il coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali. Così come l’uso della tecnologia informatica ha trasformato la modalità di trattamento delle informazioni, allo stesso modo potrebbe avere un impatto simile sui processi di formazione delle decisioni. 181 Chi ha il diritto di partecipare? 65. In linea di principio, l’obiettivo delle partecipazione popolare è dare a ciascuno dei componenti la società l’opportunità di partecipare. I processi decisionali di livello locale dovrebbero in generale permettere la diretta partecipazione del pubblico, e dovrebbe essere lo stesso, per quanto possibile, anche negli altri processi decisionali. 66. In pratica normalmente i cittadini devono organizzarsi in gruppi per poter partecipare efficacemente ai processi decisionali su larga scala. In tal modo la partecipazione pubblica assume frequentemente la forma delle ONG. Questo può comportare qualche ambiguità, dato che il concetto di ONG comprende un’ampia gamma di enti con differenti interessi, motivazioni e risorse, alcuni dei quali sono autentiche organizzazioni di base dei cittadini. 67. È pertanto cruciale distinguere fra partecipazione pubblica e partecipazione di soggetti portatori di interessi, e fra le ONG che rappresentano interessi collettivi ed altri soggetti. E’ auspicabile il coinvolgimento di tutti i soggetti portatori di interessi nei processi decisionali riguardanti l’ambiente e la salute, tenendo conto dei loro differenti bisogni e motivazioni. In ogni caso un’attenzione particolare dovrebbe essere dedicata a incoraggiare la partecipazione delle ONG che perseguono un interesse pubblico promuovendo obiettivi inerenti l’ambiente e la salute e per superare gli ostacoli alla loro partecipazione, compresa la ristrettezza di risorse. Dato che le donne sono i principali soggetti di cura dei bambini, malati e disabili, è importante assicurare anche loro pari opportunità nonché il rispetto dei diritti dei bambini. Trasparenza ed equità nei processi decisionali 68. La buona amministrazione richiede l’indipendenza inequivocabile delle istituzioni con compiti regolamentari da coloro la cui azione le stesse cercano di regolare. Per questo motivo, per una questione di correttezza, coloro la cui attività è controllata da un’istituzione non dovrebbero avere una rappresentanza nella stessa o avere con la stessa relazioni finanziarie. 69. È altresì importante che l’influenza che i soggetti portatori di interesse hanno sia esercitata in modo trasparente. Si dovrebbero pertanto redigere e conservare su un registro pubblico i verbali di ogni riunione dei decisori competenti per la regolamentazione negli ambiti dell’ambiente e della salute con i rappresentanti di lobby di qualsivoglia interesse, nonché la registrazione dei contributi finanziari ricevuti da qualsiasi fonte e in qualunque forma. 70. Le considerevoli somme di denaro impiegate dalle grandi compagnie multinazionali nel mantenere gruppi di pressione e staff di ricerca in tutti i maggiori centri di governo superano ampiamente il finanziamento che può essere raccolto dalle ONG di interesse pubblico. Mentre alcune parti in causa hanno consolidati canali di comunicazione con il governo, la stessa cosa non si può spesso dire per le ONG di interesse pubblico. Perciò si dovrebbero intraprendere gli sforzi necessari per compensare l’am182 pia sperequazione fra le risorse e le capacità di influenza a disposizione delle differenti categorie dei soggetti portatori di interesse, al fine di creare un campo di confronto maggiormente equilibrato. 71. Gli studi realizzati in occasione del rilascio di licenze per lo smaltimento di sostanze potenzialmente inquinanti dovrebbero essere progettati e realizzati da enti indipendenti, e i costi relativi dovrebbero essere calcolati come parte dei costi di sviluppo ed essere sostenuti dalle società interessate. ACCESSO ALLA GIUSTIZIA 72. I diritti di partecipazione e informazione, o per meglio dire, il diritto ad un ambiente salubre, sono di valore limitato se non vi è alcuno strumento che consenta di contestare le violazioni di tali diritti. Perciò l’accesso alla giustizia è un elemento chiave nel promuovere un significativo coinvolgimento dei cittadini nelle questioni dell’ambiente e della salute. 73. La Convenzione di Århus fornisce una cornice legale minimale per quanto riguarda la possibilità di rivolgersi alla giustizia per le questioni ambientali e la definizione di “ambientale” contenuta nella Convenzione suggerisce che essa dovrebbe essere estesa alle questioni della salute collegate all’ambiente. La possibilità di rivolgersi alla giustizia per le questioni più generali della salute, che attualmente esula dal campo d’azione della Convenzione, dovrebbe essere incoraggiata, rafforzando anche la parte inerente la salute e la sicurezza dei lavoratori. 74. Estesi diritti alla costituzione in giudizio dovrebbero essere garantiti laddove sono in gioco interessi che riguardano l’ambiente e la salute pubblica, accrescendo in tal modo, attraverso il sostegno pubblico, la forza della legge. Laddove possono essere intaccati interessi di carattere generale o di varia natura (inclusi interessi non riguardanti il genere umano), si dovrebbe garantire alle ONG che rappresentano tali interessi di costituirsi come parte civile. 75. Si dovrebbe cercare di abbattere le barriere, di carattere pratico o finanziario, che impediscono il ricorso in giudizio, p. es. attraverso la fornitura di meccanismi di aiuto legale e di esenzione dai costi processuali qualora si tratti di casi di pubblico interesse. Ci dovrebbe essere la possibilità di emanare decreti ingiuntivi per prevenire azioni che potrebbero causare seri e irreversibili danni alla salute o all’ambiente. 76. Dato che le possibilità di garantire la facoltà di costituirsi in giudizio o di ottenere un’ingiunzione dipendono spesso dal riuscire a stabilire un certo grado di probabilità di nesso causa-effetto, è auspicabile definire chiare regole giuridiche per la determinazione del nesso causale e per l’ammissibilità della prova dinanzi alla corte nei casi riguardanti l’ambiente e la salute, tenendo conto della necessità di applicare il principio di precauzione, qualora ci si trovi di fronte a situazioni di incertezza scientifica 183 o di divergenza degli standard. 77. Al fine di abbassare la soglia di accesso alla giustizia ed assicurare valutazioni specialistiche di merito nel corpo giudicante, i governi dovrebbero considerare la possibilità di istituire un ufficio di Difensore Civico, con competenze nelle materie inerenti l’ambiente e la salute. RACCOMANDAZIONI PER L’AZIONE A. I Governi dovrebbero adoperarsi per accelerare l’entrata in vigore della Convenzione ECE sull’Accesso all’Informazione, sulla Partecipazione Pubblica ai Processi Decisionali e sull’Accesso alla Giustizia nelle Questioni Ambientali (ECE Convention on Access to Information, Public participation in decision-making and Access to Justice in Environmental Matters/ Convenzione di Århus) e applicare quanto prevede la Convenzione con la massima estensione possibile in attesa della sua entrata in vigore. Gli Stati non firmatari dovrebbero essere incoraggiati ad approvarla, ad accettarla o ad aderirvi non appena se ne verifichi l’opportunità. B. Si dovrebbe dare grande enfasi alle problematiche della salute nel corso delle prossime fasi di implementazione e ulteriore sviluppo della Convenzione di Århus. La Segreteria esecutiva dell’ECE dovrebbe essere invitata a prendere in considerazione gli aspetti più rilevanti di questo documento, in preparazione della Prima Assemblea delle Parti che hanno aderito alla Convenzione. VHO/EURO dovrebbe convocare un piccolo gruppo di lavoro, che comprenda rappresentanti dei Governi e delle ONG operanti nei settori dell’ambiente e della salute, per analizzare le varie opzioni possibili al fine di rafforzare i diritti della popolazione all’informazione, la partecipazione e la giustizia nella sfera della salute, includendo anche la possibilità di assistere, quando richiesto, all’Assemblea delle Parti che hanno sottoscritto la Convenzione di Århus. C. Si dovrebbe utilizzare la tecnologia elettronica dell’informazione, compreso Internet, per massimizzare l’accessibilità pubblica all’informazione sull’ambiente e la salute. A livello nazionale, i governi dovrebbero identificare le categorie di informazioni sull’ambiente e la salute da rendere disponibili su Internet. A livello internazionale si dovrebbe costituire una rete completa, integrata e “user-friendly” delle banche dati riguardanti le questioni dell’ambiente e della salute, con lo scopo di fornire alla popolazione, da un capo all’altro della Regione, un accesso continuo, tempestivo e a basso costo, all’informazione sull’ambiente e la salute, tramite Internet. Si dovrebbe istituire una task force formata da rappresentanti dell’OMS, UNEP/Infoterra, ECE, OCSE, e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, dei Governi e delle ONG, per svolgere questo compito, anche attraverso queste azioni: a. realizzando e migliorando le connessioni tra le banche dati esistenti; 184 b. colmando le lacune nei dati e migliorando la loro comparabilità; c. sviluppando e applicando i criteri più evoluti per definire quali siano gli elementi costitutivi di un accesso “user friendly”; d. identificando e, per quanto possibile, mettendo in atto misure per incrementare l’estensione dell’accesso pubblico a Internet nella Regione Europea, inclusa la fornitura di assistenza tecnica e finanziaria; e. coordinandosi con altre iniziative similari mirate a soddisfare i bisogni di istituzioni scientifiche, organismi legislativi ed altri. D. Pur rispettando l’indipendenza dei mezzi di comunicazione, i governi dovrebbero utilizzare la loro influenza per incoraggiare l’utilizzo dei media per la promozione di obiettivi di protezione ambientale e di salute, attraverso modalità come, ad esempio, annunci televisivi di pubblica utilità, condizionando la concessione di licenze con la richiesta di inserire nel palinsesto una data percentuale di programmi socialmente utili, limitando la pubblicità di prodotti dannosi per la salute o per l’ambiente. E. Si dovrebbe costituire un gruppo di lavoro guidato dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS, coinvolgendo i rappresentanti dei media, i professionisti della salute legata all’ambiente, le ONG e altri partner che hanno un ruolo chiave nella valutazione o nella comunicazione del rischio, per elaborare linee guida per la comunicazione fra questi partners e con il pubblico in generale, per quanto riguarda le minacce all’ambiente o alla salute, comprese le calamità, tenendo in conto la necessità di: a. coordinare tale attività con il rilevante lavoro che sta svolgendo il Network della Comunicazione per la Salute in Europa dell’OMS ( WHO’s European Health Communication Network) e altri organismi come il Programma Internazionale per la Sicurezza Chimica (International Programme on Chemical Safety); b. applicare il principio di precauzione nella valutazione dei rischi e adottare un approccio più preventivo e pro-attivo nei confronti dei pericoli, fra l’altro trasferendo l’onere della prova su coloro che promuovono nuove tecnologie potenzialmente pervasive, chiedendo che sia stabilito, al di là di ogni ragionevole dubbio e prima della loro implementazione, che tali tecnologie non comportano effetti contrari alla salute o all’ambiente rilevanti, irreversibili o incontrollabili. F. I Ministeri della Sanità e dell’Ambiente dovrebbero cooperare nello sviluppare sistemi nazionali per la valutazione strategica dell’impatto sull’ambiente e sulla salute, che prevedano il requisito della partecipazione pubblica. Si dovrebbe invitare l’Assemblea della Convenzione ECE per la Valutazione di Impatto Ambientale in Contesto Transfrontaliero (ECE Convention on Environmental Impact Assesment in a Tranboundary Context) a prendere in considerazione l’avvio di un negoziato per un Protocollo sulla 185 Valutazione Strategica di Impatto sull’Ambiente e la Salute in contesto tranfrontaliero e non, che preveda la partecipazione pubblica e che sia in grado di affrontare le conseguenze sulla salute umana. G. Al fine di stimolare una maggiore attenzione nei confronti della partecipazione pubblica, nell’ambito della Regione Europea, l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS (WHO/EURO) dovrebbe provvedere alla produzione di un manuale di buone pratiche per quanto riguarda la partecipazione pubblica nelle questioni inerenti l’ambiente e la salute, avvalendosi delle esperienze già realizzate in quest’area. H. I Governi dovrebbero mantenere e rafforzare i loro sforzi nel coinvolgere il pubblico e le ONG nei processi decisionali in materia di ambiente e salute. Si dovrebbe dedicare una particolare attenzione a incoraggiare la partecipazione delle ONG di interesse pubblico che stanno perseguendo obiettivi di salute e di tutela dell’ambiente, al superamento degli ostacoli alla loro partecipazione, compresa la limitata disponibilità di risorse. In particolare si dovrebbe prevedere la partecipazione pubblica nell’elaborazione e nell’implementazione dei Piani nazionali e Locali di azione per la salute ambientale (NEHAPs e LEAPs) e delle iniziative correlate riferentesi all’Agenda 21., tenendo conto delle linee guida REC, delle raccomandazioni emerse dalla consultazione di Michelstadt e dalle indicazioni della Task Force NEHAP. I. Si dovrebbe assicurare la possibilità del ricorso alla giustizia affinché la popolazione possa contrastare il mancato rispetto dei diritti di informazione e partecipazione e le infrazioni delle leggi sulla tutela della salute e dell’ambiente. Si dovrebbe applicare una interpretazione ampia del diritto di costituirsi in giudizio. Si dovrebbe garantire alle ONG di pubblico interesse, che promuovono la protezione della salute e dell’ambiente, il diritto di costituirsi parte civile laddove gli interessi che le stesse tutelano possano essere minacciati. Dovrebbero essere messi in atto gli sforzi necessari per superare le barriere pratiche ed economiche che ostacolano l’accesso alla giustizia, per esempio attraverso strumenti di supporto legale e attraverso la riduzione o l’esenzione da oneri finanziari. Inoltre dovrebbe esserci la possibilità di emanare decreti ingiuntivi nel caso possano verificarsi danni gravi o irreversibili alla salute o all’ambiente. I Governi dovrebbero prendere in esame l’istituzione di un Difensore civico competente per le questioni dell’ambiente e della salute. J. I principi della Convenzione di Århus dovrebbero essere applicati ai processi decisionali di carattere internazionale attinenti l’ambiente e la salute. In particolare si dovrebbe permettere alle ONG di partecipare efficacemente alla predisposizione, da parte delle organizzazioni intergovernative, dei documenti che hanno significative implicazioni sulla salute e sull’ambiente. 186 ALLEGATO 1 Alcune considerazioni chiave sulla valutazione del rischio Introduzione 1. La metodologia di valutazione del rischio si è sviluppata rapidamente negli ultimi decenni e su di essa si è fatto sempre maggior affidamento come strumento per l’assunzione di decisioni circa le attività a rischio. Dato che le varie tecniche di valutazione del rischio sono largamente utilizzate dai decisori, e considerando il fatto che gli esiti della valutazione spesso formano la sostanza di ciò che viene comunicato al pubblico, è importante che si riconoscano e si comprendano i limiti della valutazione del rischio così come essa viene correntemente svolta. Altrimenti il suo utilizzo può portare a una fiducia mal riposta nei confronti di attività potenzialmente pericolose e la comunicazione del rischio così basata è fuorviante. 2. La pratica della valutazione del rischio, come è stata esercitata negli ultimi decenni, ha accompagnato, e in un certo senso legittimato, molte attività distruttive per l’ambiente, per esempio l’introduzione nell’ambiente e la produzione di prodotti chimici tossici e non biodegradabili. Pertanto non è sorprendente che il processo di valutazione sia guardato dalla cittadinanza con un certo scetticismo. L’incertezza scientifica 3. Una delle questioni fondamentali nella valutazione del rischio consiste nel fare i conti con l’incertezza scientifica. Con il crescere della complessità della società moderna, crescono anche le difficoltà nel valutare in dettaglio e con cura i rischi e i pericoli. Ci può essere incertezza sia sulla probabilità che un evento si verifichi che sulla dimensione e la natura delle sue conseguenze. Queste incertezze possono nascere o possono essere accresciute da vari fattori: a. mancanza di dati: per esempio la sola quantità dei prodotti chimici che stanno arrivando sul mercato rende utopistica la possibilità di eseguire dei test globali; b. fonti dei dati non disinteressate: talvolta le principali informazioni disponibili circa i rischi connessi con una tecnologia provengono da coloro che hanno interesse nel promuoverla; c. la notevole complessità delle interazioni fra l’uomo e l’ambiente: ci sono troppe possibili cause per ogni effetto e troppi parametri da considerare per ogni causa; d. l’emergere di nuove tecnologie (p.es. l’ingegneria genetica) per le quali non c’è ancora un corpus consistente e accumulato negli anni di esperienze e di dati; e. la separazione di causa ed effetto nello spazio (p.es. nel caso di inquinamento ampiamente diffuso) e nel tempo (p. es. per quanto riguarda gli effetti intergenerazionali) rende difficile provare le connessioni causali; 187 f. gli effetti sinergici, aggiuntivi e cumulativi ( p.es. il non tener conto di un preesistente accumulo di sostanze tossiche nel corpo); g. sorgenti di pericolo non previste o non identificate; h. sensibilità variabili fra le popolazioni. Nella misura in cui la valutazione del rischio manca di ammettere e sottolineare esplicitamente queste incertezze, essa dà l’illusione di una precisione e di un’obiettività che non è giustificata. 4. Ci sono vari gradi di incertezza in ogni valutazione del rischio. Questa incertezza rende imperativa l’applicazione del principio di precauzione, tenendo conto globalmente dei bisogni della società. Storicamente si sarebbero potuti evitare un maggior numero di danni per la salute e/o per l’ambiente attraverso una più stretta applicazione del principio di precauzione. Ciò vale tanto per gli eventi non pianificati e non di routine (per esempio gli incidenti chimici o nucleari) che per i rischi connessi con attività routinarie o con l’esposizione continuativa ai fattori dell’ambiente (p. es. raggi ultravioletti, piombo, organofosfati, fumo del tabacco). Il principio di precauzione dovrebbe essere il fattore determinante nel valutare l’introduzione nell’ambiente di fattori inquinanti che possono avere un effetto dannoso per la salute della popolazione. 5. Il principio di precauzione richiede che i decisori tengano conto non solo della possibilità che un’ipotesi sia sbagliata (grado di incertezza) ma anche della natura e della dimensione delle conseguenze, se tale ipotesi fosse sbagliata. Alcune situazioni di rischio sono inaccettabili non perché abbiano un’alta probabilità di verificarsi, ma perché le conseguenze, se dovessero accadere, sono gravi. Alla luce di tutto ciò, l’eventualità di effetti irreversibili o duraturi (come nel caso di inquinanti organici persistenti) richiede un approccio differente da quello necessario nel caso di situazioni che comportano effetti transitori. I giudizi di valore 6. Un secondo elemento importante che deve essere considerato per quanto riguarda la valutazione del rischio è il ruolo giocato dai giudizi di valore nei processi decisionali inerenti le situazioni di rischio e di pericolo. 7. 188 La comunità scientifica ha una particolare responsabilità nell’effettuare al meglio la valutazione del rischio e del pericolo e nell’identificare il livello di incertezza insito in tale valutazione. Tuttavia, persino nel caso di valutazioni semplicemente quantitative, gli scienziati possono avere opinioni molto discordanti. La valutazione scientifica non interviene in una situazione politicamente neutra. Quando si utilizzano, per descrivere un livello di rischio, attributi qualitativi come “improbabile”, “significativo”, “apprezzabile”, o “rilevante”, viene chiamato in causa un giudizio che va ben al di là della piena conoscenza dei fatti. Pertanto è necessario assicurare che , per quanto possibile, i processi decisionali sui rischi si avvalgano di pareri scientifici indipendenti da ogni pressione economica o politica. 8. Mentre la scienza fornisce la base di partenza per una valutazione del rischio, la decisione su quale sia un rischio accettabile è essenzialmente un giudizio di valore. L’accettabilità del rischio può dipendere da molti altri fattori oltre alla sua valutazione quantitativa, p. es. se si tratta di un rischio scelto o imposto, se si possa evitarlo facilmente, se i vantaggi di una data attività o prodotto superano i rischi conseguenti, se la distribuzione di tali rischi sulla popolazione sia correlata alla distribuzione dei benefici. 9. Sebbene parte della valutazione del rischio sia di competenza della scienza, il fatto che la valutazione coinvolga giudizi di valore rende essenziale la partecipazione in tutte le fasi del processo decisionale di coloro che dovranno sopportare il rischio. Sono stati adottati vari modelli per riunire esperti, legislatori e cittadini, al fine di dibattere circa la gestione dei rischi: conferenze per la formazione del consenso, comitati consultivi di cittadini (“juries and citizens” advisory committees). Tuttavia l’utilizzo di tali metodi costituisce l’eccezione piuttosto che la regola. Dovrebbero essere più ampiamente utilizzati e le esperienze fatte dovrebbero essere diffuse. 10. Al fine di assicurare la trasparenza nella valutazione del rischi, i particolari degli studi presentati per la valutazione di rischio onde ottenere la concessione di licenze dovrebbero essere resi di pubblico dominio ed essere completamente disponibili tramite Internet. La versione originale è disponibile all’indirizzo www.who.dk/London99/PUBLICO2e.htm Traduzione di Vittorio Curzel 189 SCHEDA 8 La Dichiarazione di Verona sugli investimenti in salute (The Verona Declaration on Investment for Healt) Verona, Italia, 5-9 luglio 2000 LA SFIDA DI VERONA Investire in salute significa promuoverne lo sviluppo L’inizio del nuovo millennio offre un’occasione unica per promuovere la salute e lo stato di benessere dei cittadini dei paesi di tutta Europa. Le tecnologie all’avanguardia, l’evoluzione dei sistemi di comunicazione e il desiderio di riforme socio economiche, costituiscono i presupposti per migliorare lo stato di salute in modo nuovo ed efficace, un obiettivo giudicato irrealizzabile in passato. “The Verona Initiative” accresce la conoscenza sulle migliori strategie da utilizzare al fine di trarre i migliori vantaggi dalle opportunità che ci offre questo nuovo dibattito.Ciascun settore socio economico può contribuire alla promozione della salute. Gli investimenti in salute, quindi, apporteranno vantaggi all’intera società anche in termini di prosperità economica. La Salute è il risultato delle condizioni socio economiche in cui viviamo, e al tempo stesso, lo stato di salute gioca un ruolo di fondamentale importanza nella determinazione del benessere socio economico. Salute e ricchezza economica sono quindi interdipendenti. “The Verona Initiative” è la testimonianza di come i corretti investimenti possano dar vita alle risorse socio economiche, e determinare un evidente miglioramento della salute e dello stile di vita dei cittadini. La sfida di Verona, realizzata con il patrocinio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, costituisce uno dei risultati di tre anni di attività attraverso cui, oltre 51 paesi, hanno messo in comune le professionalità e le esperienze di molteplici settori e discipline. Iniziata nel 1998, “The Verona Initiative” si è sviluppata con prospettive di livello internazionale, nazionale, regionale e locale, appartenenti a ciascun paese europeo e sostenute da un’esperienza trentennale nel settore sanitario relativa sia allo sviluppo delle politiche di salute sia alla loro attuazione nella pratica. In virtù di quanto appena esposto, si conferma che: 1) La salute è un bene universale e un diritto umano fondamentale e come tale rappresenta un obiettivo prioritario di sviluppo e una risorsa economica che merita di trovare sostegno e supporto. Chi gode di buona salute è più produttivo nel lavoro, si rivolge in misura ridotta al sistema sanitario e gode di maggiori opportunità di prendere parte alla vita economica, politica e sociale del paese. Gli investimenti in salute, non devono assolutamente rappresentare un costo, ma devono essere considerati un investimento a favore del benessere socio economico. 2) Ogni decisione politica si ripercuote sulla salute di un paese. Per tale motivo, un 190 investimento in materia di miglioramento dell’istruzione o degli alloggi, o a favore di ambienti più sani o di un incremento dell’occupazione, è da considerarsi un investimento in salute. Questo documento di Verona è rivolto a chi si occupa di decisioni politiche ed economiche, di piani e progetti, ai leader di un paese, nonché a chi abbia il potere di influenzare la salute e di favorirne lo sviluppo. 3) Se le autorità di governo potessero investire nell’aumentare le risorse e le infrastrutture necessarie all’attuazione delle strategie dimostratesi più efficaci, si aprirebbero le porte di un futuro ancor più evoluto e progredito in materia di salute pubblica. Un impegno deciso da parte del governo in tale direzione, costituisce un requisito essenziale per lo sviluppo e la promozione della salute. 4) La salute di un paese è senza dubbio influenzata, sia positivamente che negativamente dai cambiamenti sociali, dalle riforme in campo politico ed economico, dall’introduzione di tecnologie all’avanguardia nonché dalla comunicazione globale. Tuttavia, per coloro che detengono il potere in campo politico, la sfida consiste nello sfruttare le opportunità offerte da simili cambiamenti ed evoluzioni in modo che tutti i cittadini possano godere di uno standard di vita migliore. La sfida di Verona si basa sui seguenti presupposti: - riconoscere che qualsiasi decisione strategica, a prescindere dal settore della società di appartenenza, ha il potere di migliorare e promuovere la salute; - la valutazione di ciascun piano d’azione, riguardante sia il presente che il futuro, dovrà essere effettuata in base all’influenza che esercita sui determinati della salute della popolazione; - la partecipazione dell’opinione pubblica nel processo decisionale; - la determinazione effettuata in modo chiaro e preciso, degli obblighi e delle responsabilità soprattutto nei confronti dei cittadini. La sfida per i governi nazionali: - dare vita ad un impegno decisivo nei confronti degli investimenti in salute, al fine di trasformarli in una componente essenziale delle politiche nazionali per garantire adeguate politiche di promozione della salute e di risanamento economico; - assicurare che tutte le scelte politiche prese da tutti i ministeri, abbiano delle ricadute positive sulla salute dei cittadini di ogni singolo paese; - creare le basi di un meccanismo semplice e chiaro che permetta di coordinare l’evoluzione in campo politico nei diversi ambiti di governo; - definire le responsabilità e gli obblighi allo scopo di favorire e promuovere la salute all’interno di ciascun ambiente politico (non solo all’interno del Ministero della Sanità); - stabilire una mirata strategia comunicativa che consenta di stimolare l’unione fra settori economici, ambienti politici e di governo, amministrazioni locali e regionali; - predisporre un controllo dei ruoli e delle competenze professionali necessarie alla divulgazione delle strategie di “investimenti in salute”, nonché fornire adeguato sostegno ai programmi di sviluppo sociale e economico; 191 - creare le condizioni necessarie affinché le istituzioni regionali e locali mettano in atto le politiche di “investimenti in salute”; - provvedere alla regolare pubblicazione di una rivista relativa ai progressi compiuti per migliorare la salute pubblica; - riconoscere che “gli investimenti in salute” rappresentano una questione di tipo etico e costituiscono un investimento nello sviluppo sociale ed economico. La sfida per gli enti locali e regionali: - creare leadership per la promozione della salute e sostenere l’impegno per investire in salute; - confermare l’esistenza di piani di investimento locali e regionali, rivolti allo sviluppo economico, al miglioramento delle condizioni ambientali, alla fornitura di pubblici servizi e all’accrescimento dello stato di benessere; - stabilire una serie di precisi obiettivi legati allo sviluppo socio economico sostenibile, al fine di migliorare le condizioni di vita della popolazione; - determinare le procedure necessarie alla promozione della salute in ciascun ambito governativo, sia a livello locale che regionale; - coinvolgere i cittadini nelle decisioni in materia di salute pubblica e rispettare le differenze culturali esistenti fra minoranze e gruppi etnici; - pubblicare regolarmente i dati relativi agli investimenti in salute effettuati a livello locale e ai loro risultati; - realizzare un’infrastruttura al fine di coordinare e diffondere un programma esauriente sugli investimenti in salute. La sfida per l’industria e il commercio: - cooperare con le autorità di governo a livello locale e regionale al fine di sostenere le iniziative sociali che puntano al miglioramento della salute utilizzando i beni di cui la società dispone per favorire le condizioni di vita dei cittadini; - provvedere regolarmente alla pubblicazione di una rivista sugli investimenti in salute e ai loro risultati; - adottare le procedure migliori sfruttando l’esperienza di cui dispongono. La sfida per le agenzie internazionali: - riservare alla sanità pubblica un posto di primaria importanza affinché venga considerata un punto di riferimento importante col quale il progresso e l’evoluzione delle società dovranno misurarsi; - fornire supporto e raccomandazioni pratiche basate sui processi di sviluppo economico e sociale; - sviluppare gli strumenti per favorire il trasferimento delle conoscenze in questi settori tra gli Stati Membri; - fornire raccomandazioni sulla divulgazione dei parametri di successo, in particolare sul modo migliore per definire l’impatto dello sviluppo sociale ed economico sulla salute; - istituire attività di formazione che soddisfi in materia integrata le esigenze dei vari settori della società; 192 - offrire supporto agli Stati membri, evitando situazioni che producano ricadute negative sulla salute delle popolazioni dei paesi; - creare una partnership con altre agenzie internazionali, organizzazioni governative e non governative, dei settori dell’industria e del commercio, che agevolino le integrazioni delle strategie nei confronti degli “investimenti in salute” tra Stati Membri e all’interno dei singoli paesi. La sfida per la società e le organizzazioni non governative: - mobilitare le organizzazioni di un paese perché partecipino nel processo decisionale sugli investimenti in salute; - favorire l’inserimento della tutela della salute fra gli obiettivi politici; - richiedere alle istituzioni preposte, le informazioni sullo stato di salute della popolazione e sulle azioni intraprese nel settore degli “investimenti in salute”; - contribuire attivamente al processo di valutazione. La sfida per i mass media: - incoraggiare le organizzazioni e i diversi settori della società a cooperare tra di loro al fine di perseguire l’obiettivo di promuovere lo sviluppo del territorio che sia sostenibile e di conseguenza ottenerne il miglioramento dello stato di salute; - fare in modo che i responsabili delle decisioni politiche giustifichino i progressi e gli sviluppi ottenuti in ambito sanitario; fornire sostegno ed appoggio a coloro che hanno preso provvedimenti positivi; - sensibilizzare l’opinione pubblica sulle strategie di sviluppo economico e sociale legate alla salute che hanno più facilità ad attuarsi immediatamente. La sfida per il Sistema Sanitario: - riconoscere che la salute è determinata in gran parte, dalle politiche e dalle strategie attuate al di fuori del sistema sanitario, confermare che il miglioramento della salute della popolazione deve avere un ruolo di fondamentale importanza nel condizionare lo sviluppo delle politiche di tutti i settori della società; - coordinare e sostenere gli sforzi di altre associazioni con lo scopo di migliorare la salute; - contribuire, nel ruolo di partner, allo sviluppo locale, regionale e nazionale nonché a progetti di risanamento; - promuovere la ricerca e le informazioni al fine di sostenere lo sviluppo e la realizzazione politica, la quale focalizza l’attenzione sui determinanti fondamentali della popolazione; - creare nuovi orientamenti nei confronti dei servizi sanitari al fine di attribuire maggior importanza allo sviluppo economico sostenibile, alla promozione della salute e alle azioni compiute in suo favore. La sfida per la Salute Pubblica: - creare leadership ed agire in favore dell’approccio agli investimenti in salute; - rispondere al bisogno dei mass media di ottenere informazioni di rilievo; 193 - controllare gli orientamenti e le tendenze dello sviluppo economico, valutando l’impatto delle politiche settoriali sulla salute; - pubblicare regolarmente un rapporto sugli investimenti in salute destinato ai mass media che confermi i risultati positivi ottenuti dagli interventi pubblici. Investire in salute non è soltanto una scelta, bensì un obbligo sociale ed economico. L’investimento in salute può portare ad ottimi risultati nel breve termine; i leader politici e istituzionali di oggi, saranno giudicati anche sulla base dei miglioramenti dello stato di salute e di prosperità che sapranno offrire alle future generazioni. E sono proprio queste le basi su cui poggia “La sfida di Verona”. Noi abbiamo il dovere morale, etico e sociale di non fallire nel nostro obiettivo. La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.dk/Verona/Publications/challenge.htm Traduzione di Luigi Bertinato. 194