Settimanale Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 37 - 16 ottobre 2014 Fondato il 15 dicembre 1969 STUDIARE IL MARXISMO-LENINISMOPENSIERO DI MAO di Giovanni Scuderi Alla direzione del PD Renzi fa carta straccia del diritto borghese del lavoro Per lui i padroni sono dei lavoratori (il PD “si candida a rappresentarli”) e devono essere liberi di licenziare quando vogliono, il lavoro nel capitalismo non è un diritto ma un dovere e i sindacati vanno emarginati Più a destra di Berlusconi e simile a Mussolini Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI Condanniamo la repressione dei manifestanti contro il vertice dei banchieri europei a Napoli PAG. 2 La Boldrini intervenendo difende l’operazione Mare Nostrum I marxisti-leninisti catanesi diffondono il volantino “Il potere politico spetta di PAG. 12 diritto al proletariato” Comunicato dell’Organizzazione di Biella del PMLI Il PMLI Volantinaggio: invita i giovani il potere a scendere in politico spetta piazza in massa di diritto al il prossimo proletariato 10 ottobre Molto interesse PAG. 11 Contestato Renzi a Ferrara: “Vattene” Cartelli di protesta e slogan contro il Jobs act e le controriforme “fatte con Verdini” PAG. 5 Nonostante il terrorismo mediatico per scoraggiare la partecipazione alla manifestazione promossa dai Movimenti campani contro la BCE Sfilano in cinquemila contro il vertice dei banchieri EUROPEI a Napoli PAG. 2 Combattivo corteo contro la Nato da parte degli operai Accolto con fischi e lancio di uova. “Ecco il nuovo Berluschino” L’urlo dei Block BCE: Jatevenne In una Catania blindata Alla Ferrari di Maranello di Modena PAG. 3 PAG. 16 Verrà diffuso il Documento della Commissione giovani del CC davanti alle scuole superiori biellesizzzzzzzzzzz PAG. 11 Napoli, 2 ottobre 2014. Manifestazione contro il vertice della BCE a cui ha partecipato la Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI (foto Il Bolscevico) ➠ Come sei bugiardo, venduto e rinnegato Saviano PAG. 2 Il dato più alto dal 1977 Il 44,2% dei giovani è disoccupato Dalla crisi del capitalismo a oggi si sono persi un milione di posti di lavoro, 600 mila nel Mezzogiorno La realtà smentisce Renzi. Occorre spazzarlo via PAG. 4 Un altro nero tassello della seconda repubblica neofascista e piduista La “riforma” di Renzi e Giannini militarizza i lavoratori della scuola come durante il regime fascista Il governo vuole cancellare la contrattazione nella scuola pubblica PAG. 6 Le testimonianze di alcuni precari di Giordano provincia di Cosenza PAG. 13 Impressioni La Fiom firma l’accordo della Ducati che introduce sulla commemorazione il lavoro domenicale Il modello Marchionne arriva nella fabbrica bolognese travestito da “modello tedesco” di Mao PAG. 11 PAG. 4 Un brutto segnale PAG. 6 Migliaia di lavoratori in piazza a Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria contro il precariato e per il lavoro 2 il bolscevico / no bce N. 37 - 16 ottobre 2014 Nonostante il terrorismo mediatico per scoraggiare la partecipazione alla manifestazione promossa dai Movimenti campani contro la BCE Sfilano in cinquemila contro il vertice dei banchieri EUROPEI a Napoli Nel corteo che ha percorso quasi quattro chilometri disoccupati, precari, operai Fiat, movimenti sociali e il PMLI. Applausi dalle finestre e dai balconi dei residenti. Fermato un attivista che con una scala aveva cercato di scavalcare il muro della reggia. Selvagge cariche delle “forze dell’ordine” Redazione di Napoli Giovedì 2 ottobre 2014 si è riunito a Napoli il Governing Council della Banca Centrale Europea. In una città completamente blindata, soprattutto nel centro storico, i 18 governatori delle banche centrali dei paesi UE e i sei executive director della BCE, fra cui il presidente Mario Draghi, si sono incontrati per concordare le politiche di “rilancio economico”. La scelta della location napoletana non avviene certamente con casualità, ma è stata presa ipocritamente come emblema di un rilancio occupazionale, atteso che gli stessi governatori non hanno potuto che constatare gli altissimi livelli di disoccupazione, precarietà e lavoro nero. Eppure proprio i parametri e i diktat della famosa “troika” continuano a produrre un disastro sociale dalle dimensioni enormi, diventato un incubo senza fine per le masse popolari, che vedono, giorno dopo giorno, sfaldarsi e frantumarsi i diritti che il proletariato e le masse lavoratrici nel secolo scorso erano riusciti a conquistare. Per protestare contro la nuova ondata reazionaria delineata dai banchieri e dai loro lacchè sul fronte occupazionale ed economico, accogliendo l’invito dei Movimenti campani contro la BCE circa cinquemila manifestanti si sono dati appuntamento, verso le 9,30, nei pressi della metropolitana di viale dei Colli Aminei, realizzando un combattivo e rumoroso corteo di protesta con alla testa i ragazzi e le ragazze dei Centri sociali, che hanno detto no alle ricette della UE imperialista. Vi hanno partecipato anche disoccupati, precari, operai Fiat, movimenti sociali, migranti, famiglie e la Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI, lanciando slogan antimperialisti e aggregando le persone che di volta in volta solidarizzavano con i manifestanti. Molto bella l’accoglienza delle masse popolari che dai balconi e Roberto Saviano, un presuntuoso e ambizioso intellettuale anticomunista della “sinistra” borghese, nella sua rubrica settimanale de “L’Espresso” ha scritto un velenoso articolo contro i coraggiosi e generosi manifestanti napoletani che hanno contestato il vertice dei banchieri europei. L’ha intitolato “Come sei vecchia sinistra radicale”. Il pennivendolo al soldo del magnate Carlo De Benedetti si è addirittura dichiarato “sconvolto” nel “vedere sigle e volti eterni della estrema sinistra napoletana che esibiscono lo stesso logo del No Global Forum del 2001, quando i dirigenti della BCC sono cambiati, il mondo è completamente mutato anche nelle sue iniquità, ma chi protesta, i loro metodi, i loro slogan, no”. E aggiunge: “Già li sento declamare: la rivoluzione non invecchia. Forse è vero, ma voi sì. E male, anche. Quei volti li cono- L’urlo dei Block BCE: Jatevenne Napoli, 2 ottobre 2014. A fianco, i combattivi manifestanti contro il vertice del BCE sfilano acclamati dalla popolazione affacciata dalle case lungo il corteo, sopra polizia e carabinieri bloccano e caricano la manifestazione anche con un mezzo armato con un cannone d’acqua dalle strade applaudivano i partecipanti al passaggio del corteo, in polemica con il manipolo di tecnocrati che si sono appropriati del bosco di Capodimonte. Particolarmente calorosi gli applausi degli infermieri, dei medici e dei pazienti del Centro traumatologico ortopedico. Una banca ha esposto un cartello all’esterno con sopra scritto: “I dipendenti del Banco di Napoli salutano i manifestanti. Jatevenne padroni”. Sullo striscione di apertura c’era scritto: “Precarietà, povertà, disoccupazione, speculazione, liberiamoci dalla BCE”. Su un altro striscione c’era scritto: “Contro la dittatura della troika, delle banche, dei profitti. Difendiamo i nostri diritti, 2 ottobre. Urliamo: Napoli libera”. Molti gli slogan, tra cui “Jatevenne”, cioè andatevene, rivolto ai banchieri europei, e “Davide vive”, dedicato al 17enne ucciso recentemente da un carabiniere ad un posto di blocco. La reggia di Capodimonte, dove si è svolto il vertice della BCE, era protetta da due muraglie formate da mille agenti della polizia con le telecamere sulla divisa e da carabinieri in assetto di guerra. Quando il corteo è arrivato all’al- tezza della reggia, è partita una carica delle “forze dell’ordine” che con idranti e lacrimogeni sparati sulla folla senza alcun tipo di scrupolo hanno tentato di disperdere i partecipanti alla protesta. Il corteo, per nulla intimorito dalle cariche, si è ricompattato continuando a sfilare in altri quartieri della città gridando slogan contro lo scempio compiuto dalla Banca Centrale Europea. La manifestazione si è conclusa verso le 15 in piazza Borsa solo quando la questura ha rilasciato il giovane che con una scala aveva cercato di scavalcare il muro della reggia e di aprire uno striscione con queste parole d’ordine: “No BCE! Via gli affamatori e gli speculatori da Napoli”. Ipocritamente il governatore della BCE, Mario Draghi, ha detto: “Vi capisco, ma non è colpa nostra”. Mentre il governatore di Bankitalia Visco, facendo il finto tonto ha detto: “Ci confondono con le banche e la Troika”. Certo è che gli idranti, i manganelli, i lacrimogeni, le telecamere e le pistole elettriche laser - usate per la prima volta in assoluto a Napoli indossati dalle “forze dell’ordine” potranno anche riuscire a difende- re i banchieri europei, ma non potranno mai fermare la crescente opposizione delle masse popolari alla politica dell’austerità dell’U- nione europea imperialista, dei suoi governi e delle sue istituzioni. Come ha ribadito il tempestivo comunicato stampa di solidarietà Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI Condanniamo la repressione dei manifestanti contro il vertice dei banchieri europei a Napoli Gli idranti, i manganelli, i lacrimogeni, le telecamere indossate dalle “forze dell’ordine” possono riuscire a difendere i banchieri europei, ma non potranno mai fermare la crescente opposizione delle masse italiane alla politica dell’austerità dell’Unione europea imperialista, dei suoi governi e delle sue istituzioni. Il PMLI, presente ufficialmente al corteo, solidarizza in maniera militante con i manifestanti napoletani che, rappresentando la volontà della parte più cosciente del popolo italiano, hanno coraggiosamente e generosamente contestato il vertice della Bce, corresponsabile della crisi economica e finanziaria del capitalismo, della politica di lacrime e sangue e della disoccupazione senza precedenti, che colpisce duramente le masse, specie giovanili e meridionali. Al contempo il PMLI condanna risolutamente il governo del nuovo Berlusconi Renzi, che non sa offrire al proletariato e alle masse popolari altro che repressione, oppressione, sfruttamento, miseria, disoccupazione e guerra imperialista, fascistizzando lo Stato di diritto e il diritto borghese del lavoro, secondo il piano fascista della P2 e di Berlusconi. Come sei bugiardo, venduto e rinnegato Saviano sco perché da ragazzino ascoltavo le loro parole, perché credevo mi aiutassero a capire, credevo che anche grazie a loro la mia coscienza civile e politica sarebbe maturata. Presto ho capito che non è la protesta cieca a mostrare una strada, che lì si disimpara solo”. Che bugiardo! Che venduto! La realtà dice esattamente il contrario. Il 13 maggio 1996, quando egli prese contatto col PMLI professandosi marxista-leninista di origine trotzkista, non era affatto un ragazzino immaturo. Aveva 17 anni e 22 anni quando, da laureando in filosofia all’Università di Napoli, richiese al PMLI, per email testualmente di “spedirgli in contrassegno i volti dei maestri: Karl Marx /Friederich Engels / Vlad Lenin”. In precedenza, con lettera del 25.02.1998, aveva richiesto otto libri di Marx e di Engels, includendoci un “saluto con un rosso e caldo abbraccio”. Fino a 19 anni è stato abbonato a “Il Bolscevico”. Nel suo velenoso scarabocchio vuol far intendere che quando pendeva dalla bocca dei rivoluzionari napoletani era immaturo. Ma allora come si spiega che nella lettera del 18 novembre 1997 faceva la lezione “al compagno Segretario Scuderi” sulla concezione della donna con queste parole?: “Perché parlate di donna in genere, quasi fosse una categoria a se stante? Una classe sociale definita? Secondo me bisogne- ai manifestanti del PMLI “È ora che il potere passi al proletariato che crea tutta la ricchezza del Paese. È ora che si sprigioni la lotta di classe contro il capitalismo e per il socialismo”. I compagni della “Vesuvio Rosso” hanno ricevuto con molto piacere “un ringraziamento profondo e riconoscente da parte dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi per aver rappresentato al meglio il nostro amato Partito all’importante manifestazione, di valore nazionale e internazionale, contro il vertice dei banchieri europei. Ai quali i coraggiosi e generosi manifestanti, voi compresi, hanno dato una forte dimostrazione dell’odio antimperialista crescente della parte più cosciente del popolo italiano, degnamente ed esemplarmente rappresentato dai napoletani scesi in piazza”. rebbe fare una grossa differenza tra donna proletaria e donna borghese! La stessa festa dell’8 marzo dovrebbe, almeno nell’ambito comunista, essere dedicata non alla donna, bensì alla donna proletaria!” Potremmo seppellirlo sotto tante sue citazioni, ma per brevità possiamo chiudere qui. Non prima però di aver ricordato che il “ragazzino” a un certo punto se la fece sotto e sparì, senza darne alcuna spiegazione, forse andandosi a rifugiare sotto le gonnelle più sicure e a lui allora più consone del PRC. Tra l’altro non se la sentiva di continuare ad affiggere i manifesti del PMLI “siccome, essendo Caserta in questo momento sotto elezioni i poliziotti vigilano i muri e portano i ‘clandestini’ in questura”. Con ciò dimostrava di essere un vigliacco, un uomo d’ordine della società borghese. Come adesso, che, inopinatamente e irresponsabilmente, ha accusato la “sinistra radicale napoletana” di esser collusa con la camorra, “una sorta di connivenza ideologica che andava oltre, e probabilmente intendeva giustificare il quotidiano rifornirsi di tutte le droghe possibili”. Come adesso, che rivolge un “invito ai ragazzi, quelli che ancora non si riconoscono nei fallimenti di questi ridondanti agit-prop... a unirsi in nome di rivendicazioni comuni, non animati dall’odio o dalle teorie del com- Come ai tempi della dittatura di Mussolini, Renzi ha fatto carta straccia della democrazia borghese, con la connivenza dei media che ignorano chi denuncia questo scempio, a cominciare dal PMLI. Va spazzato via, prima che metta le radici e ci imponga un altro ventennio berlusconiano. È ora che il potere passi al proletariato che crea tutta la ricchezza del Paese. È ora che si sprigioni la lotta di classe contro il capitalismo e per il socialismo. L’Ufficio stampa del PMLI Firenze, 2 ottobre 2014 plotto”. Che tradotto significa: lasciate perdere la lotta di classe e il cambiamento radicale della società, pensate solo a migliorarla attraverso il riformismo, il parlamentarismo e la non violenza. Ben retribuito dalla borghesia, ormai Saviano parla e scrive come un classico rinnegato e venduto. Peccato perché così non rende credibile il suo contributo alla lotta contro le mafie, in particolare contro la camorra. Non è la prima volta che egli attacca gli anticapitalisti e i contestatori di questa società borghese per compiacere i suoi padroni e la borghesia e le sue istituzioni. Clamorosa la sua lettera aperta “Ai ragazzi del movimento” che avevano osato assediare il Senato. Ce ne siamo occupati sul n. 47/2010 de “Il Bolscevico”. Speriamo che non ce ne dia altre occasioni. Ci sono delle penne anticomuniste più importanti della sua di cui dobbiamo occuparci. diritto del lavoro / il bolscevico 3 N. 37 - 16 ottobre 2014 Alla direzione del PD Renzi fa carta straccia del diritto borghese del lavoro Per lui i padroni sono dei lavoratori (il PD “si candida a rappresentarli”) e devono essere liberi di licenziare quando vogliono, il lavoro nel capitalismo non è un diritto ma un dovere e i sindacati vanno emarginati Più a destra di Berlusconi e simile a Mussolini La Direzione del Partito democratico che si è tenuta il 29 settembre con al centro il tema della “riforma del lavoro” e dell’articolo 18, considerata l’ultima occasione per la minoranza interna di marcare la sua presenza e imporre uno stop allo strapotere di Renzi, si è conclusa anche stavolta non solo con la vittoria schiacciante del Berlusconi democristiano, del resto ampiamente prevista, ma pure con la divisione del fronte avversario, che non è nemmeno riuscito a presentare una mozione alternativa, e l’isolamento degli ex revisionisti capeggiati da Bersani e D’Alema. La mozione della maggioranza renziana ha ottenuto infatti 130 voti a favore, contro solo 20 contrari, tra cui D’Alema, Bersani, Cuperlo, Fassina, D’Attorre e Civati, e 11 astenuti, tra cui i “giovani turchi” come il presidente del partito Matteo Orfini e il ministro della Giustizia Orlando e i “riformisti” ex bersaniani capeggiati dal capogruppo dei deputati Speranza, tutti saltati da tempo sul carro di Renzi e da lui lautamente remunerati con poltrone di peso e la garanzia della rielezione. Per fornir loro un alibi atto a motivare il loro voto di astensione, al segretario è bastato offrire la foglia di fico del mantenimento dell’articolo 18 anche per i licenziamenti per motivi disciplinari, oltre che per motivi discriminatori, più l’annuncio di voler riaprire la Sala verde di Palazzo Chigi per riprendere i colloqui con sindacati e Confindustria su rappresentanza sindacale, contrattazione aziendale e salario minimo. E così il nuovo Berlusconi ha potuto dichiarare trionfante di aver asfaltato l’opposizione con l’80% dei voti, “perché - ha detto si doveva spaccare la maggioranza e invece si è divisa la minoranza”, e che adesso la strada è spianata in parlamento per l’approvazione del Jobs act e l’emendamento del governo sull’articolo 18, dicendosi sicuro che alla fine dei 40 senatori PD firmatari dei 7 emendamenti che ne chiedono la modifica, alla fine non ne rimarranno più che 6 o 7. E che comunque il governo avrebbe valutato se mettere la fiducia sulla delega al provvedimento sul lavoro nel caso la sua approvazione fosse a rischio. grazie all’astensione di Forza Italia, e ora fa parte integrante della legge delega sul lavoro in approvazione al Senato. Per Renzi la posta in gioco immediata è presentarsi al prossimo vertice europeo di Milano sul lavoro con lo scalpo dell’articolo 18 per dimostrare che il suo governo fa effettivamente le “riforme” chieste dalla Ue, dalla Bce e dal Fmi, e che è capace di mettere i sindacati con le spalle al muro e governare praticamente senza opposizione, viste quella finta di Berlusconi e quella di cartone della “sinistra” interna al PD. Dalla sua parte stanno risolutamente la Confindustria di Squinzi, il nuovo Valletta Marchionne, che lo ha accolto a braccia aperte in America, il rinnegato Napolitano e il neoduce Berlusconi, che appoggia incondizionatamente la sua “riforma del lavoro” perché è da sempre anche la sua, e gli ha offerto i suoi voti in parlamento per farla passare se ci fossero imboscate della fronda interna al PD. Da parte sua Renzi ha utilizzato tutta la potenza di fuoco dei super compiacenti mass media di regime, per preparare la resa dei conti in Direzione e schiacciare ogni pur minima opposizione al suo disegno di riscrivere da cima a fondo in senso mussoliniano il diritto del lavoro borghese, così come si era configurato dopo le grandi lotte e conquiste operaie e sindacali degli anni ’60 e ’70. E lo ha fatto non solo sfoggiando platealmente il suo asse privilegiato con Marchionne, il primo non a caso che ha infranto tutte le regole sindacali consolidate per imporre nei suoi stabilimenti relazioni industriali di stampo apertamente mussoliniano, ma anche attaccando frontalmente i sindacati e considerandoli ormai superati, dichiarando per esempio al Wall Street Journal che “la riforma del mercato del lavoro è una priorità e se i sindacati sono contro per me non è un problema”. E dichiarando per esempio a Che tempo che fa, che “il Paese sta con me e non 16 settembre 2014 con i sindacati”, e che “io non voglio che la scelta di chi deve assumere o licenziare sia in mano a un giudice. L’imprenditore, se deve fare a meno di alcune persone, siccome non è cattivo, deve avere il diritto di lasciarne a casa alcune”. Cioè, in altre parole, che lui se ne frega dei dissensi e delle proteste di piazza, e che è arrivato il momento che i diritti costituzionali dei lavoratori cedano definitivamente il passo a quelli del mercato e del profitto capitalistici. La posta in gioco strategica In Direzione PD Renzi è stato altrettanto sfrontato nel fare carta straccia del diritto borghese del lavoro e perfino della terminologia di “sinistra” che ancora sopravvive nella base di questo partito, arrivando a sentenziare che con questa riunione “noi oggi abbia- mo detto con serenità che gli imprenditori sono dei lavoratori e non dei padroni e che la sinistra si candida a rappresentarli”. Questa, ha aggiunto invocando una “profonda riorganizzazione del mercato del lavoro e anche del sistema del welfare”, è un’occasione per “votare con chiarezza un documento che segni il cammino del PD sui temi del lavoro e ci consenta di superare alcuni tabù che ci hanno caratterizzato in questi anni”. Quanto ai sindacati, ha rincarato le accuse sottolineando che “non è accettabile che non si dica che in questi anni hanno avuto una responsabilità drammatica”, perché “hanno rappresentato una sola parte”: sottinteso, quella che lui chiama i “garantiti”, cioè i lavoratori iscritti al sindacato e con contratti non precari, quasi fossero dei privilegiati e dei profittatori: “Il rispetto del diritto costituzionale”, ha sentenziato infatti Renzi, ”non è nell’avere o no l’articolo 18, ma nell’avere lavoro”. Il nuovo Berlusconi non fa nulla a caso ma si è costruito questa occasione a tavolino per dare un’altra robusta spallata a destra al PD e al Paese, stando però ben attento a trascinare dietro di sé tutte le truppe, salvo un pugno di sbandati, sempre pronti comunque a qualche accordo di compromesso. La sua “riforma del lavoro” è ancor più a destra e pericolosa di quelle di Craxi e di Berlusconi, perché mentre il primo la faceva su singoli temi, come sull’abolizione della scala mobile, Renzi lo fa sull’intero fronte del diritto del lavoro e dello Stato sociale borghesi, mirando a smantellarli completamente e definitivamente. E rispetto a Berlusconi, egli sta riuscendo a realizzare da “sinistra” quello che al suo maestro non è riuscito da destra, e per di più tirandosi dietro quasi tutta la “sinistra” borghese, a costo di distruggere il PD come ex partito politico di massa e trasformarlo in un comitato politico-elettorale al suo esclusivo servizio, sul modello di quello che è Forza Italia per Berlusconi: il cosiddetto “partito della nazione”, un partito interclassista che ha rotto ogni legame con la storia della sinistra italiana e guarda sempre più all’elettorato di destra, infischiandosene se i militanti e l’elettorato di sinistra se ne allontanano sempre più schifati. Questa è per lui la posta in gioco a livello strategico. Lo stanno dimostrando tra l’altro gli ultimi dati sul tesseramento, crollato in un anno dai 539 mila iscritti del 2013 ad appena 100 mila a due mesi dalla chiusura della campagna di rinnovo delle tessere. Un crollo di cui Renzi si strafrega, contrapponendogli l’aumento dei consensi elettorali e suo personale nei sondaggi. In questo senso il suo percorso è molto simile a quello di Mussolini, il cui esordio politico nel Partito socialista gli servì solo come trampolino di lancio per le sue smisurate ambizioni politiche, utilizzando La posta in gioco immediata Il braccio di ferro con la minoranza era nato dall’emendamento del governo alla legge delega sul Jobs act che gli dava carta bianca anche per l’abolizione definitiva della reintegra al lavoro per i licenziamenti senza giusta causa prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Articolo già gravemente menomato due anni fa dalla “riforma” Fornero, anche con i voti del PD diretto allora da Bersani, che aveva sostituito la reintegra con un indennizzo pure in caso di licenziamento per motivi economici accertato come pretestuoso dal giudice. L’emendamento del governo Renzi era passato in commissione anche Roma, 23 marzo 2002. Manifestazione nazionale in difesa dell’art. 18. Il PMLI partecipa con una nutrita delegazione nazionale guidata dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI (foto Il Bolscevico) prima la demagogia di “sinistra” per farsi una base di massa per conquistare il potere assoluto, e poi coltivando il rapporto diretto con “gli italiani” per conservarlo a lungo. La fronda di bottega degli ex revisionisti Tutto questo è possibile anche grazie all’incapacità, all’opportunismo e alla complicità della minoranza degli ex revisionisti del partito, che sull’articolo 18 non gli hanno fatto certo un’opposizione di principio, ma puramente strumentale e di bottega. E come avrebbero potuto, dal momento che sono stati proprio loro per primi a manomettere i diritti dei lavoratori e lo stesso articolo 18? Inoltre hanno paura di tirare troppo la corda e far cadere il governo, perché Renzi li ricatta continuamente con lo spauracchio delle elezioni anticipate, nel qual caso non sarebbero ricandidati. E infatti si limitano a chiedere solo alcune modifiche al Jobs act, come il reintegro dell’articolo 18 per i neo assunti dopo un certo numero di anni, anche superiore ai 3 proposti inizialmente dal provvedimento, chiedono che si condizioni la sua cancellazione al reperimento di stanziamenti certi nella Legge di stabilità per finanziare gli ammortizzatori sociali per i licenziati, e così via. Quanto ai loro leader storici, i rinnegati D’Alema e Bersani, non hanno fatto neanche questo, ma hanno cercato più che altro di marcare il territorio per testimoniare di essere ancora in vita: il primo, sebbene un po’ più forte di come ha fatto timidamente il suo figlioccio Cuperlo, con un attacco puramente personalistico al segretario, senza entrare in merito ai suoi programmi neofascisti, piduisti, antioperai e antisindacali, ma accusandolo solo di essere un parolaio e propalatore di promesse a vuoto, chiedendogli “meno slogan e meno spot e un’azione di governo più riflettuta”. E il secondo piagnucolando come suo solito sul trattamento da “metodo Boffo” che starebbe subendo dagli uomini di Renzi, riferendosi forse con ciò alle accuse di sperperi durante la sua passata gestione. Comunque tutti costoro non hanno il coraggio di contrapporsi frontalmente al nuovo Berlusconi, anzi respingono frettolosamente qualsiasi voce di scissione, e Bersani, pur continuando a mugugnare, ha assicurato che alla fine si allineerà alla maggioranza e voterà sì al provvedimento. E lo farà a maggior ragione, come tutti i suoi compari della minoranza PD, ora che Renzi ha deciso di chiudere la partita mettendo la fiducia sulla legge delega sul lavoro. Bisogna fermarlo, prima che sia troppo tardi. Ma è impossibile senza la lotta di piazza e lo sciopero generale di 8 ore, che nessun sindacato, a oggi, nemmeno la FIOM di Landini ha osato programmare. La manifestazione nazionale del 25 ottobre promossa dalla CGIL è solo un palliativo. 4 il bolscevico / interni N. 37 - 16 ottobre 2014 Il dato più alto dal 1977 Il 44,2% dei giovani è disoccupato Dalla crisi del capitalismo a oggi si sono persi un milione di posti di lavoro, 600 mila nel Mezzogiorno La realtà smentisce Renzi. Occorre spazzarlo via Nuovo record per la disoccupazione giovanile. L’Istat (Istituto nazionale di statistica) nel suo bollettino rileva che il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ossia la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di occupazione, è pari al 44,2% ed è ancora in crescita di 1 punto percentuale rispetto al mese precedente. Si tratta del dato più alto dal ’77, data di inizio delle serie storiche trimestrali. I disoccupati, secondo l’Istat, tra i 15-24enni sono 710 mila. L’incidenza dei disoccupati sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,9%, stabile rispetto al mese precedente ma in aumento di 0,7 punti percentuali su base annua. Dal calcolo del tasso di disoccupazione sono pertanto esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, ad esempio perché impegnati negli studi: questi sono circa 4 milioni 372 mila, in aumento dello 0,7% nel confronto congiunturale (+28 mila) e dello 0,2% su base annua (+9 mila). Il tasso di inattività dei giovani tra 15 e 24 anni, pari al 73,2%, cresce di 0,5 punti percentuali nell’ultimo mese e di 0,7 punti nei dodici mesi. Ad agosto 2014 risultavano occupati 895 mila giovani tra i 15 e i 24 anni, in diminuzione del 3,6% rispetto al mese precedente (-33 mila) e del 9,0% su base annua (-88 mila). Il tasso di occupazione giovanile, pari al 15,0%, diminuisce di 0,5 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,4 punti nei dodici mesi. Drammatica è poi la situazione del già martoriato sud Italia dove la disoccupazione giovanile arriva a contare 600 mila unità. La situazione è confermata anche dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) nel Rapporto sul mercato del lavoro 2013/2014. In sette anni (dal 2007) si sono persi 1 milione di posti di lavoro. I settori ad aver risentito maggiormente della crisi sono quello manifatturiero e dell’edilizia, ma il trend caratterizza tutte le occupazioni. Che non c’è futuro nel sistema capitalista per le giovani generazioni, oramai è sotto gli occhi di tutti, e per quanto la classe dominante borghese, attraverso i suoi rappresentanti politici, in partico- lare il governo del Berlusconi democristiano Renzi sia impegnata a ripetere come il problema di dare un lavoro ai giovani disoccupati sia tra le priorità dello Stato e del governo, finora i fatti concreti hanno dimostrato che il governo non ha il minimo interesse a risolvere questo drammatico problema, anzi, venendo incontro ai diktat dell’Unione Europea imperialista e del padronato italiano con l’introduzione del Jobs Act non solo non risolverà il problema ma creerà in Italia una vera e propria condizione di schiavitù per i giovani che entrano nel mondo del lavoro. Non un solo giorno in più le masse giovanili operaie e studentesche in testa, possono tollerare il governo antipopolare di Renzi che va spazzato via, e per fare ciò occorre scendere sul terreno della lotta di classe, spingendo affinché le organizzazioni che ne hanno la forza, CGIL in primis proclamino subito lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma sotto Palazzo Chigi! È del tutto attuale e valido quanto sostiene l’Appello del PMLI “Giovani, date le ali al vostro futuro”: “Se si vuole un futuro migliore, infatti, occorre affrontare la questione fondamentale del sistema economico vigente. Non si può cambiare senza abbattere il capitalismo e i governi che gli reggono il sacco, anche se sono espressione della ‘sinistra’ borghese, che ha prima ingannato e poi tradito le speranze di tanti giovani. (...) Quale avvenire si può immaginare senza fare piazza pulita del sistema capitalistico che produce ciclicamente crisi come quella che stiamo vivendo, che si è dimostrato incapace di dare ai giovani lavoro e istruzione pubblica e gratuita, che ha creato il mostro del precariato, che permette ai padroni di chiudere le fabbriche e delocalizzare la produzione, che vorrebbe tagliare fuori dalla vita politica i giovani, che chiude gli occhi di fronte al problema della droga, al lavoro minorile, all’emigrazione giovanile e continua, macelleria sociale dopo macelleria sociale, a rubare il futuro a migliaia di giovani per ingrassare la grande finanza, il grande capitale, gli speculatori e i politicanti borghesi?”. Un brutto segnale La Fiom firma l’accordo della Ducati che introduce il lavoro domenicale Il modello Marchionne arriva nella fabbrica bolognese travestito da “modello tedesco” L’azienda motociclistica Ducati e Cgil, Cisl e Uil hanno firmato il settembre scorso un accordo che riguarda i lavoratori delle officine meccaniche: 66 persone su un totale di oltre mille dipendenti impiegati nello stabilimento di Borgo Panigale, alle porte di Bologna. L’accordo è stato siglato da tutte e tre i maggiori sindacati, anche da chi era inizialmente contrario come i metalmeccanici della Fiom-Cgil, in seguito ratificato dai lavoratori interessati; da registrare comunque un 30% che ha votato no a dimostrazione di un dissenso piuttosto ampio. Il fatto non ha avuto una grande eco sui mass-media ma chi se n’è occupato ha messo in risalto come i lavoratori si siano adeguati alle esigenze dell’azienda, la Fiom abbia piegato la testa e ha fatto sperticati elogi a quest’accordo presentandolo come un modello da seguire sia per quanto riguarda le relazioni industriali, sia per il rilancio e la produttività delle aziende italiane. In testa i fogliacci della destra come il Giornale e Libero ma anche quelli della sinistra borghese hanno rappresentato l’intesa come un buon esempio di accordo sindacale, lo stesso è avvenuto sull’informazione on-line. Chi ha fatto qualche obiezione, specialmente sul web, è stato subito apostrofato come fannullone, privilegiato e antitaliano. Ma vediamo la questione nel concreto andando al di là della propaganda fatta dai mezzi d’informazione borghesi che presentano l’accordo vantaggioso soprattutto per i dipendenti che andranno a lavorare per 3 giorni a cui seguiranno 2 di riposo (3+2) per cui staranno in fabbrica in media 10 ore a settimana in meno guadagnando oltretutto 100 euro in più al mese. L’azienda però pretende di lavorare a ciclo continuo sabato e domenica compresi, 7 giorni 7, 24 ore su 24, come se si trattasse di un altoforno da tenere sempre acceso. In base al cambiamento dei turni, questi non saranno più 3 per 5 giorni (totale 15) ma 3 per 7 (totale 21). Insomma non è oro tutto quel che luccica e lo stesso referendum si è svolto sotto il ricatto dei nuovi padroni della Ducati, i tedeschi del gruppo Volkwagen-Audi, che avevano minacciato di trasferire in Brasile e Thailandia parte delle lavorazioni se non venivano soddisfatte le esigenze aziendali. Anche sulle 30 ore pagate 40 servirebbe conoscere meglio il testo dell’intesa poiché vengono usate anche riduzioni d’orario già acquisite, mentre è il lavoro festivo, anche notturno, a contribuire ad alzare il salario. Per ora l’accor- do è provvisorio ed entrerà a regime solo se entro la fine del 2015 sarà raggiunto un accordo integrativo aziendale per tutti i lavoratori della Ducati. Altro che modello tedesco, oltretutto in Germania il lavoro festivo è proibito in maniera molto più restrittiva che in Italia. Qui si tratta di modello Marchionne, dove le esigenze del padrone sono sacre e intoccabili mentre quelle del lavoratore non contano nulla. Mangiare questa minestra o saltare la finestra è stata la linea della Ducati alla quale la Fiom, pur con qualche perplessità, si è adeguata mentre in un primo momento aveva chiesto aiuto persino al vescovo di Bologna per convincere l’azienda a non toccare la domenica. Molto più entusiasta Landini: per lui questa intesa è il suo modo di “cambiare verso” al sindacato, sembra davvero un’adesione al Iniziative di lotta in difesa dell’articolo 18 “È necessario che i lavoratori e le RSU che già altre volte hanno saputo reagire con forza e determinazione riprendano la mobilitazione per contrastare questa nuova offensiva” è scritto nella convocazione all’assemblea provinciale aperta a tutti i lavoratori Piaggio di Pontedera (Pisa) per mercoledì 8 ottobre alle ore 21 “per discutere della situazione e di possibili iniziative di lotta comuni sul territorio”. Una mobilitazione necessaria contro la legge delega sul lavoro del governo del Berlusconi democristiano Renzi in votazione proprio in questi giorni e in attesa della mobilitazione nazionale a Roma del 25 ottobre organizzata dalla Cgil e la Fiom. I lavoratori della Necta (New &Global Vending) di Valbrembo (Bergamo) sempre contro il Jobs Act hanno scioperato 4 ore merco- ledì 1 ottobre. Il Comitato direttivo della Fiom di Milano ha approvato all’unanimità un ordine del giorno che esprime “un giudizio fortemente negativo sulle linee comunitarie in materia di lavoro e sui contenuti del disegno di legge del governo Renzi e da mandato alla segreteria della Fiom di organizzare una mobilitazione a Milano per mercoledì 8 ottobre”. Ore 9.30 concentramento del corteo in Piazzale Lotto. Sempre a Milano ci sarà una settimana di mobilitazioni. Mercoledì 8 ottobre, quando in città si riuniranno i capi di Stato e di governo europei, ci sarà lo sciopero della Fiom. Venerdì 10 toccherà agli studenti e sabato 11 ci sarà il corteo promosso dalla Rete Attitudine NoExpo. Mentre nel modenese si preparano a tre giorni di scioperi iti- Roma, 23 marzo 2002. I cartelli del PMLI in difesa dell’art.18 (foto Il Bolscevico) neranti contro la riforma dell’articolo 18 e in difesa del lavoro. Da lunedì 6 a mercoledì 8 una staffetta in bici attraversa il territorio da Cavezzo sino alla prefettura. L’iniziativa, denominata “Diritti in movimento”, è stata organizzata dalla rappresentanza sindacale unitaria della Fiom di Modena. L’iniziati- va nasce dalle fabbriche, dai delegati Rsu Fiom-Cgil delle aziende metalmeccaniche modenesi, per dare continuità agli scioperi spontanei dei giorni scorsi (19-22-23 settembre) contro il Jobs Act e per presentare le proposte dei lavoratori alternative sulla riforma del mercato del lavoro. La Fiom aspetta Matteo Renzi al varco venerdì 10 ottobre per la posa della prima pietra della megafabbrica Philip Morris a Crespellano (Bologna). L’arrogante presidente del consiglio, che non vuole essere contestato e contrastato, troverà invece ad attenderlo un nutrito gruppo di tute blu bolognesi a protestare per gli interventi sull’articolo 18. Sempre per venerdì 10 a Bologna la Fiom organizzerà uno sciopero orario contro la manomissione dell’articolo 18. motto reazionario renziano! Non è un caso che il leader della Fiom non si è ancora pronunciato per lo sciopero generale di 8 ore. Ma soprattutto è un brutto segnale perché è un punto a favore della deregolamentazione del rapporto di lavoro. A Pomigliano la Fiat ha decretato che il dissenso sindacale e diritti come le pause e la mensa possono essere cancellati, a Bologna la Ducati ha deciso che la domenica si lavora, il tutto in nome dello sfruttamento dei lavoratori e della competitività capitalistica. Dopo il commercio si vuole estendere a tutte le categorie la libertà padronale di scegliere sia gli orari sia il lavoro di domenica e per le festività. Le possibilità ci sono già adesso potendo derogare (ovvero non rispettare) il contratto nazionale, come del resto è avvenuto nel caso della Ducati. Il riposo domenicale, la settimana corta di 5 giorni lavorativi, le festività, così come la giornata di 8 ore sono tutti diritti acquisiti con lunghe e sanguinose lotte dei lavoratori che hanno caratterizzato il secolo scorso e che si vuole nuovamente togliere tornando indietro a quando il rapporto di lavoro non aveva alcuna norma se non l’arbitrio del padrone. Il diritto al riposo settimanale (e ferie annuali retribuite) è sancito dalla Costituzione (articolo 36, comma 3) e regolamentato dal Codice Civile (art. 2109), dal Dlgs 66/2003 e successive modificazioni e sancisce appunto la domenica, normalmente, come giornata di riposo a meno di particolari situazioni che richiedono la presenza dei lavoratori nei giorni festivi e certamente la produzione di motociclette non rientra in questi casi particolari. CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI OTTOBRE 10 24 25 Studenti e Cobas scuola Sciopero generale con manifestazioni in 80 città USB - Sciopero generale di tutte le categorie con manifestazioni nelle principali città FIOM e CGIL - Manifestazione nazionale a Roma NOVEMBRE 8 14 CGIL-CISL-UIL - Manifestazione nazionale a Roma dei lavoratori dei servizi pubblici Cobas - CUB - USI - ADL Cobas - Centri sociali e del territorio. Sciopero generale con manifestazioni in molte città interni / il bolscevico 5 N. 37 - 16 ottobre 2014 Accolto con fischi e lancio di uova. “Ecco il nuovo Berluschino” Contestato Renzi a Ferrara: “Vattene” Cartelli di protesta e slogan contro il Jobs Act e le controriforme “fatte con Verdini” Ovunque si presenti con il suo faccione beffardo a fronte della politica di lacrime e sangue che impone alle masse esplode l’insofferenza ed è contestazione per Renzi: questa volta a Ferrara, il 3 ottobre, dove era presente per un’intervista al festival giornalistico di “Internazionale”. Lunghissimi e sonori fischi, urla: “Casa, lavoro, libertà”, “Buffone! Buffone!” e “Vattene via!”, “Ecco il nuovo Berluschino”, lancio di uova, e cartelli “No TTIP” (Transatlantic Trade and Investment Partnership, cioè Trattato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti, un accordo commerciale di libero scambio ultraliberista in corso di negoziazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti), “No F35, No War”, “No governo non eletto, Sì estensione articolo 18”, “Renzi Taci e ascolta” e un sonoro “NO” alle riforme fatte con Verdini (FI). Decine i manifestanti presenti nella Piazza Municipale, allontanati dalle “forze dell’ordine” in borghese che hanno circondato il palco, per consentire al Berlusconi democrisitano di concludere l’intervista in corso. Nel corso della repressione fascista del dissenso anti renziano, Ferrara, 3 ottobre 2014. La contestazione al Berlusconi democristiano Renzi durante il suo intervento un manifestante è stato fermato per aver lanciato delle uova. Nella sua sprezzante risposta il premier ha deriso i manifestanti “A chi non ha altri argomenti rispetto alle uova, noi continuiamo a rispondere con il sorriso” e, continuando con il medesimo atteggiamento arrogante, a una donna che dalla piazza gli grida- va di non volere gli 80 euro: “Me li renda signora, non si preoccupi qualcuno a cui darli si trova”. Renzi nell’intervista ha difeso a spada tratta i suoi provvedimenti di massacro sociale, ha attaccato l’articolo 18 e i sindacati che “devono cambiare”, visto che “il 54% degli iscritti sono pensionati”, insultando con questa battuta gli ex-lavoratori. I vertici sindacali hanno saputo soltanto dall’intervista rilasciata da Renzi a “Internazionale” che il martedì successivo sarebbero stati convocati a Palazzo Chigi. Un atteggiamento antisindacale di stampo mussoliniano al di fuori delle regole democratico-borghesi sui rapporti tra governo e sindacati. Da Palazzo Chigi nel tentativo di coprire lo scivolone del premier sono partite immediatamente dopo l’annuncio di Renzi, le convocazioni ufficiali ai sindacati ad appena 3 giorni dall’incontro. Può continuare a “rispondere col sorriso” il Berlusconi democristiano alle sacrosante contestazioni e alle richieste che vengono dalle masse, la realtà è sotto gli occhi di tutti. Le manifestazioni di dissenso che sta raccogliendo, nascono dalla coscienza sempre più forte tra le masse che egli sta portando avanti un attacco a tutto campo e senza precedenti ai diritti dei lavoratori e alle condizioni di vita di milioni di donne, giovani e meno giovani, lavoratori, studenti, disoccupati e immigrati. A conferma di ciò basti guardare a come sta facendo carta straccia del diritto borghese del lavoro col famigerato Jobs Act che comprime ulteriormente i salari, aumenta lo sfruttamento e il ricatto padronale a cui si è sottoposti in nome della “flessibilità” in entrata e in uscita. E ancora la controriforma dell’istruzione che distrugge la scuola pubblica e il Piano Casa firmato dal ministro ex berlusconiano Lupi che rispon- de all’emergenza abitativa attaccando le famiglie in difficoltà. Che allora si moltiplichino le manifestazioni e le contestazioni contro Renzi, cui vanno sturate le orecchie in ogni città, in ogni piazza, in ogni occasione possibile in risposta agli attacchi che egli sta sferrando alla classe operaia e alle masse popolari. Parallelamente è necessario comprendere che egli è una reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini e Berlusconi; che le sue “riforme” elettorali, istituzionali e costituzionali concordate con il neoduce Berlusconi sono golpiste, antidemocratiche e piduiste; che il suo nazionalismo è simile a quello di Mussolini che voleva dare all’Italia “un posto al sole” per farla contare nel mondo e tra le grandi potenze imperialiste. Se non si ferma subito, Renzi durerà venti anni. Che si sveglino allora anche i vertici dei sindacati confederali, trattati a pesci in faccia e a calci nel sedere da Renzi e i “sindacati di base”, raccogliendo la richiesta di lotta che viene dalle piazze e proclamino unitariamente uno sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi. Contro l’occupazione israeliana e gli accordi bellici dell’Italia 10 mila manifestano a Roma in solidarietà col popolo palestinese In dieci mila sono sfilati in una Roma blindata nel pomeriggio del 27 settembre contro lo stato d’assedio di Gaza in Palestina, in una manifestazione nazionale organizzata dal Coordinamento della comunità palestinese in Italia, cui hanno aderito le comunità palestinesi di Roma e Lazio, Puglia, Campania, Toscana, Lombardia, Sardegna, Emilia Romagna, Abruzzo e Molise, Veneto, l’Unione generale medici e farmacisti palestinesi e diverse organizzazioni politiche e culturali italiane impegnate nella difesa dei diritti del popolo palestinese. Aperto dal grande striscione “Per la fine dell’occupazione israeliana”; il lungo corteo partito alle 15 da piazza della Repubblica si è snodato attraverso il centro storico per concludersi in piazza Santi Apostoli. Uno dei principali obbiettivi della manifestazione era quello, pienamente centrato, di mantenere accesi i riflettori sulla mattanza israeliana dei palestinesi di Gaza, dove continua il criminale stato d’assedio. Tra le richieste il diritto all’autodeterminazione e alla resistenza del popolo palestinese; la fine all’occupazione militare israeliana; la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane; la fine dell’embargo a Gaza e la riapertura dei valichi. Reclamando la fine dell’occupazione israeliana della Palestina, i palestinesi presenti, hanno chiaramente detto: “Il nostro popolo non si arrenderà mai” e quindi l’unica via d’uscita dopo 60 anni di conflitto è che Israele se ne vada. All’iniziativa erano anche presenti gli “Ebrei contro l’occupazione” solidali con la lotta del po- polo palestinese. Il lungo e combattivo corteo, in cui sono risuonate anche parole d’ordine di lotta in arabo e in inglese, dopo aver srotolato una maxi-bandiera dello Stato palestinese sotto occupazione, ha attraversato una piazza Venezia blindata da un imponente e provocatorio schieramento di blindati e di agenti in assetto antisommossa. In occasione di questa straordinaria giornata di lotta unitaria che ha visto scendere in piazza compatte tutte le comunità palestinesi in Italia e le organizzazioni in appoggio alla lotta di liberazione di Gaza, il Coordinamento nazionale della comunità palestinese in Italia ha avanzato alcune precise richieste alle istituzioni, peraltro del tutto assenti dalla manifestazione. All’amministrazione comunale Roma. 27 settembre 2014. La manifestazione a sostegno della lotta del popolo palestinese e contro l’aggressione sionista di Roma, guidata dal PD Ignazio Marino, il presidente della Comunità palestinese a Roma, Salameh Ashour, ha chiesto di intitolare una piazza o una strada a Yasser Arafat, uno degli storici capi della lotta dei palestinesi, così come fatto per Rabin, e che Roma accogliesse nei propri ospedali qualche ferito di Gaza, a partire dai bambini. Al governo italiano, in quali- tà di presidente del “semestre” dell’UE, il Coordinamento ha chiesto di ”adoperarsi per il riconoscimento europeo dei legittimi diritti del popolo palestinese e mettere fine alle politiche di aggressione di Israele, utilizzando anche la pressione economica e commerciale su Israele”. Il governo italiano è stato messo sotto accusa per i progetti di cooperazione militare e strategica che favoriscono la potenza militare israeliana e consentono il proseguimento del criminale assedio di Gaza. Dopo questa grande e riuscita iniziativa, il prossimo appuntamento del movimento è a Milano per il 19 ottobre, dove si terrà un’assemblea pubblica per costruire iniziative di lotta per il “No all’ingresso di Israele all’Expo”. A tempo record e su proposta del gerarca dell’Interno Alfano Il prefetto di Napoli sospende De Magistris per l’inchiesta “Why Not” ESULTANO LA DESTRA E LA “SINISTRA” DEL REGIME NEOFASCISTA Redazione di Napoli Non è passata nemmeno qualche settimana dalla condanna per l’inchiesta “Why Not” decisa nel dispositivo del Tribunale monocratico di Roma, che il sindaco De Magistris è stato sospeso con effetto immediato e per 18 mesi dal prefetto di Napoli Francesco Musolino. Un provvedimento fortemente voluto dal gerarca dell’Interno, Angelino Alfano, che ha dato una accelerazione importante durante la mattinata del 1 ottobre durante il “question time” alla Camera. Una balzana interpretazione della contestata legge Severino che non ha permesso all’ex pm né di sapere in tempo le motivazioni con le quali il giudice Ianniello condannava lui e Genchi ad un anno e tre mesi di reclusione, né, pertanto, di poter presentare appello per ribaltare la pronuncia di primo grado. Fino al 2 aprile 2016, ossia pochi giorni prima della consiliatura e in piena campagna elettorale (guarda caso), De Magistris sarà un “sindaco sospeso”. Immediata la risposta giuridica e politica dell’ex magistrato che depositerà ricorso immediato al Tar del Lazio per chiedere la “sospensione della sospensione” del provvedimento prefettizio e sollevando l’eccezione di incostituzionalità per la norma Severino, ossia il combinato disposto degli articoli 10 e 11 della legge. De Magistris ha poi convocato una conferenza stampa dove ha sottolineato la volontà di fare il “sindaco di strada tra i cittadini”, che non si dimetterà nonostante gli ennesimi tentativi della casa del fascio e del PD di fargli mancare i voti in consiglio comunale che determinerebbero lo scioglimento anticipato degli organi locali. Non a caso la senatrice PD Angelica Saggese, in corsa per le primarie regionali, chiede a prefetto, ministro dell’Interno e procuratore capo della Repubblica di “valutare un provvedimento di divieto di dimora a Napoli per l’ex sindaco, prima che la situazione, alla luce delle provocazioni che il dottor de Magistris sta inscenando, diventi incontrollabile con un danno enorme per le istituzioni”. L’Italia dei Valori, il partito di riferimento di De Magistris, nonostante la solidarietà di Di Pietro, torna a chiederne le di- missioni: “la legge è uguale per tutti - dice il segretario nazionale Ignazio Messina - chi è condannato dovrebbe dimettersi”. Il vicecoordinatore campano di Forza Italia, il plurinquisito e condannato Amedeo Laboccetta, ha presentato un esposto in Procura “per chiedere di accertare se continua a usare l’auto di servizio e il cellulare comunale”. Ricalza il filo PD ex capogruppo SeL alla Camera ed ex PRC, Gennaro Migliore, promotore della “Fonderia delle Idee” a Napoli: “le affermazioni di De Magistris sono inaudite, un atteggiamento di scontro istituzionale che fa male e trascina la città in una vicenda personale”. Diverse le parole espresse in sala Giunta del Comune di Napoli per la conferenza stampa di Luigi de Magistris. Il sindaco “sospeso” ha parlato che “in Italia vi è una democrazia malata: e c’è molta strada da fare per evitare che diventi regime”. E ancora: “Quando la mafia abbandona la strategia delle bombe per penetrare all’interno delle istituzioni e farsi legalità formale, il mafioso non ha più bisogno di colludere con la politica ma ne diventa un tutt’uno. Non uso più il termine legalità perché nelle democrazie malate, e l’Italia è una democrazia malata - ha spiegato l’ex pm - persone che hanno il coraggio di fare attività contro un sistema criminale, di mafia, corruzione, apparati deviati dello Stato, non solo non vengono premiati, indicati come esempio di ordine professionale, ma additati come cattivi magistrati. Quando la pe- netrazione della corruzione arriva fino ai gangli degli apparati deputati al controllo della politica, e finanche della magistratura, delle forze dell’ordine, la partita diventa veramente pesante”. Noi marxisti-leninisti ci siamo duramente opposti alle politiche antipopolari della giunta De Magistris , che non ha fatto assolutamente nulla per il lavoro, per le periferie urbane e per risolvere gli annosi e irrisolti problemi che affliggono le masse napoletane ma giudichiamo grave la sospensione che gli è stata comminata solo perché aveva osato scoperchiare da magistrato l’intreccio politicomafioso-imprenditoriale in Calabria e aveva osato toccare boss politici come Prodi, Minniti e Mastella. 6 il bolscevico / no alla riforma della scuola N. 37 - 16 ottobre 2014 Un altro nero tassello della seconda repubblica neofascista e piduista La “riforma” di Renzi e Giannini militarizza i lavoratori della scuola come durante il regime fascista Il governo vuole cancellare la contrattazione nella scuola pubblica Con la nera controriforma “La buona scuola” del Berlusconi democristiano Renzi e della ministra Stefania Giannini (senatrice eletta con la lista Scelta Civica di Mario Monti) il governo intende colpire a morte i diritti normativi, economici e contrattuali delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto scuola. Nel corposo documento composto da oltre 130 pagine, presentato dallo stesso Renzi in uno show mediatico in cui il nuovo Mussolini sguazza come un topo nel formaggio, si delinea la nera trama con cui il governo vuole militarizzare, come ai tempi di Mussolini, i lavoratori della scuola pubblica, privarli dei diritti sindacali e, con una gerarchia da caserma, avere tanti soldatini ai propri ordini. Nell’articolo sulla controriforma della scuola apparso ne “Il Bolscevico” n. 34 del 25 settembre scorso abbiamo analizzato le caratteristiche generali di questo nero progetto. Intendiamo ora soffermarci nel dettaglio sulle concrete ricadute ai danni delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola. L’ennesimo show mediatico di Renzi, “paravento” dei nuovi tagli alla scuola La nera controriforma della scuola denominata “La buona scuola” è l’ennesimo esempio di come la classe dominante borghese sia solita ingannare le masse con roboanti slogan tesi a mistificare e a nascondere la realtà. Noi marxisti-leninisti non dobbiamo avere alcun dubbio a riguardo. Anche per quanto riguarda la scuola pubblica restano valide e scolpite nella roccia le parole del Documento dell’Ufficio Politico dello scorso 25 febbraio: “Il governo del Berlusconi democristiano non merita alcuna fiducia. Va spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, conducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche.” Il testo de “La buona scuola” è stato presentato in pompa magna dallo stesso Renzi in un tripudio giornalistico di telecamere, riflettori e lancio di slogan in cui il Berlusconi democristiano ama cimentarsi. Servili domande giornalistiche, sorrisi sornioni, proiezione di slides colorate. Insomma, un nuovo ennesimo show mediatico per Renzi, il nuovo Mussolini in chiave moderna e tecnologica, che proprio come il suo degno antesignano cerca il rapporto diretto e plebiscitario con le masse. Ancora una volta Renzi dimostra di farsi beffa del parlamento e degli organi elettivi borghesi che sono sempre più svuotati del loro ruolo. La “riforma” non è stata varata in parlamento, il luogo che dovrebbe essere deputato a legiferare in uno stato borghese, bensì nelle chiuse stanze del governo. A dimostrazione che la seconda repubblica neofascista è già una realtà: il parlamento è privato di ogni potere, che viceversa viene accentrato dal governo. Efficienza, merito, innovazione, tecnologia, incrementi stipendiali, carriera e fine del precariato. Non si sono davvero sprecate le promesse nell’inganno mediatico operato dal neofascista in camicia bianca. Per garantire una parvenza di consultazione democratica ancora una volta il ricorso di sondaggi. Nel suo stile ormai consolidato Renzi si rivolge direttamente alle masse di cui si fa diretto interlocutore. Dal 15 settembre (anche se nessuno se ne è ancora accorto) sono state aperte le consultazioni con i cittadini che entro il 15 novembre potranno esprimere la propria opinione sulla riforma. A tutti questi roboanti slogan non sono seguite cifre di copertura finanziaria. In nessun momento della “presentazione” così come in nessuna parte del corposo documento si è parlato del “dove prendere i soldi”. Solo successive interpellanze parlamentari e dichiarazioni di ministro e sottosegretari hanno chiarito la realtà dei fatti: nessuna risorsa aggiuntiva ed anzi ulteriore razionalizzazione dell’esistente. In un “botta e risposta” in parlamento il sottosegretario Toccafondi ha così affermato: “Il meccanismo di carriera proposto nella discussione ‘La buona scuola’ non comporta spese aggiuntive, dal momento che le risorse attualmente destinate agli scatti stipendiali per il personale docente verranno utilizzato per il nuovo sistema di progressione non più basato solo sull’anzianità di servizio ma sul merito, sulla valutazione e sulle competenze acquisite nel tempo.” Le indiscrezioni si sono succedute e sugli stessi quotidiani borghesi che sostengono il governo si parla di una nuova terribile “spending review” che sta per abbattersi sulla pubblica istruzione. Il quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” del 26 settembre scorso è entrato nel dettaglio parlando chiaramente di nuovi tagli su università e ricerca e sulla scuola. Le prime si vedranno letteralmente dimezzati i fondi mentre nuovi tagli di personale, soprattutto per gli Ata (ausiliari, tecnici ed amministrativi) spetteranno alla scuola. Il personale di segreteria quello maggiormente nel mirino e che, a seguito della “digitalizzazione” delle pratiche, vedrebbe la propria pianta organica decurtata. La nera linea della controriforma è chiaramente tracciata: finanziare i cambiamenti della scuo- I simpatizzanti e gli amici del PMLI sono calorosamente invitati a unirsi alla Delegazione nazionale del PMLI che parteciperà sabato 25 ottobre alla manifestazione nazionale indetta dalla CGIL e dalla FIOM per la mattina a Roma. Questo invito è esteso con lo stesso calore alle lavoratrici e ai lavoratori, alle pensionate e ai pensionati, alle precarie e ai precari, alle disoccupate e ai disoccupati, alle studentesse e agli studenti, alle ricercatrici e ai ricercatori che vogliono esprimere con maggior forza la loro opposizione al governo Renzi e al capitalismo. Non aspettare l’ultimo giorno per prendere contatto col Partito, occorre sapere al più presto su quanti simpatizzanti e amici possiamo contare. Prenotate per tempo il posto in treno o in pullman. Per ritrovarci a Roma prendete accordi fin da ora con le Istanze locali o col Centro del PMLI. In quest’ultimo caso telefonate o mandate un fax allo 055 5123164, oppure scriveteci a: [email protected] Arrivederci a Roma. la classista, meritocratica ed elitaria della seconda repubblica neofascista spillando sangue alle lavoratrici ed ai lavoratori colpendone non solo i diritti economici ma anche quelli normativi e sindacali. Colpiti a morte i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola La controriforma Renzi-Giannini sulla scuola pubblica colpirà pesantemente le lavoratrici ed i lavoratori del comparto, già messo in ginocchio dagli ultimi governi borghesi. Con un contratto fermo normativamente dal 2007 ed economicamente dal 2009 (quindi da 5 anni!) la controriforma dice chiaramente che saranno aboliti gli scatti stipendiali come sistema che regola la progressione economica degli stipendi del settore. L’unico meccanismo che garantisce degli adeguamenti stipendiali, per quanto minimi, alle lavoratrici e ai lavoratori Ata e agli insegnanti verrà cancellato in favore di nuovi meccanismi ancora ignoti ma che, nelle intenzioni del governo, dipenderanno dal giudizio di una commissione di valutazione interna guidata dal nuovo preside manager. Riguardo ai potenziali beneficiari di questi aumenti la controriforma prevede una situazione ancora peggiore di quella che era stata a suo tempo delineata dalla controriforma Brunetta! Mentre quest’ultima prevedeva il blocco totale degli aumenti per il 25% del personale (i fannulloni) il nero progetto “La buona scuola” esclude aprioristicamente da un qualsivoglia aumento ben il 33% del personale! A quanto pare il governo ritiene, nonostante la continua politica di lacrime e sangue, che i fannulloni stiano aumentando nella scuola. Sul fronte del reclutamento vengono sbandierate, senza peraltro alcuna copertura economica nell’ambito delle leggi di stabilità borghesi, 150.000 assunzioni ma non si prevede, anzi si esclude a priori, una progressione stipendiale per i nuovi assunti. Mentre l’Unione europea si appresta a sanzionare l’Italia per la reiterata ignoranza dei regolamenti europei sulla stabilizzazione dei precari (se i governanti borghesi italiani sono minacciati di sanzioni da quelli borghesi dell’unione europea possiamo avere una idea della portata del fenomeno del precariato nella scuola italiana) il governo Renzi si appresta, da buon imbroglione, a stabilizzare i precari ma continuando a pagarli per tali. “La buona scuola”, buona per la borghesia ma non di certo per il proletariato, gli studenti e le masse popolari, prevede in realtà di falcidiare i precari cancellando le supplenze inferiori alla settimana, e forse anche quelle superiori. La necessità di supplenti potrà venire meno con quello che la controriforma definisce l’organico funzionale. Quali saranno gli effetti sui lavoratori della scuola è chiaro: aumento delle ore lavorate (a parità di stipendio) per garantire la copertura, funzionale appunto, di ogni “buco” che verrà a crearsi per assenze e malattie. Gerarchia, merito ed efficienza. La militarizzazione dei lavoratori della scuola La scuola, così come la disegna la controriforma nera e piduista del Berlusconi democristiano Renzi, è a tutti gli effetti una scuola classista, meritocratica e gerarchica che bene si addice alla seconda repubblica neofascista. Il personale che ci lavora dovrà sottostare ad una vera e propria disciplina di tipo militare ed ubbidire agli ordini del governo e del suo preside manager. L’abolizione degli scatti stipendiali e la loro sostituzione con meccanismi legati alla valutazione di una specifica commissione, terrà sotto costante ricatto i lavoratori. I più risoluti e battaglieri, quelli non disposti a piegare la testa alla scuola di regime, rischieranno di vedersi bloccato ogni aumento di uno stipendio già di per sé misero ed eroso dall’inflazione. La creazione di una anagrafe nazionale dei docenti, così come previsto dalla riforma, sa molto di lista di proscrizione. Quale migliore strumento per schedare i docenti sulla base di criteri meramente burocratici e nozionistici? I più allineati al sistema, carichi di prestigiosi titoli accademici borghesi, saranno collocati in vetta alle liste con la certezza di trovare un posto nei licei più prestigiosi così da mantenere ed anzi aumentare la natura classista della scuola. La schedatura di massa dei docenti farà poi in modo di garantire, o meglio acuire, l’imposizione della cultura borghese, elemento determinante con cui la borghesia mantiene il proprio dominio economico, nell’insegnamento. La struttura gerarchica della nuova scuola sarà garantita da una profonda revisione degli attuali organi collegiali. Per quanto essi siano già impostati secondo criteri reazionari che garantiscono l’impostazione fascista e borghese del sistema scolastico, questo non è ancora abbastanza per quella che, nel disegno del governo, dovrà essere la scuola della seconda repubblica neofascista. La controriforma “La buona scuola” prevede una loro integrale soppressione e sostituzione con una nuova governance scolastica, al pari del consiglio di amministrazione di una azienda capitalistica. Una scuola meritocratica e classista il cui primo compito, servendosi di personale disciplinato e selezionato, sarà la trasmissione nozionistica della cultura borghese così da formare i dirigenti e i tecnici del domani e, nel contempo, una massa di lavoratori schiavi, imbevuti dalla cultura dominante borghese. Dai futuri organi di governo, saranno totalmente esclusi gli studenti mentre risulterà ridimensionato l’attuale collegio dei docenti il cui ruolo sarà circoscritto a mere questioni legate alla didattica. All’interno della nuova scuola che la nera controriforma disegna la figura chiave sarà quella del preside manager. Novello amministratore delegato della propria scuola, a tutti gli effetti trasformata in una fabbrica capitalistica impegnata a produrre pochi prodotti di alta qua- lità (i manager borghesi del domani nelle scuole di serie A) e tanti, uniformi pezzi di bassa qualità (i proletari ed i lavoratori nelle scuole delle serie più infime) il preside manager sarà l’alto ufficiale predisposto alla sorveglianza ed alla vigilanza della caserma-scuola. Ampia, se non totale, la discrezionalità nella scelta degli insegnanti. Primo responsabile delle commissioni che decideranno i pochi a cui spetteranno aumenti stipendiali, supervisore per la propria scuola dell’anagrafe nazionale in cui verranno schedati i docenti. Tanti, davvero tanti gli strumenti di cui questo kapò potrà servirsi per mantenere la disciplina nella propria scuola-azienda e per piegare la didattica e l’insegnamento agli interessi del regime neofascista. Un preside con questi poteri, assieme ad una rigida applicazione della normativa Brunetta che prevede sanzioni e punizioni per i non-allineati, non mancherà di mezzi per piegare ogni opposizione interna e per attaccare frontalmente gli studenti più avanzati che, per motivi disciplinari, potranno essere sanzionati e finanche espulsi. Occorre lo sciopero generale di 8 ore e battersi per spazzar via il governo Renzi La nera controriforma “La buona scuola” sembra fatta apposta per cancellare i diritti contrattuali dei lavoratori della scuola. In luogo dell’attuale contratto nazionale con la controriforma si imporrà un modello basato su leggi e decreti che, con mirati interventi dall’alto, terranno sotto costante scacco le lavoratrici ed i lavoratori che, senza un contratto, non avranno alcuna tutela normativa per i propri diritti. Che aspetta ancora la FLC CGIL a mobilitare i lavoratori della scuola per impedire l’approvazione di questa nera controriforma? Che aspetta ancora la CGIL a indire lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione a Roma per controbattere alla devastante politica antioperaia e antipopolare del governo? Ecco perché per impedire che il progetto del Berlusconi democristiano Renzi, un democristiano dalla vocazione mussoliniana, vada in porto è necessario costituire un fronte unito che si batta per la difesa dell’istruzione pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti. Un fronte unito di studenti, docenti e personale Ata disposto a lottare per impedire l’approvazione di questa nera controriforma e più in generale a dare il proprio contributo per spazzar via il governo Renzi prima che faccia danni ancor più devastanti e ripiombi l’Italia in un altro nero ventennio. La scuola come la intendiamo noi marxisti-leninisti è agli antipodi di quella del regime neofascista e deve essere considerata quale un servizio sociale che abbia come padroni le studentesse e gli studenti, protagonisti attivi da sottrarre al controllo del governo, del padronato e della classe dominante borghese, della Chiesa e del regime neofascista. N. 23 - 12 giugno 2014 O M A I S S FO falsi comunisti / il bolscevico 9 AF a l l u s i n i n n a i G e i i z t n s i e l R a t i i d p a ” c a i m e r d o f a i c r i t a r La “ c o t i r e m a l o u c s SCUOLA PUBBLICA GRATUITA E GOVERNATA DALLE STUDENTESSE E DAGLI STUDENTI E R O 8 I D E L A R NE E G O R E P O SCI Spazziamo via il gove rno del Berlusconi democrist iano Renzi PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it Stampato in proprio IILL P PR RO OLLEETTA AR RIIA A ATTO L P O O A T L E R P O T E REE IITTAALLIIAA UUNNIITTAA,, RROSSA OSSA EE SSOOCCIIAALLIISSTTAA 8 il bolscevico / PMLI N. 37 - 16 ottobre 2014 I dirigenti del PMLI devono essere i migliori militanti del Partito di Giovanni Scuderi “Noi dirigenti nazionali del PMLI dobbiamo essere i migliori militanti del PMLI. I primi in tutto: nell’applicazione del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, nella lotta contro il capitalismo e per il socialismo, nella lotta contro il revisionismo, l’individualismo, il frazionismo e il liberalismo, nella lotta contro il riformismo, l’elettoralismo, il parlamentarismo, il governismo, il pacifismo e il legalitarismo, nello studio rivoluzionario, nel sacrificio, nell’esempio, nel finanziare il Partito, nel gioco di squadra, nella disciplina proletaria, nel centralismo democratico, nella critica e nell’autocritica, nello stile di lavoro, nella vigilanza rivoluzionaria. Noi dirigenti nazionali del PMLI dobbiamo rafforzare la nostra unità rivoluzionaria collettiva e personale parlandoci di più e consigliandoci a vicenda, non dando peso alle questioni caratteriali che non si riflettono in politica. In particolare devono farlo i membri della futura Segreteria generale del Partito. Dobbiamo assolutamente evitare che si verifichino casi come quelli di cui abbiamo parlato nella precedente relazione di questa mattina. Dobbiamo essere coscienti che è necessario aprire una nuova fase di unità e collaborazione rivoluzionarie a livello politico e personale nel Comitato centrale per imprimere uno slancio rivoluzionario e marxista-leninista ancora più forte al nostro lavoro, per dare un corpo da Gigante Rosso al PMLI. Tutti noi dirigenti nazionali del PMLI dobbiamo interessarci e curare gli affari generali del Partito. E’ un errore capitale lasciarli in mano a pochi dirigenti o al solo Segretario generale. I più giovani dirigenti nazionali devono cominciare a pensare che arriverà inevitabilmente il giorno in cui dovranno succedere ai compagni che lasceranno le massime cariche dirigenti, e quindi devono prepararsi adeguatamente. Tutti noi dirigenti nazionali del PMLI dobbiamo diventare degli specialisti rossi nelle materie di cui ci occupiamo. Per rendere il Partito più forte, autorevole ed efficace in più campi e per accrescere la cultura rivoluzionaria di tutto il Partito. Statuto alla mano, noi dirigenti nazionali del PMLI dobbiamo rinfrescarci le idee sulla linea organizzativa del Partito per applicarla e farla applicare correttamente.” dal Rapporto pronunciato da Giovanni Scuderi alla 4ª Sessione plenaria allargata del 5° Comitato centrale del PMLI il 5 aprile 2014 dal titolo: “La situazione del Partito e le elezioni europee e amministrative” Mao su Mao 16 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI Continuiamo la pubblicazione, iniziata sul numero 32/2014 de “Il Bolscevico”, di alcune citazioni autobiografiche di Mao in occasione del 38° Anniversario della sua scomparsa. La maggior parte di esse pubblicate fin qui sono tratte da opere non ufficiali, e sono totalmente o parzialmente inedite in Italia, esse risalgono al periodo della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP) e sono state tradotte dal cinese dal PMLI. Nemmeno io sono poi così saggio, dato che credevo a tutto quello che leggevo Non nascondere i miei errori. Non darmi protezione. Gli arresti ci sono stati perché li ho approvati anche io, ma adesso sono d’accordo con i rilasci. (…) Io comunque non ho alcuna paura di combattere. Il solo sentir parlare di combattimento mi entusiasma. Che razza di battaglie si combattono a Pechino? Ci sono soltanto armi bianche e qualche fucile. Nel Sichuan sì che si combatte: entrambe le parti schierano decine di migliaia di persone armate di tutto punto. Ho sentito dire che avevano addirittura delle radio. In futuro, i comunicati andranno diffusi su vasta scala non appena pubblicati. Chi non obbedisce va arrestato o eliminato. Si tratta di controrivoluzionari! (…) Il problema principale è che io mi sono comportato da burocrate. Non vi ho ricevuti nemmeno una volta. Se non vi foste scagliati contro la “mano nera”, non vi avrei nemmeno convocati qui. Diamo uno scossone a Kuai Dafu. (…) Nemmeno io sono poi così saggio, dato che credevo a tutto quello che leggevo. Successivamente studiai per altri sette anni, compresi sei mesi di studio del capitalismo alla scuola media, e non sapevo assolutamente nulla del marxismo. Non sapevo nemmeno che nel mondo esistesse un tale chiamato Marx. Conoscevo soltanto Napoleone e Washington. Studiare in biblioteca era meglio che andare a lezione e un tortino di sesamo era sufficiente a sfamarmi. Il bibliotecario e io andammo presto d’accordo. lumbia. (…) Davvero sgradevole! Io accolgo con favore tutte le invenzioni scientifiche, come Darwin, Kant, persino i vostri scienziati americani, principalmente Morgan, lo studioso dell’origine della società. Marx ed Engels apprezzarono molto il suo lavoro. È grazie a lui se sappiamo della società primitiva. Ci sarà sempre un culto della personalità! Tu, Snow, saresti felice se nessuno ti adorasse? Se nessuno leggesse i tuoi articoli e i tuoi libri, saresti forse felice? Ci sarà sempre un pizzico di culto della personalità. Tu non fai eccezione! (…) Nixon tempo fa ha scritto chilometri di lettere dicendo che invierà un rappresentante. Noi, per salvaguardarne la confidenzialità, non le abbiamo pubblicate. Dice di non essere interessato ai colloqui di Varsavia e di avere intenzione di venire a parlare di persona. Pertanto, io dico che se Nixon è disposto a venire, io sono disposto a incontrarlo. Il nostro colloquio potrà avere successo così come concludersi in un nulla di fatto, potremo litigare così come non litigare. Se vuole può venire come turista, oppure come presidente, a lui la scelta. In breve, ci va bene tutto. Secondo me non litigheremo. Certo, voleranno delle critiche. Dovremo anche fare autocritica e parlare dei nostri errori e dei nostri punti deboli, ad esempio il fatto che il nostro livello di produzione è inferiore a quello degli Stati Uniti. Non abbiamo altro da autocriticarci. Tu hai detto che la Cina ha fatto enormi progressi, ma secondo me non è così, ha fatto solo dei progressi. Se la rivoluzione americana fa progressi, io sono molto contento. Non mi ritengo soddisfatto dei progressi della Cina, non lo sono mai stato. Questo, naturalmente, non significa che di progressi non ce ne siano proprio stati. Rispetto a trentacinque anni fa è ovvio che ci siano stati dei progressi. Parliamo di trentacinque anni! (…) Ma la tua concezione del mondo era ancora borghese, non proletaria. Per molto tempo anche la mia concezione del mondo è stata borghese. All’inizio credevo in Confucio, poi nell’idealismo di Kant. Di Marx non conoscevo nemmeno il nome. Mi piacevano Washington e Napoleone. Successivamente Chiang Kai-shek venne in nostro soccorso e nel 1927 scatenò un massacro. Certo, nel 1921 avevamo messo insieme settanta intellettuali e fondato il Partito comunista. Nei giorni della fondazione del Partito comunista c’erano solo dodici delegati, eletti da settanta iscritti. Fra questi dodici, alcuni sacrificarono la propria vita, alcuni morirono, alcuni si persero per strada e alcuni divennero controrivoluzionari. Ora ne rimangono solo due: uno è Dong Biwu, l’altro è Mao Zedong. (…) Allora io non avevo alcuna autorità nel Partito, nel lavoro di propaganda, nelle province, nelle località, tipo il Comitato municipale di Pechino. Perciò dissi che un po’ di culto della personalità non avrebbe fatto male a nessuno. In effetti, c’era bisogno di un po’ di culto della personalità. Ora le cose stanno diversamente. Il culto è stato esagerato e ha prodotto molto formalismo. Ad esempio, i “quattro volte grande” – great teacher, great leader, great supreme commander, great helmsman (grande maestro, grande dirigente, grande comandante supremo, grande timoniere) – sono odiosi. Dovremo sbarazzarcene completamente. Lasceremo solo teacher, che vuol dire maestro, perché in passato sono stato un insegnante e quindi ora posso continuare ad esserlo. Tutti gli altri andranno rimossi.(...) Il problema è che non dice la verità. I disonesti non possono permettersi la fiducia degli altri. Chi gli crederà mai? Le relazioni amicali funzionano allo stesso modo. Noi, ad esempio, da quando ci siamo incontrati per la prima volta, trentacinque anni fa, ad oggi, non siamo mai cambiati e ci siamo sempre trattati da amici. A volte c’è stato un po’ di burocratismo, ma faccio autocritica! (…) La Cina critica il loro revisionismo, e questo gli fa paura. Ma chi è stato il primo a criticarci? Chi è stato a sparare il primo colpo di questo conflitto? Loro ci definiscono dogmatici, noi li chiamiamo revisionisti. A noi non spaventa che ci accusino di dogmatismo e abbiamo pubblicato gli articoli in cui ci rivolgono questa accusa. Loro, al contrario, non hanno osato pubblicare gli articoli in cui li critichiamo: hanno avuto paura. Se mi accusi di essere un dogmatico, dovrai pur avere N. 23 - 12 giugno 2014 una qualche ragione! Il dogmatismo è contrario al marxismo-leninismo e tutto ciò che è contrario al marxismo-leninismo deve essere tolto di mezzo. Loro, però, non hanno avanzato uno straccio di motivazione. In un secondo momento hanno inviato i cubani a chiederci di fare la pace e di interrompere la polemica pubblica; successivamente hanno inviato i rumeni a fare lo stesso. Per me così non va, se necessario dovremo discutere per diecimila anni. Infine Kossygin venne a Pechino e io lo incontrai. In quell’occasione gli dissi che non c’era nulla di male se volevano definirci dogmatici, però avrebbe dovuto spiegarmi per quale motivo volevano sbarazzarsi di un inventore come Krusciov. Nella loro risoluzione avevano scritto che “il compagno Krusciov ha sviluppato creativamente il marxismo-leninismo”. Perché allora non volevano più questo signore che aveva sviluppato il marxismo-leninismo? Non riuscivo a capacitarmi. Se non lo volevano, potevamo invitarlo noi? Avevamo il permesso di invitarlo all’Università di Pechino a insegnare questo sviluppo del marxismo-leninismo? Kossygin non rispose. Allora aggiunsi: siccome sei il capo del governo dell’Unione Sovietica, dopo averti visto, rinuncio alla mia posizione per cui dovremo discutere per diecimila anni. Rinunciare è un grosso passo avanti, perché potremmo anche non ridurre per niente questo periodo. Sono disposto a ridurre la nostra polemica a mille anni! Kossygin mi disse che quell’incontro era finito bene. I russi guardano i cinesi e molti altri popoli dall’alto verso il basso. Credono di poter mettere bocca su tutto e che gli altri debbano fare come dicono loro. Si dà però il caso che qualcuno potrebbe non essere d’accordo, e fra questi c’è, modestamente, il sottoscritto. (…) In poche parole, torno a ripeterti quanto ti ho già detto più volte. In trentacinque anni, il nostro rapporto essenzialmente non è cambiato. Io sono stato sincero con te, e mi sembra che tu sia stato sincero con me. (Conversazione con Edgar Snow - 18 dicembre 1970. Testo pubblicato in un verbale distribuito a tutte le cellule del PCC il 31 maggio 1971) (Dialogo con i responsabili del Congresso delle guardie rosse di Pechino, 28 luglio 1968) Per quel che riguarda le mie citazioni, ne ho cancellate alcune: erano del tutto inutili Questo articolo è decisamente ottimo. L’ho già letto, ma lo rileggerò una seconda volta. Mi sembra che così vada già bene. Lo si può pubblicare a nome del Renmin Ribao, del Jiefangjun Bao e di Hongqi. Per quel che riguarda le mie citazioni, ne ho cancellate alcune: erano del tutto inutili e potevano produrre reazioni negative. Non ci serve questo genere di citazioni: l’ho già detto un centinaio di volte, ma, non so perché, nessuno mi sta a sentire. Invito tutti i compagni del Centro a ragionarci. Le citazioni utili, quelle che non rischiano di produrre reazioni negative, le ho mantenute, non le ho assolutamente cancellate. Deliberate su quanto sopra. (Nota e aggiunte a Leninismo o socialimperialismo? - 3 aprile 1970) Non posso ricoprire nuovamente l’incarico di presidente Non posso ricoprire nuovamente questo incarico. La proposta è inappropriata. (Dichiarazione sulla proposta di ricoprire la carica di presidente della Repubblica - 12 aprile 1970) Alla fondazione del PCC non avevo alcuna autorità Ad esempio, si dice che esiste un culto della personalità nei miei confronti. Ma vogliamo parlare di quanto culto della personalità fate voi americani? La vostra capitale si chiama Washington. Il luogo dove sorge Washington si chiama Co- Mao interviene alla Conferenza sulla letteratura e l’arte a Yan’an. (Maggio 1942) 10 il bolscevico / PMLI N. 37 - 16 ottobre 2014 Parole d’ordine del PMLI per le manifestazioni studentesche del 10 ottobre 2014 FFOSSIAMO 6) Istruzione pubblica / e gratuita / a tutti gli studenti / garantita 7) Sconti tariffari / agevolazioni / per gli studenti / forti riduzioni 8) Gli studenti / per poter contare / scuole e atenei / devon governare 9) Il futuro ai giovani / che Renzi ha preparato / è supersfruttato / è disoccupato 10) Né flessibile / né precario / lavoro a tutti / pari salario 11) Il Jobs Act / è da affossare / governo Renzi / te ne devi andare sta da fare altro, per noi, che continuare la nostra lotta lavorando affinché vi sia in primis un’ottima riuscita della manifestazione nazionale del 25 ottobre a Roma. Con i Maestri e il PMLI niente ci può fermare! Un caro e rosso saluto. Andrea, operaio del Mugello (Firenze) Con i Maestri e il PMLI niente ci può fermare Care compagne e cari compagni del PMLI, sono completamente d’accordo con il comunicato del Partito sui fatti di Napoli. Piena e militan- te solidarietà ai manifestanti coinvolti loro malgrado nei pestaggi. Matteo Renzi con un piglio ducesco più che simile a quello di mussoliniana memoria, davanti alle rimostranze di una parte del sindacato e di tante lavoratrici e tanti lavoratori chiarisce bene qual è il suo cattivo maestro con un sostanziale “Me ne frego!”. Non re- Rincuorato dalle posizioni sinceramente marxiste-leniniste del PMLI Carissimi compagni del PMLI, sono un comunista, marxistaleninista, non iscritto al PMLI. Simpatizzo per voi, pur essendo stato iscritto in passato al PDCI. 12) Il lavoro ai giovani / che va garantito / è quello stabile / e ben retribuito 13) A Roma / a Roma / vogliamo andare / sotto Palazzo Chigi / a manifestare 14) Sciopero / sciopero / generale / governo Renzi / dobbiam cacciare 15) Col nuovo Berlusconi / non c’è democrazia / governo Renzi / spazziamolo via In passato sono stato abbonato per due volte a “Il Bolscevico”. Non sapevo della sospensione delle pubblicazioni cartacee e mi dispiace molto. Dovessi eventualmente avere un po’ di disponibilità sarei felice di aiutarvi economicamente. Ho letto con attenzione il discorso del compagno Loris Sottoscritti. Lui ha una cultura gigantesca, così come è enorme il bagaglio culturale di ogni compagno marxista-leninista (autentico) del PMLI in materia di storia e/o attualità. Mi piace soprattutto la sua analisi sul PD-governo Renzi, ma è bello anche leggere del compagno Mao, molto spesso denigrato, soprattutto dalle formazioni della “sinistra” pseudo-radicale, opportunista e fintamente comunista. Ho votato PMLI, astenendomi da qualsiasi voto. Leggendo i vostri articoli e il vostro volantino sul proletariato vengo rincuorato dai contenuti e dalla sincerità con cui esprimete le vostre opinioni, sinceramente comuniste e realmente marxiste-leniniste. Spero di vederci quanto prima: farò tutto il possibile per essere presente a Roma il 25 ottobre Vi mando i più sinceri saluti comunisti e marxisti-leninisti nella speranza che il socialismo possa rovesciare la dittatura borghese e capitalista che calpesta quotidianamente i diritti di ognuno di noi. Anche dinanzi alle difficoltà noi comunisti non dobbiamo demordere, anzi dobbiamo continuare le nostre battaglie per la difesa del socialismo in Italia. Con estrema simpatia. Matteo - Cerignola (Foggia) Aiutatemi nello studio del marxismoleninismo-pensiero di Mao e potrò aderire convintamente al PMLI Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze Carissimi compagni, da sempre comunista e figlio di comunisti, in passato (10 anni fa circa) mi ero avvicinato al movimento Lotta Comunista, che avevo abbandonato in quanto non ne condividevo l’ideologia trotzkista e anti-stalinista. Successivamente non ho più militato in nessun partito o movimento politico limitandomi a leggere e a documentarmi per conto mio. Un mio caro amico sta provando a convincermi ad entrare nel partito di Rizzo, ma anch’esso A SCUOLA PUBBLICVAERNATA GRATUITA E GOTESSE DALLE STUDEN NTI E DAGLI STUDE LE DI 8 GENERA ORE RO mo via il governo SCIOPESpa zzia R stiano del Berlusconi democri enzi RE POTERE AL POTE IATO AL IL ETARIATO PROLETAR IL PROL LISTA SOCIALISTA ROSSA EE SOCIA ITALIA UNITA,, ROSSA ITALIA UNITA non mi convince. Ho letto con grande attenzione i documenti relativi allo Statuto, al Programma generale e alla posizione elettorale astensionista del PMLI, che condivido. Le vostre critiche al PC di Rizzo, che ho letto attentamente, sono anche le mie, nel senso che, quando incontrai tempo fa un rappresentante genovese di quel partito, rimasi perplesso quando questi mi disse che (testuali sue parole) “la loro strategia elettorale era praticata in via strategica anche se non la condividevano”. Bastò questa frase per farmi allontanare da quel partito. Personalmente non voto da anni. I punti IX e X del Programma LIANO PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITA ZE - 50142 FIREN Pollaiolo, 172a i.it Via Antonio del Sede centrale: : commissioni@pml 23164 e-mail Tel. e fax 055.51 Stampato in proprio 1) No alla “riforma” / pro capitale / Renzi e Giannini / alla scuola / fate male 2) Ora Giannini / ieri Gentile / stessa “riforma” / stesso regime 3) La meritocrazia / di Renzi e Giannini / riporta la scuola / a Mussolini 4) Scuola pubblica / non si tocca / la difenderemo / con la lotta 5) Neanche un centesimo / alle private / solo le pubbliche / vanno finanziate lla ini su Giann pitalisti e i z a n c e ” di R ratica dei forma oc La “ri ola merit scu www.pmli.it generale del PMLI sono quelli che più mi hanno entusiasmato. devo riconoscere che il vostro programma è davvero “rivoluzionario” nel senso che è totalmente diverso dai programmi degli altri movimenti che si dicono comunisti, come ad esempio quello di Rizzo, il cui programma è intriso di berlinguerismo. Ho bisogno di studiare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, vi sarei grato se poteste aiutarmi. Quando mi riterrete pronto, potrò richiedere serenamente e convintamente il modulo di adesione. Saluti marxisti-leninisti. Grazie di tutto compagni. Matteo - Genova Il PD di Renzi ha nel Dna la cultura della classe dominante borghese Studiando l’opuscolo n. 9 di Giovanni Scuderi “Mao, la concezione del mondo e le due culture” (discorso pronunciato il 9/9/1986 per il X Anniversario della morte di Mao) in uno dei passi del discorso del compagno Segretario generale si legge: “Già Gramsci e Togliatti, che non si sono mai liberati della loro origine e formazione idealistica crociana, avevano accortamente e gradualmente svuotato dei suoi contenuti di classe e distorto il marxismo-leninismo, ma i loro successori Longo, Berlinguer e Natta – hanno completato tale opera cancellando nella mente del proletariato – e non solo nello Statuto del loro Partito – ogni traccia dell’ideologia e della teoria comuniste. Fino al punto che il proletariato italiano di oggi, specialmente le nuove generazioni, non conosce quasi per niente la concezione che gli è propria”. Una parabola discendente del PCI fino al PD. Che concezione del mondo ha il PD? È evidente hanno ormai nel loro Dna la cultura della classe dominante borghese. Si piacciono Sergio Marchionne e Matteo Renzi. Tanto che il recente tour al quartier generale della FCA di Auburn Hills si allungava oltre il previsto. Un edificio enorme, “secondo solo al Pentagono” ricorda Renzi in conferenza stampa. Un tempio per la Chrysler e per la Motowin del Michigan, fallita qualche anno fa insieme alle sue fabbriche di automobili. Quindicimila dipendenti solo a Detroit, e un solo sindacato, lo UAW, che ha accettato condizioni pesanti per i lavoratori, pur di non chiudere. Cosa rende uguali Renzi e Marchionne, uno con la camicia bianca arrotolata, l’altro col tradizionale maglioncino blu? La stessa concezione del mondo, quella borghese naturalmente. Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Da un rapporto interno dell’Organizzazione di Civitavecchia (Roma) del PMLI PMLI / il bolscevico 11 N. 37 - 16 ottobre 2014 Alla Ferrari di Maranello di Modena Volantinaggio: il potere politico spetta di diritto al proletariato Molto interesse da parte degli operai Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLI Giovedì 2 ottobre 2014 l’Organizzazione di Modena del PMLI si è portata davanti ai cancelli dello stabilimento Ferrari di Maranello di Modena, cuore dell’industria di tutta la provincia. All’uscita degli operai i compagni modenesi hanno diffuso centinaia di volantini dal titolo “il potere politico spetta di diritto al proletariato” in cui sa di potere nel gruppo Ferrari da parte del nuovo Valletta col maglione blu, Sergio Marchionne, porti alla delocalizzazione come successe con altre fabbriche del gruppo Fiat, nonostante il cavallino rampante porti a tutta la provincia fiumi di capitale soprattutto estero. Noi ci radichiamo e ci radicheremo sempre più nella classe operaia, che produce l’intera ricchezza nazionale, affinché prenda coscienza di sé, acquisca il marxismo-le- Modena, 2 ottobre 2014. La diffusione realizzata dall’Organizzazione di Modena del PMLI davanti ai cancelli dello stabilimento Ferrari di Maranello (foto Il Bolscevico) si invita a leggere il discorso del compagno Loris Sottoscritti “Mao e la missione del proletariato” tenuto alla commemorazione di Mao del 7 settembre 2014 a Firenze a nome del Comitato centrale del Partito. C’è stato molto interesse da parte degli operai, molti si sono fermati a leggere il volantino, altri sono venuti incontro ai compagni cercandolo volutamente, è stato un grande successo per il PMLI. Gli operai Ferrari, come del resto gli altri del gruppo Fiat, stanno passando momenti difficili, bloccate le assunzioni, lavoro domenicale e richiesta di maggiore produzione. Noi marxisti-leninisti supponiamo che la nuova pre- ninismo-pensiero di Mao e si unisca sotto la bandiera gloriosa del PMLI per eliminare il potere politico della borghesia che giorno dopo giorno sta affamando il proletariato e instauri il socialismo. Opponiamo le camicie rosse proletarie per il socialismo alle camicie bianche borghesi e capitaliste! Tutti a Roma con il PMLI il 25 ottobre alla grande manifestazione promossa da CGIL e FIOM, per il lavoro, l’art. 18 e il socialismo, contro il Jobs Act, il governo del Berlusconi democristiano Renzi e il capitalismo! Viva la classe operaia! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Risoluzione dell’Organizzazione di Ischia del PMLI sul Rapporto di Scuderi al CC del PMLI Una bella occasione per fare autocritica e programmare nuove attività Abbiamo letto e discusso il Rapporto del compagno Scuderi alla 4ª Sessione plenaria allargata del CC del PMLI ed ecco alcune nostre considerazioni. In primo luogo, ci ha colpito l’esemplare critica ed autocritica, che caratterizza la forza del nostro Partito. Il grande intervento di Scuderi spazia su numerosi aspetti dell’impegno politico dei compagni dirigenti e di quelli delle varie istanze sparse in tutta Italia, un impegno esaltante perché non è facile rispettarlo in un Paese retto da una “democrazia borghese” che ci imbavaglia. Quello di zittirci è solo un tentativo come la scritta “W Lenin”, apparsa in una cella russa e cancellata dagli aguzzini dello zar prima con la pittura che però la rese ancor più visibile, poi con lo scalpello che la incise definitivamente sulla parete! La notizia più confortante ed esaltante è stata quella relativa all’apertura della nuova Sede. Un obiettivo grandissimo che la dice lunga sulla qualità dei compagni del PMLI, d’acciaio come il maestro Stalin che vuol dire appunto “d’acciaio”! Ha fatto benissimo il compagno Scuderi a soffermarsi sui tre problemi aperti: quello economico, l’ampliamento del gruppo di compagni al Centro, il radicamento locale. Ovviamente è di primaria importanza la questione economica: senza benzina la macchina non va… Sta quindi a noi la capacità di reperire il carburante, con la nostra fantasia, con il nostro impegno ma soprattutto con le iniziative che rappresentano il radicamento locale. Ed è questo l’argomento che sollecita riflessioni più concrete e soprattutto, autocritica e impegni più seri che non possono non trovare sostegno più valido che nelle parole d’ordine “concentrarsi sulle priorità, radicarsi, studiare”. Parole d’ordine che tracciano un percorso preciso, incredibilmente reale e inconfutabile. Chi devia rischia di non raggiungere alcun obiettivo. Un’indicazione quindi, estremamente lucida. Per esempio: è vero, è importante la tecnologia, ma è innegabile il valore di un “comizio volante”, di una comunicazione a mezzo megafono, accompagnata da un capillare volantinaggio. Inoltre, l’analisi del Rapporto di Scuderi ha permesso anche di conoscere ciò che avviene all’interno dell’organizzazione del nostro Partito. Avanziamo la proposta di avviare un’attività di Comunicato dell’Organizzazione di Biella del PMLI Il PMLI invita i giovani a scendere in piazza in massa il prossimo 10 ottobre Verrà diffuso il Documento della Commissione giovani del CC davanti alle scuole superiori biellesi Nei prossimi giorni l’Organizzazione biellese del PMLI volantinerà, davanti alle scuole superiori biellesi, l’importante documento della Commissione giovani del Comitato centrale del Partito dal titolo “Giovani, date le ali al vostro futuro”. In un momento storico in cui si acuisce la completa differenziazione tra scuole private costosissime d’eccellenza dove i rampolli della borghesia nostrana potranno prepararsi ad essere i leader del futuro e scuole pubbliche fatiscenti dove, ammassati come nei pollai, i figli del proletariato saranno parcheggiati prima di essere destinati a diventare disoccupati per colpa dell’odioso sistema di sfruttamento capitalistico. Si rende urgentemente necessario che tutte le giovani studentesse e tutti i giovani studenti biellesi, con alla testa i più coscienti e avanzati politicamente, scendano in piazza per affossare la “riforma” di Renzi e Giannini sulla scuola meritocratica dei capitalisti e comprendano la necessità di lottare per una scuola pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti. Pare assurdo, leggendo i giornali locali, che non sia più un diritto garantito e tutelato quello di poter frequentare scuole sicure, accoglienti e di qualità che garantiscano una elevata formazione didattica, ma che sia invece l’elemosinare, del politicante borghese locale ai vari ministeri romani, il punto di svolta per ottenere almeno “quattro soldi” necessari per pagare il riscaldamento delle aule degli istituti biellesi durante il prossimo periodo invernale. Che vergogna! L’Organizzazione biellese del PMLI chiede esplicitamente ai giovani biellesi di prendere le redini del proprio futuro e scioperare in massa venerdì 10 ottobre 2014, giornata di mobilitazione generale delle studentesse e degli studenti. per il PMLI.Biella Gabriele Urban Biella, 30 settembre 2014 formazione online, magari utilizzando uno spazio de “Il Bolscevico” o, se possibile, un canale specifico riservato ai compagni interessati, una volta registrati telematicamente. la necessità di “creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo”. Un’affermazione che provoca fra chi ci ascolta, l’immediata domanda: “Sì, ma come?”. Ed è qui che an- Ischia (Napoli). Un momento dell’attività di propaganda dell’Organizzazione di Ischia del PMLI (foto Il Bolscevico) È emerso ancora, che l’influenza del Partito è in crescita e che questa è proporzionale alla credibilità dei compagni che lo rappresentano. Bisogna imporsi nella realtà del proprio paese con un impegno politico, culturale, sociale di rilievo, serio. Ecco perché è indispensabile che ogni compagno acquisti un ruolo nell’ambiente in cui vive, che diventi punto di riferimento della lotta, e che tale impegno sia rispettato e abbia una sua dignità, quale esempio di coerenza, di onestà, di chiarezza, di lealtà. Infine, ribadita la necessità di distruggere questa Unione europea imperialista e di combattere e abbattere il governo di Renzi figlio della P2, la discussione sul Rapporto di Scuderi ha toccato cora una volta Scuderi ci rassicura: in un Paese in cui la rassegnazione, la sfiducia, la disaffezione alla politica hanno preso il sopravvento, non è facile far capire che la strada da percorrere, per raggiungere tale obiettivo, è una: quella di radicarsi nella propria realtà, di essere presenti sui problemi, senza discontinuità, per poter aggregare il maggior numero di giovani, donne, anziani, lavoratori che condividano i principi fondamentali dell’antifascismo, dell’anticapitalismo, della lotta per una società migliore, socialista. Sappiamo bene che non è possibile conseguire tali obiettivi a breve scadenza. E il lavoro politico diventa ancora più duro anche nel confronto sull’astensionismo perché, purtroppo, mol- ti sono convinti che solo attraverso la competizione elettorale è possibile offrire un’alternativa. La crescita degli astensionisti sta però dimostrando che siamo nel giusto. Il percorso è certamente lungo e lento ma siamo convinti, come indica ancora Scuderi, che ci porterà alla vittoria finale. L’analisi del documento ha infine permesso ovviamente di riflettere autocriticamente, sull’attività svolta sull’isola d’Ischia. L’Organizzazione è intervenuta sulle problematiche più importanti della vita politica isolana, anche se non è apparsa sempre puntuale e incisiva su tutte le questioni. Non ha mai fatto mancare il contributo sull’astensionismo in occasione dei vari appuntamenti elettorali, con banchini e volantinaggi. Fra gli appuntamenti più significativi, l’iniziativa dedicata al 60° Anniversario della scomparsa di Stalin che ha fatto guadagnare un elogio del Partito. Sono anche da sottolineare le numerose presenze sulla stampa locale di comunicati, interventi, iniziative contro la politica squallida e scellerata delle giunte di “centrodestra” e di “centro-sinistra”. Ovviamente, è sempre poco ciò che si riesce a realizzare. Da menzionare il rapporto che il PMLI sull’isola è riuscito a stabilire con le altre forze di sinistra e soprattutto, il rispetto che gli viene riconosciuto. Ne è prova la presenza dell’Organizzazione in vari Comitati di lotta, sorti su questioni come il diritto alla mobilità, la lotta in difesa dei diritti dei disabili, il coordinamento delle forze a sinistra del PD, la presenza attiva nella battaglia per il Comune Unico. L’impegno attuale è rivolto alla realizzazione di una “Festa della Sinistra”, che sarà una buona occasione di visibilità per il nostro Partito. È un tentativo condiviso dalle diverse forze politiche a sinistra del PD. Dal mese di ottobre, l’Organizzazione dedicherà attenzione alla scuola, ai giovani perché si avverte la necessità di acquisire nuove energie. E non mancherà una iniziativa in occasione dei primi dieci anni di vita dell’Organizzazione del PMLI sull’isola. Impressioni sulla commemorazione di Mao Auspico un forte sviluppo del PMLI perché conduca il proletariato alla conquista del potere politico Nonostante la grave crisi economica in cui versa il Partito, anche quest’anno è stata tenuta vittoriosamente la 38° commemorazione della morte di Mao. La presenza dell’Organizzazione di Biella a questo evento, è stata un’occasione per esprimere e per mostrare sostegno al Partito. Il discorso di Sottoscritti sottolinea giustamente la necessità di ridare al proletariato la coscienza di classe per sé. Pensiamo a come era in Italia la situazione dopo la sconfitta del fascismo. Larghe masse proletarie aspiravano al socialismo. Cosa capitò? Un falso partito comunista le egemonizzò e invece di seguire la via dell’Ottobre propose a loro la gramsciana via italiana al socialismo. Si concluse come i revisionisti ben sapevano: con un nulla di fatto. Con il ’68 si aprì una nuova fase. Di fronte a masse giovanili decise a prendere la via rivoluzio- naria, una quantità di gruppi sia a destra che a sinistra del PMLI delusero e bruciarono un’intera generazione, per poi riciclarsi e integrarsi nel sistema borghese che contestavano. Quando dopo due decenni di “riflusso” nuovamente schiere di giovani riempirono le piazze contestando il sistema capitalista, ecco il nuovo inganno. Rifondazione e la sua appendice, i “disobbedienti” egemonizzano i movimenti, e ben consci delle dinamiche del passato, dopo essere arrivati al governo, sanno solo dare delusioni a chi aveva creduto in loro, creando così un nuovo riflusso. Il mio auspicio è che le future schiere di anticapitalisti, che presto o tardi riempiranno nuovamente le piazze, possano fare tesoro delle esperienze del passato e smascherino i cialtroni che fino ad oggi non hanno fatto altro che infangare il socialismo, arrivando addirittura a dire che non esiste più né il proletariato né la borghesia, con l’unico obiettivo di non fare prendere coscienza alla classe operaia di classe per sé. Auspico quindi un forte sviluppo del PMLI, conscio che solo il vero Partito comunista in Italia può dare uno sbocco rivoluzionario al proletariato e portarlo alla conquista del potere politico che, come diceva Mao, nasce dalla canna del fucile. Pier - Biella Sottoscritti ha esposto in maniera impeccabile la nostra realtà Cari compagni, ho appena terminato di leggere la relazione del compagno Sottoscritti alla commemorazione di Mao. Ci credo che è stato interrotto da continui applausi: espone in maniera impeccabile la nostra realtà. È inutile dirvi che, scusate il gioco di parole, sottoscrivo in pieno le sue idee, una lucida e spietata visione della realtà, in particolare nei riguardi del neoduce Renzi ma che individua e descrive correttamente pure i suoi scellerati predecessori (i più recenti Berlinguer, Occhetto, D’Alema, Veltroni e quel merdone di Vendola). Saluti sovietici. Maurizio, operaio metalmeccanico – provincia di Brescia 12 il bolscevico / cronache locali N. 37 - 16 ottobre 2014 In una Catania blindata Combattivo corteo contro la Nato La Boldrini intervenendo difende l’operazione Mare Nostrum I marxisti-leninisti catanesi diffondono il volantino “Il potere politico spetta di diritto al proletariato” Dal Corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania In una Catania blindata a Palazzo degli elefanti, sede del comune, nella centralissima piazza Duomo, si è tenuto dal 2 al 4 ottobre, l’Assemblea parlamentare della Nato, convocata per discutere di Mediterraneo e Medio oriente alla presenza del ministro degli affari esteri Federica Mogherini, del presidente del senato, Pietro Grasso, e del presidente della Camera Laura Boldrini. Per rispondere alla presenza dei guerrafondai in città, a Catania il 3 ottobre si è tenuto un corteo, partito da via Etnea, di fronte Villa Belliuni, con centinaia di combattivi manifestanti. Promotori la Rete antirazzista catanese, il Comitato NO MUOS - NO Sigonella, i Cobas Scuola, Officina Rebelde, ANPI-Catania, Catania Bene Comune e tante altre associazioni. Il corteo ha percorso via Etnea, con bandiere e striscioni dei partecipanti No MUOS, e di alcuni popoli in lotta. I manifestanti hanno gridato parole d’ordine contro la chiusura delle frontiere e le politiche di guerra, contro l’ecatombe di Lampedusa, la strage di un anno fa in cui morirono 378 migranti. Tanti gli slogan contro la Nato, strumento di guerra dell’imperialismo, mentre un documento degli organizzatori denuncia: “Il governo delle larghe intese aumenta le spese militari di 10 miliardi in un anno, compra i micidiali F35 e contribuisce alla criminali strategie di guerra imperialista USANATO calpestando l’articolo 11 della costituzione borghese”. Terminato il corteo in Piazza Università, gli organizzatori hanno denunciato che la questura gli ha vietato perfino una conferenza stampa nella piazzetta La Basilica della Collegiata “perché area sensibile”. Il PMLI ha partecipato con la Cellula “Stalin” della provincia di Catania e i suoi simpatizzanti, distribuendo i volantini “Il potere politico spetta di diritto al proletariato” e “Condanniamo la repressione dei manifestanti contro il vertice della Banca centrale europea a Napoli”. Tanti i consensi ricevuti. I marxisti-leninisti portavano la bandiera del PMLI e un cartello con i manifesti pubblicati da “Il Bolsevico” “ Fuori l’Italia dai conflitti in Ucraina, Iraq, Af- ghanistan, Siria e Libia...”, “Lavoro, sciopero generale di 8 ore. Giù le mani dall’articolo 18 e dallo Statuto dei lavoratori. Abolizione del precariato e assunzione di tutti i precari. Rinnovo dei contratti di lavoro del pubblico impiego. Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi. Il proletariato al potere. Italia unita, rossa e socialista” sul retro “Sciogliere la Nato, strumento di guerra dell’imperialismo americano ed europeo, Fuori l’Italia dalla Nato, fuori la Nato dall’Italia”. L’assemblea parlamentare della Nato è un’offesa alla città di Catania che soffre un disagio sociale altissimo, dove un operaio disoccupato si è suicidato dandosi fuoco, Di tutto questo è responsabile il neopodestà Bianco, PD, come dice il manifesto che portavano i compagni il 26 settembre 2014 “Bianco dimettiti”, oggi ancora di più che ha promosso questa assemblea di guerrafondai imperialisti della Nato. È un altro esempio di come la Sicilia, con la complicità di Crocetta e dei sindaci come Bianco, sia un territorio a disposizione per le operazioni di guerra imperialista di UE e USA, piena di basi militari USA e Nato a Sigonella, il MUOS a Niscemi (Caltanissetta), l’Arsenale militare marittimo di Augusta (Siracusa), l’aeroporto di Birgi a Trapani. La Boldrini intervenuta sui flussi migratori transnazionali ha ricordato la strage dei migranti del 3 ottobre 2013, come un evento tragico che ha fatto da “spartiacque” rispetto alla nuova fase legata all’operazione “Mare Nostrum” Il suo è stato in sostanza un intervento unicamente in appoggio alla politica imperialista della Nato. Se questi guerrafondai riuniti in assemblea a Catania volessero veramente aiutare i migranti e non servirsene strumentalmente, dovrebbero abolire la BossiFini e il reato di immigrazione clandestina, la Turco Napolitano, che istituiva i Centri di Permanenza Temporanea, dei veri e propri lager per migranti, e dovrebbero aprire le frontiere della UE. L’alternativa per aiutare i migranti è la solidarietà e la lotta contro l’imperialismo USA ed UE, in un fronte unito sempre più ampio sulla base di quello sceso in piazza il 3 ottobre a Catania. I tracciati della tramvia a Firenze Linea 2 Linea 3 Catania, 3 ottobre 2014. Manifestazione contro la Nato, cui ha partecipato la Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI (foto Il Bolscevico) Comunicato dell’Organizzazione di Vicchio del Mugello (Firenze) del PMLI I licenziamenti alla Sabo non devono passare! L’Organizzazione di Vicchio del Mugello (Firenze) del Partito marxista-leninista italiano esprime la propria solidarietà militante ai lavoratori della Sabo ammortizzatori di Vicchio per l’arroganza dei padroni, che in perfetto stile Marchionne, di punto in bianco e per di più in modo ingiustificato hanno deciso di tagliare ben 10 posti di lavoro. È necessario che si formi un ampio fronte unito tra le forze sindacali, politiche, sociali, religiose ecc. di sostegno a questa importante vertenza. 10 posti di lavoro non sono uno scherzo per la realtà vicchiese e mugellana dopo che nello stesso comune si sono recentemente persi altrettanti posti di lavoro per la chiusura del supermercato Despar. Servono provvedimenti concreti a livello politico, ad iniziare da parte della giunta comunale di “centro-sinistra” Izzo, sia per i lavoratori Sabo che a livello generale per fronteggiare questa emorragia di posti di lavoro, provvedimenti che non si limitino ai soli “ammortizzatori sociali”. Pensiamo ad un piano straordinario per l’occupazione per il Mugello. Bisogna avere il coraggio d’intaccare il profitto dei padroni a favore dei diritti dei lavoratori dopo che da vari decenni quest’ultimi sono stati subordinati ai primi. Si rischia altrimenti di veder cancellati decenni di battaglie del movimento operaio e sindacale. È necessario che quest’ultimo inizi a risalire la china opponendosi a questo neofascismo imperante anche a livello sindacale, portato avanti dal Berlusconi democristiano Renzi col suo Jobs Act. Ma ciò non basta, in generale è necessario che la classe operaia torni ad alzare lo sguardo al socialismo come unica via d’uscita da questa situazione e che può veramente cambiare l’Italia! Organizzazione di Vicchio del Mugello del PMLI Vicchio, 1 ottobre 2014 Una colata di cemento finanziata dallo “sblocca Italia” di Renzi PARTONO I LAVORI PER LE FARAONICHE LINEE 2Da subito E 3 caos DELLA TRAMVIA a Firenze cantieri e disagi per la popolazione rivendichiamo TRASPORTO PUBBLICO E TRAMVIA LEGGERA PER FIRENZE, BUSVIE, AUTOBUS ELETTRICI E NON INQUINANTI, EFFICIENTI E GRATUITI PER DISABILI, PENSIONATI POVERI, DISOCCUPATI E PER SPOSTAMENTI DI LAVORO E DI STUDIO Redazione di Firenze Sono partiti nel caos più assoluto i cantieri per le linee due e tre della tramvia a Firenze, per le quali, grazie al decreto “sblocca Italia” di Renzi dovrebbero essere ora a disposizione altri 100 milioni, più di 400 milioni di euro in totale. Il problema per il neopodestà Dario Nardella è arrivare alla scadenza del 2015 con i tracciati almeno cantierizzati per riscuotere i contributi governativi. Una colata di cemento e una quantità di soldi notevoli, che andranno fondamentalmente a ingrassare la cordata di imprenditori che ha in appalto la costruzione delle nuove linee e la gestione di tutta la tramvia. E per fare questo ha ignorato le annose proteste, in particolare per il tracciato particolarmente invasivo nella zona di via dello Statuto, per il quale era stata chiesta una moratoria, e un’ampia discussione con la popolazione del quartiere, addirittura Nardella ha aperto i cantieri senza che i tracciati delle due linee siano definitivi. Ricordiamo che nel 2007-8 si aprì in città un ampio dibattito sulla tramvia e un movimento di lotta; nel febbraio 2008 il progetto di tramvia dell’allora sindaco Leonardo Domenici (PD) uscì sonoramente bocciato dalle astensioni e dai No al referendum strumentalmente indetto da Mario Razzanelli, ora approdato in Consiglio comunale con Forza Italia. Gli abitanti della zona in questi giorni hanno attaccatto car- Firenze. Il plastico del progetto faraonico della tramvia: la linea 2 attraversa la palazzina Mazzoni telli di protesta agli alberi secolari di via dello Statuto, che dovrebbero essere abbattuti per far passare i cavi elettrici della tramvia. Cantieri aperti esattamente alla riapertura delle scuole causando la paralisi del traffico in zone nevralgiche come la Fortezza, e considerati già in ritardo; in un clima di emergenza alle ditte appaltatrici è stato chiesto di raddoppiare i turni di lavoro. Nonostante il tempo trascorso dalla progettazione all’inizio dei cantieri il menefreghismo e la superficialità che hanno accompagnato la pluriennale realizzazione della linea 1 si ripropongono pari pari per le linee 2 e 3. Contando sui finanziamenti dello “sblocca Italia” Nardella ripropone anche il progetto, caro alla destra fiorentina, di far passare i binari anche sotto il centro storico. Un tratto di 3,7 km dal costo di 200-220 milioni, dalla stazione dell’Alta velocità in costruzione nell’area dei vecchi macelli in direzione Bagno a Ripoli fino a Lungarno della Zecca; un tunnel che dovrebbe essere collocato a circa 20 metri sottoterra per evitare reperti archeologici e falda acquifera; costo a chilometro 40-50 milioni di euro. Tutti e due i tracciati della tramvia sono stati progettati all’insegna dello spreco; tratti in sopraelevata si alternano a tratti interrati in trincea, l’attraversamento di viale Belfiore è progettato con un percorso che “entra” nella palazzina del Mazzoni, un orrore fascista considerato storico perché collegato alla Stazione di S.M. Novella negli anni Trenta. Si ripropone in pieno l’analisi fatta nel 2008 dal Comitato provinciale di Firenze del PMLI che con un apposito, articolato documen- to, ha bollato la tramvia di Firenze “marcata dalla privatizzazione e dal liberismo”, i “minitreni di 32 metri sovradimensionati rispetto alla struttura urbanistica della città caratterizzata da strade strette” e l’intera tramvia “Invasiva e deturpante”, destinata a “tagliare in due interi quartieri, rendendo impossibile la sosta anche temporanea in molte delle strade interessate” (vedi Il Bolscevico n. 2/2008). I marxisti-leninisti rivendicano altresì “trasporto pubblico e tramvia leggera per Firenze, busvie, autobus elettrici e non inquinanti, efficienti e gratuiti per disabili, pensionati poveri, disoccupati e per spostamenti di lavoro e di studio”. Dobbiamo registrare un sostanziale disimpegno della “sinistra” borghese in Consiglio comunale su questo tema. Mentre in campagna elettorale Tommaso Grassi, candidato dell’area SEL-PRC, aveva dichiarato: “Sulla questione del sottoattraversamento tramviario del centro storico, se saranno presentati degli atti successivi, raccoglieremo le firme per un referendum consultivo dei fiorentini”, ora, che questo progetto sta prendendo corpo, tace. Oggi, molto più di ieri, la popolazione fiorentina ha bisogno che la stragrande maggioranza delle risorse venga destinata alla creazione di posti di lavoro, al sostegno alle famiglie dei disoccupati e cassintegrati, ai servizi sociali e sanitari. cronache locali / il bolscevico 13 N. 37 - 16 ottobre 2014 Corrispondenza delle masse Questa rubrica pubblica interventi dei nostri lettori, non membri del PMLI. Per cui non è detto che le loro opinioni e vedute collimino perfettamente, e in ogni caso, con quelle de “il bolscevico” Migliaia di lavoratori in piazza a Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria contro ilA Cosenza precariato e per il lavoro bloccato lo svincolo dell’autostrada. A Reggio Calabria in centinaia davanti alla prefettura Le testimonianze di alcuni precari Mercoledì 1° ottobre scorso è stata una grande giornata di lotta per i precari calabresi. Mobilitati da Cgil, Cisl e Uil migliaia di lavoratori precari di vari settori produttivi (dalla scuola ai call-center, alla sanità) hanno manifestato a Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria. Alla testa dei manifestanti i lavoratori precari Lpu-Lsu, gli ex articolo 7 e i percettori di “ammortizzatori sociali” in deroga. Particolarmente grave la situazione dei lavoratori di pubblica utilità che non ricevono lo stipendio da 4 mesi da parte della Regione Calabria, presieduta attualmente dalla presidente facente funzioni Antonella Stasi (NCD) subentrata in seguito alle dimissioni del fascista mal-ripulito Giuseppe Scopelliti (NCD) condannato in primo grado per il caso Fallara. Ecco le testimonianze di alcuni precari presenti in piazza: “Siamo qui non solo per gli arretrati che ci devono, ma anche perché non vediamo un reale impegno da parte dei politici a risolvere la situazione. A breve non avremo nemmeno i soldi della mobilità e saremo in mezzo ad una strada”. “Tutti i 30.000 lavoratori in mobilità calabresi hanno lavorato per molti anni nelle fabbriche, negli uffici, nei call-center, nei servizi socio-sanitari all’interno di aziende piccole, medie e grandi, prima che l’attua- Cosenza, 1° ottobre 2014. I precari bloccano lo svincolo di Cosenza-Sud dell’A3 nell’ambito della mobilitazione regionale contro il precariato e il lavoro le crisi, nel giro di pochi mesi, li lasciasse a casa in mobilità, in attesa di essere ricollocati in altra attività lavorativa’’. “Per troppi anni abbiamo aspettato una risposta positiva, per troppi anni i responsabili e politici di turno ci hanno preso in giro promettendo un ricollocamento lavorativo, per troppi anni siamo andati a votare in elezioni amministrative, regionali e politiche, sperando in una soluzione, per troppi anni abbiamo visto colleghi sfrattati come bestie dalla loro umile ma dignitosa casa per trovare rifugio da parenti e amici, per troppi anni i nostri familiari ci hanno chiesto ‘ma vi pa- gano?’, ‘ma il lavoro ve lo danno di nuovo?’, ‘e questo mese come facciamo a tirare avanti?’, ‘ma i libri della scuola per i figli come li compriamo?’, ‘e la spesa?’”. A Cosenza i manifestanti hanno bloccato per tutta la giornata l’accesso allo svincolo CosenzaSud dell’Autostrada Salerno-Reggio Calabria. A Reggio Calabria in centinaia hanno manifestato davanti alla prefettura, percorrendo Via Marina e il Lungomare. Nel capoluogo Catanzaro oltre 400 lavoratori hanno sfilato, bloccando via Lucrezia Della Valle, davanti all’assessorato regionale al Lavoro chiedendo e ottenendo di Un esempio del malgoverno della “sinistra” borghese nell’Italia capitalista I trasporti pubblici collassano a Bari Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari La città di Bari, dopo aver subito per anni la gestione di Michele Emiliano il quale ora sta sgomitando per assurgere alla carica di presidente della Regione Puglia, sconta decenni di malgoverno e nulla dà il segnale di un cambiamento reale delle condizioni in cui per esempio versano i trasporti pubblici e le strade della città. Qui la “sinistra” borghese dimostra chiaramente di cosa è capace: il settore dei servizi pubblici, indispensabili per le masse, sono non solo carenti ma sempre peggiori mentre vengono intensificati gli sforzi per opere di facciata oppure utili unicamente alla borghesia e ai possidenti. L’Amtab (Azienda mobilità e trasporti autobus di Bari) è una società per azioni che secondo la propaganda di regime dovrebbe essere sinonimo di efficienza e puntualità ma la realtà dei fatti è ben altra. La società è sommersa da un debito gigantesco di 10 milioni di euro, le casse sono vuote e oltre trenta mezzi sono perennemente bloccati ogni giorno in officina perché guasti o così logori da non poter essere adoperati. I lavoratori dell’Amtab sono insufficienti, coloro che sono andati in pensione non sono mai stati sostituiti e vi è un vero e proprio esercito di precari. Da tempo si attendono nuovi fondi promessi dalla Regione, guidata dall’anticomunista Vendola, e allo stesso tempo si spera che il nuovo Consiglio comunale stanzi i capitali necessari nel bilancio: insomma, una società per azioni, con un enorme debito alle spalle che offre un servizio scadente e sfrutta i suoi lavoratori, va mendicando soldi pubblici. È quasi ordinaria amministrazione, per esempio, che gli autobus siano costretti a fermarsi a seguito di avarie meccaniche: gomme che scoppiano, copiose perdite d’olio sull’asfalto o fusioni dei motori vetusti ed esausti dei mezzi. Qualche settimana fa un guasto stava per costar caro all’autista e ai passeggeri: sulla Statale 16bis a pochi metri da una delle tremende curve che collegano Bari a Palese, paesino costiero dove sorge l’aeroporto, il manicotto del motore di un autobus esplode e il mezzo diventa ingovernabile. L’autista, un precario, riesce a controllare l’avaria e ferma il mezzo; sfidando la sorte e il pericolo derivanti dalle auto che sfrecciano sulla statale, scende dall’autobus e posiziona il triangolo a distanza per segnalare il guasto agli automobilisti. Adesso la città è governata da Antonio Decaro (PD): pupillo di Emiliano e assessore alla mobilità e al traffico nella prima giunta. Ma cambiano i suonatori e la musica non cambia. incontrare l’assessore regionale Nazzareno Salerno, oggi esponente del NCD di Alfano ma attualmente autosospeso per effetto della lotta interna al partito in vista delle elezioni regionali del 23 novembre, in passato sindaco e “uomo forte” del PDL di Serra San Bruno (Vibo Valentia) ennesimo comune calabrese che potrebbe essere sciolto per mafia nei prossimi mesi. L’assessore Salerno non ha però assunto alcun impegno contro il precariato in generale e per i Lsu-Lpu pagati dalla Regione in particolare, infatti con la solita politica dello scaricabarile ha “passato la palla” al governo nazionale. E proprio al governo nazionale del Berlusconi democristiano Renzi si sono rivolti i rappresentanti sindacali, ottenendo grazie alle proteste, l’attivazione di un tavolo governo-regione-sindacati a Roma il prossimo 8 di ottobre per affrontare la questione dei precari e la promessa del pagamento di almeno 2 mensilità arretrate per gli Lsu-Lpu. Giordano - provincia di Cosenza Cazzola, campione di trasformismo al servizio della borghesia e del capitalismo di Eugen Galasso - Firenze Tra i vari personaggi che si affollano nell’“Empireo” degli imbroglioni borghesi c’è anche Giuliano Cazzola: questo giurista bolognese, un tempo dirigente del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, poi dirigente della CGIL, poi chiamato da Giorgio Benvenuto, allora segretario del PSI (erano i primi anni Novanta), poi eletto deputato con il PDL (sic!), anche quale consulente di Renato Brunetta, ancora successivamente passato con Scelta Civica di Mario Monti (sic!), sostenitore indefesso della “riforma” delle pensioni targata Fornero - quella della terribile macelleria sociale e degli esodati - infine con Alfano nel Nuovo centrodestra, è un esempio emblematico di trasformismo borghese. Ora, in un articolo su “Il Garantista” del 4 settembre scorso attacca la possibilità (remota, in realtà) che il governo del Berluschino Renzi finisca per derogare alla “riforma” Fornero, favorendo qualche uscita anticipata: ciò creerebbe, secondo l’ex-sindacalista, ora armi e bagagli al servizio del rigore merkeliano-confindustriale, problemi di ordine economico: “Le finanze pubbliche non sarebbero più in grado di sopportare i maggiori oneri derivanti dal prendersi in carico persone tuttora pienamente in grado di lavora- re.” (art.cit., p. 18). L’altra riguarderebbe i giovani, che sarebbero costretti a subire l’onta del precariato. Ora, se persino nell’ottica borghese non pochi criticano la “riforma” Fornero, se fin dall’inizio molti sostenevano che la famosa lettera dell’estate 2011 non conteneva riferimenti alla necessità di un’ulteriore riforma pensionistica, Cazzola non è l’unico ma è uno dei principali fautori di “riforme” ispirate solo alla volontà di ridurre ulteriormente gli spazi vitali (e il tempo libero) dei lavoratori, con la scusa dell’allungamento dell’“attesa di vita” (che sarebbe sempre “crescente”, un dato tutt’altro che dimostrato, tra l’altro). Questo ex-sindacalista iperconfindustriale non è certo l’unico, ma uno dei principali mentitori che la borghesia ha a disposizione per proporre-imporre dati che poi, purtroppo, cambiano la vita delle persone. Nell’ottica del socialismo dei Maestri, figure/figuri e utili idioti del capitalismo come Cazzola e altri verranno schiacciati. Intanto, però, dormono sonni tranquilli e scrivono su giornali vecchi e nuovi (nuovi, in questo caso) senza mettersi mai in discussione, affermando di possedere il “verbo” su una questione o un’altra. Esempio dell’ingiustizia sociale nell’Italia capitalistica A Bari una coppia è costretta a vivere in auto Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari La morsa del capitalismo, sempre più ingiusto e infame mentre tracolla in una crisi esponenziale, colpisce sempre più i lavoratori e le masse. Esempio concreto e reale di questa situazione è la storia di una coppia costretta a vivere in automobile. I nomi reali non saranno rivelati per volontà degli stessi protagonisti. Gabriella ha 33 anni ed è nativa di Acquaviva delle Fonti (Bari) mentre Federico, siciliano, ha 43 anni. Quando si conobbero, quattro anni fa, Federico lavorava presso l’ipermercato “Auchan” a Catania come magazziniere. Non sapeva che la mannaia dell’ingiustizia sociale del capitalismo li avrebbe colpiti e decise persino di acquistare un’auto nuova, una Fiat “Grande Punto”, con rate mensili da 260 euro. L’“Auchan” di Catania, così come è avvenuto a Casamassima (Bari), pretese con un “contratto di solidarietà” di riversare sui lavoratori le spese e i costi per fronteggiare la recessione: lo stipendio di Federico fu quindi ridotto da 1.200 euro mensili a 650. Ciò a quanto pare non bastava visto che l’azienda decise di far “trasferire” i lavoratori in esubero da Catania verso altre sedi come in Puglia. Era evidente l’intento del colosso degli ipermercati di far rescindere il contratto da parte dei lavoratori costretti al trasferimento, vista l’impossibilità per molti di sopportare gli oneri e i costi di uno spostamento in una città distantissima, persino in un’altra regione. Da quando sono stati costretti a “trasferirsi” a Bari, per lavorare a Triggiano, Gabriella e Federico vivono nella Fiat, di cui stanno finendo di pagare le rate, parcheggiata vicino ad una rotatoria nei pressi dell’ipermercato. Federico si alza ogni mattina alle 5,30 e prepara il caffè con un pentolino posato su di un fornelletto da campo. Quando entra a lavoro alle 6, adopera le docce messe a disposizione dei dipendenti mentre la sua compagna cerca di arrangiarsi usando i lavandini. Federico dice di aver chiamato molte agenzie immobiliari ma esse chiedono perlomeno 400 euro mensili per un piccolo appartamento. Gabriella aggiunge: “dobbiamo presentare la busta paga perché ce la chiedono e quando si rendono conto di quanto guadagniamo la casa non ce la danno”. Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI e-mail [email protected] sito Internet http://www.pmli.it Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Editore: PMLI Associato all’USPI ISSN: 0392-3886 Unione Stampa Periodica Italiana chiuso il 8/10/2014 ore 16,00 LAVORO 2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI SCIOPERO GENERALE DI 8 N. 23 - 12 giugno 2014 ORE Giù le mani dall'articolo 18 e dallo Statuto dei lavoratori Abolizione del precariato e assunzione di tutti i precari Rinnovo dei contratti di lavoro del Pubblico impiego Spazziamo via il gove rno del Berlusconi democris tiano Renzi PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it Stampato in proprio IL PROLETARIATO AL POTERE ITALIA UNITA, ROSSA E SOCIALISTA esteri / il bolscevico 15 N. 37 - 16 ottobre 2014 Per libere elezioni e la dimissione del capo del governo locale Rivolta delle masse di Hong Kong La cricca revisionista e fascista di Pechino ricorre a squadracce della mafia cinese per fermare la protesta Il governo e i leader della protesta hanno annunciato il pomeriggio del 5 ottobre l’apertura formale del dialogo fra le parti. L’inizio dei colloqui segna il riconoscimento dei rappresentanti degli studenti da parte del governatore Leung Chun-ying; “governo e studenti si troveranno su un piano di parità” ha spiegato il sottosegretario agli Affari costituzionali, Lau Kong Wa, che ha promesso che “se si troverà un consenso, il governo eseguirà le decisioni”. La sera del 5 ottobre scadeva anche l’ultimatum del governo agli studenti di liberare le strade occupate. L’intesa mette momentaneamente fine a quella che con la partecipazione dei lavoratori mobilitati dai sindacati aveva assunto i caratteri di una rivolta contro l’amministrazione filocinese della regione autonoma. Resta difficile capire quale potrebbe essere l’esito degli incontri a fronte delle posizioni difficilmente conciliabili all’origine della protesta iniziata con la mobilitazione di migliaia di studenti che per due settimane hanno occupato alcune piazze e strade di Hong Kong chiedendo libere elezioni e le dimissioni del governatore. A scatenare la protesta era stato il varo del meccanismo per le elezioni del Capo dell’esecutivo di Hong Kong, previste nel 2017; il dispositivo deciso alla fine di agosto dalla cricca revisionista e fascista di Pechino prevede il suffragio universale per la scelta tra candi- dati selezionati precedentemente da un comitato di 1.200 membri. I membri del comitato saranno nominati per la maggior parte dal governo e dal parlamento cinesi e dall’attuale esecutivo locale. Una decisione che secondo Pechino risponderebbe agli impegni presi l’1 luglio 1997, al momento della restituzione dell’ex colonia britannica alla Repubblica popolare cinese, e riportati nella Legge Fondamentale di Hong Kong; nella Costituzione che concedeva un alto grado di autonomia alla Regione autonoma speciale di Hong Kong (Hksar, che include l’isola omonima, Kowloon, l’isola di Lantau e i Nuovi Territori), abitata da circa 7 milioni di persone e che restava una delle più importanti piazze finanziarie al mondo e diventava anche porta d’accesso privilegiata al mercato cinese. L’ex colonia sarebbe diventata una regione amministrativa speciale, secondo il principio “un Paese, due sistemi”, cioè la zona avrebbe mantenuto il suo sistema economico e istituzionale capitalista, non mutuando quello cinese, fino al 2047, al momento in cui è previsto che la Cina si riprenda a pieno titolo l’area. Erano inoltre previste libere elezioni per la nomina del governatore entro il 2017 e l’elezione del nuovo parlamento locale entro il 2020. Un piano che ha permesso al governo cinese di guadagnarsi il consenso dei capitalisti locali, principali beneficiari Hong Kong. Una delle grandi manifestazioni di piazza contro la cricca revisionista, capitalista e fascista di Pechino del mantenimento dello status quo, garantito anche dal fatto che dalle loro fila arriveranno la maggior parte dei membri del comitato per la valutazione dei candidati a governatore. L’8 settembre gli studenti di almeno 14 università e college di Hong Kong annunciavano uno sciopero di una settimana alla fine del mese per ottenere “un vero suffragio universale” denunciando la farsa delle “libere elezioni”. L’iniziativa di lotta partiva il 22 settembre organizzata dalla Federazione degli studenti e da altri gruppi studenteschi con manifestazioni e l’occupazione di alcune delle arterie più importanti della città nei quartieri di Admiralty e Mong Kok. Alla mobilitazione partecipava successivamente Occupy Central, l’organizzazione nata nel 2003 che pure aveva per prima proposto l’occupazione del distretto degli affari e della politica della città se le elezioni del 2017 non fossero avvenute in base a un metodo “autenticamente democratico”. I manifestanti tenevano la piazza anche quando il governatore Leung Chun-ying spediva la polizia a attaccare i presidi degli studenti. Quello nel quartiere di Admiralty era difeso dalle ripetute cariche della polizia che aveva tentato di disperdere gli studenti attaccandoli con gas lacrimogeni e spray urticanti; quello nel quartiere di Mong Kok era difeso dagli attacchi di squadracce legate alla mafia cinese. Dopo gli scontri che provocavano almeno 18 feriti a Mong Kok la polizia comunicava di aver arrestato una ventina di per- sone fra le quali otto membri delle “triadi” cinesi, le organizzazioni mafiose mobilitate da Pechino per soffocare la protesta. Il tentativo di repressione della polizia e le aggressioni delle squadracce sortivano l’effetto opposto, richiamando altri manifestanti nei presidi difesi dagli studenti a sostegno delle loro richieste. Fino alla decisione della Hong Kong Confederation of Trade Unions, il sindacato che si contrappone al filocinese Federation of Trade Unions, di mobilitare le 21 sigle sindacali di settore che si raccolgono sotto la confederazione, alcune delle quali come quella degli insegnanti e dei lavoratori della Coca Cola avevano già proclamato degli scioperi. Il 4 ottobre il governatore Leung alzava il tiro e lanciava un ultimatum ai manifestanti; dovevano porre fine al blocco delle strade principali entro il 5 ottobre per liberare l’accesso alle sedi governative e consentire la riapertura delle scuole altrimenti il governo e le forze di polizia avrebbero preso “tutte le misure necessarie per ristabilire l’ordine sociale”. Esibiva il bastone e sventolava la carota del riconoscimento formale dei rappresentanti studenteschi e l’apertura di un tavolo di confronto. La protesta però non smobilitava completamente con centinaia di studenti e membri di Occupy Central che rimanevano nei presidi di Admiralty e Mong Kok. Firmato da Xi e Modi in India Il presidente cinese Xi Jinping e il premier indiano Narendra Modi, eletto lo scorso maggio, hanno firmato il 18 settembre una serie di accordi di cooperazione economica e commerciale che nelle intenzioni delle due superpotenze imperialiste asiatiche punta a migliorare la collaborazione economica fra i due paesi. L’accordo principale prevede fra l’altro un investimento cinese di 20 miliardi di dollari in cinque anni e nelle intenzioni di Delhi avrebbe l’obiettivo di riequilibrare la bilancia commerciale tra i due paesi; la Cina è il più grande partner commerciale dell’India ma l’interscambio commerciale, stimato intorno ai 66 miliardi di dollari nel 2013, è notevolmente sbilanciato a vantaggio di Pechino che registra circa 35 miliardi di dollari di attivo. Per ridurre il disavanzo Modi vorrebbe facilitare l’accesso di compratori cinesi nel mercato ortofrutticolo e dei medicinali a basso costo indiano e aumentare le esportazioni di servizi per il terziario e il software. Intanto gli investimenti cinesi andranno a potenziare le infrastrutture indiane, in particolare le ferrovie, ma strategicamente importante è Accordo di cooperazione economica e commerciale tra Cina e India la promessa di Pechino di aprire il dialogo con Delhi per una partnership nell’utilizzo del nucleare civile in India; al momento Delhi si appoggia sugli Usa e i suoi alleati come l’Australia con la quale ha stipulato un accordo di fornitura di uranio. Uno degli accordi economici sottoscritti prevede la partecipazione di capitalisti cinesi nella costruzione di due nuovi poli industriali negli Stati di Maharashtra e Gujarat, finanziati in parte dalle casse di Pechino. Una decina di accordi riguardano lo sviluppo di scambi culturali, borse di studio, facilitazioni nel rilascio di visto cinese per i pellegrini buddhisti indiani e per turismo. I due leader hanno discusso anche di come migliorare la cooperazione nel settore energetico e in quello aerospaziale. L’incontro tra i due leader è avvenuto a Ahmedabad, nello Stato del Gujarat, di cui Modi è stato primo ministro tra il 2001 e il 2014 facendolo diventare uno dei gioielli del “miracolo economico” indiano; il modello gujarati è basato sugli incentivi agli investimenti dei capitalisti stranieri fra i quali spicca il via libera a violare le leggi a tutela dei lavoratori e dell’ambiente. Musica per le orecchie dei capitalisti cinesi che potranno sentirsi come a casa loro. Secondo la rivista Forbes, Ahmedabad è stata nel 2010 la terza metropoli al mondo per rapidità di crescita economica, dopo le cinesi Chengdu e Chongqing e l’Economist ha soprannominato il Gujarat il “Guangdong indiano”, paragonandolo a una delle regioni alla base del “miracolo economico” cinese. Miracoli costruiti sul supersfruttamento dei lavoratori e sul mancato rispetto dell’ambiente; non è un caso quindi che i due leader abbiano boicottato il vertice Onu sul clima a inizio settembre. Secondo fonti indiane Xi e Modi avrebbero affrontato a porte chiuse, con promesse di risolvere rapidamente, la questione della contesa aperta sulla posizione della Line of actual control (Lac, nella sigla inglese), la linea di confine che separa ufficialmente e provvisoriamente Cina e India lungo la catena himalayana. Altri temi sono attualmente più importanti nelle due capitali. La visita di Xi in India è avvenuta a meno di due settimane dalla conclusione di quella di Modi in Giappone che era stata salutata come un evento importante per il consolidamento dell’asse DelhiTokyo quale diga all’avanzata delle ambizioni egemoniche regionali e non solo di Pechino. Un asse basilare della politica dell’imperialismo americano di contenimento in Estremo oriente della principale concorrente imperialista. Senza contare che la Cina è alleata del Pakistan, il vicino antagonista dell’India. Cina e India hanno anche progetti economici e egemonici concorrenziali. Delhi sta sviluppando il progetto Mausam che dovrebbe fare dell’India il fulcro del commercio marittimo nell’Oceano Indiano, per controllarlo, tra i paesi dell’Africa Orientale, la penisola arabica e il Sud Est Asiatico; Pechino è impegnata nello sviluppo della Silk road economic belt, la cosiddetta nuova via della seta che segue le orme delle rotte commerciali che anticamente collegavano la Cina all’Europa e si compone di un percorso terrestre e uno marittimo. Il secondo parte dalle coste cinesi e passa dai porti indiani per approdare nel Mar Mediterraneo. Ha bisogno di un’intesa con Delhi e se la può giocare dall’alto della sua supremazia economica. A Tokyo, dal vertice col primo ministro Shinzo Abe, Modi ha portato a casa accordi che prevedono investimenti nel suo paese pari a 37 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni, 17 in più di quanto stabilito con la Cina di Xi. Pare evidente che Modi pensi a giocare una partita anche per conto proprio, per dare all’emergente imperialismo indiano un ruolo di peso almeno nel continente asiatico e per questo non può prescindere da accordi con il vicino cinese. Che gli possono aprire numerose porte; la prima è quella della Shanghai Cooperation Organization (Sco), l’organizzazione regionale della quale fanno parte Cina, Russia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan e Uzbekistan. L’India ha lo status di osservatore e recentemente ha ufficializzato la richiesta di diventarne membro permanente; una richiesta che Xi nell’incontro a Ahmedabad ha promesso di sostenere. Grave accusa di una ex funzionaria licenziata della Banca americana “La Fed era succube di Goldman Sachs” Una nuova prova che nei paesi capitalistici comandano l’alta finanza, le banche e le borse, e i governi borghesi eseguono la loro volontà L’esplosione del crac finanziario, un crac definito allora sistemico, che nel 2008 ha dato il via alla persistente crisi economica, mise tra l’altro in evidenza il fatto che grandi banche e società finanziarie avevano potuto operare fino al giorno prima del fallimento senza che nessuno dei diversi controllori avesse lanciato alcun allarme e men che mai adottato azioni per fermare la loro corsa verso il baratro. Incapacità o connivenza? Fra i primi chiamati in causa quantomeno per “disattenzione” fu la Federal Reserve americana, la banca centrale che ha anche i compiti di vigilanza sugli istituti di credito, i cui organismi assistettero alla bancarotta della Lehman Brothers responsabile di frodi su una scala gigantesca. Ma non ci furono conseguenze per i capi della Fed, anzi uno dei colpevoli della mancata vigilanza, Timothy Geithner, sarebbe stato poco dopo promosso da capo della Fed di New York a ministro del Tesoro della prima Amministrazione Obama. E la ragione di tale comportamento della Fed è stata denunciata recentemente da una ex funzionaria licenziata dalla Banca americana che ha fornito una serie di registrazioni a sostegno della sua accusa, quella che la Fed era succube di grandi banche e società finanziarie, nello specifico della denuncia era succube della Goldman Sachs. La Goldman Sachs Group è una delle più grandi banche d’affari del mondo e si occupa principalmente di investimenti bancari e azionari, fornisce servizi di consulenza su piani di acquisizione e fusione fra aziende, su sottoscrizioni di titoli di debito e di altri servizi finanziari; i suoi clienti sono prevalentemente grandi multinazionali e governi. È anche autorizzata al piazzamento di titoli di debito del Governo americano. È stata una degli importanti finanziatori della campagna presidenziale di Obama del 2008. I rapporti con l’amministrazione Usa sono ben più solidi a partire dal fatto che ex dirigenti o ex consulenti della banca sono diventati Segretari al Tesoro statunitensi come Robert Rubin nella seconda metà degli anni ’90 e Henry Paulson passato dalla poltrona di amministratore delegato della banca, occupata dal 1999 al 2006, alla poltrona governativa dal 2006 al 2009 sotto l’amministrazione Bush. Dalla Goldman e Sachs è passato tra gli altri il Governatore della Banca centrale europea Mario Draghi, ex vicepresidente per l’Europa dal 2002 al 2005; hanno avuto rapporti sia l’ex Presidente del consiglio italiano Mario Monti che quello della Grecia Lucas Papademos chiamati entrambi nel 2011 a “salvare” i due paesi travolti dalla crisi economica. Il successore di Geithner alla testa della Fed di New York aprì un’indagine su quello che non aveva funzionato nell’organismo di controllo, la cui conclusione fu che la “cultura della Fed” era troppo “deferente e rispettosa” verso banche e società che avrebbe dovuto controllare, timorosa verso i padroni di Wall Street. Nel 2011 il settore di vigilanza della sede della Fed di New York venne potenziato con l’assunzione di nuovi ispettori. Fra questi la funzionaria cui venne affidata la pratica Goldman Sachs ma che dopo soli sette mesi di lavoro venne cacciata perché non accettava di seguire il metodo di lavoro imposto dai capi, metodo servile verso clienti facoltosi e operazioni bancarie non del tutto trasparenti. Fra i metodi non accettati quello della sudditanza verso la banca che avrebbe dovuto controllare. Il comportamento complice dei controllori della Fed sulla controllata Goldman Sachs è dimostrato dalle molte ore di registrazioni di riunioni interne raccolte dalla funzionaria dove i dirigenti della Fed definiscono “shadowy”, cioè torbidi, alcuni comportamenti di Goldman Sachs ma non muoveranno un dito neanche per chiedere un chiarimento. La stessa politica dello struzzo, che nasconde la testa sotto terra per non vedere, dell’amministrazione Obama. La denuncia della ex funzionaria licenziata dalla banca, resa nota da un’inchiesta pubblicata il 26 settembre scorso dal gruppo di giornalismo investigativo ProPublica e raccontata nella trasmissione radio This american life, sulla National Public Radio (Npr) americana, fornisce intanto una nuova prova che nei paesi capitalistici comandano l’alta finanza, le banche e le borse. E che i governi borghesi eseguono le loro volontà. l i e r a i d u St o m s i x r ma o m s i n i len o r e i s n e p o a di M di Giovanni Scuderi Comprovato in tutte le situazioni nei cinque continenti e verificato in mille e più battaglie, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è una potente arma, ma se non lo si studia e non lo si applica è un’arma scarica, da museo. Tutti i rivoluzionari italiani, specie i marxisti-leninisti, hanno perciò il dovere di studiarlo e applicarlo. Più a fondo andranno in questo studio, più contributi apporteranno alla nobile causa del socialismo. Non bisogna mai stancarsi di studiarlo e ritenere di conoscerlo a sufficienza. C’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire e poi c’è bisogno di tenerlo fresco nella memoria. Non potremo mai avere una concezione proletaria del mondo se non studiamo e applichiamo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Anche se fossimo dei bravi organizzatori, oratori, trascinatori, scrittori ma non studiamo e applichiamo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao non faremo nemmeno il solletico alla borghesia e ai falsi amici del proletariato e delle masse. Gli operai coscienti, avanzati e combattivi, in primo luogo, devono studiarlo perché essi devono essere la testa e la colonna vertebrale del Partito, coloro che devono dirigere anche la lotta ideologica all’interno e all’esterno del Partito. Studiare costa tempo, fatica e rinunce, specie agli operai e ai lavoratori che concludono la giornata spremuti come limoni dai capitalisti. Eppure bisogna studiare, costi quel che costi per essere sempre in prima linea nella lotta di classe e con posizione d’avanguardia marxiste-leniniste. Le opere dei nostri maestri riempiono decine e decine di volumi, 44 soltanto per Lenin, è quindi molto difficile riuscire a leggerle tutte. Il nostro Partito ne ha selezionate cinque, ritenendole fondamentali per trasformare il mondo e se stessi. Esse sono: Marx ed Engels “Il manifesto del Partito comunista”, Lenin “Stato e rivoluzione”, Stalin “Principi del leninismo” e “Questioni del leninismo”, Mao “Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo”. Queste opere sono state ristampate dal PMLI. Tutti i rivoluzionari, cominciando dai massimi dirigenti del PMLI, dovrebbero tenere bene a mente questa esortazione di Mao: “Dobbiamo scuoterci e studiare facendo duri sforzi. Prendete nota di queste tre parole: ‘fare’, ‘duri’, ‘sforzi’. Bisogna assolutamente scuoterci e fare duri sforzi. Adesso alcuni compagni non ne fanno e alcuni impiegano le energie che restano loro dopo il lavoro soprattutto per giocare a carte o a mahiong e per ballare: questa, secondo me, non è una buona cosa. Le energie che restano dopo il lavoro dovrebbero essere impiegate soprattutto nello studio, facendo in modo che diventi un’abitudine. Che cosa studiare? Il marxismo e il leninismo, la tecnologia, le scienze naturali. Poi c’è la letteratura, soprattutto le teorie artistico-letterarie: i quadri dirigenti devono intendersene un po’. C’è il giornalismo, la pedagogia, discipline, anche queste, di cui bisogna intendersi un po’. Per farla breve, le discipline sono molte e bisogna almeno farsene un’idea in generale. Dobbiamo dirigere queste faccende, no!? Gente come noi in che cosa è specialista? In politica. Come possono andare bene le cose se non capiamo niente di queste faccende e non ci mettiamo a dirigerle? (Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione, [9 ottobre 1957], in Rivoluzione e costruzione, Giulio Einaudi Editore, p. 680). Giovanni Scuderi, “Mao e le due culture” discorso pronunciato il 16 settembre 2001 a Firenze per il XXV Anniversario della morte del grande maestro del proletariato internazionale, in Giovanni Scuderi Opuscolo n. 9, pagg. 67-69, www.pmli.it/scuderimaoeledueculture.htm