LA DIDATTICA NEL PENSIERO DI GINO CORALLO Giuseppe Zanniello* Or, se le mie parole non son fioche E se la tua audienza è stata attenta, Se ciò ch’è detto alla mente revoche (Par, XI, 133-135)1 Gino Corallo è molto noto come studioso di Pedagogia (ha pubblicato le sue principali opere tra il 1949 e il 1988) ; invece sono meno noti gli esiti della sua ricerca in campo didattico . Nel suo quadro epistemologico, la Didattica occupa il posto di un sapere strettamente connesso con la Pedagogia perché, pur non avendo l’educazione come proprio oggetto, essa si occupa di un oggetto esistenzialmente presente insieme al fatto educativo: il processo di insegnamento-apprendimento; è tale l’importanza che egli attribuisce alla Didattica che arriva a dire che non ci può essere educazione senza didassi. E’ possibile enucleare dalla produzione scientifica di Corallo una concezione della Didattica coerente con la sua Pedagogia ? La mia risposta è positiva ; ma per la sua giustificazione occorre prima ricordare qual era la Gnoseologia di Corallo, scienza-fonte remota della Didattica Generale, e qual era la sua Pedagogia Generale , un sapere strettamente connesso per un motivo esistenziale alla Didattica Generale. Una volta chiariti i presupposti filosofici e pedagogici del pedagogista siciliano, si potrà comprendere meglio, secondo me, il contributo offerto dalla Psicologia dell’apprendimento e dalle sperimentazioni in campo scolastico alla costruzione dei principi metodologici della Didattica come scienza, che furono enunciati da Corallo con largo anticipo rispetto al momento in cui , in Italia, la Scienza Didattica ha ottenuto pieno riconoscimento accademico . I principi della didattica coralliana sono distribuiti negli scritti che saranno citati nel corso dell’esposizione. Per una iniziale visione di insieme, giova comunque considerare che Corallo ha riassunto il suo punto di vista sul concetto, la natura e le divisioni della Didattica nel quarto paragrafo del quarto capitolo del primo volume del suo trattato pedagogico, che fu pubblicato dalla S.E.I. nel 19612, precisamente alle pagine 301-311. Si tenga ugualmente presente che la sua riflessione didattica si radica nella sua esperienza di insegnante nei licei salesiani tra il 1931 e il 1946; come pure è chiaro che essa si è alimentata con lo studio di tutte le opere di Dewey3 Professore Ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale preso l’Università degli Studi di Palermo 1 Gino Corallo era solito citare questa terzina dantesca per enunciare le condizioni essenziali di un rapporto didattico capace di attivare la riflessione personale dell’allievo: chiarezza espositiva del maestro , attenzione nell’ascolto ed esercizio della memoria da parte dell’allievo. 2 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I:L’educazione.Problemi di pedagogia, Roma, Armando, 2010, pp. 511. Prima edizione : S.E.I.,Torino, 1961. Dopo il 1972 l’opera non era stata più ristampata; in occasione del centenario della nascita del pedagogista siciliano, l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana ne ha finanziato la ristampa anastatica accompagnata da un breve profilo bio-bibliografico 3 Corallo riconobbe a J. Dewey, più che le attuazioni pratiche, la fondazione teorica che egli diede al movimento “progressivo” delle “scuole nuove”, sulla base del suo strumentalismo pragmatista; secondo Corallo, le sue idee hanno certamente ispirato il movimento innovatore delle scuole in America e in Europa almeno tra il 1910 e il 1930 circa. Gli esiti delle ricerche di Corallo su Dewey sono contenuti in : La pedagogia di Giovanni Dewey, S.E.I. , Torino, 1950, pp.L-558; “Le basi pragmatistiche della pedagogia di Giovanni Dewey”, in Pedagogia e Vita, 1956, ott.-nov., pp.2332; Dewey, Brescia, La Scuola, 1957; “Strumentalismo e funzionalismo: Dewey, Claparéde e Piaget”, in AA.VV., Questioni di Storia della pedagogia, Brescia, La Scuola, 1963, pp. 833-860; “L’educazione intellettuale secondo Dewey”, in Pedagogia e Vita, 1969, 4, pp.475-489.“John Dewey e la sua scuola”, in AA.VV. Nuove questioni di storia della pedagogia,Brescia, La Scuola, 1977 , vol. III, pp. 313-380. 1 realizzato tra il 1947 e il 1950- e con la visita, fatta nel 19524, alle scuole statunitensi su cui espresse un giudizio complessivamente positivo. “Il “metodo dell’esperienza”, che ha trasformato la scuola americana in un immenso laboratorio sperimentale, non si è contenuto, com’è avvenuto altrove, nei limiti di un puro dilettantismo, ma si è inserito come parte integrante dello stesso programma e della “filosofia” della scuola, che va aggiornando, di semestre in semestre, i suoi metodi e suoi programmi secondo i risultati dell’esperienza provocata e controllata. Questo sia detto senza voler obliare i difetti di questa stessa sperimentazione, lasciata spesso all’arbitrio di singole scuole o di singoli insegnanti e condotta anche in campi, già sufficientemente esplorati, dove la sua utilità è per lo meno discutibile”5 . La stesura del libro, Idee e fatti nelle scuole d’America, richiese due anni di lavoro perché Corallo rielaborò una quantità immensa di materiale bibliografico e documentale raccolto durante il soggiorno americano, -che poi lasciò in dono all’Università di Bari- e di relazioni da lui stese al termine di ciascuna visita ad istituzioni scolastiche. Ne venne fuori un’opera sistematica sulle idee (filosofiche, pedagogiche e didattiche), sull’organizzazione e sulla vita della scuola statunitense nei primi anni del quinto decennio del ventesimo secolo. Esso costituisce ancora oggi un punto di partenza fondamentale per chi voglia studiare come si è evoluta la scuola americana nel cinquantennio successivo fino ai nostri giorni. In Idee e fatti nelle scuole d’America sono contenuti in nuce molte idee sulla natura, l’oggetto e il metodo della Didattica, che Corallo sviluppò negli anni successivi e che esporrò tra poco. Inoltre, secondo me, da questo studio Corallo trasse ispirazione anche per avanzare, tra il 1955 e il 1975, delle proposte precise per migliorare la qualità della scuola italiana, come si può ricavare dalla ricostruzione dei suoi interventi scritti e orali in quel ventennio: la democraticità effettiva;il decentramento amministrativo; l’autonomia pedagogica del singolo istituto scolastico; l’essenzialità dei programmi ministeriali, la loro flessibilità e integrazione con attività liberamente scelte dallo studente; il diritto di promuovere e gestire scuole da parte di privati con finalità pubbliche; la collaborazione sistematica tra scuola e famiglia; la pari attenzione all’individualizzazione e alla socializzazione nell’insegnamento; la funzione orientativa e tutoriale dell’insegnante; la programmazione didattica con il metodo delle “unità del sapere”; la costruzione di prove oggettive di profitto da parte dell’insegnante; e, soprattutto, l’attivismo come principio ispiratore dell’intera scuola e non solo come organizzazione di alcune attività giustapposte ad una prassi scolastica che vede l’alunno come passivo ricettore ed esecutore. Una sintesi del libro precedente e un’ampia riflessione sulla “scuola progressiva” (meglio nota in Europa come “scuola attiva” perché nel nostro continente il movimento delle “scuole nuove” ha preso il nome di “attivismo”) , nel suo sorgere (anni ottanta del XIX secolo) e nei suoi sviluppi fino al 1958, fu pubblicata con il titolo, La didattica moderna negli U.S.A6 .Il libro non fu scritto solo con l’intento storico ma principalmente con l’intento di cogliere gli aspetti fondamentali della didattica moderna, per fare “cosa utile a coloro che si occupano della teoria e della pratica della scuola, anche per aver presentato delle idee, che, dovunque siano nate (e tutti sanno che sarebbe errato parlato di una esclusività americana in questo campo), diventate ora di comune dominio, 4 Nel 1955 pubblicò presso le edizioni Hermes di Salerno, Idee e fatti nelle scuole d’America ,dove in oltre cinquecento pagine non solo riferisce quello che aveva visto in circa ottanta scuola di 14 Stati degli USA durante nove mesi di soggiorno americano, nell’anno 1952, ma anche le concezioni didattiche allora di moda negli Stati Uniti d’America. La visita lo impressionò positivamente ma non mancarono i rilievi critici. 5 G. CORALLO, Idee e fatti nelle scuole d’America, Salerno, Hermes, 1955, pp. XXIV-504 (rilevato dalla S.A.I.E. di Torino), p. IX 6 G. CORALLO, La didattica moderna negli U.S.A., Brescia, La Scuola, 1958, pp. 192. 2 possono, se ben vagliate e comprese, arricchire, approfondire e migliorare inestimabilmente la pratica dell’insegnamento.”7 Successivamente, nel suo trattato di Pedagogia (il primo volume fu completato nel 1960 e il secondo nel 1966, anche se la prima edizione di entrambi è dell’anno successivo) affrontò , con una visione di insieme, le tematiche della Didattica come scienza. L’interesse per la Didattica fu costantemente presente nel suo itinerario di ricerca di tutto ciò che potesse migliorare la qualità dell’educazione. Per esempio, negli anni settanta del secolo scorso seppe individuare i vantaggi e i rischi dell’istruzione programmata,offerta allora dalle “macchine per insegnare”; pertanto incoraggiò i giovani studiosi a occuparsi delle potenzialità educative di quelle che oggi denominiamo “tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento”. 1. La Gnoseologia Prima di esporre il pensiero di Corallo sulla Didattica , per inquadrarlo nella giusta prospettiva, bisogna considerare inizialmente la sua teoria della conoscenza, che egli espose sistematicamente nelle pagine 35-44 del primo volume del trattato di Pedagogia e nelle pagine 33-57 del volume , Il lavoro scientifico. Fondamenti e metodi, edito nel 19668. La premessa mi sembra doverosa perché ritengo che la Didattica, come scienza del processo di insegnamento-apprendimento, sia strettamente collegata con la Gnoseologia, nel senso che , a seconda di come si ritiene che l’uomo conosca o non conosca la verità, si costruiscono diverse teorie circa il modo con cui si ritiene possibile aiutarlo a conoscere meglio. Mi sembra di poter affermare che, se si “legge” il panorama scientifico contemporaneo con uno sguardo, insieme filosofico e didattico, non è difficile notare come da diverse teorie della conoscenza derivino, di fatto, diverse teorie didattiche; anche se bisogna riconoscere che non sempre i didatti esplicitano le loro teorie gnoseologiche di riferimento. Il problema della conoscenza umana , in Corallo, è centrale ed è affrontato in termini di rapporto fra verità e pensiero ,in opposizione sia all’idealismo gentiliano sia al neopositivismo, che egli preferiva denominare “fisicalismo” per sottolineare l’erroneo tentativo di estendere a tutte le scienze il metodo della Fisica. “La verità è, in un certo senso, sempre nuova: il suo apparire alla mente di chi la trova non dovrebbe mai avvenire senza quel brivido di emozione e di meraviglia che indica, con la commozione del soggetto, la sua attiva partecipazione, il suo attivo prendere parte alla costruzione della verità. […] La curiosità intellettuale è la freschezza e la gioia della meraviglia, freschezza e gioia che nascono solo, come si è detto, dall’attiva partecipazione del soggetto alla situazione di “verità”. Questo non significa che la verità sia riducibile tutta a un fatto soggettivo, o a una pura creazione da parte del soggetto, rispetto a una relazione situazionale. […] Qui ci interessa sottolineare il fatto che la ricerca, o anche la trasmissione, della verità non possono avvenire senza che il soggetto, o i soggetti, in essa impegnati si pongano come attivi co-autori della verità stessa. Questa, si è detto, non perde così il suo carattere oggettivo, non diventa la “mia” verità, ma diventa – inconfutabilmente – una verità mia.”9 Già da questo brano si può ricavare il principio ispiratore della Didattica coralliana: l’attiva partecipazione dell’allievo nella scoperta della verità racchiusa nel reale, con l’aiuto del suo maestro cui spetta il compito di stimolare la curiosità intellettuale, la passione per la ricerca e l’acquisizione di un metodo di studio personale da parte dell’ alunno . Di conseguenza, qualsiasi modello didattico 7 Ibid., pag. 6. G. CORALLO, Il lavoro scientifico. Fondamenti e metodi, Bari, Adriatica, 1966. 9 Ibid., pagg. 26-27. 8 3 puramente trasmissivo e ripetitivo viene implicitamente dichiarato contrario alla crescita dell’alunno in libertà e in responsabilità personale10. Dal modo con cui si risolve il problema gnoseologico dipende il modo con cui si costruisce la scienza didattica; a volte si trascura questa considerazione e si fa derivare la Didattica solo dalla Psicologia evolutiva, sociale, dell’apprendimento o della personalità. La Psicologia è certamente una “scienza fonte” della Didattica perché induce il ricercatore a considerare anche gli aspetti “fattuali” dell’apprendimento nelle diverse fasi e nei diversi contesti della vita umana; ma insieme ad essa , nella costruzione della scienza didattica occorre considerare anche il “significato” dell’apprendimento umano. A sua volta questa “trascuratezza” conduce, secondo Corallo, allo sganciamento della Didattica dalla Pedagogia come se il modo con cui si impara non influisse sulla crescita o meno dell’ “umanità” nell’essere umano. 1.1 La magistralità nel processo conoscitivo La lettura del brano appena riportato induce a considerare che chi sa qualcosa e desidera insegnarla a un altro, che la vuole apprendere, deve consentirgli di provare a sua volta la gioia di scoprire, con un percorso personale, quello che lui già sa. Se il maestro vuole che l’allievo scopra autonomamente quello che lui ha già acquisito, quando insegna deve in primo luogo rivivere in se stesso il processo che lo portò a conquistare personalmente quella verità: mentre insegna, piuttosto che ricordare e ripetere qualcosa che un giorno apprese, deve preoccuparsi di pensare ad alta voce percorrendo un cammino intellettuale che lo porti a scoprire nuovamente la verità nascosta nell’oggetto di studio. Si nota subito , quando parla, se un insegnante riflette ad alta voce, modulando la sua esposizione in base ai segnali di comprensione provenienti dai suoi allievi, oppure se ripete quello che ricorda pur curando di farsi comprendere dagli ascoltatori. Per i sostenitori della pedagogia della libertà, l’alunno ha diritto di assistere ogni volta allo svelamento dell’essere davanti agli occhi interiori del suo maestro (è questo il momento più alto dell’insegnamento); ha bisogno di fare questa esperienza per entusiasmarsi a intraprendere il cammino che porterà anche lui a conquistare la verità che il maestro l’ha incoraggiato a cercare con passione e metodo. La professionalità del docente consiste certamente nell’aggiornamento continuo del proprio sapere scientifico-disciplinare; ma consiste altresì nel farsi carico del diverso modo di apprendere dell’alunno nelle varie fasi del suo sviluppo, al fine di preparargli le condizioni adeguate che gli consentano di scoprire a sua volta, mediante un percorso personale di studio, la “verità che c’è nelle cose”. La gioia che brilla negli occhi dei maestri quando rendono partecipi gli allievi delle scoperte fatte dopo un duro lavoro di osservazione sistematica, di raccolta di informazioni attendibili, di ragionamento logico e di intuizione; la loro appassionata ricerca della verità; il divertissement intellettuale che provano nel rendere manifesto ciò che è racchiuso nella realtà; tutto ciò genera negli allievi ,per contagio spirituale, il desiderio di conoscere sempre più e sempre meglio. Con Corallo possiamo affermare che ogni alunno ha il diritto di diventare un ricercatore, uno scopritore di verità sapendo padroneggiare un metodo di lavoro intellettuale che non si limiti alla rilevazione il più possibile oggettiva dell’”esserci” delle cose ma che gli consenta di scoprirne il 10 Anche in M.T. MOSCATO (“Fare la verità”. Don Gino Corallo pedagogista salesiano, Messina-Torino, Coop. S. Tom.-Elledici, 2008, p. 53) ricava questa implicazione didattica dalla gnoseologia di Corallo: “E come la conoscenza è fondamentalmente ‘interpretazione’ di un soggetto umano, la trasmissione didattica della verità, quindi, non saraà mai una pura e semplice riproduzione:da questa prima intuizione qualsiasi modello didattico puramente, e intenzionalmente, trasmissivo viene dichiarato inefficace , ed allo stesso tempo illegittimo”. 4 “significato” profondo. L’insegnante non si può accontentare che l’allievo sappia fare l’ inventio precisa e rigorosa dei dati di realtà ma deve ottenere che li sappia interpretare, li sappia “far parlare” mediante collegamenti che sono in re ma che solo l’intelletto umano può cogliere, svelare e proporre agli altri membri della comunità umana. La mediazione didattica consiste proprio nell’aiuto che il maestro fornisce all’allievo, quando si avvicina con interesse e partecipazione personale all’oggetto di studio, a costruirsi le categorie interpretative dei fenomeni che osserva in modo diretto o indiretto11. 1.2 La scoperta personale della verità Sorretto da una concezione armoniosa del rapporto tra Fede e ragione, Corallo è fiducioso che quando l’insegnante avvia gli allievi alla ricerca del “vero”, facilita il loro incontro con Dio con maggiore probabilità di quando fa loro memorizzare, ripetere e applicare delle verità scoperte da altri. “La ricerca è un servizio che si rende alla verità: e poiché questa dipende, in una certa misura, da noi, il nostro lavoro deve essere compiuto con riverenza, seppure con coraggio. […] Il primo servizio da rendere alla verità è quello di farla esistere. E siccome la verità esiste solo nella mente (ché in tanto le cose possono dirsi vere in quanto c’è una mente che le pensi) si vede subito come lo studio del reale e la conquista conoscitiva del mondo siano una vera produzione di verità. Sono anche sostanzialmente un atto di religione: perché Dio ci ha squadernato davanti le cose (che sono da noi intelligibili, cioè possono diventare verità nostre), e ci ha dato l’intelletto, capace di produrre la verità, proprio affinché noi conoscessimo le cose, compissimo, in un certo modo, in quanto è da noi, l’opera della creazione. […] Si può parlare di una ri-creazione del mondo, da parte dell’uomo, a mano a mano che esso lo conosce. E’ ovvio […] che il mondo già esiste, e quindi è “vero”, antecedentemente e indipendentemente dalla conoscenza dell’uomo, per il motivo che esso è “pensato” da Dio, è già in relazione ad una Mente, quella Divina in questo caso, che lo fa “esistere”, e in rapporto alla quale esso è anche vero”. […] Si può quindi asserire che le cose hanno una nostra verità, una verità umana, in quanto essa è data dalla mente umana che le conosce. […] Ne segue che le cose hanno quel tanto di verità umana quanta gli uomini loro ne danno; in particolare, per me, il mondo ha tanto di verità quanta io gliene do (conoscendolo nella sua esistenza oggettiva, per cui è legato alla mente e alla verità di Dio) .12 Per Corallo l’uomo non inventa la realtà , nel senso che le cose non dipendono dalla nostra conoscenza di esse, ma è parimenti innegabile che il pensiero umano arricchisce la realtà. Risulta fondamentale, per comprendere Corallo, tenere ferma la distinzione tra l’esistenza di un oggetto e l’esistenza della verità di quell’oggetto; nel secondo caso è necessario il lavoro dell’intelligenza umana . La “verità” di un oggetto è generata all’esistenza dalla mente umana che partecipa al suo “farsi”, per quanto il suo fondamento ontologico permanga nel pensiero divino. Come sarebbe errato concludere che per, Corallo, l’esistenza e la verità ontologica e costitutiva delle cose dipendono dal nostro intelletto, parimenti lo sarebbe “dedurre che la conoscenza nostra non modifichi il mondo: lo modifica tanto che lo ri-crea (e cioè lo fa cominciare ad esistere) per noi. [ … ] Far esistere la verità è dunque uno dei più nobili compiti dell’uomo: il primo, in ordine di tempo, perché solo dopo che la verità si è creata in noi, noi possiamo amarla e quindi diffonderla. Ma la verità, che [...] aspetta la nostra opera per essere - e per essere in noi - , non può diventare “nostra” nel senso meschino che noi, oltre a darle l'esistenza (che, ripetiamo, da noi dipende), 11 Mi riferisco al fatto che a scuola l’alunno non può imparare tutto dall’esperienza personale diretta, come sarebbe auspicabile; spesso si ricorre ai sussidi didattici e alle simulazioni, che consentono di fare esperienze indirette ma pur sempre –almeno così dovrebbe essere- personalmente significative. 12 Ibid., pagg.50-51. 5 potessimo quasi foggiarla a nostro gusto, darle anche noi, interamente, il significato. Questo è affare di Dio. [...] Ora noi, con la nostra conoscenza delle cose, diamo alla verità il suo esistere, giacché essa non sarebbe senza il nostro conoscere; ma non le diamo l'essenza, il significato. [...] Si stia ben attenti a non confondere l'essere della verità, che da noi dipende, con l'essere delle cose, che ci è dato. Ed è appunto questo essere delle cose che da significato alla nostra verità."13 Insomma, c’è “una compartecipazione di soggetto e oggetto nella situazione di verità”14 . La Gnoseologia di Corallo si ispira ad alcuni principi di San Tommaso ed è molto distante sia dall’idealismo, che concepisce il pensiero come la sede della verità (umana, particolare) delle cose e come dialetticamente identificantesi con tutte le cose; sia dal pragmatismo, che concepisce sì il pensiero come un fattore di modificazione delle cose nello scambio interattivo con esse ma che, secondo le sue premesse filosofiche, non riconosce nessuna consistenza ontologica alle cose. Concordo con M.T. Moscato15 nel dire che, “sul piano gnoseologico Corallo si considerava fondamentalmente un realista, precisando subito dopo che il suo non era certo un realismo "ingenuo", quindi né "positivo" o “empirico”, né "storicista". […] Sul tema del rapporto fra pensiero e verità, un altro interlocutore ideale, questi assai meno citato, ma spesso implicitamente presente, l’avversario intellettuale da contestare e da sconfiggere, restò sempre Giovanni Gentile. Ed infine era costante il riferimento polemico a John Dewey, che, con scandalo della comunità pedagogica italiana, Corallo definiva sempre un grande pedagogista “nonostante la sua filosofia”.” Per Corallo, quindi, “il pensiero è una realtà. E’ anzi l’unica realtà con la quale noi veniamo inizialmente e immediatamente a contatto cosciente, apprendendola come quella realtà che rappresenta in noi l’atto di conoscenza di tutta quanta la realtà: e del pensiero stesso, e di tutti quanti gli esseri che, in questo senso, potremmo chiamare “esterni” al pensiero”16. Per le sue conseguenze in campo didattico, è molto importante ricordare che per Corallo il pensiero è lo strumento che l’uomo ha disposizione per conoscere la realtà, per scoprire la verità che c’è nelle cose e non per inventarla né individualmente né socialmente; il pensiero “è, anche e soprattutto, lo strumento per la ricerca delle altre verità che in esso non sono date immediatamente, e che esso non crea, ma verso le quali è indispensabile la sua mediazione. […] In ogni atto di pensiero non c’è solo pensiero, ma c’è sempre anche l’altro dal pensiero, la cosa pensata, senza di cui quell’atto non è possibile. […] E’ la stessa attività pensante a dirci quello che essa è, nel momento che ci addita l’altro da sé, e anzi proprio in quanto ce l’addita, mostrandoci appunto che essa è mediazione, rappresentatività. “17 1.3. La base oggettiva della logica Siccome era fermamente convinto della razionalità del reale, per Corallo, le leggi della logica sono le stesse supremi leggi dell’essere in cui rientra anche il pensiero. Il principio di identità e di 13 Ibid., pp. 51- 52. Ibid.,p. 49 15 M.T. MOSCATO, La pedagogia cristiana di Gino Corallo, “Itinerarium”, a.13, n. 29, gennaio-aprile 2005, pp. 8596. 16 G. CORALLO, Il lavoro scientifico, op. cit., p. 33. A tale proposito M.T. MOSCATO ( La pedagogia cristiana di Gino Corallo, “Itinerarium”, a.13, n. 29, gennaio-aprile 2005, pp. 85-96) commenta: “Per Corallo quindi il pensiero è una realtà, ma è quella realtà che "annuncia l'essere delle cose", ad esso presenti come rappresentazioni, cioè appunto oggetti "pensabili" e "pensati", esistenze concrete, fatti e dati esistenziali, sempre gravidi del loro "significato". L’ "essere delle cose", per lui, costituiva un permanente substrato realistico, che veniva postulato proprio perché il pensiero, lungi dall’essere "puro", è sempre "realtà rappresentativa".” 17 G. CORALLO, Pedagogia, Vol. I, op. cit. p. 36. 14 6 non contraddizione sono radicati nell’essere e vengono usati dalla ragione , con le relative regole logiche (frutto della riflessione del pensiero sul proprio modo di funzionare), per il progresso della conoscenza umana elaborando i dati raccolti dai sensi. Il principio della conoscenza umana è l’atto con cui il pensiero si autorivela come attività rappresentativa di sé stesso pensante qualcosa. Per Corallo non è possibile rappresentarsi il pensiero che pensa di pensare senza un oggetto: un pensiero “puro” non esiste mai. Sotto questo aspetto, per Moscato, il suo realismo si potrebbe anche definire come "fenomenologico", purché ne venisse evidenziata l'apertura metafisica (che lo differenziava in termini sostanziali dall’approccio fenomenologico-trascendentale di Banfi e di Bertin). In questo senso egli corregge il “cogito” cartesiano: nell’atto di riflessione intellettuale io colgo me stesso pensando qualcosa che esiste e che ha un significato. Per Corallo le categorie non sono una invenzione del soggetto, che si può formare i concetti solo perché l’intelletto è capace di cogliere l’”universale” nel “particolare” che sperimenta quotidianamente: “le categorie come tali sono fatti mentali. Ma esse non nascono, quasi per partenogenesi, dal puro pensiero (e cioè dal nulla, perché il pensiero non è mai “puro”: è sempre, come si è visto, rappresentazione di qualche cosa): l’identità e la somiglianza (che sono la base della categorizzazione) sono nelle cose, nei loro significati, che non sono monadisticamente conclusi in sé, quasi a significare solo se stessi. L’essere concreto, ricordiamolo, non è solo esistenza, ma significazione: e questa è necessariamente apertura, relazione, comunicazione. L’essere è armonia solidale, ben lontana dalla spettrale concezione dell’essere monodico: e questa sua fondamentale “diffusività” ha la sua radice metafisica nella sua razionalità, che è collegamento, rapporto, relazione. Questo permette al nostro pensiero di formarsi i concetti e le categorie .”18 1.4 L’apertura metafisica Quella di Gino Corallo è dunque una posizione gnoseologica aperta alla metafisica , una metafisica che poi non sviluppa perché, in quanto pedagogista, si deve occupare del problema educativo; ma, come ogni pedagogista, ha il dovere di dichiarare quale metafisica assume come punto di partenza della sua indagine pedagogica e didattica. La metafisica, a volte implicita, costituisce la fonte remota di ogni scienza , e quindi anche della Didattica, che ha come fonti filosofiche più vicine la gnoseologia e la logica .Corallo esplicita la sua metafisica nelle pagine 4464 del vol. I del suo trattato di Pedagogia. E’ un modo originale di far evolvere la metafisica aristotelico-tomista nel dibattito con l’idealismo e il positivismo alla metà del XX secolo .Nell’ultimo scritto dove sintetizza il suo percorso di pensiero (è del 1985 ma fu pubblicato per la prima volta nel 1988), per qualificare la sua posizione metafisica usò l’espressione “sintesi trascendentale a simultaneo”. “Questo è il senso del “principio di identità”: il riconoscimento della pienezza dell’essere che non ha bisogno per esistere di contrapporsi al non-essere, ma solo di esprimere positivamente se stesso. Questa “espressione”, questo annuncio di sé, è dato dall’essere nel momento in cui si pone con la sintesi duale dei due elementi accennati dell’esistenza e del significato. Si tratta di una sintesi “ontologica”, che chiamerei volentieri “sintesi trascendentale a simultaneo”, se fossi sicuro che le parole non venissero caricate di sensi storici assolutamente estranei al mio pensiero. Sintesi, mi piace sottolinearli, “a simultaneo” rispetto all’essere. I due elementi che la formano non esistono, infatti, se non nel momento in cui, “sintetizzandosi” si danno reciprocamente concretezza in un 18 G. CORALLO, Il lavoro scientifico. Op. cit. p. 46. 7 essere, che altro non è se non un significato esistente (o, che è lo stesso, un’ esistenza significante).”19 Per quanto interessa direttamente la Didattica, il riconoscimento della complessità e della problematicità della realtà non implica la condivisione del problematicismo radicale, che conduce al pessimismo circa la possibilità di conoscere la verità. Sempre, per i risvolti che ha sulla sua concezione didattica, un certo rilievo riveste in Corallo il problema della mediazione intellettuale da cui scaturisce la conoscenza umana. In effetti “il pensiero attua in sé le leggi dell'essere, appunto perché è; e insieme le comunica e le annunzia, e questo perché è quell’essere determinato che si chiama, appunto, pensiero. In questo suo doppio aspetto esso è unanime con tutte le cose della realtà che, anch'esse, a modo loro, sono e insieme significano, annunziano la loro verità e il loro valore. […]Il limite rappresenta così il turgore dell'essere creaturale e, mentre lo separa dall'altro essere e dagli altri esseri, lo fa effettivamente esistere (sul piano ontologico) e lo rende pensabile (sul piano logico).[...] Ogni limite colloca il limitato, in quanto è soggetto a quel limite, come elemento di un universo che lo trascende nel tempo stesso che lo sostiene.”20 1.5 Considerazioni epistemologiche Coerentemente con la sua Gnoseologia, Corallo costruisce una Didattica che incoraggia l’alunno a scoprire la “verità che c’è nelle cose”, perchè ha fiducia nella capacità dell’uomo di risolvere i problemi, di trovare ad essi delle soluzioni sia pur provvisorie. Nell’epistemologia coralliana ogni nuova ricerca non deve necessariamente distruggere e azzerare quello che già si sapeva sul tema; nella maggior parte dei casi si tratta di integrare, ampliare e arricchire le conoscenze precedenti. Quando Corallo scriveva di Didattica intorno alla metà del ventesimo secolo, in Italia erano ancora pochi a ritenere che i principi della Didattica non si deducono solo logicamente dai principi filosofici ma si inducono anche dai risultati delle ricerche di Psicologia sperimentale e dall’osservazione valida e fedele –usando un rigoroso metodo sperimentale adattato alle caratteristiche della persona umana- di come le persone “fattualmente” apprendono -bene o male- a seconda dell’età, del sesso, del temperamento, delle attitudini, degli interessi , della salute, del contesto ambientale in cui vivono e della personalità dell’insegnante. Oggi è invece più difficile trovare consensi sul fatto che esistono alcuni principi essenziali della conoscenza umana- elaborati da quel settore della Filosofia denominato Gnoseologia-, che a volte vengono assunti acriticamente dai ricercatori e che finiscono inevitabilmente per condizionare l’interpretazione dei fatti osservati sperimentalmente e la costruzione delle metodologie didattiche21. Secondo me, ogni studioso di Didattica, senza trasformarsi in filosofo, dovrebbe onestamente dichiarare qual è la sua Gnoseologia di partenza e la sua Antropologia filosofica di riferimento; a maggior ragione quanto detto vale per la manifestazione della sua scelta pedagogica. Quanti 19 G. CORALLO, “L’educazione come crescita della libertà nell’uomo”, in G. Zanniello (a cura di), Educazione e libertà in Gino Corallo, Roma, Armando, 2005, p. 150. 20 G. CORALLO, Pedagogia, Vol. I, op. cit., pp.48-49 In un recente studio sul pensiero di Corallo, contenuto nel libro, Le spalle di Enea (Napoli, Tecnodid, 2007, p. 34), M. STROMMILLO mostra come, contemporaneamente allo svolgimento del pensiero pedagogico di Corallo, vale a dire dalla fine della seconda guerra mondiale, in Italia è iniziato, ad opera di alcuni ambienti intellettuali, un processo intenzionale di corrosione del senso comune e della relativa capacità della ragione di scoprire la verità. Da qui si spiegherebbe, secondo questa ipotesi di lettura che si ispira agli studi di A. Livi, l’attuale struttura epistemologica della pedagogia che Corallo seppe prevedere con quaranta anni di anticipo. 21 8 discorsi tra sordi si eviterebbero così e quanto tempo si sottrarrebbe alle polemiche sterili e infeconde! Per chi, come me, è convinto che ogni conoscenza ha un riflesso morale -perché la conquista della verità è sempre conseguenza di un profondo interesse del pensiero di un soggetto per un oggetto che per lui è investito di senso, e quindi di valore-, la verità è un valore che la coscienza morale riconosce come tale. E’ questo l’attacco che consente il passaggio dall’istruzione all’educazione, dalla Didattica alla Pedagogia; e viceversa. L’assunzione di tale prospettiva consente di comprendere il motivo per cui Corallo inquadra la Didattica all’interno del discorso pedagogico. 2. La Pedagogia Nell’intento di definire i confini di campo della Didattica con la Pedagogia nel pensiero di Corallo, accennerò al suo concetto di educazione in termini essenziali, tali però da consentire di comprendere la relazione da lui individuata tra l’educazione, che è studiata dalla pedagogia, e l’istruzione, che costituisce l’oggetto specifico della scienza didattica; farò un succinto riferimento anche al rapporto educativo per distinguerlo concettualmente dal rapporto puramente didattico. 2.1. La Pedagogia Generale Corallo si è chiesto inizialmente quale fosse quel “reale”, posseduto il quale l’uomo si possa ritenere “educato”. L’ampia e motivata risposta si trova nelle pagine 179-227 del primo volume del suo trattato di Pedagogia già citato; qui mi limito a riportare le conclusioni. L’educazione consiste in un’azione congiunta, dell’educatore e dell’educando, finalizzata alla conquista da parte dell’educando della piena forma umana, cioè nel conseguimento del suo significato di uomo. Il significato dell’uomo è la libertà interiore che gli consente di agire moralmente e responsabilmente. Quindi educare consiste nel rendere l’uomo libero; ma non un qualunque tipo di libertà riesce a definire l’educazione. Dall’indagine storico-empirica Corallo ricava infatti che l’educazione possiede sempre una valenza morale, vale a dire è intesa da tutti i popoli e in tutti i tempi come la capacità autonoma e costante di seguire la norma morale; le differenze si riscontrano poi a proposito del tipo di morale. Per fondare filosoficamente la sua intuizione, partendo dal dato di fatto, Corallo doveva dimostrare che non esiste un’azione morale che non sia libera né un’azione libera che non sia morale. “Quando invece sia dimostrato che il campo delle azioni libere si coestende esattamente con il campo delle azioni morali in forza di un nesso esistenziale tra l’insorgenza, nell’uomo, della coscienza morale e della disponibilità libera, allora la definizione dell’educazione come libertà , non solo è possibile,ma si presenta come l’unica possibile.”22 Egli si impegna allora in una dimostrazione filosofica della possibilità umana di realizzare atti liberi alquanto originale perché, evitando i due estremi del determinismo intellettualistico e dell’irrazionalismo volontaristico, giunge a presentare una libertà naturalmente aperta e disponibile al trattamento educativo. “Ora noi affermiamo che solo quando c’è nell’uomo la presenza attuale della coscienza morale, cioè quando egli considera non soltanto ciò che gli conviene o non, gli è utile o dannoso, gli è possibile o non, - ma anche ciò che gli è moralmente lecito, o doveroso, o vietato, ponendosi così il 22 G. CORALLO, “L’educazione come crescita della libertà nell’uomo”, op. cit, p. 158 9 problema totale di sé dentro le contingenze esistenziali che sta ponderando- solo allora egli agisce liberamente. La verità che lo rende libero è la verità che egli vuole incarnare in se stesso, non la verità delle cose, di cui è schiavo perché non può modificarla.”23 In sostanza Corallo è convinto che una persona possa diventare capace –con l’educazione- di riflettere sul contenuto del proprio atto di volontà e di scegliere dentro di sé, per un motivo interiore, tra due modi di essere: tra un io che vuole seguire la norma morale e un io che vuole seguire la convenienza “economica” del piacere momentaneo24. Quando l’uomo decide chi vuole essere, che fare di sé stesso , e quindi non scegliendo più tra cose, si sottrae alla schiavitù delle cose: in questo atto l’uomo è libero. “Al sorgere della coscienza morale col giudizio etico che provoca lo spezzamento dell’automatismo della voluntas ut natura, l’uomo resta veramente arbitro. Di che cosa? Non più degli oggetti, la cui irriducibile dualità non consente una diretta unificazione razionale, che sarebbe l’atto di “arbitrio”, previo e indipendente dall’atto stesso di libertà. Questa unificazione impossibile (e, per la libertà, inutile) negli oggetti, avviene nel massimo dell’interiorità dell’uomo, nel cuore e nel centro stesso dell’io dove si celebra la sua libertà: questo è l’unico (ma il vero) campo del dominio “arbitrale” dell’uomo. Oggetto del giudizio unificante (che è l’atto di libertà) è ancora lo stesso io, l’io che si scinde momentaneamente in soggetto e in oggetto, in intendente e inteso, in volente e in voluto:è l’io che diventa l’oggetto di scelta dell’atto di libertà.”25 Molti filosofi prima di Corallo avevano dimostrato che l’uomo è capace di azioni libere -ed egli li prese in attenta considerazione, così come fece con le argomentazioni dei negatori della libertà26. Corallo, per dimostrare l’esistenza della libertà umana, ha seguito poi una via argomentativa che lo ha portato ad asserire la logica conseguenza dell’assoluta necessità di una metodologia educativa che rendesse l’uomo effettivamente capace di compiere atti liberi e quindi morali. Fin dall’inizio della sua indagine di filosofia dell’educazione, iniziata alla fine degli anni quaranta del XX secolo, impostò e affrontò il problema della libertà in vista della soluzione del problema educativo e non del problema morale, pur mantenendo sempre la ferma convinzione che l’acquisto dell’educazione da parte dell’uomo è la condicio sine qua non per l’agire morale cui ogni uomo è tenuto27. “Quando l’uomo opera una scelta alla luce del dover essere morale, egli non guarda più soltanto alle cose, non sceglie direttamente le cose (nel qual caso c’è piuttosto da dire che egli viene “scelto”, determinato, dalle cose), ma sceglie sé stesso, il suo significato, la forma ideale che vuole creare di sé. Il motivo, quindi, che dà razionalità alla sua scelta non è costituito dalle cose (che gli toglierebbero la libertà), ma da se stesso. Nel momento in cui balena alla coscienza dell’uomo la luce dell’idea morale, egli si trova impegnato a decidere totalmente e assolutamente di sé, 23 Ibidem, p.160 Corallo fa presente che in molti casi seguire la norma morale è piacevole: la doverosità e la gradevolezza coincidono. Per evitare inopportuni accostamenti alla morale kantiana si tenga presente che Corallo intende solo dire che , affinché ci sia una scelta libera, il soggetto, davanti a un caso concreto, deve prendere in considerazione due alternative reali: il bene economico (l’utilità personale immediata) e il bene morale (la doverosità), l’aspetto “fattuale” e l’aspetto “valoriale” della situazione, per decidere se vuole essere un io che segue il principio della convenienza utilitaristica o un io che segue il principio del bene morale. Se il soggetto arriva a questo livello di riflessione interiore e di consapevolezza c’è una scelta morale-libera o libera-morale, che dir si voglia, qualunque sia la scelta effettivamente compiuta. 25 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit., p. 224. 26 I risultati di questo studio furono raccolti in, G. CORALLO, Educazione e libertà. I presupposti filosofici per una filosofia della libertà, Torino, S.E.I., 1951. Successivamente, nelle pagine 228-238 del primo volume del trattato di Pedagogia criticò la “libertà bilaterale” di Rosmini che egli giudicava comunque la più vicina alla sua idea di libertà. 27 Si potrebbero forse spiegare così le critiche che la sua dimostrazione della libertà umana ricevette da alcuni filosofi a lui culturalmente vicini. 24 10 indipendentemente dalle cose, e dipendentemente solo da se stesso: egli si trova di fronte a un bivio reale, in cui è impegnato come oggetto e insieme come soggetto della sua scelta.”28 Nel tentativo di distinguere la Pedagogia dalla Filosofia Morale, Corallo ha sostenuto che molte azioni umane –oggettivamente sia buone che cattive- non sono moralmente qualificabili perchè il soggetto non è stato aiutato con l’educazione a scegliere di sé e della sua posizione finale nel mondo. All’educatore spetta infatti il compito di aiutare l’educando a volere liberamente il bene conosciuto come tale; l’educazione può dirsi conclusa quando il giovane ha attuato la sua libertà potenziale anche se può fare cattivo uso della capacità acquisita: è un rischio che l’educatore deve correre così come fa Dio con ogni uomo. Questa tesi fu criticata da alcuni che non compresero la sua intenzione di dare un’autonomia scientifica alla Pedagogia pur riconoscendo l’Etica come scienza-fonte della Pedagogia. Ecco la conclusione del ragionamento fatto da Corallo per individuare le condizioni che consentono la formulazione del giudizio morale o libero; prima ha chiarito in che senso la libertà è la forma dell’uomo e subito dopo dimostrerà che per la sua attualizzazione si richiede l’educazione . “Il giudizio di “indifferenza oggettiva” non offre le condizioni sufficienti per l’effettuarsi dell’atto libero. L’atto libero (o umano) è invece reso possibile da un giudizio morale attuale (sia pure implicito) nei riguardi dell’oggetto;in altri termini, perché l’uomo sia attualmente libero nelle sue azioni, cioè perché queste azioni siano umane, è indispensabile che egli abbia un’avvertenza morale, sia pure implicita, al suo ultimo fine oggettivo, anche se confusamente appreso. Tale giudizio morale pone l’uomo nella condizione di “autodeterminazione”, e si fonda sull’esistenza di due irriducibili specie di beni (i beni economici e i beni morali), oltre che sulla possibilità della “riflessione spirituale” completa, che è la riflessione volontaria.”29 Corallo definisce l’educazione, nel suo aspetto “possessivo”, quale acquisizione dell’educando, come la capacità di agire (rettamente) con libertà; e nel suo aspetto “dativo”, quale azione intenzionale dell’educatore, come azione finalizzata alla nascita della libertà nell’uomo. 2.2. La Pedagogia Speciale Dal momento che l’educazione è una qualità che si possiede solo quando sia stata costruita, l’aspetto pratico-metodologico dell’azione non è una aggiunta all’educazione, ma una parte essenziale all’elaborazione del suo concetto. E’ il “significato” stesso dell’educazione che spinge ad occuparsi della sua costruzione “esistenziale”, vale a dire a ricercare il principio fondamentale del metodo educativo e le sue derivazioni. Il fondamento regolativo del metodo è individuato in quello che Corallo denomina “principio di valorizzazione” facendolo derivare dalla constatazione che la libertà (la forma dell’educazione) si attesta come compresenza di volontà e di illuminazione della coscienza morale. Mentre si istruisce e si sensibilizza la coscienza dell’educando, con un lavoro psicologico lo si aiuta a interiorizzare i beni che l’intelletto stima conosce e stima come tali. “La valorizzazione, quindi, tende a confermare, o a produrre, una corrispondenza tra valori oggettivi e valori psicologici dell’individuo, in modo che nessuno dei valori oggettivi che devono essere presenti nell’uomo ne rimanga assente, e tutti i valori psicologici (spontanei o indotti) dell’educando abbiano sempre una qualche corrispondenza con un valore oggettivo, assumendo così una dimensione morale alla luce della doverosità, senza lasciare incontrollate zone d’ombra, in balia del solo istinto e degli impulsi .”30 28 G. CORALLO, L’educazione come crescita della libertà nell’uomo, op. cit., p. 161. G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit., p. 227. 30 G. CORALLO, L’educazione come crescita della libertà nell’uomo, op. cit., p.164 29 11 La forza di modellare la persona nel cuore stesso della sua libertà, che, però non la mortifichi, anzi l’espanda, è indicata da Corallo nella causalità “esemplare”: le proposte devono giungere all’educando incarnate nella persona dell’educatore, che è veicolo e non fonte di valori, in modo che le due volontà si fondano nell’amore dello stesso bene. La causalità educativa non appartiene certamente alla categoria delle cause efficienti perché interagisce con la libertà dell’educando. La causalità educativa è tuttavia reale ed ha una sua caratteristica peculiare all’interno delle cause formali, l”esemplarità” appunto. In questo modo si scioglie l’apparente antinomia insita nel problema di come sia possibile promuovere la libertà morale di una persona mediante l’intervento autorevole di un’altra che già possiede pienamente sviluppata la forma umana (la libertà morale) che l’altra possiede solo potenzialmente. La ricerca pedagogica di Corallo è poi continuata con la deduzione dal principio metodologico della valorizzazione di quattro principi metodologici generali (progressività, armonia, individualizzazione, intenzionalità personalizzante) e nella successiva formulazione di metodologie educative specifiche per i cinque aspetti o esigenze fondamentali della persona umana: fisico, l’intellettuale, morale, sociale e religioso. L’attenzione alla psicologia dell’educando è stata portata da Corallo nel campo pedagogico con l’individuazione delle “dominanze” di ciascuna fase dello sviluppo. “Noi chiamiamo “dominanza” questo aspetto attivo prevalente, per il motivo che esso sintetizza in sé tutti gli altri (che però non sono assenti!) e quindi in un certo senso, domina il soggetto in evoluzione. Ma la cosa più importante, dal punto di vista educativo, è che la dominanza rappresenta la via attraverso la quale, secondo le varie età, il soggetto si mette in contatto con tutta(!) la realtà e, a sua volta, costituisce per quel momento l’unica via naturalmente aperta per portare la realtà a contatto con il soggetto; che è quello che si chiama educazione”.31 La Pedagogia Speciale o Metodologia dell’Educazione (Corallo usa indifferentemente le due espressioni) costituisce il versante delle sue scienze pedagogiche che è in diretto contatto con la Metodologia Didattica o , semplicemente, Didattica. Se l’educazione consiste nel consentire all’uomo di divenire libero e responsabile delle sue azioni morali, allora questo fatto deve essere tenuto presente quando si costruisce la Scienza Didattica. Dal modo di insegnare del maestro e dal modo di apprendere dell’allievo dipende la crescita e il consolidamento della forma umana nell’alunno, che anche grazie all’istruzione deve diventare capace di agire con libertà e responsabilità. Tutte le Didattiche lo consentono? Per esempio, quelle spontaneistiche, quelle funzionalistiche, quelle basate sul condizionamento operante, quelle trasmissive, quelle che richiedono solo l’imitazione e la ripetizione, quelle collettivistiche? Evidentemente no , come si potrà vedere dopo l’esposizione del pensiero di Corallo sulla Didattica come scienza. 3. La Didattica Quando, nel 1947, Gino Corallo iniziò a occuparsi di Pedagogia e di Didattica , nel dibattito allora in corso, tra la negazione del metodo da parte dell’attualismo gentiliano e la sua esaltazione da parte del fisicalismo positivistico si inseriva la novità del progressivismo o attivismo degli americani che allora a molti sembrava inscindibile dalla sua matrice funzionalistica o strumentalistica. Queste tre correnti di pensiero si confrontavano in Italia con una secolare tradizione scolastica di ispirazione cristiana, che aveva saputo prendere da tutte le culture e da tutti i risultati della ricerca scientifica 31 Ibid., p.166 12 quello che contribuisce alla realizzazione integrale della persona umana nella sua pienezza; a questa tradizione viva Corallo apparteneva32. 3.1 Unità e distinzione dei saperi Per Corallo le scienze pedagogiche sono solo due, la Pedagogia Generale o Filosofia dell’Educazione, che indaga sul significato dell’educazione vale a dire sul che cosa essa sia, e la Pedagogia Speciale o Metodologia dell’Educazione, che indaga su come si educa tenendo presenti tutti gli aspetti “fattuali” della realtà. Queste due scienze, che sono inscindibilmente unite tra di loro, studiano rispettivamente che cosa è e come si fa l’educazione: si potrebbe dire che costituiscono due facce della stessa medaglia. Sul versante metodologico del sapere pedagogico si colloca la Didattica, nel senso che l’esecuzione compiuta del processo di insegnamentoapprendimento costituisce un presupposto della metodologia dell’educazione. “La didattica fa parte della metodologia dell’educazione ma non ne esaurisce l’ambito.[…] Essa è la conoscenza riflessa della possibilità e dei mezzi di quella che ,impropriamente, si suole chiamare la “trasmissione” del sapere, cioè della relazione di “magistralità” per cui una persona è causa (precisamente:concausa) del sapere di un’altra.”33 Data la generalità della diffusione del termine “trasmissione” tra quanti si occupano di istruzione (ma anche nei dizionari e nelle enciclopedie che definiscono il significato del vocabolo “Didattica”), Corallo è costretto a usare il termine “trasmissione” per farsi capire , ma ne precisa a tal punto il senso che di fatto prende nettamente le distanze dal suo significato corrente. Saperi connessi con la Pedagogia sono definiti da Corallo quelli che, pur non avendo l’educazione come oggetto di studio, si occupano però di oggetti strettamente attinenti al fatto educativo: tra di essi un posto privilegiato è assegnato alla Didattica perché, secondo Corallo, non è possibile nessun atto educativo che non sia preceduto o almeno accompagnato da un atto di didassi, nel senso che non si può suscitare la libera scelta di un contenuto da parte dell’educando senza che egli lo abbia conosciuto con un’apposita istruzione; infatti per accogliere o rifiutare un oggetto bisogna prima afferrarlo intellettualmente, comprenderlo appunto. “La conoscenza tuttavia, a cui mira come a suo fine la didattica, è talmente congiunta con l’atto (educativo) della libertà, che la trasmissione didattica, formalmente distinta dall’atto di educazione, ne è tuttavia parte integrante in concreto, come indispensabile contenuto. […] Qualunque, infatti, sia il contenuto di uno specifico atto di educazione, che l’educando è chiamato a far suo per mezzo della forma della libertà, tale contenuto si interiorizza necessariamente solo attraverso la forma concettuale che esso previamente assume. Di qui l’universalità del momento didattico rispetto 32 Prima di elaborare la sua teoria della Didattica, Corallo studiò gli scritti di alcuni autori che prima di lui si erano occupati scientificamente del tema. La conoscenza degli autori con cui Corallo si è confrontato più spesso nello studio dei problemi della Didattica aiuta a comprendere meglio le sue posizioni. La corretta interpretazione (sempre distinta dalla loro valutazione) delle concezioni didattiche di Aristotele, Sant’Agostino , San Tommaso, Comenio, Rousseau, Herbart, Lambruschini, Dewey, Claparède, Decroly, Hessen, Ferrière, Kerschensteiner, Kilpatrick, Parkhust , R. Agazzi , Gentile , Lombardo Radice, Montessori, Morrison, , Washburne, Piaget, Skinner e Bruner è documentata non solo nel trattato di pedagogia, nei volumi sulla didattica americana e su Dewey; ma anche negli articoli: “Aspetti e problemi dell’attivismo contemporaneo”, in L’attivismo pedagogico. Atti del II Convegno di Scholé, Brescia, La Scuola, 1956, pp. 163-183; “La valutazione del profitto nelle scuole americane”, Pedagogia e Vita, 1958, pp. 319-330; come pure nei saggi: “Opere di pedagogisti contemporanei”, in AA.VV, Orientamenti pedagogici e didattici, Milano, Marzorati, 1962, pp.976-1071 ; “Strumentalismo e funzionalismo:Dewey, Claparède, e Piaget”, in AA.VV., Questioni di storia della pedagogia,, Brescia, La Scuola, 1963, pp. 833-860. 33 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit., p. 301 13 all’educazione: e qui la radice della possibilità e della giustificazione della didattica come scienza.”34 Corallo, pur riconoscendo la connessione esistenziale della Pedagogia ( precisamente della Pedagogia Speciale o Metodologia dell’Educazione) con la Didattica, distingue chiaramente le due scienze assegnando come oggetto specifico ,alla prima, l’educazione e, alla seconda, l’istruzione. Egli precisa immediatamente che la Didattica non esaurisce l’ambito della Metodologia dell’Educazione –neppure di quel suo settore particolare che si definisce metodologia dell’educazione intellettuale- perché essa si limita a studiare se e come l’azione del maestro suscita l’apprendimento nell’alunno. La Metodologia dell’Educazione si interroga invece sul valore dei contenuti da proporre all’alunno e sul modo con cui suscitare in lui la volontà positiva di accettarli liberamente in quanto ne riconosce l’aspetto valoriale. “Restano quindi fuori dall’ambito della pedagogia tutte le altre scienze,perché hanno oggetti di studio diversi. Compresa la didattica, così intimamente legata per altro alla pedagogia, come i fatti intellettuali dell’apprendimento da essa studiati sono inscindibili da quelli volontari (ma non sono la stessa cosa!) Questa è la ragione per la quale si confonde spesso l’istruzione con l’educazione. E’come confondere una fabbrica di mattoni con la costruzione di una casa.” 35 La confusione concettuale tra le due scienze produce effetti pratici negativi perché con l’azione didattica è possibile far apprendere qualunque cosa all’allievo senza porsi il problema dell’incidenza di quanto apprende sulla sua crescita come uomo libero e responsabile dei suoi atti. Si pensi, solo a titolo di esempio, all’efficacia delle scuole di furto frequentate dai bambini appartenenti a gruppi sociali che considerano lecito il furto; oppure si pensi all’apprendimento delle tecniche di uccisione o di riproduzione umana mediante i videogiochi. Non si tratta di una sottigliezza accademica perché qui viene mossa una critica profonda a quanti insegnano qualsiasi cosa senza interrogarsi se l’apprendimento provocato nell’alunno lo fa migliorare in libertà e in responsabilità, vale dire se lo fa crescere in umanità36. Un altro esempio può far capire meglio la necessità di non ridurre la metodologia educativa a metodologia didattica : la critica mossa da Corallo a Washburne che, a Winnetka, teneva nettamente distinte durante la giornata scolastica le attività di apprendimento individualizzato, consistenti in noiosi esercizi ripetitivi ricavati dai “sommari di sviluppo” degli alunni, dalle attività creative svolte in gruppo. La tecnica di Winnetka per l’apprendimento scolastico, si ispirava al principio dell’individualizzazione, che per istruire può bastare; ma trascurava quello della personalizzazione, che per l’educazione scolastica è imprescindibile: la dimensione socio-relazionale dell’alunno si coltiva, infatti, mentre egli apprende e per come egli apprende le conoscenze disciplinari.37 3.2 Oggetto e metodo della Didattica Corallo attribuisce alla Didattica Generale, come oggetto di studio l’istruzione, come problema centrale la relazione di magistralità, come metodo di ricerca la sperimentazione , come canoni 34 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit., p. 301 G. CORALLO, L’educazione come crescita della libertà nell’uomo, op. cit. p. 152. 36 E’ chiaro che la distinzione tra Pedagogia e Didattica è richiesta dallo statuto epistemologico delle due discipline, mentre nella pratica si istruisce e si educa insieme; per esempio, l’insegnante di matematica piega l’animo dell’alunno ad accettare la matematica facendogliene cogliere soggettivamente il valore oggettivo per la sua crescita in umanitàlibertà mediante la trasformazione del valore “competenza matematica” in valore psicologico adatto per quell’alunno. 37 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. II: L’atto di educare. Problemi di metodologia dell’educazione, Roma, Armando, 2010, p. 99. Ristampa anastatica della prima edizione: Torino, S.E.I., 1967. 35 14 ispiratori dei principi metodologici la vicinanza psicologica all’allievo e la globalità del sapere da proporre per l’apprendimento. Nella ricerca didattica si parte dall’osservazione del fatto che il processo della conoscenza può venire stimolato, facilitato e guidato dall’intervento del maestro; con la riflessione sui fatti si cerca poi di migliorare la relazione magistrale, trasformandola da casuale in organizzata nei fini e nei mezzi. Il problema centrale della Didattica è la relazione di “magistralità”: è possibile che una persona sia concausa del sapere di un’altra? Se sì, a quali condizioni? La risposta, per Corallo, è positiva : il maestro può consentire l’attualizzazione delle potenzialità conoscitive dell’alunno. Così impostato, il problema didattico esclude l’approccio puramente trasmissivo ; il che non implica la negazione dell’esercizio dell’autorità “disciplinare” da parte del maestro, consistente cioè nella selezione dei contenuti disciplinari da proporre all’alunno con gradualità e completezza. Una cosa però è l’autorevolezza dell’insegnante che sceglie le conoscenze da proporre all’alunno, per la sua crescita; un’altra cosa, ben diversa, è la scelta delle modalità di apprendimento ritenute più idonee per educare l’alunno alla libertà. L’acquisizione della conoscenza da parte dell’alunno costituisce il contenuto che si unisce alla forma dell’educazione, che consiste nella libertà. Siccome qualsiasi contenuto può essere interiorizzato dall’alunno solo se è concettualizzato, occorre la mediazione del maestro. L’universalità di questo fenomeno giustifica la nascita e lo sviluppo della Didattica come scienza che si interroga sul modo con cui il maestro può stimolare, facilitare e guidare il processo conoscitivo dell’allievo, nei due momenti dell’intuizione-induzione e della deduzione-applicazione. Come sapere scientifico, la Didattica si organizza per mezzo di principi propri e in vista dei fini specifici, utilizzando le sue fonti. Tra le fonti della Didattica, Corallo cita innanzitutto la Filosofia , e più precisamente la Filosofia della conoscenza o Gnoseologia (di cui si è parlato nel primo paragrafo); di conseguenza ci sono tante Didattiche quante sono le Gnoseologie. Per chi, come Corallo, ritiene che la Didattica non si possa limitare allo studio delle tecniche di insegnamento più efficaci ma deve considerare l’attività di insegnamento-apprendimento in relazione con l’educazione, la molteplicità dei modelli didattici dipende dalle pedagogie di riferimento. 3.2.1. La causalità magistrale L’apparente antinomia tra l’interiorità del sapere e la necessità di una causalità esteriore, che in qualche modo lo faccia sorgere nella mente dell’allievo (si sentono qui ancora gli echi del dibattito tra Agostino e Tommaso), è sciolta da Corallo con questa frase: “la causalità “esterna”indispensabile- non agisce però se non per mezzo dell’operazione del soggetto; in altri termini essa causa l’operazione del soggetto.”38 L’esistenza di una causalità magistrale non oblitera quindi, ma anzi suscita e stimola la spontaneità personale dell’allievo nell’acquisizione del sapere. Di conseguenza, la dignità della Didattica come scienza si giustifica con la necessità di sostituire , nell’apprendimento da parte dell’alunno, lo stimolo casuale e disordinato con uno “stimolo più prossimamente efficace (la realtà già concettualmente elaborata e organizzata) e più razionalmente ordinato nella intensità e nella gradualità”.39 3.2.2. La sperimentazione didattica 38 39 Ibid., p.303 Ibid., p.303 15 Per il progresso della scienza didattica Corallo si dichiara apertamente favorevole all’uso del metodo sperimentale o almeno ,quando non è possibile condurre un’osservazione sistematica o una sperimentazione, alla riflessione sulle esperienze di insegnamento opportunamente raccolte. Egli stesso ha dato esempio in tal senso, con le sue innovazioni didattiche durante i circa quindici anni di insegnamento nelle scuole salesiane, con le visite a una infinità di scuole italiane e straniere dove c’era notizia di qualche innovazione, con la creazione di un istituto regionale per la sperimentazione in campo scolastico, con l’avvio di giovani alla ricerca sperimentale in campo didattico. “La sperimentazione, che è stata la via aperta verso la didattica moderna, ne è rimasta anche come un aspetto, se non essenziale, almeno importante, fin dai primi esperimenti del Meumann (che trasportò nella scuola i metodi della psicologia sperimentale del Wundt). E’ quindi in un certo senso impossibile accostarsi alla didattica moderna senza una base di interpretazione statistica. Inerenti le sono anche le considerazioni biologiche e psicologiche dell’allievo, affinché essa possa ricevere una corretta interpretazione.”40 Nella costruzione dei metodi didattici particolari per l’età, il sesso e il tipo di istruzione, la Didattica si avvale dei risultati della ricerca psicologica e delle pratiche di insegnamentoapprendimento raccolte mediante l’osservazione sistematica e la sperimentazione. La ricerca didattica risulta necessaria perchè i risultati delle ricerche di Psicologia e di Pedagogia sperimentale non sono usabili direttamente dall’insegnante, ma vanno elaborati dalla riflessione scientifica dei didatti per costruire metodi e tecniche di insegnamento.41 Corallo non usava l’espressione “pedagogia sperimentale” ma “sperimentazione pedagogica” ed aggiungeva poi che le cosiddette sperimentazioni pedagogiche a lui note –oggi diciamo sperimentazioni “in campo educativo” o “in campo scolastico” - erano in realtà quasi tutte delle sperimentazioni didattiche perché “la sperimentazione che sia propriamente pedagogica non mira a trovare i metodi più rapidi, più facili, più soddisfacenti e più efficaci per l’insegnamento delle varie discipline nei diversi livelli scolastici (che è il campo della sperimentazione didattica), - ma mira, più in là, a porre sotto il controllo dell’esperimento i risultati propriamente “educativi”, interessanti quindi i cambiamenti prodottisi nella volontà, nella libertà e in tutta la personalità morale dell’educando”42. Convinto del valore della sperimentazione in campo didattico, Corallo è arrivato al punto di descrivere il modo di svolgere a scuola studi correlazionali e di sviluppo, di presentare le caratteristiche dei diversi piani esperimento usati tra gli anni venti e gli anni sessanta del ventesimo secolo43 e di evidenziare il sillogismo logico fondamentale implicitamente sotteso in ogni piano44. Ha voluto comunque fare una precisazione sul valore e il limite della sperimentazione didattica. “Anche in seno alla stessa sperimentazione didattica (se questa vuole avere un valore per l’educazione e quindi per la pedagogia) non basta porsi la domanda se la tecnica sperimentata è economicamente migliore per un migliore e più pronto rendimento: occorre anche chiedersi se la tecnica che allevia il lavoro e lo facilita è anche educativamente , oltre che didatticamente positiva. 40 G. CORALLO, La didattica moderna negli U.S.A., Brescia, La Scuola, 1958, p. 18. G. CORALLO, Pedagogia. Vol. II, op.cit. , p. 223. 42 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op.cit., p. 116. 43 G. CORALLO, Il lavoro scientifico, op. cit., pp.182-195 44 Il sillogismo è formulato più o meno in questi termini. Il gruppo sperimentale è un campione rappresentativo dell’universo statistico da cui è stato estratto. Siccome questo metodo didattico produce effetti educativi positivi nel gruppo sperimentale, li produrrà anche in tutti gli alunni che costituiscono l’universo statistico da cui il gruppo sperimentale è stato estratto. Sempre, trattandosi di esseri umani liberi, per un grado di probabilità precedentemente stabilito. 41 16 E questa domanda deve guidare l’esperimento su una linea di ricerca diversa, ampliandone l’orizzonte e quindi anche mutandone (o integrandone) sostanzialmente la tecnica.”45 3.3. Didattica Generale e Didattiche Speciali E’ compito della Didattica Generale elaborare dei canoni metodologici fondamentali , che valgano per il processo di insegnamento-apprendimento di qualsiasi contenuto. Secondo Corallo i canoni sono due, quello della gradualità o prossimità psicologica e quello della globalità o totalità dell’esperienza. Il contenuto dell’apprendimento va proposto nella sua interezza ma in modo adeguato allo sviluppo psicologico dell’alunno: gradualità di metodo nella globalità del contenuto. Corallo riprende qui le idee di Comenio e di Herbart che cita esplicitamente. “Fondata sulle solide basi di una concezione filosofica che le dia coerenza e unità, e strettamente unita a una pedagogia che ne riveli l’anima educativa, la didattica deve però poi vivere di tecnica e di esperienza (per nutrirsene gli indispensabili principi) e non soltanto di astrazioni. Nasce così una didattica generale, che elabora i suoi principi generali del metodo dell’insegnamento, dell’organizzazione scolare, e via dicendo; e quindi una didattica speciale che li applica, con le necessarie integrazioni, ai tipi di casi particolari (insegnamento delle singole discipline, vari tipi di scuole, ecc.).”46 Corallo offre un contributo di chiarificazione al dibattito ancora in corso circa il rapporto fra la Didattica Generale e le Didattiche Specialistiche per l’insegnamento dei diversi saperi a diverse categorie di soggetti. Il primato della Didattica Generale sulle Didattiche particolari è in re, perchè ci sono dei problemi comuni a qualsiasi processo di insegnamento-apprendimento, da studiare per individuare dei principi generali che possano orientare l’azione di quanti si dedicano a mettere a punto i metodi e le tecniche specializzate per settori e per categorie particolari mantenendone la relazione con la finalità educativa. “Le particolari specificazioni dei principi metodologici in relazione al modo concreto dell’insegnamento di ciascuna materia e con i particolari fini educativi cui ciascuna deve portare, è affare della didattica speciale, non senza relazione tuttavia, pur in queste applicazioni, diremmo, apicali, con le radici della teoria generale.”47 Con i contributi offerti dalle scienze positive e con le riflessioni sulle pratiche di insegnamento, scriveva Corallo nel 1958-:“la didattica oggi si è costruita come una scienza che tende sempre di più a generalizzare i suoi metodi e a assicurare scientificamente i suoi risultati. In questo quadro comune, i singoli metodi offrono le alternative per i diversi gusti e soprattutto per i differenti scopi o per i vari gruppi scolastici per cui l’insegnamento ha effettivamente luogo.”48 Tutte le scienze – e a maggior ragione le persone che le coltivano- hanno pari dignità; ma è innegabile che nel fare ricerca occorre sempre avere una visione unitaria del sapere, specialmente quando si indaga in settori scientifici che hanno l’uomo come oggetto: alla Didattica Generale si richiede di ricondurre i contributi delle Didattiche Speciali al problema fondamentale (come può la causalità magistrale promuovere l’azione interiore dell’allievo che decide di apprendere il contenuto propostogli?). E’ chiaro che la Didattica Generale da sola non basta per “fare scuola” in tutte le sue forme e che quindi le Didattiche Speciali sono parimenti essenziali. Se le Didattiche Speciali 45 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit., p. 116 Ibid., p. 305 47 Ibid., p.310 48 G. CORALLO, La didattica moderna negli U.S.A., op.cit., p. 18 46 17 conservano una stretta relazione con la Didattica Generale il giudizio sull’efficacia e l’efficienza di una particolare azione didattica diventa poi più agevolmente riconducibile a quello sulla sua rilevanza pedagogica . Anche se l’anima della Didattica sta nell’elaborazione della teoria del metodo di insegnamento , l’attenzione del ricercatore è sempre focalizzata sull’effetto che il metodo provoca nell’alunno. I principi generali e particolari della Didattica e delle Didattiche vengono formulati nella prospettiva che l’alunno diventi protagonista del suo apprendimento e che voglia condividere con gli altri le sue conoscenze; qui si innesta l’ indispensabile prospettiva pedagogica che mai deve mancare perchè il soggetto dell’istruzione è una persona che deve diventare sempre più libera. 3.4. I canoni della metodologia didattica Una volta chiarite le questioni fondamentali, che giustificano la didattica come scienza, le danno unitarietà e la relazionano con le altre scienze, Corallo ricava alcuni principi di metodologia didattica da quanto è stato scritto e realizzato, dalla nascita della Didattica come scienza fino agli anni sessanta del ventesimo secolo. Già nella prefazione del suo trattato pedagogico, dichiara che ogni conclusione della teoria è stata da lui sottoposta al saggio della indispensabile forma dell’esperienza, sia nella sua forma diretta e vissuta, sia in quella vicaria, ma più ampia e più ricca, della storia. 49 Ci sono molti metodi di insegnamento ed altri se ne continuano a trovare con la sperimentazione Nella scelta tra le molte possibile tecniche per organizzare la scuola nel suo complesso, o la singola classe, o un particolare insegnamento, il maestro si ispirerà alle idee generali di un particolare metodo già noto e affermato; ma l’applicazione sarà adattata alle proprie capacità e alle caratteristiche del contesto in cui si lavora. Non c’è niente di peggio per gli alunni di un metodo che rimanga in qualche modo estraneo al maestro che lo usa. In ogni caso il giudizio sulla validità di un metodo didattico deve essere formulato nella più ampia prospettiva pedagogica. “L’uso dei moderni e razionali metodi didattici non è neutro per l’educazione. Non è indifferente per un educatore, che vuole essere tale, servirsi, o non, di essi, ignorarli o praticarli. La loro efficienza didattica (parliamo dei metodi e delle tecniche migliori e ben scelte) non è mai senza un’efficienza educativa. E anzi le critiche, positive o negative, da fare a loro riguardo, devono essere basate, fondamentalmente, su considerazioni educative, prima che didattiche.”50 Non è possibile riferire in un breve articolo quanto Corallo ha scritto, in diverse centinaia di pagine, sui diversi metodi didattici sorti all’interno del movimento delle scuole nuove e dell’attivismo tra il 1895 e il 1965 circa. I principi ispiratori dei metodi didattici sono stati ricondotti dall’autore ai due canoni fondamentali della prossimità psicologica all’allievo e alla globalità dell’esperienza, come è stato già detto. E’ possibile, in estrema sintesi, ricordare solo le acquisizioni dell’attivismo che devono costituire, secondo Corallo, le tappe di ogni percorso didattico. “Sono così emersi, da tutta l’esperienza didattica moderna, dei tratti caratteristici del metodo che sono universalmente accettati. Il primo di questi consiste nel suscitare un problema, una curiosità, negli allievi, relativamente alla parte della materia che essi sono prossimi a studiare. E’ il primo passo della motivazione. L’anima di esso consiste nel guidare l’allievo a trovare da sé i termini del problema che poi sarà aiutato a risolvere. […] Il secondo passo da compiere è quello dello studio 49 50 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit.,p.9 Ibid., p. 308 18 effettivo della materia, sul quale però la didattica ha registrato un punto di notevole progresso: questo studio deve essere guidato dall’insegnante. E questo importa, secondo lo schema metodologico adottato, una maggiore o minore individualizzazione del lavoro. […] A questo secondo momento segue, a conclusione, del ciclo didattico, il terzo, costituito dall’organizzazione logica del lavoro compiuto, che, oggi, suole assumere la forma socializzata. La discussione (“organizzata” o “non organizzata”) fornisce, per mezzo dell’espressione comunicativa, la necessaria integrazione e sistemazione (attivamente raggiunta) delle nozioni apprese, rendendone anche possibile (con la discussione) la valutazione.”51 L’anima della metodologia didattica di Corallo si può esprimere con una sola parola, “attivismo”, che per lui ha un valore non solo didattico ma anche educativo: l’alunno va aiutato a chiarirsi quello che egli è in vista di ciò che deve diventare. Si tratta di procurare l’incontro cosciente tra il “piacere profondo” e il bisogno istintivo di sapere e di fare esperienza che c’è in ogni giovane. L’attivismo didattico non si può ridurre a realizzazioni tecniche particolari ma deve investire la mentalità di chi educa; esso non è fine a sé ma è mezzo per ottenere “risultati migliori non solo e non tanto negli effetti e nelle esecuzioni esterne, quanto invece nell’arricchimento e nell’espansione della personalità degli educandi, e nella formazione e nella maturazione del loro carattere. Il principio attivistico, che è da mettere direttamente in relazione col supremo principio educativo della “valorizzazione” (di cui si dirà), esprime riunendole in sé, le fondamentali esigenze di ogni iter educativo (e didattico): conoscenza dell’allievo, individualizzazione del trattamento, principio dell’interesse.” 52 3.5. Educazione intellettuale e metodologia didattica Dopo aver chiarito la distinzione tra metodologia educativa e metodologia didattica nel pensiero di Corallo, ritengo che si possano ora ricavare ulteriori principi orientativi per l’azione didattica da quanto egli scrive a proposito dell’educazione intellettuale. “Il “luogo” naturale dell’educazione intellettuale è la scuola, e […] il suo naturale veicolo è una didattica tecnicamente vigilata e educativamente aperta. Non ci può essere educazione senza istruzione, ma non ci deve essere istruzione senza educazione. […] L’istruzione agisce educativamente quando si dirige alla costruzione dell’unità mentale dell’educando, che risulta dalla coltura armoniosa dell’intelletto per mezzo del sapere, e dell’assimilazione etica della cultura stessa.”53 Con l’insegnamento scolastico54 si mira a educare la persona in tutte le sue dimensioni, a partire da quella intellettuale. Il fine specifico dell’educazione intellettuale, per Corallo, consiste nell’instaurare nell’uomo un chiaro giudizio e un calmo dominio delle cose esterne attraverso la giusta visione delle proporzioni.55 La persona intellettualmente educata domina sé stessa e le situazioni , è capace di valutare con criterio, propone alla volontà delle alternative di scelta reali. L’educazione dell’intelligenza non è formale ma avviene mediante le acquisizioni culturali; ecco allora il collegamento del processo educativo (studiato dalla Pedagogia) con il processo di insegnamento-apprendimento, che costituisce l’oggetto di studio della Didattica. 51 Ibid., p. 307 Ibid., p.309 53 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. II, op. cit., p.230 54 Le esemplificazioni fatte da Corallo per spiegare la natura e i metodi della Didattica sono legate alla realtà scolastica perché, nel periodo in cui egli è stato scientificamente attivo lo studio della didattica extrascolastica era poco coltivato. 55 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. II, op.cit., pp.205-215 52 19 Quanto Corallo scrive, nelle pagine del secondo volume del suo trattato pedagogico 56, sul metodo dell’educazione intellettuale, secondo me, è trasferibile alla metodologia didattica pedagogicamente ispirata. Si veda, ad esempio, quello che scrive quando corregge il concetto di readiness (disponibilità dell’allievo verso un certo insegnamento), che da Washburne era stata intesa come un puntuale fatto meccanico che richiedeva la compilazione dei “sommari dello sviluppo” basati su complesse indagini sperimentali finalizzate a determinare con esattezza le porzioni cronologico-mentali in cui dividere il programma di una data materia. Corallo parla in modo più ampio della readiness come di un atteggiamento, mentale soprattutto, ma non esclusivamente mentale, che si può e si deve instaurare nell’allievo prima (e contestualmente) al rapporto di insegnamento tenendo presente l’unicità e originalità di ciascuno. Molti altri aspetti dell’educazione intellettuale, che hanno immediate implicazioni didattiche, si potrebbero citare per illustrare il pensiero dell’autore sul rapporto tra insegnamento ed educazione intellettuale; il che rimanda al rapporto tra Didattica e Pedagogia di cui si è già parlato. Farò solo qualche esempio. Corallo raccomanda di coinvolgere globalmente tutte le facoltà e tutti i sensi dell’alunno nel processo di apprendimento e di non fargli perdere mai di vista l’unità del sapere mentre studia argomenti particolari. Sostiene che è bene chiedere all’alunno un impegno intellettuale proporzionato alle sue possibilità in modo che possa sperimentare la gioia del successo ma , nello stesso tempo, ricorda che l’alunno deve saper distinguere il gioco dal lavoro scolastico perché questo, a differenza dell’altro, è valutato. Si possono ancora ricordare: l’invito all’ autogoverno del proprio processo di apprendimento nella ricerca della verità da parte dell’alunno ; la considerazione del riflesso morale di ogni attività di apprendimento; l’importanza del lavoro manuale a scuola (l’imparare facendo). Sono tutti aspetti che, per Corallo, riguardano la metodologia dell’educazione intellettuale (vale a dire l’educazione di tutto l’uomo alla libertà a partire dalla coltivazione della sua intelligenza); ma che si potrebbero trasformare in principi da inserire in un manuale di Didattica Generale. Perfino il classico argomento presente in ogni testo di Didattica : la preparazione della lezione , è visto da Corallo nel suo valore educativo. Nelle pagine successive57 l’autore dichiara di non voler trattare i particolari tecnici dell’istruzione e della didattica ma di limitarsi a fare qualche cenno generico per indicare i problemi di ciascuna fase del ciclo didattico, con un esplicito richiamo a Dewey. “In linea generale, le fasi di un ciclo didattico sono quelle della motivazione (l’”interesse”, senza del quale non si costruisce), dello studio guidato (dove entrano le più varie formule didattiche e organizzative dell’insegnamento), e della conclusiva organizzazione logica e personale del sapere acquisito.”58 Il capitolo dedicato all’educazione intellettuale nel secondo volume di, Pedagogia: L’atto di educare. Problemi di metodologia dell’educazione si conclude con la trattazione della magistralità, che si manifesta nella conoscenza sicura e profonda della disciplina da parte dell’insegnante , nel riconoscimento di tale preparazione culturale e scientifica da parte dell’alunno e nella fiducia da lui riposta nel suo insegnante. Anche in questo caso, secondo me, le note metodologiche sull’educazione intellettuale si possono facilmente trasformare in principi ispiratori del rapporto didattico. 56 Ibidem, pp. 226-236. Ibidem, pp. 237-239. Sviluppa invece gli aspetti educativi e didattici della “lezione” in una conferenza (Il rapporto didattico. I principi fondamentali dell’insegnamento) pronunciata a Zafferana (CT) tra il 26 e il 30 dicembre 1961, nell’ambito di un corso di aggiornamento per gli insegnanti organizzato dall’Ispettoria Salesiana Sicula, che raccolse poi in un opuscolo di 73 pagine ( L’educazione e la scuola) le quattro conferenze pronunciate da Corallo durante quel corso. 58 Ibidem, p. 237 57 20 3.6. L’influsso di Corallo Corallo ritornò dal viaggio in U.S.A. del 1952 con la chiara impressione che quelle che nel nostro Paese sembravano essere le ultime novità didattiche provenienti da oltreoceano, appartenevano invero alla storia della scuola americana. Eppure egli seppe prendere e rielaborare secondo la tradizione culturale italiana, quanto di meglio l’attivismo aveva realizzato negli U.S.A.. Da tempo, anche in Italia, siamo nell’epoca del post-attivismo; ma ciò non significa che dobbiamo buttare a mare quanto di buono ha dato l’attivismo, nelle sue più diverse manifestazioni: i suoi principi ispiratori e alcune sue tecniche. Farò qualche esempio per illustrare che cosa , secondo me, rimane ancora valido dell’esperienza attivistica; lo farò citando quanto Corallo scriveva nel 1960 e che ritengo attuale. Nel primo volume del suo trattato di Pedagogia59, il pedagogista siciliano auspicava la costruzione con criteri scientifici e la diffusione tra gli educatori, di strumenti e tecniche per la conoscenza precisa dei vari tratti della personalità degli alunni affinché la quantità e la modalità dell’insegnamento non fossero sproporzionate né fuori tempo ; precisava che l’individualizzazione dell’insegnamento significa che ogni alunno deve avere la possibilità di prendere dall’offerta formativa della scuola ciò di cui è capace di prendere e che ha bisogno di prendere in quel momento del suo sviluppo; chiariva che seguire il principio dell’interesse durante il processo di insegnamento-apprendimento, non consiste nel seguire i capricci dell’alunno bensì nell’impegno dell’insegnante di suscitare e tenere desto ed efficiente l’interesse dell’alunno verso le attività didattiche proposte. Si soffermava particolarmente sulla relazione tra attività e interesse ricordando che il giovane alunno (ma questo vale anche per l’apprendimento degli adulti) detesta la passività a scuola e accetta lo sforzo connesso all’attività di studio quando con essa può appagare la sue sete e bisogno di fare, di mettersi alla prova, di affermare sé stesso. Il capitolo dedicato alla Didattica nel trattato di Pedagogia si conclude con l’enunciazione di alcuni criteri pedagogici per la valutazione della qualità dei sussidi didattici; per la guida- così traduce la guidance vigente nelle scuole americane e che oggi solitamente si chiama tutorato (per indicare la funzione) o tutoraggio (per indicare l’azione)- dell’alunno nel suo studio personale (orientamento scolastico) ; per la costruzione di prove oggettive di profitto che non rilevino solo l’acquisizione di conoscenze ma anche lo sviluppo di abilità intellettuali. Nell’epoca delle tecnologie multimediali è quanto mai attuale la raccomandazione di Corallo che il sussidio didattico serva a integrare e non a sostituire la lezione orale , la relazione personale maestro-allievo. Mentre è in corso il dibattito sulla funzione tutoriale dell’insegnante, con Corallo ricordiamo che occorre una preparazione tecnica e uno specifico tirocinio per imparare a orientare gli alunni nel lavoro scolastico: motivarli allo studio, far loro acquisire un personale metodo di studio, assisterli nella scelta delle attività facoltative e di quelle opzionali, sostenerli nelle difficoltà di apprendimento o nei desideri di ampliamento e approfondimento di quanto appreso. Le prove oggettive di profitto si sono oggi evolute verso la rilevazione delle competenze presenti negli alunni. Nel 196060 Corallo auspicava che si creassero le condizioni normative e organizzative che solo recentemente consentono di personalizzare l’esperienza scolastica: essenzialità dei contenuti obbligatori nei programmi, attività extracurricolari, flessibilità nel raggruppamento degli alunni, alternanza di lavoro individualizzato e di lavoro in gruppo, rapporto organizzato e periodico tra 59 60 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit., pp. 301-316 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit. pp. 452-468 21 insegnanti e genitori, formazione pedagogica e didattica degli insegnanti, tempi dell’orario scolastico dedicati ai colloqui personali tra insegnante e alunno. Si dichiarava fiducioso che la ricerca didattica avrebbe reso più valide e fedeli le valutazioni effettuate con le prove orali e con le composizioni scritte e avrebbe costruito prove oggettive di profitto più sensibili alla rilevazione dei segni dell’intelligenza e della personalità degli alunni, al di là dell’acquisizione delle conoscenze disciplinari. Credo che non ci sia bisogno di commenti per evidenziare l’influsso che queste idee hanno avuto sullo sviluppo della ricerca didattica nel nostro Paese negli ultimi cinquanta anni. Giova solo ricordare che l’autore di queste idee, nelle Università di Roma, Bari e Catania, ha saputo formare allievi che le hanno sviluppate e messe in pratica. Conclusione L’ultimo scritto dedicato direttamente alla Didattica porta la data del 197261 . In esso Corallo ritornò a occuparsi dei successivi sviluppi della didattica americana a distanza di venti anni dal suo soggiorno di studio negli U.S.A.; lo fece operando continui confronti con la situazione italiana (quasi sempre in nota) e con qualche cenno di compiacimento per aver saputo vedere in anticipo gli aspetti validi e quelli caduchi della didattica americana. Per i suoi giovani allievi catanesi le conversazioni con il loro maestro intorno a quell’articolo costituirono uno stimolo e un orientamento per i loro studi. “Gli Stati Uniti si mantengono ancora in testa in vari settori,tenendo fede alla loro antica concezione progressista, che ha consentito il rinnovamento della scuola come “un grande esperimento permanente”.[…] A questo slancio giovanile si può rimproverare, come è stato anche fatto, una eccessiva ricerca del nuovo, eccessiva in quanto non sufficientemente sostenuta, talora, da altri motivi fuori della stessa ricerca delle novità;uno sperpero di energie convogliate in esperienze o in esperimenti il cui esito o poteva non di rado considerarsi scontato in partenza, perché legato a progetti “creativi” fatti di fantasia senza un adeguato fondamento controllabile, o non presentava risultati di rilievo, trattandosi di settori estremamente specializzati e particolari. […] Ma queste riserve, che possono indicare dei motivi di giudizio critico e di cautela operativa, non possono oscurare il fatto che da circa ottant’anni l’America è una fucina attiva di sperimentazione e di progresso didattico.” 62 Prima di affrontare aspetti particolari, Corallo fa una valutazione complessivamente positiva della Didattica statunitense perché ha saputo adattare di volta in volta, alle nuove circostanze, due principi ispiratori: la revisione critica costante e sperimentale di ogni elemento che fa in qualche modo parte del sistema dell’insegnamento , vale a dire l’adattamento costante ai bisogni fondamentali dell’allievo (di attività e di esperienza diretta, di seguire il proprio ritmo nel processo di apprendimento, di ritrovare a scuola le normali forme della vita sociale); la fondazione sociale del programma. Corallo, nel suo ultimo scritto di Didattica, si rallegra che siano andate avanti le idee di Morrison sulle “unità di apprendimento” mentre sono state messe da parte quelle di Washburne sui “sommari dello sviluppo” e sul “criterio dell’uso” ; constata con soddisfazione che l’influsso di Dewey è del tutto scomparso dalla scuola americana mentre “il movimento didattico è andato sempre più nella direzione di un deciso recupero dei valori della cultura, e segnatamente del valore delle strutture 61 G. CORALLO, “Attuali orientamenti della didattica negli Stati Uniti d’America”, Pedagogia e Vita , n.2, 1972, pp. 237-251. 62 Ibid., p. 237. 22 logiche e mentali per la formazione e l’educazione dell’uomo”. Guarda con interesse alle “macchine per insegnare” che affiancano il maestro nel suo rapporto con gli alunni, anche se non manca di avanzare rilievi critici al neo-comportamentismo che sta alla base di alcune realizzazioni dell’ “insegnamento programmato” e mette in guardia dagli eccessi dell’individualizzazione didattica. L’Autore constata con soddisfazione che la didattica americana ha rivelato una sempre crescente tendenza a liberarsi da una problematica minuta e soffocante, per procedere al raggruppamento dei dati attorno a un minor numero di problemi, che presentano perciò un interesse più vasto, più umano e, in fondo, più concreto; sottolinea l’espansione degli studi sociali e delle libere attività degli allievi finalizzati alla formazione del carattere. Nello stesso tempo, Corallo nota che anche coloro che mantengono la tradizionale sequenza di lezione- studio- recitazione hanno affinato l’attenzione alla psicologia dell’allievo e ai suoi bisogni fondamentali individuati dal progressivismo (attività ed esperienza diretta, rispetto del proprio ritmo di apprendimento, ritrovamento a scuola delle normali forme della vita sociale). Si sofferma con diversa estensione su ciascuna delle tre fasi. Per la lezione , si limita a distinguere tra la “lezione-spiegazione” e la “lezione-discussione”, con le loro diverse finalità. Sull’attività di studio dell’alunno il Nostro si sofferma ampiamente perché vede realizzato nelle scuole degli USA quanto egli aveva auspicato nel suo trattato di Pedagogia 63 a proposito della guidance del lavoro dell’allievo da parte dell’insegnante, quella che è stata poi denominata in Italia didattica metacognitiva, funzione tutoriale dell’insegnante, orientamento scolastico. Il punto di partenza è di per sé evidente:l’alunno non sa studiare se qualcuno non glielo insegna; l’alunno non impara a studiare né assegnandogli compiti a casa, né facendolo studiare in sala di studio, né inviandolo a un doposcuola dove trova un insegnante diverso da quello che gli ha assegnato i compiti da svolgere. La soluzione del problema adottata nelle scuole statunitensi convince Corallo, che giudica positivamente le attività didattiche finalizzate direttamente all’acquisizione di buoni abiti di studio da parte degli alunni. Auspica pertanto anche per le scuole italiane un’organizzazione della giornata scolastica,che inevitabilmente prende anche parte del pomeriggio, in modo che lo studio personale di quanto l’insegnante ha spiegato avvenga immediatamente dopo la sua esposizione orale e alla presenza dello stesso insegnante che ha svolto la lezione e che è pronto a guidare, orientare e sostenere l’alunno nel suo lavoro. Il pedagogista siciliano ritiene positiva la rivalutazione dell’esposizione orale (recite, letteralmente “recitazione”) usata non più come mezzo di controllo dell’apprendimento del singolo alunno, che può essere esercitato in altre forme (prove oggettive di profitto e composizioni scritte valutate con criteri oggettivi), ma come momento didattico cioè come occasione di rinforzo dell’apprendimento mediante l’espressione di quanto si è appreso. Anticipando quello che oggi denominiamo “apprendimento cooperativo” dice che la recite non mira a una ripetizione di concetti ma alla stimolazione della critica, dell’interpretazione e della connessione logica dei dati con il coinvolgimento dell’intera classe, una recitazione sociale quindi e non più individuale. Insieme al miglioramento del metodo didattico tradizionale alla luce dei principi del progressivismo ,Corallo coglie la novità assoluta di quei metodi che fondono i tre momenti del processo di insegnamento-apprendimento, che restano in uguale misura di pertinenza dell’allievo; l’insegnante passa apparentemente in secondo piano ma in realtà è maggiormente impegnato perché deve preparare il materiale di lavoro per gli alunni, per ogni unità di programma. In particolare 63 G. CORALLO, Pedagogia. Vol. I, op. cit., pp. 452-468 23 Corallo si sofferma sul metodo delle unità, che oggi è molto diffuso anche nelle scuole italiane ed è alla base delle varie forme di insegnamento assistito dal computer. “In generale l’”unità” (unit) di insegnamento è un compito a lunga scadenza che abbia un’interiore e sostanziale coerenza: più spesso questa coerenza interna è data dalla logica e dalla struttura stessa della materia studiata, e non più dal progetto-proposito dell’allievo (o dal “centro di interesse” psicologico), che si cerca invece di destare in altri modi. Oltre al già accennato ritorno al programma, l’unità così intesa mira anche a produrre un certo modellamento della personalità dell’allievo, e non solo a istruirlo. Uno studio organico e coordinato non può non riflettersi in una coordinazione delle idee e quindi in un comportamento più cosciente e maturo.”64 Corallo auspica che anche in Italia l’interrogazione orale, il colloquio e il compito scritto siano usati come mezzi per favorire l’apprendimento, l’approfondimento intellettuale, la formazione al ragionamento, alla comprensione e alla discussione; mentre per la valutazione del profitto si dovrebbe far ricorso alla prova oggettiva costruita dall’insegnante per i suoi alunni, senza confonderla con i test standardizzati. Più volte ritorna in questo ultimo scritto l’attenzione alla struttura logica della materia di studio e al collegamento di essa con l’intero sapere. Con le citazioni di Bruner65 , Corallo ha inteso indicare una pista di ricerca didattica che assumesse i principi fondamentali dell’attivismo, rivalutasse l’acquisizione della struttura della disciplina da parte dell’alunno, stimolasse direttamente le sue attività intellettuali, curasse la sua educazione morale nell’atto stesso dell’apprendimento. Si tratta di un’eredità pesante e carica di significati ideali. 64 Ibid. , p.244 Si riferisce alle tre opere tradotte dall’editore romano Armando: Dopo Dewey. Il processo di apprendimento nelle due culture (1964) ; Verso una teoria dell’istruzione (1967); Il conoscere. Saggi per la mano sinistra (1968). 65 24