A.I.A.B. CAMPANIA
Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica
A.I.A.B. CAMPANIA: Via Tasso 169 i – 80127 Napoli – Tel. 081 7613830 Fax 081 7612734 E-Mail: [email protected]
C.F.: 95023780638 - C/C BANCARIO INTESTATO A: “A.I.A.B. CAMPANIA PIR SALERNO 6”, n° 000000117843
(cin C – abi 05018 -cab 03400) c/o Banca Popolare Etica Filiale di Napoli-P.zza Nicola Amore, 6 sc. B–80138 Napoli.
MANUALE
DELL’ASSISTENZA TECNICA
IN AGRICOLTURA BIOLOGICA
Ambito SA 6
POR CAMPANIA 2000-2006 Interventi cofinanziati dal FEOGA - Misura 4.24 “Progetti Integrati Rurali”PIR Ambito SALERNO 6 “GELBISON-CERVATI” Misura 4.18 “Avviamento di servizi di sostituzione e di
assistenza alla gestione delle aziende agricole” – tipologia B – Programma triennale a cura dell’A.I.A.B.
Campania (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica): “Avviamento di servizi di assistenza
tecnica alla gestione delle aziende agricole biologiche associate” (Prot. SeSIRCA N°
2005.0939029 del 15.11.05) – DRD n° 7/06 e n° 388/06.
© AIAB Campania
Via Tasso 169
80127 Napoli
v.1.0 – 2006
INDICE
INTRODUZIONE GENERALE ……………………………………
4
INTRODUZIONE ALLA PIATTAFORMA TELEBIO …………...
5
INTRODUZIONE ALL’INTERVENTO PIR 4.24 ………………...
7
CAPITOLO 1. COMPETENZE GESTIONALI ………………….. 13
1.1. Gestire la conversione dal convenzionale
al biologico ………………………………………….……
1.1.a. Normativa dell’agricoltura biologica
1.1.b. Standards internazionali
1.1.c. Piano di riconversione
1.1.d. bilancio energetico dell’azienda
1.2. La tracciabilità della filiera agroalimentare …………
1.2.a. La normativa sulla tracciabilità degli alimenti
1.2.b. Certificazione della tracciabilità
1.2.c. Controllo sugli OGM
1.3. Certificazione di qualità, tipicità, sociale
ed ambientale ……………………………………………
1.3.a. Certificazione di qualità
1.3.b. Certificazione di tipicità
1.3.c. Certificazione sociale ed ambientale
1.4. Multifunzionalità …………………………………………
1.4.a. Agriturismo
1.4.b. Gestione del paesaggio
1.4.c. Fattorie didattiche
13
22
27
32
CAPITOLO 2. COMPETENZE COMMERCIALI ………………. 36
2.1. Strategie di Marketing ………………………………… 36
2.1.a. Canali di vendita dei prodotti biologici
2.1.b. Agricoltura biologica e marketing territoriale
2.2. Marketing e nuove tecnologie ………………………. 43
2.3. Etichettatura delle produzioni da agricoltura
Biologica ………………………………………………… 44
2.3.a. legislazione internazionale sull’etichettatura
delle produzioni biologiche
2.3.b. etichettatura Fair-trade
CAPITOLO 3. COMPETENZE PRODUTTIVE …………………. 47
3.1. Principi dell’agricoltura biologica …………………….. 47
3.1.a. Approccio olistico
3.1.b. Principi di salute, ecologia, equità sociale, cautela
3.2. Gestione della fertilità del suolo ………………………. 48
3.2.a. Fertilità del suolo
3.2.b. Compostaggio e riciclaggio della biomassa
3.2.c. Rotazioni e consociazioni
3.2.d. Fertilizzanti autorizzati
3.3. Difesa fitosanitaria ……………………………………….. 55
3.3.a. Prevenzione
3.3.b. Controllo biologico
3.3.c. Controllo della flora spontanea
3.3.d. Prodotti autorizzati
3.4. Produzioni e trasformazioni agroalimentari ……...…. 67
3.4.a. Produzioni vegetali
3.4.b. Produzioni animali
3.4.c. Conservazione e trasformazione degli alimenti
GLOSSARIO ………………………………………………………… 83
BIBLIOGRAFIA / SITI INTERNET …………………...…………… 90
INTRODUZIONE GENERALE
Questo manuale rappresenta un estratto del materiale tecnico-scientifico inserito nella
piattaforma di assistenza tecnica informatizzata “TELEBIO – GELBISON CERVATI”. Esso è il
frutto del lavoro comune del team di esperti partecipanti al progetto PIR – Ambito Salerno 6 di
Avviamento di servizi di assistenza tecnica alla gestione delle aziende agricole biologiche
associate all’AIAB Campania. Tutti i tecnici impegnati nel progetto sono stati formati e
costantemente aggiornati secondo i più avanzati modelli formativi europei, oltre ad essere tutti
iscritti all’Albo dei tecnici dell’agricoltura biologica dell’AIAB.
Il manuale si propone di fornire all’operatore agricolo le conoscenze necessarie per lavorare con
successo nel settore dell’agricoltura biologica, fornendo preziosi suggerimenti a livello tecnico,
amministrativo e commerciale.
Siamo convinti che il “Tecnico di agricoltura biologica” sia la figura professionale che più di
ogni altra possa divenire un importante punto di riferimento per lo sviluppo rurale sostenibile dei
territori europei. Essa avrà il compito di guidare, con competenza, l’agricoltore, l’allevatore ed il
trasformatore nel processo di riconversione produttiva e nel successivo mantenimento del
metodo biologico. Richiedendo il biologico un approccio di tipo sistemico e complesso, il tecnico
dovrà avere una conoscenza chiara e completa delle problematiche ambientali, agricole e
commerciali. Dovrà inoltre essere in grado di coadiuvare gli operatori nell’espletamento dei
numerosi adempimenti formali richiesti dalla normativa internazionale, comunitaria, nazionale e
locale, che è tra l’altro in continua evoluzione (nel manuale si riportano molte fonti dalle quali è
possibile ricevere gli aggiornamenti normativi).
Vediamo di seguito una breve descrizione dei contenuti specifici.
1. Un primo capitolo dedicato alle problematiche gestionali tratta gli aspetti della
conversione aziendale al biologico, della certificazione delle produzioni sulla base della
normativa europea e degli standards IFOAM, l’attività degli Enti di certificazione, la
tracciabilità e la certificazione di filiera, gli strumenti di supporto alle attività delle aziende
agricole biologiche. Il tecnico che effettuerà l’assistenza conoscerà l’eco-sistema in cui si
inserisce l’azienda agricola e le relazioni esistenti tra le diverse forme di vita. Egli dovrà
essere consapevole del fatto che l’azienda agricola biologica deve avere un ciclo chiuso ed
usare risorse locali. La sua attività professionale dovrà essere finalizzata proprio al
contenimento dell’uso di inputs esterni (mezzi tecnici, energia, ecc.), avendo sempre ben
presente il contesto territoriale in cui svolge la propria attività. Grazie alla sua consulenza
l’agricoltore potrà svolgere più facilmente il proprio difficile lavoro, adeguandolo nel
contempo a precisi schemi di certificazione agroalimentare.
2. Un secondo capitolo tratta le problematiche relative alla commercializzazione delle
produzioni da agricoltura biologica. Qui vengono trattati il marketing dei prodotti
biologici, i canali di vendita delle produzioni agroalimentari, la selezione dei fornitori e dei
compratori, le regole del mercato, il marketing territoriale e le tecniche di comunicazione. È
sempre più importante conoscere l’uso delle nuove tecnologie per un marketing innovativo
(e-commerce, web marketing, e mail marketing). Dovrà inoltre essere approfondita la
conoscenza della normativa comunitaria sull’etichettatura delle bio-produzioni.
3. Un terzo capitolo tratta gli aspetti produttivi. Il tecnico di agricoltura biologica fornirà
all’agricoltore l’assistenza tecnica necessaria ad un corretto avvio della fase di conversione
ed alla successiva gestione delle attività. Per fare questo egli dovrà tener conto del dettato
normativo e fornire all’operatore tutte le informazioni utili per la sua corretta applicazione.
Sarà quindi necessario analizzare con attenzione la situazione di partenza dell’azienda,
intervistando l’eventuale suo responsabile tecnico e definendo insieme il piano di
riconversione e/o mantenimento.
4. E’ stato inoltre predisposto un glossario con i principali termini utilizzati in agricoltura
biologica.
4
INTRODUZIONE ALLA PIATTAFORMA DI ASSISTENZA TECNICA “TELEBIO”
TeleBio è una Piattaforma di Assistenza Tecnica (PAT) on-line che consente agli operatori
agricoli associati all'AIAB (aderenti al servizio) di accedere 24 ore su 24 ai servizi di
informazione, assistenza e consulenza erogati dalla Rete di Assistenza Integrata (RAS).
Quest'ultima è costituita da tecnici esperti di agricoltura biologica regolarmente iscritti all'Albo
dell'AIAB, consulenti di certificazione delle filiere agroalimentari, esperti del territorio. TeleBio
permette inoltre ai tecnici della RAS impegnati sul campo di essere in collegamento continuo
con la sede operativa centrale e di poter accedere attraverso le loro postazioni mobili alle
banche dati ed alle altre informazioni utili per lo svolgimento del proprio lavoro.
Le origini della piattaforma risalgono al 2005 quando L'AIAB Campania, avendo rilevato tra i
propri associati un crescente fabbisogno di assistenza, decide in seguito all'attivazione della
misura 4.24 del POR CAMPANIA 2000-2006 (Progetti Integrati Rurali), di manifestare
ufficialmente ai tre partenariati promotori dei PIR ambito Salerno 2, Salerno 6 e Benevento 3, la
propria volontà di attivare le tre seguenti piattaforme di assistenza tecnica: "Telebio IrnoPicentini" (PIR ambito Salerno 2), "Telebio Gelbison Cervati" (PIR ambito Salerno 6), "Telebio
Valli Saticula e Telesina" (PIR ambito Benevento 3). Le manifestazioni di interesse vengono
accolte positivamente dai partenariati locali ed inserite nei rispettivi Progetti Integrati Rurali, i
quali vengono successivamente approvati dalla Regione Campania, che il 26 agosto 2005
provvede a pubblicare sul BURC n. 42 il bando delle misure POR da realizzare con i Progetti
Integrati Rurali (PIR). Ne segue un'intensa attività progettuale, al termine della quale il 30
ottobre 2005 l'AIAB Campania sottopone a richiesta di cofinanziamento i progetti delle tre
piattaforme di assistenza tecnica (Mis. 4.18). Tutti i progetti si classificano al primo posto delle
rispettive graduatorie e vengono approvati dalla Regione Campania: finalmente a gennaio 2006
si può cominciare ad impostare il lavoro in attesa dei tre decreti di concessione che arrivano il
23.05.2006 (PIR Salerno 2 e Benevento 3) ed il 16.10.2006 (PIR Salerno 6).
L'AIAB Campania sviluppa le tre piattaforme in modo autonomo e provvede a collocarle su tre
diversi server, fisicamente situati in tre diversi ambienti della sede centrale sita in Napoli alla Via
Tasso 169 villino i.
I nove moduli di assistenza tecnica, tutti elaborati sulla base di innovativi modelli europei, sono
stati personalizzati per soddisfare le diverse esigenze delle aziende collocate in territori a volte
profondamente diversi tra loro. Man mano che le aziende richiedono specifici approfondimenti
su tematiche particolari la Rete di Assistenza Tecnica (RAS) provvede ad aggiornare la
trattazione del modulo con ulteriori contenuti, che contribuiscono all'arricchimento complessvo
della piattaforma. Con il passare del tempo le piattaforme diventeranno sempre più diverse tra
loro ed i contenuti rispecchieranno le caratteristiche e le esigenze della specifica area
geografica in cui le aziende sono collocate. Ma la vera innovazione dei tre progetti consiste
nell'utilizzo di alcune risorse comuni che, grazie all'uso delle nuove tecnologie della
comunicazione quali FAQ, Data Base MySQL, Forum, News, permetterà agli utenti delle tre
piattaforme di comunicare tra loro realizzando una “Comunità virtuale” in grado di relazionare
sia al proprio interno che all'esterno, interfacciandosi con Enti, istituzioni, mercato, associazioni
del settore.
Le nuove tecnologie consentono agli agricoltori di tenersi continuamente aggiornati senza
doversi necessariamente spostare dal luogo di lavoro (... e sappiamo quanto questo sia
importante!). L'aspetto più significativo per noi è però quello (dopo essersi conosciuti on-line) di
mantenere le relazioni e collaborare con gli altri agricoltori per la risoluzione reciproca di
problemi, richiedendo in caso di necessità l'aiuto dei tecnici della piattaforma Telebio. Certo
esistono alcuni vincoli alla fruizione, come la necessità di disporre di un PC, di un collegamento
a internet, di trovare il tempo necessario a collegarsi on-line per utilizzare la piattaforma, ma il
5
progetto è stato organizzato in modo da garantire la massima flessibilità, la possibilità di avere
sempre a disposizione tecnici qualificati, materiali tecnici di qualità e strumenti in grado di
facilitarne l'apprendimento (FAQ, Forum, ecc.). Per tutte queste ragioni è stata scelta una
metodologia di assistenza mista: on line e sul campo. Queste ultime attività hanno infatti lo
scopo di facilitare la conoscenza tra agricoltori e tecnici, ma hanno anche lo scopo di
approfondire la conoscenza della piattaforma Telebio, di affrontare gli aspetti sostanziali del
programma di assistenza, con particolare riguardo agli obiettivi generali, di dibattere
problematiche ed impostare insieme soluzioni. Anche se l'attività sul campo si ritiene
importante, la parte fondamentale del programma è quella on-line. Questa tocca diversi
aspetti innovativi, quale l'apprendimento collaborativo, l'autoistruzione, la possibilità di
autocrearsi i percorsi di apprendimento e trovare le risposte ai problemi senza dover
necessariamente ammettere a qualcuno la non conoscenza di qualcosa. La grande esperienza
maturata nel settore dell'assistenza tecnica in agricoltura biologica ci ha infatti consigliato
nell'elaborazione del programma Telebio di ricercare nuove forme di risposta alle esigenze degli
agricoltori, che non mettessero mai in discussione le loro conoscenze ed i loro convincimenti
ma che, gradualmente, insinuassero dei dubbi, sollecitassero delle curiosità, suggerissero
nuove soluzioni ai problemi gestionali dell’azienda agricola.
Nel caso dell’AIAB risulta anche importante, in alcuni casi, garantire l’anonimato degli operatori
nella richiesta di consigli su tematiche delicate (per es. cosa fare in caso di individuazione sulle
produzioni di residui di mezzi tecnici non consentiti dalla normativa comunitaria, come effettuare
una richiesta di deroga all’utilizzo di sementi biologiche, ecc.). Infatti, seppure dal 2002 l’AIAB
abbia delegato ad ICEA (Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale) tutte le funzioni di
controllo ai sensi del Reg. CEE n. 2092/91, molti operatori temono che le situazioni di non
conformità emerse durante l’assistenza tecnica possano in qualche modo pervenire
all’Organismo di controllo, compromettendo conseguentemente l’ottenimento della
certificazione. È per questo fondamentale che i tecnici della piattaforma Telebio chiariscano sin
dai primi rapporti con l’azienda l’indipendenza dell’AIAB dall’Organismo di controllo e soprattutto
evidenzino l’impegno alla confidenzialità, che ogni tecnico è tenuto a mantenere rispetto a
quanto appreso durante le attività di assistenza tecnica. Sono inoltre garantiti spazi di
comunicazione anonima sulla piattaforma on-line Telebio.
6
INTRODUZIONE ALL’INTERVENTO PIR 4.24: GESTIONE DI STRATEGIE INTEGRATE DI
SVILUPPO RURALE DA PARTE DEI PARTENARIATI LOCALI.
La Progettazione Integrata Rurale, introdotta nella Regione Campania con la Misura 4.24
““Gestione di strategie integrate di sviluppo rurale da parte dei Partenariati locali”, rappresenta
un percorso complesso di programmazione nel quale si devono prendere decisioni che
necessitano di forte consenso e di supporto operativo. In tal senso il partenariato è di fatto un
strumento metodologico che aiuta, rafforza e facilita il processo decisionale perché laddove ben
selezionato ed individuato consente di integrare tutti gli interessi cui si lega un determinato
progetto di sviluppo locale.
L’intervento proposto dall’AIAB Campania nell’ambito del PIR rientra nella misura 4.18 del POR
Campania ed è rivolto all’avviamento di servizi di assistenza tecnica alla gestione delle aziende
agricole biologiche (ai sensi del Reg. CEE n. 2092/91 e successive mod./int) ricadenti nel
territorio del PIR “GELBISON CERVATI” – Ambito Salerno 6.
È però importante comprendere che l’intervento proposto ancora prima che agli obiettivi della
misura 4.18 deve rispondere a quelli più ampi e significativi della misura 4.24 e del tema
strategico del PIR GELBISON CERVATI AMBITO SALERNO 6:
AZIONI DI SISTEMA PER MIGLIORARE IL LIVELLO DI SERVIZI ALLE POPOLAZIONI ED
AGLI OPERATORI ECONOMICI DELLE AREE RURALI
(Tema strategico 4)
La provincia di Salerno, con la delibera G.P. n. 672 del 14-09-2004, ha definito i sei ambiti
territoriali per la realizzazione dei PIR e l’ambito 6 (Gelbison Cervati) risulta costituito dai
comuni di: Castenuovo, Ceraso, Gioi, Orria, Perito, Salento, Cuccaro Vetere, Futani, San Mauro
La Bruca e Stio.
L’area relativa all’ambito 6 della Provincia di Salerno comprende il territorio di 10 comuni
che ricadono negli ambiti amministrativi di tre diverse Comunità Montane della Provincia
di Salerno.
7
Tutti questi Comuni ricadono nella perimetrazione amministrativa del Parco Nazionale del
Cilento e Vallo di Diano (PNCVD) o nelle aree ad esso contigue. L’area complessiva del PIR
ambito 6 è di Kmq 242,79, di cui 165, pari al 68% del totale, ricadenti all’interno del PNCVD,
istituito con la Legge n° 394 del 6 dicembre 1991, che comprende un’area di 1.810,48 kmq..
Esso abbraccia, per intero o parzialmente, 80 Comuni, appartenenti a 7 Comunità Montane, e
conta una popolazione di 227.010 abitanti.
Per ulteriori dettagli sull’area si consiglia di consultare il progetto integrale del PIR Gelbison
Cervati, disponibile anche sulla piattaforma Telebio.
Nello specifico l’AIAB con questo progetto prevede di offrire servizi diretti di assistenza alle
aziende biologiche associate dell’area Gelbison Cervati, mentre i servizi informativi potranno
interessare la totalità degli operatori provinciali già iscritti al sistema di controllo del biologico,
oltre a quelli che intendono avviare la riconversione produttiva.
Al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici del PIR, l’AIAB Campania ha
attivato una rete locale costituita dalle aziende aderenti al servizio, dai tecnici e dagli esperti di
agricoltura biologica, dai portatori degli interessi locali, GAL e dalle Istituzioni locali (STAPAC
Salerno, Provincia di Salerno, Comuni, ecc.).
L’AIAB ha inoltre aderito alle più importanti iniziative istituzionali volte alla valorizzazione
commerciale delle produzioni biologiche di qualità, quale il progetto “Tipico salernitano- Il
Paniere dei prodotti tipici e bio eccellenti” ed il “Bio-distretto delle Colline di Elea Velia”.
Gli operatori agricoli biologici in Campania
Fonte: Regione Campania, 2006
8
Tab. Superficie agricola PIR Ambito Salerno 6, secondo l’utilizzazione dei terreni (Ettari)
Fonte: Elab. Dati ISTAT 5° Censimento Agricoltura 2000
Contenuta nel Progetto Integrato Rurale Gelbison Cervati Ambito 6
Tab. Aziende PIR Ambito Salerno 6 con coltivazioni legnose agrarie e relativa superficie per le principali
coltivazioni praticate
Fonte: Elab. Dati ISTAT 5° Censimento Agricoltura 2000
Contenuta nel Progetto Integrato Rurale Gelbison Cervati Ambito 6
Tab. Aziende PIR Ambito Salerno 6 con seminativi e relativa superficie per le principali coltivazioni praticate
Fonte: Elab. Dati ISTAT 5° Censimento Agricoltura 2000
Contenuta nel Progetto Integrato Rurale Gelbison Cervati Ambito 6
Tab. PIR Ambito Salerno 6 - Allevamenti Bovini, Bufalini, Ovini, Caprini, Suini e relativo numero di capi
Fonte: Elab. Dati ISTAT 5° Censimento Agricoltura 2000
Contenuta nel Progetto Integrato Rurale Gelbison Cervati Ambito 6
9
Gli operatori della filiera agrobiologia per ottimizzare l’efficienza aziendale ed incrementare la
qualità delle loro produzioni necessitano di una qualificata e continua assistenza tecnica volta
anche a garantire il pieno rispetto dei requisiti stabiliti dal Reg. CEE 2092/91 e, più in generale,
da tutta la normativa agricola vigente.
Come evidenziato dai più recenti studi sul settore, le caratteristiche dell’impresa biologica
(multifunzionalità, accoglienza agri-turistica, eno-gastronomia) vengono incontro anche alle più
diffuse aspettative occupazionali dei giovani, che sono in tal modo incentivati a non
abbandonare le aree rurali ed a perpetuare nel tempo quel prezioso patrimonio fatto di cultura,
tradizioni locali, produzioni tipiche ed ambienti naturali.
Nel contempo va comunque evidenziato che gli agricoltori non sono propensi ad investire molte
risorse finanziarie nell’acquisto di servizi di assistenza tecnica esterni all’azienda, risulta quindi
determinante lo sviluppo di nuovi sistemi di assistenza integrata, che facciano ampio ricorso alle
nuove tecnologie, riducendone notevolmente i costi e facilitandone l’accesso. A tal fine una
indagine condotta nel 2005 dall’AIAB ha rilevato che nelle aziende agricole biologiche lo
strumento informatico risulta largamente utilizzato dal titolare e dai suoi collaboratori/familiari,
contrariamente a quanto si può invece rilevare per le aziende convenzionali.
Il progetto AIAB Campania si propone di migliorare la competitività dell’agricoltura dell’area
Gelbison Cervati, fornendo agli operatori agricoli l’assistenza tecnica necessaria per la
riqualificazione in chiave eco-compatibile delle realtà aziendali, aprendole alla multifunzionalità
e contribuendo nel contempo al miglioramento dell’ambiente e della qualità della vita nelle zone
rurali.
Ci si attende dall’intervento proposto un’innalzamento della quantità e della qualità delle
produzioni biologiche, riducendo anche l’uso di fonti energetiche non rinnovabili e riducendo
drasticamente l’uso dei nitrati nelle aree sensibili.
La multifunzionalità dell’impresa agrobiologia comporta inoltre un incremento del personale
addetto e l’apertura dell’azienda all’esterno (ospitalità rurale, fattoria didattica, percorsi
agroambientali, etc.), con indubbi vantaggi per l’economia e l’occupazione locale.
Si riporta di seguito un prospetto con i risultati attesi e gli indicatori con cui misurare l’efficacia
degli interventi proposti.
AZIONI
PROGETTUALI
Azioni informative
OBIETTIVI
INDICATORI
•
Far conoscere agli
agricoltori gli orientamenti
e le nuove frontiere
dell’agricoltura biologica:
multifunzionalità, filiera
corta, etc.
Incentivare l’uso delle
nuove tecnologie
Migliorare la produttività e
la competitività delle
aziende biologiche
•
Aumentare il numero di
certificazioni richieste dagli
agricoltori biologici
Definire un programma di
tracciabilità delle
produzioni
•
•
Azioni di assistenza
Azioni di
consulenza
•
•
•
•
•
•
•
Inserimento dell’azienda in
almeno un circuito
“multifunzionale” (fattoria
didattica, bio-sentiero, etc.)
Almeno 10 contatti/mese alla
piattaforma TELEBIO (per
ciascuno degli agricoltori
coinvolti nell’iniziativa.
Incremento della produttività
della coltura principale
Introduzione in azienda di
colture diverse (anche
consociate)
Incremento (almeno +10%)
delle certificazioni richieste
all’Organismo di Controllo nel
triennio di riferimento (20062008)
Adozione di un sistema di
tracciabilità informatica
L’alta innovatività del progetto risiede nella messa a punto di una piattaforma di assistenza
tecnica on-line che permetterà a tecnici e consulenti della rete di assistenza integrata del
progetto di erogare con continuità servizi di informazione, assistenza e consulenza di qualità. La
scelta di ricorrere alle TIC risulta inoltre essere premiante per la gestione economica del
progetto al termine dei primi tre anni (cofinanziati).
10
La realizzzazione della Piattaforma di Assistenza Tecnica (PAT) “TELEBIO GELBISON
CERVATI”, presso la sede regionale dell’AIAB Campania; oltre a consentire un aggiornamento
continuo degli imprenditori agricoli coinvolti nel progetto, consentirà un collegamento diretto
della sede operativa centrale con i tecnici impegnati sul campo nell’assistenza tecnica, grazie
all’uso di postazioni mobili. La piattaforma sarà installata sulla postazione multimediale
appositamente attivata presso la sede dell’AIAB.
Attivazione della Rete di Assistenza Integrata (RAS), costituita da tecnici di agricoltura
biologica, consulenti di certificazione delle filiere agroalimentari, esperti del territorio, che si
avvarranno per l’espletamento del proprio lavoro della PAT e dei collegamenti permanenti
dell’AIAB con banche dati del biologico, Data base sui disciplinari del biologico, Data base sulle
buone pratiche di coltivazione biologica.
Vediamo nello schema seguente il dettaglio delle azioni progettuali.
Azioni di assistenza
Azioni di informazione
a) Seminario tecnico
Durante il quale saranno
trattate tematiche quali:
agricoltura biologica, la
multifunzionalità e l’uso delle
nuove tecnologie
dell’informazione e della
comunicazione. L’incontro
svolgerà l’importante funzione
di mettere in rete gli operatori
agricoli, i tecnici ed i portatori
degli interessi locali.
L’obiettivo finale sarà anche
quello di ribadire il nuovo
ruolo che la Politica Agricola
Comunitaria affida
all’agricoltore: operatore dello
sviluppo rurale sostenibile e
guardiano del territorio.
a) Visite in azienda di tecnici
b)
c)
b) Sito web, sul quale saranno
prontamente segnalate tutte
le iniziative del progetto e gli
aggiornamenti tecniconormativi del settore agrobiologico. Il sito sarà la porta
di accesso alla piattaforma
TELEBIO e conterrà due
livelli di informazioni: uno
pubblico ed uno protetto da
identificativo e password
riservato agli operatori
aderenti al progetto.
d)
e)
f)
c) Newsletter mensile, che
sarà pubblicata sul sito web
ed inviata per e-mail a tutti
gli operatori aderenti al
progetto. Sarà inoltre
distribuita in occasione del
seminario e degli incontri
pubblici di diffusione dei
risultati progettuali.
g)
h)
i)
j)
specializzati in agricoltura
biologica che, oltre a fornire
l’assistenza necessaria per
migliorare la produttività e la
competitività delle imprese,
svolgeranno anche il compito
di sensibilizzazione all’utilizzo
delle nuove tecnologie ed
illustreranno agli operatori le
modalità di fruizione della
piattaforma telematica
“TELEBIO”.
Assistenza a distanza sulla
“Bio-riconversione”, erogata
attraverso la piattaforma
Telebio
Assistenza a distanza sulla
“Gestione della fertilità”,
erogata attraverso la
piattaforma Telebio
Assistenza a distanza sui
“Mezzi tecnici bio”, erogata
attraverso la piattaforma
Telebio
Assistenza a distanza sui
“Seminativi bio”, erogata
attraverso la piattaforma
Telebio
Assistenza a distanza
sull’“Olivo bio”, erogata
attraverso la piattaforma
Telebio
Assistenza a distanza sulla
“Vite bio”, erogata attraverso
la piattaforma Telebio
Assistenza a distanza sul
“Frutteto bio”, erogata
attraverso la piattaforma
Telebio
Assistenza a distanza
sull’“Allevameto bio”,
erogata attraverso la
piattaforma Telebio
Assistenza a distanza sulla
“Multifunzionalità”, erogata
attraverso la piattaforma
Telebio.
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Azioni di consulenza
L’obiettivo della consulenza è
quello di incrementare ed
ottimizzare l’uso della
certificazione da parte degli
operatori della filiera
agrobiologia. Esiste infatti una
grande differenza numerica tra
gli operatori sottoposti al sistema
di controllo ai sensi del Reg.
CEE n. 2092/91ed i “licenziatari”
che richiedono regolarmente la
certificazione delle produzioni.
Molto spesso questo gap è
legato alla scarsa conoscenza
delle procedure di certificazione
e degli indubbi vantaggi
(commerciali, di immagine
aziendale, ecc.) che ne possono
derivare. L’altro obiettivo è quello
di diffondere la conoscenza e la
corretta applicazione della
normativa sulla tracciabilità delle
produzioni (dal campo alla
tavola).
Sono previste quattro linee di
azione:
a) N. 12 incontri aziendali sulla
certificazione
b) N. 12 incontri aziendali sulla
tenuta della documentazione
ufficiale del biologico
c) N. 12 incontri aziendali sul
mantenimento della
certificazione
d) N. 12 incontri aziendali
sull’ottimizzazione della
certificazione.
Punto di riferimento dell’AIAB Campania sul territorio del Gelbison Cervati è l’Azienda agricola
Alberta di Ceraso (SA):
P.zza Mazzini, 14
84052 Ceraso (SA)
Tel. 0974 61238
[email protected]
www.aziendagricolalberta.it
12
CAPITOLO 1. COMPETENZE GESTIONALI
1.1. Gestire la conversione aziendale dal convenzionale al biologico
1.1.a. Normativa dell’agricoltura biologica
Per partire con il piede giusto nella lettura del presente manuale è necessario precisare subito
che l’agricoltura biologica costituisce la principale forma di approccio olistico allo sviluppo rurale
sostenibile, oltre che l’applicazione concreta del nuovo modello agricolo europeo. L’operatore
non deve quindi lasciarsi prendere esclusivamente dalla pur importante conoscenza della
normativa di riferimento, ma deve sforzarsi di comprendere fino in fondo la vera sostanza
dell’agricoltura biologica, a prescindere dalle formalità, per poterla poi trasmettere in modo
efficace all’agricoltore. La stessa Commissione Europea ha di recente fatto delle scelte
importanti, basilari per il futuro assetto agricolo europeo, sostenendo anche economicamente
l’applicazione dei principi della “multifunzionalità” e dell’”eco-condizionalità” nella gestione
delle aziende agricole, al fine di preservare i territori, i prodotti agricoli tradizionali e le culture
locali. “Le riforme della PAC del 2003 e del 2004 rappresentano due tappe fondamentali sulla
via del miglioramento della competitività e dello sviluppo sostenibile dell’attività agricola
nell’Unione europea e tracciano il quadro di riferimento delle riforme future. Le riforme
successive hanno contribuito alla competitività dell’agricoltura europea riducendo le garanzie di
sostegno dei prezzi e incoraggiando l'adeguamento strutturale. L’introduzione dei pagamenti
diretti disaccoppiati incoraggia i produttori a reagire ai segnali del mercato conseguenti alla
domanda dei consumatori, anziché a contare su incentivi legati alla quantità. Le norme della
condizionalità, che includono gli aspetti ambientali, la sicurezza alimentare, la salute e il
benessere degli animali, rafforzano la fiducia dei consumatori e la sostenibilità ambientale
dell’attività agricola” 1.
La normativa europea sull’agricoltura biologica apre nuove strade per i produttori agricoli,
consentendo lo sviluppo di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente, in grado di ottenere alimenti
sicuri e di qualità. Il Regolamento Comunitario n° 2092/91 disciplina in modo completo ed
univoco, per tutti i Paesi dell’Unione Europea, il metodo di produzione biologico degli alimenti. Il
regolamento base è stato aggiornato ed integrato molte volte. Un “testo consolidato” viene
periodicamente predisposto dall’ufficio per le pubblicazioni dell’Unione Europea ed è scaricabile
dal sito ufficiale2.
E’ inoltre da evidenziare che stiamo parlando di un sistema fondato su base volontaria, il cui
logo può essere usato in aggiunta ad altri marchi, pubblici o privati, che servano ad identificare
le produzioni da agricoltura biologica. In tutta l’Unione Europea per etichettare come biologico
un prodotto, esso deve innanzitutto essere conforme al dettato normativo, che ne stabilisce i
requisiti minimi per la produzione, trasformazione ed importazione da Paesi terzi, comprese le
procedure per il controllo e la certificazione, l’etichettatura e la commercializzazione. Questo
tipo di etichettatura potrà essere utilizzata solo da quei produttori i cui sistemi produttivi e le cui
produzioni siano state controllate e dichiarate conformi alla normativa comunitaria. Il logo che
contraddistingue le produzioni da agricoltura biologica è stato definito a livello europeo sin
dall’anno 2000. Il logo può essere applicato esclusivamente sui prodotti trasformati in cui
almeno il 95% degli ingredienti provenga a sua volta da agricoltura biologica, e la cui
lavorazione, confezionamento ed etichettatura siano avvenute nell’Unione Europea o in un
Paese con un sistema di certificazione equivalente a quello europeo.
1
2
Decisione del Consiglio (2006/144/EC) del 20 Febbraio 2006 relativa agli “Orientamenti strategici
comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013)”, nella Gazzetta Ufficiale
dell’Unione Europea L 55/20, 25.2.2006.
http://europa.eu.int/eur-lex .
13
Immagine 1: logo europeo per le produzioni da agricoltura biologica
In base al principio europeo di sussidiarietà è stato inoltre stabilito che ogni nazione è
responsabile dell’applicazione e del monitoraggio del proprio sistema di controllo del biologico.
Modalità operative, supervisione e sistema sanzionatorio sono stabiliti a livello locale. Ogni
Paese è responsabile dell’applicazione delle norme comunitarie sul territorio nazionale. Le
produzioni biologiche importate dai Paesi terzi devono essere state prodotte, lavorate e
certificate nel rispetto di standards equivalenti a quelli comunitari.
La Commissione Europea ha elaborato una proposta di nuova regolamentazione
dell’agricoltura biologica3: l’obiettivo dovrebbe essere quello di sostituire l’attuale complessa
normativa con una più semplice e trasparente. Questa dovrebbe definire, in modo chiaro,
obiettivi e principi dell’agricoltura biologica, specificare le regole d’etichettatura e regolare le
importazioni. In realtà sono molte le perplessità che la proposta ha destato tra gli operatori del
settore ed il 27 marzo 2006 più di 90 stakeholders, provenienti da 11 paesi europei, hanno
partecipato alla conferenza pubblica su “Agricoltura biologica: pronti per il prossimo decennio?”.
I delegati hanno discusso con la presidenza di turno austriaca, con la Commissione ed il
Parlamento Europeo sulla nuova proposta di regolamentazione. Per i portatori di interesse del
biologico si è trattata della prima vera occasione di discussione a livello europeo.
La normativa europea prevede che ogni Stato membro debba provvedere all’implementazione
di un sistema di controllo ed all’istituzione di un’Autorità che supervisioni l’operato degli Enti di
certificazione (i quali devono comunque operare sulla base degli standards internazionali EN
45011 o ISO 65).
Gli operatori che intendono produrre, trasformare od importare prodotti da agricoltura biologica
devono “notificare” l’inizio della loro attività ad uno degli Enti di certificazione accreditati, oltre
che alla competente Autorità di controllo nazionale. Lo schema di certificazione prevede che
l’operatore debba fornire una precisa descrizione dell’unità di produzione, identificare in modo
chiaro i magazzini, le aree di raccolta ed i luoghi di confezionamento-lavorazione.
Successivamente alla prima notifica di inizio attività di produzione con il metodo biologico,
l’operatore deve comunicare annualmente all’Ente di certificazione il programma di produzione
aziendale.
3
Bruxelles, 21.12.2005, COM(2005)671 definitivo (disponibile su internet all’indirizzo http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2005/com2005_0671it01.pdf).
14
Tabella 1: Elenco degli Enti di certificazione accreditati in ITALIA.
ELENCO DEGLI ENTI COMPETENTI PER L’ATTUAZIONE
DELLE ISPEZIONI PREVISTE DALL’ARTICOLO 15 DEL REGOLAMENTO CEE N° 2092/91
(Estratto dell’informativa comunitaria n° 2005/C16/01, pubblicata sulla G. U. dell’UE del 20.01.2005)
ICEA - Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale
Strada Maggiore, 29
I-40125 Bologna
Tel.: +39 051/272986
Fax: +39 051/232011
E-mail: [email protected]
Internet: www.icea.info
Consorzio Controllo Prodotti Biologici - CCPB
via Jacopo Barozzi 8
I-40126 Bologna
Tel.: +39 051/254688-6089811
Fax: +39 051/254842
E-mail: [email protected] Internet: www.ccpb.it
Suolo & Salute srl
Via Paolo Borsellino, 12/B
I-61032 Fano (PU)
Tel./Fax: +39 0721/830373
E-mail: [email protected]
Internet: www.suoloesalute.it
CODEX srl
Via Duca degli Abruzzi, 41
I-95048 Scordia (Ct)
Tel.: +39 095-650634/716
Fax: +39 095-650356
E-mail: [email protected]
Internet: www.codexsrl.it
IMC srl Istituto Mediterraneo di Certificazione
Via Carlo Pisacane, 32
I-60019 Senigallia (AN)
Tel.: +39 0717928725/7930179
Fax: +39 071/7910043
E-mail: [email protected]
Internet: www.imcert.it
Q.C. & I. International Services sas
Villa Parigini
Localita Basciano
I-55035 Monteriggioni (Si)
Tel.:+39 (0)577/327234
Fax: +39 (0)577/329907
E-mail: [email protected] Internet: www.qci.it
Bioagricert srl
Via dei Macabraccia, 8
I-40033 Casalecchio Di Reno (BO)
Tel.: +39 051562158
Fax: +39 051564294
E-mail: [email protected]
Internet: www.bioagricert.org
Ecocert Italia srl
Corso delle Province 60
I-95127 Catania
Tel.: +39 095/442746 - 433071
Fax: +39 095/505094
E-mail: [email protected]
Internet: www.ecocertitalia.it
Q.C. & I. . Gesellschaft fur kontrolle und zertifizierung von
Qualitatssicherungssystemen GmbH
Mechtildisstrasse 9
D-50678-KOLN
Tel.: +49(0) 221 943 92-09
Fax: +49(0) 221 943 92-11
E-mail: [email protected]
Internet: www.qci.de
BIOS srl
Via Monte Grappa 37/C
I-36063 Marostica (Vi)
Tel.: +39 0424/471125
Fax: +39 0424/476947
E-mail: [email protected]
Internet: www.certbios.it
Eco System International Certificazioni srl
Via Monte San Michele 49
I-73100 Lecce
Tel.: +39 0832318433
Fax: +39 0832-311589
E-mail: [email protected]
Internet: www.ecosystem-srl.com
BIKO TIROL - Verband Kontrollservice Tirol
Brixnerstrasse 1
A-6020 INNSBRUCK
Tel.: +43 512/5929337
Fax: +43 512/5929212
E-mail: [email protected]
Internet: www.kontrollservice-tirol.at
BIOZOO srl
Via Chironi 9
07100 SASSARI
Tel.: +39 079-276537
Fax: +39 1782247626
E-mail: [email protected]
Internet: www.biozoo.org
ABC Fratelli Bartolomeo
via Cirillo n.21
I-70020 Toritto (BA)
Tel./Fax: +39 0803839578
E-mail: [email protected]
ANCCP S.r.l
via Rombon 11
I-20134 MILANO
Tel.: +39 022104071
Fax: +39 02 210407218
E-mail: [email protected]
Internet: www.anccp.it
ABCERT - AliconBioCert GmbH
Martinstrasse 42-44
D-73728 Esslingen
Tel.: +49 (0) 711/351792-0
Fax: +49 (0) 711/351792-200
E-mail: [email protected]
Internet: www.abcert.de
Sidel S.p.a.
via Larga n.34/2
I-40138 BOLOGNA
Tel.: +39 022104071
Fax: +39 051 6012227
http://www.sidelitalia.it
INAC - International Nutrition and Agriculture Certification
In der Kammerliethe 1
D-37213 Witzenhausen
Tel.: +49 (0) 5542/91 14 00
Fax: +49 (0) 5542/91 14 01
E-mail: [email protected]
Internet: www.inac-certification.com
ICS - Control System Insurance srl
Viale Ombrone, 5
I-58100 Grosseto
Tel.: +39 0564417987
Fax: +39 0564410465
E-mail: [email protected]
Internet: www.bioics.com
IMO - Institut fur Marktokologie
Obere Laube 51/53
D-78409 Konstanz
Tel.: +49 (0) 7531/81301-0
Fax: +49 (0) 7531/81301-29
E-mail: [email protected]
Internet: www.imo-control.net
Certiquality - Istituto di certificazione della qualità
Via Gaetano Giardino 4 (P.za Diaz)
I-20123 Milano
Tel.: +39 02806917.1
Fax: +39 0286465295
E-mail: [email protected]
Internet: www.certiquality.it
15
Il Sistema di certificazione prevede che l’operatore descriva nel dettaglio il processo produttivo,
che dovrà poi essere verificato, approvato e costantemente controllato dall’Ente di
certificazione, anche attraverso il prelievo e l’analisi di campioni di prodotto, sia in azienda che
nei luoghi di trasformazione e commercializzazione. L’obiettivo del sistema di certificazione,
attraverso le verifiche iniziali ed il monitoraggio successivo, è quello di fornire al consumatore
una certificazione certa ed indipendente delle produzioni ottenute nel rispetto della normativa
vigente sull’agricoltura biologica.
L’Attività degli Enti di certificazione è sostenuta grazie al pagamento da parte degli operatori
controllati di una quota di controllo, stabilita sulla base delle dimensioni e della tipologia
produttiva dell’azienda. In ogni caso la quota di controllo deve permettere di coprire tutte le
spese sostenute dall’Ente di certificazione per lo svolgimento delle attività di controllo e
certificazione. L’operatore che intende conseguire la certificazione delle produzioni deve
seguire la seguente procedura:
1. Trasmettere la Notifica di inizio dell’attività di produzione con il metodo biologico
all’ufficio regionale competente ed all’Ente di certificazione scelto tra quelli in possesso del
formale accreditamento. Successivamente alla trasmissione della notifica iniziale,
l’operatore dovrà prontamente comunicare tutte le variazioni che dovessero intervenire
riguardo ai dati del legale rappresentante dell’azienda, alle unità di produzione, alle tipologie
produttive, ai luoghi di produzione ed alla superficie coltivata, ai metodi di produzione, ai
processi produttivi ed alla tipologia dei prodotti. L’operatore deve inoltre comunicare tutti i
cambiamenti relativi alla superficie aziendale, quali ad es. acquisizioni e cessioni di terreno,
variazioni del titolo di possesso.
2. Valutazione iniziale della documentazione, i documenti trasmessi dall’operatore saranno
controllati dall’Ente di certificazione per una prima verifica formale. In caso di esito negativo,
perché incompleta o non conforme, il responsabile del controllo informerà prontamente
l’operatore circa le mancanze e le non conformità, chiedendogli eventualmente di integrare
la documentazione entro un determinato lasso di tempo. Superato il termine prefissato,
qualora l’Ente di certificazione non dovesse ricevere la documentazione integrativa, dovrà
ritenersi nulla la richiesta di ingresso nel sistema di controllo del biologico.
3. Prima visita ispettiva, il tecnico ispettore dell’Ente di certificazione dovrà verificare che le
unità produttive, l’organizzazione e la gestione del processo produttivo siano conformi al
dettato normativo. Il tecnico ispettore dovrà consegnare all’operatore i registri aziendali,
spiegando nel dettaglio le modalità di inserimento delle informazioni relative a tutte le
operazioni praticate, ai mezzi tecnici utilizzati ed alle produzioni commercializzate.
4. Ingresso dell’operatore nel Sistema di controllo, sarà deciso dalla Commissione di
certificazione dell’Ente di controllo, in seguito alla valutazione della documentazione
aziendale e della relazione d’ispezione trasmessa dal tecnico.
5. Attestato di conformità, riporterà l’esito positivo della valutazione, la tipologia produttiva
aziendale, il codice assegnato all’operatore, la data di validità dell’attestato.
6. Programma Annuale di Produzione, dovrà essere trasmesso dall’operatore all’Ente di
certificazione entro il 31 gennaio di ogni anno, su apposita modulistica definita dall’Autorità
nazionale responsabile del controllo. Solo per il primo anno in cui viene effettuata la notifica
di inizio attività il Programma potrà essere trasmesso in ogni momento, comunque non oltre
30 gg. dalla data di ricevimento della comunicazione di ingresso nel Sistema di controllo. In
ogni caso ciascuna variazione significativa al programma dovrà essere prontamente
comunicata all’Ente di certificazione. Per le aziende zootecniche e gli apicoltori sottoposti a
controllo sono previste modulistiche equivalenti, che dovranno comunque essere inviate
all’Ente di certificazione negli stessi termini sopra riportati.
7. Programma Annuale di Lavorazione, dovrà essere trasmesso dal responsabile del centro
di confezionamento/lavorazione, il quale dovrà riportarvi tutti i prodotti che intende
processare, sia nel suo impianto che, eventualmente, in quello di terzi, in conformità con la
normativa del biologico.
8. Certificato delle produzioni ed autorizzazione alla stampa delle etichette, ogni
operatore ammesso nel Sistema di controllo del biologico può richiedere all’Ente di
certificazione il certificato delle produzioni ottenute e l’autorizzazione alla stampa delle
relative etichette.
L’operatore è responsabile del corretto utilizzo della documentazione e dei materiali derivanti
dall’attività di controllo e certificazione.
L’operatore assoggettato al Sistema di controllo dovrà in generale rispettare la normativa
nazionale e comunitaria del biologico, compilare la documentazione richiesta dall’Ente di
certificazione, consentire agli ispettori di accedere ai centri aziendali ed alla documentazione di
supporto (per esempio fatture, registri IVA, ecc.), consentire agli ispettori di controllare tutti i
16
prodotti ed i materiali che si rendessero necessari, sia di origine vegetale che animale, e tutti gli
ingredienti, sia di origine agricola che extra-agricola, oltre ad impegnarsi a comunicare ogni
sostanziale cambiamento che dovesse intervenire rispetto a quanto in precedenza dichiarato.
Dal punto di vista normativo va anche evidenziato che l’Unione Europea supporta le aziende
biologiche con apposite “Misure Agroambientali”, definite prima dal Regolamento CEE n°
2078/92 e poi dal Regolamento CE n° 1257/1999. Nel 2003, I programmi agro-ambientali hanno
riguardato circa la metà di tutta la superficie agricola europea coltivata con il metodo biologico
nell’Europa a 15 stati. Il numero delle aziende biologiche ed in conversione supportate è stato di
ca. 86.000, ossia ca. il 64% del totale delle aziende biologiche europee4. Il regolamento
stabilisce che gli agricoltori devono impegnarsi ad adottare il metodo biologico almeno per un
quinquennio ed in cambio ricevono un contributo determinato sulla base dell’ordinamento
colturale e della superficie coltivata. Il premio annuali fissati dal 1257/99 sono sensibilmente più
elevati rispetto a quelli fissati precedentemente dal 2078/92.
1.1.b. Standards internazionali
La Federazione Internazionale dei Movimenti di Agricoltura Biologica (IFOAM) è un’ente privato,
fondato nel 1972 per promuovere l’agricoltura biologica. L’IFOAM associa in tutto il mondo oltre
700 organizzazioni, rappresentative delle diverse realtà nazionali del biologico, degli Enti di
certificazione, delle aziende di commercializzazione e dei trasformatori; può quindi considerarsi
la più grande e rappresentativa federazione del settore.
Esistendo nel mondo numerosi standards produttivi, il termine “biologico” viene spesso ad
assumere significati diversi a seconda del Paese in cui ci si trova, risulta pertanto determinante
il ruolo armonizzante svolto dalle norme IFOAM, che definiscono i principi generali, le
raccomandazioni, le regole di base del settore e rappresentano lo stato dell’arte mondiale del
metodo di produzione agricolo biologico, riferimento fondamentale per gli Enti di certificazione
ma anche per gli stessi Enti di standardizzazione ed accreditamento. Queste norme svolgono
anche la funzione di evitare che l’uso dei molteplici standards nazionali finisca per divenire un
ostacolo alla libera circolazione delle produzioni da agricoltura biologica5.
L’IFOAM supporta invece lo sviluppo di standards locali in linea con gli obiettivi delle norme di
base IFOAM. Gli standards internazionali e quelli locali possono così essere armonizzati proprio
grazie al processo centralizzato di approvazione, attuato in modo equo e trasparente.
Immagine 2: logo IFOAM
Le linee guida per l’armonizzazione delle produzioni agricole sono state anche dettate dalla
FAO (Food and Agriculture Organization) e dal W.H.O. (World Health Organization). Queste
linee guida risultano preziose per l’elaborazione delle nuove normative e regolamentazioni del
settore. In particolare la Commissione del Codice Alimentare, operante nell’ambito di un
programma congiunto FAO/WHO partito nel 1991 (con la partecipazione anche dell’IFOAM e di
Istituzioni europee), ha elaborato le linee guida per la produzione, la trasformazione,
l’etichettatura e la commercializzazione delle produzioni ottenute con il metodo biologico. Le
disposizioni del Codice Alimentare sono perfettamente in linea con gli standards dell’IFOAM e
con la normativa europea del biologico. Le linee guida sulle produzioni da agricoltura biologica
rappresentano il fondamento di una serie di norme e programmi operativi attivati in diversi Paesi
(a cominciare dalla stessa regolamentazione comunitaria). Queste linee guida ci dicono come
ottenere prodotti da agricoltura biologica, in grado di rassicurare anche i consumatori circa la
loro qualità e la bontà del processo produttivo. Il Codice costituisce un’importate base per
l’armonizzazione della normativa internazionale e per incrementare la fiducia dei consumatori.
Sarà anche importante per l’applicazione del principio di equivalenza nell’ambito del WTO. Le
4
Rapporto della Commissione Europea (G2 EW – JK D(2005) “Agricoltura biologica nell’Unione Europea
– Fatti ed immagini”, Bruxelles, 3 Novembre 2005.
5
Le Norme IFOAM sono disponibili sul sito: www.ifoam.org.
17
linee guida per il biologico contenute nel Codice Alimentare saranno regolarmente aggiornate
almeno ogni quattro anni, così come stabilito all’interno dello stesso Codice6.
E’ opportuno ricordare che esistono anche leggi e marchi nazionali predisposti da molte nazioni
europee, risalenti a volte a periodi antecedenti all’entrata in vigore della regolamentazione
comunitaria. In qualche Paese le associazioni degli operatori dell’agricoltura biologica hanno
anche formulato standards privati e schemi di certificazione, ancor prima della pubblicazione
delle norme nazionali e comunitarie. Spesso sono proprio questi marchi privati ad avere la
maggior fiducia da parte dei consumatori (ne esistono ad es. alcuni molto conosciuti in
Inghilterra, Italia, Danimarca, Austria, Ungheria, Svezia, Svizzera). In Europa tutti gli operatori
(produttori, trasformatori, importatori) interessati ad utilizzare questi marchi privati aggiuntivi
devono rispettare oltre alla disciplina comunitaria anche i rispettivi standards privati. Questi
richiedono infatti un controllo ed una certificazione aggiuntiva.
Alcuni Enti di certificazione, in possesso dell’accreditamento dei Ministeri dell’agricoltura
americani e giapponesi, possono offrire alle aziende agricole europee una certificazione valida
per esportare i loro prodotti negli Stati Uniti ed in Giappone. Queste certificazioni sono: NOP7 National Organic Programme (Tabella 2) per gli Stati Uniti e JAS8 - Japanese Agricultural
Standard (Tabella 3), per il Giappone.
Il “Servizio di Accreditamento Internazionale del Biologico” (IOAS) è un ente non-profit
indipendente registrato in Delaware – Stati Uniti, che si occupa dell’accreditamento
internazionale degli enti di certificazione del biologico, sulla base di uno schema di
accreditamento volontario9. Lo “IOAS” assicura nel Mondo l’applicazione del programma di
accreditamento IFOAM, che è un sistema globale in grado di garantire il rispetto e la corretta
applicazione da parte degli enti di certificazione delle norme del biologico, il tutto è finalizzato al
superamento delle barriere transnazionali e ad un reciproco riconoscimento della certificazione
del biologico.
6
Ulteriori informazioni sul Codice Alimentare sono disponibili sul sito internet www.codexalimentarius.net.
Si consiglia anche di consultare il sito Internet della FAO dedicato all’agricoltura biologica:
www.fao.org/organicag.
7
http://www.ams.usda.gov/nop/indexIE.htm
8
http://www.maff.go.jp/soshiki/syokuhin/hinshitu/e_label/index.htm
9
http://www.ioas.org
18
Tabella 2: Il programma nazionale americano sul biologico (National Organic Programme - NOP)
Il programma nazionale americano sul biologico (NOP) è stato implementato
definitivamente il 21 ottobre 2002, sotto la direzione del Servizio Marketing Agricolo, una
sezione del Dipartimento di stato per l’agricoltura degli Stati Uniti (USDA). Il NOP è una
legge federale che prevede per tutti i prodotti biologici il rispetto di standards comuni e lo
stesso sistema di certificazione.
Le basi del programma nazionale per il biologico
Il NOP ha sviluppato gli standards nazionali ed ha stabilito un sistema di certificazione del biologico
fondato sulle indicazioni dei 15 membri del Comitato nazionale per gli standards del biologico (NOSB). Il
NOSB è nominato dal Segretario di stato per l’agricoltura e comprende rappresentanti delle seguenti
categorie: produttori agricoli; trasformatori, consumatori, ambientalisti, scienziati e Enti di
certificazione. Oltre a considerare le indicazioni del NOSB, l’USDA nell’elaborazione di queste norme ha
tenuto anche conto dei sistemi di certificazione precedentemente adottati dagli Stati e dai privati. Le norme
del NOP sono flessibili al fine di potersi adattare al gran numero di produzioni agricole esistenti in ogni
regione degli Stati Uniti.
Cosa stabiliscono le norme NOP?
Le norme proibiscono l’uso nella produzione e nella trasformazione dei prodotti biologici di Organismi
geneticamente modificati, delle radiazioni, dei fanghi da acque reflue. Come regola generale sono
consentite tutte le sostanze naturali (non chimiche di sintesi), mentre sono vietati tutti i prodotti chimici di
sintesi. Tutte le eccezioni a queste regole sono contenute in un elenco valido a livello nazionale,
contenuto in un’apposita sezione del regolamento.
Le norme di produzione e trasformazione interessano le produzioni biologiche, la raccolta spontanea,
l’allevamento biologico, il condizionamento e la trasformazione dei prodotti agricoli biologici. Le produzioni
biologiche sono ottenute senza l’uso di pesticidi chimici, fertilizzanti derivati dal petrolio o dai fanghi delle
acque reflue: Gli animali allevati con il metodo di produzione biologico devono essere alimentati con
mangimi biologici ed avere libero accesso a spazi aperti. Non sono consentiti antibiotici ed ormoni per lo
sviluppo.
Le norme di etichettatura sono basate sulla percentuale di ingredienti biologici contenuti nel prodotto.
− Prodotti etichettati "100% biologico" devono contenere solo ingredienti prodotti con il metodo
biologico. Essi possono essere contrassegnati con il marchio del biologico USDA.
− Prodotti etichettati "biologico" devono contenere almeno il 95% di ingredienti biologici. Essi possono
essere contrassegnati con il marchio del biologico USDA.
− Prodotti trasformati che contengono almeno il 70% ingredienti biologici possono riportare la frase
"prodotto con ingredienti biologici" e mettere in evidenza sull’etichetta fino a tre ingredienti biologici o
gruppi di alimenti biologici. Per esempio nel caso di una zuppa fatta con almeno il 70% di ingredienti
biologici e precisamente con i soli vegetali biologici può essere contrassegnata come “fatta con piselli,
patate e carote biologiche” o “fatto con vegetali biologici”. Tali prodotti non possono essere
contrassegnati con il marchio del biologico USDA.
− Prodotti trasformati che contengono meno del 70% di ingredienti biologici non possono riportare in
etichetta il termine “biologico” ma possono identificare nell’elenco degli ingredienti quelli provenienti
da agricoltura biologica.
Le norme di certificazione stabiliscono i requisiti che devono possedere le produzioni ed i trasformati
ottenuti con il metodo biologico per essere etichettati come tali dall’Ente di certificazione accreditato
dall’USDA. Tra la documentazione che deve fornire l’operatore controllato c’è anche il piano di gestione
dell’azienda biologica. Questo piano descrive, tra l’altro, tecniche e sostanze utilizzate nel processo
produttivo, la descrizione delle operazioni colturali e delle procedure messe in atto per prevenire la
contaminazione dei prodotti biologici con quelli convenzionali. Le norme di certificazione determinano
inoltre i controlli da effettuarsi direttamente in azienda.
Sono esentati dalla certificazione i produttori ed i trasformatori che sviluppano un giro d’affari annuo per i
prodotti biologici superiore a $ 5.000. Essi possono etichettare i loro prodotti come biologici se rispettano
le norme, ma non possono utilizzare il marchio del biologico USDA.
Le norme di accreditamento stabiliscono i requisiti che un ente deve possedere per diventare Ente di
certificazione riconosciuto dall’USDA. Esse servono innanzitutto a stabilire se un Ente di certificazione
svolge la propria attività in modo corretto ed imparziale. L’ente deve dimostrare di impiegare personale
con esperienza adeguata ed abilitato a controllare e certificare gli operatori biologici, adottando tutte le
misure necessarie per prevenire conflitti di interesse e garantire una rigorosa riservatezza sulle
informazioni assunte nell’espletamento del controllo.
I prodotti agricoli importati possono essere venduti negli Stati Uniti solo se sono certificati dagli Enti di
certificazione accreditati presso l’USDA. Quest’ultimo ha provveduto ad accreditare Enti di parecchi paesi
stranieri. Esiste anche la possibilità che, su richiesta di un governo straniero, l’USDA provveda a
riconoscere gli Enti di certificazione di quel paese, qualora le norme di accreditamento risultassero
equivalenti a quelle americane.
19
Tabella 3: JAS - Japanese Agricultural Standard
Lo standard JAS per le produzioni agricole e le trasformazioni agroalimentari è stato creato nel
2000 sulle basi delle linee guida sulle produzioni, trasformazioni, etichettatura e vendita degli alimenti
biologici, fissate dalla Commissione del Codex Alimentarius.
Il sistema di certificazione JAS è stato completato dal novembre 2005 con le norme sugli allevamenti
biologici, le trasformazioni dei prodotti zootecnici biologici e l’alimentazione biologica degli animali.
Possono applicare il marchio JAS sulle loro produzioni solo quelle aziende che sono controllate e
certificate dagli Enti di certificazione iscritti nell’apposito Registro giapponese o da Enti di certificazione di
altri paesi che adottano standards equivalenti a quelli giapponesi.
Le norme JAS per le produzioni biologiche richiedono che, a partire dal 1° aprile 2001 (termine esteso poi
al 2002) tutti I prodotti etichettati come biologici siano certificati da un Ente di certificazione giapponese o
straniero registrato presso il Ministero dell’Agricoltura e riportino in etichetta oltre al logo JAS anche il
nome dell’Ente di certificazione autorizzato.
Solo gli enti autorizzati possono rilasciare l’autorizzazione agli operatori di riportare nell’etichetta delle loro
produzioni il marchio JAS.
Il marchio JAS in quanto marchio di qualità è stato introdotto per garantire il mercato ed i consumatori
giapponesi.
Il Governo giapponese riconosce il regolamento europeo equivalente al proprio. Ossia i criteri per la
certificazione e gli standards di riferimento per gli operatori del biologico che vogliono esportare i propri
prodotti biologici in Giappone utilizzando il marchio JAS, sono gli stessi adottati nella Comunità Europea ai
sensi del Reg. CEE 2092/91. Le norme "JAS" però in un caso escludono un prodotto ammesso invece dal
Reg. CEE2092/91 (allegato IIB) per il trattamento fogliare del melo: il cloruro di calcio. Le regole previste
dal JAS presentano inoltre alcune limitazioni. Per esempio non includono le bevande alcoliche e i prodotti
di origine animale, compresi i prodotti apistici. La normativa prevede che solo l’attività di trasformazione
(etichettatura) e commercializzazione sia controllata da un Organismo di Certificazione Giapponese o
estero (RFCO) riconosciuto dal MAFF. Rispettando comunque il regime di controllo Comunitario, il
produttore ed il venditore finale devono accertarsi che anche gli ingredienti (dei fornitori) e le materie prime
(dei sub-fornitori) siano certificate secondo il Reg. 2092/91.
Rispetto al Reg. CEE 2092/91 le uniche differenze riguardanti l’etichettatura dei prodotti sono le seguenti:
se nel prodotto finito sono presenti ingredienti biologici e in conversione, dovrà essere specificato
quali sono biologici e quali in conversione. L’UE, invece, non permette l’impiego di materie prime in
conversione nella preparazione di prodotti multi ingrediente.
il marchio JAS deve sempre comparire sull’etichetta. Se il prodotto non presenta il marchio JAS, non
potrà portare diciture del tipo: biologico, produzione biologica, completamente biologico, biologico
estero, quota biologica X%, o qualsiasi altro riferimento al metodo di produzione biologico (anche se
scritto in lingua inglese = organic).
se il prodotto finito non può riportare in etichetta il marchio JAS, ma i suoi ingredienti sì, è consentito
scrivere, per esempio: insalata contenente verdure biologiche, oppure ketchup che contiene
pomodoro biologico.
Le norme "JAS" richiedono la presenza in azienda di due figure distinte, il “Responsabile del processo
produttivo” e il “Responsabile della verifica di conformità del prodotto prima della vendita” (grading). Solo
nelle aziende agricole i due ruoli possono essere ricoperti da una unica persona. Il responsabile del
grading decide quali partite e lotti di prodotto sono realmente conformi al metodo biologico secondo le
norme JAS e quali no per qualsiasi motivo.
Tale figura sarebbe utile anche ai fini della conformità al Reg. CEE 2092/91 poichè a seguito dell’ultima
modifica dell’Allegato III che indica i requisiti minimi di controllo, l’operatore è obbligato a comunicare
all’ente di controllo qualsiasi dubbio sulla conformità del prodotto sospendendo la commercializzazione in
attesa delle verifiche. (Fonte ICEA).
20
1.1.c. Piano di riconversione produttiva
La normativa comunitaria definisce tutti i requisiti che deve possedere un’azienda agricola per
passare al biologico, compreso il rispetto del periodo di conversione, che normalmente è di due
anni per le colture erbacee e di tre anni per quelle arboree. L’Ente di certificazione può anche
decidere di allungare od abbreviare questo periodo, che comunque non potrà mai scendere al
di sotto di un anno. Dal punto di vista tecnico la conversione rappresenta quel periodo in cui
l’azienda, in precedenza gestita con tecniche convenzionali, pone le basi per una corretta e
proficua adozione del metodo di produzione biologico. Possiamo definire come “conversione
burocratica” quella durante la quale i prodotti non possono essere etichettati come provenienti
da agricoltura biologica e come “conversione agronomica” quella che si pone l’obiettivo di
mettere a punto in azienda il metodo di produzione biologico dal punto di vista tecnico.
L’operatore biologico e / o il suo tecnico consulente devono porre molta attenzione nella
definizione dei tempi e delle modalità della riconversione agronomica. La normativa consente
all’azienda anche di convertire al biologico solo una parte della superficie, ma proibisce la
coltivazione contemporanea della stessa varietà e/o l’allevamento della stessa specie sia con il
metodo convenzionale che biologico.
L’obiettivo del Piano di conversione è quello di guidare gli operatori durante il periodo della
riconversione produttiva. Esso deve innanzitutto “fotografare” la situazione aziendale iniziale, al
fine di poter analizzare tutte le informazioni acquisite, utili alla definizione delle migliori soluzioni
tecniche da adottare. Quando operatori e consulenti si incontrano per definire il lavoro da
intraprendere è importante che pensino già all’agricoltura biologica come un metodo di
produzione e non come un semplice processo di sostituzione dei mezzi tecnici chimici con quelli
naturali. Se questo concetto non sarà realmente condiviso da subito, sarà molto facile in seguito
incorrere in errori e fallimenti.
Va comunque sempre tenuto a mente che per convertire al biologico un’azienda bisogna
innanzitutto ripristinare la fertilità del suolo e ristabilire l’equilibrio complessivo all’interno
dell’agro-ecosistema.
Riportiamo di seguito i principali fattori da valutare attentamente nel piano di conversione.
• Storia dei singoli appezzamenti – È importante assumere informazioni il più possibile
esaustive circa le pratiche agricole adottate in passato e gli eventuali problemi riscontrati,
riportando nel dettaglio rotazioni e successioni colturali degli ultimi anni, mezzi tecnici
utilizzati (fertilizzanti, erbicidi, pesticidi, etc.), lavorazioni effettuate, principali problematiche
fitosanitarie ed ogni altro problema o fatto rilevante riscontrato in passato.
• Stato del suolo – L’analisi iniziale del suolo è importante per l’elaborazione di un
appropriato piano di concimazione. Il bilancio umico (confronto tra la sostanza organica
mineralizzata e quella apportata tramite gli interventi agronomici e di fertilizzazione)
costituisce un’informazione strategica per consentire l’elaborazione di un piano di
coltivazione equilibrato, con interventi di fertilizzazione mirati a potenziare la fertilità del
suolo, che è alla base del metodo dell’agricoltura biologica.
• Contesto socio-ambientale – L’operatore deve conoscere l’ambiente in cui opera e
l’eventuale presenza in zona di altre aziende biologiche. In questo modo egli potrà
scambiare informazioni e ricevere consigli da parte degli altri agricoltori. Potrà inoltre
entrare in contatto con i punti vendita e gli acquirenti interessati alle sue produzioni, i
contoterzisti e gli altri soggetti che potrebbero aiutarlo nello svolgimento del lavoro.
• Conoscenze ed abilità dell’operatore – Queste informazioni risultano strategiche per la
definizione dei tempi e dei metodi di introduzione delle innovazioni in azienda e
dell’eventuale necessità di ricorrere ad aiuti esterni. Determinante risulta essere anche la
spinta motivazionale dell’operatore, se infatti egli non è convinto delle scelte che compie
queste sono destinate al fallimento. Questo vale naturalmente anche per i dipendenti e gli
eventuali contoterzisti, che vanno continuamente motivati ed informati sulle tecniche
adottate.
• Attrezzatura disponibile in azienda e disponibilità ad investire – L’attuazione delle
scelte agronomiche dipende naturalmente oltre che dalla convinzione dell’operatore anche
dalla disponibilità delle attrezzature necessarie (in azienda o in zona) e dalla disponibilità ad
investire. In questo risulta determinante il ruolo dei consulenti esperti, in grado di suggerire
le soluzioni alternative ed indirizzare le scelte dell’operatore.
• Vincoli – Alcuni ostacoli di natura organizzativa od ambientale possono condizionare le
scelte tecniche e richiedere molta attenzione supplementare per il raggiungimento degli
obiettivi. Quelli più frequenti sono: ostacoli ambientali e politici, presenza di strade a
21
scorrimento veloce o di altre fonti di inquinamento, mancanza di centri servizi, mancanza di
contributi regionali.
Tutte le informazioni raccolte servono a definire il piano di conversione che includerà le
soluzioni tecniche più opportune per l’azienda.
Il Piano di conversione serve anche ad evidenziare come nell’agricoltura biologica ogni
intervento non sia fine a se stesso ma abbia una moltitudine di funzioni. Gli interventi
saranno efficaci solo se saranno rispettati gli equilibri nel suolo e nell’eco-sistema.
1.1.d. Bilancio energetico aziendale
Dal punto di vista aziendale è importante analizzare il suo fabbisogno e rendimento energetico,
al fine di valutarne l’influenza sui cambiamenti climatici (effetto serra) e ridurre il consumo di
energia non rinnovabile. In linea generale il bilancio energetico dell’azienda agricola biologica
consiste nel determinare quanta energia non rinnovabile viene utilizzata per ottenere un certo
prodotto agricolo, quantificare l’energia contenuta nel prodotto stesso e verificarne il potere
energetico. Queste analisi applicate all’azienda agricola permettono di:
− Quantificare l’energia mobilizzata e consumata;
− Misurare l’efficienza energetica del sistema di produzione.
Queste analisi vengono generalmente svolte a livello aziendale, considerando l’intero flusso
energetico (inputs e outputs).
Esistono numerosi collegamenti tra le pratiche agricole, l’effetto serra ed il consumo di energia
non rinnovabile. Ad esempio incrementando la superficie investita a prato-pascolo permanente
abbiamo un risparmio energetico (riduzione della meccanizzazione – minori consumi di energia
fossile) e la riduzione dell’emissione dei gas che provocano l’effetto serra.
La gestione della problematica dell’impatto delle attività agricole sull’ambiente richiede una
buona conoscenza dei principi agronomici fondamentali ed un approccio globale alla gestione
dell’agro-ecosistema. Un utile strumento è rappresentato dal Sistema “DIALECTE”: un metodo
di analisi agro-ambientale sviluppato in Francia dalla Solagro10 ed ampiamente collaudato in
anni di applicazione. Esso comprende tre elementi principali: un questionario (per la raccolta
delle informazioni aziendali), un foglio di calcolo elettronico (per la determinazione degli
indicatori agro-ambientali), un sistema di rappresentazione (numerico e grafico) dell’impatto
ambientale delle attività aziendali. Uno degli obiettivi principali del sistema di diagnosi agroambientale è quello di offrire agli agricoltori sensibili alle problematiche ambientali un servizio di
consulenza (individuale o di gruppo) in grado di supportarne le scelte gestionali. Essi hanno
infatti bisogno di strumenti concreti e di facile utilizzo in grado di valutare l’impatto ambientale
dei metodi e delle tecniche di produzione. Il sistema DIALECTE permette sia di valutare
l’introduzione in azienda di pratiche e metodi eco-sostenibili, che di valutare e monitorare gli
effetti dei cambiamenti introdotti.
1.2. La tracciabilità della filiera agroalimentare
Occorre innanzitutto premettere che per “Filiera agroalimentare” si intende l’insieme definito
delle organizzazioni (od operatori) con i relativi flussi materiali che concorrono alla formazione,
distribuzione, commercializzazione e fornitura di un prodotto agroalimentare. Il termine di filiera
individua, in questo contesto, tutte le attività ed i flussi che hanno rilevanza critica per le
caratteristiche del prodotto (Norma11 UNI 10939:2001). Per rendere efficace un “Sistema di
tracciabilità” alla sua base deve esserci un “patto di filiera”, cioè l’accordo che un soggetto
capo-filiera stringe con gli altri anelli della catena per definire le responsabilità e le specificità
delle materie prime, dei semilavorati e dei flussi materiali. In tale patto devono essere definiti
l’organizzazione che coordina la filiera e gestisce il sistema di rintracciabilità, il prodotto che
deve essere identificato nelle e tra le organizzazioni coinvolte, le modalità e responsabilità per
la gestione dei dati e della documentazione di processo. La tracciabilità di filiera comporta la
raccolta dei dati “dal campo alla tavola”, al fine di comprendere le variabili produttive e
qualitative, il comportamento del prodotto durante la sua conservazione, il controllo dei costi di
produzione, le responsabilità interne (operatori) ed esterne (clienti e fornitori). Tale massa di
informazioni deve essere gestita mediante veri e propri “sistemi informativi di filiera” con vari
punti di accesso (al pubblico, all’autorità sanitaria e agli organismi di certificazione, ai
responsabili tecnici e al management aziendale) nell’ottica di una precisa volontà di
trasparenza, per consolidare il rapporto di fiducia con tutti gli operatori della filiera produttiva e
distributiva e con il consumatore finale. Per raggiungere questi obiettivi i documenti principali da
predisporre sono:
10
11
www.solagro.org.
Questa norma è stata emanata dall’UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione (www.uni.it).
22
a) il Disciplinare Tecnico (o Manuale) di tracciabilità della filiera, il cui principio è quello di
scrivere tutto ciò che si fa (… e poi fare quello che si è scritto!) per garantire la tracciabilità
della filiera.
b) il Sistema Documentale che è composto da procedure operative, procedure tecniche,
istruzioni di lavoro e modulistica che le singole aziende della filiera devono adottare per
garantire il corretto funzionamento del sistema di tracciabilità.
c) lo Schema di Certificazione che indica le regole tramite le quali l’organismo di controllo e gli
operatori di filiera si interfacciano per garantire la conformità del prodotto alla norma di
riferimento.
d) il Diagramma di Flusso che rappresenta lo schema in cui si individuano le varie fasi da cui è
composto il processo produttivo e si evidenziano i punti critici per la perdita di tracciabilità; è
quindi il documento che descrive la storia di una unità di prodotto (intesa come il lotto minimo
che si avvicini il più possibile alla singola confezione di prodotto).
e) il Piano dei Controlli, documento che ordina tipo e modalità delle operazioni da effettuare
per la verifica delle specifiche del prodotto durante il ciclo produttivo (prelievo campioni,
analisi chimiche, laboratori, ecc..). Tali verifiche vengono condotte normalmente sia
dall’azienda capo-filiera che da un ente terzo, nel caso di certificazione. Naturalmente per le
filiere agrobiologiche fondamentale risulta l’attività svolta degli Organismi di controllo e
certificazione, autorizzati dalle singole Autorità nazionali in conformità al Reg. CEE 2092/91.
Questi Organismi operano infatti sulla base di manuali operativi altamente specializzati,
impostati in modo tale da garantire un controllo di filiera completo in tutte le sue fasi.
1.2.a. La normative sulla tracciabilità degli alimenti
Possiamo distinguere quattro principali tipologie normative che riguardano la tracciabilità nel
settore agroalimentare:
1. le norme comunitarie cogenti (regolamenti),
2. le norme comunitarie di indirizzo (libro verde, libro bianco),
3. le norme volontarie elaborate dagli organismi di normazione internazionali,
4. le norme nazionali.
Essendo queste ultime delle semplici attuazioni di regolamenti comunitari o espressione di
particolari esigenze locali, nella presente trattazione ci soffermeremo esclusivamente sulle
norme internazionali (cogenti, di indirizzo, volontarie).
Dando seguito al libro verde sui principi generali della legislazione in materia alimentare, la
Commissione Europea ha pubblicato il “Libro bianco sulla sicurezza alimentare”,
individuando ben 80 azioni da attuarsi negli anni successivi per migliorare la sicurezza
alimentare “dai campi alla tavola”. In particolare viene ribadita l’esigenza di proporre un nuovo
quadro giuridico che coprirà l'intera catena alimentare, compresa la produzione di mangimi per
gli animali, che stabilirà un elevato livello di protezione della salute dei consumatori e attribuirà
in modo chiaro la responsabilità primaria di una produzione alimentare sicura alle industrie, ai
produttori e ai fornitori. Si istituiranno appropriati controlli ufficiali sia a livello nazionale che
europeo. Una questione importante sarà costituita dalla possibilità di rintracciare i prodotti lungo
tutta la catena alimentare. Un elemento importante sarà dato dalla capacità di prendere misure
di salvaguardia rapide ed efficaci onde rispondere ad emergenze sanitarie che si manifestino in
qualsiasi punto della catena alimentare.
Dopo due anni dalla pubblicazione del Libro bianco è stato approvato dal Parlamento europeo e
dal Consiglio del 28 gennaio 2002 il Reg. CE 178/2002, che stabilisce i principi ed i requisiti
generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e
fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. Il regolamento definisce tra l’altro, al
punto 15 dell’art. 3 il concetto stesso di tracciabilità, intesa come “… la possibilità di ricostruire e
seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione
alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un
mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione…”.
All’art. 18 viene inoltre disposta “… in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della
distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione
alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di
un mangime”. Nello stesso articolo viene altresì stabilito che gli operatori devono essere in
grado di individuare i loro fornitori e le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti, e devono
disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità
competenti che le richiedano, tutte le informazioni. Viene inoltre prescritto che gli alimenti o i
mangimi immessi sul mercato della Comunità debbano essere adeguatamente etichettati o
identificati per agevolarne la rintracciabilità.
23
1.2.b. La certificazione della tracciabilità nella filiera agro-alimentare
La certificazione di conformità è “l’atto mediante il quale una terza parte indipendente dichiara
che, con ragionevole attendibilità, un determinato prodotto o servizio è conforme ad una
specifica norma e soddisfa i requisiti specificati”. La definizione mette in evidenza gli elementi
essenziali e necessari del processo di certificazione: requisiti specificati/documentati ed un
organismo di certificazione indipendente, competente ed imparziale. La Norma UNI 10939:2001
“Sistema di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari–Principi generali per la progettazione e
l’attuazione” è una norma quadro che definisce i principi e specifica i requisiti per l’attuazione di
un sistema di rintracciabilità di filiera in tutti i casi in cui si voglia documentare la storia di un
prodotto e le specifiche responsabilità. Questa norma non intende imporre l’uniformità dei
sistemi di rintracciabilità: la definizione dell’ampiezza e della profondità della filiera
agroalimentare è lasciata all’impresa “capofiliera” in funzione delle parti che intervengono nella
realizzazione del prodotto. Anche le modalità interne di tracciabilità del prodotto, passando dalle
materie prime ai semilavorati, sono definite nell’ambito della singola filiera in funzione delle
proprie capacità, attitudini e sviluppo tecnologico. Per ciascun prodotto è dunque la relativa
filiera che stabilisce estensione e modalità della tracciabilità, prendendo a riferimento i requisiti
della linea guida UNI 10939:2001 e formalizzandoli nel “Disciplinare di Filiera” che diventa così
il riferimento per le operazioni di controllo e certificazione.
La certificazione della tracciabilità di filiera attesta che è garantita e documentata la
rintracciabilità del prodotto lungo tutte le fasi della sua elaborazione, secondo quanto previsto
dal Disciplinare di riferimento (predisposto dall’azienda seguendo la Norma UNI 10939:2001).
Un particolare schema di certificazione, adottato da alcuni enti prima ancora dell’emissione
della norma UNI 10939, è la Certificazione di Filiera Controllata. Questa attesta, in accordo con
il Disciplinare Tecnico di riferimento, che è garantita e documentata la rintracciabilità del
prodotto lungo tutte le fasi di elaborazione, e che le caratteristiche igienico sanitarie del prodotto
sono gestite lungo tutta la filiera. Di conseguenza mentre la Certificazione della tracciabilità di
Filiera documenta la storia di un prodotto e le specifiche responsabilità attraverso
l’identificazione e la registrazione dei flussi materiali e delle organizzazioni che concorrono alla
formazione, commercializzazione e fornitura del prodotto, la Certificazione di Filiera Controllata,
oltre al requisito della rintracciabilità, garantisce la progettazione, la pianificazione e l’attuazione
coordinata della sicurezza igienico sanitaria sull’intera filiera. Principale obiettivo di questi tipi di
certificazione è quello di dare maggiore trasparenza alla relazione tra sistema produttivo e
consumatore: in questo modo la rintracciabilità di filiera e la filiera controllata possono essere,
oltre che strumento tecnico di controllo, uno strumento di rassicurazione e fiducia. Altra finalità
riguarda la sicurezza: i pericoli ed i relativi punti critici di controllo sono individuati e gestiti
presso ogni azienda della filiera (azienda agricola , trasporto, trasformazione, distribuzione). In
caso di rischio e di danno per la salute dei consumatori, il controllo della filiera e la
rintracciabilità dovrebbero consentire l’identificazione e l’isolamento delle aziende a rischio,
senza coinvolgere nel sospetto e in provvedimenti restrittivi un intero comparto. Il settore
agroalimentare è quindi sempre più stimolato dalle odierne tendenze ed esigenze dei mercati e
del consumatore ad operare in un contesto di filiera sufficientemente armonico e coordinato:
solo sulla base di azioni pianificate e coordinate sarà infatti possibile fornire all’utente le
garanzie e la qualità che questi si aspetta, in tema di sicurezza alimentare.
L’Unione Europea ha stabilito, con il Regolamento 178/2002, l’obbligatorietà a partire da
gennaio 2005 dell’adozione di un sistema di tracciabilità per le filiere agroalimentari.
La tracciabilità e la trasparenza possono inoltre divenire degli importanti strumenti di marketing,
in particolare per i prodotti da agricoltura biologica che sin dal 1991 sono assoggettati ad un
sistema di controllo e certificazione, regolamentato da severe norme comunitarie e nazionali.
1.2.c. Controllo degli OGM
Da sempre in agricoltura l’uomo ha realizzato incroci tra piante volti a migliorarne le
caratteristiche e l’adattabilità al territorio.
Con l’ingegneria genetica, negli ultimi decenni, si è invece avviato qualcosa di diverso, che
oltrepassa le frontiere naturali arrivando a rimescolare geni appartenenti a organismi totalmente
diversi, che possono anche non avere alcun tipo di parentela genetica. Da questa
manipolazione genetica si ottengono organismi con caratteristiche proprie: sono gli ormai noti
OGM, (definiti dall’art.2 della DIR. 2001/18/CE)12.
12
DIR. 2001/18/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 marzo 2001
sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la dir.
90/220/CeE del consiglio. All’art. 2 definisce gli OGM come “un organismo, diverso dall’essere umano, il
cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura, con
l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale” (europa.eu.int/eur-lex/pri/it/
oj/dat/2001/l_106/l_10620010417it00010038.pdf).
24
Parlare oggi di OGM e di Ingegneria Genetica richiede una riflessione di carattere sociale,
economico, politico e, non ultimo, etico.
Non sono molti gli studi disponibili sull’argomento e la gran parte riguarda ricerche riconducibili
alle stesse multinazionali che producono OGM.
L’utilizzo degli OGM è promosso come la via da percorrere per risolvere il problema della fame
nei Paesi in via di sviluppo, grazie alla maggiore produttività delle piante transgeniche. Ma, così
come molti economisti (tra cui il premio Nobel Amartya Sen) fanno osservare, il problema della
fame nel mondo non è un problema di produzione, ma di distribuzione e di povertà.
Gli studi scientifici indipendenti mostrano come, in realtà, nessuno dei benefici attribuiti alle
colture GM si sia verificato, mentre appaiono in tutta la loro gravità i seri danni derivanti da
queste pratiche e le loro ripercussioni sulla salute umana, sulla sicurezza dell’ambiente, sul
rispetto dei popoli e dei loro valori, e naturalmente sugli agricoltori, sempre più dipendenti da
erbicidi e pesticidi, con costi di produzione insostenibili.
Il diffondersi dell’ingegneria genetica non può far altro che contribuire ad aumentare
l’insicurezza alimentare. Essa, infatti, è causa della perdita della biodiversità, sia perché si basa
sull’aumento di produzioni monoculturali, sia perché sempre di più si utilizza una tecnologia
chiamata "terminator"13 che disabilita geneticamente il seme rendendolo incapace di germinare
(i semi sono sterili e non possono essere riutilizzati per nuovi raccolti). Sono nuove forme di
dipendenza, monopoli che tendono a rafforzare sempre più la posizione delle multinazionali;
infatti, i contadini non solo sono obbligati al pagamento delle royalties riconosciute per il diritto
brevettale sulle sementi, ma in più, data la sterilità dei semi GM, si ritrovano costretti a pagarli di
anno in anno, senza poterli autoriprodurre.14 “La ricchezza dei poveri è sottratta con violenza
attraverso nuovi e astuti mezzi quali il brevetto della biodiversità e la conoscenza indigena”
afferma Vandana Shiva15 che continua: “La conoscenza dei poveri è trasformata in proprietà
delle grandi industrie globali, e si arriva al punto in cui i poveri devono pagare per semi e
medicine che essi stessi hanno elaborato e hanno utilizzato per sopperire alle loro necessità di
cibo e cure mediche”.
Per questo proteste si stanno levando contro gli OGMs, reclamando che i geni di esseri umani,
animali o piante rappresentano gli elementi fondanti di un patrimonio universale non
commercializzabile che non può diventare oggetto di presunte invenzioni industriali.
In sintesi i rischi ambientali più riconosciuti sono:
• la trasmissione del “gene nuovo” dalla pianta modificata a piante della stessa specie o affini
attraverso la diffusione del polline;
• il trasferimento del “gene nuovo” ai microrganismi del suolo;
• la perdita della biodiversità favorita dalla diffusione e utilizzo di pochi semi transgenici uguali
in tutto il mondo con conseguente scomparsa di specie attualmente esistenti;
• l’aumento dell’utilizzo di pesticidi legato alle nuove caratteristiche di tolleranza indotta
geneticamente nelle piante;
• la selezione di insetti resistenti al carattere inserito nella pianta modificata geneticamente.
Gli standard IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements) stabiliscono
l’esclusione categorica degli OGM e di tutti i prodotti contenenti OGM, dall’intero sistema
produttivo Biologico. I rischi per l’agricoltura biologica di essere contaminata dall’applicazione
del transgenico, possono presentarsi in diversi momenti della produzione, sia per
contaminazione da polline che per il trasporto dei semi ad opera degli insetti o del vento. Uno
studio svolto dalla Soil Association16 raccoglie le esperienze degli agricoltori nord americani ed
evidenzia come uno dei problemi più grandi, causato dall’uso di OGM, consista nella diffusa
contaminazione del settore agrario e alimentare. Essa si è verificata a tutti i livelli della catena
alimentare, dalla produzione delle sementi alla produzione degli alimenti. Dove le colture GM
sono state commercializzate, la contaminazione è giunta ad un livello tale che è diventato molto
difficile reperire linee sementiere libere da OGM.
13
Agli inizi di aprile 2006 in Brasile si è riunita la Convenzione per la Diversità Biologica, che ha adottato
una “moratoria mondiale per la sperimentazione e commercializzazione di Terminator”.
14
Il diritto di brevetto sta danneggiando enormemente i piccoli agricoltori, anche quelli che non hanno mai
usato semi GM: si pensi al caso di Percy Schmeiser, il coltivatore canadese che, accusato di aver
violato il brevetto Monsanto utilizzando illegalmente colza OGM senza pagare le sementi, è stato poi
condannato dalla Corte Suprema canadese al pagamento di una multa di $ 400.000, nonostante fosse
vittima di inquinamento genetico. Si tratta di una sentenza shock che tende a cancellare i diritti degli
agricoltori e che, soprattutto, riconosce alle multinazionali il diritto a reclamare il pagamento delle loro
royalties anche quando gli OGM arrivano casualmente nei campi dei contadini.
15
www.vshiva.net
16
www.soilassociation.org
25
L’ente Statunitense per l’Agricoltura Biologica, che certifica i prodotti biologici, ha dichiarato che
la contaminazione GM di mais, colza e soia è ormai così estesa che, a loro avviso, per gli
agricoltori nel Nord America non è più possibile produrre sementi GM-free. Persino le
multinazionali hanno ammesso che la purità genetica assoluta oggi è irraggiungibile.
Questo dimostra come sia difficile accettare la coesistenza dei due tipi di colture e come sia
ancora più difficile tutelare i consumatori che scelgono di non consumare prodotti OGM o da
essi derivati.
A questo scopo il Parlamento Europeo ha prodotto una normativa specifica che va a stabilire il
sistema europeo di tracciabilità e di etichettatura degli OGMs. Il Regolamento in oggetto è il
N.1830/200317 che all’art. 1 si prefigge l’obiettivo “di istituire un quadro normativo della
tracciabilità dei prodotti contenenti OGM, o da essi costituiti o derivati, allo scopo di facilitare
un’accurata etichettatura, il monitoraggio degli effetti sull’ambiente e sulla salute...” “…in modo
da assicurare ad operatori e consumatori un’informazione accurata che permetta loro di
esercitare un’effettiva libertà di scelta…” così come si afferma nel quarto considerando del
regolamento, che continua richiedendo “..requisiti simili sia per gli alimenti che per i mangimi
ottenuti da OGM per evitare di interrompere la continuità delle informazioni qualora l’uso finale
dei prodotti sia modificato”.
Il sistema di tracciabilità permetterà di seguire, passo dopo passo, le movimentazioni dei
prodotti OGM attraverso la filiera produttiva e distributiva e in più permetterà il ritiro di prodotti
dal mercato, qualora si constatino imprevisti effetti nocivi per la salute dell’uomo o degli animali
oppure per l’ambiente. La normativa richiede agli operatori del settore di trasmettere e
conservare le informazioni inerenti i prodotti per un periodo di cinque anni dopo ciascuna
transazione.
Altro obbligo previsto è quello di far figurare sull’etichetta dei prodotti, preconfezionati e non,
contenenti OGM la dicitura “Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati” o
“Questo prodotto contiene [nome dell’organismo] geneticamente modificato”.
Ciò che lascia perplessi di questa legge è il fatto che non preveda gli stessi obblighi per quei
prodotti in cui siano contenute tracce di OGM in proporzioni non superiore all’0,9%, purchè
tale presenza sia accidentale o tecnicamente inevitabile.
La Commissione europea rimanda agli Stati Membri, conformemente al principio di
sussidiarietà, l’obbligo di fissare e attuare le misure di gestione della coesistenza attraverso la
Raccomandazione 2003/556/CE18 che fissa orientamenti per l’elaborazione di apposite
strategie nazionali.
Questo non convince il movimento biologico, convinto della necessità della tolleranza zero, che
vede nella volontà della Commissione di equiparare la soglia di tolleranza di presenza di OGM
nei prodotti biologici a quella prevista per il convenzionale, un modo per mettere in pratica la
difficile coesistenza e per evitare che ogni coltivatore biologico contaminato possa ricorrere in
tribunale e chiedere i danni causati dalla de-certificazione del prodotto a causa della
contaminazione secondo il principio comunitario del “chi inquina paga”.
Ancora più disarmante è stata la recente decisione della Commissione di non elaborare una
nuova normativa europea sulla coesistenza tra le colture geneticamente modificate e
l’agricoltura convenzionale e biologica, che ha spinto il movimento degli agricoltori a presentare,
in occasione del Summit di Vienna 2005 dedicato al biotech, dal titolo "La libertà di scelta", una
Dichiarazione per una Europa OGM free.
Diverse le richieste presentate nel documento:
• garantire ai consumatori e coltivatori il diritto a cibi e agricolture libere da OGM;
• promuovere lo sviluppo di intere regioni OGM free;
• la precedenza dell’agricoltura non transgenica sulla più dubbia produzione con OGM;
• individuare e perseguire i responsabili delle contaminazioni, siano essi produttori o semplici
consumatori di OGM.
La speranza è che la Commissione accolga le istanze presentate, considerando che
nell’Europa dei 25, una regione su tre chiede che il suo territorio sia libero da OGM. A gennaio
2006, 172 regioni e più di 3400 autorità locali europee si erano già dichiarate aree libere da
OGM. Lo hanno fatto attraverso l’approvazione di leggi regionali o dichiarazioni che esprimono
17
REGOLAMENTO (CE) N. 1830/2003 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22
settembre 2003 concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la
tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante
modifica
della
direttiva
2001/18/CE
(europa.eu.int/eur-lex/pri/it/
oj/dat/2003/l_268/l_26820031018it00240028.pdf).
18
RACCOMANDAZIONE (2003/556/CE) DELLA COMMISSIONE del 23 luglio 2003 recante orientamenti
per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture
transgeniche, convenzionali e biologiche (europa.eu.int/eur-lex/pri/it/ oj/dat/2003/l_189/l_18920030729it00360047.pdf).
26
la volontà dei loro cittadini a tenere gli OGM fuori dal proprio territorio. Ma con l’attuale
legislazione europea, gli enti locali non possono perseguire gli obiettivi dichiarati, nonostante
essi, essendo più vicini alle preoccupazioni dei cittadini, dovrebbero avere l’ultima parola in
merito19. “E’ una questione di democrazia - ha detto Rudi Anschober, ministro per l'ambiente e
la protezione dei consumatori dell'Alta Austria - perché il 90% dei cittadini europei non ne vuol
sapere di consumare prodotti OGM”.
1.3. Certificazione di qualità, tipicità, sociale ed ambientale
L’attenzione da parte dei consumatori verso la qualità e la tipicità dei prodotti, la sicurezza
alimentare, l’impatto ambientale delle produzioni e la responsabilità sociale verso i lavoratori, ha
spinto, sempre di più, organismi privati e governativi alla produzione di disciplinari che
individuano precisi standards da rispettare. Questi hanno l’obiettivo di fornire un “marchio di
garanzia”- la cosiddetta certificazione – che le aziende possono utilizzare per dimostrare alla
collettività il rispetto di determinati principi e regole.
In questo paragrafo cercheremo di dare una visione della maggior parte di quei sistemi di
certificazione che, prefiggendosi di rispondere alle esigenze dei consumatori, permettono alle
aziende che sostengono tali impegni, di trarne legittimi vantaggi. Infatti, una gestione
trasparente degli aspetti sociali e ambientali è indice di corretta gestione generale e buona
salute complessiva dell'azienda, e contribuisce a ridurre il rischio finanziario legato
all'investimento, permettendo alle imprese che operano in un’ottica di sostenibilità di garantirsi i
giusti profitti, attraverso un’attenta politica di marketing.
1.3.a. Certificatione di qualità
La qualità dei prodotti20 e dei servizi, la loro continua rispondenza a capitolati, norme e
specifiche tecniche sono oggi esigenze strategiche essenziali per la conquista ed il
mantenimento di maggiori quote di mercato.
La definizione di un Sistema di Gestione per la qualità21 e la sua certificazione in conformità alle
Norme ISO 9001 rappresentano requisiti indispensabili e sicuri fattori di successo in uno
scenario globale caratterizzato da un elevato livello di concorrenza.
I Sistemi di Gestione per la qualità sono moderni strumenti che consentono alle aziende il
raggiungimento di tali obiettivi, se organizzati in linea con le relative norme nazionali ed
internazionali (serie ISO 9000).
La conformità del Sistema di Gestione per la qualità aziendale con tali norme è di conseguenza
la migliore garanzia sulla capacità dell'azienda di soddisfare i requisiti di qualità. La
certificazione in conformità alle Norme ISO 9000, rilasciata da un Ente terzo indipendente
riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, è pertanto diventata indispensabile alle
aziende per poter guadagnare la fiducia dei committenti e del mercato.
L’applicazione di un sistema di qualità secondo la norma ISO 9001\2000 ad una azienda
biologica, per quanto detto, risulta essere un passaggio di naturale evoluzione nella
organizzazione aziendale, infatti l’azienda biologica, in quanto tale, già adotta una struttura
organizzativa basata su una visione per processi, ed una modulistica che rispetta già
pienamente i dettami della norma di riferimento per certificare un sistema di qualità, ovvero la
ISO 9001\2000.
La volontà di gestire a livello di eccellenza un servizio in un’ottica di miglioramento continuo,
potrebbe manifestarsi attraverso l’implementazione di un sistema di Gestione Integrato
Qualità/Ambiente e Sicurezza. Un sistema integrato favorisce la massimizzazione dell’efficienza
del servizio offerto, garantendo che non si verifichino sovrapposizioni inutili e diseconomie.
Peraltro l’implementazione di un Sistema Integrato è favorito dalla radice comune delle norme
ISO 9000, ISO 14001 dalla quale deriva una impostazione pressoché similare.
Per quanto detto, la naturale evoluzione nell’organizzazione aziendale di una azienda biologica
medio-grande è dar luogo ad un sistema di qualità secondo la norma ISO 9001\2000, per poi
19
www.gmofree-europe.org/PDFs/ Leaflets/Leaflet_Italianouter.pdf
La certificazione di prodotto attesta che un prodotto o un servizio risponda ai requisiti prefissati e
descritti da un documento normativo di riferimento. La certificazione di prodotto ha quindi come
riferimento tanti documenti normativi quanti sono i prodotti o servizi oggetto della certificazione. La
certificazione di prodotto permette di apporre sulla confezione del prodotto stesso, il marchio di
conformità, che include il logo dell'Organismo di certificazione.
21
È l'insieme della struttura organizzativa, delle procedure e delle risorse necessari a definire e conseguire
gli obiettivi di qualità aziendale. La gestione per la qualità è responsabilità di tutti i livelli direttivi e la sua
attuazione coinvolge tutto il personale. I metodi e gli strumenti utilizzati, per verificare lo standard
qualitativo, sono la Garanzia della Qualità e il Controllo della Qualità (tutte le attività e le procedure
tecnico - operative attuate per assicurarsi che un prodotto o un servizio rispetti gli standard qualitativi).
20
27
adottare Sistemi di Gestione Integrati Qualità – Ambiente e non da ultimo orientarsi alla
Certificazione Etica, oltre che certificare, laddove possibile, anche la tipicità dei prodotti.
1.3.b. Certificatione di tipicità
Con la riforma di medio termine della Politica Agricola Comunitaria, la qualità dei prodotti
agroalimentari sta assumendo un ruolo sempre più rilevante. Il numero dei prodotti registrati,
senza considerare vini ed alcolici, è arrivato a 727 e continua a crescere. Per migliorare e
rendere più efficiente la procedura di registrazione sono state emanate nuove norme22 tendenti
alla semplificazione e che chiariscono il ruolo degli Stati membri.
I marchi di qualità (DOP, IGP, STG) sono dei marchi collettivi che permettono di identificare un
prodotto tipico ottenuto da un’azienda che, presentando determinate caratteristiche produttive
ed ambientali, aderisce ad un preciso sistema di controllo. Per ottenere un marchio collettivo è
infatti necessario sottoporsi ad un rigoroso disciplinare produttivo. I prodotti sui quali si vuole
applicare il marchio devono preventivamente essere stati controllati e certificati da un
Organismo di controllo che ne garantisca la conformità.
La Denominazione di Origine Protetta (DOP) è il nome di una regione, di un luogo
determinato, che serve a designare i prodotti agroalimentari, con esclusione di quelli alcolici,
originari di tale area, le cui caratteristiche siano derivate dall’ambiente geografico, comprensivo
dei fattori naturali ed umani, e la cui trasformazione ed elaborazione avvenga nell’area
geografica delimitata (Reg. CEE n° 2081/92).
Immagine 3: logo DOP
L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) è il nome di una regione, di un luogo determinato,
che serve a designare prodotti originari di tale area, di cui una determinata qualità, la
reputazione o un’altra caratteristica possa essere attribuita all’origine geografica e la cui
produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell’area delimitata (Reg. CEE n°
2081/92).
Immagine 4: logo IGP
22
Regolamento del Consiglio (CE) N. 510/2006 del 20 Marzo 2006 e Regulamento del Consiglio (CE) N.
509/2006 del 20 March 2006.
28
La Specialità Tradizionale Garantita (STG) o Attestazione di Specificità garantita (AS) è il
marchio collettivo che designa un prodotto agroalimentare che ha delle caratteristiche
(specificità) che lo distinguono nettamente da altri prodotti o alimenti analoghi appartenenti alla
stessa categoria (Reg. CEE n° 2082/92). Un prodotto STG non è legato ad uno specifico
territorio di origine ma ad una composizione , ad un metodo di produzione tradizionale, per cui
qualsiasi produttore europeo che rispetti le prescrizioni previste può utilizzare tale marchio.
Immagine 5: logo STG
L’Unione Europea ha inoltre destinato ulteriori risorse volte a promuovere la partecipazione
degli agricoltori ai sistemi di certificazione e realizzare nuove campagne di sensibilizzazione dei
consumatori, coinvolgendo anche le loro associazioni. La legislazione attribuisce ai consorzi di
tutela dei marchi grande potere di controllo e promozione. Inoltre le produzioni tipiche vengono
sempre più considerate un patrimonio economico e culturale da proteggere con accordi
internazionali sui diritti intellettuali.
I principali obiettivi delle azioni europee del settore sono: la diffusione di uno stile alimentare
europeo, la valorizzazione su larga scala delle produzioni tipiche, la creazione di itinerari
gastronomici, l’avvio di campagne di educazione alimentare rivolte ai giovani sui legami tra cibo
e territorio oltre alla corretta interpretazione delle etichette.
1.3.c. Certificazione sociale ed ambientale
La certificazione sociale23 ed ambientale24 delle aziende è una pratica sempre più diffusa, essa
cerca di rispondere all’esigenza delle aziende di dimostrare l’impegno assunto nei confronti dei
clienti, degli azionisti e della collettività. Caratteristica principale della miriade di certificazioni
oggi presenti è la volontarietà, vale a dire le aziende liberamente decidono di rispettare dei
disciplinari, stabiliti da enti governativi e non-governativi, nei quali vengono indicati gli standard
da seguire nei processi produttivi o per i prodotti.
Le organizzazioni di riferimento e gli ambiti in cui si implementano processi di certificazione
sono tantissimi, per darne una visione complessiva di seguito proponiamo un elenco (tabella
n°4).
Molte di queste organizzazioni hanno dato luogo all’Alleanza25 Internazionale di Accreditamento
e Etichettatura Sociale ed Ambientale (ISEAL Alliance26). Tale Alleanza fornisce standards
credibili e valutazioni di conformità sviluppando la capacità di costruire strumenti per rafforzare
23
In questo ambito, particolare importanza ha assunto l’iniziativa di SAI (Social Accountability
International), ente che a livello mondiale definisce i requisiti – la norma SA 8000 – atti ad evidenziare la
correttezza sociale delle aziende, www.sa-intl.org .
24
In ambito ambientale, gli standards ISO della serie 14000 sono le specifiche per la Gestione
Ambientale, riconosciute a livello internazionale, sviluppate dai comitati internazionali dell'ISO
(International Organization for Standardization), www.iso.ch . Simile ad esso, ma differente sotto molti
aspetti, è l’EMAS - Eco-Management and Audit Scheme. Al sistema, definito dal Regolamento (CE) n.
761/2001, aderiscono gli Stati membri della Unione Europea e quelli dello spazio economico europeo,
http://europa.eu.int/comm/environment/emas/index_en.htm .
25
Si differenziano i membri a pieno titolo: Fairtrade Labelling Organizations, Forest Stewardship Council,
International Federation of Organic Agriculture Movements, Marine Aquarium Council, Marine
Stewardship Council, Rainforest Alliance, Social Accountability International; dai membri associati:
Chemonics International, Global Ecolabelling Network, Institute for Agriculture and Trade Policy.
26
www.isealalliance.org .
29
le attività dei membri e per la promozione di certificazioni ambientali e sociali credibili come
politica legittima nel commercio globale e nello sviluppo. I membri dell’ISEAL hanno sviluppato
standards internazionali di riferimento nei loro rispettivi campi. Questi standards si focalizzano
sul commercio equo sulla pesca ornamentale, la gestione delle foreste, l’agricoltura biologica, la
pesca in acque dolci e in mare aperto, la responsabilità sociale, e l’agricoltura sostenibile.
L’ISEAL, dal suo canto, ha dato luogo al Codice delle Buone Pratiche per la messa a punto di
Standards Ambientali e Sociali27, fornendo così un benchmark per assistere le organizzazioni
che stabiliscono gli standards e migliorare il loro sviluppo, armonizzando i loro processi. Gli
standards condividono le seguenti caratteristiche:
• devono essere stabiliti sulla base di un bisogno genuino;
• sono volontari, iniziative in settori privati che non agiscono come barriere tecniche al
commercio;
• ciascuno si focalizza sulle migliori pratiche sociali e ambientali di produzione nei loro
rispettivi campi;
• sono sviluppati e aggiornati attraverso un processo di consultazione ampia degli
stakeholder;
• tengono conto delle realtà ecologica, culturale, ed economica delle parti del mondo nelle
quali esse operano;
• sono metodi standards di processo e produzione (PPM) che stabilisce come un prodotto
deve essere prodotto piuttosto che le caratteristiche del prodotto stesso;
• incorporano sia elementi di performance che di gestione di base per migliorare le pratiche di
gestione così come la sostenibilità di lungo periodo;
• c’è una cultura di un continuo miglioramento per la sistemazione dell’evoluzione delle
migliori pratiche e il miglioramento della partecipazione degli stakeolder.
I programmi di certificazione e di accreditamento dei membri dell’ISEAL hanno i seguenti
elementi in comune:
¾ i servizi di certificazione e di accreditamento hanno l’obiettivo di osservare i criteri
internazionalmente accettati per le procedure operative. Questi criteri sono la Guida
ISO/IEC 61 e 17011 per le organizzazioni di accreditamento e la Guida ISO/IEC 62 o 65 per
le organizzazioni di certificazione;
¾ le valutazioni di certificazione sono assicurate da una terza parte indipendente che non ha
interessi acquisiti nel risultato.
¾ la certificazione aperta a tutti gli applicanti che si adattano all’universo di prodotti e allo
scopo geografico del programma di certificazione;
¾ l’accreditamento è aperto a tutte le organizzazioni di certificazione che rispettano i criteri
obiettivi e di trasparenza stabiliti dal programma di accreditamento;
¾ la certificazione e l’accreditamento degli operatori sono obiettive e trasparenti;
¾ i membri dell’organizzazione hanno la gestione delle strutture che salvaguarda
l’imparzialità, l’efficacia isolando le loro decisioni di certificazione o di accreditamento dalle
altre attività;
¾ i membri dell’organizzazione facilitano il commercio attraverso il rilascio di veritieri
programmi internazionali di accreditamento che sono operativi globalmente.
È importante rilevare, che il Codice, nella parte che riguarda le procedure per lo sviluppo degli
standards, sottolinea la necessità di garantire la disponibilità degli standards finali al più basso
costo possibile e di prevedere l’assistenza delle parti con legittimi vincoli finanziari per ottenere
rilevanti documenti. Le procedure messe in campo, si dice, devono rendere disponibili copie di
note, standards e altri materiali di riferimento al più basso costo possibile.
Nella parte che riguarda l’effettività, la rilevanza e l’armonizzazione internazionale si evidenzia
la necessità di tenere in conto le differenze regionali e locali nelle capacità tecnologiche,
economiche, sociali ed ecologiche delle realtà e, dove rilevanti, delle conoscenze tradizionali.
Infine, nella parte che riguarda la partecipazione nei processi di sviluppo degli standards
particolare attenzione deve essere data ai bisogni dei paesi in via di sviluppo e alle piccole e
medie imprese. Questo dovrebbe essere garantito attraverso la previsione da parte degli enti
che mettono a punto gli standards, nei bilanci programmatici, di fondi che garantiscano la
partecipazione dei gruppi svantaggiati, direttamente toccati dall’implementazione dello
standard. Nel caso non fosse possibile, altri mezzi dovranno essere previsti per facilitare la
partecipazione attraverso anche comunicazioni e notificazioni a distanza dei loro interessi lesi
dai processi di standardizzazione.
27
Per la versione completa in inglese del Codice:
http://www.isealalliance.org/documents/pdf/P005_PD4_Jan06.pdf.
30
Queste previsioni all’interno del Codice evidenziano la volontà massima, espressa dalle
organizzazione, di sviluppare processi inclusivi che tengano conto delle diverse possibilità di
accesso dei soggetti interessati, in modo da rendere davvero partecipativi i processi di
standardizzazione e armonizzazione dei sistemi produttivi.
Tabella 4: Organizzazioni internazionali di riferimento per la certificazione sociale ed ambientale.
AccountAbility, istituto della responsabilità sociale e ambientale, istituto internazionale non profit che promuove
lo sviluppo sostenibile attraverso la creazione di un standard assicurativo e una struttura basilare di
28
responsabilità .
British Standard Institute è un ramo del BSI Group, si occupa di standardizzare norme che vanno dalla
29
proprietà intellettuale alle tecniche specifiche per la protezione personale .
Commercio Justo Mexico A.C. ente che promuove il commercio equo per i
30
stabilendo standard di equità .
piccoli produttori messicani,
Certified Organic Association of British Columbia (COBAC) è un’associazione di certificatori della provincia
della Colombia Britannica in Canada. Il BC Programma di Certificazione Biologica adotta i Principi delle
31
Agricoltura Biologica stabiliti dall’IFOAM .
European Environmental Citizens Organisation for Standardization (ECOS) promuove l’integrazione di
aspetti ambientali negli standard tecnici volontari pubblicati dall’ European Standard Organiisation CEN
(Commissione Europea per la standardizzazione), CENELEC (Commissione Europea per la standardizzazione
elettrotecnica) e la ETSI (Istituto per gli standard della telecomunicazione)
Fairtrade Labelling Organisations International (FLO) è un’organizzazione mondiale per la standardizzazione
32
e certificazione del Commercio Equo .
Forest Stewardship Council (FSC) è un’organizzazione internazionale non-profit che supporta una gestione
delle foreste mondiali ambientale appropriata. Gli enti accreditati certificano i prodotti che rispettano i Criteri e gli
33
Standard per l’amministrazione delle Foreste .
Forest Stewardship Council of Canada (FSC Canada) è un’iniziativa nazionale responsabile dello sviluppo di
34
standard regionali da raccomandare per l’adozione del FSC .
Global Ecolabelling Network (GEN) è un’associazione non-profit che implementa, promuove e sviluppa
35
l’”ecolabelling” di prodotti e servizi .
Gree Seal è un’associazione non-profit che cerca di promuovere un ambiente più salutare e pulito identificando e
promuovendo prodotti e servizi che causano un minor inquinamento tossico e rifiuti, conserva le risorse e gli
36
habitat, e minimizza il riscaldamento globale e la riduzione dell’ozono .
Green-e è un programma di certificazione delle energie rinnovabili amministrato dal non-profit Centro delle
37
Soluzioni per le Risorse (CRS) .
International Federation of Organic Agricolture movements (IFOAM) è un’organizzazione di movimenti per
l’agricoltura biologica il cui scopo principale è la creazione di Standards di Base che insieme ai Criteri di
Accreditamento per gli enti di Certificazione costituiscono appunto le norme IFOAM. Le Norme sono la base del
38
Sistema di Garanzia del Biologico dell’IFOAM .
International Organization for Standardization (ISO) è una rete di istituti nazionali di standardizzazione, è il più
39
grande sviluppatore di standards .
Marine Aquarium Council (MAC) è una organizzazione non-profit che stabilisce standard e certifica per la
collezione e la cura dei prodotti marini ornamentali. Gli Standards sono accompagnati dalla Guida delle Buone
40
Pratiche .
Marine Stewardship Council (MSC) è un organizzazione non-profit che ha sviluppato standards ambientali per
la pesca sostenibile (msc Standards) e usa un marchio che premia le pratiche e le gestioni di una pesca
41
ambientalmente responsabile .
Social Accountability International (SAI) è un’organizzazione non-profit che si dedica allo sviluppo,
all’implementazione ed alla verifica di standards volontari sulla responsabilità sociale. È l’ente che ha sviluppato
42
la SA8000 .
28
Lo standard AA1000 fornisce le linee guida per la stipula di assicurazioni, è il primo standard
Assicurativo non proprietario, ovvero in open source che copre l’intera gamma di performance di un
organizzazione per lo sviluppo sostenibile, www.accountability.org.uk.
29
www.bsi-global.com
30
www.comerciojusto.com.mx
31
www.certifiedorganic.bc.ca
32
www.fairtrade.net
33
www.fscoax.org
34
www.fsccanada.org
35
www.gen.gr.jp
36
www.greenseal.org
37
www.resource-solutions.org
38
www.ifoam.org
39
www.iso.ch
40
www.aquariumcouncil.org
41
www.msc.org
42
www.sa-intl.org
31
Sustainable Agricolture Network (SAN) è una coalizione di gruppi di conservazione dell’America Latina che
lavora con il Programma di Agricoltura Sostenibile dell’Alleanza della Foresta Pluviale. La SAN usa gli stessi
43
standards generali ma adatta gli indicatori ai rispettivi paesi .
Worldwilde Responsible Appareal Production (WRAP) è una corporazione dedicata alla promozione ed alla
certificazione di prodotti legali, umani ed etici. I principi standard si possono evincere dal Programma di
44
Certificazione della Produzione Responsabile Mondiale di Abiti .
1.4. Multifunzionalità
Concretamente il principio della multifunzionalità, sancito anche dalla riforma di medio termine
della Politica Agricola Comunitaria, si traduce nell’avvio di attività di turismo rurale, di
valorizzazione dei paesaggi (con attivazione di sentieri, percorsi di osservazione della natura,
ecc.), di fattorie didattiche.
1.4.a. Agriturismo
Nell’ambito del turismo rurale, l’agriturismo offre agli agricoltori la concreta opportunità di unire
alla diversificazione delle attività una migliore valorizzazione della produzione e del patrimonio
immobiliare. Gli interessi agricoli e la tutela dell’ambiente sono strettamente collegati in tale
attività. L’agriturismo può rappresentare inoltre per l’agricoltore un mezzo per far fruttare gli
investimenti da esso attuati per la gestione dell’ambiente a beneficio della collettività.
Riguardo al target di tale attività, va considerato che il consumatore di turismo rurale è attirato
dalla varietà dei paesaggi agricoli, dalla fauna e dalla flora, la cui conservazione costituisce a
sua volta un pre-requisito indispensabile per preservare il richiamo turistico delle zone rurali che
sovente implica tecniche agricole più costose o meno redditizie. In termini percentuali,
l'agriturismo costituisce ancora oggi una minima parte del turismo rurale, ma può rappresentare
un'opportunità in numerose regioni, il turismo in azienda agricola è una tipica attività che
permette di far crescere esponenzialmente il valore aggiunto di una azienda, attraverso la
vendita diretta dei prodotti agricoli e creando ricchezza mediante la valorizzazione del
patrimonio edilizio aziendale. Sarà compito del gestore agrituristico individuare correttamente le
condizioni di riuscita: analisi del livello e della redditività degli investimenti, professionalità
nell'accoglienza, partecipazione alle reti locali e nazionali di commercializzazione e di
promozione, sviluppo di nuove attività turistiche nell'azienda agricola o in collaborazione con
altre strutture.
Le aziende agricole biologiche possono rivestire un ruolo di primo piano nel settore agrituristico.
A tal proposito, va segnalata l’opera dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica - AIAB,
la quale ha messo a punto un disciplinare per gli agriturismi bio-ecologici ed un sistema
innovativo per la loro cerificazione e classificazione, che si basa essenzialmente su requisiti
obbligatori (criteri minimi necessari per poter usufruire del marchio) e requisiti facoltativi
(necessari per la determinazione della classe di merito espressa da un numero di margherite
che va da 1 a 5).
Immagine 6: logo degli agriturismi bio-ecologici e loro classificazione
Ogni azienda agrituristica aderente al circuito, viene controllata dagli ispettori ICEA (Istituto per
la Certificazione Etica e Ambientale), che ne verificano il grado di rispondenza ai requisiti
individuati nel disciplinare AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica). La “classe di
merito” (immagine 6) è sottoposta ad un aggiornamento annuale ed è calcolata in base alla
media aritmetica dei punteggi attribuiti in ciascuna delle seguenti “Aree tematiche” definite
dettagliatamente nel disciplinare:
43
44
www.rainforest-alliance.org/programs/cap/index.html
www.wrapapparel.org
32
9 Area Attività Produttive (punteggi maggiori alle aziende biologiche che producono prodotti
tipici o rientranti nei presidi Slow Food);
9 Area Servizi Naturalistici e Didattici (punteggi maggiori agli agriturismi che tra i servizi
offerti propongano anche laboratori didattico-dimostrativi sull’agricoltura biologica, percorsi
naturalistico-didattici adeguatamente segnalati, musei della civiltà contadina, visite in Aree
protette, osservazione della fauna);
9 Area Tutela dell’Ambiente e delle Risorse Naturali (punteggi maggiori alle aziende che
prestino attenzione alla conservazione del paesaggio e della biodiversità sia vegetale che
animale);
9 Area Strutture Ricettive (punteggi maggiori agli agriturismi ben integrati nel territorio,
costruiti secondo le regole della bio-edilizia, limitando al massimo l’inquinamento
elettromagnetico, acustico, luminoso ed il consumo di fonti energetiche non rinnovabili);
9 Area Dotazioni e Servizi Ricettivi (punteggi maggiori agli agriturismi che facilitano
l’accesso ai portatori di handicap e prevedano spazi comuni da adibire a biblioteca, infopoint sugli usi locali, etc.);
9 Area Relazioni con il Territorio (punteggi maggiori agli agriturismi che, in rete con le altre
realtà del territorio, promuovono attività culturali legate al territorio, campagne informative,
corsi di artigianato tipico);
9 Area Servizi Turistici (punteggi maggiori agli agriturismi che prevedono
l’accompagnamento degli ospiti, anche stranieri, alla scoperta del territorio, l’intrattenimento
dei bambini, percorsi sportivi a piedi, a cavallo, in bicicletta);
9 Area Ristorazione e Vendita Prodotti (punteggi maggiori agli agriturismi che privilegiano
la ricerca, lo studio e la divulgazione della cultura alimentare locale e della cucina tipica
regionale, con punti vendita aziendali);
9 Area Trasporti e Viabilità (punteggi maggiori agli agriturismi che organizzano sistemi di
trasporto collettivo degli ospiti, limitando il traffico veicolare all’interno della struttura e
predisponendo apposite piste ciclabili e percorsi pedonali).
Un’evoluzione recente del sistema messo in piedi per gli agriturismi bio-ecologici è
rappresentato dal “BIO-SENTIERO CAMPANIA”, un itinerario eco-turistico che unisce tutta la
Campania del biologico, attraverso eco-villaggi, Città del bio, aziende agrituristiche, aree
demaniali certificate, siti ambientali di rilievo per la conservazione della biodiversità e delle
tradizioni locali. I siti attraversati dal bio-sentiero sono valutati e classificati con un sistema
“Agro-ambientale-sensoriale” messo a punto dall’AIAB Campania, partendo dai principi generali
contenuti nella “Carta dei principi per un turismo sostenibile nelle aree rurali” definita nel 2001
dall’AIAB nell’ambito delle attività del progetto Leonardo da Vinci "Formazione Eco-turismo",
nella quale viene anche precisato che la conservazione e il recupero degli elementi naturali e
della diversità biologica costituiscono un prerequisito essenziale per il turismo ecologico: “… le
attività turistiche devono essere sostenibili dal punto di vista ambientale, economico, sociale e
culturale. Ciò significa che devono essere ecologicamente sostenibili nel lungo periodo,
economicamente fattibili ed accettabili dal punto di vista sia etico che sociale”.
Tutti gli indicatori fino ad oggi utilizzati per la valutazione dei siti eco-turistici non
comprendevano però lo “Studio delle interazioni sensoriali tra uomo e spazio attraverso una
prospettiva pluridisciplinare, artistica, tecnico-scientifica”.
Grazie alla collaborazione con un’associazione spagnola specializzata in questo lavoro è stato
possibile definire un nuovo paniere di indicatori da applicare nella valutazione dei siti da inserire
nel bio-sentiero, in grado di agevolare l’individuazione dei valori estetici, sensoriali, originali e
autentici delle diverse aree. E’ possibile in tal modo tenere nel debito conto le variabili che
intervengono nelle reazioni affettive di fronte all’ambiente, acquisendo dati relativi alle modalità
e capacità di percezione dei diversi gruppi di persone (turisti, abitanti ed esperti) rispetto ai
paesaggi visivi e sonori individuati nei siti del bio-sentiero.
Concretamente questa metodologia di lavoro permette di:
1. individuare luoghi, momenti, situazioni ed elementi sensoriali capaci di generare risposte
emozionali di gradevolezza;
2. individuare elementi che, per il loro valore soggettivo, devono essere conservati per le
generazioni future come parte di un patrimonio estetico-sensoriale (culturale o naturale) di
un sito;
3. individuare i principali suoni che si possono ascoltare/percepire in un sito (ad es. suono
delle campane, eco naturale);
4. individuare il livello di gradevolezza prodotto dagli stimoli sonori, visivi, olfattivi e climatici
presenti in un sito;
5. determinare il grado di “molestia” prodotto dagli stimoli sonori visuali, olfattivi e climatici
presenti in un sito;
33
6. Studiare l’evoluzione del paesaggio sonoro durante tutto l’anno (suoni ascoltabili nelle varie
stagioni);
7. studiare le principali caratteristiche dello spazio sonoro presente nei vari siti (orizzonte
acustico, segnali sonori, suoni di sottofondo, relazione segnale/sottofondo…);
8. Caratteristiche di interazione tra spazio sonoro e spazio visuale (congruente - incongruente
immagine–suono).
I metodi comunemente utilizzati nella valutazione sensoriale del paesaggio sono di due tipi: la
valutazione da parte del visitatore (in situ) o in laboratorio, ricorrendo all’utilizzo di stimoli visuali
e/o sonori ed a procedimenti nei quali si utilizzano descrizioni verbali del paesaggio. Partendo
da queste metodologie si elaborano ad es. questionari con domande aperte e chiuse, che
permettono una valutazione obiettiva e precisa degli aspetti sensoriali (principalmente sonori e
visuali) dell’”intorno”. Il metodo si basa sullo sviluppo di procedimenti scientifici che aiutano ad
interpretare in forma sistematica e rigorosa le reazioni soggettive di fronte agli stimoli ambientali
(significati, simbolismi, comportamenti in relazione all’ambiente…). In questo modo si configurano
le caratteristiche del paesaggio sensoriale (fondamentalmente visuale e sonoro) stabilendo un
punteggio che permette di dare un valore globale ed assoluto ad ogni sito. In buona sostanza si
tratta di selezionare quei luoghi in cui l’uomo, in quanto parte della natura, può trovare le
condizioni ideali per vivere in armonia, manifestando quello stato generale di benessere
comunemente definito “stare bene”.
1.4.b. Gestione del paesaggio
L’Attività dell’uomo ha portato ad una progressiva scomparsa degli ambienti naturali, con
conseguente depauperamento della qualità ambientale dei territori ed una diminuzione della
biodiversità. Nelle aree rurali questa semplificazione degli ecosistemi ha portato ad un aumento
dei problemi collegati alla gestione delle attività produttive (ad es. la necessità di ricorrere
all’uso sempre maggiore di inputs esterni nel ciclo produttivo agricolo). Così pure mentre in
natura troviamo i predatori naturali (insetti o microrganismi) che limitano naturalmente (controllo
biologico) il diffondersi degli insetti dannosi per le piante, negli agro-ecosistemi assistiamo alla
distruzione degli habitat naturali dei predatori (siepi, cespugli, ecc.) che oggi sopravvivono in
piccole popolazioni del tutto insufficienti a garantire il controllo biologico. Con l’agricoltura
biologica normalmente riusciamo invece a ricostruire un ecosistema complesso. L’approccio
sistemico, tipico del metodo biologico, consente all’azienda di: aumentare le specie coltivate
introducendo buone rotazioni colturali, mantenere buoni livelli produttivi nel rispetto delle norme
territoriali, allevare animali garantendo una buona gestione delle risorse naturali e della terra. La
combinazione di produzioni diverse consente di gestire nel migliore dei modi le risorse naturali,
rispettando i processi naturali.
Tornando al moderno concetto di paesaggio, esso parte dal significato geografico ma tende
direttamente all’ecologia ed è quindi molto più complesso da interpretare. Il paesaggio viene
quindi inteso come ecosistema, anzi come insieme di ecosistemi di una sezione della biosfera.
L’ambiente è dato dall’insieme degli elementi fisici, biotici ed umani che compongono la faccia
terrestre.
Questo concetto di paesaggio riveste un importante ruolo ecologico ed ha modificato i
tradizionali obiettivi della pianificazione territoriale.
La corretta pianificazione del paesaggio rurale è di vitale importanza per l’intero territorio,
perché proprio a causa delle sue caratteristiche esso risulta particolarmente esposto al rischio
di riduzione della biodiversità.
Per fare una buona pianificazione territoriale è innanzitutto necessario condurre un’indagine
sulle sue caratteristiche fisiche, biotiche e sociali. Solo dopo la valutazione dei risultati
dell’indagine sarà possibile effettuare gli interventi sul territorio, volti a:
• Preservare gli elementi naturali ancora esistenti;
• Ricreare ecosistemi funzionali (la creazione nell’ambiente rurale di siepi, frangivento
alberati, strisce inerbite ed ogni altra struttura permanente vivente è conosciuta con il
termine “infrastruttura ecologica” e riveste grande importanza per la prevenzione delle
malattie delle piante e dei danni collegati alle condizioni atmosferiche).
• Intervenire sui fattori che limitano lo sviluppo della fauna selvatica.
• Sviluppare la qualità ambientale del territorio.
34
1.4.c. Fattorie didattiche
Negli ultimi anni molte aziende biologiche hanno proposto attività didattiche per le scuole ed
altri gruppi di utenza. Il network45 delle fattorie didattiche promuove esperienze di scambio,
promozione comune, rispetto di norme comportamentali (una carta di principi viene sottoscritta
da tutti i titolari delle aziende aderenti al network), sviluppo di materiali didattici (per esempio
posters, opuscoli).
Possiamo distinguere tre categorie principali di fattorie didattiche.
45
•
“aziende aperte” (in cui gli
agricoltori
propongono
visite aziendali, durante le
quali spiegano i principi di
salvaguardia ambientale e
alimentazione naturale che
sono
alla
base
dell’agricoltura biologica);
•
“aziende
didattiche”
(nelle quali i visitatori
vengono coinvolti in attività
di
produzione
e
trasformazione agricola);
•
“aziende scuola” (in cui
vengono
proposte
settimane verdi al fine di
coinvolgere i visitatori in
attività
didattiche,
da
svolgersi sia nell’azienda
ospitante che in altre realtà
limitrofe, oltre che percorsi
curriculari sulle tematiche
dell’agricoltura,
della
conservazione della natura
e della cultura in generale).
Immagini 7-7bis:
visita a una fattoria didattica e campagna
pubblicitaria AIAB sulle Bio-fattorie
Per esempio in Italia un network di fattorie didattiche biologiche è gestito dall’AIAB:
http://www.aiab.it/nuovosito/biofattorie; grande successo riscuote pure l’iniziativa “campagna amica”
promossa dalla Coldiretti che punta su multifunzionalità ed eco-sostenibilità delle aziende agricole.
35
CAPITOLO 2. COMPETENZE COMMERCIALI
Il mercato è fatto dai consumatori che sono, in generale, mutevoli e reagiscono emotivamente
alle informazioni che ricevono dai media, com’è di recente successo quando a seguito di
scandali alimentari è notevolmente aumentata la domanda di prodotti biologici.
“Dalla fine del 2002, l’agricoltura biologica conta in Europa su 5.8 millioni di ettari e ca. 190.000
imprese. Circa il 4% della superficie agricola europea è coltivata biologicamente, con punte del
10% ed oltre in qualche Paese, per un mercato che vale annualmente più di 11 bilioni di euro. Il
più grande mercato dei prodotti biologici è quello tedesco, con uno share maggiore del 30% del
volume totale del mercato europeo (ca. 3,5 bilioni di €), seguono il Regno Unito (1.6 bio €),
l’Italia (1.4 bio €) e la Francia (1.2 bio €). La Danimarca è invece prima per la spesa procapite di
prodotti biologici che ammonta a 60 €, mentre per la Svezia arriva a ca 45 €, 41 € per l’Austria,
40 € per la Germania. In molti altri paesi europei la spesa pro-capite per I prodotti biologici è
comunque maggiore di 20 €: Belgio (29 €), Olanda (26 €), Francia (25 €), Regno Unito e Italia
(24 €)46.
Questo trend positivo è legato a diverse ragioni:
• perdita di fiducia nei prodotti convenzionali, alla luce di molteplici scandali alimentari;
• desiderio di non trovare residui di pesticidi nel piatto;
• desiderio di mangiare alimenti privi di organismi geneticamente modificati;
• richiesta di standards sempre più elevati a garanzia del benessere animale;
• domanda di protezione e rispetto ambientale;
• desiderio di salvaguardare l’ambiente dalla contaminazione con organismi geneticamente
modificati;
• fiducia nel sistema di certificazione e nelle norme dell’agricoltura biologica.
• salvaguardia della salute degli operatori agricoli.
L’importanza dell’aspetto commerciale trova riscontro anche nel Piano di Azione Europeo per
l’Agricoltura Biologica47, dove le principali proposte operative della Commissione Europea si
rivolgono proprio allo “sviluppo di una guida informativa sul mercato delle bio-produzioni, con
l’obiettivo di aumentare nei seguenti modi la fiducia dei consumatori: fornendo loro maggiori
informazioni, effettuando maggiore promozione del metodo sia tra i consumatori che tra gli
operatori, incentivando l’uso del marchio europeo, anche a garanzia dei prodotti importati,
creando più trasparenza sui diversi standards, aumentando la reperibilità dei prodotti,
realizzando indagini statistiche da usare come strumento di marketing. La prima linea di azione
prevista dal Piano comunitario riguarda inoltre proprio il mercato dei prodotti biologici e prevede
di: “… Modificare il Regolamento comunitario n° 2826/2000 (promozione del mercato interno) il
quale darà alla Commissione la possibilità di promuovere direttamente campagne
informative/promozionali sul biologico. Avviare una campagna europea pluriennale per
informare consumatori, istituzioni pubbliche, scuole ed altri attori chiave della filiera
agroalimentare sui vantaggi dell’agricoltura biologica, specialmente dal punto di vista
ambientale, ed aumentare la conoscenza dei prodotti da agricoltura biologica e del marchio
europeo. Avviare campagne informative e promozionali rivolte a categorie mirate quali quelle
dei consumatori occasionali e delle mense pubbliche. Incrementare le collaborazioni della
Commissione con gli Stati membri e le Organizzazioni professionali al fine di sviluppare nuove
strategie per la realizzazione delle suddette campagne.
2.1. Strategie di marketing
I bassi prezzi delle produzioni agricole e l’aumento dei costi di distribuzione, anche nel settore
biologico, spingono l’agricoltore a cercare nuove strade per raggiungere la redditività delle
produzioni48. Solo una piccola parte del prezzo finale pagato dal consumatore per un prodotto
biologico va al produttore. La maggior parte viene distribuita nei passaggi intermedi e nella fase
di commercializzazione. Risulta quindi evidente che tutte le occasioni di incontro diretto tra
produttore e consumatore rappresentano un grosso vantaggio per entrambe le parti, in termini
di costi, conoscenza reciproca e crescita culturale. La creazione di queste opportunità
rappresenta un passaggio essenziale per lo sviluppo dell’agricoltura biologica quale modello di
sviluppo sostenibile. Fondamentale per l’agricoltore biologico risulta essere la partecipazione
46
Commissione Europea - Direzione Generale dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale, Report « Organic
farming in the European Union – Facts and Figures», Bruxell, 2005.
47
COM(2004)415 final - Bruxell, 10.06.2004.
48
Cristina Grandi (IFOAM Liaison Office presso la FAO), Alternative Markets for Organic Product,
Proceedings of International roundtable “Organic Agriculture and Market Linkages”, organizzato dalla
FAO e da IFOAM, Roma, Novembre 2005.
36
alle fiere del settore, dove può non solo esporre i propri prodotti e concludere accordi
commerciali, ma anche entrare in contatto diretto con nuovi fornitori. Nella tabella seguente
riportiamo una breve scheda delle due più importanti fiere del biologico, il Biofach in Germania
ed il SANA in Italia.
Tabella 5: BIOFACH, la fiera mondiale dell’agricoltura biologica
Norimberga (GERMANIA), Febbraio
Il BioFach, la fiera mondiale del biologico che si svolge ogni anno in febbraio a Norimberga, in Germania,
si caratterizza per la sua vivacità, internazionalità ed alto tasso di innovatività. Può contare annualmente
su 2100 espositori, due terzi dei quali stranieri, e più di 37.000 visitatori provenienti da oltre 110 nazioni. Il
BioFach è patrocinato dall’IFOAM (la Federazione Internazionale dei Movimenti di Agricoltura Biologica)
che ne stabilisce i criteri di ammissione e garantisce la qualità dei prodotti esposti. L’orgazizzazione del
BioFach promuove inoltre eventi sul biologico in altri quattro continenti: Giappone, Stati Uniti, Sud Africa,
Cina. Lo sviluppo di nuovi mercati del biologico rappresenta una grande opportunità per molte imprese
del settore. Naturalmente anche in questi paesi devono essere stabilite regole precise se si vuole
ottenere uno sviluppo del biologico al pari di quello registrato in Europa. In ognuno esistono regole
diverse su commercializzazione, linee guida per la produzione e tutta la normativa di riferimento va
uniformata, anche a vantaggio di una maggiore trasparenza per i consumatori. Le imprese hanno
bisogno di consulenza qualificata su come operare nei diversi paesi in conformità al loro disposto
normativo e il Biofach rappresenta un’ottima occasione informativa e di scambio di opinioni ed
esperienze. La fiera internazionale di Norimberga conosce il mercato ed offre anche una panoramica
completa sulle innovazioni del settore a livello mondiale. L’Ente fiere di Norimberga ed il Ministero
Federale per l’Alimentazione, l’agricoltura Ministry for Food, Agriculture and Consumer Protectione la
tutela dei consumatori (BMELV) sono i promotori della fiera, organizzata in collaborazione con
l’Associazione tedesca per il commercio e l’industria (AUMA). Agli espositori sono offerte numerose
soluzioni organizzative e la possibilità di partecipare a convegni e forum. Data la grossa affluenza in fiere
le aziende interessate devono però pianificare per tempo la loro partecipazione, soprattutto quelle che
intendono stabilire contatti proficui con le organizzazioni operanti sui mercati dell’Asia, del Nord America
e del Sud America, con le quali è possibile realizzare incontri mirati.
Accordi commerciali in fiera (fonte: NürnbergMesse)
---http://www.biofach.de
37
Tabella 6: SANA, la fiera italiana dell’agricoltura biologica
Bologna (ITALIA), Settembre
SANA, l’esposizione italiana di rilievo internazionale dei prodotti naturali (alimentazione, salute,
ambiente) è uno dei principali eventi del mondo del naturale:
• 85,000 mq di spazi espositivi
• 16 padiglioni espositivi
• 1,600 espositori, di cui 400 esteri provenienti da 45 Paesi d’Europa, U.S.A, Asia, Oceania, Africa
• 70,000 visitatori – di cui 50.000 operatori professionali
• 3.500 operatori stranieri provenienti da 50 Paesi di tutto il mondo
• 77 convegni
• 900 giornalisti presenti in fiera di cui 100 stranieri.
La macro-area dell'Alimentazione, radice storica del Salone, occupa 8 padiglioni dedicati ai prodotti
biologici e tipici certificati. Qui sono presenti produttori di tutte le Regioni italiane e delegazioni ufficiali di
molti Paesi stranieri, dalla "A" di Argentina alla "U" di Uganda passando per l'Austria, il Brasile, la
Germania, la Tunisia, ecc.
I sei padiglioni dedicati alla Salute comprendono tutti i prodotti, le tecniche e gli strumenti utili al
raggiungimento di un benessere olistico in chiave naturale: dai prodotti erboristici e fitoterapici ai
cosmetici naturali, dalle medicine non convenzionali ai centri di benessere.
Vivere “al naturale” significa anche dedicare attenzione all’ambiente in cui si vive e lavora, agli abiti che
si indossano e all’impatto ambientale di tutti gli oggetti e le apparecchiature di uso quotidiano. Le
tecniche e i prodotti per l'edilizia sostenibile, l’arredamento e l’abbigliamento ecologici e i tessuti naturali
trovano nel settore Ambiente il luogo più adatto per esprimere un atteggiamento eco-compatibile a 360°,
nel pieno rispetto dell’ambiente e della nostra salute. Due i padiglioni dedicati all'ambiente.
SANA, sempre attenta al perseguimento dello sviluppo di una cultura ecologica anche tra I più giovani,
ha creato in cooperazione con l’Ente
fiere di Bologna la prima
fiera
dedicate
al
gioco
ed
all’educazione
ecocompatibile
dei
più
piccoli:
SANALANDIA. Qui, sotto
la guida di esperti educatori e la
sorveglianza dei genitori,
gli under 12 si sbizzarriscono fra
giochi, percorsi, laboratori
didattici e svariate attività ludicoeducative
mirate
ad
instillare nei più piccoli il seme della
loro
importantissima
“coscienza ecologica”. Letture e
spettacoli incentrate sulle
tematiche ecologiche si svolgono in
speciali teatri naturali ed
all’interno di speciali capanne di legno.
Associazioni ed aziende
offrono alimenti biologici di stagione e giocattoli costruiti in materiali eco-compatibili.
SANA, oltre che appuntamento commerciale e immancabile momento di business, è caratterizzato da
una fortissima valenza culturale. Il calendario dei convegni ospita ogni anno decine di congressi,
workshop e tavole rotonde che riscuotono l'interesse di migliaia di operatori del settore, italiani e stranieri,
e del pubblico. Ai numerosi convegni in calendario si aggiungono le iniziative speciali di cui SANA si fa
ogni anno promotore: mostre-evento che accendono i riflettori su settori emergenti e nuovi "eco-trend".
La disponibilità di una vetrina completa di prodotti di qualità, la valenza culturale del Salone e l’attualità
dei temi trattati richiamano ogni anno la presenza di centinaia di giornalisti italiani ed esteri. Grazie a
loro, i messaggi di SANA e dei suoi protagonisti vengono diffusi attraverso quotidiani, periodici, radio,
televisioni e Internet. SANA ha sempre operato per far conoscere ai consumatori ed alle istituzioni I
prodotti biologici di qualità e questo è potuto avvenire grazie alla partecipazione di migliaia di espositori e
centinaia di giornalisti ed opinion leader che hanno contribuito a sviluppare il mercato del biologico sia a
livello nazionale che internazionale. L’esposizione contribuisce attivamente insieme ai produttori, alle loro
associazioni ed alla grande distribuzione alla diffusione della corretta informazione sui vantaggi del
biologico rispetto all’ambiente ed alla salute, incidendo sui comportamenti dei consumatori, che risultano
sempre più attenti alle loro scelte alimentari. Il biologico avvicina inoltre i consumatori ai luoghi di
produzione, favorendo lo sviluppo rurale ed incentivando la “filiera corta” e la multifunzionalità
dell’azienda agricola. Questo è lo spirito della fiera e di tutti gli operatori che vi partecipano.
--http://www.sana.it
38
2.1.a. Canali di vendita dei prodotti biologici
Nel settore dell’agricoltura biologica si discute molto sulle problematiche connesse al
commercio. Inizialmente si discuteva molto se entrare o meno nella grande distribuzione, oggi
le tematiche di attualità sono la filiera corta, i punti vendita aziendali, la ristorazione collettiva (in
particolare mense scolastiche, ospedali, ecc.), il commercio equo e solidale.
C’è una domanda crescente di prodotti biologici da parte del settore del catering e della
ristorazione. Il numero di ristoranti, caffè e bar che servono prodotti biologici è in aumento. I
governi nazionali inoltre incoraggiano la somministrazione di prodotti biologici nelle mense degli
enti pubblici. Aumenta in particolare il numero delle scuole che usano ingredienti biologici per la
preparazione dei pasti. Per esempio alla fine del 2001 molti comuni italiani, ca. 340, hanno
individuato l’offerta di alimenti biologici quale requisito preferenziale nelle gare di appalto per
l’affidamento dei servizi mensa scolastici. Alcune regioni hanno anche sostenuto
economicamente le scuole che hanno intrapreso questa strada. Comunque, sia nella
ristorazione collettiva pubblica che in quella privata, l’introduzione degli alimenti biologici deve
essere sostenuta con campagne informative rivolte ai consumatori, in particolare ai bambini ed
ai genitori.
Vi sono molte leggi che incentivano i comuni, le scuole, gli enti pubblici, i gestori delle mense e
della ristorazione in generale (ristoranti e self-service inclusi) ad effettuare scelte di qualità nella
gestione dei servizi di catering. Alcuni dei requisiti previsti dalle norme, che prevedono anche
una loro certificazione da parte di enti terzi, riguardano:
• Materie prime (biologiche, possibilmente con certificazione rilasciata da un ente accreditato
IFOAM, provenienti dal mercato locale o dal commercio equo e solidale).
• Tipologia e gestione del servizio (sono preferite la cucina tradizionale, la gestione
centralizzata e la vicinanza degli impianti di preparazione al luogo di somministrazione dei
pasti).
• Stoviglie, contenitori ed imballaggi (la plastica è vietata; vetro, metallo e terracotta sono
preferiti; carta e cartone sono previsti in certi casi).
• Prodotti detergenti (biodegradabili con basso impatto ambientale e, ove possibile, in possesso
della certificazione Ecolabel o biologica)
• Gestione dei rifiuti (raccolta differenziata e quando possibile compostaggio della frazione
organica).
• Informazione/formazione (informazioni chiare agli utenti e, di rimando, alle loro famiglie;
adeguata formazione del personale).
Gli Enti pubblici sono i maggiori consumatori d’Europa, spendendo circa il 16% del prodotto
interno lordo (che è una somma equivalente al PIL della Germania!). Possono quindi contribuire
pesantemente allo sviluppo sostenibile, orientando il loro potere di acquisto verso beni e servizi
che rispettano l’ambiente.
Gli acquisti “Verdi” possono essere considerati un esempio concreto di come orientare il
mercato. Promuovendo gli appalti Verdi gli Enti pubblici possono sostenere le industrie con
incentivi reali per lo sviluppo delle tecnologie pulite. Per qualche settore l’impatto può essere
veramente significativo, considerata l’elevata quota di mercato che occupano gli acquisti
pubblici.
La Commissione Europea ha predisposto un manuale49 per aiutare gli Enti pubblici a
promuovere appalti pubblici eco-compatibili e sviluppare una politica degli acquisti verdi. Esso
illustra in modo pratico le possibilità e le soluzioni offerte dalla normativa comunitaria per
l’elaborazione di gare di appalto pubbliche che tengano conto dell’eco-sostenibilità degli
acquisti. Il manuale50 è disponibile sul sito web della Commissione dedicato al Green Public
Procurement, il quale contiene ulteriori informazioni pratiche, compresi links e contatti.
L’agricoltura biologica può contribuire concretamente allo sviluppo economico locale ed alla sua
diversificazione, sviluppando l’identità e la promozione del territorio e rivitalizzando sia le
comunità rurali che le città. Per esempio in Italia diversi anni fa l’AIAB (Associazione Italiana per
l’Agricoltura Biologica) ha promosso la costituzione di un network, chiamato “Città del Bio”51,
aperto a tutte le pubbliche amministrazioni che intendono investire in politiche di supporto
all’agricoltura biologica in quanto modello di sviluppo sostenibile del territorio.
49
Commission of the European Communities, Handbook on environmental public procurement, Brussels,
18.8.2004 – SEC(2004) 1050.
50
http://europa.eu.int/comm/environment/gpp/
51
www.cittadelbio.it
39
Immagine 8: Logo Città del Bio
L’introduzione degli alimenti biologici all’interno delle mense pubbliche, a cominciare da quelle
scolastiche, sta diventando uno dei primi campi di attività del network delle Città del Bio,
contestualmente all’educazione alimentare. Il network promuove anche i Bio-distretti rurali, che
non sono nuove entità amministrative ma un coordinamento di Enti che opera per la
conversione sostenibile del territorio e la valorizzazione delle sue tipicità e bio-eccellenze. Essi
sono degli strumenti di programmazione territoriale in grado di promuovere nuovi investimenti
coinvolgendo gli stake-holders (sia pubblici che privati) in progetti di promozione dell’agricoltura
biologica, del turismo rurale, dell’artigianato locale e delle imprese eco-compatibili. Un esempio
di bio-distretto è quello costituito nel 2005 in Italia in provincia di Salerno, denominato “Biodistretto delle Colline di Elea-Velia”, al quale hanno aderito dieci comuni (tutti facenti parte del
network delle Città del Bio”, un Laboratorio di sviluppo locale (Fondazione Alario) e
l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica. La progettualità comune avviata dai
componenti del Bio-distretto ha già portato alla valorizzazione delle più importanti filiere
produttive del territorio (maiale nero, fico bianco del Cilento, miele, fagiolo, olio) ed ha attivato
finanziamenti regionali e provinciali che hanno consentito nel 2006 l’avvio del progetto delle Biospiagge. Quest’ultimo prevede di valorizzare la tipicità e la bio-diversità del territorio attraverso
la creazione di bio-sentieri in grado di condurre i turisti dalle spiagge alle aree rurali interne,
attraversando aree protette, aziende agricole ed agriturismi, alla scoperta delle antiche
tradizioni e dei mestieri dimenticati.
Va comunque precisato che l’operatore europeo dell’agricoltura biologica deve conoscere tutti i
canali commerciali del biologico esistenti nei vari territori, al fine di collocare in modo
appropriato il prodotto.
L’importanza dei canali di vendita differisce notevolmente nei diversi Stati membri dell’Unione
Europea e, spesso, anche nelle diverse aree dei singoli Paesi. Così mentre in Belgio,
Germania, Grecia, Francia Lussemburgo, Irlanda, Italia, Olanda e Spagna, prevale nettamente
la vendita diretta e quella in negozi specializzati (anche se negli ultimi anni lo share della
vendita nella grande distribuzione è notevolmente aumentato) in Danimarca, Finlandia, Svezia,
Regno Unito, Irlanda, Ungheria e Repubblica Ceca, la gran parte delle vendite avviene nei
supermercati (>60%) ed in negozi di alimentari non specializzati nel biologico. Gli esperti sono
convinti che nei Paesi dove i prodotti biologici sono venduti principalmente attraverso i
supermercati la quota di mercato è e rimarrà più alta rispetto agli altri stati52.
La vendita diretta in tutte le sue forme riveste però una grande importanza sia per i produttori
che per i consumatori, e non va pertanto sottovalutata, bensì sostenuta ed incentivata. I
vantaggi per il consumatore sono i seguenti: riduzione dei prezzi, rispetto della stagionalità e
della freschezza dei prodotti, conoscenza dei prodotti e del territorio di origine. Vantaggi per il
produttore: aumento del profitto, rapporto diretto con il consumatore, attuazione del nuovo ruolo
dell’agricoltore (guardiano del territorio), vendita di prodotti e varietà locali.
52
Rapporto della Commissione Europea (G2 EW – JK D(2005) “Organic farming in the
European Union – Facts and Figures”, Bruxelles, 3 Novembre 2005.
40
Ci sono diverse tipologie e modalità di vendita diretta:
• “agricoltori in città”: mercatini locali, gruppi di acquisto (ad es. campagna “G.O.D.O. a cura
dell’AIAB), eventi promozionali;
• “cittadini in azienda”: punti vendita aziendali, agriturismi, fattorie didattiche, ecc..
La vendita diretta e gli spacci aziendali sono molto importanti nelle aree rurali, specialmente se
abbinati ad attività agrituristica ed alla ristorazione locale.
Immagine 9: esempio di punto vendita aziendale, presso l’azienda biologica “Vannulo” a Capaccio (SA) - Italia
Immagine 10: esempio di “agricoltori in città”: il mercatino del biologico
di Pisciotta (SA) - Italia
Per contro la Grande distribuzione può commercializzare quantitativi di prodotto ben maggiori
rispetto ai punti vendita aziendali, alle erboristerie ed ai negozi specializzati nel biologico ed ha
il pregio di far avvicinare al biologico un gran numero di consumatori. Qualche supermercato
svolge anche attività promozionale del biologico, facendo degustare i prodotti e distribuendo
materiale informativo. Il numero dei supermercati che vendono il biologico è in aumento in tutta
Europa. Va comunque sottolineato che nel mondo del biologico sono molti coloro che non
vedono di buon occhio la vendita nei supermercati, che rappresentano comunque dei centri di
potere che decidono, spesso a discapito dei produttori, prezzi e quantitativi di merce da
vendere, oltre a reinvestire i notevoli guadagni in attività non sempre etiche.
Una soluzione migliore può essere rappresentata dai “supermercati biologici”, possibilmente a
loro volta certificati sia secondo le norme del biologico che di quelle del Commercio Equo e
solidale. Essi stanno di recente nascendo un po’ in tutti i Paesi, sono caratterizzati da un offerta
estremamente ampia di prodotti e da superfici espositive maggiori di 300 m². Questo canale
distributivo assomma i vantaggi dei supermercati convenzionali (maggiori volumi di vendita,
41
avvicinamento al biologico di nuova utenza) a quelli dei punti vendita specializzati nel biologico
(maggiori informazioni per il consumatore, competenza nell’approvviggionamento e nella
vendita degli alimenti biologici.
Molti consumatori continuano comunque a preferire un altro tipo di punto vendita, più vicino ai
produttori, e la filiera corta (con indubbi maggiori vantaggi anche per le stesse aziende
agricole). In considerazione del disposto normativo comunitario molti controlli vengono
effettuati nei punti vendita dalle Autorità preposte ed i consumatori continuano a richiedere
sempre più controlli severi ed imparziali, in particolare su frutta e verdura. A tal riguardo si
precisa che dal 2005 anche i punti vendita devono assoggettarsi ad un sistema di controllo e
certificazione, come previsto dal Regolamento comunitario n° 392/2004 del 24 Febbraio 2004,
che ha modificato il Regolamento Comunitario n° 2092/91. Di conseguenza gli Enti di
certificazione del biologico hanno implementato specifiche procedure per il controllo e la
certificazione dei punti vendita, finalizzate alla verifica della loro conformità alle norme
comunitarie. Queste procedure riguardano:
• La particolarità dell’attività di vendita delle produzioni biologiche;
• L’informazione che deve essere fornita dal commerciante al consumatore;
• L’assicurazione che deve fornire il commerciante sull’effettiva biologicità del prodotto
venduto;
• La necessità di garantire i consumatori ed accrescere la loro fiducia verso i prodotti
certificati.
Tutto questo viene controllato dagli ispettori e certificato dagli Enti accreditati, che assicurano il
rispetto da parte del punto vendita di tutti i requisiti previsti dalla legge.
Prima ancora che a garantire i consumatori, la certificazione serve agli stessi commercianti per
evitare errori e situazioni di concorrenza sleale. Inoltre il controllo di filiera, dal produttore al
consumatore, assicura una verifica su tutti i punti critici del processo produttivo, prevenendone i
conseguenti rischi.
2.1.b. Agricoltura biologica e marketing territoriale
L’Agricoltura biologica è un potente strumento di marketing territoriale, in grado di agire in modo
incisivo sullo sviluppo sostenibile del territorio e sulla sua diversificazione produttiva,
contribuendone a sviluppare una precisa identità ed originalità. Nel complesso l’applicazione del
modello di sviluppo biologico può consentire di rivitalizzare le aree rurali e le città.
L’agricoltura biologica è la dimostrazione concreta di come sia possibile conciliare lo sviluppo di
un territorio con la tutela ambientale e la salvaguardia della salute degli operatori e dei cittadini.
Per esempio in Italia esiste il network delle “Città del Bio”53, che riunisce le amministrazioni
locali che intendono investire in politiche di sviluppo sostenibile fondate sull’agricoltura biologica
che da metodo di produzione agricola diviene una proposta culturale, collegata al territorio. Si
tratta quindi di passare dalla “conversione aziendale” alla “conversione del territorio”, pensando
globalmente, sviluppando nuove attività economiche, predisponendo “Progetti d’Area” e
costituendo Bio-distretti in grado di valorizzare più settori economici (agricoltura, artigianato,
turismo, ecc.).
L’introduzione degli alimenti biologici nelle mense scolastiche è una delle prime attività che
devono sviluppare i comuni aderenti alla rete delle Città del Bio, promuovendo nel contempo
azioni di educazione alimentare e sensibilizzazione al consumo etico, con immediate
ripercussioni positive sul mercato locale delle produzioni tipiche e biologiche, oltre che sulla
salute dei cittadini.
Il network promuove inoltre I “Bio-Distretti rurali”, che non sono nuove entità amministrative, ma
strutture di coordinamento che svolgono il ruolo di individuare attività e risorse per lo sviluppo
sostenibile del territorio. Si tratta di strumenti di concertazione territoriale che prevedono la
cooperazione pubblico-privato, con il coinvolgimento di tutti gli stake-holders del territorio, che
operano con l’obiettivo di promuovere il modello biologico, il turismo rurale, l’artigianato locale e
lo sviluppo delle piccole e medie imprese, spingendo all’adozione di sistemi di certificazione
biologica, etica ed ambientale.
53
www.cittadelbio.it
42
2.2. Marketing e nuove tecnologie
La filiera produttiva agrobiologica rappresenta un tipico settore orientato dal consumatore, il
quale richiede trasparenza e controllo in tutte le fasi del processo produttivo/distributivo. Uno
slogan ricorrente è: comprare locale, biologico e in fiera54.
La tracciabilità e la trasparenza rappresentano delle preziose chiavi di marketing per le
produzioni biologiche. L’Unione Europea, a partire dalla pubblicazione del Regolamento n°
178/2002, ha stabilito norme precise sull’adozione dei sistemi di tracciabilità, che dal 2005 sono
divenute obbligatorie anche per le aziende agricole. Il marketing delle produzioni agroalimentari
“tracciate” è caratterizzato dalla diffusione di informazioni sul processo stesso, dalla efficiente
comunicazione dei dati sulla tracciabilità e da ogni altra informazione sull’origine del prodotto.
Tutte queste informazioni vengono registrate in un sistema informatico sulla produzione,
disponibile per i consumatori. Tutto questo fornisce un elevato valore aggiunto ai prodotti ed
apre nuove prospettive di marketing.
Le potenzialità sono enormi, in considerazione dell’immagine e del valore rappresentato dalla
disponibilita per ogni prodotto di una completa e trasparente documentazione di riferimento.
Lo strumento tecnologico utilizzato per consentire un’agevole fruizione del servizio è
generalmente un portale di Internet navigabile attraverso un normale browser (tipo Explorer,
Netscape, ecc.), che consente al consumatore di acquisire tutte le informazioni desiderate
semplicemente digitando sulla tastiera un codice riportato in etichetta. Questo dà all’utente la
sensazione di essere presente “virtualmente” all’interno dell’azienda, potendo controllare anche
in che modo è stato prodotto l’alimento che si ritrova sulla tavola.
Immagine 11: esempio di portale Internet sulla tracciabilità
delle produzioni biologiche
Nell’agricoltura pre-industriale la vendita dei prodotti agricoli era basata sul contatto diretto tra
produttore e consumatore, il quale conosceva sempre la provenienza degli alimenti. La
globalizzazione dei mercati ha creato invece una distanza enorme, sia fisica che mentale.
Ultimamente si è tentato di ridurre questa distanza attraverso la tracciabilità di filiera, che
utilizzando anche di strumenti informatici consente al consumatore di conoscere tutti i passaggi
intermedi e di risalire al produttore. Anche le azioni di marketing sono notevolmente cambiate
nel corso degli anni. Il 20° secolo si è caratterizzato per il grande successo delle produzioni di
massa, con lo scopo di vendere lo stesso prodotto al più alto numero di consumatori. Adesso è
il momento delle personalizzazioni, dei “prodotti fatti solo per te”, che anche se vengono in
realtà prodotti su larga scala possono subire con l’aiuto delle nuove tecnologie
personalizzazioni basate sulle esigenze individuali. Il trend attuale è per il marketing “one-toone”, che ha l’obiettivo di vendere di più (anche più prodotti) ad un singolo acquirente. Il direct
marketing, la vendita diretta dei prodotti agricoli, ha avuto un forte impulso con la diffusione
dell’informatica. Un metodo di vendita millenario grazie alle nuove tecniche dell’informazione,
ed in particolare ad Internet ed alla diffusione del web, ha consentito di fare acquisti
direttamente da casa. L’uso di Internet è diventato anche fondamentale nello stabilire contatti
54
Nadia El-Hage Scialabba (Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite), Global Trends in
Organic Agriculture Markets and Countries’ demand for FAO assistance, Atti della Tavola rotonda
internazionale “Organic Agriculture and Market Linkages”, organizzata dalla FAO e dall’IFOAM, Roma,
Novembre 2005.
43
diretti tra partners commerciali (B2B = Business to Business), nel procurare contratti e nella
logistica. Fare web-marketing vuol dire personalizzare prodotti, servizi e prezzi. Il punto è:
soddisfare le richieste individuali al più basso prezzo possibile, grazie ai grossi volumi di merce
movimentata.
Con l’E-commerce i rapporti diretti di vendita avvengono attraverso il computer e con l’ausilio di
particolari software che assicurano la conclusione delle transazioni. La difficoltà maggiore è
rappresentata dalla consegna del prodotto a casa dell’acquirente, che può risultare costosa,
anche in termini logistici.
In linea di massima va però considerato che l’utilizzo degli strumenti di marketing alternativo
spesso ha portato ad una riduzione dei prezzi al consumo e ad un incremento dei guadagni
dell’agricoltore. Senza considerare il grande vantaggio che si offre al consumatore di conoscere
con precisione l’azienda di produzione. C’è chiaramente una una grande differenza qualitativa
tra i sistemi di marketing diretto e quelli anonimi dei mercato di massa. Il contatto diretto (anche
se attuato in maniera “virtuale”) produttore-consumatore permette di stabilire forti contatti con i
territori di produzione (che magari saranno un giorno anche visitati dal consumatore) e
consente di comprendere meglio cos’è il metodo di produzione biologico.
Immagine 12: esempio di E-commerce: www.eurorganicshop.com
2.3. Etichettatura
2.3.a. Legislazione internazionale sull’etichettatura delle produzioni biologiche
É possibile far riferimento al metodo di produzione biologico esclusivamente nelle etichette e
nella pubblicità dei prodotti ottenuti rispettando la normativa comunitaria di riferimento e solo
qualora l’operatore si sia assoggettato al sistema di controllo previsto dalla stessa normativa.
Dovrà inoltre essere riportato in etichetta l’apposito codice rilasciato all’operatore
dall’Organismo di controllo, e quest’ultimo dovrà anch’esso risultare facilmente individuabile,
riportandone in etichetta il codice univoco di identificazione assegnatogli dalle Autorità
competenti.
Da quanto sopra esposto ne deriva che la legge determina in modo puntuale ed inequivocabile
come deve essere etichettato un prodotto da agricoltura biologica. I consumatori possono
acquistare questi prodotti etichettati come biologici con la certezza che prima della loro
immissione in commercio sono stati opportunamente e scrupolosamente controllati da un Ente
di certificazione in possesso di tutti i requisiti necessari per svolgere al meglio il proprio lavoro.
Gli Enti di controllo e certificazione hanno proprio la funzione di verificare (e certificare) se gli
operatori, nell’intero processo produttivo, hanno rispettato o meno quanto disposto dalla legge
vigente. Gli Enti di certificazione sono a loro volta continuamente controllati dalle Autorità statali,
al fine di verificarne la correttezza del lavoro.
L’etichettatura e la pubblicità degli alimenti può far riferimento al metodo di produzione biologico
esclusivamente quando almeno il 95% degli ingredienti di origine agricola sono a loro volta
provenienti da agricoltura biologica. Gli alimenti possono contenere quindi fino al 5% di
44
ingredienti prodotti con il metodo convenzionale, ma solo qualora questi ingredienti non siano
disponibili sul mercato comunitario del biologico (la sezione C dell’allegato VI del regolamento
comunitario n° 2092/91 elenza i suddetti ingredienti).
Gli alimenti che contengono prodotti da agricoltura biologica in una percentuale compresa tra
70% ed il 95% possono far riferimento al metodo biologico in etichetta esclusivamente
nell’elenco degli ingredienti, ma non nella descrizione commerciale del prodotto. La loro
indicazione non può essere più evidente delle altre indicazioni nella lista degli ingredienti. La
percentuale di ingredienti di origine biologica deve essere specificata.
Quando gli ingredienti di origine biologica rappresentano meno del 70% della composizione
dell’alimento, l’etichettatura e la pubblicità non possono far riferimento al metodo di produzione
biologico.
Nel periodo di conversione (due anni per le colture erbacee e tre anni per le colture arboree)
può essere utilizzata l’indicazione “Prodotto da agricoltura biologica in conversione”, a
condizione che siano passati almeno 12 mesi di periodo di conversione prima della raccolta del
prodotto che si intende vendere.
Il regolamento CE n° 331/2000 ha istituito il logo europeo che contrassegna le produzioni da
agricoltura biologica. L’utilizzo del logo è facoltativo. Gli operatori lo utilizzano su base
volontaria, qualora le loro produzioni rispettino i requisiti di legge. Il logo e la dicitura di
conformità al regime di controllo CE possono essere utilizzati solo sulle produzioni conformi al
reg. CEE n° 2092/91, quando vengono soddisfatte le seguenti condizioni:
• contengono per almeno il 95% ingredienti prodotti secondo il metodo biologico;
• sono stati sottoposti durante l’intero processo di produzione e di preparazione al regime di
controllo previsto dal regolamento; ciò implica che gli operatori coinvolti nelle operazioni di
produzione agricola, trasformazione, imballaggio ed tichettatura del prodotto siano sottoposti
a tale regime di ispezione;
• sono venduti direttamente in imballaggi sigillati o sono immessi nel mercato come prodotti
alimentari in imballaggi preconfezionati;
• riportano sull’etichetta il nome e/o la ragione sociale del produttore, preparatore o venditore,
nonché il numero di codice dell’organismo di controllo.
Le disposizioni del regolamento (CEE) n. 2092/91 prevedono altresì l’obbligo di soddisfare
determinate condizioni a livello di pubblicità relativa ai prodotti dell’agricoltura biologica. Tali
disposizioni mirano a garantire che la pubblicità non comprometta le misure di trasparenza
previste per l’etichettatura dei prodotti.
Va ricordato che la direttiva 84/450/CEE del Consiglio in materia di pubblicità ingannevole, vieta
qualsiasi pubblicità che induca in errore i consumatori o che leda la concorrenza. Tale direttiva
prevede inoltre l’obbligo per ciascuno Stato membro di dotarsi di mezzi adeguati ed efficaci per
vietare la pubblicità ingannevole. In particolare la legislazione stabilisce che non possono
essere riportate in etichetta diciture che possano far pensare al consumatore che il prodotto da
agricoltura biologica garantisa maggiori qualità organolettiche, nutrizionali o di salubrità. In altre
parole non è permesso dire che il prodotto biologico è più buono o di qualità superiore rispetto a
quelli convenzionali. In considerazione del fatto che il biologici prevede un controllo di processo
e non di prodotto, sono anche da evitare frasi del tipo "Esente da OGM" o "Esente da pesticidi”,
alle quali vanno preferite frasi del tipo “Le norme di agricoltura biologica vietano l’utilizzo di
tecniche di ingegneria genetica” o "l’agricoltura biologica non fa ricorso a prodotti chimici di
sintesi come pesticidi e fertilizzanti”.
La Corte di Giustizia Europea ha stabilito in due pronunciamenti del 14.7.2005 che il termine
"bio" è protetto quale indicazione dell’agricoltura biologica in tutte le lingue europee. Questo
perché in passato si è molto speculato sul termine bio, usato impropriamente soprattutto in
Spagna, dove veniva utilizzato anche per contrassegnare produzioni eco-compatibili ottenute
con metodi diversi da quelli stabiliti dalla normativa comunitaria di riferimento. È quindi
importante sottolineare che, anche se esistono molteplici metodi di produzione agricola ecocompatibile (ad es. l’agricoltura integrata), l’unico che può vantarsi di un riconoscimento
europeo è quello dell’Agricoltura biologica, in quanto è il solo regolamentato ed è sottoposto ad
un rigoroso regime di controllo e certificazione uguale in tutti gli stati membri dell’Unione
Europea.
2.3.b. Etichettatura dei prodotti del commercio equo e solidale
“Fair Trade” è una partnership commerciale, fondata sul dialogo, la trasparenza ed il rispetto,
che garantisce l’applicazione del principio dell’equità negli scambi commerciali a livello
internazionale.
Il successo del commercio equo e solidale si è registrato soprattutto negli ultimi anni (nel 2004
si è raggiunto in Europa un giro di affari di ben 660.000.000 €), con la diffusione del marchio e
l’ingresso nel settore di molte nuove imprese commerciali. Il marchio Fair-trade garantisce che
un determinato prodotto è stato ottenuto rispettando i diritti dei produttori svantaggiati (in
45
particolare di quelli dei territori in via di sviluppo) e dei lavoratori (garantendo ad es. il non
utilizzo di lavoro nero o minorile).
Immagine 13: il logo Fair-trade
In Europa operano attualmente quattro organizzazioni commerciali:
− “FLO” - Fair Trade Labelling Organizations International,
− “IFAT” - International Fair Trade Association,
− “EFTA” - European Fair Trade Association,
− “NEWS!” - Network of European Worldshops.
L’Organizzazione mondiale “ombrello” (che riunisce un gran numero di operatori) è “FLO”, nata
dall’unione di due organizzazioni: FLO-Cert, uno dei più grandi enti di certificazione operanti nel
settore della certificazione sociale ed ambientale (che controlla e certifica circa 420
organizzazioni di produttori in 50 paesi), e FLO e.V., un’associazione multi-stakeholder che
riunisce 20 organizzazioni (dette anche “National Initiatives”). Essa sviluppa ed aggiorna gli
standards del settore ed assiste i produttori nell’ottenimento e nel mantenimento della
certificazione, con l’obiettivo di agevolarne l’accesso al mercato.
IFAT è un’associazione che riunisce 300 organizzazioni di 60 diversi paesi; i membri sono
cooperative di produttori, associazioni, compagnie di import – export, commercianti, network
nazionali e regionali ed Organizzazioni di supporto al Fair Trade.
EFTA è un’associazione di 11 organizzazioni di importatori operanti in nove paesi.
NEWS! È un network di 15 associazioni nazionali di negozi specializzati, che rappresentano
circa 2.400 punti vendita in tredici paesi.
Sin dal 1996, la cooperazione tra questi quattro network internazionali ha consentito uno
sviluppo considerevole del settore. Con l’acronimo FINE (ottenuto dalle prime lettere di Flo, Ifat,
News! and Efta) operano insieme, riunendosi regolarmente, per coordinare il loro lavoro. FINE è
particolarmente impegnata nell’integrazione dei diversi sistemi di controllo del Fair Trade
esistenti a livello mondiale.
I prodotti Fair-trade raggiungono i consumatori in molti modi, ma il più importante è
rappresentato dai “worldshops” (i negozi del commercio equo e solidale) e dai supermercati (i
prodotti Fair Trade sono disponibili in circa 57.000 supermercati nell’Europa a 25 stati).
46
CAPITOLO 3. COMPETENZE PRODUTTIVE
3.1. Principi di agricoltura biologica
3.1.a. Approccio olistico alla produzione
In accordo con il Codice Alimentare si può affermare che l’agricoltura Biologica è un sistema
olistico di gestione della produzione che persegue l’equilibrio dell’eco-sistema, la salvaguardia
della biodiversità, il rispetto dei cicli naturali e dell’attività biologica del suolo. I metodi di
produzione biologica privilegiano l’uso di tecniche agricole all’eccessivo utilizzo di inputs extra
aziendali, in considerazione del fatto che caratteristiche locali richiedono sistemi locali di
gestione. Per far fronte alle diverse esigenze produttive bisogna far ricorso, dove possibile, a
metodi agronomici, biologici e meccanici, in antitesi all’utilizzo indiscriminato di mezzi tecnici..
3.1.b Principi di salute, ecologia, giustizia e cautela.
Dopo un intenso processo partecipato, nel settembre 2005 l’Assemblea generale IFOAM di
Adelaide - Australia – ha approvato i nuovi (aggiornati) Principi di Agricoltura Biologica55, che
riportiamo nella tabella seguente (si consiglia di consultare la versione originale in lingua
inglese, scaricabile dal sito ufficiale IFOAM).
Tabella 7: Principi dell’agricoltura biologica, elaborati dall’IFOAM
Dopo un intenso processo partecipativo, nel settembre 2005, l’Assemblea
generale IFOAM svoltasi ad Adelaide in Australia ha approvato la revisione
dei “Principi di agricoltura biologica” *. Questi principi sono le radici dalle
quali cresce e si sviluppa l’agricoltura biologica.
Principio della salute
L’Agricoltura Biologica deve sostenere e rafforzare la salute del suolo, delle piante, degli animali,
degli esseri umani e del pianeta come un insieme unico ed indivisibile.
Questo principio sottolinea che la salute degli individui e delle comunità non può prescindere dalla
salute degli ecosistemi – suoli sani producono raccolti sani che favoriscono la salute degli animali e
della gente.
La salute è la totalità e l’integrità dei sistemi viventi. Non è semplicemente l’assenza di malattia, ma il
mantenimento del benessere fisico, mentale, sociale ed ecologico. L’immunità, la resistenza e la
rigenerazione sono caratteristiche fondamentali della salute.
Il ruolo dell’agricoltura biologica, sia nell’attività agricola, che nella lavorazione, la distribuzione o il
consumo, è di sostenere e rafforzare la salute degli ecosistemi e degli organismi, dal più piccolo
abitante del suolo fino agli esseri umani. Particolarmente, l’agricoltura biologica intende produrre cibi
nutrienti, di alta qualità, che favoriscono il benessere e la prevenzione delle malattie. In quest’ottica
andrebbe evitato l’uso di fertilizzanti, pesticidi, medicine veterinarie ed additivi alimentari per animali
che possano avere effetti dannosi sulla salute.
Principio dell’ecologia
L’Agricoltura Biologica deve basarsi su sistemi e cicli ecologici viventi, lavorare con essi, emularli ed
aiutarli a sostenersi.
Questo principio radica l’agricoltura biologica all’interno dei sistemi ecologici viventi. Afferma che la
produzione deve essere basata su processi ecologici e di riciclo. Il nutrimento ed il benessere sono
ottenuti mediante l’ecologia dell’ambiente produttivo specifico. Per esempio, nel caso delle colture si
tratta del suolo vivente; per gli animali dell’agro-ecosistema; per i pesci e gli organismi marini
dell’ambiente acquatico.
I sistemi colturali, pastorali e di raccolta spontanea devono adattarsi ai cicli ed agli equilibri ecologici
esistenti in natura. Questi cicli sono universali anche se si manifestano in modo diverso a seconda
degli eco-sistemi locali. La gestione biologica deve essere adattata alle condizioni, all’ecologia, alla
cultura ed alle dimensioni locali. Gli inputs esterni vanno ridotti attraverso la riutilizzazione, il riciclo e
la gestione efficiente di materiali ed energia, al fine di mantenere e di migliorare la qualità
dell’ambiente e di preservare le risorse.
L’agricoltura biologica deve raggiungere l’equilibrio ecologico tramite la progettazione di sistemi
agricoli, la creazione di habitat ed il mantenimento della diversità genetica ed agraria. Coloro che
producono, trasformano, commerciano o consumano prodotti biologici devono proteggere l’ambiente
comune, tenendo conto del paesaggio, del clima, degli habitat, della biodiversità, dell’aria e
dell’acqua.
Principio dell’equità solidale
L’Agricoltura Biologica deve svilupparsi su rapporti che assicurino equità e solidarietà nei confronti
dell’ambiente comune e delle necessità della vita.
55
Le Norme IFOAM per le produzioni e le trasformazioni biologiche. Ed. IFOAM, Bonn, 2005
(www.ifoam.org).
47
L’equità solidale è caratterizzata dall’eguaglianza, dal mutuo rispetto, dalla giustizia e dalla tutela di
un mondo condiviso, sia nelle relazioni tra le persone che in quelle delle persone con gli altri esseri
viventi.
Questo principio stabilisce che coloro che sono impegnati nell’agricoltura biologica devono gestire le
relazioni umane in modo tale da assicurare equità solidale a tutti i livelli ed a tutte le parti interessate:
agricoltori, lavoratori, trasformatori, distributori, commercianti e consumatori. L’agricoltura biologica
deve assicurare una buona qualità di vita a tutti coloro che ne sono coinvolti e contribuire alla
sovranità alimentare ed alla riduzione della povertà. Essa mira alla produzione di una fornitura
sufficiente di alimenti ed altri prodotti di buona qualità.
Questo principio stabilisce pure che gli animali possano avere condizioni e opportunità di vita che
rispettino la loro fisiologia, il loro comportamento naturale ed il loro benessere.
Le risorse naturali ed ambientali usate per la produzione e il consumo dovrebbero essere gestite in
un modo socialmente ed ecologicamente giusto e dovrebbero essere preservate per le generazioni
future. L’equità solidale richiede che i sistemi di produzione, distribuzione e commercio siano aperti
ed equi, e che tengano conto dei reali costi ambientali e sociali.
Principio della cautela
L’Agricoltura Biologica deve essere gestita in modo precauzionale e responsabile al fine di
proteggere la salute ed il benessere delle generazioni presenti e future e dell’ambiente.
L’agricoltura biologica è un sistema vivente e dinamico che risponde a esigenze e condizioni interne
ed esterne. Chi pratica l’agricoltura biologica può aumentare l’efficienza e la produttività, ma senza
compromettere la salute ed il benessere degli esseri viventi e dell’ambiente. Di conseguenza, le
nuove tecnologie devono essere valutate con attenzione ed i metodi attualmente in uso sottoposti a
revisione. Tenuto conto della conoscenza degli ecosistemi e dell’agricoltura, è necessario prestare la
dovuta cautela preventiva.
Questo principio afferma che la precauzione e la responsabilità sono sono concetti chiave nelle
scelte di gestione, di sviluppo e di tecnologie nell’agricoltura biologica. La scienza è necessaria per
assicurare che l’agricoltura biologica sia sana, sicura e rispettosa dell’ambiente. Tuttavia, la
conoscenza scientifica da sola non è sufficiente. L’esperienza pratica, la saggezza e le conoscenze
tradizionali ed indigene accumulate, soluzioni valide e collaudate nel tempo. L’agricoltura biologica
deve prevenire rischi maggiori tramite l’adozione di tecnologie appropriate ed il rifiuto di quelle
imprevedibili, quale l’ingegneria genetica. Le decisioni devono riflettere i valori ed i bisogni di tutti
coloro che potrebbero subirne gli effetti, attraverso dei processi trasparenti e partecipativi.
______
* Le Norme IFOAM per le produzioni e le trasformazioni biologiche, Ed. IFOAM, Bonn, 2005 (www.ifoam.org).
3.2. Gestione della fertilità del suolo
“La conservazione della fertilità del suolo è la prima condizione da rispettare in un sistema
permanenete di gestione agricolo”; con queste parole nel 1940 il famoso agronomo inglese
Albert Howard56 poneva le fondamenta del metodo dell’agricoltura biologica.
3.2.a. Fertilità del suolo
La fertilità è la capacità del suolo di mantenere nel lungo periodo la sua capacità produttiva;
essa deve essere conservata e, se possibile, incrementata.
Il metodo biologico non consente di utilizzare fertilizzanti chimici. Gli inputs esterni sono infatti
sostituiti con specifiche tecniche colturali, che consentono di preservare ed incrementare nel
lungo periodo la fertilità del suolo.
Di grande importanza è la tipologia e la quantità di sostanza organica presente nel suolo,
perchè la disponibilità di sostanza organica insieme a quella di acqua ed ossigeno (a livello
radicale) determina la disponibilità di nutrienti per le piante coltivate.
La fertilità e l’attività biologica del suolo devono essere preservate ed incrementate attraverso:
a) Coltivazione di leguminose, piante da sovescio e piante con apparato radicale profondo,
inserite in un’appropriata rotazione colturale pluriennale;
b) Incorporazione di letame da allevamenti biologici, tenendo presente il limite da rispettare di
170 kg N/ha/anno;
c) Incorporazione di altro materiale organico proveniente da aziende biologiche, conforme al
disposto normativo comunitario.
3.2.b. Compostaggio e riciclaggio delle biomasse
Nelle aziende biologiche l’apporto di nutrienti alle piante coltivate è garantito dal riciclaggio
aziendale delle biomasse (compostaggio). Le aziende chimiche intensive hanno invece
abbandonato da tempo i metodi tradizionali e naturali di riciclaggio delle biomasse, con
56
Sir Albert Howard, An Agricultural Testament, Oxford University Press, 1940
48
conseguente degradazione dei suoli, desertificazione ed aumento della suscettibilità delle
piante alle malattie ed agli attacchi degli insetti.
“Il compostaggio offre la possibilità di trasformare in risorse aziendali gli scarti di produzione e
fornisce grandi benefici quali l’incremento della fertilità dei suoli con conseguente aumento della
produttività, aumento della biodiversità, riduzione dei rischi ecologici e salvaguardia
dell’ambiente.”57.
Durante il compostaggio la sostanza organica grezza viene trasformata in particelle più grandi
di humus. I risultati dipendono dalle condizioni iniziali e dal materiale utilizzato (di origine
animale e/o vegetale) e dalla microfauna presente nel cumulo. Partecipano alla
decomposizione della sostanza organica diversi microbi e specie animali.
In una prima fase mesofila, la temperature si innalza notevolmente, il pH aumenta ed il ruolo dei
funghi e dei microrganismi risulta fondamentale. In una seconda fase termofila, vengono
rapidamente trasformate le sostanze più degradabili, la temperature raggiunge i valori massimi
60-70°C, i batteri termofili prendono il posto dei funghi, ed il pH diviene alcalino e l’ammoniaca
viene liberata dalle proteine. Quando il processo accelera e conseguentemente la temperatura
diminuisce rimangono solo i materiali più resistenti, il cumulo entra nella terza fase,
raffreddandosi. In quel momento i funghi termofili rientrano in azione per decomporrere la
cellulosa e le altre particelle più grandi. Questa fase continua ancora per qualche settimana.
La lunga fase finale della Maturazione, richiede alcuni mesi, durante i quali funghi, batteri e
actinomiceti rivestono un ruolo chiave nella produzione di humus o acidi umici. Anche i
macrorganismi ricompaiono nel cumulo e contribuiscono a formare azoto direttamente
assimilabile. Al termine del processo si ottiene compost maturo, contraddistinto dal caratteristico
odore di terra, prodotto dal gran numero di actinomiceti che lo abitano. Durante il processo di
compostaggio il cumulo deve essere costantemente areato perchè, contrariamente alla
maturazione del letame, si basa su processi aerobici.
3.2.c. Rotazioni colturali, sovesci e consociazioni
Con la “rotazione” le colture si succedono sullo stesso appezzamento di terreno, ritornando al
punto di partenza dopo un certo periodo di tempo (due, tre, quattro, cinque… anni). Lo scopo è
quello di non “stancare” il suolo ed impedire lo sviluppo delle infestanti e dei parassiti
specializzati.
La pratica della concimazione verde (sovescio) consiste nel seminare singole colture
erbacee (ad es. favino) o miscugli di più specie, senza l’obiettivo di raccoglierne i prodotti ma
allo scopo di interrare le piante per incorporare nel terreno biomassa verde ed incrementare in
questo modo la fertilità e la riserva nutrizionale per le colture successive. Si tratta di una
pratica colturale di facile attuazione, in grado di dare ottimi risultati, fondamentale soprattutto
per quelle aziende che non hanno allevamenti e pascoli in rotazione. Il sovescio fornisce grandi
quantità di azoto a costi relativamente bassi. L’esempio di sovescio più diffuso è quello
effettuato con il favino, ma possono essere usate anche graminacee, crocifere ed altre specie
erbacee.
L’importanza di questa tecnica colturale non è però legata al solo aspetto fertilizzante, ma
anche alla protezione del suolo, al miglioramento della sua struttura, al controllo della flora
spontanea e delle malattie, alla salvaguardia delle falde freatiche. In breve possiamo dire che le
colture da sovescio servono a migliorare la struttura fisica e chimica del suolo (le radici
penetrano nel suolo areandolo ed aumentandone la capacità idrica), lo proteggono
dall’erosione, ne salvaguardano le falde freatiche, incrementano la disponibilità di principi
nutritivi, stimolano l’attività biologica, permettono di controllare la diffusione delle piante
spontanee e contribuiscono al bilancio umico.
Consociazione è la coltivazione contemporanea sullo stesso appezzamento di due o più
colture, praticata al fine di sfruttare le sinergie positive esistenti tra alcune piante e la loro
capacità allelopatica. Quest’ultima consiste nell’immissione nell’ambiente di sostanze in grado
di intervenire sulla fisiologia di parassiti e/o piante di altre specie al fine di limitarne o esaltarne
lo sviluppo. Le colture intercalari avendo spesso esigenze diverse e complementari, riescono
inoltre meglio ad assorbire ed a convertire in biomassa vegetale le risorse disponibili (quali
acqua, luce, elementi nutritivi). La più efficiente utilizzazione delle risorse disponibili, rispetto
alle coltivazioni specializzate, va inoltre a vantaggio della stabilità dell’agro-ecosistema,
diminuendo sprechi e perdite. Le consociazioni influiscono positivamente sull’agro-ecosistema
anche in altri modi: incremento della biodiversità, maggiore resistenza alle perturbazioni,
protezione delle piante dai predatori specializzati, contenimento della flora spontanea,
miglioramento della qualità delle produzioni e riduzione dei danni all’ambiente che normalmente
57
R.V. Misra and R. N. Roy, On-farm composting methods, FAO, Rome, 2002 (www.fao.org).
49
provocano le colture arabili. Vediamo un esempio: “Leguminose da granella, come i piselli, in
combinazione con i cereali si completano a vicenda per soddisfare i bisogni alimentari degli
animali; le leguminose forniscono proteine ed i cereali carboidrati. Essi possono essere sia
raccolti contemporaneamente (e quindi miscelati e somministrati direttamente agli animali come
mangime) sia raccolti ed usati separatamente” 58.
3.2.d. Fertilizzanti autorizzati
Nelle aziende biologiche viene ridotto al minimo l’utilizzo di inputs extra-aziendali
(eccezionalmente possono essere impiegati solo quelli autorizzati dagli Organismi di controllo)
ed allo stesso tempo non è consentito utilizzare prodotti chimici di sintesi.
Un elenco completo dei fertilizzanti utilizzabili solo in caso di autentica necessità nelle
aziende agricole biologiche è stato predisposto e più volte aggiornato dalla Commissione
Europea nell’Allegato IIA al Reg. (CE) n° 2092/91. Nel testo del regolamento e nell’Allegato I
sono contenute ulteriori indicazioni.
Questi prodotti non sono però sempre reperibili con facilità. Per questo il Ministero
dell’Agricoltura italiano richiede alle ditte produttrici / distributrici di comunicare e di depositare
un campione di etichetta presso l’Istituto Nazionale per la Nutrizione delle piante e, dopo aver
effettuato tutte le verifiche necessarie, l’Istituto provvede periodicamente ad aggiornare la lista
delle imprese e dei prodotti idonei all’impiego in biologico59. L’elenco pubblicato, noto come
“Registro dei Fertilizzanti per l’Agricoltura Biologica”, contiene i fertilizzanti le cui comunicazioni
hanno superato le fasi di verifica. L’elenco viene costantemente aggiornato.
L’operatore di agricoltura biologica dovrà conoscere tutto questo, in particolare nelle aree
mediterranee, dove le condizioni climatiche inducono una più rapida mineralizzazione della
sostanza organica e gli allevamenti purtroppo non sono diffusi in tutte le aziende, con
conseguente necessità di ricorrere ai prodotti fertilizzanti autorizzati. L’operatore deve però fare
il possibile per acquisire le conoscenze necessarie per ristabilire l’armonia e l’equilibrio
nell’agroaecosistema, alla lunga l’unico metodo possibile per poter applicare efficacemente, con
soddisfazione, il sistema agricolo biologico.
Tabella 8: Estratto dell’Allegato II - parte A del Reg. (CE) n° 2092/91
(Prodotti per la concimazione e l’ammendamento)
N.B. il presente estratto è stato elaborato a titolo puramente indicativo, si rimanda alla normativa
ufficiale per la versione completa ed aggiornata dell’Allegato II – parte A.
Concimi ed ammendanti
Nome
Descrizione; requisiti in materia di
composizione; condizioni per l’uso
Letame da allevamenti estensivi, escrementi compostati e liquidi, residui fungaie
Letame
Prodotto costituito dal miscuglio di escrementi animali e
da materiali vegetali (lettiera)
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Indicazione delle specie animali.
Letame essiccato e
deiezioni avicole
disidratate
Deiezioni animali
compostate, inclusa la
pollina e il letame
Escrementi liquidi di
animali (liquame, urina,
ecc.)
Proveniente unicamente da allevamenti estensivi ai
sensi dell’articolo 6 paragrafo 5 del Reg CE n° 2328/91,
modificato dal Reg CE n° 3669/93.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Indicazione delle specie animali.
Proveniente unicamente da allevamenti estensivi ai
sensi dell’articolo 6 paragrafo 5 del Reg CE n° 2328/91.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Indicazione delle specie animali.
Proibiti se provenienti di allevamenti industriali.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Indicazione delle specie animali.
Proibiti se provenienti di allevamenti industriali.
58
Julia Kinane e Michael Lyngkjær, Biosystems Dept., Risø, in Darcof eNews (Centro danese per la
ricerca in agricoltura biologica), www.darcof.dk.
59
www.isnp.it/fertab_eng/index.htm
50
Residui di fungaie
La composizione iniziale del substrato deve essere
limitata ai prodotti del presente elenco.
Concimi di origine animale ad alto potere concimante
Deiezioni di vermi
(vermicompost) e di
insetti
Guano
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
I prodotti o sottoprodotti
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
di origine animale citati di dall’Autorità di controllo.
seguito:
Farina di sangue
Polvere di zoccoli
Polvere di corna
Polvere di ossa, anche
degelatinata
Farina di pesce
Farina di carne
Pennone
Lana
Pellami (vedere
Pellami: Concentrazione massima in mg/kg di material
condizioni a lato)
secca di cromo (VI):0 (limite di determinazione)
Pelli e crini
Prodotti lattiero-caseari
Concimi ricavati da rifiuti domestici, piante e ammendanti
Rifiuti domestici
compostati o fermentati
Miscela di materiali
Prodotto ottenuto da miscele di materiali vegetali
vegetali compostata o
sottoposte a compostaggio o a fermentazione
fermentata
anaerobica per la produzione di bio-gas.
Torba
Prodotti e sottoprodotti
organici di origine
vegetale per la
fermentazione (ad es.:
farina di panelli di semi
oleosi, guscio di cacao,
radichette di malto, ecc.).
Alghe e prodotti a base
di alghe
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Impiego limitato all’orticoltura (colture orticole, floricole,
arboricole, vivai).
Se ottenuti direttamente mediante:
- processi fisici comprendenti disidratazione,
congelamento e macinazione;
- estrazione con acqua o soluzione acida e/o alcalina;
- fermentazione.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Segatura e trucioli di
Legname non trattato chimicamente dopo
legno
l’abbattimento.
Cortecce compostate
Legname non trattato chimicamente dopo
l’abbattimento.
Cenere di legno
Proveniente da legname non trattato chimicamente
dopo l’abbattimento.
Concimi composti da minerali e ammendanti
Argille (per es. perlite,
vermiculite, ecc.)
Fosfato naturale tenero
Prodotto definito dalla Direttiva 76/116/CEE, modificata
dalla Direttiva 89/284/CEE.
Fosfato allumino-calcico
Scorie di
defosforizzazione
Sale grezzo di potassio
(ad es. Kainite, silvinite,
ecc.)
Solfato di potassio, che
può contenere sale di
magnesio.
Tenore di Cadmio inferiore o pari a 90mg/kg di P2O5
Prodotto definito dalla Direttiva 76/116/CEE, modificata
dalla 89/284/CEE.
Tenore di Cadmio inferiore o pari a 90mg/kg di P2O5
Impigo limitato ai terreni basici (pH>7.5)
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Prodotto ottenuto dal sale grezzo di potassio mediante
un processo di estrazione fisica e che può contenere
anche Sali di magnesio.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
51
Borlande ed estratti di
borlande
Carbonato di calcio di
origine naturale (ad es.:
creta, marna, calcare
macinato, litotamnio,
maerl, creta fosfatica,
ecc.)
Magnesio e carbonato di
calcio di origine naturale
(ad es. Creta magnesiaca, calcare magnesiaco
macinato, ecc.)
Solfato di magnesio (ad
es.: kieserite)
Soluzione di cloruro di
calcio
Solfato di calico (gesso)
Fanghi industriali
provenienti da
zuccherifici
Zolfo elementare
Escluse le borlande estratte con Sali ammoniacali.
Unicamente di origine naturale.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Trattamento fogliare su melo, dopo che sia stata messa
in evidenza una carenza di calcio.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Prodotto definito dalla Direttiva 76/116/CEE, modificata
dalla Direttiva 89/284/CEE
Unicamente di origine naturale.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Prodotto definito dalla Direttiva 76/116/CEE, modificata
dalla Direttiva 89/284/CEE.
Oligolelementi
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Oligoelementi inclusi nella Direttiva 89/530/CEE
Cloruro di sodio
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Unicamente salgemma.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o
dall’Autorità di controllo.
Farina di roccia
3.2.d. Lavorazioni del terreno
Le principali funzioni svolte dalle lavorazioni sono le seguenti: preparare il letto di semina
creando le condizioni migliori per l’interramento e la germinazione dei semi, arieggiare il terreno
migliorandone la penetrazione da parte delle radici e favorendo lo sviluppo della microfauna
utile, incorporare nel terreno i concimi organici ed i residui colturali, massimizzare gli effetti delle
concimazioni organiche, controllare la diffusione di malerbe e parassiti.
I suoli coltivati con il metodo convenzionale (intensivo), utilizzando lavorazioni profonde ed
intensive, perdono le loro qualità e riducono drasticamente la loro fertilità. La soluzione è quella
di cambiare radicalmente l’approccio alle lavorazioni. Specialmente nelle aree mediterranee,
dove l’erosione e la desertificazione rappresentano problemi sempre più concreti ed attuali, la
scelta di ricorrere ad attrezzi ed a metodi di lavorazione a basso impatto ambientale diviene
obbligatoria se si vuole preservare la fertilità dei suoli agricoli. Le tecniche di coltivazione del
terreno devono essere inoltre strettamente correlate alle rotazioni colturali ed ai piani di
concimazione praticati.
Le lavorazioni possono essere effettuate con tre categorie di attrezzi:
• Rovesciatori: tagliano il suolo in fette regolari che vengono rovesciate più o meno
completamente, portando alla luce strati di terreno che prima si trovavano ad una certa
profondità. L’uso dell’aratro, specialmente in agricoltura biologica, andrebbe ridotto al
minimo e solo quando strettamente necessario (ad es. dopo la coltivazione di piante che
compattano il suolo ed incrementano la pressione delle infestanti). L’aratura non dovrebbe
comunque superare i 30 cm.
• Discissori: provocano dei tagli nel profilo colturale conferendogli zollosità e sofficità, senza
interferire sulla normale stratigrafia.
• Rimescolatori: disgregano energicamente il terreno in zolle più piccole, provocando il
rimescolamento dello strato interessato dalla lavorazione.
Gli attrezzi senza dubbio più utilizzati in agricoltura biologica e più presenti nelle aziende
agricole sono gli estirpatori, che lavorano ad una profondità di 30 cm e gli erpici rotanti, che
lavorano ad una profondità di circa 15 cm e mescolano il primo strato del terreno.
52
Immagine 14: estirpatore
Immagine 15: Erpice rotante in azione
L’estirpatura è un classico lavoro preparatorio ed esplica due funzioni fondamentali:
• riduce la zollosità e la cavernosità del terreno, operando sotto la superficie, in modo tale da
rendere il profilo più uniforme ed in grado di mantenere un favorevole rapporto tra fase
liquida e fase aeriforme dello stesso;
• porta in superficie le radici ed i rizomi delle malerbe che saranno così meglio esposte
all’azione dell’aria e del sole.
Questa operazione, solitamente eseguita alla fine dell’inverno, conferisce al terreno uno stato di
buona sofficità.
In commercio esiste una vasta gamma di estirpatori, ma fondamentalmente si tratta quasi
sempre di strumenti che possiedono una serie di bracci, più o meno ricurvi, rigidi o elastici,
tenuti assieme da un telaio e spesso muniti di vanghetta all’estremità inferiore. Sono proprio tali
bracci e le relative vanghette, che penetrano nel terreno ed esplicano l’azione suddetta allorché
l’attrezzo viene trascinato dalla motrice.
I vibrocoltivatori, invece, operano per mezzo di una barra a sezione quadrata o cilindrica,
trascinata sulla superficie del terreno. La vibrazione di questa barra, provvista di dischi e lame,
porta in superficie le zolle più grossolane, rompendole, ed interrando le particelle più fini.
Immagine 16: Vibrocoltivatore
Un’altra operazione tipica delle aziende biologiche è l’erpicatura, che normalmente ha un
carattere preparatorio, ma può essere talora eseguita come intervento con la coltura in atto.
Gli scopi dell’erpicatura sono dunque molteplici:
• affinamento delle zolle per la preparazione definitiva del letto di semina;
• sostituzione dell’aratura;
• distruzione delle malerbe;
• interramento dei residui colturali, dei concimi o di alcuni tipi di sovescio.
Ne consegue che, sia in relazione alle molteplicità delle condizioni pedoclimatiche che al loro
utilizzo, i tipi di erpice sono moltissimi e di varie tipologie, in modo da rispondere, di volta in
volta, alle esigenze dell’agricoltore.
Gli erpici a dischi , per esempio, sono utili per una prima sminuzzatura delle zolle e
l’interramento dei residui colturali; gli erpici rompicrosta e gli erpici strigliatori sono utili per il
controllo delle malerbe in orticoltura e nei seminativi, per disgregare l’eventuale crosta
superficiale formatasi in seguito a piogge o irrigazioni battenti e, in caso di necessità, per aerare
il terreno ed aumentare, di conseguenza, la mineralizzazione nel terreno.
Un altro attrezzo utile e molto utilizzato, specialmente in orticoltura biologica, è la vangatrice.
Quest’ultima è una macchina non eccessivamente pesante e non richiede, dunque, grandi
potenze per il funzionamento, è in grado di smuovere il terreno a profondità costante,
incorporando la sostanza organica presente in superficie e non produce suola di lavorazione.
53
Una lavorazione altrettanto utilizzata nelle aziende biologiche è la rincalzatura. Questa
lavorazione consiste nell’addossare un certo quantitativo di terreno al piede delle piante
coltivate, utilizzando una zappatrice o, più frequentemente, attraverso l’uso di aratri assolcatori
muniti di doppio versoio.
Gli scopi che essa si propone sono molteplici e variano a seconda della coltura. I principali
sono:
• Lotta alle malerbe;
• protezione dal gelo (ad es. nelle viti appena innestate, e per le patate precoci);
• protezione contro l’inverdimento dei tuberi e contro attacchi di peronospora (nelle patate);
• imbianchimento dei prodotti da commerciare (finocchi, sedani, radicchi, ecc.).
Un’attrezzatura caratterizzante e indispensabile per ogni azienda agricola biologica, infine, è il
trinciatutto. Lo sminuzzamento dei residui colturali, così come quello della biomassa prodotta da
un erbaio da sovescio, facilita, infatti, le operazioni di interramento e la disgregazione della
massa interrata, grazie ad una maggior superficie a contatto col terreno e con i microrganismi
terricoli.
L’operatore di agricoltura biologica deve anche conoscere bene i diversi tipi di lavorazione che
normalmente si praticano nelle aziende biologiche, che riassumiamo di seguito.
• Lavorazione a due strati - É un tipo di lavorazione che permette di smuovere in profondità
il terreno, rivoltandone nel contempo esclusivamente la parte più superficiale, senza
stravolgerne quindi la naturale stratigrafia. Normalmente viene effettuata una prima
fessurazione del terreno per mezzo di attrezzi discissori (ad es. ripuntatore) ed il
rivoltamento degli strati superficiali per mezzo di un’aratura leggera o di una frangizollatura.
Lo stesso risultato si può ottenere con un unico passaggio, e con un notevole risparmio di
tempo, con l’aratro ripuntatore, un tipo di aratro provvisto di denti ripuntatori che agiscono in
profondità (almeno 50 cm.). La forma e l’inclinazione dei denti ripuntatori, condiziona la
risalita delle zolle e lo sforzo di trazione. Il dente dritto ha una maggior richiesta di potenza
rispetto al dente curvo o inclinato, ma limita la risalita delle zolle e, ove presenti, dei sassi.
Questo tipo di lavorazione ha il vantaggio di velocizzare le operazioni, ma ha come limite il
costo e l’elevata potenza richiesta per la sua esecuzione, ammortizzabile solo su grandi
estensioni.
• Lavorazione superficiale - Si realizza con aratri polivomere quando si è in presenza di
residui colturali da interrare o con coltivatori o estirpatori, alla profondità di 25-30 cm, con
residui colturali scarsi o trinciati molto finemente. L’aratura, pur garantendo un migliore
interramento dei residui, richiede un numero maggiore di passaggi, per il necessario
affinamento. A parità di profondità, l’intervento con attrezzi discissori è più rapido e
conveniente dal punto di vista del consumo energetico, ma richiede una discreta potenza
della trattrice.Per il rivoltamento degli strati superficiali è necessario un passaggio con
frangizolle e per la rifinitura serve un erpice rotante o l’utilizzo di attrezzi combinati. In
presenza di abbondanti residui colturali non pienamente interrati al primo passaggio, sono
da preferire attrezzi con denti disposti su più file con ampia luce rispetto alla superficie del
terreno. Ciò per evitare ingolfamenti.
• Minima coltivazione - Il presupposto per realizzare una lavorazione che non interessi più
dei primi 10-15 cm di terreno, è l’assenza di compattamenti e suole di lavorazione, che
ostacolerebbero lo sviluppo radicale e conseguentemente provocherebbero asfissia. In
terreni sciolti si sostituisce l’aratro con il coltivatore a denti elastici o con il frangizolle
abbinato ad erpici a palette rotanti in grado di preparare direttamente il letto di semina. In
terreni pesanti è necessario utilizzare macchine capaci di penetrare nel terreno,
favorendone un primo sgretolamento, e successivamente impiegare un frangizolle o una
zappatrice rotativa. In qualche caso si può effettuare, anche con il solo passaggio di erpici a
dischi, di peso elevato e con dischi di ampio diametro, che garantiranno l’interramento dei
residui colturali. In linea generale, peso dell’attrezzo e dimensioni dei dischi devono
aumentare in modo proporzionale alla “pesantezza” del terreno. L’utilizzo dell’erpice a
dischi è particolarmente interessante dato che ha un’alta capacità di lavoro, limitata
richiesta di energia e non provoca suole di lavorazione. La lavorazione minima è una
tecnica che può essere convenientemente utilizzata, come detto, se non si evidenziano
sintomi di compattamento ed asfissia. Essa può essere alternata, ogni tre o quattro anni,
con una lavorazione a due strati o un intervento con attrezzi discissori a profondità superiori
a quella abituale.
Grande importanza assume infine il momento d’intervento: è fondamentale effettuare le
lavorazioni quando il terreno è in tempera, ossia quando non è né troppo secco né troppo
umido e si lascia lavorare col minimo dello sforzo, producendo il miglior risultato tecnico
possibile.
54
3.3. Difesa fitosanitaria
In agricoltura biologica viene attuata in tre modi: a) salvaguardia della fertilità e della salute del
suolo, b) pratiche agronomiche, c) scelta del tempo di intervento. Sono inoltre importanti la
conoscenza delle caratteristiche pedoclimatiche dell’azienda e la presenza in campo, almeno
settimanale, dell’agricoltore, il quale dovrà attentamente osservare lo sviluppo delle colture e
l’andamento generale dell’azienda nel suo complesso ed in relazione all’ambiente circostante.
3.3.a. Prevenzione
Il controllo delle avversità è basato sulla prevenzione e sull’adozione di opportune tecniche
agronomiche. La prevenzione degli attacchi funginei e degli insetti deve iniziare dalla scelta
della migliore rotazione colturale possibile, da praticare su suoli ricchi di sostanza organica,
completata da una fertilizzazione equilibrata. Vanno poi scelte le specie e le varietà autoctone
che meglio si adattano all’ambiente pedoclimatico esistente in azienda. È evidente che l’uso di
varietà locali consente di avere una maggiore adattabilità e resistenza delle piante coltivate.
Naturalmente particolare attenzione andrà riservata alla scelta del materiale di propagazione
che dovrà essere sano e di buona qualità. In caso di dubbi è comunque sempre meglio
disinfettare i semi immergendoli per dieci minuti in una soluzione all’ 1% di solfato di rame o
miscelandoli con carbonato di rame.
Una buona fertilità di base e la presenza di macro e micro elementi nel suolo consentirà inoltre
di prevenire le situazioni di stress nelle piante, circostanza che le predisporrebbe agli attacchi
funginei.
Le lavorazioni del terreno influiscono notevolmente sulla protezione delle piante dagli attacchi
parassitari. Per esempio un’aratura superficiale espone le radici delle infestanti all’aria
distruggendole, oltre a facilitare l’eliminazione di molti insetti dannosi da parte dei loro predatori
naturali (ad es. gli uccelli). Le lavorazioni estive aiutano ad eliminare le popolazioni di insetti
dannosi e riducono la presenza di nematodi. La rimozione dei residui di coltivazione consente
poi di interrompere il cicli vitale di alcuni parassiti.
In agricoltura biologica le rotazioni colturali rivestono poi grande importanza per il contenimento
della flora spontanea e dei patogeni che vivono nel suolo, quali i nematodi. Lo scopo delle
rotazioni è anche quello di rendere il suolo più elastico ed impedire la specializzazione dei
parassiti e delle infestanti. È dimostrato che la monocoltura determina un incremento
dell’attacco delle crittogame, il cui controllo è estremamente difficoltoso.
Un Agro-ecosistema con barriere naturali (siepi), boschi, canali e pascoli assicura a tutti i livelli
un’elevata biodiversità, che contribuisce al mantenimento della complessità e dell’equilibrio
all’interno dei campi coltivati.
3.3.b. Lotta biologica
In natura ogni specie animale o vegetale ha degli antagonisti (predatori, parassiti, patogeni o
competitori) che contribuiscono ad impedirne la proliferazione incontrollata. Le popolazioni
naturali di predatori (ad es. coccinelle, crisope, mantide religiosa, vespe, fitoseidi) e parassiti
(per esempio Ditteri, Tachinidi, Nematodi) sono importanti per ridurre le infestazioni dei
parassiti. Di norma un livello minimo di attacco viene tollerato per attrarre e sviluppare i nemici
naturali.
La lotta biologica consiste proprio nell’uso di questi “nemici naturali” per contenere le
popolazioni di fitofagi entro limiti accettabili e, di riflesso, nell’incremento del numero di specie
all’interno dell’agroecosistema, che diviene maggiormente complesso e quindi più stabile.
Principali agenti utilizzati nella lotta biologica
•
Insetti entomofagi. Sono gli agenti più utilizzati nella lotta biologica e sono classificati in
predatori e parassitoidi, agiscono in modo completamente diverso ma altrettanto efficace
contro i fitofagi (insetti che si nutrono di parti delle piante).
•
Predatori: organismi che attaccano e si nutrono di più individui della popolazione di fitofagi.
Alcuni ausiliari sono predatori per tutta la durata del loro ciclo vitale (fitoseidi, miridi,
coccinellidi, antocoridi), altri solo allo stadio larvale. I predatori si dividono ulteriormente in:
predatori specialisti, che vivono a spese di una sola o di un ristretto numero di specie, e
predatori generalisti o polifagi che possono predare diverse specie. Le specie polifaghe
sono considerate meno adatte di quelle monofaghe, perchè in presenza di alternative
abbondanti possono anche disdegnare il fitofago che si intende combattere. In generale i
predatori presentano un vantaggio rispetto ai parassitoidi, in quanto ogni individuo si nutre
di un certo numero di prede nell’arco della propria vita e, diversamente dai parassitoidi,
sono attivi anche nella fase iniziale quando cercano e consumano numerose prede. Tra i
predatori più diffusi ci sono crisope, sirfidi, ecc..
55
•
Parassitoidi - Sono organismi che vivono a spese dell’ospite causandone la morte. Si tratta
quasi sempre di insetti, le cui femmine depongono un uovo all’interno (endoparassiti) o
sopra (ectoparassiti) il corpo dell’ospite. Alla nascita la larva si alimenta dei tessuti
dell’insetto parassitizzato fino allo sfarfallamento dell’adulto, pronto a dare inizio a una
nuova generazione. I parassitoidi sono generalmente Imenotteri e Ditteri e possono
parassitizzare diverse tipologie di insetti in ambienti diversi, per questo sono molto utilizzati
nella lotta biologica.
•
Parassiti (nematodi). Differiscono dai parassitoidi in quanto vivono a spese dell’ospite,
causandogli danni più o meno gravi, ma non ne provocano la morte. Nonostante questo
hanno dimostrato di essere degli ottimi agenti di lotta biologica, tanto che esistono in
commercio numerosi preparati a base di nematode, utilizzati anche in orticoltura e nel
giardinaggio. Quelli più utilizzati appartengono al genere Steinernema (Neoaplectana) e
Heterorhabditis. Questi si sono dimostrati efficaci nel controllo delle larve di Othiorrhinchus
sulcatus e di sciarids diptera. Agiscono per contatto, riuscendo ad infettare l’ospite
attraversandone la cuticola o penetrando da altre aperture naturali e la loro azione sugli
insetti è condotta in simbiosi con I batteri del genere Xenorhabdus. Quando questi batteri
vengono rilasciati all’interno dell’ospite, ne provocano la setticemia. I nematodi sono
soggetti alla disidratazione e sensibili ai raggi UV, sono pertanto utilizzati per il
contenimento degli insetti terricoli.
•
Agenti patogeni (batteri, virus, funghi) - microrganismi che sono in grado di causare nel
fitofago una malattia mortale. Virus e batteri agiscono in seguito ad ingestione
danneggiando solitamente gli organi intestinali dell’insetto, mentre i funghi penetrano nel
fitofago dalla cuticola moltiplicandosi a spese degli organi interni. L’agente patogeno più
diffuso e conosciuto è il Bacillus thuringiensis. È un batterio aerobico, sporiforme,
disponibile in varie forme (kurstaki, aizawai, israeliensis and tenebrionis). Queste
differiscono per la specificità della loro azione: le prime due agiscono sulle larve di
lepidotteri, la terza sulle larve delle zanzare, la quarta sulle larve di Leptinotarsa
decemlineata. Al momento della sporulazione il microrganismo produce una tossina che
interagisce con le glicoproteine della membrana delle cellule intestinali dell’insetto
provocando il blocco dei muscoli dell’apparato digerente e la interruzione della nutrizione.
Nei formulati commerciali generalmente è presente solo la tossina, che agisce
esclusivamente per ingestione. Per essere efficace è quindi necessario che l’insetto si nutra
per un certo periodo sulla superficie della pianta trattata. La selettività di Bacillus
thuringiensis è molto elevata ed esplica pienamente la sua efficacia quando viene utilizzato
sui primi stadi larvali. Si conoscono numerosi virus entomopatogeni, che sono caratterizzati
da un’elevata specificità, infettano l’insetto solitamente allo stato di larva ed agiscono per
ingestione. La loro azione non è immediata per cui i fitofagi infettati sono in grado di nutrirsi
ancora per un certo periodo, causando ulteriori danni. Il virus più utilizzato è il virus della
granulosi, attivo su Cydia pomonella, ma sono disponibili altri microrganismi attivi su diverse
specie di fitofagi.
•
Competitori si tratta di organismi che competono con l’organismo patogeno per la
colonizzazione di una parte della pianta coltivata. Gli organismi competitori non arrecano
però danni alla pianta coltivata. Gli organismi competitori sono generalmente funghi che
entrano in competizione con altri funghi. In alcuni casi, ad esempio nel caso del cancro del
castagno (Endothia parasitica) si tratta di ceppi ipovirulenti dello stesso fungo parassita.
•
Vertebrati, anche se sono troppo polifagi per un uso sistematico nella lotta biologica, in
diverse occasioni risultano utili per il controllo dei parassiti. Basti pensare che una rondine
si ciba giornalmente di circa 7000 esemplari tra mosche, zanzare ed altri insetti. Altri
vertebrati particolarmente attivi sono i ricci (si nutrono di ogni sorta di insetti), i topiragno
(divorano grosse quantità di insetti, ragni, anellini, molluschi), i rospi (mangiano insetti,
ragni, lumache, ecc.), le civette (si nutrono di insetti quali coleotteri, lepidotteri notturni,
ortotteri) ed i pipistrelli (predano mosche, zanzare, lepidotteri notturni).
•
Altri metodi di lotta biologica, che meritano di essere citati, prevedono l’uso dei feromoni
(trappole per la cattura massale, confusione sessuale) e la tecnica del Maschio sterile.
Quest’ultima conosciuta anche come “lotta autocida” ha dato a livello sperimentale risultati
molto soddisfacenti, ma è applicabile solo su larga scala e in concomitanza di condizioni
ambientali molto particolari. Si tratta di impedire la riproduzione della specie infestante
introducendo nell’ambiente un sufficiente numero di individui resi sterili. Perché la tecnica
possa essere applicata con successo devono verificarsi le seguenti condizioni: la densità
iniziale della popolazione da controllare deve essere relativamente bassa; la specie deve
56
effettuare un unico accoppiamento; la popolazione deve essere coinvolta integralmente,
condizione che si verifica con trattamenti su scala molto vasta o in caso di ambienti
circoscritti ed isolati (es. isole).
3.3.c. Controllo della flora spontanea
Nell’agricoltura convenzionale con il termine “infestanti” ci si riferisce a diverse specie erbacee
che nascono spontaneamente nei campi coltivati, ostacolando lo sviluppo della coltura
principale, e con il termine “diserbo" viene identificata la lotta a queste infestanti. Queste
definizioni naturalmente non valgono per l’agricoltura biologica, che attribuisce un ruolo
fondamentale all’agroecosistema ed alla conservazione al suo interno della biodiversità. Questo
approccio fa sì che la flora spontanea non sia considerata solo un ostacolo allo sviluppo delle
piante coltivate ma rivesta un ruolo positivo nelle relazioni tra le piante coltivate e l’ambiente in
cui esse vivono (suolo, flora, fauna). Quindi In agricoltura biologica le espressioni “flora
spontanea” e “gestione della flora spontanea” sostituiscono rispettivamente quelle di “piante
infestanti” e “diserbo”, utilizzate nell’agricoltura convenzionale. In questo modo viene posta
maggiore enfasi sugli aspetti agronomici piuttosto che sugli interventi specifici di lotta alle
infestanti.
Il ruolo della flora spontanea – Vediamo innanzitutto quali possono essere gli aspetti negativi
(normalmente i soli considerati nell’agricoltura convenzionale). La flora spontanea compete con
le piante coltivate nell’approvviggionamento dell’acqua, della luce e del nutrimento. Può inoltre
inquinare il raccolto e contribuire alla creazione di un micro-clima umido, ideale per lo sviluppo
di molti patogeni, oltre a poter essere essa stessa ospite intermedio dei patogeni. Analizziamo
ora gli effetti positivi dell’azione svolta dalla flora spontanea. Offre ospitalità agli insetti utili e
contemporaneamente rappresenta per gli insetti fitofagi un cibo alternativo alla coltura
principale. Previene l’erosione del suolo, ne migliora la struttura, riduce la perdita di nutrienti per
lisciviazione e, nel caso delle leguminose, contribuisce a fissare nel suolo l’azoto presente
nell’atmosfera. Va inoltre considerato che dall’osservazione della flora spontanea è possibile
ricavare preziose informazioni sulle caratteristiche fisiche e chimiche del suolo, la sua reazione,
la tessitura, la presenza di elementi, l’eventuale esistenza di una suola di lavorazione. Una
corretta gestione della flora spontanea può ridurre al minimo gli effetti negativi,
massimizzandone allo stesso tempo quelli positivi. Questo significa imparare ad accettare la
presenza di alcune infestanti nel campo coltivato ed a ciò si lega strettamente il concetto di
soglia di danno o di intervento ovvero la quantità di piante spontanee al di sotto della quale la
coltura non riporta danni e non sono necessari interventi di controllo. La definizione della soglia
è variabile in funzione delle specie considerate e della singola situazione aziendale.
Gli interventi possibili per una corretta gestione delle spontanee sono diversi, ma il concetto
fondamentale per un valido controllo è che la coltura deve essere:
¾ ben insediata,
¾ in grado di competere vigorosamente con la flora spontanea,
¾ capace di coprire rapidamente il terreno.
E’ dimostrato infatti che una volta che la coltura ha coperto la fila, sia l’emergenza dei semi che
la crescita delle plantule di spontanee è notevolmente ridotta. In conseguenza di ciò le specie
che presenteranno maggiori problemi sono quelle che hanno una germinazione lenta. Per
queste specie, quando è possibile, è meglio preferire il trapianto alla semina. Per lo stesso
motivo tutti gli accorgimenti agronomici volti ad accelerare la germinazione (bagno dei semi,
irrigazioni, copertura con tessuto non tessuto, ecc.) hanno un effetto positivo sul controllo delle
erbe spontanee.
I metodi per la gestione della vegetazione spontanea possono essere distinti in metodi indiretti
e metodi diretti. Entrambi sono volti a limitare il numero di piante spontanee o a spostare
l’equilibrio dell’agroecosistema in favore sia della coltura che di quella flora spontanea con
minori caratteristiche di competitività.
Tra i metodi preventivi le rotazioni colturali hanno una grande importanza. Le
monosuccessioni o le rotazioni troppo strette creano infatti, nel corso del tempo, le condizioni
per proliferazioni incontrollate della flora spontanea. Al contrario rotazioni corrette e
sufficientemente lunghe, pur non essendo risolutive, permettono un miglior controllo delle
spontanee, che non hanno la possibilità di adattarsi e selezionarsi e i cui cicli sono disturbati da
lavorazioni colturali, epoche di raccolta e competitività della coltura principale diverse anno per
anno.
Un altro metodo preventivo è la falsa semina. Consiste nella normale preparazione del letto di
semina e in un’eventuale irrigazione (in assenza di precipitazioni) a cui però non fa seguito la
distribuzione del seme. Si favorisce così la germinazione degli organi di propagazione delle
“infestanti” prima che la coltura sia in campo. Quando la flora spontanea ha raggiunto lo stadio
di cotiledoni o di prime foglie vere si interviene con una lavorazione superficiale per eliminare le
plantule. Durante questa operazione è necessario non rimescolare gli strati di terreno per
57
evitare di riportare in superficie nuovi semi. Per questo motivo la seconda lavorazione può
essere sostituita da un intervento di pirodiserbo (vedi oltre).
E’ anche importante limitare lo stock di semi presente in campo e la conseguente
proliferazione di specie non desiderate evitando l’uso di sementi inquinate ed utilizzando per la
fertilizzazione solo letame e liquame maturi. Un periodo di maturazione sufficientemente lungo
consente di abbattere il potere germinativo dei semi presenti in questi fertilizzanti.
Nella gestione delle infestanti ha mostrato una buona efficacia anche il metodo delle cover
crops, che consiste nell’impianto di una coltura, non necessariamente destinata al raccolto, nei
mesi in cui solitamente il terreno rimane nudo. Si impedisce così la proliferazione e la
disseminazione di infestanti nel periodo in cui non vi sono altre colture in atto, inoltre si può
favorevolmente utilizzare la capacità che hanno alcune piante, come ad esempio la segale, di
ridurre la capacità di germinazione dello stock di semi presenti nel terreno attraverso la
produzione di sostanze allelopatiche. Le cover crops hanno un effetto favorevole oltre che nel
controllo delle piante spontanee, anche nel riciclaggio dei nutrienti, nella riduzione dell’erosione
dei suoli, nell’incrementare il tenore in sostanza organica e, nel caso si tratti di leguminose,
aumentano il tenore in azoto del terreno. Una volta sfalciate le cover crops possono essere
interrate oppure utilizzate come pacciamatura verde. Nel secondo caso si ha riduzione
dell’emergenza delle infestanti, minor evaporazione dal suolo, che rimane più fresco nei mesi
estivi e lento rilascio dei nutrienti.
Effetti simili possono essere ottenuti facendo ricorso ad altri materiali pacciamanti, come
materiali plastici (polietilene nero a bassa densità in particolare), materiali plastici biodegradabili
a base di amido di mais, prodotti a base di cellulosa o di cellulosa e torba e pacciamature
vegetali (paglia o cippato).
Immagine 17: differenti tipi di pacciamatura
Il polietilene è il materiale più usato, per la facilità di posa, la resistenza meccanica, la capacità
di trattenere il calore, il discreto effetto precocizzante e, naturalmente, il buon controllo delle
spontanee. Gli svantaggi di questo materiale sono le difficoltà di smaltimento a fine campagna e
il divieto o la limitazione di utilizzo imposto da alcuni disciplinari. Le plastiche biodegradabili e i
materiali a base di cellulosa risolvono il problema dello smaltimento, ma non sempre la loro
durata è sufficiente ad assicurare nel tempo un effetto sufficiente nel controllo delle piante
spontanee. Inoltre, soprattutto la carta, sono soggetti a frequenti rotture. L’utilizzo di materiali
vegetali presenta il vantaggio di migliorare le caratteristiche fisico-chimiche del suolo e,
secondo alcuni autori, di contenere il numero di fitofagi, ma non ha effetti precocizzanti ed ha
costi di realizzazione più alti.
58
Tabella 9: Tipi di materiali pacciamanti disponibili sul mercato
PRODOTTO
COMMERCIALE
Molti
TerraStar
MATERIALE
Carta
Cellulosa
Amido +
Mater-Bi
Molti
Plastica
biodegradabile
Fogli di
polietilene
USO
Vegetali che
devono essere
puliti quando
raccolti quali
lattuga e
finocchio
Granuli da
spargere sulle
piantine appena
trapiantate o allo
stadio vegetativo
della terza foglia
Comparabile con
la carta; può
essere usato
anche per i
cetrioli.
Vegetali che
devono essere
puliti quando
raccolti quali
lattuga e
finocchio così
come cetrioli,
zucchini e altre
colture protette
VANTAGGI (+) E
SVANTAGGI (-)
+ Biodegradabile
+ Soffoca efficacemente le
piante spontanee
+ Raccolta pulita e asciutta
- Soggetta a rottura durante
l’applicazione
- Si degrada troppo
rapidamente sui bordi
+ Biodegradabile
+ Soffoca efficacemente le
piante spontanee (>4 mesi)
+ Dosaggi modulabili
+ Facile da applicare
- Costoso
+ Biodegradabile
+ Economico e leggero
+ Non si strappa facilmente
- Applicazione difficile
+ Facile da applicare
+ Soffoca efficacemente le
piante spontanee
+ raccolta pulita
+ economico
- Non eco-compatibile
- Deve essere rimosso dopo la
coltivazione, ma
l’operazione è difficoltosa
- Costi di smaltimento elevati
Fonte: FIBL, 2005
Tra i metodi diretti per la gestione delle spontanee il posto principale è occupato dalle
lavorazioni del terreno.
Le attrezzature utilizzate devono essere accomunate da alcune caratteristiche:
¾ la regolazione delle spontanee che deve essere efficace sia sull’interfila che vicino alla fila
senza danneggiare la coltura,
¾ la polivalenza, ovvero l’efficacia nei confronti di piante con differenti modalità di propagazione,
¾ la capacità di unire all’azione sulla pianta anche quella di rottura della crosta e di
arieggiamento del terreno,
¾ l’elevata capacità di lavoro oraria per contenere i tempi di intervento e i costi di gestione.
Si impiegano attrezzature ad organi fissi (erpice a maglie, strigliatore e sarchiatrice), ad organi
rotanti trainati (sarchiatrice a denti rotanti) oppure ad organi rotanti mossi dalla presa di potenza
(spazzolatrice, fresa multipla interfilare ed erpice a denti rotanti).
Immagine 18: esempio di spazzolatrice
59
Per piccoli appezzamenti o in condizioni particolari non vanno dimenticati gli attrezzi manuali, di
limitata importanza nelle colture estensive, ma utilizzabili in orticoltura, in piccole aziende
familiari o in serra. La possibilità di combinare l’azione di diverse attrezzature, di agire sulla loro
regolazione e di modificare la forma degli organi lavoranti (montando diversi tipi di utensili)
consente un assortimento molto vasto di soluzioni. Per identificare la più idonea al singolo caso
aziendale si dovrà tener conto del tipo di coltura su cui si deve intervenire, dell’ampiezza delle
superfici da trattare, di grado e tipo di infestazione, dello stadio di sviluppo della flora avventizia
e della coltura, delle caratteristiche fisiche e del contenuto di acqua del suolo, della necessità di
operare sia sulla fila che nell’interfila.
Un discorso a parte merita il pirodiserbo, ovvero il controllo delle piante spontanee per mezzo
del calore. L’esposizione delle piante ad alte temperature determina nei tessuti vegetali uno
shock termico, con conseguente disorganizzazione delle membrane cellulari, denaturazione
delle proteine, inattivazione degli enzimi e, complessivamente, alterazione irreversibile della
funzionalità del vegetale che muore per disseccamento nel giro di due-tre giorni. La pianta
quindi, anche se esposta alla fiamma diretta, non subisce una combustione ma piuttosto una
“lessatura” dei tessuti immediatamente evidenziabile dal mutamento di colore del vegetale e
dall’aspetto flaccido e traslucido che assumono le foglie. L’efficacia del pirodiserbo dipende da
numerosi fattori.
La presenza di villosità sulle foglie o la loro succulenza, riduce l’efficacia dell’intervento, così
come la presenza di cuticole o strati protettivi. Le piante rizomatose o con altri organi di
riproduzione sotterranei possono essere danneggiate nelle loro parti aeree ma non in quelle
ipogee, che ne garantiranno la sopravvivenza.
Anche eventuali irregolarità del suolo, deviando la fiamma, modificano l’efficacia del
trattamento, come pure un eccesso di umidità attorno alle piante da trattare. Ma il fattore che
maggiormente condiziona l’efficacia del pirodiserbo è certamente lo stadio di sviluppo delle
piante trattate. Quanto più tardivamente si effettua l’intervento tanto minore sarà la sua
efficacia, per la maggior resistenza al calore dei tessuti della pianta “adulta”. Lo stadio migliore
per interventi di pirodiserbo corrisponde generalmente alla seconda – quarta foglia vera del
vegetale da trattare. Su colture erbacee il pirodiserbo può essere utilizzato in pre semina o in
pre emergenza sfruttando i diversi tempi di germinazione delle spontanee e della coltura. La
possibilità di interventi in post emergenza è legata alla maggiore o minore sensibilità della
coltura al calore e spesso è necessario utilizzare schermi di protezione. Le attrezzature più
diffuse, sono a fiamma libera, alimentate a GPL, meno diffusi gli apparecchi a infrarossi,
microonde, elettrici o a generazione di vapore. Si tratta comunque di una tecnica piuttosto
costosa, specie se estesa all’intera superficie coltivata, per cui è consigliabile abbinarla ai
tradizionali interventi meccanici.
In generale le macchine mosse dalla presa di potenza risultano più efficaci contro le specie
perenni, ma sono controindicate in suoli male o poco strutturati, perché tendono a peggiorarne
ulteriormente la struttura.
Su terreni leggeri e poco tendenti al compattamento si ottengono buoni risultati con le
strigliatrici, purchè le piante da eliminare non siano troppo sviluppate: la massima efficacia di
intervento si ha allo stadio di foglie cotiledonari e su specie non stolonifere (che anzi potrebbero
essere avvantaggiate dall’impiego di queste macchine).
Gli erpici strigliatori si sono mostrati particolarmente adatti al controllo delle infestanti nei cerali
autunno-vernini. Un passaggio a fine inverno riduce significamene la presenza di infestanti,
favorisce l’accestimento e accelera i processi di mineralizzazione della sostanza organica,
contribuendo alla nutrizione azotata delle piante.
Le spazzolatrici si adattano a terreni di diversa tessitura, non formando suola di lavorazione. Le
condizioni migliori di impiego si hanno su suoli asciutti ma non secchi, pena la formazione di
polverosità eccessiva, e su piante ai primissimi stadi vegetativi. L’azione sradicante delle
spazzole è infatti piuttosto blanda ed efficace solo su piante con apparato radicale superficiale.
Se la flora spontanea ha già raggiunto stadi di sviluppo avanzato l’effetto sarà lesivo e
devitalizzante, ma non definitivo.
In presenza di specie sia annuali che perenni e su terreni duri i risultati migliori si ottengono con
la sarchiatrice a denti fissi. La sarchiatrice a denti rotanti è invece ideale per il controllo delle
annuali, anche se, in presenza di compattamento del terreno, deve essere associata a un
rompitraccia. Bisogna sottolineare che, in ogni caso, l’azione di contenimento della flora
spontanea è pienamente efficace solo quando la scelta dell’attrezzatura più idonea è
accompagnata dalla accuratezza nella sua regolazione e dalla tempestività di intervento.
60
3.3.d. Prodotti consentiti
Il regolamento comunitario n° 2092/91 tratta nell’allegato 1A il corretto approccio da tenere nella
difesa delle piante, che consiste in primo luogo nell’adozione di adeguate pratiche
agronomiche: “La lotta contro i parassiti, le malattie e le piante infestanti si impernia sul
seguente complesso di misure: scelta di specie e varietà adeguate; programma di rotazione
appropriato; coltivazione meccanica; protezione dei nemici naturali dei parassiti, grazie a
provvedimenti ad essi favorevoli (ad esempio siepi, posti per nidificare, diffusione di predatori);
eliminazione delle malerbe mediante bruciatura. Possono essere utilizzati i prodotti di cui
all'allegato II soltanto in caso di pericolo immediato che minacci le colture”.
Per queste ragioni, l’utilizzo di molti dei prodotti elencati richiede una preventiva autorizzazione
da parte degli Enti di controllo. La versione iniziale dell’elenco non è risultata però completa di
tutti i prodotti utilizzati in agricoltura biologica nei diversi paesi dell’Unione Europea, per cui si
sono resi necessari numerosi aggiornamenti successivi, e probabilmente altri ne
necessiteranno.
Tabella 10: Estratto dell’Allegato II B del Reg. CEE n° 2092/91 (prodotti autorizzati
per la protezione delle piante)
1. PRODOTTI FITOSANITARI
Condizioni generali applicabili per tutti i prodotti composti o contenenti le sostanze
attive appresso indicate:
Impiego in conformità ai requisiti dell’Allegato I del Reg. CEE n° 2092/91;
Soltanto in conformità delle disposizioni specifiche della normativa sui prodotti
fitosanitari applicabile nello Stato membro in cui il prodotto è utilizzato [ove
pertinente (*)].
I Sostanze di origine vegetale o animale
Descrizione, requisiti di composizione,
Nome
condizioni per l’uso
Azadiractina estratta
Insetticida.
da Azadirachta indica Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità
(albero del Neem)
di controllo.
(*) Cera d’api
Gelatina
(*) Proteine idrolizzate
Lecitina
Oli vegetali (per es.:
olio di menta, olio di
pino, olio di carvi).
Piretrine estratte da
Chrysanthemum
cinerariaefolium
Quassia estratta da
Quassia amara
Rotenone estratto da
Derris spp.,
Lonchocarpus spp. e
Terphrosia spp.
Protezione potatura.
Insetticida.
Sostanze attrattive.
Solo in applicazioni autorizzate in combinazione con altri
prodotti adeguati del presente allegato II, parte B.
Fungicida.
Insetticida, acaricida, fungicida ed inibitore della germogliazione.
Insetticida.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità
di controllo.
Insetticida, repellente.
Insetticida.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità
di controllo.
(*) In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati (*) non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle
disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.
II Microrganismi utilizzati nella lotta biologica contro i parassiti
Nome
Descrizione, requisiti di composizione,
condizioni per l’uso
Microrganismi (batteri, Solo prodotti non modificati geneticamente ai sensi della
1
virus e funghi), ad es.
Direttiva 90/220/CEE ( ).
Bacillus thuringensis,
Granulosis virus, ecc.
1
( ) GU n° L 117 dell’8.5. 1990, pag. 15.
III Sostanze da utilizzare solo in trappole e/o distributori automatici
Condizioni generali:
Le trappole e/o i distributori automatici devono impedire la penetrazione delle
sostanze nell’ambiente ed il contatto delle stesse con le coltivazioni in atto;
Le trappole devono essere raccolte dopo l’utilizzazione e riposte al sicuro.
Nome
Descrizione, requisiti di composizione,
condizioni per l’uso
(*) Fosfato diammonio Sostanza attrattiva.
Metaldeide
Feromoni
Soltanto in trappole.
Dal 31 Marzo 2006 non può essere più utilizzato.
Sostanze attrattive; sostanze che alterano il comportamento
sessuale.
Solo in trappole e distributori automatici.
61
Piretroidi (solo
deltametrina o
lambdacialotrina)
Insetticida.
Solo in trappole con sostanze specifiche attrattive.
Solo contro Batrocera oleae e Ceratitis capitata wied.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità
di controllo.
(*) In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati (*) non sono considerati prodotti
fitosanitari e non sono soggetti alle disposizioni della legislazione in materia di prodotti
fitosanitari.
IIIa Preparati da spargere in superficie tra le piante coltivate
Nome
Descrizione, requisiti di composizione,
condizioni per l’uso
Ortofosfato di ferro
Molluschicida
(III)
IV. Altre sostanze di uso tradizionale in agricoltura biologica
Nome
Descrizione, requisiti di composizione,
condizioni per l’uso
Rame, nella forma di Fungicida.
idrossido di rame,
ossicloruro di rame,
Dal 1° gennaio 2006 nel limite massimo di 6 kg di
rame/ettaro/anno, fatte salve disposizioni specifiche più
solfato di rame
restrittive previste dalla legislazione sui prodotti fitosanitari
(tribasico), ossido
dello Stato membro in cui il prodotto sarà utilizzato.
rameoso
Per le colture perenni gli Stati membri possono disporre, in
deroga al disposto del paragrafo precedente, che i tenori
massimi siano applicati come segue:
- il quantitativo massimo utilizzato a decorrere dal 23 marzo
2002 fino al 31 dicembre 2006 non deve superare 38 kg di
rame per ettaro;
- a decorrere dal 1° gennaio 2007 il quantitativo massimo
che può essere utilizzato ogni anno sarà calcolato
detraendo i quantitativi effettivamente utilizzati nei quattro
anni precedenti dal quantitativo totale massimo di,
rispettivamente, 36, 34, 32 e 30 kg di rame per ettaro per gli
anni 2007, 2008, 2009, 2010 e per gli anni successivi..
(*) Etilene
Sale di potassio di
acidi grassi (sapone
molle)
(*) Allume di potassio
(Calinite)
Zolfo calcico
(polisolfuro di calce)
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità
di controllo.
Sverdimento delle banane.
Insetticida.
Prevenzione della maturazione delle banane.
Fungicida, insetticida, acaricida.
Solo per trattamenti invernali degli alberi da frutto, degli olivi e
della vite.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità
di controllo.
Olio di paraffina
Insetticida, acaricida.
Oli minerali
Insetticida, acaricida.
Solo su alberi da frutta, viti, olivi e colture tropicali (ad esempio
banani).
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità
di controllo.
Permanganato di
Fungicida, battericida.
potassio
Solo su alberi da frutta, olivi e viti.
(*) Sabbia di quarzo
Repellente.
Zolfo
Fungicida, acaricida, repellente.
(*) In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati (*) non sono considerati prodotti
fitosanitari e non sono soggetti alle disposizioni della legislazione in materia di prodotti
fitosanitari.
2. PRODOTTI PER LA LOTTA CONTRO I PARASSITI NEI LOCALI DI
STABULAZIONE E NEGLI IMPIANTI:
•
Prodotti elencati nella sezione 1;
•
Rodenticidi.
62
DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI PRODOTTI USATI NEL BIOLOGICO PER LA DIFESA
DELLE PIANTE
•
AZADIRACTINA estratta dall’albero di origine asiatica Azadirachta indica (“Albero del
Neem”), è usata come insetticida. Agisce per ingestione ed è antagonista dell’ormone
ecdysone, impedendo la riproduzione degli insetti. Non è attiva su uova ed adulti e su alcuni
insetti agisce come antifeedant. L’Azadiractina ha un ampio raggio d’azione, agendo su
Homoptera, Lepidoptera, Diptera, Coleoptera e altri, acari inclusi. Ha inoltre un effetto
sicuro contro funghi e batteri. È usata in orticoltura, frutticoltura, vivaismo e su piante
ornamentali. Non è tossica per gli animali vertebrati, mentre può essere fitotossica se usata
in alte dosi. Dosaggi e compatibilità: in gran parte dipende dalle formulazioni,
approssimativamente 25-50 g/ha di Azadiractina. Può essere utilizzata in abbinamento alle
Piretrine, virus, Bt, saponi molli.
•
OLI VEGETALI (olio di menta, olio di pino, olio di cumino), sono composti da sostanze
naturali derivate da varie parti delle piante quali fiori, semi e frutti. Molti oli contengono acidi
oleici e linoleici. Normalmente gli oli vegetali e quelli minerali vengono utilizzati in
abbinamento a fungicidi e pesticidi, migliorandone l’applicazione e la durata. Gli oli vegetali
hanno azione insetticida sugli insetti e le loro uova. Esercitano inoltre un’azione repellente.
Sono efficaci contro afidi, Coccidi, Diaspidi e acari. Campo di applicazione: viticoltura,
frutticoltura, orticoltura. Bassa tossicità sui mammiferi. Gli oli vegetali non sono selettivi e
quindi oltre ad agire sugli insetti dannosi, ad alti dosaggi, possono compromettere
l’esistenza anche degli insetti antagonisti (utili). Dosaggio e compatibilità: normalmente 200300 ml/hl se adoperati come additivi e 1-3 g/hl se usati come insetticidi. Gli oli vegetali
possono essere miscelati con la maggior parte dei dei prodotti utilizzati nel biologico.
•
PIRETRINE (estratte dal Chrysanthemum cinerariaefolium), sono insetticidi naturali ricavati
dalle piante del Crysanthemum, coltivate principalmente in Kenya, Tanzania e Tasmania.
Vengono ottenuti dai fiori opportunamente essiccati e lavorati. Il principio attivo è costituito
da sei molecole conosciute come piretrine, che sono fotosensibili e rapidamente ossidate
se esposte all’aria ed alla luce. Per aumentarne la stabilità alcuni preparati aggiungono
sostanze stabilizzanti (per esempio PPBO piperonilbutoxyd). Le piretrine agiscono come
insetticidi da contatto. Attaccano il sistema nervoso degli insetti, paralizzandoli in pochi
secondi. Il tempo di azione letale dipende dai dosaggi utilizzati. Alcuni insetti possono
metabolizzare le piretrine rendendo inefficace la loro azione. Per questo le piretrine
possono essere attivate con PPBO, che inibisce la disintossicazione dal principio attivo e
rende quindi più efficace il trattamento. Le Piretrine hanno un ampio spettro di azione e
sono efficaci contro Omeotteri, Lepidotteri, Coleopteri Ditteri ed hanno anche un’azione
limitata verso gli acari. Campo di applicazione: orticoltura, piante ornamentali, oltre che per
la conservazione delle derrate alimentari. Presentano bassa tossicità verso i mammiferi,
mentre sono dannose per i pesci, i rettili e gli anfibi. Le Piretrine non sono selettive e
possono risultare dannose per le api ed altri insetti utili. Non sono fitotossiche. Dosaggi:
normalmente 70-100 ml/hl.
•
QUASSIA (estratta dalla Quassia amara), è un insetticida naturale derivato dall’albero della
Quassia amara, originario del Suriname, e dal Picrasma excelsa (Quassia giamaicana). I
principi attivi sono quassina e neoquassina. La Quassia, oltre ad essere una pianta
medicinale, è usata come repellente per cani e gatti. Agisce sul sistema nervoso, sia per
contatto che per ingestione. Presentando una persistenza limitata la sua azione è piuttosto
ridotta. Campo di applicazione: orticoltura, frutticoltura, viticoltura, silvicoltura, giardinaggio.
Presenta bassa tossicità.
•
ROTENONE (estratto da Derris spp., Lonchocarpus spp. e Tephrosia spp.). Il Rotenone è
un alcaloide, isolato per la prima volta nel 1895. É estratto dalle radici di alcune piante
tropicali della famiglia delle leguminose: Derris elliptica, Derris spp., Lonchocarpus utilis,
Tephrosia spp. Il Rotenone è soggetto a rapida decomposizione se esposto alla luce ed
all’aria. La sua persistenza è pertanto limitata a 2-3 giorni in estate e 5-6 in primvera. Il
principio attivo è molto tossico se inalato, meno se ingerito. La finezza del prodotto
determina il suo livello di tossicità. Il Rotenone può essere stabilizzato con acido fosforico
ed agisce per contatto ed ingestione, inibendo l’attività mitocondriale. Ha un ampio spettro
d’azione, agendo contro lepidotteri, ditteri, coleotteri, ecc.. Presenta anche un’azione
limitata contro gli afidi. Campo di applicazione: orticoltura, frutticoltura, giardinaggio, oltre
che contro mosche e zanzare. É anche usato in medicina veterinaria contro le mosche di
Hypoderma. Il Rotenone presenta bassa tossicità sui mammiferi, mentre è molto tossico sui
pesci. É un insetticida non selettivo ma non è pericoloso per le api. Dosaggi e compatibilità:
63
normalmente in orticoltura 100 g/ha di principio attivo. Il periodo di carenza è di 10 giorni.
Non è compatibile con le sostanze alcaline.
•
GRANULOSIS VIRUS (CpGV), questo virus è utilizzato contro la Cydia pomonella delle
mele ed è anche attivo contro altri Lepidotteri. CpGV agisce per ingestione e per questo
motivo deve essere adoperato al momento giusto sulle larve di Cydia. I raggi ultravioletti
possono inattivare il virus, pertanto è raccomandata l’applicazione all’alba o al tramonto.
Questo virus è specifico contro sei specie di Tortricidae, la più importante delle quali è
Cydia pomonella. Campo di applicazione: melo, pero e noci. Tossicità: principio attivo
selettivo, non tossico per gli altri insetti; non è fitotossico. Dosaggio e compatibilità: non va
miscelato con altre sostanze alcalino-sensibili.
•
BACILLUS THURINGIENSIS. In agricoltura biologica è il più diffuso preparato a base di
batteri. Il batterio è presente naturalmente nel terreno e le sue proprietà insetticide sono
conosciute sin dagli anni sessanta. Ci sono molti tipi di Bt ed è utilizzato in molti campi.
Durante la sporulazione produce tossine (la più importante è la delta-endotoxin) che
rappresentano il principio attivo del formulato. Le Pro-tossine vengono attivate nell’intestino
degli insetti, con conseguente effetto letale. Il formulato è selettivo ed inoffensivo sui
vertebrati che hanno una reazione intestinale acida. Il Bt è attivo soltanto per ingestione.
Per questa ragione viene spruzzato sugli insetti nocivi durante lo stadio larvale, quando
sono esposti in quanto si alimentano in superficie. Una volta che la tossina viene rilasciata
nell’intestino, l’intero apparato digerente viene paralizzato è l’insetto non può più nutrirsi. La
morte interviene in poche ore o, al massimo, entro tre giorni. I diversi tipi di Bt sono specifici
per determinate famiglie o specie di insetti: il Bacillus thuringiensis var kurstaki è attivo
contro molte specie di Lepidotteri; il Bacillus t. var tenebrionis è attivo contro molte specie di
Coleotteri; il Bacillus t. var israelensis è attivo contro le zanzare. Campo di applicazione:
orticoltura, viticoltura, frutticoltura, olivicoltura, piante ornamentali, silvicoltura. Non è tossico
per i vertebrati. Svolge un’azione specifica e non è dannoso per gli altri insetti. Non è
fitotossico. Dosaggi e compatibilità: molto dipende dai formulati, normalmente da 0,5 a 2
kg/ha di preparato commerciale. Non deve essere miscelato con prodotti alcalini.
•
SALI DI POTASSIO DI ACIDI GRASSI (sapone molle). Questo prodotto, conosciuto anche
come sapone molle di potassio (o sapone di Marsiglia) si ottiene miscelando oli vegetali e
sostanze alcaline quali soda e idrossido di potassio. Oltre a venire normalmente usato
come detersivo, questo prodotto è adoperato in agricoltura come insetticida. Una sua
importante peculiarità è quella di essere completamente biodegradabile (viene
metabolizzata dai batteri presenti nel suolo). Il sale di potassio viene utilizzato come
insetticida, come additivo di altri prodotti per la difesa delle piante e contro funghi ed
infestanti. Miscelato con altri insetticidi, quali rotenone e piretrine, ne aumenta il potere
adesivante, aumentandone di conseguenza la persistenza. Il sapone molle agisce come
insetticida di contatto, danneggiando la cuticola degli insetti; viene anche usato per
eliminare la melata e le secrezioni degli afidi. Viene adoperato contro gli insetti fitofagi con
sottile esoscheletro, quali afidi, tripidi e aleurodidi. É attivo anche contro gli acari. Campo di
applicazione: melo pero, vite, piante aromatiche, verdure e piante ornamentali. Non
presenta tossicità verso vertebrati ed insetti impollinatori. Dosaggi e compatibilità: in
miscela con altri insetticidi ca. 300 g/hl, usato da solo ca 1000 g/hl. Non va usato con acque
dure.
•
ZOLFO CALCICO (POLISOLFURO DI CALCE) viene usato come insetticida e fungicida. Il
principio attivo è lo zolfo sotto diverse forme. Agisce come insetticida da contatto, data la
causticità del preparato. É anche efficace contro la cocciniglia. Un effetto secondario di
questo insetticida è l’asfissia. Il Polisolfuro ha anche un’azione fungicida data la presenza
dello zolfo. Campo di applicazione: insetti - Diaspididae (Quadraspidiotus perniciosus,
Diaspis pentagona and D. leperii). É attivo anche sulle uova di acari. Crop protection: contro
oidio, cancro della bolla della pesca e altre malattie. Campo di applicazione: agrumi, pesca,
mela, albicocca, ciliegio, vite, olivo. La sostanza è irritante se inalata e se viene in contatto
diretto con gli occhi o la pelle. I polisolfuri sono anche tossici per qualche predatore di afidi.
Considerata la loro alcalinità possono risultare fitotossici, provocando bruciature negli
organi vegetativi. Per questo vengono utilizzati preferibilmente in inverno. Dosaggio e
compatibilità: per i trattamenti invernali è suggerito sulle drupacee un dosaggio di 16 – 17
kg/hl; per le mele e le pere di 20-22 kg/hl. Il polisolfuro di calce è altamente corrosivo per gli
ingranaggi dell’attrezzatura irroratrice. Bisognerà quindi attentamente risciacquarla dopo
l’uso.
•
OLI MINERALI (oli bianchi, oli di petrolio, oli di paraffina), sono derivati dalla distillazione
del petrolio ad alte temperature, arricchito di idrogeno ed infine estratto con solventi. Le
64
condizioni di estrazione influenzano notevolmente la composizione e gli effetti agronomici
degli oli minerali. Essi agiscono principalmente per asfissia, soffocamento degli insetti e
delle loro uova. Hanno anche un’azione repellente. Agiscono per contatto diretto
principalmente su piccoli insetti, come diaspidi, cocciniglie, afidi, psilla e acari. Possono
agire anche contro oidio ed infestanti (in considerazione della loro fitotossicità). Campo di
applicazione: frutticoltura, orticoltura, piante ornamentali, vivaismo. In modo modesto
possono causare problemi ai mammiferi, mentre sono dannosi per gli insetti. Dosaggi e
compatibilità: 1-3 kg/hl come insetticida e 200-300 ml/hl come additivo. Tempo di carenza:
20 giorni. Incompatibile con lo zolfo, è pertanto necessario distanziare gli interventi di
almeno 15 giorni.
•
SOSTANZE UTILIZZATE NELLE TRAPPOLE
− FEROMONI – sono sostanze prodotte dagli insetti che consentono la comunicazione
chimica tra individui della stessa specie. Agiscono sui comportamenti sessuali.
Possono essere riprodotti artificialmente in laboratorio e quindi venir utilizzati in
agricoltura per il monitoraggio, la cattura massale ed il disorientamento degli insetti,
opportunamente collocati in apposite trappole. Monitoraggio: i feromoni vengono
collocati nelle trappole per verificare la presenza degli insetti nel campo coltivato (in
particolare per i lepidotteri). Cattura massale: l’obiettivo è quello attrarre e catturare il
maschio di alcune specie di insetti, in apposite trappole dove vengono soppressi con
mezzi fisici o chimici inseriti nella trappola stessa. Sistema efficace contro lepidotteri e
ditteri, come ad es. la mosca dell’olivo. Confusione: consiste nell’immettere larghe
quantità di feromoni al fine di “confondere” il maschio di alcune specie, diminuendo
così il numero di accoppiamenti. Questo metodo, viene utilizzato con successo nel
controllo della carpocapsa, della tignola e tignoletta dell’uva, della cidia e dell’anarsia
del pesco. Si ricorda che nel biologico l’uso dei feromoni è ammesso solo nelle trappole
o nei distributori automatici.
− FOSFATO DI AMMONIO – Questo concime (= FOSFATO BIAMMONICO) è utilizzato
come esca nelle trappole per la cattura massale della mosca della frutta e dell’olivo. Le
mosche adulte vengono attratte dall’odore di ammonio.
− METALDEIDE è usato in agricoltura contro i molluschi. Agisce sul sistema nervoso, in
seguito ad ingestione. Il prodotto deve essere distribuito intorno al campo da proteggere
dalle lumache, oltre che nelle interfile. Campo di applicazione: orticoltura e floricoltura,
sia in pieno campo che in serra. Il Metaldeide è tossico per gli uomini ed i mammiferi in
generale, per i pesci e gli insetti impollinatori. Non è invece tossico se distribuito in
forma pellettata. Si consiglia comunque di usare la massima cautela nella
somministrazione, in quanto i pellets contenenti metaldeide sono attrattivi per i cani e
per diverse specie di avicole. Questa sostanza va quindi applicata in trappole
contenenti anche un repellente per animali. É innocuo invece per le piante. Dosaggio:
5-15 kg/ha.
− PROTEINE IDROLIZZATE – sono utilizzate come attrattivi, solo in combinazione con
altri insetticidi, per il controllo delle mosche dell’olivo nella fase adulta, quando
necessitano proprio di proteine per la loro dieta. Gli insetti vengono eliminati grazie
all’azione congiunta dell’insetticida e delle proteine ad azione attrattiva. In agricoltura
biologica possono essere utilizzate solo in trappole con bio-pesticidi ed alcuni piretroidi.
Range di azione: Bactrocera oleae, Ceratitis capitata, Ragholetis cerasi. Campo di
applicazione: olivo, agrumi e ciliegio. Non presentano effetti negativi sull’ambiente.
Eventuali danni possono essere provocati dal tipo di insetticida al quale vengono
miscelate. Dosaggio: soluzione all’1%.
− PIRETROIDI (solo deltametrina o lambdacialometrina) – Si tratta di pesticidi di sintesi
con struttura simile alle piretrine naturali, ma con molecole stabili alla luce e solubili in
solventi organici. Per questa ragione sono molto più persistenti delle omologhe
sostanze naturali. I piretroidi agiscono per contatto e ingestione, uccidendo in pochi
minuti gli insetti catturati nelle trappole. Il loro utilizzo in agricoltura biologica è
consentito unicamente in trappole contro la Batrocera oleae e la Ceratitis capitata.
Molti insetti sono sensibili ai piretroidi, come ad es. i coleotteri, i lepidotteri, i ditteri, le
locuste, le cavallette e gli acari. Campo di applicazione: frutticoltura, olivicoltura.
Tossicità: relativamente bassa per i mammiferi, ma alta per i pesci e gli impollinatori.
DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI ANTICRITTOGAMICI
•
RAME – I prodotti a base di rame sono largamente utilizzati per le loro proprietà fungicide e
battericide, sotto forma di diversi formulati, i più diffusi sono: solfato di rame, idrossido,
ossicloruro e ossido di rame. Il principio attivo è rappresentato dallo ione metallico (Cu++). I
65
formulati in grado di liberare il rame metallico si ottengono per miscelazione del rame con
diversi composti60:
Rame metallo + Carbon. di Sodio
Rame metallo + Soda
Rame metallo + Acetato di Calcio
Rame metallo + Cloruro di Rame
Rame metallo + Calce
Rame metallo + Acido Solforico
Æ Poltiglia Borgognona
Æ Idrossido di Rame
Æ Acetato di Rame
Æ Ossicloruro di Rame
Æ Carbonato di Rame
Æ Solfato di Rame+Calce Æ Poltiglia Bordolese
Il rame agisce per contatto diretto, inducendo la denaturazione di enzimi e proteine delle
membrane cellulari. Inibisce inoltre la germinazione delle spore. La persistenza e l’efficacia
del trattamento dipendono dalla solubilità ed adesività del prodotto utilizzato. Riguardo
all’adesività i più diffusi formulati possono essere classificati come segue: solfato >
idrossido > ossicloruro > carbonato. È comunque possibile aggiungere bentonite al
formulato per aumentarne l’adesività. Riguardo alla solubilità, i formulati possono essere
classificati come segue: ossicloruro e carbonato > idrossido > solfato.
Il rame
agisce contro molte malattie funginee quali ad es. Peronospora e bolla del pesco. Ha anche
un’azione limitata contro le batteriosi. Il Rame può risultare fitotossico se distribuito in
condizioni climatiche non idonee (freddo <10°C e bagnato), su specie/varietà sensibili
(pesca ed altri frutti col nocciolo) e durante la fase vegetativa sbagliata (foglie e germogli).
Per esempio non è consigliabile applicare il rame durante l’infiorescenza. Campo di
applicazione: viticoltura, frutticoltura, olivo, barbabietola, orticoltura, floricoltura. Il rame non
è dannoso per gli animali a sangue caldo, mentre lo è per i pesci ed altri animali a sangue
freddo. Il rame non si degrada facilmente e tende ad accumularsi nei depositi di acqua. Per
queste ragioni l’uso del rame in agricoltura biologica va assolutamente limitato. Dosi e
compatibilità: i dosaggi dipendono naturalmente dal tipo di formulato impiegato. Il periodo di
carenza è di 20 giorni. Non è consigliabile miscelare il rame con lo zolfo, gli oli minerali ed il
Bacillus thuringiensis. Dal 2006 l’apporto di rame è limitato a 6 kg/ha per anno (per i dettagli
si rimanda alla normativa comunitaria vigente).
•
PERMANGANATO DI POTASSIO è un sale iperossidante, con forte potere emolliente, con
proprietà fungicide, solubile in acqua ed usato pure come disinfettante. Si presenta in forma
di cristalli di colore violetto ed ha un PH compreso tra 7.2 e 9. Il principio attivo
Permanganato di Potassio (KMnO4) agisce per contatto, ossidando tutti i materiali organici.
È a pronto effetto ma la sua persistenza è breve. È usato come fungicida, battericida e
molluschicida. Protegge le piante dall’odio, dal fusarium, dalla peronospora, dal verticillium.
dall’escoriosi della vite. Campo di applicazione: orto, vigneto, frutteto. Il prodotto
concentrato è caustico. Non sono disponibili informazioni circa la sua selettività. È
comunque altamente fitotossico e non è consigliabile irrorarlo su vegetazione verde in dosi
superiori a 300 g/hl. Dosi e compatibilità: nei trattamenti invernali (su frutteto e vigneto) 1-2
kg/hl; in caso di escoriosi della vite 750 g/hl al germogliamento; oidio: 100-300 g/hl;
fusarium: 500 g/hl (trattamento al suolo). Non può essere miscelato con sostanze organiche
(Rotenone, Bt, etc) perchè è corrosivo.
•
ZOLFO, viene largamente utilizzato come fungicida a causa del suo basso impatto
ambientale, basso costo e polivalenza. Lo zolfo è un elemento che proviene dalle estrazioni
minerarie oppure dall’idrogeno solforato separato durante la purificazione dei gas naturali.
Lo zolfo oltre all’azione fungicida ha anche una certa efficacia come acaricida. Grazie alla
sua liposolubilità è in grado di penetrare all’interno delle cellule fungine provocandone la
morte per disidratazione. È attivo contro oidio, escoriosi, ticchiolatura ed alcuni acari quali
gli eriofidi del pero e della vite. Campo di applicazione: vite, drupacee, pomacee, olivo,
nocciolo, agrumi, ortaggi, patate, cereali, floricole. Non è tossico per i mammiferi, mentre
può risultare tossico per certi insetti quali gli imenotteri. È irritante per gli occhi, va quindi
applicato con cautela. In agricoltura biologica può essere utilizzato senza Selenium.
Fitotossicità: i formulati che contengono zolfo molto fine possono risultare dannosi per le
piante trattate quando la temperatura è elevata. Dosi e compatibilità: i dosaggi dipendono
dal tipo di formulato, in linea di massima per lo zolfo in polvere 25 (sublimato) - 40 (grezzo)
g/hl; per lo zolfo bagnabile: colloidale 100-200 g/hl, micronizzato 200-500 g/hl. Lo zolfo non
può essere miscelato con oli minerali e prodotti a reazione alcalina.
•
LECITINA – Il termine lecitina designa un gruppo di fosfolipidi. Queste sostanze sono
estratte prevalentemente dalla soia, ma anche dal girasole, dal ravizzone e dalle uova. La
lecitina viene largamente usata anche nell’industria alimentare come emulsionante,
stabilizzatore ed antiossidante. Svolge un’azione fungicida ed agisce per contatto. Il suo
60
V. Vizioli, A. Clemente, L. Peris, Prodotti per la fertilizzazione e la difesa delle colture usati in agricoltura
biologica, Edizioni Soleco, Perugia, 1998.
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effetto anticrittogamico è legato alla sua azione inibitrice della germinazione delle spore
fungine. È impiegata prevalentemente come antioidico. Campo di applicazione: cetriolo,
melo, piante ornamentali. Non è tossico per l’uomo, gli insetti o le piante. Dosi e
compatibilità: Dipendono dai formulati; può essere miscelata con la maggior parte dei
prodotti utilizzabili in agricoltura biologica.
3.4. Produzioni e trasformazioni agroalimentari
3.4.a. Produzioni vegetali
Il requisito fonfamentale per la corretta applicazione del metodo biologico è la trasformazione
dell’azienda agricola in una realtà a “ciclo chiuso”. Solo riducendo drasticamente il ricorso ad
inputs esterni, potrà essere ricreata quell’armonia con la natura che è alla base della salute
delle piante e della loro resistenza alle avversità ed agli attacchi parassitari. In questo modo i
fabbisogni delle piante potranno essere soddisfatti con le stesse risorse disponibili
nell’ambiente, e la fertilità del terreno, continuamente sostenuta con l’apporto di nuova sostanza
organica, assicurerà un livello produttivo costante nel tempo.
La qualità del suolo coltivato influisce notevolmente sulle piante e sulle loro produzioni. Per
una germinazione rapida ed uniforme le piante hanno bisogno di terreno areato, uniforme, ben
drenato. Una germinazione rapida ed uniforme costituisce un ottimo presupposto per
l’ottenimento di raccolti sani ed abbondanti, in quanto è proprio in questa delicata fase che un
attacco dei parassiti può provocare i danni più gravi.
La qualità del suolo influisce sulle coltivazioni anche perché nel biologico vengono utilizzati
prodotti naturali per la fertilizzazione, quali letame, sovescio, compost, che non sono
direttamente disponibili per le piante ma devono prima entrare nel sistema nutrizionale del
suolo.
Uno dei principi fondamentali è infatti quello di “nutrire il terreno per nutrire la pianta”.
Scelta della varietà. In agricoltura biologica gli elementi nutrizionali non sono disponibili in
grande quantità per tutto il periodo di coltivazione (come avviene invece nel convenzionale,
dove i moderni ibridi hanno imponenti esigenze nutrizionali, che l’agricoltore deve soddisfare
con numerosi interventi di fertilizzazione), per cui la scelta di varietà rustiche, poco esigenti,
risulta determinante. Naturalmente è vietato l’uso di semi OGM.
Resistente è una varietà che, in caso di problematiche fitosanitarie diffuse sul territorio, è in
grado di offrire una maggiore resistenza all’attaco. La resistenza totale è molto rara, ed è frutto
di tecniche di ibridazione. Per il biologico è invece importante la resistenza cosiddetta
“orizzontale”, ossia non specifica per un determinato parassita ma generale, legata alla rusticità
stessa della pianta. Questa in caso di attacco parassitario non svilupperà una sintomatologia
grave e, conseguentemente, la produzione non sarà compromessa del tutto. Questo tipo di
resistenza viene anche chiamata resistenza del campo, resistenza sporca, resistenza
moderata.
In ambito europeo le tematiche della scelta delle varietà e della tecnica di coltivazione sono
trattate con grande attenzione ed interesse. Nel biologico sono necessarie una maggiore
esperienza ed un’approfondita conoscenza della materia per effettuare scelte di successo.
Basti pensare ad esempio alla necessità di reperire materiale di propagazione sano,
possibilmente di cultivars autoctone, certificato, ottenuto senza l’uso di sostanze chimiche di
sintesi, di ormoni, ecc..
Per facilitare l’accesso al mercato del materiale di propagazione certificato biologico, ai sensi
del Reg. CE n. 1452/2003 tutti gli stati membri dell’UE hanno realizzato e provvedono ad
aggiornare un data base con l’elenco delle cultivars e dei relativi quantitativi di materiale
disponibile sul mercato nazionale. In Italia il data base delle sementi è gestito dall’ENSE61
(Ente Nazionale delle Sementi Elette), che provvede anche all’esame delle richieste di deroga
all’utilizzo di seme biologico, inoltrate dagli agricoltori impossibilitati a reperire sul mercato
quantitativi sufficienti di seme della cultivar che intendono seminare. Si pensi che dalle 12.000
richieste di deroga registrate nel periodo 1999/2000 si è passati alle oltre 37.000 del 2005/2006.
Questo fenomeno è rappresentativo dell’ancora scarso interesse dei vivai e delle ditte
sementiere a proporre sul mercato materiale di propagazione autoctono e certificato: non è
possibile continuare ad offrire in biologico le stesse cultivars usate nel convenzionale; sono
diverse le esigenze, le tecniche ed il mercato (chi compra bio vuole produzioni tipiche locali di
qualità).
Il materiale di propagazione è alla base delle produzioni vegetali, ad esso è legato il futuro della
coltivazione e, soprattutto, la sua qualità. Per la produzione biologica la qualità del seme, la sua
purezza, il suo potere germinativo, lo stato fitosanitario, assumono un’importanza decisiva. Un
61
www.ense.it
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buon seme determina un rapido ed uniforme sviluppo delle piante, che consente un migliore
contenimento della flora spontanea e degli attacchi parassitari. Inoltre nel biologico tutto si basa
sulla prevenzione ed un seme malato potrebbe portare alla diffusione nel campo di malattie
spesso non controllabili con i mezzi biologici.
Esempi di coltivazioni
A titolo puramente esemplificativo si riportano di seguito brevi linee guida da seguire nella
coltivazione con il metodo biologico di alcune specie vegetali.
− Pisello (Pisum sativum L.), nelle rotazioni colturali viene normalmente inserito tra due
cereali, ma può anche succedere a se stesso; va però tenuto presente che quando viene
coltivato senza interruzione provoca stanchezza nel terreno. Pertanto non dovrebbe essere
ripetuto sullo stesso appezzamento per più di 4-5 anni. Essendo una coltura che migliora le
caratteristiche dei suoli, fissando mediamente 50 kg N/ha, è indicata la successione con
colture autunno-vernine che sfruttano il terreno e richiedono grosse quantità di azoto (ad es.
grano duro). In suoli ricchi di sostanza organica, il pisello cresce lussureggiante, per cui per
ottenere i migliori risultati è consigliabile effettuare due – tre anni prima una buona
concimazione a base di letame. Richiede luce e temperature medie ottimali di 10-20 °C,
preferisce terreni ben drenati, sciolti o di medio impasto con PH tra 6 e 7,5, teme l’umidità, il
freddo ed il ristagno idrico. Richiede un buon controllo della flora spontanea, con cui entra
in competizione per la luce, è pertanto consigliabile effettuare una falsa semina ed
intervenire sull’interfilare con strumenti meccanici, quali lo strigliatore o il motocoltivatore
frangicrosta.
− Fagiolo (Phaseolus vulgaris L.). Ha minore bisogno di luce rispetto al pisello, per cui si
adatta a molteplici consociazioni (è ad esempio diffusa la coltivazione nell’interfila del Mais).
In presenza di terreni poveri di humus è possibile apportare sostanza organica direttamente
sulla coltura, produce però al meglio su terreni letamati da due-tre anni.
− Fava (Vicia faba L.), È una pianta miglioratrice e rappresenta la classica precessione
colturale dei cereali autunno-vernini. Sono almeno due i motivi per coltivare in biologico
questa pianta: inserimento nelle rotazioni basate sui cereali, utilizzo per la concimazione
verde in suoli poveri di sostanza organica e di fertilità. Le rotazioni colturali in cui è presente
la fava sono migliori per le seguenti ragioni:
ƒ Migliore resa e qualità della granella dei cereali coltivati dopo la fava.
ƒ Il terreno si arricchisce di azoto organico, disponibile per la coltura successiva,
riducendo così la necessità di ulteriori concimazioni. Attraverso la simbiosi con i rizobi
(Rhizobium leguminosarum), viene infatti fissata nel terreno una quantità di azoto
compresa tra i 100 e i 400 Kg/ha.
ƒ Diminuzione delle malattie dei cereali legate al suolo (come il marciume radicale) e dei
parassiti (come i nematodi che provocano lesioni all’apparato radicale).
ƒ Migliore coltivabilità del terreno.
− Grano - Tra le molte specie appartenenti al genere Triticum sono poche quelle realmente
coltivate nel mondo. Il TRITICUM AESTIVUM (grano tenero) è coltivato nelle parti settentrionali
delle zone temperate. Il TRITICUM DURUM (grano duro) è il più diffuso nelle regioni calde
delle zone temperate. Il TRITICUM SPELTA (spelta) è di origine alpina ed è conosciuto
anche come T. aestivum ssp. Spelta. Vediamo di seguito le principali operazioni colturali.
Dopo la semina dei cereali invernali, i semi vengono ricoperti con un’erpicatura. È
consigliabile che la coltura entri in inverno ancora non molto sviluppata. In questo modo il
suolo può meglio proteggere le giovani piantine dalle gelate, magari sotto uno strato
protettivo di neve. In seguito risulterà molto utile un passaggio con l’erpice strigliatore, al
fine di “risvegliare” la coltura e favorirne l’accestimento. Nel biologico il grano viene inserito
in rotazione colturale con foraggere e leguminose. La raccolta avviene con le stesse
modalità del convenzionale. Bisogna riporre particolare attenzione alla pulitura del seme
dalle infestanti ed al controllo dell’umidità che non deve essere superiore al 12.5%. Il prezzo
di vendita del grano varia considerevolmente a seconda del periodo di immissione sul
mercato e della qualità del raccolto (contenuto proteico, grado di impurità, grandezza del
seme, varietà, ecc.). I residui colturali sono molto utili per la produzione di humus, poichè
caratterizzati da un elevato rapporto C/N. Il grano duro può essere consociato ad es. con il
trifoglio sotterraneo che, oltre a fornire nutrimento (specialmente azoto) al grano, favorisce il
contenimento della flora spontanea e migliora le condizioni del terreno (azione congiunta
dell’apparato radicale fascicolato del cereale e di quello fittonante della leguminosa).
− Segale (Secale cereale L.). Dopo il grano la segale rappresenta per importanza il secondo
cereale più utilizzato nella preparazione del pane. Nelle rotazioni può succedere a se
stesso, non essendo sensibile alle infestanti ed offrendo una buona resistenza naturale alle
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malattie ed ai parassiti. Si raccoglie anticipatamente rispetto al grano e può essere
preceduto da trifoglio incarnato, lupino, veccia, patata, tabacco, ecc..
Orzo (Hordeum ssp. L.) costituisce una materia prima preziosa per l’industria della birra e
del malto. La paglia dell’orzo primaverile può essere impiegata come foraggio per I bovini,
gli equini e gli ovini. L’orzo primaverile non può succedere a se stesso, a causa dello
sviluppo della flora spontanea che ne ostacolerebbe la crescita. La migliore precessione
colturale per l’orzo da malto è costituita dalla barbabietola da zucchero. Le varietà invernali
hanno rese più alte e, se inserite in rotazione, necessitano di cure supplementari.
Richiedendo infatti una semina precoce è necessario che sia preceduta da colture con
raccolto anticipato e basso fabbisogno idrico. L’orzo può essere consociato con favetta,
fieno greco, ecc.. In genere le consociazioni migliori sono quelle per la costituzione di erbai
autunno-primaverili, destinati alla produzione di foraggio.
Avena (Avena sativa L.), presenta un apparato radicale con radici piccole e fibrose, in
grado di assorbire meglio di altri cereali le sostanze nutritive, può essere coltivata con
pochissimi mezzi tecnici, non essendo in genere attaccata partcolarmente dai patogeni. È
molto importante quale componente delle razioni alimentari degli animali. Il suo potere
nutrizionale è molto alto grazie alle proteine utilizzabili ed al contenuto di amido e grassi.
Nelle rotazioni non può succedere a se stessa, può essere seminata sul campo arato di
erba medica ma il più delle volte segue il mais. A sua volta l’avena può essere seguita da
mais.
Mais (Zea mays L.). è sempre presente nelle razioni alimentari degli allevamenti da
ingrasso, essendo i suoi chichi ricchi di amido, grassi e zucchero. È invece basso il
contenuto di proteine (circa 8 %). Viene abitualmente somministrato a suini, bovini da
carne, ovini, equini ed avicole. Il Mais si inserisce facilmente nelle rotazioni non avendo
particolari esigenze rispetto alla coltura che la precede. È solo importante effettuare in
autunno una buona lavorazione del terreno dopo la raccolta della coltura precedente.
Perché il mais riesca a trarre il massimo vantaggio dalla sostanza organica e dagli altri
principi nutritivi presenti nel terreno è opportuno che il letame venga somministrato durante
l’estate o all’inizio dell’autunno, in modo da consentire la sua piena maturazione prima della
semina.
Erba medica (Medicago sativa L.) conosciuta anche come Alfa alfa è una pianta foraggera
ad alto rendimento, importante sia per il suo contenuto proteico che per la spiccata
tolleranza all’aridità. La sua utilità è rafforzata dal fatto che soddisfa gran parte del
fabbisogno di azoto attraverso la fissazione di quello atmosferico e le sue profonde radici
fittonanti contribuiscono a migliorare la fertilità del terreno, redistribuendola lungo tutto il
profilo del suolo. L’erba medica non gradisce succedere a se stessa e normalmente non
può ritornare sullo stesso appezzamento prima di 4-5 anni. Nella semina primaverile la
coltura che la precede dovrebbe essere stata ben concimata con letame. Nella semina
estivo-autunnale può succedere solo ad una pianta con raccolta precoce, normalmente un
cereale. Dal punto di vista agronomico ha un’influenza estremamente positiva sulle
componenti biologiche, fisiche e chimiche del suolo. Lasciando una notevole massa di
residui vegetali e ricoprendo totalmente la superficie esercita una forte azione di
contenimento della flora spontanea.
Trifoglio (Trifolium pratense L.), è una pianta foraggera perenne simile all’erba medica,
adatta alle zone piovose. È utile per la produzione di fieno, ma il suo ruolo principale è
quello di foraggio verde. Its production is important in areas with soil inadequate for alfalfa
cultivation. Viene coltivato dove esistono condizioni di suolo inadeguate alla coltivazione
dell’erba medica. La sua resa è infatti inferiore, attestandosi sulle 3-4 tonnellate di fieno per
ettaro. Anche se è in grado di dare il massimo della produzione per tre anni, normalmente
lo si interra dopo 2 anni, al fine di incrementare la fertilità del suolo. È una coltura che si
inserisce perfettamente nelle rotazioni colturali delle aziende agricole biologiche. Il trifoglio è
stato anche uno dei componenti del famoso ’Norkfolk System’ (barbabietola adeguatamente
letamata, orzo primaverile, trifoglio, frumento).
Cavolo (Brassica Oleraceae, L.). La famiglia delle Crucifere, note anche come
Brassicacee, è composta da moltissime specie e varietà. Tutte sono ricche in minerali e
studi hanno evidenziato una correlazione inversa tra il loro consumo e l’incidenza di alcune
tipologie di cancro. Le Brassicacee contengono glucosinolati e loro derivati, dal
caratteristico odore, che contribuirebbero a prevenire l’insorgenza di alcuni tumori. Le
Brassicacee sono le colture più praticate nel mondo, in termini di superficie, di produzioni e
di consumo. Costituiscono la più importante categoria produttiva in molti paesi: Europa
dell’Est (Russia, Polonia, Romania e Ucrainia), Asia dell’Est (Cina, Giappone e Corea del
Sud) e USA. La coltivazione di broccoli è molto diffusa in USA (in particolare in California) e
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in Italia. Il Cavolfiore è largamente coltivato invece in Cina ed India, ma non mancano
ampie coltivazioni anche in Europa: Francia, Italia, Inghilterra.
Carota (Daucus carota L.) è una pianta biennale, coltivata per la raccolta della sua radice
ispessita, che avviene già il primo anno. Privilegia suoli leggeri, arieggiati, capaci di
mantenere buoni livelli di umidità. Non tollera i suoli acidi e produce al meglio dopo
un’adeguata somministrazione di compost (30kg/100m2). Sono un po’ più difficili da
coltivare in biologico, rispetto ad altre colture, richiedono infatti macchinari specifici per la
messa a dimora, la sarchiatura e la raccolta, oltre ad interventi manuali di contrasto alla
flora spontanea. Tutto questo incide sul prezzo finale del prodotto. Possono essere coltivate
in filari alternati con cipolle e porri.
Pomodoro (Lycopersicum esculentum MILL.), privilegia suoli profondi, freschi e ben
drenati. Il fabbisogno nutritivo è elevato: richiede buone quantità di compost (30 kg/100 m2),
il sovescio verde è consigliabile anche per il controllo di parassiti e malattie (utilizzabile
anche per le colture protette). Consociato con cavolo, fagioli e sedano da’ ottimi risultati.
Può essere abbinato sulle file a nasturzio o senape.
Lattuga (Lactuca sativa L.), è una pianta erbacea annuale, con radice fittonante che
scende fino a 30-40 cm. Si adatta molto bene ai più diversi climi e stagioni, presenta
caratteristiche diverse a seconda delle cultivars coltivate. È possibile coltivarla anche ai
margini delle coltivazioni a ciclo lungo, quali pomodoro, cavolo o fragola. La lattuga a foglie
è la più facile da produrre, ma è altamente deteriorabile una volta raccolta e va quindi
commercializzata il prima possibile. Va inoltre soggetta a diverse problematiche
fitosanitarie, quale ad es. la Sclerotinia. Può aiutare la coltivazione su basi rialzate e ben
drenate (è infatti suscettibile allo sviluppo di fitopatie derivanti da eccesso idrico) e
l’inserimento in rotazioni colturali con grano, leguminose, patata, ecc.. Predilige terreni di
medio impasto, freschi, ben drenati, ricchi di sostanza organica, con bassa salinità (< 1%) e
PH compreso tra 6 e 7.
Cipolla (Allium Cepa L.), è una delle colture più antiche del mondo. Prima della messa a
dimora è consigliabile incorporare nel terreno almeno 30 tonnellate/ha di letame maturo o
compost. È possibile coltivare la cipolla in consociazione con carote, al fine di sfruttare
l’effetto repellente verso la mosca delle carote (Psila rosae).
Aglio (Allium sativum L.). E’ una pianta biennale, appartenente alla famiglia delle Liliacee. Il
primo anno si procede alla raccolta, mentre il secondo si conservano i semi. Le tre principali
varietà sono le seguenti: bianco, porpora e rosa. Richiede limitate quantità di fertilizzante.
Cucurbitacee - Zucchino (Cucurbita pepo), va considerata una pianta da rinnovo che,
accrescendosi e sviluppandosi molto velocemente, occupa il terreno per poco tempo. Non
va ripetuto sullo stesso appezzamento per più anni, ed è consigliabile inserirlo in rotazioni
almeno triennali, nelle quali non siano presenti colture della stessa famiglia (p. es. melone,
cetriolo, cocomero) o solanacee (pomodoro, melenzana, patata, peperone). Può essere
preceduta da cavolo, pisello, fava, porro, lattuga, fagiolo, cereali. Può essere seguita da:
carota, sedano, lattuga, porro. Una tecnica colturale particolarmente idonea nella
coltivazione biologica è la pacciamatura, la quale consente di gestire la flora spontanea,
limitare l’evaporazione dell’acqua dal terreno, maggiore precocità del ciclo vegetativo.
Zucca (Cucurbita maxima) può essere a cespuglio (lunghezza di 60-80cm) o rampicante
(lunghezza di 3-5 m). Presenta ampie foglie e richiede l’impollinazione degli insetti, che
quando risulta inadeguata porta ad una scarsissima fruttificazione.
IL FRUTTETO BIOLOGICO
La scelta del luogo di impianto del frutteto risulta decisiva per il successo della coltivazione.
Esso deve essere situato lontano da fonti di inquinamento (p. es. impianti frutticoli
convenzionali, strade trafficate, industrie, ecc.). In particolare è importante che le coltivazioni
non siano inquinate con prodotti chimici provenienti da altre aziende confinanti, per questo
vanno sempre rispettate le distanze di sicurezza indicate dall’ente di controllo. Così come è
pure importante che i suoli non contengano metalli pesanti al di sopra dei valori indicati
dall’Autorità per la protezione dell’ambiente. I frutteti hanno un ciclo vitale piuttosto lungo, per
cui è necessario effettuare in modo oculato la scelta delle cultivars da impiantare (ad es. varietà
locali sempre richieste dai consumatori), evitando scelte affrettate o legate a mode passeggere
(o a finanziamenti regionali di turno per l’espianto ed il reimpianto).
Dal punto di vista agronomico, gli interfilari vanno tenuti inerbiti per almeno nove mesi l’anno, al
fine di prevenire l’erosione.
“In aggiunta un frutteto organizzato con ampi spazi naturali contribuisce ad originare paesaggi
esteticamente piacevoli, particolarmente graditi alla clientela. L’habitat e le diverse componenti
70
degli spazi naturali riportati nell’elenco seguente, favoriscono inoltre lo sviluppo della
biodiversità e possono essere inserite nel frutteto o nei campi vicini”62.
− “Ruderal areas” sono cave di ghiaia, mucchi di pietra colonizzati da piante, ecc.. Alcuni
percorsi possono essere anche classificati come “ruderal areas”.
− “Species-rich Inter-rows”, miscuglio di graminacee ed altre piante, falciate a file alternate,
possono contribuire ad incrementare la presenza in campo di piante ed impollinatori.
Questa pratica è particolarmente adatta ai frutteti “low-traffic”.
− “Sandwich System”, il terreno viene lavorato e rimane aperto ai due lati della pianta.
Tuttavia, la striscia centrale rimane ricoperta da graminacee ed altra vegetazione. La
fioritura anticipata di queste essenze vegetali attira gli insetti impollinatori proprio sotto le
piante coltivate.
− “Artificial Shelters”, sono strutture economiche create per attrarre animali in via di estinzione
o comunque utili per il frutteto (nidi per uccelli, tronchetti di legno, cumuli di pietre, vasetti di
coccio interrati nel terreno, ecc.).
− “Standard trees” e “isolated trees” migliorano sia l’ambiente che il paesaggio..
− “Hedges” sono barriere costituite da piante autoctone ed arbusti raggruppati in una, o
meglio due, strisce di almeno tre metri l’una. Su queste strisce il suolo viene normalmente
ricoperto con materiale pacciamante.
− “Extensive grasslands” aree inerbite che non vengono concimate ma sono falciate almeno
due volte l’anno. Servono ad ospitare gli insetti impollinatori, creare foraggio per gli animali,
favorire lo sviluppo di fiori selvatici.
− “Wildflower strips” (strisce di terreno con piante selvatiche autoctone), favoriscono lo
sviluppo degli impollinatori e riducono le popolazioni di afidi.
Immagine 19: esempio di organizzazione di un frutteto (Fonte FIBL, 2005)
Riguardo al reperimento del materiale di propagazione per il frutteto dobbiamo purtroppo
evidenziare come i vivai biologici non siano ancora sufficientemente sviluppati in tuti i paesi
dell’Unione Europea. Spesso gli agricoltori sono quindi costretti ad acquistare piante ottenute
con il metodo convenzionale.
Normalmente devono passare tre anni prima che le produzioni possano essere vendute come
biologiche.
Per la gestione fitosanitaria del frutteto è importante impiantare cultivars autoctone,
maggiormente resistenti a parassiti e malattie.
La frutta coltivata ha un alto contenuto di acqua ed asporta relativamente pochi elementi nutritivi
del terreno in confronto ad altre coltivazioni. Di conseguenza, buona parte del fabbisogno
nutrizionale del frutteto può essere soddisfatto con la corretta gestione delle cover crops e con
la pacciamatura sulla fila con materiale organico. Il nuovo impianto va sostenuto con un apporto
di almeno 40-80 t/ha di fertilizzanti organici.
62
Organic Fruit Growing, Technical guide, FIBL/OACC, 2005 (www.fibl.org).
71
Considerata la lunghezza del ciclo vitale delle piante da frutto, i parassiti hanno tutto il tempo
per moltiplicarsi e specializzarsi, risulta prioritario pertanto costruire un “sistema frutteto” nel
quale vengano valorizzati gli antagonisti naturali dei parassiti. Per la difesa delle colture in
biologico è anche importante che le piante siano in buone condizioni di salute e di vigoria. Per le
piante da frutto è più facile intervenire sulle avversità che colpiscono foglie, rami, ecc., piuttosto
che su quelle che attaccano direttamente il frutto. Per esempio un albero di melo in ottima
salute, in caso di attacco sul frutto di Cydia pomonella, può perdere tutta la produzione. Mentre
se la stessa pianta subisce all’inizio della stagione un forte attacco parassitario che provoca una
forte defogliazione, può comunque compensare i danni con la propria vigoria, recuperare lo
stato di salute ed effettuare lo stesso anno una buona produzione di frutta.
È possibile ricorrere alla lotta biologica per difendere il frutteto: ad es. contro gli acari sono
impiegabili il Phytoseiulus persimilis ed il Metaseiulus occidentalis; contro gli afidi la coccinella
e la crisopa; contro la carpocapsa il Trichogramma wasps.
Una buona gestione delle cover crops e della vegetazione adiacente il frutteto, come ad es. le
siepi, consente agli insetti utili di svilupparsi e svolgere la propria azione positiva. È inoltre
importante creare con la potatura una buona circolazione di aria all’interno delle piante, per
diminuire il rischio di attacchi funginei; come è pure consigliabile collocare il frutteto in zone
ventose, con buona circolazione di aria. Per ridurre gli attacchi risulta anche efficace
l’asportazione dal campo dei residui della potatura, la rimozione delle piante infette e delle altre
possibili fonti di infezione.
3.4.b. Produzioni animali
Nelle aziende biologiche gli allevamenti svolgono una funzione determinante. È pertanto
doveroso premettere che in questo manuale, per motivi di spazio, non è stato possibile dedicare
all’argomento la rilevanza che meritava, ci siamo pertanto limitati a riportare le nozioni basilari,
invitando l’operatore ad approfondire la materia leggendo la normativa di riferimento ed i testi
riportati nella bibliografia. L’esperienza pratica sul campo farà il resto.
Il ruolo dell’allevamento in un’azienda agricola è strategico ai fini della gestione biologica delle
produzioni, le quali si basano sui principi dell’estensivizzazione e del legame imprescindibile tra
animali e terra (è pertanto, ovviamente, vietato l’allevamento senza terra).
Ricreare il rapporto terra-allevamento-terra è uno degli obiettivi che l’agricolture biologico deve
porsi: l’allevamento dipende dalla terra per l’alimentazione e la terra dipende dall’allevamento
per l’apporto di sostanza organica, indispensabile al mantenimento ed all’incremento della
fertilità.
È inoltre importante riscoprire il ruolo fondamentale del pascolo e del rispetto delle esigenze
fisiologiche e comportamentali degli animali.
La gestione biologica dell’allevamento deve tendere al rafforzamento della salute e delle
naturali capacità di resistenza degli animali, in modo tale da ridurre le esigenze di trattamenti
medicinali allopatici, preferendo, quando necessario e possibile, i trattamenti omeopatici o
fitoterapici.
Le norme da seguire sono dettate dai regolamenti comunitari n° 1804/1999 e n° 2277/2003,
che hanno completato per le produzioni animali il disposto normativo del Reg. CEE n° 2092/91.
Altre norme regolamentano aspetti specifici o riguardano solo l’Italia e pertanto verranno
esaminate di volta in volta. Generalmente tutti gli allevamenti presenti in un’azienda agricola
biologica devono rispettare le norme del biologico, è comunque possibile effettuare produzioni
parallele (convenzionale-biologico) a patto che venga praticata una netta separazione sia
delle stalle che dei pascoli e si tratti di specie diverse. Questo significa che non è possible
allevare contemporaneamente nella stessa azienda bovini da latte con entrambi I metodi di
produzione (convenzionale-biologico). È invece possibile allevare contemporaneamente, ad
esempio, bovini da latte con il metodo biologico e caprini con il metodo convenzionale, purchè
esista una netta separazione tra i due allevamenti, il pascolo avvenga pure separatamente e
l’ente di certificazione abbia verificato ed autorizzato il tutto. Se il pascolo certificato del
bestiame allevato con il metodo biologico viene usato pure dal bestiame allevato con il metodo
convenzionale, anche per quest’ultimo andranno osservate le norme sulla produzione estensiva
(fissate Reg. CE n° 950/97). Queste norme, al fine di ridurre l’inquinamento del terreno e delle
acque, stabiliscono che la densità degli allevamenti non può superare i 2 UBA (Unità Bestiame
Adulta) per ettaro. Viene anche prescritto che non vengano superati annualmente i 170 kg di
azoto per ettaro di SAU (Superficie Agricola Utilizzata). Qualora la SAU disponibile non sia
sufficiente ad assorbire il carico animale, è possibile stipulare un accordo di cooperazione con
altre aziende biologiche per lo smaltimento delle deiezioni animali.
È possible allevare gli animali su aree demaniali che non siano state trattate per almeno tre
anni con prodotti non consentiti dalla normativa del biologico
purchè siano state
preventivamente iscritte al regime di controllo comunitario e sottoposte al controllo di uno degli
72
enti di certificazione accreditati. Naturalmente devono essere rispettate tutte le regole viste in
precedenza, anche in termini di carico di bestiame per ettaro.
La normative non detta prescrizioni particolari nella scelta delle razze, comunque vanno
preferite quelle autoctone, che più delle razze ibride si adattano alle condizioni locali ed alla
produzione biologica. Essendo inoltre più rustiche ed essendo state selezionate nel tempo,
creano meno problemi dal punto di vista veterinario. Le razze tradizionali autoctone, adatte
all’allevamento estensivo, sono state gradualmente abbandonate dalla zootecnia convenzionale
a causa della loro minore produttività. Questo rappresenta un ulteriore vantaggio di mercato per
le produzioni biologiche, più facilmente riconoscibili dai consumatori, che sempre di più
richiedono produzioni tipiche di qualità certificate (soprattutto in tempi di gravi scandali
alimentari, che sempre di più mettono in luce i terribili trattamenti riservati agli animali negli
allevamenti intensivi convenzionali).
Fermo restando il rispetto delle norme viste in precedenza, è consentita la pratica della
transumanza (spostamento estivo degli animali nei pascoli montani).
Il bestiame deve essere alimentato con razioni a loro volta controllate e certificate biologiche,
che garantiscono sia l’ottenimento di produzioni di qualità che il benessere animale.
L’Alimentazione di base dei giovani mammiferi deve essere a base di latte naturale,
preferibilmente materno, e comunque tutti i mammiferi devono essere alimentati con latte
naturale per un periodo minimo che varia a seconda delle specie (3 mesi per bovini/bufali ed
equini, 45 giorni per ovini e caprini, 40 giorni per suini) ed è sensibilmente più lungo di quello
previsto per gli allevamenti convenzionali. Il latte artificiale non è consentito.
Trattandosi di animali erbivori è prescritto che passino il maggior tempo possibile ad alimentarsi
naturalmente nei pascoli, sempre che le condizioni del tempo lo permettano. Almeno il 60%
della materia secca di cui è composta la razione giornaliera deve essere costituita da foraggi
grossolani freschi, essiccati o insilati. Tuttavia l'organismo o l'autorità di controllo può
permettere, per gli animali da latte, la riduzione al 50% per un periodo massimo di 3 mesi
dall'inizio dell'allattamento.
Tutte le percentuali vengono calcolate annualmente in rapporto alla sostanza secca dei
mangimi di origine agricola.
Quando, in seguito ad avversità metereologiche eccezionali, la produzione di foraggio viene
persa le autorità competenti possono autorizzare nelle aree colpite e per un periodo di tempo
limitato una percentuale maggiore di alimenti convenzionali. In questo caso l’ente di
certificazione effettuerà i controlli del caso e rilascerà apposite deroghe scritte. Anche in questi
casi per gli alimenti convenzionali utilizzati nel biologico è richiesta una dichiarazione
accompagnatoria in cui il fornitore attesti che, per ogni partita, non sono presenti OGM.
Particolare cura deve essere impiegata nella programmazione della razione alimentare
giornaliera dei polli e dei maiali che deve ad es. garantire per i polli all’ingrasso la
somministrazione di almeno il 65% di cereali. Per assicurare la piena efficienza dell’apparato
digerente di polli e maiali è comunque necessario somministrare anche foraggio fresco e secco
o insilato. Per preparare un buon insilato è necessario utilizzare materiale di qualità e certificato,
senza l’aggiunta di additivi od integratori.
Eventuali alimenti provenienti da agricoltura convenzionale possono essere usati in caso di
necessità solo se previsti dalla normativa
Gli alimenti di origine animale (siano essi prodotti in convenzionale che in biologico) possono
essere usati esclusivamente se previsti dalla normativa, come nel caso del pesce o di altri
animali marini e del latte e dei suoi derivati. Sono sempre vietati invece i prodotti a base di
carne e derivati.
In linea generale tutte le esigenze alimentari degli animali devono essere soddisfatte con cibi
naturali, possibilmente assunti pascolando. In caso di carenze di minerali, ecc., possono essere
somministrate vitamine, pro-vitamine, additivi nutrizionali, scelti esclusivamente tra quelli
autorizzati dalla normativa vigente.
Alcune regole specifiche sono state dettate per gli enzimi, micro-organismi, antiagglutinanti e
coagulanti. Non può essere usato nell’alimentazione animale alcun antibiotico, anticoccidico,
medicinale, promotore dello sviluppo o qualsiasi altra sostanza che stimoli lo sviluppo o la
produzione. Tutta la razione alimentare deve essere esente da sostanze medicali sintetiche.
È completamente vietato l’uso di alimenti contenenti OGM.
Il metodo di gestione degli allevamenti deve essere naturale. A cominciare dalla riproduzione
che deve essere preferibilmente naturale, anche se è consentita l’inseminazione artificiale,
senza ricorrere però all’uso di sostanze artificiali, in quanto può in alcuni casi ridurre il rischio di
malattie veneree ed altre infezioni. Sono invece espressamente vietate altre forme di
riproduzione artificiale o assistita (ad es. il trapianto di embrioni).
È vietata la pratica sistematica di operazioni quali l'applicazione di anelli di gomma alle code
degli ovini, l'applicazione di anello al naso dei suini, la recisione della coda o dei denti, la
73
spuntatura del becco o la decornazione e ogni altro intervento mutilante a fini non
terapeutici. Alcune di queste operazioni possono tuttavia essere autorizzate dall'autorità' o
dall'organismo di controllo per motivi di sicurezza o al fine di migliorare la salute, il
benessere o l'igiene degli animali (Reg. CE 1804/99). Tali operazioni devono essere
effettuate sotto la responsabilità del veterinario aziendale, riducendo al minimo ogni
sofferenza per gli animali. Va comunque detto che secondo i decreti italiani di attuazione della
normativa comunitaria, sono ammesse solo la cauterizzazione dell’abbozzo corneale al di sotto
delle tre settimane di vita e la castrazione prima del raggiungimento della maturità sessuale.
Riguardo agli aspetti sanitari è da privilegiare un’accurata prevenzione rispetto alla cura delle
malattie, comunque quando l’animale si ammala o si ferisce è obbligatorio curarlo, ricorrendo
preferibilmente a prodotti fitoterapici od omeopatici. Se necessario per salvare la vita
dell’animale può essere effettuato un ciclo di trattamento con farmaci allopatici per quegli
animali che vivono mediamente meno di un anno, e fino a tre cicli per quelli che vivono più di
un anno.
Secondo la normativa europea i trattamenti antiparassitari, come pure le vaccinazioni, non sono
sottoposti a limitazione, mentre per l’Italia non sono permessi più di due trattamenti all’anno,
con l’obbligo di utilizzare sostenze con tempi di sospensione inferiori a dieci giorni. Sono del
tutto vietati i trattamenti preventivi con farmaci allopatici, sostanze di sintesi volte a stimolare la
crescita o la produzione, come pure ormoni destinati all’induzione e sincronizzazione dei calori.
Il benessere degli animali va assumendo sempre più rilievo nelle prassi zootecniche europee;
per quanto riguarda il biologico il Reg. CE n° 1804/99 detta norme precise circa la libertà di
movimento, le superfici stabulative ed il tipo di pavimentazione da adottare. In particolare viene
vietata la stabulazione fissa (tranne alcune eccezioni valide solo per le aziende più piccole che
non superano i 18 UBA) e si dispone che tutti gli animali possano accedere a pascoli od a
parchetti esterni, anche parzialmente coperti.
A causa degli alti costi necessari per costruire stalle conformi alla regolamentazione bio, viene
stabilita una deroga che consente di continuare ad usare fino al 31 dicembre 2010 (previa
autorizzazione dell’Ente di certificazione) i manufatti non rispondenti pienamente alla normativa
ma costruiti prima del 24 agosto 2000. In questo caso vanno ancor di più assicurati adeguati
esercizi degli animali all’esterno ed una loro cura particolare. Entro il 2010 l’operatore si deve
impegnare a provvedere all’adeguamento delle stalle.
Il bestiame deve essere tenuto in gruppi omogenei, il cui numero dipende dalla stazza degli
animali e dalle loro esigenze naturali. L’isolamento dei maschi è consentito esclusivamente per
motivi gestionali e di sicurezza.
È proibito adottare diete o creare le condizioni per cui gli animali possano divenire anemici. Gli
animali devono essere liberi di andare alla luce ed all’aria aperta.
Il trasporto deve essere ridotto al minimo, secondo il principio che è meglio trasportare i
prodotti piuttosto che gli animali. Nel caso si sia costretti a spostare gli animali, bisogna fare il
possibile per ridurne lo stress, sia durante il viaggio che durante le fasi di carico e scarico. Ogni
tipo di molestia deve essere evitata. È proibito usare stimolatori elettrici esercitanti azioni
coercitive sull’animale. È proibito l’uso di tranquillizzanti allopatici prima, durante e dopo il
trasporto. È possibile invece usare durante le fasi di carico e scarico il metodo “dal buio alla
luce” e il richiamo del cibo. I veicoli utilizzati per il trasporto devono essere puliti e proteggere gli
animali dal vento, dal freddo, ecc.. Durante i trasporti più lunghi è necessario provvedere alla
somministrazione di acqua. Tutte queste misure devono essere adottate anche durante il
trasporto al macello, dove le situazioni di stress devono essere ridotte al minimo
L’identificazione del bestiame e di tutti i loro prodotti deve avvenire lungo l’intera filiera,
dall’allevamento, alla lavorazione, al trasporto, fino al punto vendita. Per il pollami ed i piccoli
mammiferi l’identificazione può anche riguardare direttamente un determinato gruppo di animali.
Il numero di capi allevabile è legato alla superficie aziendale sulla quale andranno smaltite le
deiezioni, questo allo scopo di evitare l’inquinamento del terreno e delle falde sotterranee. Ove
necessario la densità di stabulazione prevista dalla regolamentazione comunitaria può essere
ridotta a causa di:
• Caratteristiche del suolo
• Utilizzazione di altri fertilizzanti azotati
• Grande disponibilità nei suoli di azoto per le coltivazioni
• coltivazioni che richiedono limitate quantità di azoto
• cause diverse che richiedono una somministrazione di azoto inferiore a quella prevista
(limite massimo) dalle tabelle ufficiali.
La densità di stabulazione per le specie animali non riportate nell’elenco del regolamento
comunitario, deve essere calcolata sulla base della quantità di letame prodotto e sulla sua
composizione. Se l’ente di certificazione o l’autorità competente stabiliscono norme specifiche
per questi animali, esse vanno rispettate.
74
È sempre possibile stipulare accordi per lo smaltimento delle deiezioni animali con altre aziende
biologiche che, ad esempio, dispongano di molto terreno e pochi capi allevati. In questo caso il
limite massimo di 170 Kg di azoto per ettaro per anno deve essere calcolato sulla base anche
della SAU messa a disposizione dalle aziende cooperanti.
I centri aziendali di stoccaggio dl letame devono essere costruiti in maniera tale (con drenaggio,
isolamento dal suolo, ecc.) da prevenire l’inquinamento del suolo e delle falde, soprattutto nei
periodi invernali, quando il loro accumulo è maggiore.
Locali di stabulazione ed aree esterne. In linea generale gli animali devono essere liberi di
pascolare all’aperto. Locali chiusi possono essere creati per i seguenti motivi:
• offrire riparo agli animali al pascolo
• offrire riparo quando insistono cattive condizioni meteorologiche (per es. inverni freddi)
• garantire agli animali determinate condizioni per brevi periodi (a seconda delle specie)
durante l’ingrasso
• garantire agli animali determinate condizioni per motivi di salute alla fine della gravidanza
• proteggere gli animali appena nati
• proteggere il pollame dai predatori (per es. Durante la notte.
In ogni caso le condizioni degli alloggi devono garantire il rispetto delle esigenze degli animali
(ad es. libertà di movimento e comodità). Nel caso delle mucche bisogna ad es. prevedere una
zona asciutta e protetta dal suolo in cui possano tranquillamente ruminare, avendo a
disposizione spazio sufficiente per tutte.
Alloggi (e spazi esterni liberi) devono prevedere zone attrezzate e facilmente raggiungibili per
l’alimentazione e l’abbeveraggio. Le costruzioni devono inoltre garantire:
• libera circolazione dell’aria
• ridotta polverosità
• temperatura appropriata
• umidità relativa adeguata all’aria
• naturale concentrazione di gas
I locali non devono impedire la naturale circolazione dell’aria e della luce. Le aree per gli
esercizi all’aperto, se necessario, devono offrire sufficiente protezione dalla pioggia, dal vento,
dal sole e dalle alte temperature. Questo può essere fatto prevedendo un adeguato numero di
alberi, siepi, capanne di paglia, ripari temporanei, ecc.. I locali coperti possono essere evitati
nelle zone con climi idonei alla vita all’aria aperta degli animali.
Immagine 20: area esterna per gli esercizi dei maiali
Densità degli allevamenti idonea ad evitare il sovraffollamento. La densità di stabulazione è
stabilita con precisamente dalla regolamentazione comunitaria ed è riportata nelle tabelle
seguenti.
75
Tabella 11: Estratto dell’Allegato VII del Reg. CEE n° 2092/91
N° Massimo di animali per ettaro
(equivalente a 170Kg N/ha/anno)
Classe o specie
Equini di oltre 6 mesi
2
Vitelli da ingrasso
5
Altri bovini di meno di 1 anno
5
Bovini maschi da 1 a meno di 2 anni
3,3
Bovini femmine da 1 a meno di 2 anni
3,3
Bovini maschi di 2 anni e oltre
2
Giovenche da allevamento
2,5
Giovenche da ingrasso
2,5
Vacche da latte
2
Vacche lattifere da riforma
2
Altre vacche
2,5
Coniglie riproduttrici
100
Pecore
13,3
Capre
13,3
Suinetti
74
Scrofe riproduttrici
6,5
Suini da ingrasso
14
Altri suini
14
Polli da tavola
580
Galline ovaiole
230
Tabella 12: Superfici minime coperte e scoperte ed altre caratteristiche di stabulazione per i differenti tipi di specie di
produzione (Estratto Allegato VIII Reg. CEE n° 2092/91).
1.
BOVINI, OVINI, SUINI
Superfici coperte
Superfici scoperte
(superficie netta disponibile per gli animali)
(spazzi liberi, esclusi pascoli)
2
Peso vivo minimo (Kg)
Bovini ed equine da allevamento e
destinati all’ingrasso
Suinetti
Suini da allevamento
m /per capo
1,5
2,5
4,0
5 con un minimo di 1 m2/100 Kg
6
10
1,5 per pecora/capra
0,35 per agnello/capretto
7,5 per scrofa
1,1
1,9
3
3,7 con un numero di 0,75 m2/100 kg
4,5
30
2,5
con 0,5 per agnello/capretto
2,5
Fino a 50
Fino a 85
Fino a 110
Oltre 40 giorni e fino a 30 kg
0,8
1,1
1,3
0,6
2,5 per femmina
6,0 per maschio
0,6
0,8
1
0,4
1,9
8,0
Vacche da latte
Tori da allevamento
Pecore e capre
Scrofe in allattamento con suinetti fino a
40 giorni
Suini da ingrasso
2
m /per capo
Fino a 100
Fino a 200
Fino a 350
Oltre 350
76
2.
POLLAME
Superfici scoperte
Superfici coperte
(superficie netta disponibile per gli animali)
N° di animali/m
2
cm di posatoio
per animale
Galline ovaiole
6
18
Pollame da ingrasso (in ricoveri fissi)
10, con un Massimo di
21 kg di peso vivo/m2
20 (solo per faraone)
Per nido
8 galline ovaiole per
nido o in caso di nido
comune 120
cm2/volatile
Pollame da ingrasso (in ricoveri
mobile)
16(*) in ricoveri mobile
con un Massimo di 30
kg di peso vivo/m2
(*) Solo nel caso di ricoveri mobile con pavimento di superficie non superiore a 150 m2 che restano aperti di notte.
(m2 in rotazione di sup. disp.
per capo)
2
m /capo
4, a condizione che non sia superato
il limite di 170 kg di N/ha/anno.
4 polli da ingrasso e faraone
4,5 anatre
10 tacchini
15 oche
In tutte le specie summenzionate non
deve essere superato il limite di 170
kg di N/ha/anno.
2,5, a condizione che non sia
superato il limite di 170 kg di
N/ha/anno.
Tutte queste limitazioni non dipendono solo dalle specie ma anche dalla razza e dall’età degli
animali. Gli alloggi devono prevedere spazi liberi esterni. Se necessario le costruzioni già
esistenti vanno modificate per garantire il rispetto di questa condizione. La densità ottimale è
prevista per garantire il benessere degli animali e deve pertanto consentire di:
• disporre di spazio sufficiente per garantire agli animali di alzarsi normalmente;
• assumere agevolmente una posizione di riposo;
• girare su se stessi;
• pulirsi da soli;
• assumere una postura naturale;
• fare tutti i movimenti naturali come allungarsi o sbattere le ali.
Vediamo ora cosa prevede la normativa in modo specifico per alcune specie animali.
• Mammiferi – la normativa prevede che gli animali debbano poter accedere ai pascoli, agli
spiazzi liberi, ai parchetti all’aria aperta ogni qualvolta lo desiderino e le loro condizioni
fisiologiche, le condizioni climatiche e lo stato del terreno lo consentano. Gli animali
possono essere tenuti lontano dal pascolo quando l’autorità competente emani
provvedimenti specifici in occasione di allarmi sanitari. Le suddette norme vanno applicate
anche ai tori se hanno più di un anno. Essi devono poter accedere anche ad aree aperte
per effettuare esercizi o correre. In momenti particolari della loro vita, per esempio nella
fase finale della gravidanza o durante la fase finale dell’ingrassamento, bovini, suini ed ovini
da carne possono essere tenuti all’interno dei loro alloggi, che devono soddisfare i bisogni
degli animali. Comunque questo periodo non può superare un quinto della loro vita e al
massimo può durare tre mesi.
Gli alloggi devono avere un pavimento liscio ma non
sdrucciolevole. Almeno metà della superficie del pavimento deve essere continua, coè non
fessurata o grigliata. Inoltre per l’Italia il DM del 4.08.2000 “Modalità d’attuazione del
regolamento (CE) n. 1804/99, sul metodo delle produzioni animali biologiche” prevede che
la superficie a pavimento fessurato non debba superare il 50% di quella minima indicata
nell’allegato VIII del Teg. CE 2092/91. E’ infine obbligatoria la predisposizione di una zona
di riposo a pavimento pieno, con una lettiera di paglia o di altri materiali naturali. Per i suini
è previsto che alle scrofe in gestazione siano assegnati box collettivi con zona di riposo a
lettiera nel periodo di attesa del calore e nella prima fase della gestazione. Non è ammesso
l’utilizzo di gabbie singole, al fine di facilitare il controllo e l’intervento sugli animali oltre che
per limitare l’incidenza di aborti traumatici. Per il settore di svezzamento è vietato altresì
l’utilizzo di gabbie. Per la fase finale di ingrasso (circa due mesi per i suini pesanti da
salumificio) non è previsto l’obbligo di accesso ai pascoli o ai paddock esterni.
• Pollame – La normativa prevede che il pollame sia allevato in spazi aperti e non possa
essere rinchiuso in gabbia. Gli uccelli acquatici devono poter accedere agli specchi
d’acqua, naturali od artificiali, quando le condizioni metereologiche lo permettano,
garantendo le condizioni igieniche ottimali e rispettando il benessere animale. I ricoveri per
il pollame devono soddisfare le seguenti condizioni minime:
• almeno un terzo deve essere solido, vale a dire non composto da assicelle o da
graticciato, e dev'essere ricoperto di lettiera composta ad esempio di paglia, trucioli di
legno, sabbia o torba;
• nei fabbricati adibiti all'allevamento di galline ovaiole una parte sufficiente della
superficie accessibile alle galline deve essere destinata alla raccolta degli escrementi;
77
•
devono disporre di un numero sufficiente di posatoi di dimensione adatta all'entità del
gruppo e alla taglia dei volatili come stabilito nell'allegato VIII del Reg. CEE 2092/91;.
• devono essere dotati di uscioli di entrata/uscita di dimensioni adeguate ai volatili, la cui
lunghezza cumulata è di almeno 4 m per 100 m2 della superficie utile disponibile per i
volatili;
• ciascun ricovero può contenere al massimo i seguenti capi (… ovviamente non tutti
assieme!): 4 800 polli, 3000 galline, 5200 faraone, 4000 femmine di anatra muta o di
Pechino, 3200 maschi di anatra muta o di Pechino o altre anatre, 2500 capponi, oche o
tacchini.
• La superficie totale utilizzabile dei ricoveri per il pollame allevato per la produzione di
carne per ciascuna unità di produzione non deve superare i 1 600 m2.
Per le galline ovaiole la luce naturale può essere completata con illuminazione
artificiale in modo da mantenere la luminosità per un massimo di 16 ore giornaliere, con un
periodo continuo di riposo notturno senza luce artificiale di almeno 8 ore.
Il pollame deve poter accedere a parchetti all'aperto ogniqualvolta le condizioni climatiche lo
consentano e, nei limiti del possibile, per almeno un terzo della sua vita. I parchetti devono
essere in maggior parte ricoperti di vegetazione, essere dotati di dispositivi di protezione e
consentire agli animali un facile accesso ad un numero sufficiente di abbeveratoi e
mangiatoie.
Segnaliamo infine che il Reg. CE n° 699/2006 del 5 maggio 2006 alla luce delle
preoccupazioni circa la diffusione dell’influenza aviaria ha stabilito che il pollame possa
essere tenuto al chiuso qualora determinate restrizioni, anche di ordine venatorio, introdotte
sulla base della normativa comunitaria al fine di proteggere la salute pubblica o animale,
vietino o limitino l’accesso del pollame a parchetti all’aperto. Il pollame tenuto al chiuso
deve avere permanentemente accesso a quantità sufficienti di foraggi grossolani e di
materiali adatti a soddisfare le sue necessità etologiche.
Nell'intervallo tra l'allevamento di due gruppi di volatili si procederà ad un vuoto sanitario,
operazione che comporta la pulizia e la disinfezione del fabbricato e dei relativi attrezzi.
Parimenti, al termine dell'allevamento di un gruppo di volatili, il parchetto sarà lasciato a
riposo per il tempo necessario alla ricrescita della vegetazione e per operare un vuoto
sanitario. Gli Stati membri stabiliscono il periodo in cui il parchetto deve essere lasciato a
riposo e comunicano la loro decisione alla Commissione e agli altri Stati membri. Questi
requisiti non si applicano a piccole quantità di pollame che non sia chiuso in un parchetto e
che sia libero di razzolare tutto il giorno.
Salute degli animali
La prevenzione costituisce l’aspetto più importante del lavoro veterinario. Gli animali che vivono
nelle aziende biologiche in ottime condizioni, senza stress, sviluppano un forte sistema
immunitario.
Immagine 21: esempio di spazio
all’aperto dove fare esercizio
Immagine 22: momento di relax
per bufali in allevamento bio
Nel caso in cui, nonostante un’accurata prevenzione, gli animali abbiano bisogno di trattamenti
veterinari, sono preferibili le terapie naturali.
78
Le “Terapie alternative” si rifanno a metodi non utilizzati (se non raramente) nella moderna
medicina occidentale. In una pubblicazione recente sono state censite ben 278 tipologie di
terapie naturali. Va comunque precisato che per la maggior parte di esse non esiste una
validazione scientifica. Comunque molti veterinari stanno avvicinandosi a questo tipo di terapia
che non provoca effetti secondari, non lascia residui chimici nell’organismo, è eco-compatibile.
Vediamo di seguido le principali.
− Agopuntura. Questa terapia di origine cinese, nata oltre un migliaio di anni fa, oggi viene
applicata principalmente su animali di piccola taglia, ma è in aumento l’uso anche su
animali di taglia superiore. La prima applicazione dell’agopuntura agli animali risalirebbe al
900 a.c., in Cina, solo nel secolo scorso è giunta però in Europa ed in America. La parola
“agopuntura” ha origine latina (acus= ago + pungere) e si riferisce appunto alla
stimolazione terapeutica effettuata con aghi. La stimolazione dei punti di pressione del
corpo può essere effettuata con aghi, calore, laser, elettricità o iniezione di soluzione salina.
La medicina tradizionale cinese ritiene che l’organismo vivente sia un sistema energetico
aperto in cui le perdite di energia causino le malattie. Una malattia sarebbe quindi il risultato
di uno scompenso energetico dell’organismo; l’obiettivo del trattamento è quello di ristabilire
l’equilibrio naturale. Molte popolazioni nel mondo si sono occupate degli effetti fisiologici e
farmacologici dei trattamenti terapeutici. È sempre più certo che ci siano più filamenti nei
punti di pressione del corpo, nei quali la resistenza elettrica della pelle è maggiore e la
relativa diffusione di CO2 è più intensa. L’agopuntura viene utilizzata anche a scopi
anestetici. Esistono in letteratura molti casi in cui è stata applicata con successo sugli
animali. In agricoltura biologica viene utilizzata per i trattamenti veterinari in caso di
allergie, problemi alle cartilagini, coliche negli equini, difficoltà riproduttive nei bovini,
mastiti, prevenzione di diarree nei suini, problemi riproduttivi nelle avicole. L’agopuntura
non può essere impiegata nei casi in cui necessiti l’intervento chirurgico.
− Fitoterapia. L’uso medico delle erbe risale alla preistoria. In questo campo le conoscenze
sono comunque in continua evoluzione. Le erbe vengono utilizzate per i medicamenti,
l’industria farmaceutica e la preparazione di infusi. Non si tratta di pozioni magiche ma
dell’uso appropriato dei principi attivi estratti sia dalle piante selvatiche che da quelle
coltivate. I principi attivi possono avere effetti molteplici e curare diverse malattie. Tra gli
agenti più diffusi ci sono gli alcaloidi, residui delle reazioni alcaline contenenti azoto, nelle
erbe sotto forma di Sali. Ne esistono di sedativi, anestetici, stimolanti: ad es. segale cornuta
(Claviceps purpurea), Giusquiamo nero (Hyoscyamus niger), semi di cacao, semi di caffè,
papavero indiano, radici di Belladonna. I residui dei cristalli che contengono zucchero e non
azoto sono i glicosidi. Essi agiscono sul cuore, svolgono funzione lassativa, espettorante e
diuretica: ad es. vischio (Viscum album), radici di rabarbaro, radici di ginseng, fiori di tiglio,
ononide (Ononis spinosa). Le Saponine sono invece sostanze simili ai glicosidi che
stimolano la secrezione delle mucose, lungo le vie respiratorie, nello stomaco ed aiutano
l’intestino ad assorbire altri agenti, quali ad es. liquirizia, germogli di grano, saponaria,
poverina. Le essenze amare, quali achillea millefoglie, centaurea minore, tarassaco, cicoria
selvatica, sono residui organici utilizzati come lassativi, agiscono su fegato e bile. Alcuni tipi
di Té, ricavati da droghe contenenti acido tannico, per esempio bardana, foglie di ciliegio,
foglie di noci, foglie di castagno, gambi e foglie di sinfito, sono usati per guarire lo stomaco
e le mucose intestinali, infiammazioni delle viscere. Gli oli essenziali od aromatici, ad
esempio: anice, foglie di alloro, menta peperita, balsamo di limone, finocchio, camomilla,
valeriana, rosmarino, sono sostanze odorose ricavate dai vapori di distillazione che hanno
effetti diuretici, vermifughi, battericidi. Alcuni ricercatori stanno studiando gli effetti
dell’integrazione del foraggio con agenti naturali quali erbe ed oli essenziali. Diversi prodotti
sono oggi utilizzati su molte specie animali. L’obiettivo è quello di ridurre l’uso di prodotti
chimici di sintesi (fino ad eliminarli del tutto) dalle pratiche veterinarie. L’utilizzo delle terapie
alternative consente di salvaguardare la qualità delle carni, che, oltre ad essere più buone,
non conterranno residui di prodotti chimici ed altre sostanze nocive alla salute umana.
− Terapia Aiurvedica (ayush significa “vita” veda significa “conoscenza”). Questa pratica
risale a più di 5000 anni fa, originaria dell’India, ed è alla base di molte altre pratiche
sviluppatesi nel tempo. Fonde l’antica saggezza con la scienza moderna, i regolatori del
sistema immunitario ricavati dalle piante hanno attratto l’attenzione degli scienziati di tutto il
mondo. Esisterebbero circa 65 erbe naturali con poteri immuno-regolatori, delle quali circa
36 provengono dall’india. I prodotti ricavati da queste erbe aprono nuove strade alternative
per il rafforzamento del sistema immunitario degli animali. In India il metodo Aiurvedico è
utilizzato da oltre cento anni quale terapia veterinaria. È stata provata la sua efficacia nella
cura di certe disfunzioni del metabolismo, immunodeficienze, malattie della pelle ed allergie.
Alcuni prodotti sono particolarmente raccomandati per prevenire le malattie del pollame.
79
−
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−
Essi rafforzano il sistema immunitario, riducono lo stress in caso di vaccinazioni, trattamenti
medici, cambiamenti di tempo, trasporto, e favoriscono il recupero dopo la malattia,
migliorando anche l’assimilazione degli alimenti. Esiste anche un formulato contro
l’intossicazione del fegato. È stata provata l’efficacia dei prodotti usati come stimolatori
naturali dello sviluppo delle galline ovaiole e dei polli da carne.
Batteri produttori di acido lattico. La medicina veterinaria utilizza pro-biotici contenenti
batteri che producono acido lattico. È risaputo che nei grandi allevamenti le malattie più
diffuse sono quelle dell’apparato digerente, dove proliferano enteropatogeni, soprattutto
dopo trattamenti a base di antibiotici che hanno indebolito il sistema immunitario, che
possono provocare infiammazioni intestinali, fino alla morte. Molti batteri che producono
acido lattico funzionano come bio-regolatori. Per esempio essi possono ristabilire l’equilibrio
intestinale, attraverso l’acidificazione che impedisce il proliferare degli agenti patogeni.
Omeopatia è una parola di origine greca (hòmoios significa “simile” pàthos significa
“sofferenza”). La teoria e la pratica della terapia omeopatica sono state formulate dal
medico tedesco Samuel Hahnemann all’inizio del diciannovesimo secolo. Hahnemann
osservò che il chinino usato come cura della malaria provocava nelle persone addette alla
sua produzione gli stessi sintomi della malaria. Così nacque la formulazione della teoria
“similia similibus curantur” (Il simile cura il simile), sulla quale si fonda l’omeopatia. In sintesi
questa teoria sostiene che le malattie guariscono con i rimedi che provocano in un individuo
sano i sintomi della malattia stessa. Questa viene considerata da Hahnemann come una
perturbazione della “forza vitale” dell’uomo; la cura quindi consisterebbe essenzialmente
nella riattivazione della forza vitale attraverso la somministrazione al malato di piccole
quantità di opportune sostanze precedentemente dinamizzate, ovvero sottoposte ad un
procedimento di diluizione e potenziamento che serve a renderle attive. In questo modo
l’organismo riattiva i meccanismi protettivi, ristabilendo il suo regolare equilibrio biologico.
Questa metodica segue quindi principi del tutto contrari alla moderna medicina allopatica,
che mira innanzitutto a curare i sintomi, senza preoccuparsi dello stato di equilibrio generale
dell’organismo del malato. Nel 1821 Hahnemann individuò nel suo “Materia Medica” circa
100 rimedi omeopatici; oggi dopo duecento anni di applicazione se ne contano oltre 2000.
In larga parte si tratta di estratti vegetali, ma ci sono anche minerali e prodotti di origine
animale. Oggi circa l’80-90% delle malattie degli animali può essere curato con pratiche
veterinarie ampiamente collaudate, basate su rimedi omeopatici. Anche il numero dei
veterinari adeguatamente formati è in continua crescita. L’omeopatia può essere impiegata
in agricoltura biologica sia per la cura dei singoli animali che di intere popolazioni di animali.
Fisioterapia. Oltre che nella medicina umana, la fisioterapia è stata adottata anche dalla
medicina veterinaria, sia per i grandi che per i piccoli animali. Molti pensano che il successo
di questa metodologia sia legato all’uso di “macchine meravigliose”. Gli specialisti precisano
invece che è necessario anche un allenamento specifico. La fisioterapia è consigliata
principalmente per i muscoli e le ossa che sono stati danneggiati, sia a causa di un evento
traumatico (frattura, rottura dei legamenti, ecc.) che per la presenza di ascessi, ematomi,
edemi. Naturalmente il tipo di trattamento da effettuare nel biologico è strettamente legato
al disordine da curare: terapia del calore, della compressione, degli ultrasuoni, ecc.. Gli
effetti generali provocati dai trattamenti fisioterapici includono l’aumento della circolazione
sanguigna, la stimolazione intercellulare, modifiche del metabolismo (come vasodilatazione
e vasocostrizione), effetti analgesici, ecc.. è consigliabile effettuare alcune applicazioni
dopo gli interventi chirurgici. L’efficacia del trattamento dipende anche dall’applicazione di
creme, impacchi di erbe, ecc.. Va comunque precisato che la fisioterapia non è
raccomandata solo in seguito a gravi eventi od infezioni.
3.4.c. Conservazione e trasformazione degli alimenti
Il Regolamento comunitario 2092/91 definisce la “preparazione” dei prodotti biologici come
quelle operazioni di conservazione e/o di trasformazione di prodotti agricoli (compresa la
macellazione e il sezionamento per i prodotti animali) nonché il condizionamento e/o modifiche
apportate all'etichettatura relativamente alla presentazione del metodo di produzione biologico.
La normativa comunitaria del biologico rappresenta un punto di incontro tra la richiesta dei
consumatori di avere prodotti totalmente naturali e le esigenze produttive. Di conseguenza le
norme non escludono l’utilizzo di ingredienti di origine extra-agricola (additivi alimentari, acqua,
sale, preparati a base di micro-organismi e minerali), anche se ne viene fortemente circoscritto
l’utilizzo. Lo stesso avviene per le sostanze necessarie per la preparazione delle derrate
alimentari che utilizzano prodotti agricoli da agricoltura biologica.
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Immagine 23: la produzione biologica di mozzarella
prevede un uso elevato di acqua
La sezione A e la sezione B dell’allegato VI al regolamento comunitario 2092/91 contengono
l’elenco di tutti gli ingredienti e gli ausiliari di fabbricazione che possono essere usati nella
preparazione dei prodotti alimentari. Oltre queste limitazioni l’art. 5 del regolamento vieta
espressamente l’uso di OGM e di radiazioni ionizzanti. Inoltre, al fine di evitare frodi, viene
stabilito che nello stesso prodotto non può esserci lo stesso ingrediente ottenuto sia con
metodo biologico che convenzionale.
Analizziamo di seguito alcuni processi usati per conservare questo tipo di prodotti, nel rispetto
della normativa comunitaria.
• Tecniche di raffreddamento. L’evoluzione del settore della distribuzione e
commercializzazione delle produzioni agricole richiede una serie di accorgimenti volti a
salvaguardarne le caratteristiche organolettiche, nutrizionali ed igienico-sanitarie dei
prodotti, per il maggior tempo possibile. Il raggiungimento degli obiettivi prefissati dipende
dal corretto utilizzo delle tecniche di raffreddamento, basato su tre principi:
1. Usare prodotti di alta qualità, perchè l’uso delle tecniche di raffreddamento non
migliorerà le caratteristiche della materia prima scadente;
2. raffreddare il più rapidamente possibile, al fine di evitare la decomposizione dei prodotti;
3. Non interrompere la catena del freddo.
• Refrigerazione. Consente di mantenere il prodotto a temperature basse, senza giungere
però al loro congelamento. La refrigerazione avviene con un’unica operazione iniziale di
raffreddamento e va mantenuta costante. Il prodotto rimane nelle stesse condizioni per un
periodo più o meno lungo, dipendente esclusivamente dalle caratteristiche del prodotto
stesso. Questo processo viene usato normalmente anche come metodo di conservazione
intermedio, in attesa che venga applicato quello definitivo. Il vantaggio di questo metodo
consiste nella conservazione del gusto del prodotto e delle sue caratteristiche
organolettiche e nutrizionali; la refrigerazione inoltre permette di ritardare le reazioni
chimiche ed enzimatiche e lo sviluppo microbico.
• Congelamento. Consiste nel portare l’alimento al di sotto del punto di congelamento. Il
congelamento del prodotto avviene in due steps: il processo di congelamento vero e proprio
e la conseguente fase di mantenimento. È da evidenziare come l’energia necessaria per
trasformare l’acqua presente nel prodotto in ghiaccio sia molto maggiore di quella
necessaria per il mantenimento dello stesso prodotto congelato. Il congelamento avviene in
un lasso di tempo molto breve ed è un metodo efficace di controllo della decomposizione.
D’altro canto però il processo può provocare effetti indesiderati apportando modificazioni
all’alimento. Frutta e verdura, per esempio, assumono una struttura differente in seguito allo
scongelamento, a causa della morte di alcuni tessuti. Tuttavia alcuni prodotti tollerano
perfettamente il congelamento: ad esempio la carne, se correttamente immagazzinata e
scongelata, non presenta modificazioni di rilievo rispetto al prodotto fresco.
• Trattamento termico. Questa tecnica si basa sull’uso di temperature che fermano lo
sviluppo dei micro-organismi. L’uso del calore può distruggere la flora microbica degli
alimenti ma può anche influire negativamente sulla loro qualità, comportando modificazioni
organolettiche e cambiamenti nel colore e nel sapore. Risulta determinante per il successo
81
•
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•
•
•
•
del trattamento la conoscenza della temperatura alla quale resistono i microrganismi e la
sensibilità al calore del prodotto. Conoscendo questi valori sarà possibile impostare l’esatto
binomio temperatura/tempo di trattamento. Il trattamento termico controllato si adatta a
molteplici alimenti ma va adattato alle diverse tipologie di prodotto per ottenere I migliori
risultati ed evitare effetti indesiderati.
Sbollentatura: consiste nell’immergere nell’acqua bollente o trattare con il vapore per brevi
periodi la frutta e la verdura. Il prodotto andrebbe immediatamente raffreddato al fine di
evitare la modificazione dei tessuti e la perdita di qualità. Solitamente questa tecnica è
applicata alla frutta ed alla verdura prima di procedere al loro congelamento. Lo scopo è
quello di rimuovere i gas dai tessuti, inattivare gli enzimi, disinfettare esternamente
l’alimento, fissare il colore.
Pastorizzazione: è un trattamento termico (effettuato con dei macchinari chiamati appunto
pastorizzatori) che distrugge la parte vegetativa (non le spore) dei microrganismi delle
derrate alimentari. Gli alimenti pastorizzati hanno una durata limitata, per cui questo
trattamento andrebbe abbinato ad altri metodi di conservazione, quali il raffreddamento o la
chiusura ermetica per evitare possibili contaminazioni. In questo modo le caratteristiche del
prodotto saranno preservate, comprese il gusto, il colore, il potere nutrizionale e la struttura.
Il prodotto avrà comunque una durata piuttosto breve.
Sterilizzazione: l’alimento viene sottoposto a temperature elevate (utilizzando dei
macchinari chiamati appunto sterilizzatori) che portano alla distruzione di tutti i
microrganismi, compresi quelli piu resistenti, e degli enzimi. Gli alimenti trattati con questo
metodo dovrebbero essere siggillati in contenitori ermetici. Gli alimenti sterilizzati possono
essere conservati per lungo tempo a temperatura ambiente. Il trattamento produce però
effetti negativi sulla qualità dell’alimento, riducendone il valore nutrizionale e cambiandone
alcune caratteristiche organolettiche.
Essiccazione. Consiste nell’eliminazione dell’acqua presente all’interno di un alimento. La
mancanza di acqua impedisce ai microrganismi di svilupparsi e moltiplicarsi all’interno
dell’alimento. L’essiccazione è un processo complesso di trasferimento di calore e masse,
che dipende da molte variabili esterne, quali la temperature e l’umidità, e da variabili legate
all’alimento, quali struttura, composizione chimica, peso, ecc.. In questo processo l’aria
svolge la funzione di trasferimento del calore all’alimento, causandone la perdita di acqua
per evaporazione. Allo stesso tempo l’aria funge da mezzo di trasporto del vapore acqueo
liberato dall’alimento in fase di essiccazione.
Acidificazione: ostacola lo sviluppo dei microrganismi responsabili della decomposizione
dell’alimento. Questo metodo di conservazione si basa sullo sviluppo della fermentazione
microbica che provoca una diminuzione del PH. I microrganismi utilizzati nei processi di
fermentazione sono generalmente lieviti o batteri. Questi sviluppandosi rapidamente
produrranno gli enzimi che saranno essenziali per i processi chimici. Possono essere usati
diversi tipi di fermentazione, ma i più importanti sono i metodi alcolici, lattici ed acetici. Se si
vuole conservare l’alimento con l’acido, possono essere usati quelli propionico, acetico,
lattico, citrico.
Utilizzo di zucchero e sale. Questi processi chimici si basano sull’aggiunta di zucchero o
sale all’acqua del prodotto. L’aggiunta di zucchero aumenta la pressione osmotica
ritardando lo sviluppo microbico, ma non distrugge i microrganismi. Il sale svolge invece le
seguenti funzioni: disidratazione causata dalla pressione osmotica che provoca la
liberazione dell’acqua nell’alimento; conservazione e regolazione dei processi fermentativi.
Il sale è inoltre un minerale gradito all’uomo. Il sale può essere applicato a strati alternati
con gli alimenti. Si può altrimenti ricorrere alla salamoia, con l’immersione dell’alimento in
una soluzione salina, con conseguente assorbimento del sale da parte dell’alimento stesso.
L’imballaggio degli alimenti svolge diverse funzioni lungo l’arco della vita del prodotto:
protegge dai danni cui potrebbe incorrere durante il trasporto, lo stivaggio in deposito o nel
luogo di consumo. L’imballaggio dovrebbe ritardare od evitare la decomposizione
dell’alimento legata all’interazione con l’ossigeno, dovrebbe anche proteggere l’alimento
dalla luce e dai microrganismi. Dovrebbe inoltre garantire la composizione degli alimenti, il
valore nutrizionale e le sue qualità organolettiche. La confezione consente di movimentare
gli alimenti, spesso in parti differenti del mondo ed in stagioni diverse. Il packaging
dovrebbe essere compatibile con il prodotto, assicurandone l’integrità, senza modificarne
gusto, aroma, ecc.. Sulla confezione devono essere riportate tutte le informazioni per il
consumatore sulle caratteristiche del prodotto, la sua conservabilità e le modalità d’utilizzo.
L’imballaggio dovrebbe infine essere riciclabile.
82
GLOSSARIO
A
−
AGENTI PATOGENI (batteri, virus, funghi), usati nella lotta biologica, sono microrganismi
in grado di causare nel fitofago una malattia mortale. Virus e batteri agiscono in seguito ad
ingestione danneggiando solitamente gli organi intestinali dell’insetto, mentre i funghi
penetrano nel fitofago dalla cuticola moltiplicandosi a spese degli organi interni. L’agente
patogeno più diffuso e conosciuto è il Bacillus thuringiensis. È un batterio aerobico,
sporiforme, disponibile in varie forme (kurstaki, aizawai, israeliensis e tenebrionis).
−
AGOPUNTURA, terapia di origine cinese, basata sulla stimolazione terapeutica con aghi,
usata in agricoltura biologica per i trattamenti veterinari in caso di allergie, problemi alle
cartilagini, coliche negli equini, difficoltà riproduttive nei bovini, mastiti, prevenzione di
diarree nei suini, problemi riproduttivi nel pollame.
−
AGRICOLTURA BIODINAMICA, nata in seguito ad una serie di conferenze di successo
svolte nel 1924 dal filosofo austriaco Rudolf Steiner, considera l’azienda come un
organismo agricolo, sul quale lavorare per ristabilire le condizioni di equilibrio e di armonia
con la natura. È il più antico movimento agricolo non convenzionale ed è diffuso in tutto il
mondo.
−
AGRICOLTURA BIOLOGICA, “… è un sistema olistico di gestione della produzione che
persegue l’equilibrio dell’eco-sistema, inclusa la biodiversità, rispetta i cicli naturali e l’attività
biologica del suolo. I metodi di produzione biologica privilegiano il ricorso a misure
agronomiche piuttosto che all’utilizzo di inputs extra aziendali, in considerazione del fatto
che caratteristiche locali richiedono sistemi locali di gestione. Questo deve avvenire con
l’uso, dove possibile, di metodi agronomici, biologici e meccanici, in antitesi all’utilizzo
indiscriminato di mezzi tecnici, per far fronte alle diverse esigenze produttive.” (Definizione
tratta dal Codice Alimentare).
−
AGRICULTURA CONVENZIONALE, sistema agricolo industriale caratterizzato da alta
meccanizzazione, monoculture ed utilizzo di inputs chimici di sintesi quali fertilizzanti e
pesticidi, massimizzazione della produttività e dei profitti. L’agricoltura industrializzata è
divenuta “convenzionale” solo negli ultimi sessanta anni, in seguito alla sua grande
diffusione dopo la seconda guerra mondiale. Gli effetti di questo tipo di agricoltura
sull’ambiente e sulle aree rurali sono stati tremendi, con ampie zone inquinate,
desertificazione e danni alla salute degli operatori e dei consumatori.
−
AGRICOLTURA NATURALE riflette l’esperienza dell’agricoltore-filosofo giapponese
Masanobu Fukuoka. I suoi libri, “The One-Straw Revolution: An Introduction to Natural
Farming” (Emmaus: Rodale Press, 1978) e “The Natural Way of Farming: The Theory and
Practice of Green Philosophy” (Tokyo; New York: Japan Publications, 1985), descrivono
quella che Fukuoka chiama la “non coltivazione”. Il suo metodo agricolo prevede appunto il
poco lavoro e la non coltivazione, non contempla l’uso di concimi, pesticidi ed altri inputs.
Nonostante questo la produttività viene assicurata da una perfetta organizzazione aziendale
e dall’adozione di accurate tecniche di semina e combinazione delle piante (policoltura). In
breve Fukuoka ha portato ai più alti livelli l’arte pratica del lavorare in sintonia con la natura.
−
AGRICOLTURA SOSTENIBILE, si riferisce ai sistemi agricoli compatibili con l’ambiente,
economicamente convenienti e socialmente giusti, capaci di garantire la produttività nel
lungo periodo. Sicuramente l’agricoltura biologica è un sistema di agricoltura sostenibile,
come pure lo è, ad esempio, l’agricoltura biodinamica.
−
AGROECOLOGIA, è lo studio delle interrelazioni esistenti all’interno del campo coltivato,
sia tra gli organismi viventi che tra loro e l’ambiente.
−
AGRO-ECOSISTEMA, è l’eco-sistema del campo coltivato, un’insieme dinamico di
coltivazioni, pascoli, allevamenti, flora e fauna spontanea, atmosfera, suolo e acqua. Gli
agro-ecosistemi sono inseriti all’interno di più ampi paesaggi, che includono terreni non
coltivati, sistemi di drenaggio, le comunità rurali e la fauna selvatica.
83
−
APPROCCIO OLISTICO è un approccio decisionale che permette di effettuare scelte che
soddisfino i bisogni immediati senza compromettere il benessere futuro. Questo tipo di
approccio consente alle persone di tramutsre in azioni concrete i propri valori più radicati.
Utilizzando una visione complessiva e di lungo termine, le persone possono prendere
decisioni ed attuare comportamenti che saranno economicamente, ambientalmente e
socialmente sostenibili anche per le generazioni future. L’agricoltura biologica richiede,
chiaramente, un approccio olistico.
−
ATTIVITA’ BIOLOGICA, è un importante indicatore della decomposizione della sostanza
organica nel suolo. Un’elevata attività biologica promuove il metabolismo tra suolo e pianta
ed è fondamentale per la produzione sostenibile delle piante e la gestione della fertilità.
−
AUDIT è un’analisi sistematica ed indipendente che serve a determinare se le attività ed i
relativi risultati soddisfino gli obiettivi programmati.
B
−
BACILLUS THURINGIENSIS, è il preparato a base di batteri più utilizzato in agricoltura
biologica (attivo contro molte specie di lepidotteri, zanzare, ecc.).
−
BILANCIO ENERGETICO AZIENDALE, l’analisi del consume energetico serve a valutare
l’impatto della produzione sui cambiamenti climatici (per esempio emissione di gas che
creano l’effetto serra) ed a ridurre il consumo di energia fossile (non rinnovabile).
−
BIODIVERSITÁ, in agricoltura la ricchezza di biodiversità, costituita da piante ed animali di
specie, varietà e razze diverse, è necessaria per sostenere le funzioni chiave dell’agroecosistema e consentire la produzione di alimenti sani e sicuri.
−
BSE, Bovine Spongiform Encephalopathy (=Encefalopatia spongiforme bovina).
C
−
CAP, Common Agricultural Policy (=PAC, Politica Agricola Comunitaria).
−
CITTA’ DEL BIO, Network di amministrazioni pubbliche che hanno deciso di investire in
politiche di sviluppo rurale sostenibile fondato sull’agricoltura biologica (www.cittadelbio.it).
−
COMPOSTAGGIO, è il riciclaggio aziendale delle biomasse. Durante il processo, costituito
dalle fasi termofila, mesofila e di stabilizzazione, la sostanza organica (di origine vegetale,
animale o mista) viene trasformata in humus, assimilabile dalle piante.
−
CONDIZIONE DEL TERRENO, la struttura fisica del suolo influenza la coltivazione delle
piante; un suolo in buone condizioni si presenta poroso, permette all’acqua di infiltrarsi
facilmente ed alle radici di svilupparsi senza ostacoli.
−
CONSOCIAZIONE, consiste nella coltivazione contemporanea di due o più colture nello
stesso campo.
−
CONTAMINAZIONE, inquinamento dell’azienda biologica e/o delle sue produzioni
attraverso il contatto con materiali e sostanze che rendono non più certificabile il prodotto.
(ad es. Contaminazioni da deriva di pesticidi provenienti da aziende convenzionali limitrofe
a quelle biologiche).
D
−
DECOMPOSITORI, organismi che si nutrono della sostanza organica morta (non
assimilabile dalle piante), trasformandola in humus (assimilabile dalle piante).
−
DOP, Denominazione d’Origine Protetta.
E
−
ECOSISTEMA, è un ambiente naturale caratterizzato da interazioni dinamiche tra elementi
biotici (piante, insetti, microbi e tutti gli altri organismi viventi) ed abiotici (temperatura,
umidità relativa, vento, pioggia, suolo, ecc.).
−
ENTE DI CERTIFICAZIONE, è l’Organizzazione accreditata dalle Autorità competenti (in
Italia Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) che conduce i controlli nelle
84
aziende sottoposte al regime comunitario instaurato con il reg. CEE 2092/91 ed effettua le
certificazioni delle produzioni da agricoltura biologica.
−
EROSIONE, l’erosione del suolo, dovuta all’azione del vento e dell’acqua, è un problema
mondiale (Pimental, 1995). È accertato che l’erosione costituisce la causa principale della
degradazione dei suoli nel mondo (Oldeman, 1994). Gli effetti dell’erosione sono
riscontrabili sia in campo (diminuzione della fertilità, modificazione del sistema idraulico del
terreno, diminuzione dei nutrienti, della sostanza organica, dei microrganismi e dello stato di
salute dei suoli in generale) che a valle (presenza di elementi indesiderati, pesticidi e
sedimenti dei mezzi tecnici sulla superficie dell’acqua). I sistemi di agricoltura biologica
provocano un grado di erosione dei suoli di molto inferiore rispetto a quelli riscontrabili nei
campi coltivati con metodi convenzionali.
F
−
FAIR TRADE, intesa di collaborazione, basata sull’equità, il dialogo, la trasparenza ed il
rispetto reciproco.
−
FATTORIE DIDATTICHE, aziende agricole organizzate per l’erogazione di servizi educativi
ai bambini delle scuole o ad altri gruppi.
−
FEROMONI, sono sostanze prodotte dagli insetti che consentono la comunicazione chimica
tra individui della stessa specie. Agiscono sui comportamenti sessuali. Possono essere
riprodotti artificialmente in laboratorio e venire quindi utilizzati in agricoltura sia per il
monitoraggio che per la cattura massale degli insetti, opportunamente collocati in apposite
trappole.
−
FORAGGERE, comprendono alfalfa, orzo, trifoglio, cereali vari, sorgo ed alter piante usate
per l’alimentazione animale.
G
−
GRANULOSIS VIRUS, questo virus è utilizzato contro la Cydia pomonella delle mele ed è
anche attivo contro altri Lepidotteri. Agisce per ingestione e per questo motivo deve essere
adoperato al momento giusto sulle larve di Cydia. I raggi ultravioletti possono inattivare il
virus, pertanto è raccomandata l’applicazione all’alba o al tramonto. Campo di applicazione:
melo, pero e noce.
−
GESTIONE DELLA FERTILITA’ DEL SUOLO, “La conservazione della fertilità del suolo è
la prima condizione da rispettare in un sistema permanenete di gestione agricola”; con
queste parole nel 1940 il famoso agronomo inglese Albert Howard poneva le fondamenta
del metodo dell’agricoltura biologica. La fertilità è la capacità del suolo di garantire la
produzione delle piante nel lungo periodo.
−
GMO, genetically modified/engineered organism (=OGM, Organismi Geneticamente
Modificati)
H
−
HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) consiste nell’adozione di buone
pratiche di prevenzione dei rischi sanitari a carico degli alimenti, al fine di garantirne la
sicurezza e la salubrità.
−
HUMUS, deriva dalla decomposizione della sostanza organica, è stabile ed ha una lunga
persistenza. L’humus racchiude numerosi nutrienti, che vengono gradualmente e
lentamente rilasciati alle piante.
I
−
IFOAM, Federazione Internazionale dei Movimenti di Agricoltura Biologica.
−
IGP, Indicazione Geografica Protetta.
−
INGEGNERIA GENETICA è un’insieme di tecniche di biologia molecolare (quale la
ricombinazione del DNA) con le quali vengono alterati e ricombinati i materiali genetici di
piante, animali, microrganismi, cellule ed altre unità biologiche, in modo tale e con risultati
85
non riscontrabili in natura. Le tecniche di ingegneria genetica includono tra l’altro:
ricombinazione del DNA, fusione cellulare, micro e macro inoculi, incapsulamento,
eliminazione e duplicazione dei geni. Tra gli Organismi Geneticamente Modificati non sono
annoverabili quelli ottenuti con tecniche quali l’ibridazione naturale.
−
INSETTI ENTOMOFAGI, Sono gli agenti più utilizzati nella lotta biologica e sono classificati
in predatori e parassitoidi, agiscono in modo completamente diverso ma altrettanto efficace
contro i fitofagi (insetti che si nutrono di parti delle piante).
−
ISEAL, International Social and Environmental Accreditation and Labelling Alliance,
sviluppa gli standards e controlla il loro rispetto da parte delle strutture associate, al fine di
garantire e promuovere la certificazione (volontaria) sociale ed ambientale, quale strumento
di commercio e sviluppo internazionale.
−
ISOFAR, “International Society of Organic Agriculture Research”, organizzazione
internazionale che promuove e supporta la ricerca in tutti i settori dell’agricoltura biologica.
L
−
LAVORAZIONI DEL TERRENO, hanno l’obiettivo di creare nel suolo le condizioni fisiche
necessarie per lo sviluppo ottimale delle piante. In agricoltura biologica vanno ridotte al
minimo, adottando particolari tecniche tendenti a prevenire il compattamento e la creazione
di suole di lavorazione, garantendo il rispetto della naturale stratificazione dei suoli.
−
LETAME, è costituito dai reflui solidi e liquidi degli allevamenti animali.
−
LOGO, il regolamento CE N° 331/2000 ha adottato il logo europeo dell’agricoltura biologica.
−
LOTTA BIOLOGICA, In natura ogni specie animale o vegetale ha degli antagonisti
(predatori, parassiti, patogeni o competitori) che contribuiscono ad impedirne la
proliferazione incontrollata. Le popolazioni naturali di predatori e parassiti sono importanti
per ridurre le infestazioni. Di norma un livello minimo di attacco viene tollerato per attrarre e
sviluppare i nemici naturali. La lotta biologica consiste proprio nell’uso di questi “nemici
naturali” per contenere le popolazioni di fitofagi entro limiti accettabili e, di riflesso,
nell’incremento del numero di specie all’interno dell’agroecosistema, che diviene
maggiormente complesso e quindi più stabile.
M
−
MARKETING TERRITORIALE, l’agricoltura biologica può offrire un attivo contributo allo
sviluppo locale sostenibile, promuovendo le tipicità locali, caratterizzando il territorio e
valorizzandolo nel suo complesso. Tutto questo costituisce una leva di marketing aggiuntiva
per il territorio, rendendolo “appetibile” anche all’esterno e contribuendo alla rivitalizzazione
delle sue aree rurali.
−
MATERIA ORGANICA NEL SUOLO, ha tre componenti: organismi viventi, residui freschi,
residui ben decomposti. I residui freschi rappresentano la risorsa primaria di cibo per gli
organismi viventi del suolo. La decomposizione dei residui freschi rilascia nel terreno I
nutrienti di cui hanno bisogno le piante. La sostanza organica ben decomposta (humus)
rilascia lentamente e per lunghi periodi I nutrienti di cui hanno bisogno le piante.
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MINIMA COLTIVAZIONE, si tratta di una definizione che comprende una vasta gamma di
sistemi di lavorazione del terreno che tendono a preservare la copertura vegetale del suolo,
riducendo considerevolmente i fenomeni erosivi legati all’azione del vento e dell’acqua.
Queste pratiche minimizzano la perdita di nutrienti e di acqua, i danni alle colture e la
perdita di fertilità.
−
MULTIFUNZIONALITA’. La revisione di medio termine ha profondamente cambiato la
Politica Agricola Comunitaria. Il nuovo modello agricolo europeo che si è andato
configurando, sostiene fortemente l’estensivizzazione delle aziende agricole, le quali
possono ridurre il momento strettamente produttivo a vantaggio della tutela ambientale e
dell’avvio di altre attività quali il turismo rurale, le fattorie didattiche, l’attivazione di percorsi
naturalistici, ecc. L’agricoltore diviene cosi anche il “guardiano del territorio” ed assume tutto
l’interesse a non depauperarlo, ma anzi a preservarlo e valorizzarlo.
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N
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NEEM, albero asiatico (Azadirachta indica), dal quale si estrae l’azadiractina, un insetticida
naturale.
O
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OLI MINERALI Sono derivati dalla distillazione del petrolio ad alte temperature (arricchito
di idrogeno) e dalla successiva estrazione con solventi. Agiscono principalmente per
asfissia, soffocamento degli insetti e delle loro uova. Funzionano anche come repellenti.
Agiscono per contatto diretto principalmente su piccoli insetti, come diaspidi, coccidi, afidi,
psilla e acari. Sono efficaci anche contro oidio ed infestanti (in considerazione della loro
fitotossicità).
−
OLI VEGETALI, (olio di menta, olio di pino, olio di cumino), sono composti da sostanze
naturali derivate da varie parti delle piante quali fiori, semi e frutti. Normalmente gli oli
vegetali e quelli minerali vengono utilizzati in abbinamento a fungicidi e pesticidi,
migliorandone l’applicazione e la durata. Gli oli vegetali hanno azione insetticida sugli insetti
e le loro uova. Esercitano inoltre un’azione repellente.
−
OMEOPATIA, è una terapia messa a punto dal medico tedesco Samuel Hahnemann
all’inizio del diciannovesimo secolo, fondata sulla teoria “similia similibus curantur” (Il simile
cura il simile). Secondo questa teoria le malattie guariscono con i rimedi che provocano in
un individuo sano i sintomi della malattia stessa; questa viene considerata come una
perturbazione della “forza vitale” dell’uomo. La cura consiste quindi nella riattivazione della
forza vitale attraverso la somministrazione al malato di piccole quantità di opportune
sostanze precedentemente dinamizzate, ovvero sottoposte ad un procedimento di
diluizione e potenziamento che serve a renderle attive. In questo modo l’organismo riattiva i
meccanismi protettivi, ristabilendo il suo regolare equilibrio biologico. Oggi molte malattie
degli animali possono essere curate con le pratiche veterinarie omeopatiche.
P
−
PACCIAMATURA, è la pratica che consiste nel ricoprire il suolo (nelle interfile e vicino alle
piante) possibilmente con sostanza organica quale paglia, truccioli di legno, compost.
Questa tecnica aiuta a preservare l’umidità nel terreno, contenere la flora spontanea,
formare sostanza organica.
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PERIODO DI CONVERSIONE, il diritto comunitario ha stabilito che ogni azienda che
intende aderire al regime di controllo CE del biologico, deve superare un periodo di
conversione di due anni per le colture erbacee e tre anni per le colture arboree. Gli enti di
certificazione e le autorità competenti possono stabilire di allungare o ridurre tale periodo.
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PERMACULTURA (AGRICOLTURA PERMANENTE): Movimento nato in Australia nel
1975. L’idea base è stata sviluppata da Bill Mollison; “il termine permacultura descrive un
sistema integrato, permanente e sviluppato in fasi successive, basato sulla cooperazione
ed interrelazione tra piante ed animali utilizzati per l’alimentazione umana. Una volta
impostata l’azienda agricola questa si gestisce da sola.
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PIRETRINE, estratti dal Chrysanthemum cinerariaefolium, sono insetticidi naturali.
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PIRODISERBO, è un metodo di gestione della flora spontanea. L’esposizione delle piante
alle alte temperature provoca uno shock termico nei tessuti vegetali, compromettendone
irreversibilmente la funzionalità, con conseguente morte della piñata in due-tre giorni. it is a
weed control method; the exposure of wild plants to high temperature provokes a thermal
choc in the vegetable tissues and an irreversible deterioration of the functionality of the
plant, which dies within two-three days. L’attrezzatura più utilizzata è quella a fiamma libera
alimentata a GPL.
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POLISOLFURO DI CALCE viene usato come insetticida e fungicida. Il suo principio attivo è
lo zolfo sotto diverse forme. Agisce come insetticida da contatto, data la causticità del
preparato. É anche efficace contro la cocciniglia. Il Polisolfuro ha anche un’azione fungicida
data la presenza dello zolfo. È usato per la difesa di agrumi, pesco, melo, albicocco,
ciliegio, vite, olivo.
−
PRODUZIONI PARALLELE, si verificano quando nella stessa unità produttiva si attuano
contemporaneamente coltivazioni, allevamenti o trasformazioni gestite sia con il metodo
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biologico che con quello convenzionale. È da considerarsi produzione parallela anche
quella che si verifica quando lo stesso prodotto viene coltivato sia con il metodo biologico
che con quello convenzionale. Esistono a riguardo precise restrizioni ed accorgimenti
stabiliti dalla normativa comunitaria.
−
PRINCIPIO DELLA CAUTELA, è quel principio secondo il quale, quando viene svolta
un’attività che potrebbe rivelarsi dannosa per l’ambiente e la salute, vanno adottate tutte le
misure precauzionali possibili. Ad es. gli OGM non vanno impiegati fin quando non sia stato
fugato anche il minimo dubbio sulla loro pericolosità.
−
PRINCIPI DELL’AGRICOLTURA BIOLOGICA, dopo un intenso processo partecipativo, nel
settembre 2005, l’Assemblea generale IFOAM svoltasi ad Adelaide in Australia ha
approvato la revisione dei “Principi di agricoltura biologica”. Questi principi sono le radici
dalle quali cresce e si sviluppa l’agricoltura biologica: principio di salute (l’Agricoltura
Biologica dovrebbe sostenere e rafforzare la salute del suolo, delle piante, degli animali,
degli esseri umani e del pianeta come uno solo ed indivisibile), principio di ecologia
(l’Agricoltura Biologica dovrebbe essere basata su sistemi e cicli ecologici viventi, lavorare
con essi, emularli ed aiutare a sostenerli), principio di giustizia (l’Agricoltura Biologica
dovrebbe costruire sui rapporti che assicurano la giustizia in rispetto all’ambiente comune e
le opportunità di vita), principio della cautela (l’Agricoltura Biologica dovrebbe essere gestita
in modo precauzionale e responsabile per proteggere la salute ed il benessere delle
generazioni presenti e future e dell’ambiente).
Q
−
QUASSIA, è un insetticida naturale derivato dall’albero della Quassia amara e dal Picrasma
excelsa (Quassia giamaicana). I principi attivi sono quassina e neoquassina. La Quassia,
oltre ad essere una pianta medicinale, è usata come repellente per cani e gatti. Agisce sul
sistema nervoso, sia per contatto che per ingestione. Presentando una persistenza limitata
la sua azione è piuttosto ridotta. Campo di applicazione: orticoltura, frutticoltura, viticoltura,
silvicoltura, giardinaggio. Presenta bassa tossicità.
R
−
RESISTENZA, è quella capacità che posseggono gli insetti di adattarsi in un certo lasso di
tempo alle molecole dei pesticidi, i quali devono essere somministrati in dosi sempre
maggiori per continuare a garantire lo stesso effetto iniziale. Questo fino a quando non si
riveleranno del tutto inadeguati ed andranno allora sostituiti con preparati a base di altre
molecole (questo è avvenuto ad es. con il DDT).
−
ROTAZIONI, le piante si succedono sullo stesso appezzamento seguendo una sequenza
predeterminata sulla base delle caratteristiche aziendali.
−
ROTENONE, è un alcaloide, isolato per la prima volta nel 1895. É estratto dalle radici di
alcune piante tropicali della famiglia delle leguminose: Derris elliptica, Derris spp.,
Lonchocarpus utilis, Tephrosia spp. Il Rotenone è soggetto a rapida decomposizione se
esposto alla luce ed all’aria. Ha un ampio spettro d’azione, agendo contro lepidotteri, ditteri,
coleotteri, ecc.. É anche usato in medicina veterinaria contro le mosche di Hypoderma.
S
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SAU, Superficie Agricola Utilizzata.
−
SINTETICO, prodotto creato con processo industriale chimico. Include sia i prodotti che non
si trovano in natura che quelli che simulano invece prodotti realmente esistenti.
−
SISTEMI AGRICOLI A BASSO IMPATTO AMBIENTALE utilizzano inputs interni
all’azienda senza necessità di approvvigionamento esterno di concimi, pesticidi, ecc., il tutto
allo scopo di ridurre l’impatto ambientale, i costi di produzione ed i rischi per la salute
dell’operatore e del consumatore. L’adozione di questi sistemi agricoli risulta conveniente
anche dal punto di vista economico, in quanto, seppure il minore ricorso ad inputs produttivi
provoca un inevitabile calo delle produzioni, si riducono notevolmente pure i costi di
acquisto di fertilizzanri, pesticide, diserbanti, ecc. (che costituiscono la voce di bilancio più
onerosa per le aziende convenzionali). Questi sistemi agricoli pongono inoltre le basi per
un’agricoltura durevole nel tempo e sostenibile anche per le generazioni future.
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−
SOVESCIO, pratica che consiste nel seminare singole colture erbacee (ad es. favino) o
miscugli di più specie, senza l’obiettivo di raccoglierne i prodotti ma allo scopo di interrare le
piante per incorporare nel terreno biomassa verde.
−
STG, Specialità Tradizionale Garantita.
T
−
TERAPIA AIURVEDICA, utilizza prodotti derivati da piante officinali e minerali per
sviluppare il sistema immunitario degli animali.
−
TRACCCIABILITA’, si riferisce alla possibilità di seguire un alimento in tutte le fasi della
sua produzione, trasformazione e commercializzazione: “dall’azienda alla tavola”.
U
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UBA, Unità di Bestiame Adulto
V
−
VERMICOMPOST, miscela di rifiuti organici parzialmente decomposti e secrezioni di vermi.
Contiene parti di piante, di cibo, materiale usato come lettiera dei vermi, bozzoli, vermi
stessi ed organismi associati.
W
−
WHO (=OMS), Organizzazione Mondiale della Sanità.
−
WWOOF, (Willing Workers On Organic Farms) lavoratori volontari nelle aziende agricole
biologiche, è un network internazionale di scambio che offer vitto, alloggio e tirocinio pratico
in cambio di lavoro. Sono possibili esperienze di varia durata. Il WWOF offre eccellenti
opportunità formative per chi vuole avvicinarsi al biologico, scambi di vita rurale, culturali, ed
infinite opportunità di conoscenza dei movimenti del biologico. (www.wwoof.org).
Z
−
ZONA DI RISPETTO, zona di confine che delimita un’azienda biologica, da una
convenzionale, potenzialmente in grado di contaminare l’ambiente con sostanze quali
pesticidi ed altri prodotti vietati nel biologico.
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BIBLIOGRAFIA
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Sir Albert Howard, An Agricultural Testament, Oxford University Press, 1940 - Opera
tradotta in italiano con il titolo “I diritti della Terra, alle radici dell’agricoltura naturale”,
Edizioni Slow Food, Bra (CN), 2005.
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The IFOAM norms for organic production and processing. Edizioni IFOAM, Bonn, 2005.
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Code of good practice for setting social and environmental standards. Edizioni ISEAL,
Bonn, 2004.
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Vincenzo Vizioli, Conversione al biologico, linee guida per gestire il passaggio
dell’azienda convenzionale al metodo di agricoltura biologica. Edizioni AIAB, Roma,
2003.
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Commissione Europea Centro comune di Ricerca – Istituto per le prospettive
tecnologiche, 1° Report del progetto “Sistemi di garanzia e certificazione della qualità
nella filiera agroalimentare”, Siviglia, 2006
(http://foodqualityschemes.jrc.es/it/index.html).
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AAVV, Atti del convegno “Agricoltura biologica nella gestione delle aree protette”,
Edizioni AIAB, 2005.
•
AAVV, La zootecnia biologica bovina e suina in Italia – Tecniche e mercato, a cura di
Andrea Povellato, pubblicazione dell’INEA – Istituto Nazionale di Economia Agraria,
Edizioni Scientifiche Italiane, 2005.
SITI INTERNET
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http://www.sinab.it - Portale del Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura
biologica del Ministero italiano delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
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http://www.aiab.it - Portale dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica.
•
http://www.cittadelbio.it - Il Portale del network delle Città del Bio.
•
http://ec.europa.eu/agriculture/qual/organic/index_it.htm - Sito ufficiale dell’Unione
Europea sull’agricoltura biologica.
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http://www.ifoam.org
Agricoltura Biologica.
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http://www.sinab.it - Portale del Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura
biologica del Ministero italiano delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
•
http://www.aiabcampania.it – Sito dell’AIAB Campania.
•
http://www.bioagroinform.it – Sito della formazione a distanza sull’agricoltura
biologica.
•
http://www.sito.regione.campania.it/agricoltura/bio/agrobio.html - Pagine del Sito
della Regione Campania dedicato all’agricoltura biologica.
-
Sito della Federazione Internazionale dei Movimenti di
90
Scarica

manuale dell`assistenza tecnica in agricoltura biologica