6 Corso di perfezionamento in Wound Care Anno accademico 2005-2006 Tesi Percorsi Assistenziali Condivisi Ambulatorio - Territorio di Paolo Berna e Laura Vassallo I PERCORSI ASSISTENZIALI INTRODUZIONE RAZIONALE ED EPIDEMIOLOGIA Il progetto si basa su una metodologia che prevede la definizione di percorsi diagnostico terapeutici basati sulla evidenza clinica e secondo criteri di equità e appropriatezza, come strumento di controllo clinico, organizzativo e di costo. Questi percorsi, sottoposti a costante verifica e monitoraggio, saranno condivisi da tutti i soggetti coinvolti e adeguatamente formati. L’aumento della popolazione anziana e la cronicizzazione dei processi patologici hanno evidenziato sempre più, negli ultimi anni, il problema delle lesioni cutanee, sia in ambito tradizionalmente ospedaliero , sia in ambito territoriale. Nel nostro paese oltre 2 milioni di persone soffrono di lesioni cutanee croniche[The Ageing Society n 4409 Ottobre 2003] e, in ragione del progressivo invecchiamento della popolazione si stima che nei prossimi 5 anni il numero dei casi aumenterà dell’8 % all’anno[Istat Ministero Salute]. Oggi il 22% dei pazienti viene curato in Assistenza Domiciliare Integrata [Ministero Salute].e la cura delle lesioni cutanee rappresenta la prestazione più costosa in termini di risorse : dati di letteratura indicano come il 44% degli assistiti presentino lesioni multiple [Aislec R.multicentrica 2001-2002]e gli operatori dedichino alla loro gestione il 56% del proprio tempo [Asl 6 Pordenone 1998]. I dati epidemiologici evidenziano come l’incidenza delle ulcere cutanee in fase attiva varia a seconda delle statistiche tra lo 0,3-0,5 % ed il 3 % della popolazione adulta occidentale e di queste oltre il 90% riconosce una eziopatogenesi vascolare. Per vari motivi questa patologia compromette la qualità della vita interferendo sulle attività quotidiane e sociali. Le ulcere degli arti inferiori rappresentano un problema di discreta rilevanza sociale per l’incidenza che hanno sulla popolazione e per i costi notevoli legati ai tempi lunghi di guarigione cui vanno aggiunte le conseguenze sulla vita di relazione e sul 1 comportamento dei pazienti, che sono difficilmente quantificabili. Costi : il fattore cronicità, l’elevata frequenza delle recidive, l’impatto sulla capacità lavorativa dei pazienti, fanno si che il trattamento delle ulcere abbia un costo diretto ed indiretto elevato, sostenuto dal paziente e dai suoi famigliari e dal Sistema Sanitario Nazionale Follow up : il tasso di recidiva in pazienti non ospedalizzati e che per vari motivi non sono in grado di indossare tutori elastici è ad un anno del 25 % circa con punte fino al 75% [Acta Flebologica V4 Agosto 2003 ] A Genova nel 2004 di tutti i pazienti seguiti dalle cure domiciliari della media intensità della asl 3 (ex Assistenza Domiciliare Integrata ), quelli presi in carico per trattamento di lesioni vascolari sono stati il 13 % mentre nelle cure domiciliari della alta intensità (ex Spedalizzazione Territoriale) sono stati il 3%. Tali pazienti rappresentano oltre il 60% degli utenti delle cure domiciliari la cui presa in carico supera i 120 giorni. Oltre ai pazienti seguiti esiste un bacino di utenza difficilmente quantificabile che ricorre a vari servizi ambulatoriali e vari specialisti, che spesso operano con modalità e trattamenti difformi, con materiali e cambi di medicazioni differenti da operatore a operatore; lo stesso Medico di famiglia è spesso estraneo al percorso assistenziale del paziente. Studi internazionali hanno evidenziato la maggiore adeguatezza dei trattamenti eseguiti da personale specificatamente addestrato in Wound care, con una maggiore percentuale di guarigione. In questi casi, spesso il costo iniziale, leggermente superiore, legato all’uso di medicazioni avanzate e bendaggi specifici, viene progressivamente compensato dalla minor frequenza degli interventi, dalla guarigione più rapida e dalla riduzione complicanze compresa la ospedalizzazione. Nasce quindi la necessità di un management clinico delle ulcere vascolari nell’ambito delle cure domiciliari che si strutturi in percorsi diagnostico-terapeutici ben definiti e che preve-dano l’articolazione con la struttura specialistica ospedaliera multidisciplinare: il vascolare, il geriatra, il chirurgo plastico , l’infettivologo, l’internista, il dermatologo, il fisiatra, il fisioterapista, il terapeuta del dolore, il podologo e il diabetologo partecipano alla gestione delle lesioni con le rispettive competenze , l’infermiere con la sua visione olistica e le competenze acquisite nell’ambito del wound care dovrebbe essere il direttore d’orchestra insieme al paziente per permettere ai vari specialisti medici di fare diagnosi e decidere con loro l’iter terapeutico. 2 LE CLASSIFICAZIONI Indispensabile l’adozione di un linguaggio comune che tenga conto non solo dei sintomi ma anche della gravità della malattia. Per le lesioni da decubito la classificazione consigliata dalle linee guida è la scala di stadiazione NPUAP ( National Ulcer Advisory Panel 1989) che individua la gravità del danno in base alla estensione dell’ulcera, indispensabile inoltre utilizzare la scala dei colori che individua i termini che descrivono le caratteristiche delle lesioni come escara slough essudato granulazione e riepitelizzazione. INDICATORI DI RISULTATO Sono identificati come indicatori di risultato le percentuali e i tempi di riduzione dell’ulcera, il numero delle recidive, il numero degli accessi domiciliari e ambulatoriali, il tempo medio di presa in carico, il numero di visite specialistiche, le ospedalizzazioni, lo stato funzionale alla presa in carico e alla dimissione, il controllo dei sintomi in particolare la variazione del dolore e della qualità della vita. IMPLEMENTAZIONE DEI PERCORSI E' previsto un corso di aggiornamento di cui si allega la presentazione in powerpoint e un poster come reminder riportante la stadiazione NPUAP, le istruzioni di compilazione della scheda di rischio LdD di Braden, le istruzioni di compilazione della scheda di Plymouth, il diagramma di flusso delle attività del protocollo operativo, le indicazioni per la corretta medicazione in base alla scala dei colori. 3 I PERCORSI ASSISTENZIALI CONDIVISI GLI OBBIETTIVI Tali percorsi individuati alla luce della metodologia della Evidence Based Medicine, per il miglior managment in rapporto di continuità assistenziale territorio – ambulatorio hanno come obbiettivo finale di: abbreviare i tempi di guarigione; ridurre l’inabilità creata dalla patologia; ridurre il numero di accessi impropri nelle strutture ospedaliere; ridurre i costi e il disagio ai pazienti dovuti al trasporto con pubbliche assistenze I PERCORSI Tali percorsi consistono in: Raccolta dati di Anamnesi clinica generale e farmacologica Inquadramento diagnostico del paziente: esame obiettivo generale (stato funzionale, cognitività, tono dell’umore) con particolare attenzione alla semeiotica vascolare (polsi-abpi etc), valutazione delle lesioni (grado,caratteristiche più foto), valutazione della mobilità articolare, Valutazione del dolore (vas) Assesment infermieristico e nutrizionale (scheda di plymouth) Protocolli condivisi di prevenzione e cura lesioni da decubito: educazione sanitaria alla cura della cute e trattamento precoce; educazione sanitaria alla gestione del carico; trattamento ldd (debridment – controllo carica batterica – gestione dell’essudato – protezione cute perilesionale ; educazione sanitaria alla prevenzione di recidive. Protocolli condivisi di prevenzione e cura Lesioni vascolari Consulenze specialistiche vascolari, geriatriche, chirurgiche plastiche, infettivologiche, internistiche, dermatologiche, fisiatriche, diabetologiche, 4 terapista del dolore, fisioterapista, podologo. Educazione sanitaria alla prevenzione LdD e Lesioni AAII LA PRESA IN CARICO La presa in carico avverrà a seguito di segnalazione che potrà essere effettuata: dal medico di medicina generale; da altro servizio ospedaliero o territoriale; dal singolo cittadino in prima persona o da suo parente (altri ?). alla segnalazione seguirà in ogni caso contatto telefonico col MMG atto a verificare il bisogno sanitario e la sua appropriatezza, e le condizioni cliniche del paziente in modo da valutare se occorre una visita al domicilio o presso l’ambulatorio. Segue visita infermieristica possibilmente al domicilio in cui saranno effettuati: la raccolta dei dati anamnestici relativi alle patologie concomitanti, i farmaci assunti e la compilazione delle varie schede che compongono la documentazione infermieristica , un assesment infermieristico per valutare : la presenza lesioni, l’aspetto nutrizionale, il rischio ldd , la presenza di dolore; una educazione sanitaria, in base al rischio ldd, con consegna libretto al paziente e/o ai caregivers finalizzata alla riduzione prevenzione Ldd: gestione del carico, cura e trattamento precoce. eventualmente l’infermiere potrà attivare percorsi preferenziali con le varie figure professionali mediche e non, sia come consulenze a domicilio che in ambulatorio che tramite la modulistica come le schede e le foto. 5 LE CONSULENZE Nel caso vi fossero presenti lesioni vascolari ancora da diagnosticare o lesioni dndd o comunque atipiche verrà attivata la visita specialistica di riferimento vascolare o dermatologica. La consulenza di terapia antalgica verrà attivata in ogni caso di presenza di dolore. L’assistente sociale interverrà in ogni caso di problemi economici che impediscano di attuare un corretto piano assistenziale, per esempio quando il paziente, per questi motivi, non riesce a procurarsi il cibo, a organizzare le comuni operazioni di gestione domestica come la di pulizia, e l’igiene della persona. Il dietista o il nutrizionista in ogni caso di perdita eccessiva di peso. Il vascolare si occuperà inoltre dei casi di pazienti che necessitano di una rivascolarizzazione. Il chirurgo plastico si occuperà di eventuali innesti, di toelette chirurgica di escare e trattamenti cruenti in genere etc. Il geriatra, l’internista e l’infettivologo e il nutrizionista sono i medici più coinvolti nelle patologie e quadri clinici che spesso non solo impediscono ad un paziente di intraprendere un iter terapeutico finalizzato alla guarigione delle lesioni ma anche determinano un elevato rischio di insorgenza di nuove lesioni in particolare LdD. Il fisiatra e il fisioterapista sono necessari per tutti i casi di pazienti che stanno andando incontro a contratture che tra l’altro impedirebbero un adeguato cambio di postura nei pazienti alettati, e nei casi di pazienti con lesioni AAII da insufficienza venosa Il podologo si occuperà del trattamento del piede diabetico. 6 INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEL PAZIENTE Ai fini di un corretto inquadramento diagnostico è necessario raccogliere i dati relativi alla anamnesi clinica generale e farmacologia, nonché all’esame obiettivo generale (stato funzionale, cognitività, tono dell’umore) per rilevare varie problematiche di natura infermieristica e anche in merito alla collaborazione con le varie figure mediche specialistiche che gravitano intorno all’ambulatorio. E’ possibile che sia necessario integrare i moduli già predisposti con ulteriori moduli previsti da altri specialisti nonché indagini di laboratorio. Al fine di valutare la capacità funzionale della Pompa Valvulo-Muscolare occorre valutare la mobilità articolare, in caso di problemi occorre attivare il fisioterapista. Valutazione del dolore (vas) Assesment infermieristico e nutrizionale (scheda di Plymouth) 7 VALUTAZIONE E GESTIONE NUTRIZIONALE INTRODUZIONE L’individuazione di insufficienze nutrizionali è una componente essenziale della valutazione iniziale poiché un alto numero di studi hanno associato le lesioni da decubito a stati di malnutrizione. FISIOPATOLOGIA La malnutrizione proteico calorica e la disidratazione, sono fattori di rischio aggiuntivi nello sviluppo di lesioni, e sono causa ritardante il processo di granulazione . Lesioni cutanee di dimensioni significative perdono ogni giorno fino a 50 g di proteine. Ovviamente l’anziano è un soggetto particolarmente esposto al rischio di malnutrizione, per una serie di motivazioni: ridotta funzionalità dell’apparato digerente, malattie croniche, modificazioni metaboliche, condizioni socio economiche. Queste cause comunque non sono le principali responsabili dello stato di malnutrizione nell’anziano che è in genere imputabile alla perdita dell’autosufficienza o a lunghi ricoveri ospedalieri. Lo scopo della valutazione della gestione nutrizionale è garantire un apporto idroalimentare adeguato a favorire il processo di guarigione nel soggetto portatore di lesioni I SEGNI DI MALNUTRIZIONE Una malnutrizione significativa dal punto di vista clinico viene diagnostica se: L’albuminemia è inferiore a 3.5 mg/dl 8 La conta linfocitaria è inferiore a 1800/mmc Il peso corporeo è diminuito di più del 15% La transferrinemia è inferiore a 200mg/dl La proteina legante il retinolo è inferiore a 3mg/dl Durante la valutazione nutrizionale è bene considerare anche i segni orali e cutanei di insufficienza vitaminica o minerale . VALUTAZIONE NUTRIZIONALE Lo strumento scelto per la accertamento dello stato nutrizionale è la scheda ideata dal Servizio di nutrizione clinica e dietetica di Plymouth: 1 2 3 4 Età 31-44 45-60 61-70 70 e più anni < 30 anni Peso Peso abituale e stabile Perdita di peso Perdita di peso > Estremamente > 10% negli 10 % nelle magro, emaciato ultimi 3 mesi ultime 4-6 o cachettico settimane Appetito Appetito abituale, capacità di mangiare tutto il cibo e bevande offerte ai pasti e tra i pasti Appetito ridotto: Appetito scarso: Abilità a mangiare Capace di mangiare e bere normalmente e indipendenteme nte Appetito poco o nullo: lascia la metà lascia la maggior della quantità di parte del cibo ai rifiuta i pasti e le cibo offerto ai pasti. Riluttante bevande, pasti a bere incapacità a mangiare ( per es. per incoscienza) Richiude aiuto per tagliare gli alimenti ed a portare il cibo alla bocca Ha difficoltà a masticare e ha bisogno di una dieta liquida Incapace di bere e mangiare 9 Condizione medica e trattamento Condizione medica non complicata per es: Post-intervento di chirurgia minore. Funzione intestinale normale Sente nausea Post-operatorio di chirurgia massiva. Ustioni, cancro, fratture multiple, radioterapia, chemioterapia. Malattie Fratture multiple. infarto gastrointestinali; Interruzione Numerosi periodi dell’alimentazion miocardico, infezioni di interruzione aritmie moderate, e per più di 24 dell’alimentazion cardiache, fratture delle ore e per eseguire asma. ossa lunghe. esami Non interruzione Talora dell’alimentazion interruzione e dell’alimentazion e per eseguire esami Funzione intestinale Diarrea e/o vomito Profusa diarrea e vomito o non funzionalità intestinale LEGGENDA : PUNTEGGIO 0-10 = RISCHIO MINIMO 11-18 = RISCHIO MODERATO 19-24 = RISCHIO ELEVATO GESTIONE NUTRIZIONALE Le evidenze Garantire un approccio dietetico adeguato al fine di evitare stati di malnutrizione, cercando di rendere compatibile tale regime dietetico con i desideri del paziente. (AHRQ B). La malnutrizione costituisce fattore di rischio aggiuntivo per la formazione di lesioni da decubito, e lo stadio della ferita è correlato alla gravità dell’insufficienza nutrizionale. La prevenzione della malnutrizione ridurrà il rischio di piaga del soggetto. 10 Eseguire una valutazione nutrizionale con frequenza almeno trimestrale, per i soggetti a rischio di malnutrizione, inclusi i soggetti incapaci di assumere cibo per via orale o i soggetti che subiscono un’alterazione ponderale involontaria. (AHRQ C). Incoraggiare l’alimentazione dietetica o l’integrazione alimentare se il soggetto con lesione cutanea è malnutrito. Se l’alimentazione dietetica continua a risultare inadeguata, difficile o impossibile, il sostegno nutrizionale ( normalmente somministrato tramite sonda ) dovrebbe essere usato per positivizzare i bilanci azotati negativi del paziente, secondo gli scopi della cura. (AHRQ C). Indicazioni nutrizionali Le indicazioni (per lesioni da decubito) riportate in letteratura da più autori oltre che dalle linee guida AHCPR sono: LINEE GUIDA PER LA TERAPIA NUTRIZIONALE IN PAZIENTI CON LESIONE STADIO PIAGA FABBISOGNO CALORICO FABBISOGNO PROTEICO (Kcal non proteiche/Kg/die) (grammi/Kg/die) 1 25-30 1 2 35-40 1,2-1,5 3e4 45 1,5-2 11 Somministrare integratori vitaminici e minerali se si sospettano o si accertano insufficienze. (AHRQ C) Vi sono prove che gli integratori di vitamina C e zinco possano aiutare la guarigione in presenza di insufficienze. Se si sospettano insufficienze, si consiglia la somministrazione di integratori vitaminici e minerali. Le indicazioni nutrizionali per un paziente anziano possono cosi’ essere sintetizzate: Apporto energetico 30-35 Kcal per Kg di peso corporeo Glucide 2/3 della quota energetica Liquidi almeno 1.5 litri di acqua die Apporto di vitamine C e A Oligoelementi : zinco 12 PROCEDURA VALUTAZIONE E GESTIONE NUTRIZIONALE Valutare se possibile eventuali cali ponderali, valutare se l’apporto alimentare è adeguato; Se non è adeguato: Valutare se l’alvo è nella norma, considerando tipo e frequenza delle evacuazioni e la funzionalità del tratto gastroenterico (malassorbimento, occlusioni…).Se la funzionalità del tratto gastroenterico è mantenuta: Considerare tutti gli impedimenti di tipo sociale ed economico ad una corretta alimentazione. Se è presente disagio socio economico: Segnalazione del caso ai servizi sociali. Se non è presente disagio socio economico:Valutare se il paziente ha delle difficoltà oggettive a portare il cibo alla bocca. Se vi sono difficoltà per il paziente a portare il cibo alla bocca, non correggibili con l’intervento del fisioterapista:educare il contesto familiare ad una corretta somministrazione dei pasti, fornire inoltre informazioni per un corretto regime dietetico Valutare inoltre se: il riflesso della deglutizione è conservato ed il paziente riesce ad ingerire cibi liquidi e solidi. Se il riflesso della deglutizione è anche parzialmente conservato:considerare l’inserimento nella dieta di integratori per aumentare l’apporto calorico proteico e per far fronte a carenze vitaminiche Se il paziente non riesce ad ingerire cibi solidi e liquidi, concordare con il medico la possibilità della nutrizione enterale tramite sonda se il tratto gastroenterico è funzionante. Se il tratto gastroenterico non ha mantenuto la sua funzionalità:richiedere valutazione medica e considerare la possibilità della nutrizione parenterale totale. se il paziente non è idoneo alla NPT approntare un piano di cure palliative e di sostegno con il medico palliativista. Rivalutazione periodica almeno trimestrale 13 PREVENZIONE E TRAT TAMENTO LESIONI DA DECUBITO INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEL PAZIENTE AFFETTO DA LDD DEFINIZIONI E FISIOPATOLOGIA LDD Esistono diverse denominazioni per indicare la medesima patologia: piaga da decubito, ulcera da decubito, lesione da decubito, lesione da pressione. Per lesione da decubito si intende una un’alterazione ad evoluzione necrotica della cute o dei tessuti circostanti dovuta a compressione o sfregamento, con conseguente alterazione della circolazione e/o apporto di ossigeno e sostanze nutritive nell’area interessata. Tale patologia deriva dal decubito prolungato in posizione obbligata, insorge in sedi particolarmente predisposte ed è favorita da fenomeni locali o generali. Tale evenienza si realizza più frequentemente nell’ordine alle regioni sacrali, calcaneari e sovratrocanteriche. Una lesione da pressione è definita come qualsiasi lesione causata da costante pressione che dia luogo a ischemia e quindi ad un danno del tessuto sottostante. Le ulcere da pressione insorgono generalmente sulle prominenze ossee e generalmente sono di 4 grado poiché il tessuto muscolare ha maggior bisogno di ossigeno della cute e sottocute, per cui quando appare un danno lieve in superficie il tessuto sottostante è spesso già in necrosi. La lesione è comunque una conseguenza delle condizioni generali del paziente, una complicazione pervasiva e persistente che colpisce le persone con ridotta mobilità, deficit nutrizionali, sindromi dismetaboliche , stati alterati di coscienza etc. 14 meccanismi di insorgenza delle LDD: Cause: 1. Fattori estrinseci (locali) 2. Fattori intrinseci (generali) Fattori estrinseci: Pressione Forze di stiramento o taglio Forze di attrito o frizione o sfregamento Umidità e/o macerazione della cute La pressione è definita come superficie P= F/S. la forza agente perpendicolarmente a su una In condizioni normali in posizione ortostatica la pressione arteriosa a livello capillare, è di circa 32 mmHg; in decubito supino o prono, in corrispondenza delle varie prominenze ossee, i tessuti sono sottoposti ad una pressione di circa 100 mm/Hg; ed in posizione seduta, in corrispondenza della tuberosità ischiatica, ad una pressione che varia da 150 a 500 mm/Hg a seconda del tipo di sedia o comoda. Sperimentalmente è stato dimostrato che una pressione superiore a 70 mm/Hg esercitata sulla pelle per una durata superiore a due ore, induce danni irreversibili, ossia ischemia e ipossia tessutale. La lesione da pressione interessa sempre tutti i tessuti, ovvero ha una stadiazione NPUAP di 3°-4° grado anche se inapparente nelle fasi iniziali, perché il muscolo, presenta un maggior fabbisogno di ossigeno della cute, per cui va in necrosi precedentemente a quest’ultimo. La lesione da pressione viene spiegata con la teoria del “cono di pressione” la cui base è posta a livello della salienza ossea e l’apice a livello cutaneo: questo indica che la necrosi del sottocute e delle parti molli è sempre più ampia della necrosi cutanea. E’ importante sottolineare che la pressione deve essere protratta per un certo tempo per poter innescare un meccanismo patogenetico 15 Più studi hanno dimostrato che è più dannosa una pressione modesta esercitata per lungo tempo che una pressione anche intensa esercitata per un breve periodo di tempo. Tale concetto si può riassumere con la seguente formula: LDD = PRESSIONE X TEMPO / SUPERFICIE Forze di stiramento o taglio: se i vari segmenti corporei non vengono sorretti da un’idonea postura essi tendono a traslare relativamente al punto di sostegno e di adesione, determinando a livello della cute interessata un effetto di stiramento con ostruzione, rottura dei piccoli vasi e conseguente necrosi tessutale profonda. Questo accade per esempio quando il paziente è seduto sulla carrozzina/sedia col busto inclinato e senza sufficiente appoggio per le gambe o quando la testata del letto è sollevata e il paziente “scivola” verso il basso; poiché la cute tende ad aderire alla superficie del letto mentre lo scheletro tende a scivolare in avanti provocando zone di stiramento o trazione dei tessuti. Lo stiramento e la strozzatura dei vasi, che a partire dagli strati più profondi vanno a nutrire la cute, provocano ischemia e ulcera. Tali forze sono aggravate in presenza di pieghe delle lenzuola e di umidità. Forze di attrito e frizione: Si verificano quando si trascina il paziente sul piano di appoggio, anziché sollevarlo, e quando si rimuove la padella senza fare sollevare il paziente, esse possono causare abrasioni dell’epidermide e vescicole e lesioni nei tessuti sottostanti. Umidità e/o macerazione della cute: si verifica a seguito dell’incontinenza urinaria e/o fecale, e a seguito di sudorazione spesso dovute anche ad inadeguato abbigliamento e/o microclima, come ad esempio nel caso di superfici con fodere o coperture in pvc o materiale plastico. L’ambiente umido e le modificazioni del pH favoriscono la penetrazione dei batteri negli strati dell’epidermide con conseguenti alterazioni che rendono la cute più sensibile all’ischemia. La macerazione favorisce la comparsa di LDD: (l’incontinenza aumenta di circa 6 volte il rischio di comparsa di LDD) Fattori intrinseci del paziente: Magrezza obesità Diminuità Mobilità : Diminuita Sensibilità 16 Uso di sedativi : Il loro impiego nell’anziano causa spesso obnubilamento del sensorio con riduzione dei movimenti, ridotta reattività agli stimoli e confusione. Malnutrizione calorico-proteica : Incontinenza urinaria e/o fecale : Umidità – tossine –batteri Patologia vascolare periferica : Anemia : Favorisce l’ipossia tessutale . Ipoalbuminemia : Ipotensione : Determina ipoperfusione Stati dismetabolici: (Diabete scompensato - Acidosi metabolica) : Favoriscono l’ipossia tessutale e l’accumulo di sostanze tossiche. Edema : Determina un’ipoperfusione trofici. Ipertermia : La febbre aumenta il metabolismo e il consumo di ossigeno peggiorando l’ipossia nelle aree sottoposte a pressione. Disidratazione : Determina ipoperfusione e rende la cute secca. Età : con l’avanzare dell’età: con ipossiemia e diminuzione di fattori • diminuisce il contenuto idrico intracellulare, • diminuisce la forza dei legami fra le cellule dello strato corneo, • si verificano modificazioni strutturali e funzionali degli annessi cutanei che riducono la produzione del film idrolipidico cutaneo, • diminuisce il tessuto adiposo sottocutaneo e le fibre connettivali sono più fragili, • diminuisce il letto vascolare. Tali cambiamenti determinano una maggiore fragilità strutturale dei piani superficiali di rivestimento ed una peggiore distribuzione delle forze che determinano la compressione, tali fenomeni sono riscontrabili visivamente nell’aspetto di cute sottile secca e discheratosica, Aumento delle patologie correlate all’età che provocano immobilità e/o riduzione della sensibilità a livello cutaneo. Il paziente rimane a lungo immobile e la pressione prolungata non rappresenta uno stimolo a cambiare posizione 17 LA PREVENZIONE LDD La Valutazione del rischio Per prevenire le lesioni da decubito o quanto meno ridurne l’incidenza è fondamentale l’identificazione dei pazienti a rischio In generale sono maggiormente a rischio: gli anziani per le condizioni spesso compromesse e per le modificazioni della cute, i mielolesi per la riduzione della sensibilità, i miastenici, i pazienti affetti da sclerosi multipla, i neurolesi, i pazienti in coma, i politraumatizzati per la riduzione o assenza della mobilità, gli imuno depressi in genere, i diabetici per le alterazioni del circolo sanguigno. Fondamentale è però l’utilizzo di indici di rischio e la scala più accreditata è quella di Braden 18 Scala di valutazione del rischio di LdD di Braden INDICATORI 4 3 PERCEZIONE SENSORIALE: NON LIMITATA: LEGGERMEN TE LIMITATA: UMIDITÀ: RARAMENTE BAGNATO: OCCASIONAL MENTE 2 1 MOLTO COMPLETAMENT LIMITATA: E LIMITATA: non risponde solo vi è risposta (non abilità a risponde agli risponde agli agli stimoli geme – non si rispondere in ordini verbali. ordini verbali, dolorosi. Non contrae o afferra) modo corretto Non ha deficit ma non può può allo stimolo alla sensazione sensoriale che comunicare comunicare il doloroso, a causa di disagio limiti la sempre il suo proprio disagio del diminuito livello correlata alla capacità di disagio o il se non di coscienza od pressione sentire ed bisogno di gemendo o alla sedazione esprimere il cambiare agitandosi dolore o il posizione O disagio. O O Limitata capacità Ha di percepire dolore Ha impedimento al in molte zone del impedimento al sensorio che corpo sensorio che limita la limita la percezione del capacità di dolore o avvertire il disagio almeno dolore o il per la metà del disagio in una corpo o due estremità grado di esposizione della pelle all’umidità la pelle è abitualmente asciutta. Le lenzuola sono cambiate ad intervalli di routine. SPESSO BAGNATO: pelle sovente, BAGNATO: ma non sempre umida. la pelle è Le lenzuola occasionalmen devono essere te umida, cambiate richiede un almeno una cambio di volta per turno. lenzuola extra una volta al giorno COSTANTEMENT E BAGNATO: la pelle è mantenuta costantemente umida dalla traspirazione, dall’urina ecc.. Ogni volta che il paziente si muove o si gira lo si trova sempre bagnato 19 ATTIVITÀ: CAMMINA FREQUENTE MENTE: CAMMINA IN COMPLETAMENT OCCASIONAL POLTRONA: E ALLETTATO: grado di attività MENTE capacità di costretto a letto fisica cammina camminare cammina al di occasionalmen severamente fuori della te durante il limitata o camera almeno giorno ma per inesistente. due volte al brevi distanze Non mantiene giorno e dentro con o senza la posizione la camera una aiuto. eretta e/o deve volta ogni due Trascorre la essere assistito ore (al di fuori maggior parte nello delle ore di di ogni turno a spostamento riposo) letto o sulla sulla sedia o sedia sulla sedia a rotelle MOBILITA: LIMITAZIONI ASSENTI: capacità di cambiare e di controllare le posizione del corpo si sposta frequentement e e senza assistenza PARZIALMEN TE LIMITATA: MOLTO COMPLETAMENT LIMITATA: E IMMOBILE: non cambia può fare alcun cambia occasionalmen cambiamento di frequentement te posizione posizione senza e la posizione del corpo o assistenza con minimi delle estremità spostamenti ma è incapace del corpo di fare frequenti o significativi cambiamenti di posizione senza aiuto 20 NUTRIZIONE: ECCELLENTE: assunzione usuale di cibo FRIZIONE E SCIVOLAMEN TO mangia la maggior parte del cibo. Non rifiuta mai un pasto. Talvolta mangia tra i pasti. Non necessita di integratori. ADEGUATA: PROBABILME NTE mangia più INADEGUATA: della metà dei raramente pasti, quattro mangia un porzioni o più pasto di proteine al completo, giorno. generalmente Usualmente mangia la metà assume dei cibi offerti. integratori Le proteine assunte o includono tre porzioni di si alimenta carne o latticini artificialmente al giorno. con NE o NPT Occasionalmen assumendo il te integratori quantitativo alimentari o nutrizionale riceve meno necessario quantità ottimale di dieta liquida o enterale MOLTO POVERA: non mangia mai un pasto completo. Raramente mangia più di un terzo di qualsiasi cibo offerto. Due o meno porzioni di proteine al giorno. Assume pochi liquidi e nessun integratore SENZA PROBLEMI APPARENTI: si sposta nel letto o sulla sedia in modo autonomo ed ha sufficiente forza muscolare per sollevarsi completamente durante i movimenti PROBLEMA: richiede da una moderata ad una massima assistenza nei movimenti. Frequentemente scivola nel letto o nella poltrona. Frequentemente richiede riposizionamenti con la massima assistenza. Sono presenti spasticità, contratture, agitazione, che causano costante attrito con il piano del letto o della poltrona. PROBLEMA POTENZIALE: si muove poco e necessita di assistenza minima. Durante lo spostamento la cute fa attrito con le lenzuola o con il piano della poltrona, occasionalmen te può slittare O è a digiuno o mantenuto con fleboclisi o beve bevande per più di cinque giorni 21 TOTALE INDICE………….LEGENDA: PAZIENTE A RISCHIO SE INFERIORE O UGUALE A 16 L'educazione sanitaria dei famigliari/caregivers alla prevenzione L’efficacia delle misure di prevenzione dipende dagli sforzi coordinati degli operatori sanitari e del paziente o in sua vece dei famigliari o più in generale del contesto che segue il paziente al domicilio. Per questo è necessario individuare programmi di educazione sanitaria mirata per tutti coloro che seguono il paziente, essi dovranno avvalersi, oltre che dell’educazione sanitaria svolta dai singoli operatori, di strumenti cartacei come il libretto per la famiglia e una scheda che identifichi tutte le operazione che devono essere svolte sul paziente. (AHRQ A) Obbiettivi della educazione sanitaria I Familari /contesto devono (AHRQ C): conoscere l’ eziologia delle LDD essere in grado di valutare il rischio mediante strumenti di valutazione in particolare a rilevare segni e sintomi di sofferenza tessutale mediante l’ispezione della cute attuare misure di protezione della cute attuare tecniche corrette di pulizia e igiene della cute attuare interventi finalizzati alla riduzione del rischio di LDD fornire una nutrizione corretta finalizzata alla prevenzione delle LDD conoscere e attuare i cambiamenti posturali conoscere e attuare tecniche di posizionamento corrette usare correttamente gli ausili (materassi, cuscini ecc..) 22 riferire agli operatori sanitari cambiamenti della cute o delle condizioni generali conoscere corretta nutrizione Vedi l'allegato libretto educazione alla famiglia La cura della cute Sia la cute secca che la cute costantemente bagnata evolvono più facilmente verso una lesione da decubito (In caso di cute bagnata il rischio di ldd é 6 volte maggiore) per questo è necessario garantire l’igiene, la pulizia e l’dratazione. Procedura cura della cute: 1. Eseguire una ispezione cutanea iniziale ed educare alla ispezione sistemica ad intervalli secondo rischio prestando particolare attenzione alle prominenze ossee. Documentare i dati in caso di alterazioni . (AHRQ C) 2. Educare a pulire la cute ad intervalli regolari ed ogni qualvolta si sporca, usando detergenti delicati per non irritare e/o seccare la cute e non asportare il film idrolipidico protettivo; usando esclusivamente acqua nel caso sia necessaria una elevata frequenza dei lavaggi; insegnare ad usare acqua non troppo calda e a ridurre al minimo la forza e la frizione sulla cute. (AHRQ C) 3. Insegnare a trattare la cute con prodotti idratanti (AHRQ C)e a ridurre le cause di disidratazione come una umidità relativa inferiore al 40%, il troppo freddo e il troppo caldo 4. Insegnare ad applicare pannoloni e similari ogni qualvolta sia necessario per evitare umidità da incontinenza , sudorazione e/o secrezione della ferita, ed a programmare cambi di biancheria adeguati in caso di sudorazione eccessiva. 23 La gestione del carico La corretta prevenzione richiede la protezione del paziente dalle forze fisiche prima citate: pressione frizione stiramento, per tutti i pazienti a rischio ldd Procedura gestione del carico: 1. Se indicato richiedere antidecubito(AHRQ B). al medico la prescrizione di materassino 2. Richiedere al medico la prescrizione di ausili antidecubito come cuscini antidecubito per comode e/o sedie se il paziente ne fa uso (AHRQ C) 3. Stimolare e motivare un incremento (o una conservazione ) della mobilità compatibilmente allo stato clinico e agli obbiettivi assistenziali se possibile collaborare con il FKT per la esecuzione di esercizi attivi e/o passivi soprattutto al fine di prevenire contratture che aumentano il rischio di LDD e limitano le posture assumibili dal paziente (AHRQ C) 4. Pianificare cambi di postura ogni due ore compatibilmente allo stato clinico e agli obbiettivi assistenziali e segnarlo nell’apposita scheda di assistenza per i familiari. (AHRQ B) 5. Quando pz posizionato in decubito laterale usare una inclinazione (<30%) che garantisca una assente o ridotta pressione sui trocanteri (AHRQ C) 6. Insegnare a eliminare e/o a ridurre al minimo le forze di stiramento e frizione mediante tecniche corrette di posizionamento e di mobilizzazione,come l’utilizzo di sollevatori, trapezzi o lenzuola prodotti lubrificanti o pellicole protettive, medicazioni protettive a base di idrocolloidi (AHRQ C) e/o imbottiture protettive; 7. Prevenire scivolamento del pz su comoda e a letto con schienale alzato(AHRQ C); posizionare il paziente in carrozzella o su sedia con una postura stabile allineata e il peso distribuito uniformemente(AHRQ C). 8. Consegnare alla famiglia il libretto di educazione sanitaria e illustrare il piano di mobilizzazione finalizzato alla gestione del carico ** 9. Posizionare e insegnare a posizionare il paziente mediante l’uso di cuscini o supporti di schiuma per evitare il contatto diretto tra prominenze ossee (come le ginocchia o le caviglie) (AHRQ C) 10. Posizionare adeguati ausili a seconda del rischio (da scarpetta in idrocolloide spesso o cavigliere apposite a cuscini sotto la lunghezza dell’arto inferiore atte a sospendere i talloni(AHRQ C). 11. Insegnare ad utilizzare e non rimuovere tali presidi e insegnare a non usare 24 ciambelle (AHRQ C) e altri erronei presidi. 12. Insegnare a non eseguire massaggi in corrispondenza di prominenze ossee (AHRQ C). LA VALUTAZIONE DELLE LESIONI La classificazione delle LdD Esistono diverse scale di classificazioni delle lesioni, in questo protocollo si fa riferimento alla scala proposta nel 1989 in U.S.A. dal National Pressure Ulcer Advisory Panel (N.P.U.A.P.) e alla scala dei colori che tiene conto delle caratteristiche della lesione: il nero rappresenta i tessuti non vitali, il giallo i tessuti infetti e il rosso il tessuto di granulazione. Secondo la classificazione NPUAP le lesioni da decubito si distinguono in 4 stadi: -STADIO I: eritema stabile della pelle (non lacerata) non reversibile alla digitopressione; il segnale preannuncia l’ulcerazione della pelle. Obiettivo: ripristinare la vascolarizzazione e prevenire l’ulcerazione cutanea. -STADIO II: ferita a spessore parziale che coinvolge l’epidermide e/o il derma. L’ulcera è superficiale e si presenta clinicamente come una abrasione, una vescica o una leggera cavità. Obiettivo: promuovere la riparazione dello stato tessutale coinvolto e prevenire ulteriori complicanze. -STADIO III: ferita a tutto spessore che implica danno o necrosi del tessuto sottocutaneo e che si può estendere fino alla fascia sottostante, ma senza attraversarla. L’ulcera si presenta clinicamente come una profonda cavità che può o non può essere sottominata. Obiettivo: rimuovere il tessuto necrotico\fibrinoso, promuovere la ricrescita dei tessuti, controllare le infezioni locali e favorire il ripristino dell’integrità cutanea. -STADIO IV: ferita a tutto spessore con estesa distruzione dei tessuti, necrosi o danno ai muscoli ossa o strutture di supporto (tendini, capsula articolare, etc…). Obiettivo: rimuovere il tessuto necrotico\fibrinoso, promuovere la ricrescita dei tessuti, controllare le infezioni locali e favorire il ripristino dell’integrità cutanea. 25 IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI DA DECUBITO I principi della medicazione ideale La medicazione ideale: è una medicazione che, interagendo con la lesione, crea o mantiene un microambiente ottimale, con il giusto tasso di umidità e il giusto grado di temperatura, idoneo a favorire i processi di riparazione tessutale. La conoscenza che la guarigione in ambiente umido è più veloce e migliore che in ambiente secco è derivata dagli studi di G. Winter “Healing of Skin Wounds and the Influence of Dressing on the Repair Process1971” In seguito è stata formulata la teoria dello scivolamento progressivo per cui le cellule si generano per contatto con le cellule sane ai bordi della ferita; dal margine della ferita si spostano lateralmente e scivolano una sopra l’altra finché non vengono a contatto con il derma dove riassumono una forma rotondeggiante e si fermano per cui, in ambiente umido, l’epitelio migra tra essudato e derma, procedendo velocemente mentre in ambiente asciutto, l’epitelio migra tra il derma essiccato e il tessuto adiposo sottocutaneo, scollando i tessuti intermedi, procedendo molto lentamente. Inoltre si è scoperto che la composizione dell’essudato umano sotto una medicazione semipermeabile(I. Buchan, 1981) è ricca di nutrienti, proteine, elettroliti e metabolici inoltre l’essudato ha livelli più alti di anticorpi rispetto al sangue. Ulteriori studi (Myers JA (1982) hanno evidenziato gli effetti della temperatura sulla attività mitotica dei fibroblasti che risulta ottimale intorno alla costante temperatura intorno ai 36-37 gradi celsius e che si interrompe per molto tempo se sottoposti a temperature inferiori, ovvero a partire dal momento in cui viene completata la medicazione, il tempo di ripristino completo dell’attività mitotica dei fibroblasti oscilla tra le 3 e le 18 ore circa; La Wound Bed Preparation Secondo il recente il concetto di WBP (preparazione del letto delle ferite), il trattamento delle ulcere richiede un approccio completo che garantisca una eccellente preparazione del letto delle ferite che miri alla guarigione naturale e tenda a ottenere i massimi benefici dai prodotti avanzati attualmente disponibili. La presenza di tessuto necrotico o devitalizzato è comune nelle ferite croniche e la sua rimozione determina molti effetti benefici. Il tessuto non vascolarizzato, i batteri e le cellule fenotipicamente alterate (carica cellulare) che impediscono la guarigione vengono rimossi, creando un ambiente che stimola la crescita di tessuto sano. Alla luce di recenti studi sulla senescenza di alcune cellule presenti nelle ferite e sulla loro mancata risposta a taluni segnali, appare particolarmente importante intervenire con lo sbrigliamento che rimuove la carica cellulare e consente di creare un ambiente che 26 faciliti la guarigione. In modo dissimile di quanto avviene nelle ferite acute, che in genere richiedono un solo intervento di sbrigliamento, le ferite croniche possono richiedere uno sbrigliamento ripetuto (debridement di mantenimento). Le ferite croniche sono frequentemente colonizzate da batteri o funghi. Ciò, in parte, è dovuto al fatto che queste ferite rimangono aperte per lunghi periodi di tempo, ma anche a causa di altri fattori, come cattiva circolazione, ipossia e processi patologici sottostanti Esistono incertezze sul fatto che un’infezione conclamata debba essere trattata immediatamente e in modo aggressivo. L’ evidenza dimostra che una carica batterica >106 organismi per grammo di tessuto, limita seriamente la guarigione, anche se il motivo è poco chiaro. Recentemente è stato evidenziato un crescente interesse per la possibile correlazione tra presenza di biofilm nelle ferite croniche e loro mancata guarigione o riacutizzazione. I biofilm sono colonie batteriche rivestite e protette da uno strato di polisaccaridi, che le rende più resistenti all’azione degli antimicrobici. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per definire meglio il ruolo dei biofilm nel ritardo di guarigione delle ferite croniche. Una delle più interessanti scoperte degli ultimi 50 anni è stata l’importanza dell’ambiente umido nella stimolazione dei processi di riepitelizzazione delle lesioni; ciò ha permesso il successivo sviluppo di una vasta gamma di medicazioni che creano un microclima umido e favoriscono pertanto la “guarigione Lo schema TIME vuole correlare le anomalie patogenetiche sottostanti alla difficoltà di guarigione con l’utilizzo di terapie e procedure attuali. La preparazione del letto delle ferite non deve essere vista esclusivamente come una proposta a sé ma deve essere inquadrata in un approccio olistico al paziente con lesioni cutanee, approccio che tenga conto anche degli aspetti psicosociali del paziente e delle cause sottostanti correlate Alla luce di questo criterio, se tutti gli elementi dello schema TIME verranno correttamente considerati e eseguiti, aumenteranno le probabilità di guarigione di molte ferite. questo concetto si esplica attraverso l’acronimo TIME Termini proposti dall’Advisory Board EWMA : T = Tessuto non vitale o carente Trattamento del tessuto I = Infezione o infiammazione Controllo dell’infezione e dell’infiammazione M = Macerazione o secchezza (Squilibrio dei fluidi) Bilancio dei fluidi E = Epidermide ( Margini non proliferativi o sottominati) Margini epiteliali in attiva proliferazione 27 Il Protocollo trattamento ldd trattamento Generale e causale La procedura trattamento Generale e causale prevede: 1. Informare il paziente sulle procedure che state per eseguire 2. Valutare la presenza di patologie che potrebbero ostacolare la guarigione : Febbre fistole Tratti cavi – ascessi - Affezioni vie aeree – Insuf. Respiratoria - grave disidratazione –grave denutrizione etc 3. Collaborare col medico per eventuale trattamento patologie concomitanti 4. Ricercare la causa che ha determinato l’insorgenza di LDD e ridurla il più possibile. 5. Nel caso la causa non fosse sufficientemente ridotta, ovvero non si prevedono possibilità di guarigione, è inutile medicare con prodotti avanzati finalizzati alla guarigione, applicare medicazioni palliative asettiche che garantiscano la pulizia e l’isolamento della LDD nonché la prevenzione di complicanze a seconda delle previsioni di cambio e dei costi. 6. Valutare il quadro clinico generale , se non vi sono le condizioni per un miglioramento o guarigione della LDD applicare medicazioni palliative come sopra. 7. Valutare il grado di collaborazione ed eventualmente la possibilità di educare la famiglia/contesto ad affrontare le eventuali problematiche che possono insorgere a domicilio 8. Valutare la presenza e la qualità del dolore e se necessario collaborare col medico palliativista per il corretto trattamento (se il dolore è presente al solo cambio medicazione valutare la possibilità di usare prodotti meno aderenti come garze grasse o altro). trattamento Locale La procedura trattamento locale prevede: 1. Valutare la lesione Secondo lo stadio NPUAP e rilevarne le caratteristiche ( cute arrossata escara nera -gialla (slough) quantità e caratteristiche dell’essudato,tessuto di granulazione, ipercheratosi perilesionale, tessuto perilesionale arrossato – macerato indurito, zone sottominate-tunnel 2. Valutare eventuali segni di infezione come : infiammazione (gonfiore rossore ipertermia locale), cellulite, aumento del dolore, essudato purulento, lesione maleodorante, rapido deterioramento della lesione, aumento ingiustificato 28 dell’essudato, febbre. 3. Se sono presenti segni di infezione locale effettuare trattamento prova di 2 settimane con Sulfadiazina d’argento (attualmente l’unico antibiotico riconosciuto efficace dall’AHRQ e presente in Italia) (AHRQ A) 4. Medicare secondo le caratteristiche delle lesione: Medicazione Eritema Se la lesione è di primo grado ovvero solo presenza di eritema (non sbiancabile) accompagnato o meno da calore, edema, indurimento.(Nelle persone di colore può presentarsi come scolorimento o una colorazione grigia) Eseguire igiene della sede con acqua tiepida e sapone neutro; Applicare prodotti barriera (creme o oli) o applicare placca idrocolloidale o membrana poliuretanica Per tutti i tipi di lesioni Eseguire una detersione della LdD con fisiologica o ringer Asciugare tramite tamponamento e non frizione [AHRQ C] NON DISINFETTARE [AHRQ B] se non in casi strettamente necessari con evidenti segni di infezione e se la lesione è rimasta scoperta a causa del distacco della medicazione risciacquando dopo l’uso. Medicazione lesione con Escara nera o gialla Necessita di debridment [AHRQ C] meccanico autolitico o enzimatico del tessuto necrotizzato Applicare enzimi o idrogeli + medicazione secondaria; L’escara al tallone asciutta, non tenera e senza fluttuanza, eritema e suppurazione non va rimossa con nessun tipo di sbrigliamento ma monitorata per rilevare le complicanze che richiedono lo sbrigliamento. [AHRQ C] ; Medicazione lesioni essudanti È fondamentale mantenere la lesione umida ma non bagnata e quindi assorbire l’essudato in eccesso, evitando l’essicazione del fondo della lesione e la macerazione perilesionale: applicare alginati o schiuma di poliuretano o analoghe medicazioni assorbenti, proteggere, se necessario, la zona perilesionale con prodotti barriera Medicazione lesione granuleggiante o riepitelizzante Occorre mantenere un microambiente ottimale umido[AHRQ=B] ma non bagnato e a temperatura costante applicare medicazioni avanzate. 29 5. Rivalutare periodicamente la LDD 6. Alla guarigione della LdD ricontrollare l’efficacia della Educazione Sanitaria alla prevenzione LDD , assicurarsi che l’utente abbia gli opuscoli educativi, 7. consigliare l’attivazione precoce del servizio in caso di nuova LdD. 8. Se nonostante tutto la lesione non migliora: 9. trattare la lesione come se fosse infetta se ancora non migliora richiedere consulenza Medica chirurgica e internistica o di centro wound care. 30 PREVENZIONE E TRAT TAMENTO DI ULCERE AGLI ARTI INFERIORI INTRODUZIONE Principi di anatomia La circolazione degli arti inferiori si suddivide in sistema superficiale e sistema profondo. Il sistema superficiale è costituito piccola safena.o safena esterna dalla grande safena o safena interna e dalla Il sistema profondo, sottofasciale, è satellite del sistema arterioso ed è costituito essenzialmente dalle vene tibiali anteriori e posteriori e peroneali. Il sistema venoso profondo e superficiale sono collegati tra loro dalle vene perforanti con un decorso intramuscolare. E si distinguono in dirette ed indirette. Le vene degli arti inferiori sono provviste di numerose valvole, il numero delle valvole aumenta con il diminuire del calibro della vena. Le vene profonde della gamba hanno una valvola ogni 2/4 cm . La safena interna è dotata di un numero di valvole da 5/15, mentre quella esterna da 5/10. Le perforanti di solito sono provviste di due valvole, orientate in modo da dirigere il sangue dal sistema superficiale a quello profondo. Le perforanti del piede sono spesso sprovviste di valvole o se ci sono possono essere orientate sia in un senso che nell’altro, ne consegue che i due sistemi venosi comunicano liberamente tra loro. Le valvole assolvono alla funzione di convogliare al cuore il sangue che vi giunge tramite le arterie durante la sistole cardiaca. Le vie per le quali il sangue giunge alle vene sono tre: i capillari le anastomosi artero-venose attraverso le quali il sangue arterioso passa direttamente nelle vene la parete dei capillari traverso la quale rientrano nel letto vascolare i componenti 31 ematici che ne erano usciti per partecipare agli scambi ematotissutali Principi di fisiologia L’elemento più importante che si oppone al ritorno del sangue al cuore è la forza di gravità che è minima quando il paziente è in posizione orizzontale,( perché l’arto ritrova alla stessa altezza del cuore), ma aumenta quando l’individuo è in posizione eretta. Il flusso venoso dell’arto inferiore è regolato da alcuni fattori quali: la” vis a tergo”(forza di propulsione del ventricolo sin) lo schiacciamento venoso plantare la pompa muscolare durante la marcia la vis a fronte (forza di aspirazione del sangue verso il cuore data dalla variazione presso ria addominale e toracica) dal tono venoso attivo e passivo(dato dalla contrattilità delle vene) Principi di fisiopatologia La pressione venosa nella safena interna a livello del malleolo in un soggetto, sia esso sano o flebopatico, in posizione eretta e immobile è di circa 90 mm Hg ed è espressione della pressione idrostatica (legge di Bermulli P= psxΔh) tra l’atrio destro e il punto dove viene rilevata la pressione (circa 80 mmHg) + la pressione venosa a paz. orizzontale (10 mm Hg). Tale pressione venosa al malleolo però viene ridotta durante la deambulazione a circa 20 - 30 mm Hg nel soggetto sano grazie ai seguenti processi fisiologici: L’azione combinata della Pompa Muscolare del Polpaccio e della Pompa Plantare, se il sistema delle Valvole Venose funziona efficientemente, determina una accelerazione della circolazione del sangue e quindi la riduzione del volume di sangue venoso e della pressione venosa. L’insieme di questi tre processi può essere considerato una unica unità funzionale definita “Pompa Valvulo-Muscolare” (PVM). Nel soggetto flebopatico invece, a seconda della gravità dell’insufficienza venosa sottostante, tale riduzione è minore o addirittura, nei casi più gravi, si ha un aumento della pressione venosa. Ma anche quando la deambulazione è alterata si ha un 32 aumento della pressione venosa per disfunzione della PVM (sia nel sano che nel flebopatico). Se le valvole dei grossi vasi diventano incompetenti a causa di degenerazione primaria o di danno post-trobotico causeranno un reflusso venoso (F retrogrado) con conseguente ipertensione venosa deambulatoria nelle vene (mancato frazionamento della colonna di pressione da parte delle valvole incontinenti ) della parte inferiore della gamba; ciò causa un aumento della pressione idrostatica con conseguente perdita di fluido nei tessuti e la formazione dell’edema. La pressione idrostatica a livello capillare causa filtrazione ovvero passaggio di liquidi attraverso la barriera dal lume verso lo spazio interstiziale; mentre la pressione oncotica (pressione osmotica creata dai colloidi proteici nel plasma) causa il riassorbimento, in condizioni fisiologiche tali liquidi sono riassorbiti circa al 90 %, dalla stessa circolazione venosa e il restante 10% dal sistema linfatico. La relazione tra tali fattori è rappresentata dall’equazione di Starling In caso di alterazioni della rete capillare che interessano la permeabilità delle pareti capillari e/o i gradienti di pressione idrostatica e oncotica, il primo sintomo è l’edema, cioè l’accumulo di fluido nel tessuto extravascolare, nel caso che la causa persista, il quadro clinico potrà evolverà verso una vera e propria interstiziopatia fino alla trombosi capillare, alla necrosi tessutale e infine all’ulcera. La qualità della vita Vi è sicuramente un peggioramento nella vita dei pazienti con ulcere vascolari , nel lungo termine dolore e disagio alle gambe causano ripercussioni psicologiche e sociali; i pochi dati evidenziano come la condizione dell’ulcera interferisca con l’attività lavorative e ricreativa e che i pazienti colpiti accusano un dolore tale da condizionarne l’umore per la maggior parte della giornata 33 TRATTAMENTO LESIONI AGLI ARTI INFERIORI INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO La gestione di ogni paziente affetto da un’ulcera degli arti inferiori richiede innanzi tutto un corretto inquadramento diagnostico eziopatologico vascolare, che comprenda la storia clinica completa (anamnesi), un esame obiettivo, la misurazione dell’indice ABPI (ankle brachial pressure index) e l’esecuzione dell’ecocolordopler per una diagnosi fisiopatologia differenziale. Anamnesi Storia clinica del paziente e dell’ulcera [RNAO C]: Periodo di insorgenza Sede di insorgenza Precedenti episodi ulcerativi Tempo libero da ulcere Precedenti interventi chirurgici sul sistema venoso Fattori di rischio: Ridotto movimento della caviglia Articolazione dell’anca bloccata Mobilità limitata Fumo Malnutrizione (obesità-denutrizione-cachessia) Non collaborazione Fattori predisponenti segni e dati tipici per malattia venosa/arteriosa [RNAO C]: Famigliarità di flebopatia/arteriopatia 34 Pregressa patologia varicosa Pregressa frattura Dolore AAII a riposo o in deambulazione Pesantezza AAII Diabete Malattie cardiache Misurazione delle pressioni arteriose (Indice ABPI) [RNAO A] L’indice, valicato da vari studi, è l’esame più affidabile per riconoscere una insufficienza arteriosa; consiste nel rapporto tra la pressione alla caviglia e l’omerale Eco - Eco color dopler [RNAO B] Esame non invasivo che fornisce informazioni anatomiche e funzionali sul circolo venoso e arterioso, precisando la sede dell’insufficienza venosa (circolo venoso superficiale profondo o perforanti) o la sede di ostruzioni arteriose. Esame degli Arti inferiori Segni di Malattia Venosa [RNAO C] : Ulcera poco profonda nella regione para malleolare Edema Corona flebectasica alla caviglia Eczema Lipodermatosclerosi 35 Iperpigmentazioni Atrofia bianca Segni di malattia arteriosa [RNAO C] : Ulcera con bordi netti di forma regolare in regione antero esterna di gamba o dorso del piede Fondo dell’ulcera di colore giallo pallido poco per fuso Cute pallida fredda con chiazze rosso – cianotiche Riduzione degli annessi pilo-sebacei Assenza di polsi arteriosi Esame dell’ulcera Fondo dell’ulcera : giallo stadio essudativo nero stadio necrotico rosso stadio di granulazione rosa stadio di riepitelizzazione odore dell’essudato e sua quantità bordi dell’ulcera : cute perilesionale : eczematosa , ipercheratosica, ipodermitica, cellulite, flogosi, 36 edema dimensioni; monitoraggio mensile [RNAO B] TRATTAMENTO DELL’ULCERA Trattamento locale dell’ulcera con medicazioni Nella maggior parte dei pazienti affetti da ulcere venose delle gambe, l’applicazione di bendaggi ad elevata compressione, in combinazione con medicazioni semplici non adesive [RNAO A], è sufficiente a stimolare lo sbrigliamento autolitico, controllare l’essudato e favorirne la guarigione entro 24 settimane. La maggioranza delle ulcere venose non complicate mostra in genere una scarsa quantità di tessuto necrotico e non richiede pertanto sbrigliamento mentre possono presentare elevate quantità di essudato. Per il resto i principi della guarigione in ambiente umido e quindi le indicazioni per il trattamento delle ldd si possono ritenere valide anche per le ulcere degli arti inferiori. Eventuali problemi relativi alla cute perilesionale, come formazione di callo e ipercheratosi, possono interferire con la guarigione. Lo sviluppo di callo duro o di croste, p.e., possono essere causa di aumento della pressione sotto compressione, rendendo necessaria pertanto un’accurata e attenta rimozione della stessa. Gli innesti I pazienti affetti da ulcere molto secernenti, presenti da lunga data, molto estese o molto dolenti sono difficili da portare a guarigione, mediante il solo uso di medicazioni tradizionali e l’uso del bendaggio. Trattamento alternativo è in questi casi l’innesto cutaneo. L’innesto può essere autologo, omologo o eterologo: Autologo : si parla di innesto autologo quando la cute è prelevata dal paziente stesso che deve riceverla, è perciò una tecnica invasiva, e talvolta può comportare una difficile guarigione del sito di prelievo. 37 Omologo: l’innesto che utilizza cute prelevata da un donatore, e raccolta in presso banche del tessuto dove viene crio-preservata o glicerolizzata. Indicate in particolare su lesioni molto estese (superfici > 200 Cm²). Eterologo: L’innesto eterologo utilizza cute liofilizzata animale , soprattutto suina, non vitale con funzione di medicazione biologica. La cute trapiantata agisce attraverso un processo protezione e di stimolazione del tessuto di granulazione e di riepitelizzazione del ricevente che … ha anche un effetto analgesico in quanto vanno a coprirsi le terminazioni nervose presenti nel letto dell’ulcera di riduzione dell’essudato con un notevole miglioramento della qualità della vita. TRATTAMENTO DELL’ARTO ELASTO-COMPRESSIONE [RNAO A] Definizione La terapia elastocompressiva consiste nell’applicazione di una pressione esterna sulla superficie cutanea della gamba, uniforme sulla circonferenza di ogni sezione e decrescente dal malleolo al polpaccio, con lo scopo di correggere la circolazione venosa, e ridurre così l’edema, l’ipertensione venosa, l’eventuale ischemia locale e promuovere la guarigione di eventuali ulcere. L’applicazione di una compressione graduata corretta è il mezzo più efficace per una guarigione dell’ulcera venosa. E’ stato ampiamente dimostrato che la compressione da risultati migliori della non compressione. La compressione può essere ottenuta con bende o con calze elastiche. Nelle ulcere venose, con ABPI ≥ 0.8 si raccomanda di utilizzare un sistema di copmpressione multistrato, capace di restare in sede almeno 7 giorni; le ulcere maggiormente secernenti richiedono cambi più frequenti [RNAO A] Il bendaggio multistrato ha dimostrato maggior efficacia rispetto al bendaggio monostrato. Le calze elastiche di II e III classe sono raccomandate soprattutto per la prevenzione di recidive che per il trattamento di ulcere. 38 Cenni storici Fasciature compressive e sistemi di tamponi per compressioni selettive sono stati adoperati fin dalla notte dei tempi nel trattamento delle ferite e delle ulcere degli arti inferiori e nei disordini del circolo venoso. Scopi dell’elastocompressione Una elastocompressione corretta esercita, in rapporto alla capacità che l’individuo ha di deambulare, una pressione dosata sui tessuti e sulle vene migliorando l’efficacia della pompa valvulo-muscolare ottenendo cosi: il controllo dell’edema; il contenimento dell’ipertensione venosa persistente e dei suoi effetti negativi; il miglioramento della circolazione, in particolare capillare con conseguente miglioramento dell’ossigenazione e della nutrizione dei tessuti. Razionale della terapia elastocompressiva Effetti sul circolo venoso: La compressione di sufficiente intensità delle grandi vene con valvole incompetenti, ne riduce il diametro, come dimostrato dalla flebografia e dal sistema ultrasonografico Duplex3, (rende la sezione ellittica), ne riduce il volume e riavvicinando le valvole, produce un aumento del flusso ortogrado (cioè verso il cuore) e quindi una riduzione del reflusso venoso patologico e del volume ematico locale, ciò può portare all’aumento del precarico cardiaco e a una variazione della gittata cardiaca di circa il 5% per tale motivo si sconsiglia di fasciare coscia e polpaccio nei pazienti con il cuore non in perfette 39 condizioni. Riducendo il diametro dei vasi sanguigni più grandi si ottiene l’aumento della velocità di circolazione (a flusso arterioso costante). Nei pazienti in posizione supina, pressioni di oltre 10 mmHg circa bastano a ridurre la stasi venosa, (una delle cause principali della formazione di trombi), riducendo nettamente il volume sanguigno della parte inferiore della gamba e aumentando la velocità di circolazione del sangue. Pressioni superiori a 30 mmHg non producono ulteriori aumenti della velocità di circolazione del sangue nelle vene più grandi o nei capillari in quanto a tale valore di pressione si ottiene lo svuotamento massimo dei vasi e il volume venoso non può essere ridotto ulteriormente. In posizione eretta la pressione della parte inferiore della gamba fluttua durante la deambulazione tra 20 e 100 mmHg, per cui l’intensità di compressione deve essere maggiore (p.es.: 40-50 mmHg) per ottenere un effetto rilevabile nella circolazione sanguigna. A seconda dell’intensità della pressione applicata, il bendaggio compressivo aumentando la pressione tissutale ed abbassando la pressione trans-murale può variare il volume interno di vene, arterie e vasi linfatici. I vasi vicini alla superficie della cute vengono compressi maggiormente rispetto a quelli più in profondità in quanto la forza compressiva viene parzialmente dissipata dalla pressione dei tessuti circostanti. Secondo i risultati di alcune ricerche di medicina nucleare, la compressione induce l’eliminazione dal tessuto più di acqua che di proteine, aumentando quindi la pressione oncotica dello stesso. Ciò provoca la riaccumulazione rapida di fluido edematoso se la compressione viene interrotta. L’elastocompressione ha dimostrato quindi effetti positivi sul macro e microcircolo in corso di insufficienza venosa cronica riduzione del sovraccarico valvolare accelerazione del trasporto linfatico, miglioramento delle condizioni dell’interstizio, diminuzione della pressione interstiziale ed endolinfatica; riduzione dei reflussi patologici e aumento della velocità del sangue, riduzione dell’edema, della flebostasi e dell’ipertensione venosa migliorando l’ischemia e le manifestazioni cliniche dell’IVC. Anche la compressione pneumatica intermittente di 30-80 mmHg facilita il ritorno venoso, riduce l’edema e può anche causare l’aumento del flusso arterioso (mediante un certo tipo di risposta iperemica reattiva) Nonostante la compressione non dovrebbe ostacolare il flusso arterioso, non si hanno attualmente evidenze cliniche convincenti che indichino l’intensità di compressione che può essere applicata a un arto senza causare problemi, in particolare nell’eventualità di provocare danni al sistema arterioso. L ‘applicazione di bendaggi compressivi a corta estensibilità e la deambulazione può migliorare il trasporto linfatico subfasciale ma potrebbe però ridurre il trasporto linfatico prefasciale a causa della riduzione di filtrazione. L’efficacia della terapia compressiva nella riduzione di edema può essere spiegata più dalla riduzione del fluido linfatico nel tessuto che non dal miglioramento del trasporto linfatico. 40 Legge di Laplace La pressione esercitata sulla superficie cutanea dal sistema elastocompressivo è regolata dalla Legge di Laplace modificata Eirnason: P = Tn/rA P = pressione esercitata sulla superficie cutanea n = numero di spire applicate: ad ogni sovrapposizione di spire aumenta la pressione esercitata (e diminuisce la elasticità) T = tensione del tessuto elastico inizialmente determinata dalla forza applicata su di esso durante l’applicazione del bendaggio. r = raggio di curvatura della sezione della benda. A = altezza benda. La pressione applicata sarà quindi direttamente proporzionale alla tensione del (T) tessuto elastico ed al numero (n) di spire applicate mentre sarà inversamente proporzionale al (r) raggio di curvatura della superficie compressa e all’altezza (h) della benda. Ne consegue quindi che, senza variare la tensione di applicazione, la pressione decrescerà con il naturale aumentare del raggio di curvatura dal basso verso l’alto della gamba (conformazione a cono rovesciato). Effetti della Legge di Laplace e loro correzione Ora se la pressione che noi applichiamo fosse esercitata su di un cilindro (a raggio uniforme) essa dipenderebbe unicamente dalla tensione del tessuto elastico. Essendo invece la forma della gamba molto diversa da un cilindro, il raggio di curvatura della benda applicata su di essa varia moltissimo da punto a punto: esso è molto grande nelle superfici convesse e manca del tutto sulle superfici concave mentre è molto piccolo sulla cresta tibiale e sul tendine di Achille. Ne consegue che la pressione esercitata alla caviglia è molto elevata sul tendine di Achille e sulla salienza ossea della cresta tibiale mentre é ridotta sul polpaccio e addirittura nulla a livello delle cavità retromalleolari. 41 Per applicare una pressione uniforme su tutta la circonferenza di ogni sezione occorre uniformare il raggio di curvatura della benda. Quindi nelle zone convessa con un raggio di curvatura grande, una superficie piana o addirittura una concavità (rischio di essere sottoposte ad una pressione troppo bassa) disogna ridurre il raggio di curvatura della benda mediante l’applicazione di spessori supplementari (pads, pelottes, gomma piuma, spessori in latex, in poliuretano, caucciù o silicone).mentre in tutti i casi in cui le superfici hanno un raggio ridotto e quindi a occorre aumentare il raggio, proteggendo ad esempio le sporgenze ossee con l’applicazione di cotone di Germania, viscosa o gomma piuma (smussare gli spigoli). Queste particolari forme di compressione che variano il raggio della curvatura della benda, vengono denominate rispettivamente: C. Concentriche :che agiscono in funzione della tensione del tessuto e delle variazioni di volume dell’arto durante la deambulazione. C. Eccentriche Positive: in cui la pressione risulta localmente aumentata C. Eccentriche Negative: in cui la pressione risulta localmente diminuita. LA CLASSIFICAZIONE DEI PRESIDI …….. Le calze elastiche Le calze elastiche agiscono attraverso una tensione predeterminata della fibra elastica. L’operatore deve misurare il diametro (all’altezza della caviglia e del cavo popliteo) e la lunghezza della gamba, secondo il tipo di calza da impiegare. Solo in questo caso la terapia sarà efficace. Distinguiamo tre tipi di calze elastiche: CALZE PREVENTIVE Si misurano in DEN, ossia il calibro della fibra elastica con cui sono intessuti. Distinguiamo tre tipi di calze: 40 DEN, 70 DEN, 140 DEN. Le calze preventive garantiscono una pressione che, secondo il numero di denari, varia da 12 a 18 mm hg. Questo tipo di calze va impiegato a scopo preventivo e in assenza di patologie e il suo uso deve essere proporzionato al fattore di rischio. 42 CALZE ANTITROMBO Prevengono la TVP. Sono impiegate nel periodo perioperatorio, indossate prima dell’intervento e rimosse alla piena mobilizzazione. Determinano una compressione di Non sono indicate nel trattamento delle ulcerazioni cutanee. 18 mm hg. CALZE TERAPEUTICHE Si misurano in mm hg e sono suddivise in quattro categorie o classi (K): Classe 1 = 15 - 21 mm hg Classe2 = 23 - 32 mm hg Classe 3 = 34 - 46 mm hg Classe 4 = > 46 mm hg I bendaggi elasto-compressivi Non esiste attualmente una normativa internazionale o quanto meno Europea che classifichi i bendaggi elastocompressivi. Esistono delle normative nazionali tra cui quelle più importanti sono quella tedesca e quella inglese. La normativa tedesca ( RAL GZ 387 ) distingue i materiali di bendaggio in: -materiale di protezione, assorbimento e fissaggio (cotone di Germania, bendaggi coesivi leggeri, mousse) e materiale per compressioni eccentriche; -bende anelastiche (bende rigide all’ossido di zinco, Circ-Aid) -bende a corta estensibilità (estensibilità fino al 70% della lunghezza ) -bende a media estensibilità (estensilbilità compresa tra il 70 e140%) -bende a lunga estensibilità (estensibilità oltre il 140%) 43 L’elasticità è la capacità di ritornare alla lunghezza originaria dopo allungamento, essa dipende dal numero di fili elastici e dalla loro sezione . In base alla elasticità possiamo dividere le bende in : Benda anaelastica quando non è estensibile Benda elastica quando è estensibile, essa può essere monoelastica se si estende solo in senso longitudinale o bielastica se si estende sia in senso longitudinale che trasversale Nei bendaggi elastici, piccole variazioni dell’estensione (che possono verificarsi durante la deambulazione) causano fluttuazioni minime della pressione del bendaggio. Questo tipo di bende è anche in grado di assorbire le variazioni della circonferenza dell’arto che si verificano con la riduzione dell’edema, contenendo le variazioni della pressione entro livelli minimi. D’altro canto con le bende anelastiche la pressione compressiva può variare sensibilmente quando si verificano cambiamenti minimi nella forma del polpaccio. Questo tipo di bende può fornire una pressione elevata durante la deambulazione ma una bassa pressione di riposo. L’estensibilità è la capacità di un bendaggio di allungarsi quando sottoposto ad una forza tirante e dipende dalle sue proprietà elastiche; In base alla estensibilità i bendaggi si distinguono in bendaggi a corta e media estensibilità quando danno bassa pressione di riposo ed elevata pressione di lavoro. bendaggi a lunga estensibilità quando danno elevate pressione di riposo e basse pressione di lavoro. Non vi è una relazione standard tra forza applicata /tensione ed estensibili ovvero bende diverse possono raggiungere estensioni simili quando vengono applicate forze di intensità molto diversa Il bendaggio può essere classificato anche in base al tempo di permanenza in : bendaggio mobile ha la caratteristica di essere rimosso periodicamente nell’arco delle 24 ore e di essere gestito direttamente dal paziente bendaggio fisso viene applicato dall’operatore sanitario quando è necessario che 44 rimanga in situ per lunghi ed interrotti periodi. Le bende possono inoltre essere classificate in : bende salvapelle costituite da materiale di poliuretano, per la protezione di stazioni anatomiche delicate e fragili bende adesive che aderiscono alla cute assicurando una contrazione protratta nel tempo bende coesive le cui spire sono capaci di ancorarsi una all’altra bende alle paste intrise di paste (ossido di zinco, ossido di zinco e curarina, ittiolo) AZIONE DEL BENDAGGIO ELASTOCOMPRESSIVO Pressioni fornite dal bendaggio Durante la marcia le pressioni variano sia in senso qualitativo che quantitativo, a causa delle variazioni dinamiche del volume e del perimetro della gamba. Possiamo così distinguere la pressione a riposo)e pressione di lavoro. Tali pressioni misureranno valori diversi a seconda della deambulazione e del tipo dim benda utilizzata. La pressione di riposo (misurata quando l’arto è a riposo), corrisponde alla pressione di applicazione e dipende dalla elasticità della benda, più estensibile è la benda, maggiore è la pressione di riposo. La pressione di lavoro (misurata in deambulazione) risulta dalla resistenza che la benda oppone alla espansione dei muscoli, essa dipende dalla estensibilità della benda: meno estensibile è la benda, maggiore è la pressione di lavoro. Bendaggio nella pratica clinica Anamnesi e rilievo dati Prima di applicare qualsiasi tipo di bendaggio considerare: 45 patologia da trattare compliance del paziente( intolleranza alla costrizione,dolore) deambulazione del paziente tipo e frequenza delle medicazioni condizioni della cute forma dell’arto presenza di arteriopatia ,scompenso,neuropatia Collaborazione familiare Misurazione dell’ABPI Prima di eseguire l’elastocompresione è necessaria la palpazione dei polsi periferici per controllare la perfusione arteriosa. Tale metodo, da solo non costituisce un metodo di valutazione adeguato pertanto è necessario eseguire una valutazione pressoria periferica misurando l’indice pressorio caviglia-braccio(ABPI) utilizzando un doppler ad onda continua. Il doppler ci permette inoltre di verificare la perfusione perifrica quando la palpazione risulta impossibile Per fare questo esame occorre: Paziente disteso a riposo da almeno 5 minuti Posizionare manicotto dello sfigmomanometro alla caviglia Con sonda da 8MHz e inclinata di 45° rispetto al presumibile maggior asse del vaso percepire arteria tibiale posteriore (nella doccia retromalleolare) e arteria pedidia (sul dorso del piede in corrispondenza del II dito) Gonfiare il manicotto fino alla scomparsa del segnale acustico Sgonfiare molto lentamente fino alla ricomparsa del segnale che indica la pressione vigente. Considerare il valore più alto tra tibiale posteriore e pedidia Rilevare pressione omerale ed effettuare il rapporto tra i due valori pressione caviglia/pressione braccio pressori: L’indice deve essere valutato separatamente a dx e a sin 46 Valori di riferimento: normale 1 o superiore a 1 si può bendare arteriopatia lieve: 0.70- 0.90 possibile bendare arteriopatia moderata: 0.40-0.69 attenzione personale esperto arteriopatia severa <0.40 non bendare Qualche volta l’APBI non è affidabile, specialmente nei pazienti diabetici dove le calcificazioni vascolari possono impedire la compressione delle pareti arteriose e quindi la corretta scomparsa del flusso causando falsi positivi. La classificazione delle ulcere alle gambe In base all’indice ABPI : Ulcere venose senza complicazioni: ulcere in presenza di malattie venose con indice maggiore di 0.8 Ulcere venose con complicazioni: ulcere in presenza di malattie venose con indice minore di 0.8 Ulcere arteriose e miste insufficienza arteriosa moderata indice 0.5- 0.8) Ulcere arteriose e venose miste ( insufficienza arteriosa grave con indice inferiore 0.5) Ulcere arteriose Ulcere da altra causa non classificabili in base all’ABPI Tecnica di esecuzione del bendaggio 1. Scegliere il tipo di benda. 2. Fare mettere il paziente in posizione supina con la gamba rilassata. 3. Posizionare il piede leggermente rialzato e a 90° . 4. Applicare il bendaggio dalla radice delle dita del paziente fino a sotto il ginocchio. 5. Svolgere il bendaggio con un movimento avvolgente in supinazione sollevando il margine mediale del piano plantare(in pronazione in caso di piede cavo sollevando il margine laterale). 47 Utilizzare bende alte da 7.5 a 10 cm Applicare un primo strato costituito da una benda di garza in cotone o tessuto non tessuto secca o medicata (ossido di zinco, ossido di zinco e cumarina). Applicare un secondo strato costituito da materiale di protezione in cotone laminato o materiale sintetico che ha anche la funzione di correggere il raggio di curvatura (compressioni eccentriche) Compattare il cotone con una benda di garza in cotone o coesiva di fissaggio. Applicare la benda scelta mediante una tecnica di avvolgimento a “spirale” con sovrapposizione della meta o di due terzi delle spire, oppure con tecnica “ a otto “ o “a lisca di pesce” Sommario delle raccomandazioni [estratto da centro studi EBN Bologna ] Accertamento Misurazione del rapporto pressorio brachiale della caviglia (l'indice) (ABPI) da Doppler portatile è essenziale nell'accertamento di ulcere croniche di gamba (E= B). Pazienti con un ABPI < 0.8 si dovrebbe presumere che abbiano malattia arteriosa (E=B). L'area di superficie dell'ulcera dovrebbe essere misurata e documentata nel tempo (E=B). Una non-guarigione o un’atipica ulcera di gamba dovrebbe essere riferita per una biopsia (E=C). Test Batteriologici dovrebbero essere utilizzati solamente dove c'è evidenza clinica di infezione come cellulite (E=B). I pazienti con ulcera di gamba associata a dermatite dovrebbero essere assegnati per patch-testing eseguiti con una specifica serie per ulcera di gamba (E=B). Pazienti con le caratteristiche seguenti dovrebbero essere riferite allo specialista adatto ad un primo stadio di gestione: (E=C). Diabete mellito malattia arteriosa periferica (ABPI <0.8) artrite reumatoide / vasculiti sospetto della malignità 48 la distribuzione atipica di ulcere dermatite o dermatite resistente a steroidi d’uso topico pazienti che possono trarre profitto da chirurgia venosa fallimento a progressi nonostante si segua questo orientamento. Trattamento La compressione Graduata dovrebbe essere usata per migliorare l'insufficienza venosa (E=B). La compressione Graduata dovrebbe essere usata per guarire ulcere venose e non complicate (E=A). La compressione Elastica è il trattamento di prima scelta per ulcere di gamba venose e non complicate (E=A). Il bendaggio Multistrato è raccomandato (E=A). Le gambe Ulcerate dovrebbero essere lavate in acqua di rubinetto normalmente e dovrebbero essere asciugate attentamente (E=A). . Nel trattamento di ulcere venose sono raccomandate medicazioni semplici non aderenti, anche se nessuna medicazione specifica ha dimostrato miglioramenti nelle percentuali di guarigione (E=A). Idrocolloidi o medicazioni-bendaggi di schiuma possono essere validi nelle ulcere dolorose (E=A). Antibiotici dovrebbero essere riservati per l'evidenza di cellulite o infezione attiva prima di esser somministrati (E=A). Antibiotici d'uso topico frequenti sono irritanti e dovrebbero essere evitati (E=B). . La terapia sistemica nel trattamento di ulcere di gamba non è raccomandata (E=A). La chirurgia Venosa seguita da compressione graduata dovrebbe essere presa in considerazione in pazienti con ulcerazione venosa cronica (E=B). Rivalutazione La rivalutazione formale dovrebbe essere effettuata oltre le 12 settimane dopo l'inizio del trattamento e successivamente a Intervalli di 12-settimane (E=C). 49 Prevenzione secondaria Le calze e calzini di compressione graduata e usate correttamente dovrebbero essere prescritte per almeno cinque anni per tutti i pazienti che sono guariti con successo dalle ulcere venose alle gambe (E=A). Sintesi delle raccomandazioni 1. LA COMPRESSIONE AUMENTA LA PERCENTUALE DI GUARIGIONE DELL’ULCERA RAPPORTATA ALLA NON COMPRESSIONE. 2. I SISTEMI MULTI-STRATI SINGOLOSTRATO. SONO PIÙ EFFICACI CHE IL SISTEMA 3. L’ALTA COMPRESSIONE È PIÙ EFFICACE CHE LA BASSA COMPRESSIONE MA NON C’È UNA CHIARA DIFFERENZA NELL’EFFICACIA TRA I DIFFERENTI TIPI DI ALTA COMPRESSIONE. CLASSIFICAZIONE ULCERE AAII Ulcere arteriose Sono causate da insufficienza arteriosa (arteriopatia ostruttiva), l’indice ABPI è inferiore a 0,8 (in assenza di diabete e connettivopatia), necessitano di accertamento diagnostico vascolare ed eventuale rivascolarizzazione Ulcere miste Sono associate a più di un fattore patogenetico, l’elasto-compressione è rischiosa (consigliabile l’esecuzione sotto stretta sorveglianza con indice compreso tra 0.6 e 0.8 50 solo da professionista esperto), non esistono attualmente guide sicure sulla terapia più idonea. Ulcere reumatologiche Appaiono piccole multiple e ben demarcate, molto dolenti , situate sul dorso del piede o sulla gamba; guariscono molto lentamente. Ulcere Diabetiche Si localizzano al piede , soprattutto sulle sporgenze ossee ed hanno un aspetto necrotico. Può avere varie componenti eziopatogenetiche : neuropatia, arteriopatia e insufficienza venosa Ulcere neoplastiche Anche se rare vi sono ulcere di natura neoplastica e ulcere che degenerano in neoplasie Ulcere Atipiche Alcune ulcere si manifestano con caratteristiche (forma,dimensioni,bordi) o per localizzazione atipiche Ulcere complicate Da comparsa di dermatite periulcerosa (eczema) comparsa di Infezione. allergica o da contatto o da 51 DESCRIZIONE PRODOTTI UTILIZZATI Antisettici locali Vanno usati solo quando necessari perché sono irritanti per cute e mucose, ostacolano la formazione dei fibroblasti e la riepitelizzazione e inattivano l’azione degli enzimi proteolitici. E’ necessario rimuovere l’antisettico con soluzione fisiologica o ringer lattato prima dell’applicazione della medicazione. Creme a base di sostanze lipidiche Olio di mandorla e prodotti barriera (ossido di zinco) sono utili nelle lesioni di primo grado e per la protezione della cute perilesionale. Hanno azione di idratazione e di protezione contro la macerazione. Enzimi proteolitici Sono usati su ferite umide con presenza di aree necrotiche o accumulo di fibrina. L’applicazione va rinnovata, dopo detersione con soluzione fisiologica o ringer, due volte al giorno. E’ sufficiente uno strato sottile di prodotto protetto da una pellicola semipermeabile o da una medicazione non aderente. Non usare insieme ad Acqua Ossigenata o disinfettanti poiché ne annulla l’efficacia. Questo trattamento si utilizza fino a completa detersione della lesione. Possono causare eritemi dei bordi della ferita, utile proteggere questi ultimi con prodotti barriera. Idrogeli Hanno una marcata capacità idratante e sono necessari per promuovere il processo di autolisi. Vanno usati in lesioni secche o lievemente essudanti in quanto la loro capacità assorbente è limitata. Si applicano dopo detersione con soluzione fisiologica o ringer e si ricopre con medicazione semipermeabile. E’ ideale come trattamento prima della rimozione chirurgica di un’escara. Gli idrogeli ipertonici, avendo una maggior concentrazione salina, sono più attivi e rapidi nel debridment ma necessitano di una protezione e/o controllo della zona perilesionale. Carbone attivo + argento metallico Rimuove l’essudato in eccesso ed ha azione antisettica. Il carbone elimina l’essudato e riduce i cattivi odori. L’argento elimina i batteri ed è attivo anche contro i germi antibiotico-resistenti. Se la lesione è asciutta il prodotto va utilizzato solo se inumidito con soluzione fisiologica o dopo aver applicato sulla lesione una medicazione non 52 aderente. La medicazione può rimanere in sito fino a sette giorni, si può modellare anche in ferite cavitarie purché non la si tagli. Solfadiazina argento E’ un antimicrobico locale ad ampio spettro, a base di argento solfadiazina. E’ una crema che viene applicata direttamente sulla lesione, si ricorda che il prodotto si inattiva dopo le 24H e quindi al fine di un risultato più rapido se ne consiglia l’uso quotidiano. Idrocolloidi Si presentano sotto forma di cialde plasmabili adesive o paste,fatte di materiale a base di carboidrato,munite di un sostegno idrorepellente.Questo tipo di medicazioni è normalmente impermeabile all’ossigeno, all’acqua e all’umidita’ atmosferica . Nel caso la lesione sia molto profonda si puo’ riempire la cavita’ con idrocolloidi in pasta o granuli.Sono controindicati in lesioni infette o molto essudanti. Alginati Hanno un alto grado di assorbenza per cui sono indicati nell’ulcera con essudato medio abbondante. Il gel che si forma a contatto con la ferita crea un ambiente umido che favorisce il processo di riparazione. Sono adatti al riempimento di cavità e possono rimanere in sede da uno a sette giorni in base alla quantità di essudato. Fibre idrocolloidali Hanno caratteristiche simili agli alginati. Sono indicate in lesioni cavitarie iperessudanti. Schiume in poliuretano e medicazioni assorbenti Sono materiali assorbenti non aderenti alla lesione sotto forma di placche o spugnette ovoidali. Mantengono un ambiente umido e favoriscono la cicatrizzazione. Non sono indicati in caso di infezioni. La sostituzione della medicazione, previa detersione deve avvenire a saturazione (da uno a sette giorni). Assimilabili alla categoria sono le schiume a base di siliconi che aggiungono il vantaggio di avere una bassa adesività sulla ferita Pellicole o film semipermeabili poliuretanici Sono usate in lesioni molto superficiali come unica medicazione. La pellicola va 53 sostituita in caso di distacco o ogni tre\quattro giorni. Collageno liofilizzato E’ indicato nelle lesioni superficiali o profonde ben deterse, umide e granuleggianti. La tavoletta può rimanere in sito fino a cinque\sette giorni o fino a consumazione, coperta da una medicazione secondaria. Medicazione pluristratificata Sono medicazioni composte da uno strato estermo di schiuma\pellicola di poliuretano che protegge la ferita da contaminazioni da agenti esterni e consente una migliore gestione dei liquidi derivanti dall’evaporazione dell’essudato assorbiti dalla medicazione,da uno strato di idrofibre non tessute che assorbono e trattengono l’essudato producendo un gel coesivo e da un sottile strato adesivo perforato che consente un rapido assorbimento dell’essudato consentendo allo stesso tempo di mantenere in sede la medicazione. La delicata adesività della medicazione e la sua capacita’ di trattenere il fluido in eccesso aiutano a proteggere la cute perilesionale. La medicazione assorbe i fluidi prodotti dalla ferita e crea un ambiente umido che favorisce il processo di guarigione della ferita e aiuta a rimuovere i tessuti devitalizzati senza danneggiare il tessuto neoformato. Possono essere utilizzate come medicazioni primarie o secondarie associate ad altri prodotti medicamentosi. Possono permanere in sito fino ad un massimo di sette giorni in base alla quantità di essudato prodotto dalla lesione. Facilitano l’auto medicazione da parte dell’utente. Garze saline ipertoniche Sono garze di cotone con una presenza salina grazie alla quale facilitano il debridment e hanno azione antisettica locale. Garza iodoformica Garza tradizionale che conserva validità come garza antisettica nelle lesioni con molta fibrina gialla e ad alto pericolo infettivo, non vanno assolutamente usate su tessuto sano, esse inattivano molti enzimi proteolitici. Medicazione secondaria Medicazione di sovracopertura a protezione di una medicazione primaria, può essere di tipo permeabile, semipermeabile od occlusiva. 54 Fattori di crescita La struttura dei diversi fattori di crescita implicati nella guarigione delle ferite croniche, può essere alterata40 e disorganizzata41. Ne consegue pertanto che fornire fattori di crescita esogeni al microambiente della ferita può stimolare la crescita. Molti fattori sono stati valutati, ma il fattore di crescita di derivazione piastrinica, attualmente, è il principale fattore di crescita autorizzato per l’applicazione topica nel trattamento delle sole ulcere diabetiche42. Medicazioni/trattamenti bioattivi Le moderne medicazioni delle ferite, sviluppate per creare e mantenere un ambiente umido, si sono di recente evolute verso una nuova generazione di prodotti, che interagiscono attivamente con la ferita per stimolarne la guarigione. Esempi sono medicazioni per la modulazione delle proteasi, che stimolano la guarigione inattivando gli eccessi di proteasi43 e una serie di prodotti a base di acido ialuronico esterificato, in grado di rilasciare acido ialuronico nella ferita29. Inibitori della proteasi È stato recentemente descritto10 un nuovo inibitore sintetico dell’attività proteasica in grado di inibire gli enzimi che degradano l’ECM senza però influire sulla attività delle proteasi necessaria alla normale migrazione dei cheratinociti. Ciò suggerisce che in futuro sarà possibile sviluppare agenti farmacologici altamente specifici per il trattamento di difetti delle ferite di difficile guarigione. 55 ALLEGATI 56 LIBRETTO EDUCAZIONE SANITARIA USO FAMIGLIA [estratto dal protocollo ASL3 genovese] Le Lesioni da decubito: Generalmente col termine di lesioni da decubito vengono indicate le lesioni che compaiono prevalentemente a seguito dell’allettamento o a seguito di un prolungato posizionamento su comoda in soggetti con una limitata capacita di movimento ovvero di cambiare la loro posizione nel letto o nella comoda . La causa della lesione è l’ischemia (assenza di circolazione del sangue) che si viene a creare a causa della pressione esercitata dal peso del paziente sul punto di appoggio, protratta oltre due ore (in media circa) causa la morte del tessuto compresso (necrosi). Il soggetto sano compiendo piccoli movimenti a cui spesso non porge attenzione evita il protrarsi della ischemia, il soggetto anziano invece non compie spontaneamente tali movimenti a causa della sua ridotta capacità motoria e spesso anche a causa della sua ridotta sensibilità sensoriale per cui non percepisce se non in ritardo sia la sensazione di formicolio sia la sensazione di dolore. Lesioni da decubito vengono comunemente chiamate anche le lesioni che insorgono a seguito di sfregamento (per esempio quando il paziente viene tirato sul letto verso la testiera) o da macerazione quando le feci o le urine rimanendo a lungo a contatto con la cute la aggrediscono chimicamente o anche la semplice umidità. Altra causa spesso sottovalutata è la rimozione del cerotto e di alcuni tipi di medicazioni. I punti in cui compaiono prevalentemente le LDD sono le prominenze ossee: Sacro, trocantere, talloni e più raramente nuca, orecchie, vertebre, gomiti, spalle. Concausa , ovvero condizioni predisponenti o favorenti la insorgenza delle LDD sono la febbre, la disidratazione e una errata alimentazione oltre a varie patologie. 57 Sedi di insorgenza: Le principali aree interessate all’insorgenza di LDD sono quelle in corrispondenza di prominenze ossee, dove il tessuto sottocutaneo è scarso; in questi punti le forze sui tessuti sono più concentrate rispetto ad altre parti del corpo; questo avviene in relazione sia alla compressione che alla trazione. In base alla posizione assunta dalla persona le zone prevalentemente interessate sono di seguito illustrate: Come prevenire le LDD Per prevenire le LDD occorre ridurre il più possibile se non eliminare le cause: Applicare i dispositivi anti-decubito come il materassino e il cuscino per la comoda etc. Mobilizzare il paziente ogni due ore ed eseguire gli spostamenti con tecniche corrette(vedi scheda). Idratare e alimentare correttamente il paziente. Mantenere la cute del paziente pulita e idratata (anche con creme idratanti). Controllare periodicamente la cute (particolarmente in prossimità di prominenze ossee) per rilevare i segni precoci per potere attuare il trattamento precoce di ogni possibile LDD. Controllare l’ambiente calore, umidità. Piano di Mobilizzazione mediante il cambio di postura Una appropriata prevenzione delle LdD necessità la riduzione al minimo delle pressioni in corrispondenza delle prominenze ossee, luogo dove si formano con maggior frequenza le LdD e la riduzione del tempo in cui vengono esercitate tali pressioni. sulla base di ricerche ormai validate é stato stabilito un intervallo ideale per il cambio 58 posturale di 2 ore. I principi scientifici da seguire nel cambiamento posturale sono: Per pazienti allettati cambiare la postura ogni 2 ore; utilizzare ausili che mantengano le prominenze ossee sollevate e separate tra di loro (esempio cuscini – talloniere – gomitiere); attenzione alla posizione del cuscino nel decubito laterale che deve sostenere la gamba superiore senza però comprimere la inferiore per non causarne rischio di flebotrombosiusare presidi che annullino completamente la pressione sui talloni semplicemente sollevando questi ultimi dal letto. La sospensione dei calcagni rimane la soluzione migliore. Tuttavia il cuscino sotto le gambe (utilizzato appunto per sospendere i talloni) può provocare congestione venosa ed edema. La soluzione migliore rimane quella dell’utilizzo di appositi talloniere. Non utilizzare ciambelle o dispositivi simili in quanto ostacolano l’apporto ematico all’area che si suppone debbano proteggere, si spostano molto facilmente con i movimenti, provocando danni da compressione oltre che da frizione; posizionare i pazienti in decubito laterale a 30° circa evitando la pressione direttamente sul trocantere. Si è notato infatti che in tale posizione si ha una riduzione della pressione di contatto e un aumento dell’ossigenazione tissutale rispetto all’angolazione a 90°; alzare la testata del letto il meno possibile (30° circa) e per il minor tempo possibile. In tal modo si riducono le forze di stiramento e si previene l’eventualità per il paziente di “scivolare” verso il basso; usare ausili che sollevino il paziente durante gli spostamenti e i cambi di postura (traversa o sollevatore) anziché trascinare il paziente causando attrito sulla cute; garantire un corretto allineamento dei segmenti corporei; posizionare gli individui a rischio su materassino antidecubito. Per pazienti su comoda o carozzina cambiare la postura ogni ora; istruire il paziente (se è in grado) a sollevare il peso e a variare leggermente la posizione ogni 15 minuti; posizionare cuscini antidecubito sulla sedia o carrozzina (evitare ciambelle); garantire l’allineamento posturale, la distribuzione del peso, il bilanciamento e la stabilità al fine di ridurre al minimo la pressione. 59 Come curare le LDD Per prima cosa bisogna eliminare La causa secondo i criteri prescritti nel paragrafo precedente per la prevenzione. Il nostro servizio segue un protocollo basato sulla letteratura scientifica internazionale che usa medicazioni diverse a seconda delle caratteristiche della lesione . I principi generali sono i seguenti: Innanzi tutto la lesione deve essere detersa: se presenta quindi tessuti necrotici vanno rimossi. La lesione pulita e granuleggiante va mantenuta in un ambiente umido ma non bagnato e a temperatura corporea. La lesione va quindi scoperta il meno possibile ovvero si cerca la medicazione che possa durare il più a lungo possibile compatibilmente con la quantità di essudato e la contaminazione batterica 60 SCHEDA PREVENZIONE ad uso Assistenza Famigliari/ assistenti dei pazienti a rischio LDD o con LDD [già compresa nel protocollo ASL 3 Genovese] Controllare la cute del paziente , particolarmente le prominenze ossee ogni …………. Pulire la cute ogni ………… ed ogni qualvolta si sporca, usando detergenti delicati a PH neutro o sola acqua non troppo calda Non frizionare la cute ne per lavare ne per asciugare ne per massaggiare in particolare modo con alcool. Idratare la cura con oli o creme apposite o ………………………………….. Controllare l’umidità e temperatura dell’ambiente Usare pannoloni, cambiare la biancheria ogni qualvolta il paziente è bagnato Usare sempre gli ausili antidecubito forniti in modo corretto senza interporre nulla: Cuscino Materassino altro Stimolare la motilità del paziente Quando il paziente è posizionato a letto Cambiare postura del paziente ogni …………………. Posizionare i pazienti in decubito laterale a 30° Alzare la testata del letto il meno possibile (30° circa) e per il minor tempo possibile Usare ausili che sollevino il paziente durante gli spostamenti e i cambi di postura (traversa o sollevatore) anziché trascinare il paziente causando attrito sulla cute Usare cuscini o ……………… tra le prominenze ossee Usare ausili che mantengano le prominenze ossee sollevate (esempio cuscini – talloniere – gomitiere); Tenere i talloni sollevati dal letto Non utilizzare ciambelle etc Quando il paziente è posizionato su sedia o carrozzina Cambiare la postura ogni ora; Istruire il paziente (se è in grado) a sollevare il peso e a variare leggermente la posizione ogni 15 minuti; Posizionare cuscini antidecubito sulla sedia o carrozzina (evitare ciambelle); Garantire l’allineamento posturale, la distribuzione del peso, il bilanciamento e la stabilità alfine di ridurre al minimo la pressione. Indicazioni Aggiuntive: 61 SCHEDA DI VALUTAZIONE LESIONI DA DECUBITO [già compresa nel protocollo Asl 3 genovese] data nascita ValutazioneI niziale Cognome e nome SEDE FORMA E DIMENSIONI QUANTITA’ ESSUDATO ……………………………………………. Lunghezza ………… Larghezza ………… Profondità ………… ASSENTE Stadio NPUAP Tracing su acetato o foto In data:……… raccolte cavitarie tunnel Sottominata SCARSA MODERATA ABBOND. MOLTO ABBOND. Sieroso siero-ematico purulento TIPO DI ESSUDATO tessuto necrotico: escara tessuto necrotico: slought tessuto di granulazione tessuto epiteliale CUTE PERILESIONALE eritema macerazione cellulite indurimento edema eczema ipercheratosi DOLORE assente TIPO DI TESSUTO (DA SEGNALARE AL MEDICO MMG O AL PALLIATIVISTA) SEGNI E SINTOMI DI INFEZIONE (DA SEGNALARE AL MEDICO MMG O AL PALLIATIVISTA) NOTE ……….. presente Valutazione dolore: scala di valutazione numerica Sede…………………………………….. 0 = assenza di dolore 10 = dolore massimo continuo intermittente solo cambio medicazione 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 infiammazione: gonfiore rossore ipertermia locale cellulite aumento del sintomo dolore essudato purulento lesione maleodorante rapido deterioramento della lesione febbre ………………………………………………………………………… 62 SCHEDA DI VALUTAZIONE LESIONI VASCOLARI Cognome e nome Data nascita Valutazione iniziale ANAMNESI E CONDIZIONI GEN ESAME CLINICO GAMBA CIRCONFERENZA POLSI ARTERIOSI DIAGNOSI Data …………………. IP……………………………………. pat.genetiche pat dismetaboliche pat ematologiche altro…………………... obesità cachessia diabete pregressa flebite storia di ulcere nei familiari varici edema pigmentazione eczema lipodermatosclerosi atrofia bianca cicatrici di ulcere blocco articolare caviglia caviglia Dx …….. caviglia Sn ……… Polpaccio Dx ……… Polpaccio Sn ………... FORMA PROFONDITA' TESSUTI irregolare e rottondeggiante strato dermo epidermico fibrina IPERETENSIVA ARTERIOSA anteriore gamba DORSO PIEDE a stampo fascia tendinea-muscoli necrosi ESSUDATO essudante molto essudante asciutta SEDE VASCULITICA MISTA VENOSA regione malleolare retrom. fascia Mediale 3° inf. gamba LINFATICA LDD DIABETICA/NEUROPATICA piede Sieroso siero-ematico N° …………… granuleggiante epitelizzante purulento maleodorante COLORE FONDO rosso cianotico roseo pallido rosso vivo rosso nero giallo verdastro edema??? Atrofia bianca pallore T fredda pigmentazioni petecchie indurita ??? ipodermite cute fibrosa prurito oppressivo urente formicolio continuo VAS = 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0 cambio med arrossamento calore tumefazione cellulite macerazione eritema pulsante MARGINI rilevati e introflessi ipertrofici e vegetanti DIMENSIONI Lunghezza ……… Larghezza ……… Profondità ...………… sottominati Ipercheratosi Tracing su acetato o foto In data:……… CUTE PERILES. DOLORE frastagliati e/o arciformi tagliati a picco 63 GLOSSARIO *(conforme alla classificazione CEAP) ATROFIA BIANCA o ATROPHIE BLANCHE * Area biancastra e atrofica, circoscritta spesso circolare della cute circondata da chiazze di capillari dilatati e talvolta iperpigmentazione. Spiegazione: è un segno di malattia venosa severa. Lesioni cicatriziali di ulcere guarite sono escluse in questa definizione. AUTOLISI Il processo di scissione degli elementi che costituiscono il tessuto necrotico, ad opera dei leucociti. CELLULITE La diffusione nella superficie cutanea o in regioni prossimali, di una infezione non suppurativa. Viene circoscritta dai meccanismi di difesa dell’orga-nismo. CHELOIDE Una spessa protuberanza di tessuto cicatriziale il quale reagisce in modo spropositato rispetto alla quantità di tessuto necessario per la chiusura della ferita. Questa esagerata crescita di collagene può continuare per un tempo considerevole (anni) e può invadere la cute sana, nell’area perilesionale. Non si deve confondere il cheloide con l’ipergranulazione o la cicatrice ipertrofica CICATRICE IPERTROFICA Si sviluppa subito dopo che la ferita è stata procurata, qualunque ne sia stata la causa; in particolare si sviluppa a seguito di episodi di acne, ferite chirurgiche e vaccinazioni. COLLAGENE Una proteina generata da fibro-blasti che serve da supporto per l’organizzazione del 64 tessuto connettivo quale la pelle e i legamenti. Rappresenta il 30% circa del totale di proteine presenti nell’organismo. COLONIZZAZIONE La moltiplicazione di microrganismi senza che si verifichi una pari reazione dell’ospite, cioè della persona aggredita. CONTAMINAZIONE Presenza di microrganismi patogeni o materiale infetto su superfici o oggetti normalmente sterili, senza che essi si moltiplichino. CORONA FLEBECTASICA Teleangectasie intradermiche a ventaglio localizzate nelle regione laterale e mediale del piede. Spiegazione: il significato e la localizzazione sono controverse e richiedono alcune considerazioni. A volte potrebbe rappresentare il segno iniziale di malattie venose in stadio avanzato. In alternativa si può riscontrare negli arti che presentano semplici teleangectasie in altre sedi. Sinonimi: “flare” malleolare, “flare” della caviglia. DEBRIDMENT La rimozione del tessuto necrotico e del materiale estraneo da una ferita. EDEMA Incremento percepibile del volume del fluido nel tessuto sottocutaneo identificato dalla formazione di una impronta sotto pressione. Spiegazione: questa definizione include solo l'edema attribuibile alla malattia venosa. L'edema venoso si manifesta di solito nella regione della caviglia ma può estendersi al piede e alla gamba. 65 ECZEMA* Eruzione eritematosa, vescicolare, essudativa o desquamativa della cute della gamba. Spiegazione: è spesso localizzato vicino a vene varicose, ma può essere riscontrato in qualsiasi zona della gamba. Talvolta può estendersi a tutto il corpo. L'eczema è di solito dovuto a malattie venose croniche e/o alla sensibilizzazione a terapie locali. Sinonimi: dermatite da stasi. ERISIPELA* Malattia febbrile acuta caratterizzata da infiammazione ed eritema cutaneo con segni e sintomi sistemici. Se non viene adeguatamente trattata (penicillina, eritromicina, applicazioni di solfato di magnesio) conduce alla morte. ERITEMA L’arrossamento della pelle dovuto ad una iperemia. ESCARA FIBROBLASTA Le cellule che danno origine al tessuto fibroso. GRANULAZIONE Proliferazione di masserelle carnose in ferite che non si sono cicatrizzate per contatto. Ciascuna granulazione rappresenta la crescita di un vaso sanguigno da uno preesistente. Il nome deriva dal fatto che la germinazione del nuovo tessuto assomiglia a piccoli granuli. INFEZIONE I microrganismi patogeni non sono soltanto presenti ma si moltiplicano e producono 66 nell’ospite una reazione. Questa può assumere varie forme e la sua identificazione può essere difficile per chi non è pratico ed è definita, appunto, infezione. (Vedi anche “contaminazione” e “colonizzazione”). LIPODERMATOSCLEROSI* Indurimento cronico della cute localizzato, talvolta associato a cicatrizzazione e/o contrattura. Spiegazione: è un segno di malattia venosa severa, caratterizzata da infiammazione cronica e fibrosi della cute, del tessuto sottocutaneo e talvolta della fascia. IPODERMITE L'ipodermite viene riferita ad una forma acuta di lipodermatosclerosi. E' caratterizzata da fragilità e diffuso arrossamento della cute dovuto ad infiammazione acuta. Spiegazione: L'assenza di linfoadenite e di febbre differenzia questa condizione dalla eresipela o cellulite. MACERAZIONE Processo di rammollimento del tessuto causato dall’eccessiva ritenzione di umidità in un determinato distretto. MATRICE EXTRACELLULARE È una sostanza base costituita da fibre; è materiale amorfo, tipo gel, che riempie gli spazi intracellulari con fluidi e glicoproteine. NECROSI La morte localizzata del tessuto. In questo caso il tessuto è spesso di colore nero o marrone e, al tatto, somiglia al cuoio. PIGMENTAZIONE* 67 Scurimento pigmentato brunastro della cute che si riscontra di solito nella regione della caviglia ma che può estendersi al piede ed alla gamba. Spiegazione: è una modificazione iniziale della cute. SLOUGH Devitalizzazione del tessuto che assume una colorazione bianca, giallastra o grigia. TELEANGECTASIA* Confluenza di venule intradermiche permanentemente dilatate di meno di 1 mm di calibro. Spiegazione: esse dovrebbero essere normalmente visibili da una distanza di 2 metri in buone condizioni di luce. Sinonimi: “spider veins”, “hyphen webs”, “thread veins” TROMBOSI VENOSA PROFONDA La TVP è un disturbo della coagulazione del sangue. Quando il ritmo circolatorio rallenta a causa di una malattia, una ferita operatoria, scarsa motilità degli arti, il sangue tende ad accumularsi (stasi venosa) e rappresenta un ambiente ideale per la formazione di trombi. ULCERE VENOSE* Alterazioni croniche della cute che non riescono a guarire spontaneamente, causate da malattie venose croniche. Riguardo la classificazione CEAP, la classe 4 viene suddivisa in due parti: C4a, comprendente la pigmentazione e l’eczema, e la classe C4b, con lipodermatosclerosi e atrofia bianca, allo scopo di definire più correttamente la severità delle alterazioni 68 trofiche considerando che i segni della classe C4b sono predittivi dello sviluppo di ulcere VASCULITI Infiammazioni di piccoli vasi arteriosi, venosi o linfatici da cui risulta la formazione di fibrosi e trombi. È normalmente associata a malattie reumatiche. È sinonimo di angioite. VENE RETICOLARI* Vene intradermiche bluastre permanentemente dilatate solitamente di diametro da 1 mm a meno di 3 mm. Spiegazione: sono di solito tortuose. Questo esclude vene visibili "normali" nei soggetti con cute trasparente. Sinonimi: vene blu, varici intradermiche, venulectasie. VENE VARICOSE* Vene sottocutanee permanentemente dilatate, di 3 mm di diametro o più, in posizione eretta. Spiegazione: le vene varicose sono solitamente tortuose ma anche le vene rettilinee con reflusso possono essere classificate come varicose. Possono essere vene varicose tronculari, tributarie o non safeniche. Sinonimi: varice, varici, varicosità. 69 BIBLIOGRAFIA Documenti di riferimento: Pressure ulcers in adults: prediction and prevention. -Clinical practice guideline, number 3 AHCPR Publication N° 92-0047 - Rockville MD USA 1992 traduzione Aldo Calosso - Ermellina Zanetti Lesioni da decubito: le competenze dell’infermiere - Asl 3 Genovese - Corbella F. Bafico - Genova 2000 Linee guida sulla prevenzione e il trattamento delle lesioni da decubito. - Azienda ospedaliera S. Orsola Malpighi - Bologna 2001 Helios – aggiornamenti in wound care – Basi teorico pratiche per il protocollo aziendale di prevenzione e trattamento delle LDD - AAVV 1999 Prevenzione e trattamento delle lesioni da decubito - Linee guida - Zanetti E. Calosso A. - Milano 2000 La terapia elastocompressiva degli arti inferiori V. Mattagliano, G. Mosti WWW.ulcerevascolari.it Comprendere la terapia compressiva Documento di posizionamento EWMA Prove di efficacia nel trattamento delle lesioni cutanee su base vascolare. Centro studi EBN Bologna Nel trattamento delle Lesione venosa può essere utile l’elastocompressione ? Centro 70 Studi EBN Bologna Attualità in tema di ulcere vascolari P Bonadeo Dispense Corso Wound care Milano bicocca Wound bed preparation Documentom di posizionamento EWMA Identificazione dei criteri delle ferite infette Documento di posizionamento EWMA Linee Guida IVC Acta Flebologica Vol 4 N 1,2 Agosto 2003 La terapia Compressiva nell’insufficienza venosa cronica Guido Arpaia Le Ulcere Dell’arto inferiore B. Paggi E. Ricci Aislec –Masson Protocollo prevenzione e cura lesioni da decubito ASL 3 Genovese a cura di: la prevenzione Ldd - Paolo Berna; la nutrizione - Massimiliano Rossi ; i Presidi - Bruno Ribattino; il trattamento – Paolo Berna Giuseppe Benazzi Elena Oliva. Protocollo di prevenzione e trattamento delle Lesioni da pressione Azienda Ospedaliera villa Scassi: a cura di Bedin Federico, Convento Catia Maura, Gagliano Carmelo, Granara Deborah, Bertolotto Roberto, Marchelli Marco, Ottonello Pellegro, Pierri Mauro. 71 Indice I PERCORSI ASSISTENZIALI 1 INTRODUZIONE Razionale ed epidemiologia Le Classificazioni Indicatori di risultato implementazione dei percorsi 1 1 3 3 3 I Percorsi assistenziali condivisi Gli Obbiettivi I percorsi LA Presa in carico Le consulenze Inquadramento diagnostico del paziente 4 4 4 5 6 7 VALUTAZIONE E GESTIONE NUTRIZIONALE 8 Introduzione Fisiopatologia I segni di malnutrizione Valutazione nutrizionale Gestione nutrizionale Le evidenze Indicazioni nutrizionali 8 8 8 9 10 10 11 Procedura valutazione e gestione nutrizionale 13 PREVENZIONE E TRATTAMENTO LESIONI DA DECUBITO Inquadramento diagnostico del paziente affetto da ldd Definizioni e Fisiopatologia LDD La Prevenzione ldd La Valutazione del rischio Scala di valutazione del rischio di LdD di Braden L'educazione sanitaria dei famigliari/caregivers alla prevenzione La cura della cute La gestione del carico La valutazione delle Lesioni La classificazione delle LdD Il trattamento delle lesioni da decubito I principi della medicazione ideale La Wound Bed Preparation Il Protocollo trattamento ldd PREVENZIONE E TRATTAMENTO DI ULCERE AGLI ARTI INFERIORI 14 14 14 18 18 19 22 23 24 25 25 26 26 26 28 31 Introduzione Principi di anatomia Principi di fisiologia Principi di fisiopatologia La qualità della vita 31 31 32 32 33 Trattamento Lesioni agli arti inferiori 34 72 Inquadramento diagnostico Anamnesi Misurazione delle pressioni arteriose (Indice ABPI) [RNAO A] Esame degli Arti inferiori Esame dell’ulcera Trattamento dell’ulcera Trattamento locale dell’ulcera con medicazioni Gli innesti Trattamento dell’arto Elasto-compressione [RNAO A] Definizione Cenni storici Scopi dell’elastocompressione Razionale della terapia elastocompressiva Legge di Laplace Effetti della Legge di Laplace e loro correzione La classificazione dei presidi …….. Le calze elastiche I bendaggi elasto-compressivi AZIONE DEL BENDAGGIO ELASTOCOMPRESSIVO Pressioni fornite dal bendaggio Bendaggio nella pratica clinica Sommario delle raccomandazioni Sintesi delle raccomandazioni Classificazione ulcere AAII 34 34 35 35 36 37 37 37 38 38 39 39 39 41 41 42 42 43 45 45 45 48 50 50 DESCRIZIONE PRODOTTI UTILIZZATI 52 ALLEGATI 56 Libretto Educazione Sanitaria Uso Famiglia Le Lesioni da decubito: Sedi di insorgenza: Come prevenire le LDD Piano di Mobilizzazione mediante il cambio di postura 57 57 58 58 58 SCHEDA PREVENZIONE 61 SCHEDA DI VALUTAZIONE LESIONI DA DECUBITO 62 SCHEDA DI VALUTAZIONE LESIONI VASCOLARI 63 GLOSSARIO 64 BIBLIOGRAFIA 70 73