Pubblicazioni Tommaso NOBILE, Nomi popolari delle vie d'Ostuni, Locorotondo, Angelini & Pace, 1954, pagg. 91. L'A. rinverdisce nel ricordo delle denominazioni dialettali della sua Ostuni vicende e uomini della bianca cittadina pugliese. E' una rievocazione semplice, in tono minore forse, ma ricca di spontanea suggestività, dell'antica, pittoresca toponomastica ostunese. Gabriele MARZANO, Il Museo Provinciale " Francesco Ribezzo „ di Brindisi, Fasano di Puglia, Arti Grafiche N. Schena, 1961, pagg. 32, tavv. XXXV. In sobria e perspicua rassegna, l'A., che, alla solerzia con cui attende alla direzione del Museo « Ribezzo », unisce la volontà di giovare agli studi interessanti la vicenda archeologica di Brindisi e del suo territorio, illustra in questa guidaitinerario le collezioni vascolari e il gabinetto delle statue che rendono singolarmente interessante il piccolo ma ricco museo brindisino. Guido GREZZI, Uomini nuovi, Roma, Ernesto Gremese Editore, s. d. pagg. 221. E' il libro di testo del corso di educazione civica, ad uso delle scuole secondarie inferiori. L'A. espone sobriamente, con stile piano e discorsivo, i principi relativi a quelle discipline tendenti alla formazione della personalità civile e sociale delle nuove generazioni. Egli, secondo le disposizioni del programma ministeriale d'insegnamento dell'educazione civica, divide il suo lavoro in due sezioni. Nella prima, attraverso un'intelligente scelta di opere interessanti la storia, il diritto, la sociologia, l'economia, la morale, redige una enciclopedia di varia e notevole cultura. Nella seconda sezione, l'A. traccia i principi essenziali del sistema costituzionale dello Stato, non trascurando di riferire nozioni generali in materia sindacale, amministrativa e internazionale. Il libro, che si giova di un metodo espositivo agile, preciso, sempre efficace, offre ai docenti una valida guida nell'esposizione della disciplina, dischiudendo ai cittadini di domani le vie della personalità civile, della coscienza sociale, dell'amore e della difesa delle libertà democratiche. (M. P.) G. MOSCARDINO, La Chiesa di S. Giovanni al Sepolcro di Brindisi nella Storia dell'Arte, Brindisi, Tip. Abicca, s. d. (ma 1961). Di un ottimo contributo alla migliore conoscenza del tempietto di S. Giovanni al Sepolcro di Brindisi — una delle più interessanti espressioni del medioevo artistico in genere ed architettonico in particolare salentino — si è fatto autore Giuseppe Moscardino con questo opuscolo in ottavo oblungo; un contributo, ol- 242 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce tretutto, documentato in quanto l'autore, nel corso della sua esposizione, si rifà a tutta la letteratura che sul tempietto, nel corso degli anni, si è andata accumulando e lo fa in una sua maniera garbata, rifuggendo da ogni arricciatura retorica che pur l'amore per le patrie cose poteva suggerire. Varii e discordi i pareri intorno all'origine della Chiesa di S. Giovanni al Sepolcro di Brindisi: di essa una prima menzione certa si trova in un documento — dal quale il Moscardino, citandolo in parte, prende l'avvio — del 1187, aprile, riflettente una controversia, documento che è possibile leggere per intero nel « Codice Diplomatico Brindisino » a pag. 44; dopo di che l'autore prende a scorrere la letteratura recente, che parte da una lettera che il Salazzaro scriveva al Tarantini, nella quale è contenuta una congettura dell'eminente studioso intorno al tempietto: « In quanto al Tempio di San Giovanni ricordo di aver letto in un'opera architettonica dello Schiuls, che Boemondo alzò la detta Chiesa prima di partire da Brindisi con i suoi crociati... ». Che è certamente l'opinione più accettabile, di contro a quella che vuole il Tempio — secondo quello che congetturò il Camassa nella sua Guida di Brindisi del 1910 — come la derivazione da un tempietto pagano, al qual proposito non sembra inutile osservare come lo stesso Camassa, nella sua sua Guida di Brindisi del 1897 (Stab. Tip. D. Mealli) segue, in tutto e per tutto,\ l'opinione del Salazzaro, di questo anzi, a proposito del detto tempio, riportando interi brani, senza peraltro citarne la fonte, che è quella, ancora per molti versi, valida, « Studi sui Monumenti dell'Italia Meridionale dal IV al XII secolo », pag. 30 della seconda parte. Dopo di che il Moscardino fa una breve disamina delle opinioni del Moricino, la cui opera resta ancora manoscritta (e non è chi non veda di quanti si occupano delle cose di Brindisi come una edizione dell'opera del Moricino sarebbe opportuna, appunto per ristabilire il pensiero dell'autore dopo le ruberie deplorate anche nell'opuscolo del Moscardino!), del Marzolla e del Riedesel, la cui opinione intorno al tempietto avremmo desiderato veder citata per intero; scriveva, infatti, il celebre studioso tedesco nel 1767: « Sì dice, che la chiesa del Santo Sepolcro sia stata un tempio antico, di forma rotonda, e poiché è costruito, con grosse pietre, a crudo, ossia senza calce, né cemento; la cosa sembra molto verosimile. Quel che vi è di certo è che questo edificio, non appartiene ai buoni tempi dell'architettura; la sua forma non è perfettamente circolare, e non vi è portico all'entrata; essa descrive un semicerchio differente, che non fa corpo, col resto della costruzione, il che ci dà una irregolarità sgradevole. Si riconosce pure il cattivo gusto, del dempo della decadenza delle arti; negli ornamenti dell'antica porta, che oggi, è murata. Questo edificio ha la volta, ed è interamente sostenuto da colonne di marmo ». Comunque, il Casotti, che tanto tempo ed ingegno spese alla illustrazione dei monumenti del Salento, in un suo capitolo sul tempio di Brindisi, pur rivedendo un po' il giudizio di merito, ricalca le opinioni del Riedesel; ecco come si esprime il Casotti: « La tradizione e l'istoria di tutti questi passaggi trovano solido fondamento nei caratteri architettonici del Monumento. E prima la rotondità dell'edificio, i grossi blocchi, che lo compongono messi insieme senza calce né cemento fanno giustamente ritenere ch'esso sia più antico dei Crociati e dei Greci del basso impero; e che stato ab antico pagano fu, come tanti altri templi, spezialmente rotondi, conservato senza alterazione al culto Cristiano... ». Dunque, i Crociati di Boemondo, partenti per la Crociata in Terrasanta, non avrebbero fatto altro che, rilevando il Tempio, apportare delle modifiche, sostanziali comunque, in rapporto ad una determinata architettura, ma a questo punto interviene la tesi di altri studiosi, quella della Sciarra per esempio, la quale rileva un rapporto di identità architettonica tra il Tempio di Brindisi e quello del S. Sepolcro di Gerusalemme ed il Moscardino, a sua volta, arricchisce di dati la tesi mettendo in rapporto il S. Giovanni di Brindisi con tutto il movimento artistico che si determinò nel Sa- 243 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce lento quando i monaci basiliani raggiunsero il vertice del loro operare, nel campo degli studi e delle espressioni artistiche — pittoriche in modo speciale —, nel Salento. Infatti, nel mentre riconduce gli affreschi alla scuola basil lana, escludendo ogni possibile influenza bizantina, situa la fabbrica, come fatto architettonico nella sua complessità, in quello sviluppo del romanico come « continuità di vita del patrimonio spirituale latino ». E, ritornando agli affreschi particolarmente, il Moscardino si esprime: « Appare a tratti l'influsso dell'arte paleocristiana », il che non fa altro che arricchire di orizzonti la ricerca, da condurre indubbiamente, oltre che sulle peculiarità architettoniche, anche sui particolari della decorazione e sulla tipologia che distingue gli affreschi. Completa l'interessante esposizione la rievocazione del tempo in cui il vetusto tempietto fu adibito a museo civico e delle manifestazioni culturali di cui fu teatro essendo sede di museo. P. ADIUTO PUTIGNANI, La Magna Grecia, Bibliografia, Cosenza, Casa Ed. Pietro Barbieri, s. a. Nel trovarci tra le mani questo libro del P. Adiuto Putignani il pensiero nostro è subito corso al Serra, che i libri amava veramente, e ad un periodo contenuto in un suo scritto (Per un catalogo, in Scritti, vol. I, ed. Le Monnier, 1958, p. 71) a proposito del catalogo della laterziana raccolta de Gli Scrittori d'Italia; il Serra infatti scriveva esattamente questo: Io non saprei trovare, diceva il professar Silvestro Bonnard, niuna lettura più facile, più attraente, più dolce di quella di un catalogo: e che non si vuol soggiungere altro se non che bisogna saperla fare codesta lettura; ciò che all'eccellente uomo troppo bene riusciva. E, poco più avanti, aggiungeva: Il primo sentimento ch'io provo è del tutto personale; di una moderata allegrezza. Penso che potrò avere finalmente a portata di mano (se non proprio di borsa... ma pazienza!) una raccolta di tutti gli scrittori e di tutti i volumi che mi possono bisognare... Dal che si deduce come i cataloghi — e le bibliografie, nel nostro caso — possono, in chi ha interesse e li sa leggere, suscitare sentimenti di umano calore tanto quanto una raccolta di liriche o la ben fornita prosa di un romanzo o di un libro di memorie. E se ci è venuto di scomodare il Serra addirittura è perché (come si è detto) il Serra i libri li amava veramente, come ce lo testimonia il nutrito volume del suo Epistolario. In ogni caso qui non di un catalogo si tratta, ma di un libro — s'è detto anche questo — di bibliografia, scritto da un religioso che non da oggi è noto, per alcune sue precise e circostanziate indagini, nel campo degli studi sulla Magna Grecia, che è quella terra, quella civiltà anzi, da cui scaturirono alcune tra le più perspicue espressioni di questo nostro Salento. Ma un libro di bibliografia — quand'esso è fatto con quella sicura competenza che dev'essere alla base di ogni lavoro seriamente scientifico — non può mancare di un metodo, oltre che strettamente bibliografico, anche di ricerca che è il far convogliare in una bene individuata prospettiva tutti gli elementi dell'umana conoscenza che in quella prospettiva si situino adeguatamente, ed ecco il P. Putignani a darci conto del suo lavoro: Ma l'antica Magna Grecia, o, per meglio dire, le regioni meridionali dell'Italia continentale e della Sicilia, non interessano gli studiosi solo dal lato archeologico e storico, bensì dal lato filosofico, scientifico, letterario, religioso, artistico e numismatico, appassionando a questi vari problemi — ciò che maggiormente conforta — un largo stuolo di giovani universitari e di giovani studiosi. Va da sé che con tali premesse il lavoro del P. Putignani non poteva non riuscire uno strumento validissimo per quanti, nel campo degli studi sulla Magna Grecia, operino. E' naturale che, ad un certo momento, il problema, per il P. Putignani, oltre che di prospettiva 244 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce scientifica diventava anche di rapporto temporale, ed ecco la posizione: L'espres- sione « Magna Grecia » è qui usata nel significato più estensivo e, volutamente, allargato oltre la tradizionale concezione. Ed è stato da parte dell'autore felice intuizione in quanto di una civiltà, complessa ed interessante quant'altre mai qual'è quella che fiorì sulle coste ioniche ed in Sicilia oltre che sulle coste del basso Tirreno in quel particolare momento di influenza della civiltà greca sulla nascente civiltà italica ha dato i documenti per una fisionomia che non si limita al fatto in sé stesso, ma di questo interessa sia le cause che le conseguenze. Le quali, stando ai risultati, non sono delle meno interessanti! Il libro, di oltre cento pagine, è di scorrevole, per chi sia posseduto dagli stessi sentimenti dai quali era tenuto il Serra con il quale abbiamo aperto il discorso, lettura e per chi abbia familiarità con gli schedari delle biblioteche delle zone interessate, è come ritrovare degli amici, pronti a soccorrerti con una notizia o con un consiglio. Per dare una idea della serietà che ha informato il non agevole lavoro del P. Putignani basta scorrere la lista delle pubblicazioni periodiche — nostrane e straniere — dalle quali sono stati ricavati gli scritti che figurano in bibliografia, per non parlare della messe degli autori citati. I nostri — parliamo dei salentini, il cui contributo, anche se non preponderante, è notevole — li troviamo tutti, o almeno tutti e se qualche cosa manca è soltanto' perchè in una tal congerie di notizie bibliografiche qualche « voce » non può, per difetto di informazione o per presupposto metodologico, non sfuggire, come, d'altra parte, non riusciamo a giustificare qualche presenza: tanto per fare un nome: The last days of Pompei, del Bulwer, la cui lettura non vediamo quale contributo possa arrecare a chi si occupa della Magna Grecia. In ogni caso, il lavoro del P. Putignani è di un indubbio valore bibliografico e, nell'attesa di una nuova edizione che colmi qualche eventuale lacuna, noi gli facciamo, pur non essendo direttamente interessati alla materia, i migliori auguri. Bruno LUCREZI, Quattro quarti di luna, Parma, Ed. Guanda, 1961. Ti resta, a lettura ultimata della raccolta di liriche di Bruno Lucrezi, l'immagine di un terso cristallo che è andato in minutissimi frantumi ed una coscienza accorta e pensosa — quella del poeta — cerca di ricomporlo e se ci riesce è in virtù di quel caldo e sincero sentire che è alla base di ogni vigile ispirazione poetica. « Quattro quarti di luna — ci dice la notizia editoriale sul risvolto della copertina — è la cronaca poetica di un mese di vita in un paese piccolissimo, fortemente caratterizzato, ed è insieme la biografia di un'anima che da quel suo minimo ed isolato punto di osservazione può meglio contemplare anche le vicende di una intera umanità tesa dietro i miraggi della scienza e del progresso, e l'affermare, di là dal contingente, l'esigenza di certi valori supremi ed assoluti che pure fermentano nel fondo dell'uomo moderno e ne travagliano intensamente la spiritualità ». E' chiaro che, ad un certo punto, il motivo temporale pur fornendo lo spunto ed una sorta di esteriore orientamento, resta involuto in quella superiore esigenza del poeta che cerca di ricomporre — come s'è detto — i frantumi che gli ruotano attorno di un mondo difforme, di una umanità dai molteplici atteggiamenti e lo fa, naturalmente — dotato com'è il poeta di scaltrita sensibilità —, in una maniera tutta moderna che è la traduzione in chiave ironica, per lo più, di certi atteggiamenti di quella umanità con la quale viene a contatto. Una umanità della quale il poeta, nel mentre coglie con fine arguzia gli aspetti tipici, tratteggia i motivi che toccano il cuore tanto da arrivare ad una sorta di malinconia: eccone un esempio: 245 ,Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce La giovane venditrice seduta alla povera bottega sull'angolo della strada allatta il più 'piccino. Mi guarda con limpidi occhi di cavalla lustra. Ora ha infilato entro la blusa la turgida mammella bianca e con la stessa mano mi fa il peso. Rientro senza più sesso. Se i bizantini fossero passati di qua il problema non sarebbe mai sorto. E' tutta una serie di immagini, risolte in pochi, ma calzanti tocchi, immagini che diventano come delle entità, lucidi fantasmi che soltanto dalla poesia ricevono vita: Pasquale è un grande, calmo, azzuro mare dove mi tuffo con refrigerio ad ogni ritorno e faccio lunghe nuotate. o come in quest'altra immagine di Donna Ofelia: I grandi occhi chiari pieni di terra e basta ma vivi — non ombra di morte scivola sull'immensa balconata del petto. e poi di Donna Ofelia e Donna Clelia messe insieme Crema di carne fuori scatola stufato gambe nude seni grappoli bianchi prementi contro l'ultima barriera sederi per tutte le misure Ma non si pensi che sia soltanto in questo preciso ed arguto tipizzare l'ispirazione poetica del Lucrezi, che ha, quando più il cuore è colmo e la natura offre le opportune sollecitazioni, momenti di accorato ripiegamento su sé stesso. Un ripiegamento in cui c'è tutta la diffusa malinconia di un'anima che trova inadeguato il teatro sulla cui ribalta si trova a dover recitare quella che molte volte diventa la farsa della vita. Ripassa una vita in questa vicenda di luna, 246 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce fiume d'armonia tacito, chiaro. So quanta rovina se Cristo non verrà l'ultimo giorno. oppure: Nel cielo tenue della prima sera c'è una fettina d'aria un po' più chiara. Salivano nel cielo pensieri del cuore nudi e innocenti così nella perduta adolescenza amara. Ed è un ripensare ad un tempo del cuore, un tempo di cui si conserva, nell'intricato e sconvolto movimento spirituale del presente, una dolce, serena memoria, che non esclude le nuove esperienze, ma le esaspera ed al colmo le tinge, come s'è detto, di serena malinconia. Onde l'ironia si riscatta di quel che ha di contingente e di vanamente allusivo per diventare una sicura conferma delle ragioni del cuore appunto. Ma un giorno romperemo il nostro cuore anche noi, umile urna, e non ci sarà che un cuore rotto. Ce ne staremo vuoti cocci sopra una terra di desolazione: Nella quale è sempre l'uomo, ironizzato quanto si voglia, ma sempre creatura di un universo morale in cui il soffrire ed il gioire dànno all'uomo appunto i documenti del suo essere partecipe di una storia, dagli sconvolgimenti della quale si può uscire con la coscienza di un destino che è al di sopra di qualsiasi contingenza e perciò nell'Appuntamento finale il poeta può esclamare, con voce commossa: Vai a raccogliere la tua speranza raccogli la tua parte di gioia e di lacrime, la pena che ti spetta, quella che puoi, la tua condanna, raccogli tutto quello che puoi nel tuo cuore. Poi affrettati col carico e raggiungimi. Il nostro discorso serio deve ancora cominciare, cercheremo di capire insieme. Anche io, dove vuoi che vada senza di te? T'aspetto all'angolo della strada. Enzo Panareo 247 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce