COMMISSIONE EUROPEA
Direzione Generale Allargamento
Direzione B – Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria
Team Ungheria
LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE – GUIDA PRATICA PER
UN’UNIONE EUROPEA ALLARGATA
INDICE
INTRODUZIONE
LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI – IL PERIODO DI TRANSIZIONE
Come funziona l’accordo di transizione? Cosa prevede e cosa non prevede?
Quali sono, quindi, le conseguenze dell’accordo di transizione per i cittadini che desiderano lavorare all’estero?
Qual è attualmente la situazione negli Stati membri?
Come funzionerà in pratica il principio della preferenza?
DIRITTI DEI LAVORATORI NEL QUADRO DELL’ACQUIS COMUNITARIO
Quali sono oggi le misure pratiche che devono essere intraprese da un cittadino europeo che desidera lavorare in
un altro Stato membro?
Se un cittadino dell’Unione europea desidera lavorare in un futuro Stato membro dopo l’adesione, quali sono le
misure pratiche che deve intraprendere?
Quali misure pratiche deve intraprendere un cittadino di un futuro Stato membro che desidera lavorare in uno
Stato membro attuale nel periodo in cui vige l’accordo di transizione?
I familiari dei lavoratori
MUTUO RICONOSCIMENTO DELLE QUALIFICHE PROFESSIONALI
Che cosa si intende per riconoscimento professionale?
Quando viene applicato il principio del riconoscimento?
Perché è necessario il mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali?
Gli Stati membri sono obbligati a regolamentare le attività professionali?
È previsto un periodo di transizione in questo ambito?
Il mutuo riconoscimento sarà automatico?
I diritti acquisiti dei professionisti praticanti saranno rispettati?
Quanto dura il processo di riconoscimento?
I diplomi conseguiti nei paesi terzi sono riconosciuti?
I requisiti linguistici sono ammissibili?
Commissione europea, B-1049 Bruxelles - Belgio - Ufficio: CHAR, 5/168.
Telefono: linea diretta (+32-2)299.30.03, centralino 299.11.11. Fax: 296.87.27.
Telex: COMEU B 21877. Indirizzo telegrafico: COMEUR Brussels.
Internet: [email protected]
DIRITTI DEI CITTADINI
Diritti di soggiorno
Quali formalità sono previste per esercitare il diritto di soggiorno?
Quali sono le implicazioni delle proposte in programma?
COORDINAMENTO DELLA SICUREZZA SOCIALE
Elenco dei siti Web citati nel testo
http://europa.eu.int/pol/enlarg/index_it.htm
http://www.europa.eu.int/comm/enlargement/negotiations/chapters/chap2/index.htm
http://europa.eu.int/europedirect/it/index_it.html
http://europa.eu.int/scadplus/citizens/it/at/1099.htm
http://europa.eu.int/comm/dgs/internal_market/index_it.htm
http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/availability/it_availability_2002_3.html
http://www.curia.eu.int/en/content/juris/index.htm
http://citizens.eu.int
http://europa.eu.int/eur-lex/en/com/availability/en_availability_2001_1.html
http://europa.eu.int/comm/employment_social/soc-prot/schemes/guide_en.htm
http://www.europa.eu.int/comm/employment_social/index_en.htm
Questo opuscolo intende fornire informazioni sulle norme comunitarie nel settore della libera circolazione
delle persone ed è stato redatto a solo scopo informativo. Esso, pertanto, non intende essere esaustivo. Per
informazioni più precise si consiglia ai lettori di consultare i relativi testi degli strumenti giuridici
comunitari e delle leggi nazionali.
Terminato nell’agosto 2002
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INTRODUZIONE
La libera circolazione delle persone è una delle più importanti espressioni della nostra
cittadinanza europea. I cittadini degli attuali Stati membri e quelli dei paesi candidati
all’adesione devono1 essere pienamente consapevoli degli effetti che l’allargamento
avrà sui loro diritti. Lo scopo di questa breve guida è di spiegare nel dettaglio come
funzionerà il periodo di transizione concordato per i lavoratori. La libera
circolazione, tuttavia, presenta molte sfaccettature; questa guida intende dunque spiegare
anche in che modo il sistema di mutuo riconoscimento delle qualifiche troverà
applicazione nel caso dei cittadini dei futuri Stati membri. Spesso il diritto di soggiorno
viene comprensibilmente confuso con i diritti dei lavoratori: la guida offre chiarimenti a
coloro che desiderano esercitare questo diritto nell’Europa allargata. Infine, la gente deve
avere la certezza di poter conservare i diritti di sicurezza sociale quando si trasferisce da
uno Stato membro a un altro. A tal fine vengono forniti i dettagli necessari a raccogliere
queste informazioni.
Senza scendere troppo nei particolari, è forse utile fare alcune chiare precisazioni su una
serie di termini, per evitare confusione in futuro. Il diritto generale alla libera circolazione
tra i paesi dell’Unione europea è esteso a tutti e non sarà influenzato dall’accordo di
transizione concordato per i lavoratori. Non sono pertanto previste ulteriori restrizioni
alla circolazione, per esempio per motivi di studio o di soggiorno. Tuttavia, la libertà di
circolazione per motivi di lavoro, in qualità di dipendente, è limitata a un massimo di
sette anni. Questo è l’unico caso che presenta restrizioni. Da molti anni a questa parte i
cittadini dei paesi candidati sono autorizzati a stabilirsi nell’Unione europea e a lavorare
come liberi professionisti; lo stesso è concesso fare ai cittadini europei nei paesi candidati
all’adesione. Ciò non significa chiudere gli occhi dinanzi alle difficoltà pratiche, molto
concrete, che taluni di questi cittadini possono incontrare per potersi dedicare a una
professione particolare. Tuttavia, il diritto di stabilimento è sancito e tutelato dal diritto
comunitario e il singolo cittadino può richiamarsi alla legge per far valere i suoi diritti.
Scopo di questa guida è quello di fornire informazioni basilari sulle trasformazioni che
avverranno nei settori summenzionati all’indomani dell’allargamento nonché di indicare
utili riferimenti a coloro che desiderano approfondire l’argomento. Le informazioni sui
negoziati d’adesione in generale possono essere reperite all’indirizzo
http://europa.eu.int/pol/enlarg/index_it.htm, mentre le informazioni specifiche sui
negoziati relativi alla libera circolazione sono disponibili in inglese all’indirizzo
http://www.europa.eu.int/comm/enlargement/negotiations/chapters/chap2/index.htm.
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Gli attuali Stati membri sono: Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Finlandia, Francia, Irlanda,
Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito
I futuri Stati membri sono: Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca,
Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria
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LIBERA CIRCOLAZIONE
TRANSIZIONE
DEI
LAVORATORI
–
IL
PERIODO
DI
Come funziona l’accordo di transizione? Cosa prevede e cosa non prevede?
L’accordo di transizione per la libera circolazione dei lavoratori concordato tra gli
Stati membri attuali e quelli futuri prevede, sostanzialmente, che il presente sistema,
secondo cui i cittadini dei paesi candidati all’adesione devono avere un permesso di
lavoro per poter esercitare un’attività nell’Unione europea, continui a trovare
applicazione per alcuni anni dopo l’adesione. Tale condizione riguarda non soltanto
gli operai ma chiunque desideri sottoscrivere un contratto di lavoro dipendente con un
datore di lavoro in uno degli attuali Stati membri. Questo sistema viene applicato di
consuetudine a livello internazionale; l’idea è quella di approdare gradualmente al
sistema europeo, che sancisce per i cittadini il diritto di lavorare in qualsiasi Stato
dell’Unione europea. Si tratta quindi di un cambiamento radicale, che solitamente in
passato è stato introdotto con una certa gradualità negli Stati membri originari e nei
nuovi paesi aderenti all’Unione. Quando, per esempio, furono Spagna e Portogallo ad
aderire, il periodo di transizione durò dai 7 ai 10 anni e fu ridotto soltanto in seguito.
Questa situazione in un certo senso restrittiva non potrà che migliorare, dal momento
che gli Stati membri si sono impegnati a cercare di aumentare i diritti di accesso al
mercato del lavoro e non saranno autorizzati a negare i diritti già garantiti.
Troverà inoltre applicazione il “principio di preferenza”, nel senso che, se verrà
offerto un lavoro a uno straniero, i cittadini dei futuri Stati membri dovranno avere la
priorità sui cittadini dei paesi terzi.
Nei due Stati membri che tradizionalmente hanno accolto nel proprio mercato del
lavoro gran parte dei cittadini provenienti dai paesi candidati, Austria e Germania, la
stessa gradualità potrebbe essere applicata a taluni casi molto specifici, ossia
nell’eventualità in cui le società dei futuri paesi membri desiderino inviare negli Stati
membri i propri dipendenti per realizzare un lavoro per conto loro, per esempio
costruire un edificio. Sebbene in tal caso si parli di fornitura di servizi, è possibile che
siano in molti gli operai a dover lavorare in Germania e Austria, e pertanto la
situazione risulterebbe molto analoga a un’assunzione in quel paese. Un elenco dei
settori soggetti a questa restrizione specifica, che si configura come una sorta di
salvaguardia, figurerà nel Trattato di adesione.
Nei primi due anni successivi all’adesione l’accoglienza dei lavoratori dei futuri Stati
membri negli attuali Stati membri sarà regolata dalla legislazione nazionale anziché
dalle norme comunitarie sulla libera circolazione.
Trascorsi due anni dall’adesione, la Commissione presenterà una relazione sulla
situazione e gli Stati membri dovranno riferire il sistema che vorranno introdurre da
quel momento in poi. La Commissione prevede che saranno pochi i paesi che
continueranno a porre limiti ai permessi di lavoro, mentre negli altri Stati i cittadini
dei paesi candidati saranno assolutamente liberi di trovare lavoro. Questi Stati
manterranno soltanto una misura di “salvaguardia”: nell’eventualità di un’inattesa
perturbazione sul mercato del lavoro o in talune regioni o in determinati ambiti essi
potranno reintrodurre in via provvisoria lo strumento del permesso di lavoro. Tali
forme di salvaguardia erano disponibili anche in passato, ma non sono mai state
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utilizzate. Dopo altri tre anni anche gli altri Stati membri saranno nuovamente
invitati ad aprire le porte del mercato del lavoro; soltanto se saranno in grado di
dimostrare la presenza di gravi perturbazioni del mercato ovvero una minaccia in tal
senso, essi potranno dichiarare di avere necessità di continuare a richiedere il
permesso di soggiorno. In ogni caso, a distanza di altri due anni, nessuno Stato
membro sarà più autorizzato a richiedere il permesso di lavoro.
La libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione europea è più che un semplice
accesso al mercato del lavoro; per larga parte, infatti, tale libertà non sarà
disciplinata dall’accordo di transizione. I cittadini dei paesi candidati godono già del
diritto di intraprendere un’attività (tramite una società o come liberi professionisti)
in uno Stato membro dell’Unione. Questa situazione, ovviamente, rimarrà invariata
anche dopo l’adesione, quando inoltre essi beneficeranno del riconoscimento delle
qualifiche professionali, cosa che nella pratica agevolerà l’avvio di un’attività
imprenditoriale o professionale. Fin dal primo giorno le persone saranno libere di
viaggiare o di andare a vivere in un altro Stato membro, per esempio come
studenti o pensionati o perché familiari di una persona che già vi lavora. Inoltre,
saranno completamente autorizzate a fornire servizi a livello transfrontaliero come
liberi professionisti o società (con alcune limitate eccezioni, come si è detto, in Austria
e in Germania, nel caso in cui la ditta abbia necessità di portare con sé alcuni
dipendenti). I singoli cittadini dei futuri Stati membri che lavorano negli attuali Stati
membri nel periodo di transizione o che vi si trovano al momento dell’adesione
saranno tutelati dalle norme comunitarie sulla parità di trattamento sul posto di lavoro
e sui vantaggi fiscali e sociali nonché dalle norme sul coordinamento dei sistemi di
sicurezza sociale. L’accordo di transizione concordato è uno strumento molto
flessibile; questa flessibilità, tuttavia, possiede vantaggi e svantaggi. Lo svantaggio
principale è che i lavoratori che desiderano andare all’estero devono essere ben
informati sulle leggi vigenti nel paese ospitante. Finora il quadro giuridico
fondamentale è stato lo stesso in tutta l’Unione europea (nonché nello spazio
economico europeo), sia pur con qualche occasionale differenza a livello di procedure
pratiche. Nel periodo coperto dall’accordo di transizione, tuttavia, la situazione sarà
diversa nei paesi membri e coloro che desiderano circolare all’interno dell’Unione
dovranno innanzitutto informarsi sui requisiti richiesti. Questo sarà il prezzo da
pagare per un sistema che fin da subito offrirà mercati del lavoro aperti in taluni Stati,
limitando tuttavia la circolazione in altri per periodi diversi a seconda dei casi. Queste
informazioni saranno disponibili, in genere, presso le amministrazioni pubbliche
competenti in materia di occupazione. Il sito Web di Europe Direct,
http://europa.eu.int/europedirect/it/index_it.html, è un buon punto di partenza per le
ricerche. Esso invita l’utente a un “dialogo con i cittadini” e contiene numerose
informazioni per prepararsi ad andare a lavorare in un altro Stato membro.
Particolarmente interessanti sono le schede contenenti utili indirizzi. Al momento
queste informazioni sono disponibili per tutti gli attuali Stati membri in tutte le lingue
della Comunità: vengono fornite informazioni sugli effetti della legislazione
comunitaria sulla vita dei cittadini, con una serie di link ai siti Web delle
amministrazioni nazionali, dove è possibile verificare la situazione specifica di
ciascuno Stato membro.
Infine, è bene sottolineare che l’accordo di transizione non si applica a Cipro e a
Malta. Il diritto alla libera circolazione, dunque, sarà garantito tra questi paesi e gli
attuali e i futuri Stati membri. Malta, tuttavia, è autorizzata a imporre misure di
salvaguardia qualora vi fosse il timore di un afflusso consistente di lavoratori sull’isola
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(un timore comprensibile, se si considerano le dimensioni del mercato del lavoro
maltese).
Quali sono, quindi, le conseguenze dell’accordo di transizione per i cittadini che
desiderano lavorare all’estero?
La risposta a questo interrogativo varia a seconda del paese di origine del lavoratore e
la destinazione scelta. Si configurano quattro possibili scenari:
q
un cittadino di un attuale Stato membro desidera lavorare in un altro attuale Stato
membro
q
un cittadino di un futuro Stato membro desidera lavorare in un attuale Stato
membro
q
un cittadino di un attuale Stato membro desidera lavorare in un futuro Stato
membro
q
un cittadino di un futuro Stato membro desidera lavorare in un altro futuro Stato
membro
Quali sono le conseguenze degli accordi di transizione per un cittadino di un attuale
Stato membro che desidera lavorare in un altro attuale Stato membro?
In questo caso non cambierà nulla. Anche dopo l’allargamento i lavoratori di un
attuale Stato membro potranno lavorare in un altro attuale Stato membro senza alcuna
restrizione, proprio come adesso. Inoltre, non essendo interessato dall’accordo di
transizione, Cipro può essere considerato dal lato pratico un attuale Stato membro.
Quali sono le conseguenze degli accordi di transizione per un cittadino di un futuro Stato
membro che desidera lavorare in un attuale Stato membro?
Durante il periodo di transizione saranno imposte restrizioni nel caso dei cittadini
dell’Unione europea provenienti da un futuro Stato membro, a eccezione di Cipro e
Malta, che desiderano lavorare in un attuale Stato membro. Questo perché tutti gli
attuali Stati membri continueranno a richiedere permessi di lavoro ai cittadini dei
futuri Stati membri per un minimo di due anni. Tuttavia, la cosiddetta “clausola di
standstill” garantisce che gli attuali diritti di accesso al mercato del lavoro di un
determinato Stato membro non vengano cancellati. I diritti già garantiti, quindi, non
potranno essere ritirati. Per esempio, se oggi la Germania concede ogni anno a 500
cittadini estoni di trasferirsi per lavorare sul suo territorio, questa situazione non può
cambiare se non in meglio.
Trascorsi i due anni, alcuni Stati membri apriranno del tutto i rispettivi mercati del
lavoro, mentre altri potrebbero avere la necessità di continuare a imporre restrizioni
all’accesso dei cittadini stranieri. Da qui, come si è detto, il bisogno dei potenziali
migranti di conoscere le leggi vigenti all’estero prima di trasferirsi nel paese ospitante.
In taluni Stati membri attuali, infatti, vigerà un regime molto liberale, in altri la
situazione potrebbe essere più rigida. In tutta probabilità, comunque, sarà richiesto il
permesso di lavoro; spetta quindi ai migranti raccogliere le debite informazioni prima
di traslocare.
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In ogni caso, eventuali disposizioni di tipo restrittivo possono soltanto interessare
l’accesso al mercato del lavoro. Una volta che un lavoratore viene ammesso in un
futuro Stato membro per lavorare o cercare un lavoro, non può esservi alcun tipo di
discriminazione in base alla cittadinanza tra questo lavoratore e i cittadini dello Stato
membro in questione. È questo il caso, con alcune limitate eccezioni, di attività
rientranti nel settore sia pubblico sia privato. La discriminazione non deve verificarsi
nemmeno durante la fase di ricerca di un’occupazione. Chi cerca lavoro, cioè, potrà
richiedere l’assistenza del servizio pubblico dell’occupazione indipendentemente dalla
sua provenienza (Stato membro futuro o attuale). Tutte le persone in cerca di lavoro,
infatti, hanno il diritto di cercarlo in un altro Stato membro e di aver trasferita in
questo Stato l’indennità di disoccupazione che gli spetta, fino a un massimo di tre
mesi. Per avvalersi di tale diritto è necessario richiedere l’indennità di disoccupazione
nel proprio paese d’origine, chiedendo che venga trasferita al paese ospitante. La
somma corrisposta equivarrà a quella ricevuta in patria.
Un datore di lavoro non è autorizzato ad assumere personale in base a criteri di
cittadinanza, residenza o lingua. Nel caso di una lingua, tuttavia, deve prevalere il
buon senso: la gran parte dei posti di lavoro negli Stati membri prevede che il
lavoratore conosca la lingua del posto, al momento dell’assunzione o a breve distanza.
In sostanza, la non padronanza della lingua rappresenta un ostacolo nella maggior
parte dei casi.
Un datore di lavoro può, in linea di principio, accordare preferenza a un lavoratore
dell’Unione europea rispetto a un lavoratore extracomunitario.
Quali sono le conseguenze degli accordi di transizione per un cittadino di un attuale
Stato membro che desidera lavorare in un futuro Stato membro?
È molto probabile che, durante il periodo di transizione, un qualsiasi cittadino
dell’Unione europea che desidera lavorare in un futuro Stato membro (a eccezione di
Cipro) incontri una serie di restrizioni. Ciò è dovuto al fatto che i futuri paesi
dell’Unione hanno la possibilità di applicare limitazioni equivalenti a quelle applicate
dagli Stati membri attuali nei confronti dei loro cittadini. Come si è detto, nel caso di
Malta è prevista l’introduzione di un regime di salvaguardia per un periodo di sette
anni.
In taluni futuri Stati membri è possibile trovare un regime molto liberale, mentre in
altri la situazione può essere più restrittiva. Per quanto concerne la discriminazione e
la preferenza dei lavoratori dell’Unione vale anche in questo caso quanto esposto
poc’anzi.
Quali sono le conseguenze degli accordi di transizione per un cittadino di un futuro Stato
membro che desidera lavorare in un futuro Stato membro?
Nessuno dei futuri Stati membri ha fatto veramente richiesta di un periodo di
transizione. In via eccezionale, tuttavia, l’Unione europea ha acconsentito a dare ai
futuri Stati membri l’opportunità di far valere salvaguardie nei confronti gli uni degli
altri, secondo le linee sopra indicate. Se non si farà ricorso a tali misure, la libera
circolazione sarà garantita tra tutti i futuri Stati membri. Nel caso in cui, al contrario,
si ricorresse alle misure di salvaguardia, si configurerà una situazione uguale a quella
descritta nei due casi precedenti.
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Qual è attualmente la situazione negli Stati membri?
La situazione è diversa in ogni Stato membro e l’accesso ai cittadini non europei al
mercato del lavoro è regolato attraverso il contingentamento, speciali accordi validi
per i lavoratori stagionali, sistemi della carta verde per alcune professioni particolari,
ecc.. Informazioni di questo genere, oltre a quelle sull’evolversi della situazione,
possono essere reperite di norma presso i ministeri del Lavoro (vedi il link agli
indirizzi utili menzionato più sopra). La situazione esistente rappresenta il punto di
partenza: in tutti gli Stati membri, presenti o futuri, l’accesso al rispettivo mercato del
lavoro all’indomani dell’adesione non potrà essere meno liberale di come lo è oggi.
Come funzionerà in pratica il principio della preferenza?
Per quanto concerne le offerte di lavoro reclamizzate attraverso il sistema EURES e i
servizi pubblici dell’occupazione degli Stati membri, il lavoratore dell’Unione europea
ha direttamente la precedenza rispetto ai lavoratori extracomunitari. Tuttavia, non tutte
le offerte di lavoro vengono gestite da EURES; in alcuni casi, quindi, può risultare
difficile garantire che i cittadini dell’Unione godano sistematicamente di questa
preferenza. La stragrande maggioranza dei posti di lavoro viene reclamizzata da
agenzie di collocamento private, mentre, all’apice del mercato, molte persone vengono
assunte grazie all’intermediazione dei cacciatori di teste. Possono essere molte le
ragioni per cui una ditta ha la necessità di assumere cittadini extracomunitari; e, in
un’economia globale, si tratta di una prassi ammissibile. Tuttavia, se non esistono
motivi particolari per assumere un cittadino extracomunitario, il principio della
preferenza deve essere applicato in tutte le fasi del processo di assunzione, a partire
dalla selezione.
Per fare un confronto, altri paesi, tra cui Stati Uniti e Giappone, dispongono di leggi
estremamente restrittive sull’assunzione degli stranieri. L’Unione europea, quindi, non
ha motivo di sentirsi in imbarazzo per una politica che, rispetto agli standard
internazionali, è abbastanza aperta.
In conclusione, chi desidera esercitare il proprio diritto di lavorare in un altro Stato
membro durante il periodo di transizione deve verificare la situazione esatta nel paese
ospitante. Il periodo di transizione è stato concepito per evitare una migrazione di
massa con potenziali effetti deleteri e non per impedire la circolazione.
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DIRITTI DEI LAVORATORI SECONDO LE NORME COMUNITARIE SULLA
LIBERA CIRCOLAZIONE
Dopo essersi trasferito in un altro paese, il lavoratore gode dei seguenti diritti:
q
Un cittadino europeo ha il diritto di lavorare in un altro Stato membro senza un
permesso di lavoro (ovviamente, nel rispetto dell’accordo di transizione descritto).
q
Parità di trattamento nelle questioni legate all’occupazione rispetto ai cittadini del
paese ospitante
q
I lavoratori stranieri godono degli stessi vantaggi sociali e fiscali degli altri
lavoratori. Godono inoltre di tutti i diritti e i benefici accordati ai lavoratori del
paese in questione per quanto concerne gli aspetti abitativi. In pratica ciò significa
che i lavoratori stranieri provenienti da un altro Stato membro possono richiedere
alloggi sociali e sono autorizzati ad acquistare un’abitazione. Dal punto di vista dei
vantaggi sociali e fiscali, quindi, i cittadini del paese ospitante non hanno diritto a
un trattamento migliore rispetto ai lavoratori stranieri provenienti da altri Stati
membri.
q
I familiari del lavoratore, indipendentemente dalla loro cittadinanza, hanno il
diritto alla riunificazione familiare.
q
Pieno coordinamento della sicurezza sociale. Con ciò si intende:
- L’esportazione dei diritti a pensione e di altri benefici – il lavoratore deve poter
mantenere i propri diritti acquisiti quando si trasferisce da uno Stato membro
all’altro.
- Integrazione – i contributi di previdenza sociale versati in altri paesi si sommano
senza distinzione per garantire che il lavoratore abbia sempre un’adeguata
copertura e possa immediatamente godere di un’assicurazione nel nuovo paese
di residenza nonché accumuli benefici come se avesse lavorato tutta la vita in
un solo posto.
- Parità di trattamento – in particolare, i familiari del lavoratore hanno diritto agli
stessi assegni familiari dei cittadini del paese in questione.
q
Saranno d’applicazione le norme comunitarie sul mutuo riconoscimento delle
qualifiche professionali.
In passato i lavoratori degli Stati candidati all’adesione avevano diritto alla parità di
trattamento soltanto per quanto riguardava le condizioni di lavoro, lo stipendio o il
licenziamento. Dopo l’adesione si troveranno in una situazione di gran lunga più
favorevole. Le leggi comunitarie, infatti, garantiscono ai lavoratori l’innegabile diritto
a trasferirsi in un altro Stato membro per lavorare e forniscono il quadro
(riconoscimento delle qualifiche, coordinamento della previdenza sociale) per poter
esercitare in maniera appropriata tale diritto.
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Quali sono oggi le misure pratiche che devono essere intraprese da un cittadino
europeo che desidera lavorare in un altro Stato membro (procedure di
registrazione, permessi di lavoro, ottenimento del mutuo riconoscimento delle
qualifiche, trasferimento dei diritti di previdenza sociale, ecc.) e chi espleta le
formalità necessarie (datore di lavoro o dipendente)?
Qualsiasi cittadino dell’Unione europea può semplicemente fare domanda di
assunzione in un altro Stato membro e, in caso di accoglimento della sua domanda, ha
il diritto di trasferirsi nello Stato membro in questione e iniziare l’attività. Una persona
ha anche il diritto di recarsi in un altro Stato membro per cercare un lavoro e di
continuare nella sua ricerca per un periodo ragionevole (in genere 6 mesi). In tal caso
questa persona dovrà seguire le procedure di registrazione vigenti in quello Stato
membro. Nella gran parte degli Stati membri ciò comporta il dovere di presentarsi alle
autorità competenti (polizia, ufficio immigrazione, ecc.) per l’identificazione e la
registrazione. In tal caso sarà rilasciata una carta di identità o di soggiorno.
Solitamente tutte le formalità relative all’attività lavorativa vengono espletate dal
datore di lavoro. Inoltre, il lavoratore dovrà fornire al nuovo datore di lavoro una
referenza del precedente datore di lavoro, un po’ come accade nel proprio paese
quando si cambia attività. Una descrizione dei “moduli-E” a tal fine necessari è
disponibile nella pagina dedicata alla previdenza sociale del sito di Europe Direct
menzionato sopra. Le informazioni in italiano riguardanti il caso dell’Austria, per
esempio,
possono
essere
reperite
all’indirizzo
http://europa.eu.int/scadplus/citizens/it/at/1099.htm. Benché le circostanze possano
essere diverse da Stato a Stato, infine, la maggior parte delle persone dovrà munirsi
del modulo E104 (lavoratori in procinto di assunzione) o del modulo E301 (cittadini
in cerca di lavoro). La procedura amministrativa sarà più semplice per chi potrà
documentare il versamento di contributi di previdenza sociale.
Se un cittadino dell’Unione europea desidera lavorare in un futuro Stato membro
dopo l’adesione, quali sono le misure pratiche che deve intraprendere?
Se un cittadino di un attuale Stato membro riceve un’offerta di lavoro da svolgere in
un futuro Stato membro che applica le restrizioni previste dagli accordi di transizione,
il datore di lavoro dovrà procurare al nuovo dipendente un permesso di lavoro. Se il
permesso è in fase di preparazione, il lavoratore può trasferirsi nel futuro Stato
membro, dove dovrà presentarsi in tempo debito alle autorità per l’identificazione e
soddisfare i requisiti amministrativi richiesti per l’ottenimento di una carta di
soggiorno.
Quali misure pratiche deve intraprendere un cittadino di un futuro Stato membro
che desidera lavorare in uno Stato membro attuale nel periodo in cui vige l’accordo
di transizione?
La situazione per un cittadino di un futuro Stato membro che desidera lavorare in un
attuale Stato membro è simile a quella poc’anzi descritta. Sarà del tutto identica nel
caso di emissione di permesso di lavoro. Poiché tuttavia molti Stati membri non
applicano il sistema dei permessi di lavoro, le amministrazioni nazionali dovranno
trovare un altro strumento per raccogliere informazioni sul numero di persone dei
futuri Stati membri presenti nella forza lavoro del paese ospitante.
I familiari dei lavoratori
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In tutti i casi di sospensione delle norme comunitarie nel periodo coperto dagli accordi
di transizione i membri della famiglia (indipendentemente dalla nazionalità) di un
lavoratore già residente in uno Stato membro (attuale o futuro) al momento
dell’adesione avranno il diritto di vivere con il lavoratore e avranno garantito l’accesso
immediato al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante. Ai familiari del
lavoratore trasferitisi in un secondo tempo rispetto a quest’ultimo saranno garantiti
diritti progressivi, in conformità con gli accordi generali descritti sopra. Tali accordi
saranno ulteriormente specificati nel Trattato di adesione. Quando l’acquis troverà
piena applicazione, i familiari, siano essi cittadini dell’Unione o meno, avranno il
diritto a trasferirsi assieme al lavoratore e a essere integrati nel mercato del lavoro del
paese in questione.
MUTUO RICONOSCIMENTO DELLE QUALIFICHE PROFESSIONALI
Le seguenti informazioni vengono fornite per rispondere ai quesiti fondamentali sul
sistema comunitario di mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali. Informazioni
più approfondite sono reperibili sul sito Web di Europe Direct, dove sono messe a
disposizione anche guide e schede sul sistema in vigore. È stata inoltre elaborata una
guida sul sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali, che può
essere consultata assieme ad altre utili informazioni sugli sviluppi del mercato interno sul
sito Web della DG del mercato interno della Commissione al seguente indirizzo:
http://europa.eu.int/comm/dgs/internal_market/index_it.htm.
Informazioni sui piani di aggiornamento e consolidamento delle norme vigenti sono
infine
presenti
all’indirizzo:
http://europa.eu.int/eurlex/en/com/availability/en_availability_2002_3.html.
La relativa proposta della
Commissione è COM (2002) 0119.
Che cosa s’intende per riconoscimento professionale?
Il riconoscimento professionale è l’accettazione delle qualifiche e dei titoli
professionali di una persona, necessari per praticare un’attività professionale (diploma
universitario, perfezionamento sul posto di lavoro, esperienza pratica, esami di Stato
e/o professionali, buona solidità finanziaria, assenza di condanne penali o casi di
bancarotta), e si distingue dal riconoscimento accademico, che viene utilizzato per lo
più per il proseguimento degli studi.
Quando viene applicato il principio del riconoscimento professionale?
Il riconoscimento professionale è garantito soltanto nel caso di attività professionali
regolamentate nello Stato membro ospitante. Per professione regolamentata si intende
un’attività professionale che, per essere svolta o intrapresa in uno Stato membro,
richiede il possesso di una qualifica (per esempio un diploma, un titolo professionale,
un periodo di esperienza professionale certificata, un esame di Stato e/o
professionale).
Perché è necessario il mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali?
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Se un’attività professionale è regolamentata in uno Stato membro, essa può essere
praticata solo dai titolari delle qualifiche nazionali (dello Stato ospitante). È pertanto
necessario che tra gli Stati membri vi sia un mutuo riconoscimento delle qualifiche
professionali dei rispettivi cittadini. Altrimenti, i professionisti che migrano
dovrebbero ripercorrere, nello Stato membro ospitante, numerose tappe della
preparazione professionale già completate in un altro Stato membro.
Gli Stati membri sono obbligati a regolamentare le attività professionali?
Gli Stati membri, con alcune rare eccezioni che riguardano talune professioni nel
settore medico-sanitario, non sono obbligati a regolamentare un’attività professionale.
Per sapere se una professione è regolamentata o meno nel paese dove si desidera
andare a lavorare, si prega di consultare l’elenco degli indirizzi utili riportato sopra.
È previsto un periodo di transizione in questo ambito?
Per quanto concerne la libera circolazione dei lavoratori l’accordo di transizione è già
stato descritto. Dopo l’adesione, tuttavia, troveranno applicazione le norme
comunitarie sul mutuo riconoscimento. Il fatto che sia richiesto o meno un permesso
di lavoro non può influire sull’applicazione delle norme comunitarie sul mutuo
riconoscimento delle qualifiche professionali.
Il mutuo riconoscimento sarà automatico?
Ai sensi del diritto comunitario il mutuo riconoscimento è automatico per le attività
professionali di artigiani, commercianti e agricoltori che hanno completato il periodo
di esperienza professionale richiesto nello Stato membro di provenienza.
Il mutuo riconoscimento è automatico inoltre per le professioni di medico, dentista,
infermiere generico, ostetrica, veterinario, farmacista e architetto, che sono governate
da direttive specifiche (settoriali), poiché le condizioni di istruzione e di formazione
minime accettabili sono state coordinate tra gli Stati membri.
Il riconoscimento è automatico infine nel caso di avvocati che praticano la professione
in virtù di un “titolo professionale conseguito in patria” a patto che sia concessa
un’autorizzazione alla pratica della professione nello Stato membro di origine.
Per le altre professioni (ingegneri, fisioterapisti e altri professionisti del settore
paramedico, insegnanti, contabili, consulenti fiscali, progettisti, urbanisti, avvocati che
praticano la professione in virtù del “titolo del paese ospitante” e altre professioni
regolate dalle direttive sul “Sistema generale di riconoscimento delle qualifiche
professionali”, che non prevedono un coordinamento della formazione) non è
possibile garantire il riconoscimento automatico. Se uno Stato membro ritiene che vi
sia una differenza sostanziale tra la competenza del migrante valutato in base alle
qualifiche e all’esperienza professionale acquisite in un altro Stato membro (compreso
l’ambito di attività professionale) e i requisiti posti dallo Stato ospitante per la
concessione dell’autorizzazione alla pratica della stessa professione entro i propri
confini, lo Stato membro ospitante può imporre una misura compensatoria. In tal caso
il migrante ha il diritto di scegliere tra una prova attitudinale o un periodo di tirocinio.
I diritti acquisiti dei professionisti praticanti saranno rispettati?
12
Le norme del Sistema generale consentono di tenere in debito conto l’iter formativo e
professionale del richiedente, anche nel caso degli avvocati. Per le direttive settoriali
secondo cui il riconoscimento è concesso automaticamente in presenza di standard di
preparazione minimi garantiti, il problema se il diritto al riconoscimento automatico
possa essere riconosciuto a chi ha completato l’iter formativo prima che i requisiti
minimi delle direttive siano d’applicazione dipenderà dalla conformità dei titoli di
studio e del periodo di tirocinio con i criteri legali minimi previsti dalla Comunità
nonché da qualsiasi eventuale documentazione aggiuntiva che dimostri che il
richiedente è in possesso di una competenza supplementare acquisita per aver
proseguito gli studi e la formazione pratica o attraverso l’esperienza professionale.
Nel caso in cui il territorio di un paese candidato all’adesione abbia fatto parte in
passato di un altro paese e un professionista continui a esercitare la professione nel
paese candidato in virtù di qualifiche conseguite nell’ex Stato, il diritto al
riconoscimento può essere limitato ai casi in cui la qualifica in questione sia certificata
come equivalente alla qualifica del nuovo paese e il professionista in questione sia in
grado di produrre un documento attestante lo svolgimento della pratica professionale
nel paese candidato per tre anni consecutivi nei cinque anni precedenti la domanda di
riconoscimento. È questo il caso degli Stati baltici, della Repubblica ceca, della
Slovacchia e della Slovenia.
Quanto dura il processo di riconoscimento?
Lo Stato ospitante deve pervenire a una decisione entro tre o quattro mesi dal
ricevimento di una domanda completa di riconoscimento. La decisione deve essere
motivata e può essere impugnata.
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I diplomi conseguiti nei paesi terzi sono riconosciuti?
Il diritto comunitario si applica, in generale, alle qualifiche ottenute prevalentemente
sul territorio dell’Unione europea o dello spazio economico europeo (l’Unione
europea più Norvegia, Islanda e Liechtenstein), a beneficio dei soli cittadini
dell’Unione europea e degli Stati appartenenti al SEE.
Ai sensi delle direttive sul sistema generale gli Stati membri sono tenuti a riconoscere
le qualifiche conseguite dai cittadini europei al di fuori del territorio dell’Unione
europea o del SEE (richiedendo, se necessario, misure compensatorie), se tali
qualifiche sono già state riconosciute in un altro Stato membro e il migrante può
dimostrare di avere alle spalle due o tre anni di esperienza professionale, per
qualifiche che richiedono rispettivamente il possesso di un certificato o di un diploma,
certificati dallo Stato membro che ha originariamente conferito le qualifiche.
Nel caso di professioni che rientrano nelle direttive settoriali gli Stati membri possono
decidere, a loro assoluta discrezione, se riconoscere le qualifiche ottenute al di fuori
dell’Unione europea e del SEE; inoltre, l’eventuale riconoscimento delle qualifiche in
uno Stato membro non è vincolante per gli altri Stati membri. Tutti gli Stati membri,
tuttavia, sono tenuti a valutare la domanda di riconoscimento presentata da un
cittadino dell’Unione europea o di uno Stato contraente del SEE e a prendere una
decisione motivata in merito, contro la quale è previsto il ricorso, se il richiedente ha
già ottenuto il riconoscimento e svolto la sua professione in un altro Stato membro.
I requisiti linguistici sono ammissibili?
Sì, purché applicati in maniera aperta e proporzionata al caso e qualora siano limitati
al bisogno effettivo di conoscenze linguistiche per praticare la professione in
questione. La causa Haim II (C-424/97), che può essere consultata in inglese
all’indirizzo http://www.curia.eu.int/en/content/juris/index.htm, è un utile punto di
riferimento, che fornisce la posizione giuridica a riguardo.
DIRITTI DEI CITTADINI
I diritti dei cittadini riguardano i diritti elettorali e di soggiorno. Grazie ai primi sono
garantiti i diritti di tutti i cittadini dell’Unione di partecipare attivamente alla vita politica
dell’Unione; le direttive definiranno le procedure applicabili alle elezioni europee e
comunali. Informazioni esaustive sui diritti elettorali dei cittadini europei sono
disponibili all’indirizzo http://citizens.eu.int cliccando sulla scheda riguardante i diritti e i
doveri dei residenti.
Diritti di soggiorno
Al momento dell’adesione i cittadini europei trarranno immediato vantaggio dalle
disposizioni sui diritti di soggiorno. Le limitazioni alla circolazione per scopo di
lavoro non dovrebbero essere confuse con il diritto di residenza. Pertanto, chi possiede
risorse finanziarie sufficienti e un’assicurazione sulla salute, così da non essere un
peso per il sistema di sicurezza sociale del paese in cui sceglie di vivere, ha diritto a
vivere in qualsiasi Stato.
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Il cittadino che va in pensione nel paese dove ha deciso di lavorare come dipendente o
libero professionista ha automaticamente il diritto di rimanervi.
Anche i suoi familiari, siano essi cittadini europei o meno, sono liberi di richiamarsi
alle disposizioni sui diritti di soggiorno. È importante sottolineare, tuttavia, che tali
titoli sono invocabili dai familiari extracomunitari se il cittadino dell’Unione europea
decide di trasferirsi in un altro Stato membro per lavorare. I membri non europei
godono dei diritti di soggiorno soltanto se il loro familiare europeo lavora: essi, infatti,
non possono personalmente avvalersi delle norme comunitarie sulla libera
circolazione.
Quali formalità sono previste per esercitare il diritto di soggiorno?
Il concetto di soggiorno temporaneo e permanente è una caratteristica della
legislazione sul soggiorno degli stranieri di molti paesi candidati all’adesione. Questa
distinzione, tuttavia, non esiste nell’Unione europea, dove un cittadino ha diritto di
soggiorno sul territorio di uno Stato membro purché soddisfi i requisiti richiesti per
l’esercizio di tale diritto. Il cittadino, però, deve espletare la formalità amministrativa
di richiedere un permesso di soggiorno, la cui validità può essere limitata nel tempo.
In pratica, i permessi vengono solitamente concessi in queste forme:
q
Un lavoratore migrante che presterà servizio per un periodo superiore ai 12 mesi
ha diritto a un permesso di soggiorno di 5 anni.
q
Le persone che desiderano lavorare per meno di 3 mesi in un altro Stato membro
non hanno bisogno del permesso di soggiorno.
q
Per incarichi di lavoro di durata compresa tra 3 e 12 mesi verrà rilasciato un
permesso di soggiorno valido per la durata dell’occupazione.
Si tratta in tal caso di un requisito di carattere puramente amministrativo: la scadenza
della carta di soggiorno non comporta per nessun motivo la fine del diritto di
soggiorno. I cittadini dell’Unione europea, infatti, hanno diritto a un permesso di
soggiorno, a esclusione delle persone considerate una minaccia per l’ordine pubblico o
la pubblica sicurezza ovvero che rappresentano un rischio per la salute pubblica. Gli
unici documenti che possono essere richiesti a un lavoratore per poter rilasciare un
permesso di soggiorno sono il documento di riconoscimento con cui è entrato nel
paese (passaporto o carta d’identità) e la prova dell’assunzione.
Quali sono le implicazioni delle proposte in programma?
La Commissione ha presentato nuove proposte sull’adeguamento delle leggi sul
soggiorno degli stranieri, che possono essere reperite all’indirizzo
http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/availability/it_availability_2001_1.html. La relativa
proposta è la COM(2001)257 del 23/5/2001. Oltre a consolidare e semplificare la
legislazione esistente, la Commissione propone miglioramenti di più ampio respiro.
Essa desidera, per esempio, garantire migliori diritti ai cittadini extracomunitari che
hanno legalmente vissuto nell’Unione per alcuni anni nonché chiarire le definizioni e i
diritti dei familiari.
Maggiori informazioni sulle formalità per il soggiorno sono disponibili all’indirizzo
http://citizens.eu.int.
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COORDINAMENTO DELLA SICUREZZA SOCIALE
I principi del coordinamento sono semplici: chi esercita il diritto alla libertà di
circolazione sul territorio dell’Unione europea non dovrebbe esserne penalizzato. Il
diritto alle pensioni di anzianità e invalidità, alle prestazioni di malattia e maternità,
all’indennità di disoccupazione e agli assegni famigliari non dovrebbero venir meno se
una persona si trasferisce da uno Stato membro all’altro. Le pensioni lavorative non
sono regolate dalle norme comunitarie sul coordinamento dei sistemi di sicurezza
sociale bensì da una direttiva distinta.
I sistemi di sicurezza sociale nazionali si sono evoluti nel tempo e, nonostante le
analogie, gli Stati membri sono estremamente riluttanti ad armonizzarli. Un
coordinamento efficace di tali sistemi garantisce una tutela adeguata ai cittadini
dell’Unione. La Commissione ha prodotto una guida specifica separata sui diritti di
sicurezza sociale, che può essere consultata in inglese al seguente indirizzo:
http://europa.eu.int/comm/employment_social/soc-prot/schemes/guide_en.htm
La legislazione comunitaria che disciplina il coordinamento della sicurezza sociale è
soggetta a continue modifiche tecniche, che rispecchiano le decisioni della Corte di
giustizia europea e che mirano al miglioramento del coordinamento stesso. La
Commissione ha presentato due proposte: la prima intende modernizzare e
semplificare le attuali disposizioni; la seconda mira a estenderle ai cittadini dei paesi
terzi legalmente presenti negli Stati membri. Entrambe le proposte sono in fase di
discussione da parte del Consiglio dei ministri. Le informazioni sull’andamento delle
discussioni e sulle proposte presentate via via dalla Commissione saranno disponibili
in lingua inglese sul sito Web della Commissione che tratta di occupazione e affari
sociali: http://www.europa.eu.int/comm/employment_social/index_en.htm.
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