Responsabili del corso: Sig.ra Elena MANA, Dott.ssa Marina CIVITA, Sig.ra Lillina JOURDAN, Sig.ra Paola ESPOSITO Pagina 1 di 39 CONSIDERAZIONI STORICHE SUL TRIAGE Il triage nasce come evoluzione del soccorso extraospedaliero ed ha le sue origine lontane nella sanità militare. Già nell’Iliade veniva descritto un primo rudimentale processo di triage operato sui feriti: le ferite alla testa, al tronco e al collo erano quelle gravate da più alte mortalità rispetto a quelle degli arti inferiori e superiori. Veniva presa in esame anche l’arma che le aveva provocate (maggiore la letalità da spada e da lancia rispetto alla freccia e alla pietra). I due dati correlati fornivano le informazioni necessarie al medico per dare priorità di soccorso. Passando attraverso l’Impero Romano (i feriti venivano tutti curati sul luogo di battaglia) e il medioevo (in cui nascono i primi nosocomi) si arriva al periodo delle sanguinose guerre napoleoniche durante le quali il capo chirurgo dell’armata, il Barone Larrey, ebbe l’intuizione di organizzare un servizio di “ambulanze volanti” che permise il rapido trattamento dei feriti sul campo di battaglia ed un trasporto più veloce all’ospedale da campo con maggiore tempestività nell’esecuzione degli interventi salvavita. Da qui il termine “trier” (triage) che in francese significa scegliere. Nel primo vero manuale di Pronto Soccorso italiano (Dott. Caliano – 1889) viene citata una frase di Esmarch che recita: ”quanti che si sarebbero potuti salvare muoiono miseramente perché nessuno degli astanti ha saputo loro apprestare in tempo il soccorso opportuno”. Durante il primo conflitto mondiale veniva effettuata la scelta e lo smistamento dei feriti sul campo di battaglia con la conseguente attribuzione delle “tabellone diagnostiche” che riportavano tutti i dati riguardanti il ferito, la lesione riportata , le medicazioni praticate sul campo (definitive o provvisorie) ed infine la possibilità di essere trasportato oppure no attribuendo un codice colore (verde per consentire il trasporto, rosso se non trasportabile). Al termine della tabellone era specificato se l’intervento dei sanitari doveva essere urgente oppure no. L’evoluzione del soccorso extraospedaliero che ha portato al triage organizzato, si basa su alcuni elementi importanti: il trasporto ed il soccorso sollecito il dovere etico di curare tutti i feriti Pagina 2 di 39 il possibile verificarsi di rapporti di collaborazione anche fra medici di parti avverse (questo a volte è un principio a tutt’oggi poco rispettato!) la selezione trasporto protetto dopo stabilizzazione Il pronto soccorso si propone non solo come fulcro della rete assistenziale dell’emergenza-urgenza ma come fondamentale struttura da implementare per promuovere nuove forme assistenziali che prescindano dal facile ricovero integrando sempre di più l’ospedale ed il territorio. Il triage è il nodo organizzativo fondamentale di un DEA. Il suo principio ispiratore è quello di una continua e fattiva collaborazione medico-infermieristica che riconosce come presupposto un percorso formativo comune nelle più frequenti criticità. La Società Italiana di Medicina d’Urgenza ha favorito la formazione di un gruppo di lavoro sul triage che, avvalendosi della fattiva collaborazione con il GFT (Gruppo Formazione Triage che fin dal 1996 ha partecipato alla formazione attiva di molti infermieri), si propone di costituire uno strumento trasversale tra strutture a vario grado di complessità per migliorare la qualità assistenziale globale nell’emergenza-urgenza. La tappa fondamentale di questo processo viene raggiunta con la pubblicazione delle linee guida per il sistema emergenza-urgenza DPR 27/3/92 del Ministero della Sanità (applicato nel 1996) in cui viene prevista esplicitamente la funzione del triage e da chi viene svolta. Il triage è una moderna metodologia che regola gli accessi alla prestazione medica di un Pronto Soccorso, stabilendone le priorità secondo codici di valutazione. In particolare nasce come atto di delega infermieristica del medico responsabile (divenuto oggi funzione autonoma) per gestire al meglio l’accoglienza ed è basata essenzialmente su metodologie e valori condivisi dagli operatori che devono continuamente interagire, collaborare e comunicare per il raggiungimento di un fine comune: fornire una risposta sanitaria completa e soddisfacente all’utenza. In Italia si stima che 1 cittadino su 2-3 ogni anno si rivolge alle strutture di Pronto Soccorso; la maggior parte di questi utenti non presentano patologie urgenti e un tale uso improprio del servizio determina un sovraffollamento che può comportare ritardi per l’assistenza a pazienti che necessitano di un tempestivo intervento. Nel 1995 hanno usufruito del DEA circa 32.000.000 persone mentre gli accessi nel 2000 erano superiori a 50.000.000. Questo dato indica quanto sia importante l’organizzazione in DEA e Pagina 3 di 39 quindi conferma che il triage è la fase nodale organizzativa non solo per il corretto funzionamento del Dipartimento di Emergenza e ma anche dell’intero ospedale. Questo aumento così marcato degli accessi è dovuto a svariate cause. Il DEA rappresenta un luogo dove non viene posta soltanto la diagnosi ma anche la cura di molti eventi morbosi e nel quale è possibile effettuare la diagnostica strumentale e specialistica (con tempistiche sicuramente più brevi rispetto ai normali tempi di attesa che offrono i servizi specialistici ambulatoriali. A questo si aggiunge la crisi della figura del Medico di Base (quasi sempre all’oscuro del problema del suo assistito) e l’aumento della popolazione extracomunitaria spesso priva di assistenza sanitaria mutualistica. Inoltre, con la chiusura della maggior parte delle strutture ospedaliere di piccole dimensioni, vi è stato un ulteriore aumento dell’afflusso di utenti (Piano Sanitario Nazionale 2002-2004). In seguito a questo evidente aumento del numero di accessi ai DEA, la Regione Piemonte ha emanato il DPR n° 43 – 15182 del 23/03/2005. Nel 2003 l’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari (ARESS) della Regione Piemonte, in accordo con la Direzione e Programmazione Attività Sanitaria dell’Assessorato alla Sanità piemontese, ha realizzato un’indagine conoscitiva dell’attività di triage in tutte le sedi di Pronto Soccorso presenti sul territorio regionale. Lo studio ha cercato di definire con precisione ed in maniera dettagliata la situazione presente sul territorio regionale, ricercando anche una serie di elementi di confronto tra le differenti realtà operative ed organizzative. È stata evidenziata una situazione generale positiva, in linea con i provvedimenti di legge fino a quel momento in vigore e, comunque, sotto alcuni aspetti, migliore di quanto è emerso da altre indagini italiane sull’argomento. I dati evidenziano una pluralità di modalità operative che, pur partendo da principi ispiratori comuni, si sono realizzati con estrema eterogeneità. Completata la fase di attivazione del triage occorreva definire i criteri comuni ed uniformare le procedure operative al fine di tradurre in pratica la comunanza di intenti. In seguito sono stati attivati dei gruppi di lavoro composti dai responsabili infermieristici del triage presso le varie realtà locali, che hanno provveduto all’analisi ed alla discussione delle principali problematiche evidenziate dall’indagine ed alla stesura di linee di indirizzo regionali capaci di definire criteri organizzativi comuni e guidare le singole realtà locali nell’organizzazione dei tanti sistemi di trige. Nel 2005 nasce così il DPR menzionato precedentemente, che ha emanato le linee guida divenute strumento di organizzazione ed utilizzate in ogni realtà piemontese di Pronto Soccorso, integrate al contesto specifico di lavoro. Pagina 4 di 39 LA LEGISLAZIONE OGGI IN PIEMONTE La delibera della Giunta regionale (DPR n° 43 – 15182 del 23/03/2005) definisce gli obiettivi del triage, il sistema di codifica, le caratteristiche del processo, i requisiti necessari per la stesura dei protocolli, le peculiarità della scheda di valutazione, le risorse strutturali necessarie al triagista, il piano di formazione propedeutica e permanente ed i suggerimenti per un sistema di verifica. La funzione di triage deve essere attiva presso tutte le strutture di Pronto Soccorso della Regione Piemionte e garantire lo svolgimento continuativo nelle 24 ore. Nei Pronto Soccorso con affluenza superiore a 25.000 accessi l’anno il triage deve essere svolto da infermieri dedicati a tale funzione in maniera esclusiva. Nelle strutture con meno di 25.000 accessi l’anno è possibile prevedere l’attribuzione della funzione di triage ad un infermiere dedicato anche ad altre attività all’interno del servizio. Quando gli accessi superano i 45.000 annui occorre prevedere la presenza di due operatori dedicati almeno durante i turni diurni. Il triage è una funzione svolta da infermieri appartenenti all’organico del Pronto Soccorso formati secondo gli standard regionali ed in possesso di tutti i requisiti previsti delle disposizioni nazionali vigenti. I requisiti dell’infermiere di triage sono: essere un infermieri come definito dal profilo in base al DM 739/94 e sulla base della normativa vigente L 42 del 1999 e l 251 del 2000; avere almeno 6 mesi di esperienza lavorativa in Pronto Soccorso; se neo-laureato questo periodo deve essere successivo al periodo di prova; l’infermiere di triage deve effettuare, sulla base dell’organizzazione aziendale, la formazione continua prevista dal DGR 92-46243 del 1995 e con la determina del 07/04/2000 n°7850/29.6. la formazione abilitante al triage deve avvenire attraverso uno specifico corso teorico di preparazione della durata non inferiore alle 24 ore ed ad un periodo di affiancamento nella struttura di appartenenza. Il tutoraggio deve essere effettuato suddividendo le 20 ore complessive in affiancamento ad un infermiere esperto del reparto e alla presenza di un supervisore infermieristico esteno. la formazione permanente dovrà prevedere giornate Pagina 5 di 39 monotematiche di approfondimento, giornate sulla qualità di triage, approfondimenti su casi clinici, partecipazione ad attività di studio e ricerca per la progettazione di strumenti operativi. La funzione di triage è un’attività infermieristica svolta in autonomia professionale utilizzando dei protocolli elaborati da un gruppo interdisciplinare (infermieri e medici operanti nel Pronto Soccorso), approvati dal responsabile medico ed infermieristico del servizio e adeguatamente diffusi e condivisi da tutte le professionalità coinvolte. Il sistema di protocolli deve essere articolato per sintomi principali e deve prevedere criteri di valutazione per le situazioni sintomatologiche che si presentano con maggior frequenza; deve inoltre essere aggiornato sulla base delle migliori evidenze scientifiche adattandole alle specificità del contesto al quale si riferisce. Ogni struttura dovrà garantire una periodica revisione dei protocolli prevedendo intervalli temporali non superiori a 3 anni. Le modalità di valutazione e l’accuratezza della fase di raccolta dati devono tenere conto delle condizioni della persona, della previsione dei tempi di attesa alla visita medica e dell’affluenza. L’inizio della valutazione deve essere garantito entro cinque minuti dall’arrivo in Pronto Soccorso a tutti gli utenti quando è presente un operatore dedicato alla funzione. Se necessario possono essere presi alcuni provvedimenti assistenziali indispensabili per supportare il paziente in attesa e diminuire lo stress emotivo e doloroso, quali ad esempio: sistemazioni posturali idonee, immobilizzazioni temporanee di lesioni traumatiche minori, medicazioni di ferite, applicazione di ghiaccio, ecc. Inoltre, se previsto dai protocolli, possono essere iniziati alcuni trattamenti diagnostici o terapeutici e attivati percorsi dedicati per specifiche tipologie di pazienti. È compito dell’infermiere di triage garantire un’adeguata informazione all’utente circa l’esito della valutazione di triage ed il funzionamento della struttura, anche attraverso l’eventuale consegna di un opuscolo o di altri supporti informativi. La funzione di triage deve essere svolta a rotazione da tutti gli infermieri appartenenti all’organico del Pronto Soccorso in possesso dei requisiti specifici. È preferibile articolare il turno di triage in maniera da garantire agli operatori la possibilità di essere sostituiti dopo un periodo di quattro ore consecutive. L’attività di registrazione dei dati anagrafici deve essere supportata da personale amministrativo almeno nelle ore di maggiore affluenza. La scheda di triage è un elemento imprescindibile dal sistema di triage, deve documentare il processo decisionale che ha portato alla formulazione del codice di priorità, descrivere i provvedimenti attuati al triage e permettere il passaggio delle informazioni all’interno del Pronto Soccorso. Può essere Pagina 6 di 39 realizzata su supporto cartaceo o informatico. Gli elementi essenziali della scheda sono: dati anagrafici da permettere l’inequivocabile identificazione dell’utente data e ora di triage sintomo principale valutazione infermieristica codice di priorità assegnato interventi effettuati all’ingresso percorsi/procedure brevi attivati esito di eventuali rivalutazioni ora di accesso all’area di trattamento firma dell’operatore In tutte le strutture deve essere garantita la disponibilità di risorse adeguate, per consentire la realizzazione di un sistema di triage strutturato secondo standard qualitativi accettabili. Presso ogni Pronto Soccorso deve essere presente un locale di triage adibito esclusivamente a tale funzione collocato in posizione attigua agli ingressi del sevizio e centrale rispetto alle sale visita in grado di permettere l’espletamento della valutazione infermieristica nel rispetto della riservatezza del paziente. I locali di attesa devono permettere una sorveglianza a vista delle persone in attesa e possibilmente prevedere aree dedicate ai pazienti che necessitano di maggiore sorveglianza. Deve inoltre essere presente una dotazione di risorse tecnologiche dedicate in grado di permettere l’espletamento di tutte le attività previste (pc, materiale per medicazione, presidi per immobilizzazione, strumenti per rilevazione/monitoraggio parametri vitali, ecc.).Allo scopo di mantenere adeguate le attività professionali ed il sistema organizzativo è necessario individuare sistemi di monitoraggio delle performance del sistema triage su due livelli: il primo livello è quello aziendale a seconda delle specificità, affinità organizzative, tipologie di accesso e tipologia di servizi sanitari. Ad un livello di base esso consiste in un o più incontri fra operatori per discutere i casi. Lo standard di riferimento deve essere condiviso ed esplicito e i casi devono essere scelti per accordo raggiunto fra i membri del team interessato. L’analisi retrospettiva viene effettuata mediante l’esame delle schede di triage. Il secondo livello, regionale, definisce i criteri per la valutazione esplicita del sistema Pagina 7 di 39 triage attraverso una metodologia che porti alla condivisione professionale dei medesimi. La lista dei criteri deve poter permettere la valutazione dell’organizzazione per ciò che riguarda: gli aspetti strutturali, la gestione dei processi, l’organizzazione delle attività, le performance professionali. A cura dell’ARESS è attivato l’osservatorio regionale infermieristico sul triage che consente di avere una diffusione regionale delle informazioni e di poter uniformare i sistemi di triage alle linee di indirizzo regionale, attraverso periodici questionari compilati dai referenti di triage di tutta la Regione. OBIETTIVI DEL CORSO DI TRIAGE (Bollettino Ufficiale regionale n°20 del 19/05/2205) acquisire una metodologia scientifica di valutazione che comprenda l’utilizzo dell’intervista, dell’osservazione e del ragionamento clinico basato sulla semeiotica acquisire capacità relazionale atte alla gestione di situazioni critiche ansiogene considerando le dinamiche psicologiche che si sviluppano nel contesto triage tra operatori, con l’utente e verso i famigliari e/o accompagnatori. approfondire gli aspetti legati all’autonomia ed alla responsabilità professionale legandola alle problematiche legali derivate dall’attività di triage acquisire la metodologia per la progettazione e l’aggiornamento dei protocolli di valutazione in triage, in linea con l’indirizzo internazionale, nazionale e regionale acquisire le metodologie per stabilire possibili indicatori di efficacia, efficienza e performance. Il triage è una funzione infermieristica volta alla definizione delle priorità assistenziali attraverso la valutazione dei sintomi e dei segni vitali rilevati, in modo da definire l’ordine di accesso alla visita medica; l’obiettivo non è ridurre i tempi di attesa, ma ridistribuirli, a favore di chi ha necessità di interventi urgenti. Deve essere effettuato da infermieri professionali appartenenti all’organico di Pronto Soccorso, in possesso dei requisiti previsti dagli standard regionali. L’obiettivo principale è quindi quello di ridurre al minimo i ritardi di intervento sul paziente urgente attribuendo a tutti un codice di priorità mantenendo integra l’efficienza del Pronto Soccorso. Nei DEA con affluenza inferiore ai 25.000 accessi all’anno è possibile prevedere l’attribuzione alla funzione di triage ad un infermiere dedicato anche ad altre attività all’interno del PS, purché venga garantito il rispetto dei criteri previsti. Pagina 8 di 39 Nei DEA con affluenza superiore ai 25.000 passaggi l’anno il triage deve essere svolto da infermieri dedicati a tale funzione in maniera esclusiva nelle fasce orarie a maggiore affluenza. La funzione di triage deve essere svolta a rotazione da tutti gli infermieri appartenenti all’organico del DEA in possesso dei requisiti specifici. E’ preferibile articolare un turno in maniera da garantire agli operatori la possibilità di essere sostituiti dopo un periodo di 4 ore consecutive di attività. COMPITI DELL’INFERMIERE DI TRIAGE Identificare condizioni potenzialmente a rischio per la vita. Ricercare e riconoscere segni e sintomi quali possibile espressione di un danno rapidamente evolutivo Attribuire ad ogni paziente un codice di priorità adeguato, che regoli l’accesso alle cure mediche, in relazione alla criticità delle condizioni. Stabilire la sede di trattamento più appropriata Rivalutare periodicamente i pazienti in attesa Ridurre lo stato d’ansia del paziente in attesa Fornire corrette informazioni ai familiari L’inizio del triage va garantito entro 5 minuti dall’arrivo in DEA ed il tempo per ogni valutazione non deve superare i 5 minuti. TIPI DI TRIAGE Le modalità di effettuazione del triage variano in funzione delle differenti realtà. Si parla pertanto di: triage non infermieristico (non più in uso), in cui la valutazione veniva effettuata da personale amministrativo ausiliario esclusivamente in base all’ordine di arrivo triage infermieristico con personale non dedicato, i cui limiti sono principalmente connessi all’assenza di formazione specifica triage di bancone, condizionato dalla assenza di locali adeguati con limitazione della privacy Pagina 9 di 39 triage globale. Quest’ultimo rappresenta il modello più completo, basato sull’approccio globale alla persona ed ai suoi familiari. Assicura la valutazione più corretta da parte di un operatore adeguatamente formato, garantendo l’assegnazione di un codice di priorità sulla base delle necessità del paziente e del possibile rischio evolutivo. METODOLOGIA Il triage globale si avvale di: valutazione sulla porta, che ha come obiettivo fondamentale l’attenzione a come si presenta il paziente all’arrivo (grado di sofferenza, colore della cute, presenza di rumori respiratori, ecc). E’prioritaria e , spesso in grado, da sola, di identificare un paziente ad elevata criticità. raccolta dei dati soggettivi, mirata ad identificare e descrivere il sintomo principale, i dati anamnestici rilevanti ed i sintomi associati. raccolta dei dati oggettivi, con la misurazione dei parametri vitali decisione di triage, cioè la attribuzione del codice colore collocazione del paziente rivalutazione, essenziale per mantenere adeguato il codice di priorità ai pazienti che sono in attesa L’inizio del triage va garantito entro 5 minuti dall’arrivo in DEA ed il tempo per ogni valutazione non deve superare i 5 minuti. LA VALUTAZIONE SULLA PORTA Il processo di triage ha inizio con il primo sguardo verso il paziente. L’infermiere di triage in pochi secondi deve essere in grado di identificare attraverso il “colpo d’occhio” chi tra tutti in pazienti in attesa ha una compromissione degli indicatori vitali. Il primo sguardo deve portare alla prima classificazione identificando in breve tempo i pazienti che si presentano con un alterazione della vie aeree,del respiro, del circolo e della coscienza assegnando un codice rosso. La valutazione sulla porta serve per identificare i pazienti che necessitano di un intervento tempestivo come potrebbe essere un ostruzione delle vie Pagina 10 di 39 aeree, l’assenza di polso carotideo ed altri ancora. La valutazione rapida riguarda poi: A pervietà delle vie aeree B respiro C circolo D deficit neurologici LA RACCOLTA DATI La raccolta dati consta di 2 fasi : la valutazione soggettiva attraverso l’intervista al pazienti e agli accompagnatori, la documentazione clinica disponibile e la valutazione oggettiva. VALUTAZIONE SOGGETTIVA Viene effettuata fondamentalmente attraverso l’intervista al fine di definire: il sintomo principale; l’evento presente; il dolore; la ricerca dei sintomi associati; raccolta dell’anamnesi patologica e farmacologia. La definizione del problema fatta attraverso l’esplicazione del sintomo principale è di fondamentale importanza in quanto consente di mirare il seguito dell’intervista e la successiva valutazione oggettiva in ambito più specifico. Le domande iniziali per questo motivo dovrebbero essere domande aperte,in modo da permettere al paziente di descrivere i propri sintomi. L’infermiere di triage deve avere la capacità di guidare l’intervista conducendo per mano il paziente verso l’obiettivo che ci si è prefissati. Il problema dominante può essere facilmente identificabile come una ferita, può essere facilmente descrivibile dal paziente, ma altre volte può essere incapacità del paziente o per difficoltà nel definire il sintomo . Pagina 11 di 39 più complicato o per Identificare però il problema dominante riveste un ruolo essenziale per mirare il seguito dell’intervista e la valutazione oggettiva Molto accurata deve poi essere la valutazione dell’evento presente che ha condotto all’accesso. In alcune patologie sono fondamentale le circostanze in cui si è presentato un determinato sintomo (pensiamo per es. alla differenza tra una sincope non preceduta da sintomi e quindi riconducibile molte volte a un malattia cardiaca magari aritmica o ad una sincope post-minzionale benigna su base vaso-vagale). Sappiamo inoltre che il tempo intercorso dall’insorgenza dei sintomi può essere determinante sia dal punto di vista diagnostico (curva enzimatica nell’IMA) che dal punto di vista terapeutico (angioplastica primaria nell’IMA). Caso clinico Donna di 62 anni che accede in DEA per incidente automobilistico con trauma cranico e perdita di coscienza. Non evidenti deficit neurologici. Tc cranio negativa. Viene data indicazione specialistica all’osservazione di 24 h in ambito ospedaliero. Alle domande più attente sulle circostanze che hanno condotto all’incidente emerge che la perdita di coscienza è avvenuta prima del truma. La paziente viene sottoposta a massaggio seno carotideo con comparsa di una lunga pause (maggiore di 4 sec al tracciato) e riproduzione dei sintomi. Il giorno seguente viene posizionato un pace-maker. L’infermiere professionale ha il compito, durante la valutazione dell’evento presente, di comprendere le circostanze che lo hanno provocato per attribuire non solo il corretto codice colore ma anche l’idonea collocazione in ambito specialistico E’ raccomandabile ripetere al paziente ciò che lui stesso ha riferito per accertarsi che era esattamente quello che voleva dirci. Nell’ambito della valutazione delle circostanze dell’evento presente deve poi essere valutata con attenzione la localizzazione del problema e la sua descrizione. Se vi è stato un trauma quale è stato il meccanismo dinamico che lo ha prodotto. Come sono progrediti i sintomi dopo la comparsa. E’ fondamentale sapere se è stato intrapreso un trattamento al domicilio o da parte dei soccorritori anche per comprendere eventuali modificazioni del sintomo principale. Nell’ambito della valutazione soggettiva va preso poi in analisi il sintomo dolore (da cosa è Pagina 12 di 39 stato provocato, la sua qualità, l’irradiazione, la gravità e il tempo) e la storia clinica: T immunizzazione tetanica E eventi che hanno condotto alla malattia S storia medica e chirurgica passata o gravidanza T terapia A allergie La storia clinica sicuramente è fondamentale nella decisione di triage (pensiamo per es. al dolore toracico in un coronaropatico). VALUTAZIONE OGGETTIVA La valutazione oggettiva si compone dell’esame fisico dei malati e consiste nella raccolta di ciò che osserviamo, di ciò che misuriamo e di ciò che ricerchiamo. Nella maggior parte dei Dipartimenti di Emergenza non esiste una stanza idonea e dedicata al processo di valutazione; per quasto motivo diventa davvero importante la rilevazione dei parametri vitali e dell’ispezione quando sia possibile. Un errore nella valutazione dei parametri vitali può modificare la decisione del codice colore ma è pur altrettanto vero che il riscontro di un parametro vitale alterato prescindendo la valutazione globale del paziente può essere fuorviante ed errato. Per es. il riscontro di valori pressori ridotto in una giovane donna può essere del tutto normale ma non lo è se sono associati ad un evidente situazione di ipoperfusione periferica. Nella valutazione oggettiva vengono valutate (sec. ABCDEFG) le vie aeree, il respiro, il circolo, l’eventuale presenza di sintomi neurologici, esposizione la presenza di febbre e i restanti parametri vitali. Sono da considerare indicativamente pericolosi nell’adulto: PAO sistolica < 90 mmHg o > 200 mmHg PAO diastolica > 120 mmHg FC< 40 o > 120 bpm FR < 10 o > 30 SpO2 < 90% T. < 32°C o > 39°C Pagina 13 di 39 GCS < 12-13 Per quanto riguarda il bambino si rimanda alla sezione dedicata. NB: la saturazione non è attendibile nei soggetti aritmici o ipoperfusi o ipotermici. La frequenza cardiaca rilevata al saturimetro non è attendibile nei soggetti aritmici. Nei pazienti fibrillanti deve essere rilevato in polso centrale che è indicativo della reale frequenza cardiaca. In qualunque momento della valutazione l’infermiere può determinare che il paziente necessita di cure immediate. Il restante processo a questo punto deve essere interrotto per non ritardare l’accesso alla sala medica. Se abbiamo già deciso al solo colpo ispettivo che il codice colore del nostro paziente è elevato non è necessario, anzi può essere dannoso, rilevare i parametri vitali. RIVALUTAZIONE Le condizioni cliniche dei nostri assistiti possono mutare anche in pochi istanti. E’ un obbligo professionale il processo di rivalutazione ed è l’unico che garantisce la correttezza del codice di priorità assegnato. La rivalutazione deve essere effettuata a giudizio dell’infermiere di triage, a richiesta dell’utente o dei suoi accompagnatori, allo scadere del tempo di rivalutazione previsto per ogni codice colore. L’infermiere di triage non fa diagnosi ma attribuisce una priorità alla visita medica. Ciò non toglie che per attribuire un corretto indice di priorità bisogna conoscere molto bene la patologia che si sta valutando anche per considerare il potenziale rischio evolutivo Se il paziente ci appare gravemente malato o sofferente bisogna partire dalla considerazione che lo sia davvero. Il codice colore viene attribuito anche sulla base di un percorso condiviso dalle varie professionalità che operano nel Dipartimento di Emergenza. Ma una volta che il percorso è stato condiviso da un gruppo multidisciplinare, è stato studiato e fatto proprio dal professionista responsabile, sulla base anche della realtà in cui si opera, il codice colore non và attribuito a seconda del medico che è in turno, dell’affollamento della sala d’aspetto, delle peculiarità caratteriali dell’utente, dell’ora della giornata. Semmai una volta attribuito correttamente, secondo i protocolli interni e in linea con le direttive regionali, l’infermiere di triage può verbalmente interagire con le varie figure specialistiche creando all’utente ed ai Pagina 14 di 39 colleghi il migliore percorso. Talvolta ci troviamo di fronte a storie complicate o non chiaramente comprensibili oppure ci viene in aiuto quello che molti di noi chiamano il “Dio del medico o dell’infermiere di Pronto Soccorso”. E’ questa l’intuizione che non si impara a scuola ma che è uno dei fondamenti che regola il nostro lavoro. Se non tutto ci è chiaro fidiamoci di questo dono. IL CODICE COLORE ROSSO Assenza o grave compromissione di una o più funzioni vitali (coscienza, respiro e circolo). L’attribuzione di tale codice colore prevede l’accesso immediato in sala emergenza (diapo codice rosso) CODICE COLORE 1. Compromissione dello stato di coscienza Alert – sveglio Verbal – reattivo a stimolo verbale Pain – reattivo a stimolo doloroso Unresponsive – areattivo Glasgow Coma Scale 3. Alterazione del circolo Arresto cardiaco Stato di shock: cute fredda o calda, sudata, pallida, marezzata, con severa ipotensione,segni di ipoperfusione cerebrale, cianosi periferica CODICE CODICE ROSSO ROSSO 2. Alterazione del respiro Arresto respiratorio Distress respiratorio: periodi di apnea, bradipnea (FR <10 atti/min), stridore laringeo, utilizzo di muscolatura accessoria 4. Trauma maggiore Pagina 15 di 39 GIALLO Rischio di rapido deterioramento di una funzione vitale o importante dolore o disagio psichico. Collocazione in sala emergenza o subintensiva con possibilità di monitorizzazione Tempo di attesa 20 minuti Rivalutazione ogni 10 minuti VERDE Pazienti senza compromissione dei parametri vitali, non particolarmente sofferenti, per i quali si ritiene improbabile un peggioramento clinico. Collocazione all’interno de DEA eventualmente barellati Tempo massimo di attesa per valutazione 90 minuti Rivalutazione ogni 60 minuti BIANCO Prestazione sanitaria priva di urgenza Tempo di attesa illimitato Collocazione in sala di attesa a meno che non si tratti di paziente non autosufficiente o barellato Rivalutazione ogni 240 minuti Pagina 16 di 39 IL PROCESSO DI TRIAGE Il processo di triage, metodologicamente, si articola in quattro fasi: 1. valutazione alla porta: rapida osservazione dell’aspetto l’obiettivo generale di del individuare i paziente con soggetti con problematiche assistenziali che necessitano di un intervento immediato. 2. raccolta dati: si compone della valutazione soggettiva effettuata essenzialmente attraverso l’intervista, e della valutazione oggettiva che consiste nella rilevazione dei segni e sintomi e nell’analisi della documentazione clinica ove disponibile. 3. decisione di triage: si concretizza con l’assegnazione del codice di priorità 4. rivalutazione: è necessaria per cogliere tempestivamente eventuali evoluzioni delle condizioni degli utenti in attesa. Può confermare o variare il codice di priorità assegnato. Il triage è quindi un processo decisionale che si basa su un metodo scientifico che prevede un ragionamento clinico, una riflessione critica che permette di valutare, anche attraverso l’esperienza di operatori adeguatamente preparati, le condizioni dei pazienti e gli elementi di un potenziale scompenso o l’insorgere di complicanze entro il breve e medio termine assegnando loro il codice di priorità. Per poter elaborare la valutazione in modo schematico ed oggettivo utilizziamo degli indicatori che guidano nel processo decisionale per definire rapidamente la scelta di priorità. Gli gli indicatori ci aiutano a capire chi dobbiamo assistere prima e chi può aspettare quindi occore valutare chi è in evidente pericolo di vita, chi ha un livello di sofferenza elevato tale da perdere la dignità, chi presenta un problema acuto e chi presenta un problema non acuto. Gli indicatori che utilizziamo sono: indicatori vitali : sono i problemi vitali e sono Airway, Breathing, Circulation, Disability (ABCD) Pagina 17 di 39 indicatori generali: definiscono il livello di sofferenza quindi l’intensita’ del dolore, il vomito incoercibile,un sanguinamento in atto non arrestabile,la temperatura corporea che inducono l’individuo alla perdita di dignità indicatori specifici primari: sono direttamente correlati con il sintomo principale definendo maggiormente il problema identificato indicatori specifici secondari: non sono correlati con il sintomo principale. È compito dell’operatore quindi ricercare nell’anamnesi quelle informazioni che possono condurci alla definizione del problema. Le fasi del triage sono 4 e comprendono: 1. prima valutazione 2. seconda valutazione 3. decisione di codice di priorità 4. rivalutazione continua. Gli elementi della prima valutazione sono gli indicatori vitali ABCD e se ci sono alterazioni significative non si procede con ulteriore accertamento ma si assegna un codice rosso con l’ingresso immediato: 1. A airway: il paziente parla (vie aeree libere)? Come parla (disfonia, afonia, stridore,…)? Cosa dice (orientato, agitato, lucido,…)? Viene quindi valutato: la presenza di rumori respiratori gli eventuali corpi estranei, sibili, la presenza di disfonia stato di coscienza 2. B breathing: il paziente respira? Come respira (uso di muscoli accessori, postura)? La frequenza respiratoria è alterata (dolore, fatica, ansia,…)? Quale colore hanno la cute e le mucose (cianosi, giugulari turgide,… Viene quindi valutato: la frequenza respiratoria, l’espansione toracica la simmetria o asimmetria toracica la presenza di dolore il turgore delle giugulari la cianosi la saturimetria Pagina 18 di 39 3. C circulation: quali caratteristiche ha il polso? La cute è calda (normo/ipo/ipertemica)? La cute è sudata (calda sudata o sudore algido)? Il paziente è agitato? Ci sono sanguinamenti evidenti? Viene quindi valutato: la frequenza cardiaca : polso radiale presente/piccolo con pressione arteriosa omerale (PAO) >90; polso femorale presente/piccolo PA 60-90; polso carotideo presente/piccolo PAO <60 il refil capillare <2 secondi il turgore delle giugulari la cianosi, pallore la sudorazione fredda le emorragie evidenti l’agitazione 4. D disability stato di coscienza e quadro neurologico: il paziente è lucido e orientato? Si presenta agitato e confuso (eseguire AVPU)? Potrebbe essere ipossico? Come sono le pupille? Viene quindi valutato: lo stato di coscienza, la lucidità e l’orientamento nel tempo e nello spazio Allert, Vocal, Pain, Unconsciuns (AVPU) le pupille lo stato di agitazione GCS Gli elementi della seconda valutazione comprendono gli indicatori generali o detti anche di sofferenza gli indicatori specifici primari e gli indicatori specifici secondari. Gli indicatori generali sono: il dolore intenso il vomito incoercibile ipotermia <35°C ipertermia >40°C sanguinamento in atto non tamponabile Gli indicatori specifici primari: sono i segni e i sintomi che caratterizzano la manifestazione clinica tipica di una patologia e sono direttamente correlati al sintomo principale Gli indicatori specifici secondari sono: Pagina 19 di 39 segni e sintomi non immediatamente correlabili con la manifestazione clinica di una patologia specifica AMPLE: Allergy (allergie), Medicament (medicamenti), Patology (patologie pregresse), Last lunch (ultimo pasto), Event (evento) fattori di rischio farmaci assunti età Dopo questa attenta valutazione si procede con la decisione del codice di priorita’ e, dove è previsto, con l’assegnazione della competenza. Questo è il culmine di un processo molto complesso basato sulla valutazione delle condizioni presenti del paziente, sulla possibilità di complicanze entro breve e medio termine e sulla disponibilità di risorse. È importante ricordare in qualunque in momento della valutazione l’infermiere può determinare che il paziente necessita di cure immediate e,a questo punto, il restante processo di valutazione viene sospeso per trasferire immediatamente il paziente nell’area di trattamento. Con l’aumentare dell’esperienza dell’infermiere diventano più efficienti le abilità, lo stile e la velocità nella decisione anche perché spesso queste operazioni vengono svolte simultaneamente e con ritmi frenetici. La rivalutazione è un momento fondamentale del processo di triage perché dopo l’assegnazione del codice di priorità la maggior parte delle persone viene indirizzata alla sala d’aspetto, dove i tempi di attesa possono essere anche molto lunghi. La rivalutazione viene effettuata per evitare aggravamenti durante questo periodo e deve essere attuata: a giudizio dell’infermiere di triage a richiesta dell’utente o dell’accompagnatore allo scadere del tempo di rivalutazione previsto È importante sottolineare che tutti i pazienti devono essere rivalutati, ad intervalli prestabiliti o in relazione al codice assegnato. L’infermiere rivaluta il paziente sulla base della sua precedente valutazione verificando se vi sono cambiamenti (in meglio o in peggio) per ogni sintomo significativo tali da modificare il codice. Ricordarsi che il ritmo vorticoso di lavoro a cui si è sottoposti in alcuni momenti non deve indurre a trascurare i bisogni dei pazienti in attesa per dedicarsi a chi è appena arrivato in Pronto Soccorso. La rivalutazione è un processo altamente elastico durante il quale si può ripetere il rilevamento di uno o più parametri vitali o una veloce intervista su eventuali cambiamenti. L’infermiere può anche Pagina 20 di 39 invitare i pazienti a tornare all’area di triage in caso di peggioramento dei sintomi o di cambiamento delle condizioni durante l’attesa. IL TRIAGE NEL PAZIENTE TRAUMATIZZATO Il trauma è la principale causa di morte per la popolazione al di sotto dei 40 anni, con un conseguente aumento dei costi sociali e della perdita di anni di vita produttiva, se si pensa alle inabilità più critiche che possono derivare dall’evento stesso. Nella prima valutazione del processo di triage , tutti i pazienti vittime di un trauma vengono valutati, su di essi si stabiliscono le priorità di trattamento in base alle lesioni, ai parametri vitali ed al meccanismo traumatico. La chiave della prima valutazione del trauma è in ogni caso basata sull’ ABCDE. Un’attenta valutazione va fatta sui pazienti pediatrici,sulle donne in gravidanza e sugli anziani, per le diversità anatomiche e fisiologiche, per le patologie correlate ed il processo d’ invecchiamento, che possono modificare la risposta del paziente all’ agente lesivo. Nella seconda valutazione è fondamentale l’esame testa-piedi del traumatizzato, con un’attenta anamnesi,l’esame obiettivo e l’esame neurologico effettuato con la scala di Glasgow. In questa fase diventa molto importante conoscere la dinamica dell’evento: com’è avvenuto il trauma?Impatto frontale, laterale, posteriore, l’eiezione dal veicolo,l’investimento di un pedone, etc. Perchè la dinamica diventa di tale importanza? Per poter avere un’idea delle innumerevoli lesioni correlate al tipo d’impatto durante la valutazione al triage del paziente. Ed inoltre la possibile e rapida evoluzione della situazione clinica e dei paramentri vitali della persona. Per cui diventa molto importante, per ogni distretto corporeo,valutare attentamente i segni e sintomi che il paziente presenta. Ad esempio nel trauma cranico possiamo riscontrare : cefalea,vomito,anisocoria, amnesia, ripetitività, occhi da procione, etc.. Nel trauma toracico: dispnea,rumori respiratori, uso dei muscoli accesori, cianosi, tachipnea,pallore , sudorazione, tachicardia, turgore delle giugulari, etc. Nel trauma addominale : addome teso, dolente, presenza di abrasioni, ematomi, ecchimosi, ferite lacere, macroematuria, ritenzione di urina, pallore, ipotensione, disorientamento, etc. Nel trauma degli arti invece si può riscontrare: l’assenza di polsi periferici, vaste ferite lacero-contuse, ecchimosi, ematomi, deformità, etc. Nella valutazione di tutti questi segni e sintomi diventa oltremodo importante non tralasciare i parametri vitali e la scala di Glasgow. Oltre alla dinamica è importante l’ora in cui è avvenuto l’evento traumatico per saper il tempo trascorso dall’evento all’arrivo in ospedale e quindi l’aumento del rischio di repentina evoluzione dei parametri vitali; se c’è stata un’ estricazione difficile e prolungata che può aumentare il rischio di evoluzione negativa dello stato emodinamico del paziente; la sua età; le patologie correlate; la terapia assunta e l’ AMPLE. Pagina 21 di 39 Al termine della seconda valutazione si può attribuire il codice di priorità e successivamente effettuare sempre la Rivalutazione. Punto nodale e fondamentale in tutto il processo di triage, ma più importante nel paziente traumatizzato perché più a rischio di repentina evoluzione. Una piccola parte viene dedicata al TRAUMA MAGGIORE. L’ATLS classifica i traumi maggiori con: 1. parametri vitali: GCS<13 PAOS<90mmhg FR<10>29 RTS<11 nell’adulto PTS<9 nel bambino 2. segni e sintomi: lembo toracico mobile 2 fratture di ossa lunghe paralisi degli arti ferita penetrante ustione <30% amputazione a livello di polso caviglia 3. dinamica: eiezione estricazione complessa altro passeggero deceduto caduta da >5mt impatto ad alta velocità pedone investito Pagina 22 di 39 IL TRIAGE PEDIATRICO Dott. M. Nangeroni Dott.ssa L. Quaglio Dott. V. Voi IPP. C. Masoero INTRODUZIONE ED EPIDEMIOLOGIA La necessità di una codifica del triage pediatrico nasce dalla notevole disomogeneità delle strutture preposte all’accoglienza delle urgenze/emergenze pediatriche. Soltanto un decina di ospedali esclusivamente pediatrici sono presenti in Italia nei quali opera personale specializzato. Nei restanti ospedali, il bambino è accolto in un pronto soccorso generale dove gli operatori sanitari non sono dotati di formazione pediatrica e soltanto in seconda battuta avviene l’intervento del pediatra (in guardia attiva o solo reperibile in alcuni casi). Per questi motivi la Società Italiana di Medicina di Emergenza ed Urgenza Pediatrica (SIMEUP) ha creato nel ’98 un gruppo di lavoro dedicato al triage pediatrico che si propone di definire uno strumento trasversale di collegamento tra strutture di vario grado e complessità per migliorare la qualità assistenziale globale pediatrica nell’emergenza/urgenza. Attualmente la distribuzione percentuale dei codici di priorità è abbastanza omogenea, almeno nella distinzione tra critici (intorno al 10%) e non critici (intorno al 90%) e mediamente il rapporto tra codici bianchi e verdi e intorno a 1:2. Naturalmente la distribuzione di questi codici varia in relazione allo status organizzativo della struttura di DEA, dipende dal tempo trascorso dall’istituzone del processo, dalle metodologie di valutazione, dalle potenzialità di accoglienza della struttura, etc. Focalizzarsi sull’età pediatrica nell’ambito di un corso di triage è importante per aver chiare le peculiarità del bambino critico rispetto all’adulto (vedi in particolare le funzioni e i parametri vitali), aver chiaro in che cosa il percorso di triage pediatrico si differenzia da Pagina 23 di 39 quello dell’adulto, focalizzare le criticità della nostra realtà ed individuare i possibili punti di miglioramento. IL PROCESSO DI TRIAGE Il percorso di triage è il nodo organizzativo di ogni pronto soccorso ed il fulcro di tutto il processo è l’infermiere di triage che necessita di specifiche competenze. E’ una tecnologia moderna che regola gli accessi alla prestazione medica stabilendone le priorità secondo codici di valutazione. Le fasi nel processo di triage pediatrico (valutazione alla porta, raccolta dati, assegnazione codice, rivalutazione) non si differenziano da quelle già codificate e largamente sperimentate nell’adulto; diverse sono, invece, le definizioni di attribuzione dei codici per i seguenti motivi: Il bambino non è un adulto in miniatura La presa in carico coinvolge la diade “bambino-genitori” La comprensione del sintomo principale non è sempre facile L’urgenza pediatrica ha caratteristiche di epidemiologia e di fisiopatologia che sono peculiari Spesso chi è esperto nell’urgenza non è pratico di bambini e viceversa La realtà di un DEA a misura di adulto, come il nostro, pone necessariamente problematiche nella gestione del paziente pediatrico Il crescente aumento della domanda comporta nuove implicazioni di tipo organizzativo Occorrono, quindi, conoscenze relative alle caratteristiche dello sviluppo conoscenze in merito fisico, all’emergenza – psicomotorio, percettivo urgenza alle ed e cognitivo e tecniche relazionali e comportamentali per raggiungere l’obbiettivo di distinguere le situazioni a rischio, prendere in carico la diade “genitore-bambino” ed, infine, assegnare un codice di priorità. Pur avendo mantenuto i codici colore dell’adulto, le definizioni che li codificano, così come i tempi i attesa e di rivalutazione sono differenti: Pagina 24 di 39 Codice Rosso Definizione Attesa Assenza o grave compromissione di Accesso una o più funzioni vitali e/o alterazione immediat di uno o più parametri vitali Rivalutazione n.d. o Potenziale pericolo di vita assegnato al paziente con alterazione ma non compromissione di una delle funzioni Giallo vitali: 20’ 5’ 90’ 30’ Non c’è alterazione dei parametri vitali Urgenza differibile Funzioni e parametri vitali normali ma Verde con sintomatologia rilevante ad insorgenza acuta che necessita di inquadramento Non urgenza Funzioni vitali normali con Bianco sintomatologia ad insorgenza non Non definibile 240’ acuta per i quali potrebbero essere valutati percorsi alternativi L’assegnazione del codice di priorità si dovrebbe concludere con un atto informativo (verbale o scritto) codificato, chiaro e condiviso mediante il quale vengono spiegate anche le metodologie di accesso ed utilizzo delle risorse della struttura. Le rivalutazioni fanno parte di questo atto, in cui si esplicita il fatto che il paziente e la sua famiglia non vengono “dimenticati” in sala d’attesa, ma che sono parte di un meccanismo che funziona anche se in maniera a loro impercettibile. Le rivalutazioni sono anche importanti in pediatria per le peculiarità fisiopatologiche dell’età pediatrica, caratterizzata da un possibile rapido o addirittura improvviso peggioramento delle condizioni cliniche di un bambino che precedentemente non si trovava in situazione “critica”. Per ridurre al minimo le possibilità di errore e migliorare la comunicazione tra medico ed infermiere di triage è utile codificare una scheda di triage e dei protocolli operativi chiari, approvati, attuabili, condivisi e revisionati periodicamente. Pagina 25 di 39 PARAMETRI PEDIATRICI Per una corretta valutazione del bambino, l’infermiere di triage deve conoscere i valori normali per l’età e dei segni clinici di allarme dell’età pediatrica disporre di un Glasgow Coma Scale adatto alle varie fasi dell’età evolutiva conoscere le caratteristiche del Trauma Score Pediatrico poter calcolare l’estensione di una superficie corporea ustionata. Per questo forniamo qui di seguito alcune tabelle: RANGE DEI PARAMETRI VITALI NORMALI PER L’ETÀ NEONATO FC FC (veglia) (sonno) 100–180 FR PA max PA min 80–160 40-60 60-90 20-60 100-160 75-160 30-60 87-105 53-66 80-110 60-90 24-40 95-105 53-66 70-100 60-90 22-34 96-110 55-69 65-110 60-90 18-30 97-112 57-71 60-90 50-90 12-16 112-128 66-80 LATTANTE (6 mesi) 1° INFANZIA (2 anni) 2° INFANZIA (5 anni) ETA’ SCOLARE (7 anni) ADOLESCENTE (15 anni) GLASCOW COMA SCALE ETÀ > 1 ANNO < 1 ANNO Punteggio APERTURA OCCHI Spontanea Spontanea 4 Al comando Al rumore 3 Al dolore Al dolore 2 Pagina 26 di 39 Nessuna risposta ETÀ Non risposta > 5 ANNI 2-5 ANNI Parole appropriate, Orientato, conversa MIGLIORE Disorientato, conversa frasi Parole inappropriate 1 < 2 ANNI Punteggio Vocalizza, ride 5 Piange, è 4 inconsolabile RISPOSTA VERBALE Parole sconnesse ETÀ RISPOSTA MOTORIA Pianto, grida persistenti Pianto, grida persistenti Suoni incomprensibili Suoni incomprensibili Suoni incomprensibili 2 Non risposta Non risposta Non risposta 1 > 1 ANNO < 1 ANNO Punteggio Obbedisce Spontanea normale 6 Localizza il dolore Localizza il dolore 5 Flette, si allontana dal dolore Flette, si allontana dal dolore 4 Flessione decorticata Flessione decorticata 3 Estensione decerebrata Estensione decerebrata 2 Non risposta Non risposta 1 GLASCOW COMA SCALE VALORI NORMALI ETÀ TOTALE Da 0 a 6 mesi 10 Da 6 a 12 mesi 12 Da 1 a 2 anni 13 Da 2 a 5 anni 14 Maggiore di 5 anni 15 PEDIATRIC TRAUMA SCORE VALORI CARATTERISTICHE Dimensioni (kg) 3 +2 +1 -1 >20 10-20 <10 Pagina 27 di 39 Respirazione Normale Può essere mantenuta > 90 50 – 90 Non può essere mantenuta PA sistolica* < 50 (mmHg) Obnubilato, SNC Vigile Lesioni ossee Assenti Fratture chiuse Cute Integra Ferite minori incosciente Coma Fratture aperte, multiple Lesioni maggiori penetranti Se non possibile PA: polso radiale palpabile +2; femorale palpabile +1; nessun polso -1. PARAMETRI VITALI E SEGNI CLINICI DI ALLARME IN ETÀ PEDIATRICA apnee > 10 secondi - FR > 60 /min respiro agonico / distress respiratoro grave SpO2 < 94% in aria ambiente cianosi con estremità fredde - marezzate polsi periferici assenti FC < 80 oppure > 180 bpm in bambino < 5 anni FC < 60 oppure > 160 bpm in bambino > 5 anni refill > 2" in paziente normotermico punteggio GCS < 12 pupille anisocoriche o non reagenti Pagina 28 di 39 convulsioni in atto glicemia al dito < 40 mg% o > 300 mg% CALCOLO DELLA SUPERFICIE USTIONATA (APPROSSIMATIVA) “Regola del nove” modificata per parametri antropometrici 10 10 13 13 99 15 15 99,,5 5 19 19 99,,5 5 99,,5 5 32 32 15 15 15 15 1-4 1-4 17 17 99 99,,55 32 32 99,,55 32 32 99,,55 17 17 36 36 18 18 5-9 5-9 18 18 10-14 10-14 Pagina 29 di 39 18 18 18 18 Adulto Adulto PROTOCOLLI OPERATIVI Riportiamo a titolo esemplificativo i protocolli approvati recentemente dalla commissione sul Triade Pediatrico della SIMEUP di alcune patologie più frequentement riscontrate in DEA. FEBBRE NEL BAMBINO < 3 MESI Pagina 30 di 39 FEBBRE NEL BAMBINO > 3 MESI T > 39°C + almeno uno dei seguenti sintomi: Disidratazione severa Distress respiratorio severo Alterazione dello stato di coscienza, ipotonia, iporeattività Petecchie o rush purpurico al tronco Convulsioni in atto SI CODICE ROSSO NO T > 39°C + almeno uno dei seguenti segni o sintomi: Distress respiratorio moderato Disidratazione moderata Fontanella anteriore bombè, rigidità nucale Pianto flebile o lamentoso, irritabilità inconsolabile Storia di convulsioni < 12 ore SI CODICE GIALLO NO SI Irritabilità evidente, ma consolabile Lieve alterazione della frequenza respiratoria Disidratazione lieve Anamnesi positiva per convulsioni febbrili CODICE VERDE NO CODICE BIANCO INTERVENTI: ABCD Valutazione dei parametri vitali Antipiretici ed anticonvulsivanti Pagina 31 di 39 PIANTO ED IRRITABILITÀ Segni di compromissione cardiocircolatria Distress respiratorio severo Alterazioni dello stato di coscienza, ipotonia, iporeattivtà Petecchie o rush purpureo al tronco con febbre > 38°C SI CODICE ROSSO NO Alterazione della funzione circolatoria Distress respiratorio moderato Disidratazione moderata Fontanella anteriore bombè, rigidità nucale Pianto lamentoso, apatia Cefalea importante Vomito biliare Enterorragia SI CODICE GIALLO NO SI Neonato con irritabilità e turbe del sonno Otalgia e storia di otite Storia di coliche gassose CODICE VERDE NO CODICE BIANCO INTERVENTI: ABCD Valutazione dei parametri vitali GCS Trauma score se trauma Pagina 32 di 39 DOLORE ADDOMINALE SI Disidratazione grave o segni di compromissione cardiocircolatoria CODICE ROSSO NO Disidratazione moderata Letargia/apatia Dolore severo Sangue nelle feci o rettorragia Vomito biliare ematico o caffeano Insonnia/irritabilità nel lattante Ritenzione urinaria Febbre > 39°C Storia di trauma addominale Storia di anemia falciforme Storia di malattia infiammatoria intestinale SI CODICE GIALLO NO SI CODICE VERDE Disidratazione lieve Irritabilità/insonnia nel bambino Alvo chiuso > 5 giorni Febbre > 38°C NO CODICE BIANCO INTERVENTI: ABCD Valutazione dei parametri vitali Stick urine Antipiretico se febbre Pagina 33 di 39 Bibliografia 1. Murphy KA. Pediatric Triage Guidelines. Mosby-Year Book, USA. 1997 2. Cardoni G, Piccotti E, Bruni S. Il triage pediatrico nel Pronto Soccorso Generale. Atti del Congresso FIMUPS 1999, 1:3. 3. Cardoni G, Piccotti E, Bruni S. Mazzoni N. Il triage pediatrico. Rivista di Pediatria d’Urgenza. 2001;17:13-22. 4. Il Triage. Codici di Priorità. Rivista Italiana di Emergenza ed Urgenza Pediatrica. Suppl.: n°3 IL TRIAGE E LA GESTIONE RELAZIONALE a cura della Dott.ssa Elena BENVENUTI, Psicologa, Psicoterapeuta Perché una giornata sulla gestione relazionale all’interno di un corso di triage? Nelle stesse Linee Guida regionali elaborate dalla Regione Piemonte in effetti viene considerato come obiettivo primario: “2. Acquisire capacità relazionali atte alle gestione di situazioni critiche ed ansiogene considerando le dinamiche psicologiche che si sviluppano nel contesto triage tra operatori, con l’utente e verso i famigliari e/o accompagnatori;” I presupposti sono pertanto: la valutazione sui sintomi e sulla loro gravità non può essere disgiunta dal concetto di “presa in carico “ dell’utente (non è una ricerca statistica) si tratta di un servizio alla “persona” (non è un’officina meccanica, né un semplice lavoro di registrazione al computer) esiste un’unità psiche - corpo che non può essere ignorata Il triage è una valutazione relazionale! Non a caso gli “errori” (sottostima o sovrastima) sono spesso causati da problemi relazionali e /o comunicativi, per esempio, un utente che manifesta platealmente ed in maniera amplificata il dolore può indurre sovrastima, mentre un utente con fare antipatico o aggressivo può indurre sottostima, ma anche lo stato psichico-emotivo dell’infermiere può causare errori. Per questo motivo le stesse caratteristiche del “buon triagista” indicate dai testi che si occupano dell’argomento sono in parte “competenze relazionali ed emotive” . Pagina 34 di 39 Un buon triagista possiede conoscenza, competenza, esperienza, buon senso, umanità, intuizione. Ma cosa si intende con “gestione relazionale”? La gestione relazionale potrebbe essere descritta come la capacità di tenere conto di Sé, dell’Altro e della Relazione: Analisi di sé: come gestisco la mia parte emotiva? Quali difese utilizzo? Quali situazioni è per me più difficile gestire? Quali persone e/o situazioni mi “toccano”? Analisi dell’altro - valutazione psicologica di base ( non è un giudizio!) Sforzo di tradurre i giudizi in riflessioni (per esempio un “rompipalle” è spesso una persona molto ansiosa Empatia come strumento di comprensione prima che di condivisione (se fossi al suo posto…) Analisi della relazione tiene conto della somma dei fattori comprese le variabili situazionali “Malessere fisico” è diverso da “malessere psichico” ma vi è un’influenza reciproca. La relazione operatore–utente non è paritaria ma complementare: l’uno svolge un lavoro, l’altro porta un bisogno che è comunque una richiesta d’aiuto. Pertanto la gestione della relazione spetta in primo luogo all’operatore, fa parte del suo lavoro. ( e la cosa interessante è che ne fa parte anche se lui non se ne fa carico! Come dire, per usare una parafrasi “la relazione non ammette ignoranza”) Gestire la relazione significa innanzitutto occuparsi della COMUNICAZIONE. Solo una comunicazione efficace garantisce una relazione “sufficientemente buona” e quindi la possibilità per utente e operatore di non dover fare i conti con vissuti di frustrazione e insoddisfazione. Non è infatti solo l’utente a rimetterci… la comunicazione è un processo circolare e l’operatore spesso, soprattutto a lungo termine, paga il prezzo più alto (burn-out). LA COMUNICAZIONE EFFICACE Comunicare = “rendere comune”, “condividere”, “partecipare” La comunicazione si basa su significati condivisi, ma i significati vanno oltre le parole e appartengono anche al mondo interno di ciascuno (esperienze, sentimenti, ecc) Pagina 35 di 39 Emittente => messaggio => Ricevente (colui che deve decodificare) <= feedback <= Barriere che ostacolano la comunicazione Incoerenza tra ciò che si dice e come si dice (comunicazione verbale e comunicazione non verbale) Linguaggio non idoneo Percezione individuale (le persone tendono a percepire solo quello che si aspettano di percepire, una persona percepisce solo quello che è capace di percepire) Condizionamenti Meccanismi di difesa Come fare? Attenzione al feed-back, permette di “correggere il tiro”: solo attraverso il comportamento del ricevente è possibile valutare l’efficacia della comunicazione Principi fondamentali della comunicazione efficace: La comunicazione deve essere in funzione dell’obiettivo. Qual è l’obiettivo del triage? Dalle Linee Guida regionali: Gli obiettivi fondamentali del triage in pronto soccorso sono: a. Identificare rapidamente le persone che necessitano di cure immediate e garantirne il tempestivo inoltro al trattamento. b. Attribuire a tutti gli utenti un codice di priorità che regoli l’accesso alle cure mediche in relazione alla criticità delle loro condizioni ed al possibile rischio evolutivo. c. Stabilire, per tutti gli utenti, la sede di trattamento più appropriata. d. Sorvegliare le persone in attesa e rivalutarne periodicamente le condizioni. e. Fornire informazioni pertinenti e comprensibili ad utenti e familiari riducendo l’ansia e garantendone una adeguata e costante presa in carico Si deduce che la comunicazione deve essere il più possibile chiara, diretta, esplicita, semplice, comprensibile, accogliente La comunicazione deve tener conto di chi la riceve Tener conto dei fattori culturali ( cultura, status, età, linguaggio,ecc) e dei fattori emotivi (stato d’ansia, auto percezione del livello di gravità, bisogni, aspettative, ecc.) La comunicazione passa attraverso l’atteggiamento Atteggiamento verso il ruolo (mi piace fare il triage?) Atteggiamento verso la persona (simpatia, pregiudizi,ecc) Pagina 36 di 39 Atteggiamento verso il contenuto (ritengo importante, inutile, giusto, sbagliato ciò che comunico) La comunicazione efficace si apprende autoanalisi miglioramento capacità di ascolto attivo La comunicazione non può prescindere dal contesto Il contesto definisce e significa. Il contesto va “curato” per rendere la comunicazione efficace. Contesto è luogo (dove si fa il triage? Garantisce personalizzazione e riservatezza?) e modalità (Guardo la persona mentre le parlo? Sorrido? Faccio più cose insieme? Garantisco la giusta attenzione?) NON SI PUO’ NON COMUNICARE Ogni comportamento in situazione relazionale è comunicazione Pertanto tanto vale cercare di farlo in modo consapevole e positivo. Non rinunciate mai a migliorarvi!! IL LUTTO Gestione dei familiari di fronte al lutto “non previsto” Sintesi dei comportamenti dei familiari: shock, blocco delle sensazioni difesa nei confronti della percezione dolorosa allontanamento dalla realtà il pensiero che la persona cara sia morta non è ammesso prima fase di intervento in questa fase si chiamano i soccorsi mancanza d’aiuto i familiari si sentono osservatori e capiscono di essere impotenti. Attesa dei soccorsi speranza grazie all’arrivo dei soccorritori cresce la speranza che sia tutto un brutto sogno e che possa finire improvvisamente non voler ammettere si inizia a pensare alla possibile notizia della morte Pagina 37 di 39 presa di responsabilità la necessità è quella di non perdere la vicinanza con la persona cara Se viene fatta mancare questa possibilità, manca la “partecipazione” e si crea una mancanza interiore che può portare a destabilizzazione emotiva ammissione della realtà vedere e capire che le misure di soccorso non hanno avuto effetto permette alle persone di rendersi conto e di accettare la realtà Punti fondamentali La morte improvvisa irrompe improvvisamente e sorprendentemente. Interrompe l’agire quotidiano e distrugge il raggio d’azione di ogni soggetto (niente è più come prima) Per questo motivo la morte diventa irreale e a volte impossibile da accettare e vengono messe in atto strategie di sopravvivenza non accettazione della realtà. Non ci si rende più conto di ciò che accade, si parla della situazione e dei propri sensi di colpa, ci si affida ad una sopravvivenza razionale non si vuole ammettere e si cerca una”vittima su cui sfogare la propria ira”, si manifesta palese nervosismo Queste reazioni sono necessarie e sensate Linee guida Permettere, nelle modalità in cui questo è possibile, la partecipazione a ciò che accade questo è importante non per l’intervento in sé ma per il dopo. Se non è possibile la partecipazione fisica è comunque importante la partecipazione attraverso l’informazione continua su ciò che viene fatto e sulle decisioni prese Tranne in casi estremi va evitata la sedazione coi medicinali Evitare la manipolazione: i parenti devono poter esprimere le loro opinioni e aver chiara la situazione i familiari non devono sentirsi presi in giro, esclusi o falsamente rassicurati “non si preoccupi”, “Andrà tutto a posto”(la situazione riguarda loro e la loro vita, è reale, va affrontata) Offrire una professionalità di qualità fatta di competenza e umanità i familiari devono sentire che hanno a che fare con professionisti preparati i familiari devono sentire che i professionisti comprendono e sanno gestire la situazione anche da un punto di vista emotivo Dare tempo, lasciare loro del tempo Pagina 38 di 39 questo è apparentemente in contrasto con le regole dell’urgenza - emergenza ma non con un “approccio olistico” al paziente. La nostra mente ha bisogno di tempo per elaborare la sofferenza, proprio come il nostro corpo. Mostrare la possibilità del distacco -Aiutare nella prima elaborazione del lutto non significa dire ai parenti cosa devono fare (anche se sembra la cosa più semplice perché sono facilmente manipolabili) ma mostrare loro diverse possibilità e lasciare loro scegliere in base al loro sentire se: vedere il defunto, poterlo “salutare, toccare, abbracciare”, chiedere aiuto a differenti figure amicali (altri parenti, amici) o professionali (sacerdote, psichiatra, psicologo), trovare un luogo dove restare in silenzio, poter andare a casa. La comunicazione della morte stessi principi della comunicazione efficace diverse mode e stili: tecnicismo, non dire niente, dire tutto comunque,.. non regole rigide e schematiche ma solo principi guida: chiarezza,. attenzione, ascolto, empatia giusto uso del tempo modalità difensive dell’operatore Pagina 39 di 39