12 CRONACHE
12-18 giugno 2007
Ecco la fotografia sui servizi per le tossicodipendenze scattata da Tdm-Cittadinanzattiva
Sert, allarme sulla sicurezza
Le strutture sono fatiscenti - Scarso coordinamento con i Mmg
P
areti fatiscenti, fili
elettrici scoperti, pochi bagni per i disabili. E ancora, scarsa tutela
della privacy e un limitato
coinvolgimento dei medici
di medicina generale.
Questa l’immagine desolante dei Sert, i centri pubblici per il trattamento delle tossicodipendenze, fotografata da un’indagine di
Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato
presentata mercoledì a Roma, nel corso di un seminario dal titolo Insert-Un monitoraggio.
Le strutture. Nei 63
Sert monitorati, su un totale di 550, sono emerse gravi carenze strutturali. Nel
corso dell’osservazione sono stati segnalati rifiuti o
altro materiale abbandonato (nel 14,3% dei casi), e
pareti fatiscenti (34,9%).
Inoltre nel 9,5% dei Sert
sono presenti insetti e scarafaggi e nel 12,7 i soffitti
hanno le ragnatele.
Più in generale è stata
rilevata una scarsa attenzione alla sicurezza. Nel
28,6% dei casi sono stati
individuati quadri di comando non chiusi a chiave
e nell’11,1% fili elettrici
scoperti. Durante la visita
dei Sert i volontari di Cittadinanzattiva hanno anche
segnalato l’assenza di una
targa visibile all’esterno
nel 44,4% dei casi. Difficile l’accesso alle strutture
per i disabili. Sono stati
rilevati ingressi con barriere architettoniche e non dotati di scivoli nel 60,3%
delle strutture; i bagni per
il pubblico sono molto diffusi (88,9%), ma mancano
quelli per i disabili (assenti
nel 69,8%).
Scarsa attenzione alle
esigenze degli utenti. La
tutela della privacy non è
garantita in misura adeguata. Nel 50,8% delle strutture monitorate da Cittadinanzattiva, non esiste un
ingresso indipendente esterno, mentre il 44,7% degli
utenti giudica la collocazione del Sert non idonea a
mantenere
l’anonimato.
Del tutto insufficienti le informazioni fornite agli
utenti. All’ingresso dei
Sert non sono disponibili
opuscoli informativi con i
servizi offerti e i nomi degli operatori (63,5%), né
opuscoli sui diritti dei pazienti (71,4%) o avvisi relativi alla possibilità e alle
modalità di comunicare
suggerimenti e reclami all’azienda (71,4 per cento).
I responsabili. L’indagine ha coinvolto anche 81
responsabili dei Sert che
hanno evidenziato come il
servizio non sia in grado di
fornire la reperibilità 24
ore su 24 per i casi più
urgenti (96,3% dei casi).
Tra le altre carenze di rilie-
Ma il 90% dei tossicodipendenti promuove l’assistenza e gli operatori
L
e difficoltà evidenziate dal rapporto di Tdm-Cittadinanzattiva sui
Sert «sono importanti e fanno poco
onore a un Paese civile». È la conclusione di Alfio Lucchini, presidente
della Federazione Italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze (Federserd), che però
sottolinea come dal rapporto emerga
anche «la soddisfazione del 90% dei
cittadini utenti». Comunque per aiutare i giovani e gli adolescenti e proteggerli dal rischio-droga, non è affatto
necessario ricorrere a nuovi strumenti, ha affermato Lucchini, basta valorizzare quelli esistenti. Quello che
servirebbe, ha sottolineato, «è un Pia-
no nazionale di prevenzione e un maggiore impegno dei medici di medicina
generale nel lavoro con i tossicodipendenti, magari incentivando il loro
impegno (come è successo per alcune Regioni) attraverso elementi contrattuali integrativi». L’intervento del
medico di famiglia nelle tossicodipendenze «è vitale» anche per Claudio
Leonardi, presidente della Federserd Lazio, che sottolinea come la
questione sia complicata dall’aumento del numero di tossicodipendenti
curati dai Sert negli ultimi anni (oggi
sono circa 180mila). Ma le difficoltà
nascono anche dal fatto che «il medico non è in rete con i servizi sociali -
Reperibilità nelle 24 ore per casi urgenti
Frequenza
Validi
Sì
3
3,7
●
No
78
96,3
81
100,0
Fonte: responsabili Sert
Numero di medici presenti nel servizio
Frequenza
●
Validi
●
●
Nessuna
risposta
1-5
6-10
3
73
5
81
Totale
Fonte: responsabili Sert
Raccordo tra operatori del Sert e Mmg
Percentuale
●
Totale
ha spiegato Giacomo Milillo, segretario della Fimmg - e inevitabilmente
delega ai Sert. Occorre un coordinamento tra i professionisti sul campo,
una task force per il problema del
disagio che stabilisca linee guida
orientate alla diagnosi precoce». Il
coinvolgimento dei medici generalisti
è essenziale anche per Teresa Petrangolini, segretario generale di
Tdm-Cittadinanzattiva, che ha citato
un progetto pilota varato a Pescara
che sta dando - secondo il segretario
- ottimi risultati. Petrangolini ha inoltre proposto una maggiore flessibilità
negli orari di servizio e il ricorso a
locali più idonei.
Sì
● No
● Nessuna
risposta
●
Validi
Totale
Fonte: responsabili Sert
Validi
●
●
Nessuna
risposta
1-5
6-10
Totale
Fonte: responsabili Sert
●
Sì
●
Nessuna
risposta
152
Totale
49,7
302
100,0
Fonte: medici medicina generale
Validi
Validi
54
85,7
Mancanti
Totale
63
Fonte: osservazione delle strutture
100,0
●
Numero di ore di apertura al pubblico
0-20
● 21-30
● 31-40
● 41-50
● 51-60
● 61-70
●
Validi
Totale
Fonte: responsabili Sert
vo spiccano l’assenza di altre strutture collegate, sia
diurne (53,1%) sia unità
mobili (64,2%). Manca anche un servizio di mediazione culturale (79%). Dai
dati emerge anche che non
è stata formalizzata una
procedura in grado di favo-
72
3
81
88,9
3,7
100,0
Sì
138
45,7
Nessuna
risposta
164
54,3
302
100,0
Presenza di fili elettrici scoperti
14,3
Mancanti
7,4
Fonte: medici medicina generale
9
Validi
6
●
Frequenza Percentuale
Rifiuti o altro
materiale abbandonato
Nessuna
risposta
Percentuale
●
Totale
Presenza di rifiuti o materiale abbandonato
●
100,0
Frequenza Percentuale
50,3
150
81
Inadeguata preparazione tossicologica
Frequenza Percentuale
Validi
2,5
Frequenza
●
3,7
Difficoltà a collaborare con i Sert
2
Numero di psicologi presenti nel servizio
Percentuale
90,1
6,2
100,0
Frequenza Percentuale
26
32,1
53
65,4
Frequenza
3
11
35
21
7
4
81
Percentuale
3,7
13,6
43,2
25,9
8,6
4,9
100,0
rire il coordinamento tra
gli operatori del servizio e
il medico di fiducia
(65,4%), e una procedura
per coinvolgere la famiglia
(nel 19,7% dei casi).
Il coinvolgimento dei
Mmg. Un altro punto di
criticità riguarda lo scarso
●
●
●
Sì
No
Nessuna
risposta
Frequenza Percentuale
7
11,1
52
82,5
4
6,3
Totale
63
Fonte: osservazione delle strutture
100,0
Privacy garantita dall’ubicazione del Sert
Sì
● No
● Non so
● Nessuna
risposta
●
Validi
Totale
Fonte: utenti
coinvolgimento dei medici
di medicina generale nel
percorso terapeutico dei
tossicodipendenti. Nonostante la maggior parte dei
medici di base (65,8%) ritenga che il modello gestionale migliore preveda un
loro ruolo attivo come par-
Frequenza Percentuale
78
45,9
76
44,7
12
7,1
4
2,4
170
100,0
te di una rete di servizi in
grado di indirizzare il paziente verso il Sert più adeguato, gli stessi medici evidenziano notevoli difficoltà nell’occuparsi dei pazienti, legate allo scarso
tempo a
disposizione
(62,6%), ai problemi nella
collaborazione con le strutture specialistiche (50,3%)
e all’inadeguatezza nella
preparazione in campo tossicologico (45,7%). A questo
bisogna aggiungere le conseguenze del fastidio che gli
altri assistiti proverebbero
per la presenza dei tossicodipendenti in ambulatorio
(20,9%), la mancanza di personale paramedico (19,5%),
le difficoltà di carattere burocratico (27,8%) e quelle
di tipo relazionale (33,8%).
In ogni caso il 65,9%
dei 302 medici interpellati
sostiene che l’esclusione,
da parte di una disposizione di legge, della possibilità di assistere i tossicodipendenti rappresenterebbe
per loro una menomazione. Secondo i Mmg, per
accrescere la loro motivazione, sarebbero necessari
alcuni incentivi: occasioni
di aggiornamento e formazione per il 64,2%, facilitazione nell’utilizzo di personale infermieristico in ambulatorio (53,6%); incentivi di carattere economico
(50%).
Il rapporto con gli
utenti. Per i pazienti comunque i Mmg svolgono
un ruolo chiave: il 79,5%
di loro si è rivolto al medico dichiarando lo stato di
dipendenza e in più della
metà dei casi il medico di
base ha avuto l’impressione che la richiesta fosse
basata sul rapporto di fiducia. Riguardo agli utenti intervistati, il 90% percepisce come buona l’accoglienza ricevuta al Sert, anche se il 69,45% vorrebbe
che il servizio fosse aperto
tutti i giorni.
Le proposte. Secondo
Cittadinanzattiva per ottenere risultati migliori bisogna puntare sul maggiore
coinvolgimento dei Mmg
nella gestione della diagnosi e della terapia della tossicodipendenza, mediante la
messa in rete con i Sert e
gli altri servizi dedicati; occorre che l’utente sia posto
al centro del sistema, il che
implica la messa in sicurezza delle strutture, l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’attenzione alle esigenze dei tossicodipendenti mediante verifiche periodiche (attraverso
la raccolta di reclami e segnalazioni); bisogna garantire una maggiore accessibilità del servizio nell’arco
della giornata che deve tradursi in una garanzia di
continuità assistenziale; sarebbe opportuno mettere in
rete gli esempi virtuosi per
imparare dalle buone pratiche; infine sono necessarie
maggiori risorse umane ed
economiche, anche alla luce dell’aumento del tasso
delle tossicodipendenze.
Giuseppe Di Marco
CRONACHE
12-18 giugno 2007
13
Gli ultimi dati dei 22 Registri: dal 1985 la sopravvivenza a 5 anni è cresciuta del 15%
Tumori, Italia divisa in due
Al Sud la quota di chi ce la fa è inferiore del 10% rispetto al Nord
I
l Rapporto 2007 dell’Associazione italiana dei Registri tumori (Airtum) sulla sopravvivenza
dopo un cancro in Italia si apre con
una serie di buone notizie. «A partire dal 1985 la sopravvivenza dei
malati di cancro misurata a cinque
anni di distanza dalla diagnosi è
aumentata di 15 punti percentuali;
ed è cresciuta del 6% la sopravvivenza a dieci anni», afferma Stefano Rosso, coordinatore dell’Airtum
Working Group che ha raccolto e
pubblicato i dati provenienti dai 22
Registri tumori attivi in Italia. «E la
soddisfazione è maggiore - spiega
l’epidemiologo torinese - se si pensa che queste percentuali non si basano su casistiche stilate in istituti
d’avanguardia, dove notoriamente i
risultati sono migliori perché si seguono protocolli innovativi, si utilizzano i trattamenti più efficaci e si
selezionano i pazienti più idonei a
ricevere quelle terapie, ma sono la
fotografia di ciò che accade alla totalità dei malati di cancro nel nostro
Paese».
I dati parlano chiaro: per gli uomini a cui è stato diagnosticato un
cancro nel periodo 1995-’99, la sopravvivenza a 5 anni per tutti i tipi
di tumore, esclusi i carcinomi della
pelle, è del 45,7% e per le donne del
57,5%: una buona media, che mette
Sopravvivenza: il trend 1985-2002
l’Italia al passo con i risultati ottenuti dai Paesi del Nord Europa. Gli
esiti migliori sono stati registrati per
i tumori notoriamente a buona prognosi: la sopravvivenza a cinque anni di chi ha un tumore della mammella raggiunge l’82,6%, il corpo
dell’utero sfiora il 76%, il melanoma l’84%, il testicolo supera l’88%
e il linfoma di Hodgkin l’80 per
cento. Miglioramenti sensibili
(+3%) si sono osservati anche per i
tumori a prognosi intermedia, in particolare per il colon-retto, per le leu-
La sopravvivenza per aree
cemie e i linfomi non Hodgkin.
«Certo, ancora molto si può fare», aggiunge Rosso. «A parità di
potenzialità terapeutiche e diagnostiche, il confronto con le migliori
statistiche registrate negli Stati Uniti mostra un divario del 15% a nostro sfavore: la sopravvivenza delle
donne statunitensi con un tumore al
seno supera del 5% quella delle
italiane, per il tumore del colon-retto siamo sotto di 8 punti percentuali, di 6 punti per le leucemie, e poi
c’è il cancro alla prostata per il
quale vi sarebbe una differenza del
20%, dovuta agli anticipi diagnostici legati alla diffusione del test del
Psa che però sono ininfluenti sulla
mortalità».
Ma più della comparazione Italia-Usa, è il confronto tra le diverse
aree geografiche del Belpaese a gettare ombre sui dati del rapporto
Airtum 2007. «I risultati raggiunti
al Sud sono peggiori di quelli del
Nord e del Centro. Le percentuali
di sopravvivenza nell’Italia settentrionale e centrale sono ormai so-
vrapponibili, mentre nelle quattro
aree di rilevazione del Sud (Ragusa, Sassari, Salerno e Napoli) la
sopravvivenza per tutti i tumori è
inferiore del 10%».
Le differenze maggiori si concentrano sui tumori oggetto di interventi di diagnosi precoce. Risulta chiaro, infatti, che la sopravvivenza di
chi ha un tumore della mammella,
dell’utero e del colon-retto rispecchia abbastanza fedelmente gli investimenti fatti in termini di diagnosi
precoce. Per altre sedi a medio-bassa sopravvivenza entrano invece in
gioco elementi più legati al trattamento, all’accesso a centri specialistici e alla diffusione dei moderni
strumenti diagnostici per immagini.
Nessun miglioramento della sopravvivenza, invece, in tutta Italia
come nel resto del mondo, per i
tumori ad alta letalità quali il mesotelioma (8%), il cancro del pancreas
(5%), del fegato (10%), del polmone (13%) e dell’esofago (12%), fermi ai dati rilevati cinque anni fa.
«Ora la palla passa ai programmatori sanitari», conclude Rosso. «Tocca a loro utilizzare al meglio questi
dati per riequilibrare le chances dei
malati di tumore in un Paese ancora
diviso in due».
Maria Luisa Clementi
LA GIORNATA DEL MALATO ONCOLOGICO
ALL’IEO UN SEMINARIO FORMATIVO
E i «sopravvissuti» non hanno vita facile
I medici vanno a lezione di volo
per imparare a curare sicuri
È
indiscutibile: di cancro ci si ammala di più, ma la sopravvivenza aumenta. Si moltiplicano quindi le
persone costrette a “convivere” a lungo con la malattia. Gli sforzi per la
prevenzione e la ricerca, però, non si
accompagnano ad azioni altrettanto
forti per assicurare a chi “convive”
con il cancro una vita dignitosa. La
denuncia arriva dalla Federazione nazionale delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), presieduta
da Francesco De Lorenzo, che ha
promosso il 2-3 giugno la Giornata
nazionale del malato oncologico.
Non sono date casuali: il 4 giugno
1995 una folla immensa investì
Washington per celebrare il Cancer
Survivors Day. Una “marcia dei sopravvissuti” che si è ripetuta anche
quest’anno a Chicago, durante i lavori dell’American society of clinical
oncology, il più importante congresso scientifico sulle neoplasie.
In occasione della Giornata, la
Favo ha presentato i risultati non lusinghieri di un’indagine sull’effettiva
applicazione della legge 80/2006,
che ha ridotto da un anno a 15 giorni
i tempi per l’accertamento dell’invalidità, consentendo ai malati di accedere più rapidamente ai benefìci erogati
dall’Inps e ai congedi previsti in caso
di handicap grave. Il sondaggio, condotto su 188 pazienti, ha rivelato che
ben poco è cambiato dopo l’entrata
in vigore della norma: i 15 giorni tra
il momento in cui la domanda viene
presentata e l’appuntamento per la
visita della commissione medico-legale restano ancora appannaggio di
pochi fortunati (si vedano le tabelle).
Va ancora peggio se si guarda ai
tempi tra la visita e il recapito a casa
del verbale, essenziale per mettere in
le procedure Inps: in alcuni
Invalidità: i tempi prima della legge 80/2006... * moto
casi la situazione pare peggiorare.
Giorni Giorni Mesi
Mesi
Totada 1
da 1
da 1
da 3 6Oltre
mesi
le
a 15
a 30
a3
a6
Nord
8%
33%
34%
17%
8%
100%
Centro
67%
33%
100%
Sud/Isole
36%
50%
14%
100%
* 76 domande, distribuite geograficamente, presentate prima dell’entrata in vigore delle nuove norme. Tempi trascorsi tra la presentazione delle domande e la visita medico-legale
Aree
geograf.
... e quelli dopo l’entrata in vigore *
Giorni Giorni Mesi
Mesi
da 1
da 1
da 1
da 3 6Oltre
mesi Tot.
a 15
a 30
a3
a6
Nord
13%
44%
33%
7%
3%
100%
Centro
8%
25%
42%
25%
100%
Sud/Isole
11%
56%
33%
100%
* 112 domande, distribuite geograficamente, presentate dopo l’entrata in vigore delle nuove norme. Tempi trascorsi tra la presentazione delle domande e la visita medico-legale
Aree
geograf.
Commissione, timone a Veronesi
S
arà Umberto Veronesi a presiedere la nuova Commissione
oncologica nazionale. L’oncologo ha accettato l’invito del ministro della Salute, Livia Turco, intervenuta il 4 giugno all’“Ieo Day”, la
conferenza con cui ogni anno l’Istituto europeo di oncologia presenta
i risultati di un anno di ricerca scientifica.
Dal capoluogo lombardo il ministro ha annunciato l’avvio del
Progetto Tevere, promosso dal dicastero, che vede uniti Ieo, Int di
Milano e Istituto Regina Elena di Roma per potenziare la ricerca
nell’ambito della prevenzione oncologica. La prima indagine approfondirà il ruolo della fenretinide, un derivato della vitamina A, come
fattore protettivo per le donne ad alto rischio di cancro. La seconda
analizzerà la variazione dello stato di sensibilità all’insulina in soggetti
con resistenza latente, e valuterà l’incidenza di questo fenomeno
nelle modifiche del rischio di cancro della mammella. La terza ricerca
studierà il ruolo dei comportamenti personali e dello stato ormonale
della donna (pre e post menopausa) nello sviluppo dei tumori.
C
La Favo chiede dunque alle Regioni un impegno maggiore (pronta
la risposta della Campania, in cui è
stato firmato un accordo per riconoscere l’invalidità anche transitoria ai
malati oncologici entro un mese dalla domanda). La questione è seria.
Come ha riconosciuto Massimo Piccioni, direttore del dipartimento medico-legale dell’Inps, «la causa principale in Italia di invalidità e inabilità
è costituita proprio dalle malattie neoplastiche, che nel 2005 hanno sorpassato le patologie cardiovascolari».
C’è da lavorare anche sul fronte
della riabilitazione. La Favo ha condotto un primo censimento - nell’ambito di un progetto avviato con l’Int
di Milano da cui nascerà un Libro
bianco ad hoc - contando 980 enti
(794 strutture sanitarie e 186 associazioni di volontariato), il 27,5% dei
quali non effettua attività riabilitative
oncologiche. Negli altri - evidenzia
la Favo - prevale comunque un’impostazione tradizionale «che mira esclusivamente al recupero della funzione
integrale dell’organo colpito».
Altre indicazioni sulla qualità
della vita dei malati oncologici arriveranno dai risultati di uno studio
multidisciplinare sui sopravvissuti
al cancro, finanziato dal ministero, e
avviato in pool da Favo, Cro di
Aviano, Fondazione Pascale di Napoli, Istituto tumori di Milano, Irccs
Giovanni Paolo II di Bari e Università La Sapienza di Roma. Una fotografia per definire bisogni e priorità
di una fascia di popolazione in continuo aumento.
urare è un po’ volare: stesso stress, stessa elevata
specializzazione, stessi processi ripetitivi. Ma livelli
di sicurezza decisamente diversi: in materia l’aviazione
civile ha tutto da insegnare. Nascono da qui le «Lezioni
dalla cabina di pilotaggio», un seminario di alta formazione promosso il 6 giugno a Milano dall’Istituto europeo di
oncologia e da Rva Rasini Viganò.
All’evento - il primo del genere in Europa, voluto dal
direttore sanitario Ieo, Leonardo La Pietra - hanno partecipato circa 80 medici, metà dell’Ieo e metà provenienti da
altri centri italiani. In cattedra, il team di Indelta learning
systems, società statunitense specializzata, con la sussidiaria Global safety management, nel trasferimento dell’applicazione del Crew resource management (Crm) in settori ad
alto rischio: quello medico, appunto, ma anche quello
petrolifero, dei trasporti e dell’energia nucleare.
«La filosofia che sta dietro al Crm - spiega Patrick
Browne, vicepresidente della Global safety management,
ex pilota e docente al corso - è enfatizzare l’importanza
della comunicazione e del lavoro di squadra, così che ogni
membro possa condividere le sue responsabilità con il
gruppo per il raggiungimento degli obiettivi prefissati».
Per i relatori del training, lavorare sulla comunicazione è
cruciale, perché nei sistemi gerarchici le falle dipendono
spesso da leadership troppo forti, che finiscono per decidere da soli.
Ai medici sono stati mostrati video e filmati di alcuni
incidenti aerei (quello di Tenerife del 1977 e quello di
Linate del 2001), ripercorrendo la catena di errori che li ha
provocati e studiando le dinamiche analoghe che scattano
in sala operatoria o nelle unità di terapia intensiva. Non
sono mancate esercitazioni di gruppo e simulazioni. «Il
confronto con l’industria aeronautica è per noi di stimolo osserva La Pietra - perché ci consente di acquisire da una
best practice metodologie e tecniche per migliorarci, a
garanzia della massima sicurezza per i nostri pazienti».
Fondamentale, in aereo come in corsia, è l’utilizzo delle
check list: elenchi puntuali delle operazioni da effettuare
prima delle procedure clou (il decollo come l’inizio di un
intervento chirurgico). In aviazione ce ne sono 400, in
medicina potrebbero bastarne 20, che l’Ieo sta sperimentando. A partire dalla regola aurea del “lavarsi le mani”. Che
tanto scontata, purtroppo, non è.
Manuela Perrone
M.Per.
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Tumori, Italia divisa in due, Il Sole 24Ore Sanità, 12