CONTRARIA-MENTE
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TRANS-PSICHIATRIA
COS’È
“THE ICARUS PROJECT”
Ripartiamo da zero. Uno sguardo diverso alla follia. Uno
sguardo solo diversamente mortale o uno sguardo transpsichiatrico, antiautoritario, in una relazionalità empatica e
in una metodologia autogestionaria delle lotte e dei processi
di mutuo appoggio. Uno sguardo che non mira ad ignorare i
saperi delle diverse Psichiatrie e delle buone pratiche in un
flusso al di là del modello medico.
G. Bonanno
Uno sguardo diverso; altro, alle problematiche del Disagio Relazionale e della salute mentale. È già un progetto. Al di là di uno sguardo
medico, medicalizzante e psichiatrizzante. Stigmatizzante. È anche un
processo in un fine. Un movimento diverso che cerca vita e occasione in
una relazionalità diversa tra gli individui. Antiautoritaria. In una relazionalità empatica incompatibile con l’Istituzione.
Superata egregiamente la zavorra manicomiale, i riformisti, nei
confronti della Salute Mentale, non parlarono più di Istituzione; per voler
dire che l’avevano lasciata nel Manicomio. Ma il metodo istituzionale
che aveva accompagnato e caratterizzato il Manicomio era finito?
Dopo più di trent’anni, da parte di chi ha autenticamente creduto
nella possibilità di uno sguardo diverso, senza riuscire a farne, pur con
spirito di abnegazione, più che una retorica istituzionale, si dovrebbe
trarre il coraggio per dichiarare, infine, che uno sguardo diverso, oltre a
non essere sufficiente al fine, per non essere uno sguardo solo diversamente mortale, ha bisogno anche di una metodologia diversa, non compatibile con la mortale metodologia istituzionale.
Oggi è The Icarus Project che ci dà l’occasione di una riflessione
sulla possibilità, sempre attuale, di uno sguardo diverso tra retorica istituzionale e possibilità di concrete realizzazioni in una metodologia non
istituzionale che si caratterizza per un desiderio di lotta autogestionaria.
Un’esperienza che incrociamo sulla nostra stessa rotta, che ci incuriosisce senza bisogno né di salire su navi altrui né di aggregarci ad altrui carri.
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Contraria-Mente/Appunti fuoriluogo e fuori cartella
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Da un punto di vista trans-psichiatrico ci fa simpatia quando un
gruppo di lotta, di difesa ma anche di mutuo appoggio per la salute mentale dichiara: «Beyond the medical model.» (1) e quando, necessitando a
tal fine propriamente di uno sguardo diverso, si organizza in una tensione
anti-istituzionale.
La crisi è “momento” che separa il modo di essere di Stato e Capitale da quello della immensa massa di umanità esclusa e variamente
sfruttata. Un momento lungo quanto? In tal senso la crisi è fenomeno perenne nel rapporto tra una minoranza di inclusi e una immensa maggioranza di esclusi, in quanto perenne è la relazione di separazione nel modo
di essere delle due realtà sociali consistente in un cinico e sanguinario arricchimento di una minoranza a scapito della stragrande maggioranza. La
relazione di potere sconvolge anche le caratteristiche essenziali di ciò che
chiamiamo “crisi” per tradurla da momento occasionale e provvisorio a
momento di perpetuità e di cronicizzazione. Oggi il concetto di “crisi” è
cosa diversa da quello che pensavamo di sapere. Così l’informazione al
massimo può virare tra il cicaleccio di chi dichiara la crisi come cosa occasionale e provvisoria, il chiacchiericcio di chi la nega completamente
rappresentandola come il delirio di chi sta trascorrendo la propria sopravvivenza in attesa che un qualche miracolo lo sollevi un po’ e il parlottio di chi, con una manipolazione e con interessi non meno responsabili dei primi, denuncia la crisi come fenomeno più lungo, più profondo
ma, dopo tutto, superabile con un passaggio di timone verso una solamente diversa crisi. Ormai diversa solo fino ad un certo punto. Da TSO e
demodè, ma sosteniamo testardamente che, al di là della crisi mediaticamente somministrata e spettacolarizzata, la tragedia della realtà sociale
rimane quella del rapporto autoritario e mortale tra Dominio e masse subalterne.
Quello di “crisi”, da parte del Dominio, è anche concetto strumentale, utilizzabile a seconda dei bisogni. Per ora lo stanno utilizzando
per dire che gli angoscianti e mortali problemi di sopravvivenza della
gente, che attualmente includono anche la classe medio alta, non possono
essere risolti perché non ci sono soldi. Dove sono finiti? Certamente nelle tasche delle classi più povere se ancora una volta sono loro che stanno
pagando a sudore, sangue, morte e ulteriori tasse variamente pagate
l’arricchimento di quella minoranza famelica e sanguinaria. O no?
L’hanno ancora utilizzata per distruggere ogni possibilità che la “180”
avrebbe potuto riserbare in un progetto d’emancipazione dal Manicomio.
Questo mentre noi paghiamo le tasse anche su una spremuta di
limoni inquinati e quella minoranza si mette in tasca il 20% di evasione
fiscale su un quantità incalcolabile di capitale e mentre, in aggiunta a
quel 20%, sulla sofferenza della stragrande maggioranza della popola1
) - «Noi andiamo al di là del modello medico.»
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zione, la ricchezza dei ricchi aumenta ancora del 20%. Questo mentre,
alla faccia di chi non ha mai trovato un lavoro, di chi viene licenziato o
di chi vede distrutte le proprie risorse professionali e la propria vita, alla
faccia di non più recuperabili distruzioni ambientali, alla faccia di chi
verrà incastrato nella produttività fino alla tomba, governanti e tirapiedi
di tutti i colori si sollazzano spendendo a buttane il denaro strappato dal
Diritto, e con la protezione della Polizia, dalle tasche della gente.
1978 una promessa: la legge “180”.
2010, dopo 32 anni, continua a pieno inganno l’illusione che lo
Stato possa fare sue le “buone pratiche” promesse quando, con una legge, doveva porre fine, per distruggerne definitivamente ogni potenzialità
creativa, ad un movimento di lotta che tra i suoi obiettivi s’era posto
quello di uno sguardo diverso alla follia e una diversa modalità relazionale con le problematiche del Disagio Relazionale. Lo Stato che non ce
l’ha voluto fare in 32 anni non ha certo l’intenzione di volercela fare ora:
dal 1978 ad oggi ha continuato a produrre amorevoli nonché reiterati tentativi di sovvertire in modo peggiorativo quella già tanto criticabile legge, mentre ha sabotato tutti i tentativi che si sono fatti, solo da parte di
un’esigua minoranza, per ricavare il meglio da quella stessa legge. Nel
frattempo, ben collaborato dall’istituzione medica della Psichiatria, dalle
case farmaceutiche, dal processo di aziendalizzazione dell’industria della
Salute, è stato così bravo da allontanare dalle problematiche del Disagio
Relazionale tutti coloro che non erano parte del settore specifico della
Psichiatria, creando intorno alla massa sempre più crescente di individui
in condizione di Disagio Relazionale mura più alte e più impenetrabili di
quelli del Manicomio. Ecco perché gli psichiatri hanno difeso a denti insanguinati la possibilità che, nonostante l’assenza di evidenze scientifiche, tutto ciò che riguarda una difficoltà nella salute mentale continuasse
ad essere definito “malattia mentale” anche quando la stessa OMS e il
DSM incominciavano a parlare di “disturbi” e non più di “malattia”.
Questa strenua difesa della “malattia” ha una sua filosofia e non certo
nella patologia di Virchowiana determinazione: se rimane una “malattia”
questa rimane anche del medico, quindi dello psichiatra; se non è più una
“malattia” questa diventa di tutti e questo per lo psichiatra non è sopportabile. Nemmeno quando la Psichiatria viene smembrata nelle Psichiatrie. Nemmeno quando lì dove il Manicomio rinchiudeva la Salute Mentale esclude.
Dal Nord al Sud la metodologia di potere mostra ancora una volta
il suo volto anche attraverso l’istituzione della Salute Mentale. Anche se
al peggio non c’è fine, ormai da tempo, da Trieste a Palermo, la Salute
Mentale presenta una realtà assistenziale sempre più simile, negli effetti
deleteri, a quella del Manicomio di ancora fresca memoria.
A cosa possono mai valere gli sforzi di abnegazione, dei lavoratori della croce, di chi vuole dimostrare che fuori dal segno dell’Istituzione
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niente è possibile; mentre, con i veramente poco riusciti miseri orticelli
personali, altro non dimostrano che è proprio in quel segno in cui si vince
non c’è né amancipazione individuale, né comunitaria né emancipazione
verso la guarigione. Per molti solo emancipazione di carriera. Per altri
solo l’emancipazione verso un cimitero, mani e piedi legati e massacrati
in TSO in un letto della Salute Mentale. Se qualcosa riuscissero a dimostrare, oltre la fregola esibitoria, sarebbe solo che una quantità enorme di
risorse materiali, umane e professionali vengono immolate alla logica istituzionale assieme alla tanta sofferenza della nuova cronicizzazione anche per chi non s’è fatto un solo giorno di Manicomio.
Se le persone più deboli, come quelle diagnosticate dalla Salute
Mentale, sono rimaste normalmente escluse, non solo dal sociale ma anche da quanto la riforma loro aveva promesso, l’attuale condizione istituzionale di perpetuo stato di crisi è stata solo in grado di portarle oltre la
marginalità in cui erano già state ridotte dalla sofferenza.
Anche con la Salute Mentale il potere ha riconquistato quello che
sembrava a rischio perdita con la contestazione della Psichiatria manicomiale. Ha svilito, con un processo di dissanguamento perenne, ogni
forza di opposizione sociale, ha strappato dalle mani dei diretti interessati
ogni delega all’assistenza in Salute Mentale; ha privato le popolazioni di
ogni possibilità di intervento facendone un problema prioritariamente ed
essenzialmente medico, quindi di ogni possibilità di autodeterminazione
e autogestione.
Dopo il periodo di contestazione della Psichiatria Manicomiale, la
totale ripresa del controllo nelle mani dell’Istituzione passa attraverso la
“180” che promette una cogestione della sofferenza attraverso
un’integrazione tra Azienda Sanitaria e comunità (la Psichiatria di Comunità è uno dei non ultimi esempi). Dei contenuti di una tale promessa e
delle sue potenzialità, al di là di sparuti esempi, è rimasta piena solo la
bibliografia. I servizi si sono sempre più manicomializzati; gli operatori
sanitari, più o meno formati e più o meno qualificati, sono stati ridotti a
diversamente aguzzini del nuovo e solo diverso manicomio territoriale.
Le stesse associazioni sono diventate strumenti nelle mani
dell’Istituzione con nessuna capacità contrattuale e senza nessuna forza
sociale. Soggetti di ricatto sono riusciti a mantenere quella pace sociale
che da sola la Salute Mentale non sarebbe stata in grado di mantenere. La
forbice tra gli eccezionali momenti d’eccellenza e le situazioni del più
profondo abbandono fino alla morte si è allargata. L’attuale situazione di
crisi che, ormai da più di un ventennio, dissangua le popolazioni senza
minimamente intaccare il Capitale, aumenta le condizioni di sofferenza
degli individui, delle famiglie producendo una ulteriore stretta dello Stato
di Polizia che, riuscendo sempre meno a controllare la pace sociale, reprime e controlla con una ferocia inaudita. In tutto ciò, molti non hanno
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mai trovato occasione e possibilità nemmeno di poter riflettere sul senso
e sull’importanza di uno sguardo diverso sulla follia.
Il lento e costante fallimento della “180” dimostra in tutta la sua
evidenza che, prima di tutti gli altri e più di tutti gli altri, le problematiche del Disagio Relazionale fino alle condizioni di Grave Disturbo Relazionale, non possono mai trovare spazio di reale riconoscimento e di reale risoluzione in una metodologia istituzionale. Lo spazio ed il riconoscimento l’hanno avuto solo ed esclusivamente a livello teorico: le stesse
Psichiatrie, sviluppatesi con lo smembramento della Psichiatria manicomiale, hanno acquisito livelli di sapere sulle condizioni del Disagio Relazionale non compatibili con una metodologia istituzionale. Hanno pensato in grande ma hanno operato come in un più ampio manicomio,
all’interno di una logica delle Utilità e autoritaria che non può mai trovare spazio per uno sguardo diverso. Tale metodologia non rappresenta valido strumento per spingere quel sapere a compimento verso la guarigione. Anche il fior fior di teorie, non solo sulla comprensione ma anche
sulle modalità assistenziali in situazioni di Disagio Relazionale, lungi dal
trovare sbocco e concretizzazione nelle “buone pratiche” si sono adeguate, con i loro stessi padri e i loro stessi sostenitori, ad un processo di
farmacologizzazione a tappeto, ad una nuova e diversa istituzionalizzazione, ad un processo di esclusivo controllo sociale.
Se di “malattia mentale” volessi parlare, termine che lascio volentieri ai cultori delle Utilità, e se c’è qualcuno che ancora oggi nega la
“malattia mentale”, questa è proprio l’Istituzione con la sua metodologia
istituzionale.
Allora anche solo per non trascurare il tema del nostro “Progetto”, oggi è più che mai tempo e occasione per porre uno sguardo “Contraria-Mente” alle problematiche del Disagio Relazionale ma anche alle
modalità d’organizzazione degli individui in rapporto alle nostre problematiche. Uno sguardo dal punto di vista trans-psichiatrico. In tal senso il
“Progetto Contraria-Mente” propone una metodologia autogestionaria
ad una istituzionale; una metodologia fondata su una relazionalità empatica alla metodologia istituzionale e autoritaria. Non pensiamo a spazi
dove rinchiudere o diversamente chiudere la follia, come continua a succedere negli spazi istituzionali o negli appartamenti ridotti a piccoli e più
scomodi manicomi dentro i quali nessuno oggi sta volendo andare a
guardare anche perché non saprebbe nemmeno cosa andare a cercare.
Ci piace pensare a quella che abbiamo voluto chiamare Comunità
Terapeutica Autogestita Diffusa sul Territorio, non quale spazio per la
follia ma quale occasione relazionale in una metodologia autogestionaria
fondata sulla relazionalità empatica. Chiaramente uno sforzo grande che
richiede alla gente di uscire dalla delega della propria sofferenza nelle
mani delle Istituzioni dello Stato ma anche di non disperdere una enorme
quantità di sapere e conoscenza sul Disagio Relazionale che, in una qua5
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rantina d’anni, non sono riusciti a trovare spazio dentro la metodologia
istituzionale che ha saputo solo annichilirli.
Le risorse ci sono tutte, non certamente quelle in una logica del
Capitale e dell’Economia; solo se si vuole comunitariamente decidere di
allungare la mano per riconquistarle.
Sia in Italia che all’estero ci sono esempi di autorganizzazione e
di lotte autogestionarie che hanno per loro interesse le problematiche del
Disagio Relazionale. Precedentemente abbiamo riportato l’esempio del
Freedom Center. The Icarus Project è un altro esempio di individui e
gruppi che si autorganizzano in attività di mutuo appoggio per la salute
mentale. Dal punto di vista trans-psichiatrico, l’esperienza di gruppi come quelli del Freedom Center e del The Icarus Project ci fa simpatia per
il suo tendere al di là del modello medico.
Il suggerimento che ci viene da realtà come il The Icarus Project è
l’organizzazione di gruppi autonomi di base per la difesa della salute
mentale, a partire da chiare discriminanti consistenti in una metodologia
che sia contro le organizzazioni gerarchiche, contro l’autoritarismo, per
l’autonomia, per l’autogestione delle loro organizzazioni, per
l’antiautoritarismo ma anche per un modello di mutuo appoggio che vada
al di là del modello medico, quindi del modello psichiatrico.
Dalle esperienze di Freedom Center e del The Icarus Project è nato un volume, un manuale su come relazionarsi con le sostanze psicoattive attraverso una strategia di “riduzione del danno”, con una prima edizione americana del Settembre 2007. La prima edizione italiana è uscita,
a Maggio 2010, a cura del “Progetto Contraria-Mente”: SOSPENDERE GLI PSICOFARMACI – Manuale per la riduzione del danno. Disponibile in scaricamento gratuito da “L’Incompatibile - A-periodico di
critica all’Istituzione psichiatrica”, al sito:
http://www.incompatibile.altervista.org/index.php/larecensione.html
Con una recensione su: http://contraria-mente-nero.blogspot.com/
Del Freedom Center abbiamo parlato su “L’Incompatibile”: in:
http://www.incompatibile.altervista.org/index.php/sostanzepsicoattive.html
Ma cos’è il The Icarus Project?
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The Icarus Project è una web-community, una rete di
supporto di gruppi locali, ed un progetto mediatico creato
dalle e per le persone che devono fare i conti con il disturbo
bipolare e altre doti scomode comunemente etichettate
come “malattie mentali.” The Icarus Project sta creando una
cultura e una lingua nuove che sono in risonanza con le
nostre effettive esperienze della follia, anziché tentare di
incastrare le nostre vite in schemi convenzionali.
«THE ICARUS PROJECT ∗
I nostri Intenti
The Icarus Project prevede una
nuova cultura e un linguaggio che siano
in risonanza con le nostre reali esperienze di ‘malattia mentale’ piuttosto
che cercare di uniformare la nostra vita
all’interno di una struttura convenzionalmente determinata.
Siamo una rete di persone che o
vivono con esperienze comunemente
diagnosticate ed etichettate come disturbi psichiatrici, che vivono e sono
anche interessate ad esse o sono solo interessate ad esse. Crediamo che queste
esperienze siano delle doti folli che necessitano di essere coltivate e curate,
piuttosto che malattie o disturbi.
Mettendo in collegamento, sia
come individui che come comunità, le
reti intrecciate della follia, della creatività e della collaborazione possiamo infondere la speranza e il cambiamento in
un mondo opprimente e degradato. La
partecipazione al The Icarus Project ci
aiuta a superare l'esclusione e a sfruttare
il vero potenziale che si trova tra genialità e follia.
La nostra Filosofia:
Insieme, cerchiamo nuovi spazi
e libertà per gli stati estremi di coscienza. Sosteniamo alternative al modello
medico in quanto siamo consapevoli
dell'eredità traumatica degli abusi psichiatrici. Ci rendiamo conto che noi viviamo tutti in un mondo folle e crediamo che l’emotività, le allucinazioni e
l’eccitamento non siano necessariamente sintomi di malattia. A volte un insuccesso può essere l'inizio d’una svolta.
Rivendichiamo più possibilità di
scelta nella comprensione e nel trattamento dello stress emotivo e richiediamo per tutti, indipendentemente dal
reddito, la possibilità di potere accedere
a queste scelte. Noi rispettiamo le differenze e facciamo nostra la riduzione del
danno e l'autodeterminazione nelle decisioni di trattamento. Tutti sono benvenuti, sia che sostengano o meno l'uso di
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psicofarmaci, sia che si identifichino
con le categorie diagnostiche o meno.
Per garantirci di rimanere onesti
e non addomesticabili, non accettiamo
finanziamenti da ditte farmaceutiche.
Invitiamo chiunque condivida il punto
di vista e i principi di Icarus di sceglierci e unirsi a noi. “The Icarus Project” o
nessun altro nome per gli sforzi
d’indipendenza che ispirano i principi.
I gruppi Campus Icarus sono costituiti da studenti che ritengono necessario nel loro campus di organizzare una
comunità impegnata ad ampliare il confronto con lo studente di salute mentale,
fornendo sostegno alla pari alternativo
alla scuola, chiedendo consulenza al
centro dei servizi, producendo arte, impegnandosi in esplorazioni accademiche
non tradizionali di persone "psy".
Le nostre attività.
I nostri Principi
The
Icarus
Project
è
un’avventura di collaborazione e partecipazione
che
trae
energia
dall’ispirazione e dal mutuo appoggio.
Noi portiamo il punto di vista di Icarus
alla realtà sociale attraverso un gruppo
comunitario nazionale e una rete di
gruppi autonomi di base locali e di
gruppi campus.
Noi andiamo al di là del modello
medico. Mentre rispettiamo qualsiasi
decisione di trattamento la gente prenda,
sfidiamo il modo di definire in modo
standard le diversità psichiche essenzialmente come malattie, disordini, guasti, difetti che sono già inclusi all'interno delle aree delle diagnosi del DSMIV.
Stiamo esplorando un territorio
sconosciuto e non pilotato dai percorsi
già delineati e predefiniti dai medici e
dalle aziende farmaceutiche. Stiamo costruendo nuovi percorsi. Ci stiamo formando da noi stessi sulle alternative.
Molto di ciò che i media, la classe medica e le istituzioni ci dicono sulla “malattia mentale”, le psicodroghe e su come dobbiamo vivere la nostra vita non è
affatto vero. Noi educhiamo noi stessi e
ci educhiamo a vicenda. Ci interroghiamo su quello che sentiamo in TV e
che leggiamo negli opuscoli degli studi
medici. Esploriamo approcci olistici e
spirituali in alternativa alla manipolazione dei nostri stati di conoscenza. Impariamo quanto più possibile su eventuali trattamenti medici e ci incoraggiamo a vicenda per poter compiere
scelte consapevoli. Icarus è un habitat
per quelle persone che pensano al di
Lo staff di Icarus sostiene la filosofia di Icarus, è al servizio e coltiva i
gruppi locali: agevolando una comunità
collegata attraverso siti web, distribuendo pubblicazioni, facendo attività formativa del pubblico, offrendo strumenti,
condividendo le competenze, producendo arte, impegnandosi nella difesa e nell'attivismo, promuovendo le capacità
della comunità, offrendo assistenza tecnica, fornendo ispirazione e solidarietà e
prendendosi cura della gestione nazionale degli incarichi.
La rete dei gruppi di base locali
raccoglie persone a livello locale attraverso l'ascolto, la formazione, il sostegno, il mutuo appoggio, l'arte, l'attivismo, la possibilità di accedere alle alternative e alle eventuali avventure
creative che essi possono sognare.
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fuori della corrente ufficiale e che producono definizioni proprie di salute e di
benessere. Per quelli che controbilanciano il benessere con l’ azione. Icarus è
un’occasione per sostenersi a vicenda
nella pratica reale del prendersi cura di
se stessi.
Questo include ma non si limita
a: fare attenzione a non trascurare i nostri bisogni fondamentali come il cibo,
il riposo, l’esercizio fisico e il bisogno
di comunità; incoraggiarci reciprocamente ad impegnarsi per la quantità di
lavoro che possiamo effettivamente fare
e a non spingerci oltre i nostri stessi limiti; impegnarci da noi stessi a trovare
una routine quotidiana e dei progetti che
ci aiutino a vivere i nostri sogni e ad avere la necessaria organizzazione per
tirare avanti.
Come partecipare. Non abbiamo
bisogno di una maggiore quantità di alternative che solo i ricchi possono permettersi. Tutti le riunioni di Icarus seguono la politica che ‘nessuno viene
messo alla porta per mancanza di fondi’. Lavoriamo per creare opzioni e
scelte disponibili a tutti. Non siamo
giudicanti e abbiamo rispetto delle diversità. Accogliamo con favore le persone sostenitrici della psicodroga ma
anche le persone che non lo sono, come
pure le persone che fanno uso di etichette diagnostiche e le persone che non si
identificano con questo tipo di termini.
Noi non escludiamo le persone sulla base della politica, della scelta dello stile
vita, della storia diagnostica, dell’uso di
droghe ricrezionali, del comportamento
“criminale” o di altre strane identità.
Noi tutti abbiamo molto da imparare gli
uni dagli altri ed è per questo che abbiamo rispetto delle scelte altrui.
Mentre il sistema sociale e il
modello medico attuali hanno la tendenza a dividerci, noi vogliamo che la
nostra comprensione della follia e le esperienze con la follia ci uniscano.
Siamo contro la gerarchia e contro l’oppressione. I gruppi locali devono
essere anti-autoritari, inclusivi e devono
lavorare contro il razzismo, il classismo,
il sessismo, l’omofobia e altre oppressioni.
In quanto rete radicale di sostegno alla salute mentale, i nostri gruppi
affiliati creano spazi sicuri e stimolanti
dove il comportamento oppressivo non
è tollerato.
Nonviolenza. Noi crediamo che,
attraverso il dialogo, l’ascolto empatico,
il mutuo appoggio e i gruppi di sostegno
di base porteremo cambiamenti sostenibili nel mondo. Ci auguriamo che questi
approcci contribuiscano a formare valide alternative all'attuale metodologia del
governare, alla burocrazia, alla dominazione e alla cultura costituita.
La trasparenza. Noi crediamo alla possibilità di accesso pubblico alle
informazioni sul come si può decidere,
come spendere soldi, come distribuire le
responsabilità e in caso contrario su
come delegare insieme il lavoro di organizzazione.»
(04/06/2010)
∗
) – [http://theicarusproject.net/aboutus/icarus-project-mission-statement; Submitted
by Icarus Project on Tue, 10/10/2006 - 6:22pm.]
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