La cicloide: l’Elena dei matematici di Giuseppe Conti, Giancarlo Littera, Luigi Marino La cicloide è una delle curve più affascinanti della geometria. Stranamente questa curva fu ignorata nell’antichità greca. Uno dei primi a studiarla fu il cardinale tedesco Nicola Cusano (1401-1464), che approfondì alcune proprietà della cicloide nel corso dei suoi studi sulla “quadratura del cerchio”. A Galileo Galilei (1564-1642) si deve il nome della curva, che lo scelse nel 1640; egli osservò che, in virtù della sua eleganza, essa poteva essere usata per disegnare le arcate dei ponti. Il suo discepolo Vincenzo Viviani (1622-1703) nei suoi Opuscoli idraulici scriveva: “sul fiume Arzana, il nuovo ponte composto da due archi nuovi di pianta, cioè il sopra descritto sul primo, e sul secondo l'altro congiuntogli, al quale dovendogli dare qualche centinatura, mi sono preso volentieri l'arbitrio di conferire, una curva linea, non mai più vista, né mai più stata operata e tale curva è nominata cicloide primaria. Ho eletto questa curva per centina, perché lo stesso suo inventore Galileo, mio riverito maestro, la giudicò creata a servizio ed uso dei ponti, perché questa è uguale precisamente al giro del medesimo cerchio, detto la generatrice di questa cicloide"1. Anche Francesco Milizia (1725-1798) affermava che “la cicloide è una curva adatta per quelle volte che si vogliono costruire da per tutto di uguale grossezza… Si può impiegare nelle volte sceme e rialzate”2. si soffermò sulle applicazioni della cicloide alla meccanica ed all’architettura. Egli asseriva che essa è “convenientissima” per gli archi e le volte sia a sesto ribassato che 1 Tratto da Guido Grandi, Raccolta d’Autori Italiani che Trattano del Moto delle Acque, tomo III, Tipografia Marsigli, Bologna, 1723. 2 Francesco Milizia, Principi di architettura civile. Tomo terzo. Edito a spese di Remondini di Venezia. MDCCLXXXV. 1 a sesto rialzato. Inoltre dichiarava che la curvatura della cicloide offriva maggiore solidità di altre curve, eccetto il caso in cui “il rapporto della semi-corda alla saetta è 11/7”3. Alcuni hanno affermato che la curva del ponte centrale sull’autostrada A1 nei pressi di Reggio Emilia, costruito da Santiago Calatrava, è un arco di cicloide; tuttavia noi non abbiamo ancora elementi sufficienti per confermare questa ipotesi. Nel XVII secolo la cicloide fu studiata dai più grandi matematici dell’epoca: B. Pascal (1623-1662), R. Cartesio (1596-1650), G. Roberval (1602-1675), E. Torricelli (1608-1647), P. de Fermat (1601-1665), Jacob Bernoulli (1654-1705), C. Huygens (1629-1695), Johann Bernoulli (1667-1748), G. W. Leibniz (1646-1716), I. Newton (1642-1727). Questi matematici scoprirono molte proprietà della cicloide, ma ci furono anche molte discussioni su chi avesse scoperto una certa proprietà per primo; ci furono fra loro accuse di plagio, come accadde fra Roberval e Torricelli. Pascal, matematico e filosofo, scoprì alcune caratteristiche della cicloide durante una notte passata insonne per un forte male di denti. Rimase affascinato da questa curva, che lui chiamava la roullette. Pascal sfidò i matematici della sua epoca a risolvere i problemi da lui trattati, mettendo in palio un premio in denaro per il vincitore. La sfida fu raccolta da numerosi matematici, fra cui C. Huygens, J. Wallis (16161703) e C. Wren (1632-1723), il costruttore della Cattedrale di St Paul a Londra. Scaduti i termini del concorso, Pascal scrisse una lettera in cui dimostrava che le soluzioni proposte dagli altri matematici non erano giuste o non erano complete; poi pubblicò le proprie soluzioni e, come per dimostrare che le sue erano superiori a quelle degli altri, si tenne il denaro del premio. Ci furono naturalmente vivaci proteste da parte degli sconfitti, ma non era facile superare Pascal in dialettica e in matematica. 3 Nicola Collignon, La Geometria delle Curve Applicata alle Arti ed alla Industria, Tipografia Barbera, Bianchi e C., Firenze, 1857. pp. 261-276. 2 Per le discordie che riuscì a suscitare fra i matematici, la cicloide fu chiamata l’Elena dei matematici4. Dal punto di vista geometrico, la cicloide è la traiettoria che percorre un punto P appartenente ad una circonferenza che rotola, senza strisciare, su una retta. P C Q Genesi geometrica della cicloide Le equazioni in forma parametrica della cicloide sono le seguenti: . x r (t sin t ) y r (1 cos t ) dove r è il raggio della circonferenza, di centro C, che genera la cicloide e t è l’angolo PCˆ Q della figura. Se il punto P è interno alla circonferenza, allora otteniamo la cicloide accorciata o trocoide. 4 Martin Gardner, The Cycloid: Helen of Geometry, in Martin Gardner's Sixth Book of Mathematical Games from Scientific American, 1971. pp. 127-134. 3 Trocoide Nel caso in cui la distanza del punto P dal centro della circonferenza sia maggiore del raggio, otteniamo la cicloide allungata. Cicloide allungata Le equazioni in forma parametrica della trocoide e della cicloide allungata sono le seguenti: . x rt d sin t y r d cos t . dove r è il raggio della circonferenza e d è la distanza del punto P dal centro; se d < r otteniamo le equazioni della trocoide, se d > r otteniamo le equazioni della cicloide allungata. Notiamo che per d = r ritroviamo le equazioni della cicloide ordinaria. E’ interessante notare che alcuni tipi di onde marine hanno la forma di una trocoide5. 5 Si tratta del cosiddetto mare lungo o morto, che è formato da onde, la cui lunghezza sia molto più piccola della profondità del mare, generate dal vento che ha soffiato precedentemente (fino a quattro giorni prima) anche in tratti di mare molto distanti. Se, invece, la lunghezza dell’onda è più grande della profondità del mare, allora le onde hanno una forma sinusoidale. Vedi anche: Valerio Milano, Idraulica marittima, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2008. 4 La cicloide ha numerose ed interessanti proprietà6. Consideriamo due punti che siano posti a quote differenti, ma non sulla stessa verticale. Ci chiediamo quale traiettoria deve percorrere una pallina per andare dal primo al secondo punto nel tempo più breve. A prima vista sembrerebbe naturale pensare che il percorso che realizza il tempo più breve sia la retta che congiunge questi due punti, ma non è così. Galilei, che per primo aveva formulato il problema nel 1599, pensava che fosse un arco di circonferenza, ma si sbagliava. Il percorso che realizza il tempo più breve è l’arco di cicloide che unisce questi due punti. Nella figura seguente una pallina, che si trova nel punto più alto, impiega meno tempo ad arrivare nel punto più in basso percorrendo l’arco di cicloide invece del segmento che unisce questi due punti. Proprietà del tempo minimo della cicloide. Per questa sua proprietà si dice anche che la cicloide è una brachistocrona, parola che deriva dal greco e significa “tempo più breve”. Il problema fu proposto per la prima volta da Johann Bernoulli nel 1697. Si trattava essenzialmente di una sfida a I. Newton, poiché Bernoulli era un tenace sostenitore di Leibniz nella disputa che aveva con Newton sulla paternità del calcolo infinitesimale. Bernoulli fece circolare il quesito in tutta Europa e poco dopo arrivarono tre risposte: una di Leibniz, una di de l'Hospital e una proveniente 6 Per le proprietà geometriche delle cicloide vedi: Gino Loria, Curve piane speciali algebriche e trascendenti, Volume II, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1930. 5 dall'Inghilterra, ma non firmata. Bernoulli capì subito che l'autore era Newton. Si dice addirittura che il grande scienziato inglese risolse il problema in una notte. Bernoulli pubblicò la sua dimostrazione negli Acta Eruditorium nel maggio 1697. Sfruttando questa proprietà, nel ‘700 furono costruiti acquedotti che seguivano il profilo di una cicloide, come nel caso del Ponte-Acquedotto, intitolato alla Madonna della Stella, situato vicino a Gravina in Puglia e costruito nel 1743. Il parapetto sul lato sud aveva la funzione di acquedotto ed ha il profilo di una cicloide: in tal modo il logoramento, causato dall’acqua che vi scorreva, risulta minimo. Ne consegue che, ancor oggi, il degrado di questa struttura è abbastanza contenuto. Perciò, con un piccolo intervento di restauro, tale condotto di scorrimento delle acque può essere ripristinato, anche per fini turistici7. La cicloide presente nel Ponte-Acquedotto Madonna della Stella. 7 Raccolta e Gestione delle Acque a Gravina in Puglia. Tesi di Laurea in Restauro Architettonico, anno accademico 2007/2008. Laureanda: Vittoria Capiello. Relatore: Prof. Luigi Marino. Correlatori: Prof. Giuseppe Conti, Arch Giancarlo Littera. 6 La cicloide del Ponte-Acquedotto Madonna della Stella vista dall’alto. La genesi geometrica della cicloide del Ponte-Acquedotto Madonna della Stella. Osserviamo che alcuni studi hanno evidenziato che, nelle gare sciistiche di slalom, gli atleti tendono a percorrere delle curve molto vicine ad archi di cicloide; infatti, essendo tale curva una brachistocrona, in questo modo gli sciatori percorrono il tratto fra due paletti nel tempo più breve. 7 Traiettorie cicloidali degli sciatori Notiamo che questi archi di cicloide sono sempre più allungati all’aumentare della velocità dello sciatore. La cicloide ha altre notevoli proprietà. Anzitutto osserviamo che, se poniamo una cicloide in un piano verticale e lasciamo cadere una pallina da un suo punto, la pallina comincerà ad oscillare lungo la cicloide. Con stupore si nota che il periodo di oscillazione è sempre lo stesso, qualunque sia il punto da cui lasciamo cadere la pallina. Nella figura seguente, se una pallina oscilla partendo dal punto A o B, oppure C, si ha che il periodo di oscillazione è sempre lo stesso. A B C Proprietà della costanza del periodo di oscillazione di un punto situato su una cicloide 8 Per questo motivo si dice anche che la cicloide è una tautocrona, parola che deriva dal greco e significa “stesso tempo”. Tale risultato fu dimostrato, usando le tecniche del calcolo infinitesimale, da Jacob Bernoulli (fratello di Johann) nel 1690, anche se già in precedenza Leibniz e Huygens avevano dato una dimostrazione geometrica di questa proprietà. Prima di esporre un’altra proprietà della cicloide, dobbiamo definire l’evolvente di una curva . Essa è, detta in parole semplici, la curva ottenuta “sviluppando” la curva . In altri termini, dobbiamo prendere un filo e arrotolarlo intorno alla curva ; supponiamo ora di srotolare questo filo tenendolo teso: di conseguenza, esso sarà sempre tangente alla . L’estremità libera del filo descrive una curva chiamata l’evolvente della curva . Nella figura seguente è rappresentata l’evolvente di una circonferenza. Evolvente di una circonferenza 9 A questo proposito notiamo che i profili dei denti di una ruota dentata sono nella stragrande maggioranza dei casi degli archi di evolventi di una circonferenza, poiché in tal modo, si riducono notevolmente gli attriti; inoltre, l’azione di spinta fra i denti si mantiene, in questo caso, sempre nella stessa direzione. Una volta, invece, questi profili erano formati da archi di cicloide; tale configurazione geometrica è ancora usata in orologeria e nei casi in cui vengano trasmesse delle potenze ridotte. Nel 1673 Huygens dimostrò che l’evolvente di una cicloide è sempre una cicloide della stessa forma, ma traslata rispetto alla prima. Questo fatto, insieme alla proprietà di tautocronia della cicloide, suggerirono a Huygens la costruzione di un pendolo cicloidale. In questo pendolo il peso attaccato al filo scorre lungo una cicloide; quindi, per la proprietà di tautocronia, le oscillazioni hanno sempre lo stesso periodo, anche quando il pendolo perde energia. A B C Schema di un pendolo cicloidale 10 D’altra parte è facile fare in modo che la traiettoria percorsa dal peso sia una cicloide: infatti, per la proprietà che l’evolvente di una cicloide è ancora una cicloide della stessa forma, è sufficiente fare oscillare il filo fra due rami di cicloide della stessa forma di quella su cui scorre il peso. Un pendolo del genere è sicuramente migliore di un pendolo circolare poiché in quello cicloidale il periodo non cambia; l’invenzione di Huygens, tuttavia, non ebbe successo e si decise di continuare ad usare il pendolo circolare, minimizzando la variazione del periodo scegliendo archi di circonferenza sufficientemente piccoli. La figura seguente è tratta dal libro di Nicola Collignon8; essa mostra la costruzione di archi a forma di cicloide, uno abbassato ed uno rialzato, in cui sono usate le proprietà dell’evolvente di una cicloide. Il vantaggio dell’uso dell’evolvente nella costruzione degli archi risiede nel fatto che il filo, che la genera, è perpendicolare all’evolvente stessa, fornendo in tal modo anche la direzione dei conci murari che formano l’arco stesso. Costruzione di un arco ribassato e di un arco rialzato a forma di cicloide. 8 Nicola Collignon, op. cit. p. 269. 11 La pavimentazione delle strade a coda di pavone, suggeriscono molto bene la figura della cicloide e delle sue evolventi successive. Pietre disposte a coda di pavone Possiamo osservare come le pietre più scure si trovino lungo delle linee che ricordano il filo che genera l’evolvente di una curva, in questo caso la cicloide formata dalle pietre bianche. La cicloide non ha affascinato soltanto i matematici; per la sua eleganza fu scelta dal grande architetto Louis Kahn per disegnare i profili delle volte del Kimbell Museum a Fort Worth in Texas; il progetto di questo museo è del 1971. 12 La cicloide del Kimbell Museum Kimbell Museum. Fort Worth, Texas. Non pensiamo che la scelta di questa curva sia dovuta a particolari proprietà strutturali; è plausibile che L. Kahn abbia scelto la cicloide per la sua eleganza. D’altra parte la parola “volta” deriva dal latino “voltare”, che significa “rotolare”. E noi sappiamo che la cicloide è proprio generata da una circonferenza che “rotola”9. 9 Kenneth Frampton, Tettonica e architettura. Poetica della forma architettonica nel XIX e XX secolo, Skira Editore, Milano, 2007. 13 Giuseppe Conti è professore di Istituzioni di Matematiche presso il Corso di Laurea in Architettura quinquennale e di Geometria ed Analisi Matematica presso il corso di Laurea in Ingegneria Meccanica dell’Università di Firenze. E’ autore di numerose pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Analisi Funzionale. Si interessa anche di applicazioni della matematica all’arte e alla musica. In questo campo ha scritto diversi articoli, libri ed ha tenuto numerose conferenze. Nel 2003 ha ricevuto il Premio Pirelli per la divulgazione scientifica tramite Internet. L’architetto Giancarlo Littera dal 2005 è consulente informatico presso il Laboratorio Informatico di Architettura (LIA) del DIDA (Dipartimento di Architettura) dell’Università di Firenze. Come esperto di grafica computerizzata nella progettazione architettonica, ha lavorato alcuni anni presso studi di architettura in Norvegia. Attualmente è anche cultore della materia presso il Corso di Laurea in Architettura quinquennale dell’Università di Firenze. Luigi Marino, architetto, docente di Restauro architettonico e Restauro archeologico all’Università di Firenze. Si occupa di storia delle tecniche costruttive e di diagnostica per i beni culturali, in particolare, nel caso di edifici ridotti allo stato di rudere e aree archeologiche. 14