P E N S I O N A T O Organo dell’Unione Nazionale Giornalisti Pensionati Sindacato di base della F.N.S.I. ANNO XIII n.1 - GENNAIO-FEBBRAIO 2010 - Sped. in abbonamento postale Art. 2, comma 20/c, L. 662/96 Poste Italiane - Filiale di Terni - Direzione: Corso Vittorio Emanuele II, 349, Roma - Tel. 06680081 - fax 066871444 www.fnsi.it - E-mail: [email protected] - (Distribuzione gratuita) CC tassazione: il più deciso fra omincia l’anno nuotutti sembra il leader della vo ritorna il nodo CISL, Raffaele Bonanni, delle pensioni, menper il quale “non c’è oggi tre per noi giornalisti riforma più importante di prende il via il Fondo conquella fiscale, bisogna abtrattuale di perequazione, bassare le tasse per i lavodi cui parleremo più avanratori dipendenti e i penti. Tanto per cominciare, sionati”. Nessuno, tuttal’inflazione nel 2009 è stavia, esce ancora dal geneta così bassa che l’adeguarico, nessuno ancora, come mento annuale degli assesi dice, affronta il toro per gni previdenziali lordi è le corna. Nessuno, natuquasi irrilevante: 0,7 per ralmente, escluso il presicento fino a cinque volte il dente Berlusconi, il quale è minimo INPS, 0,545 per uscito dalla sua convalecento per la parte che ecscenza con un’ “uscita” su cede questo livello. NatuRepubblica (e questa è già ralmente, quasi metà se ne di per se una notizia) in andrà in imposte ritenute cui rilancia la sua vecchia alla fonte. Poi ci sono da MENTRE PARTE IL FONDO proposta di ridurre le alicalcolare i conguagli degli DI PEREQUAZIONE PER I GIORNALISTI quote fiscali a due sole faaumenti ISTAT dell’anno sce da tassare al 23 e al 33 scorso (meno 0,1 per cenper cento. to) e la ripresa delle tratteMolto difficile capire se nute addizionali: per mole quando potrà mai essere ti la sorprese di gennaio è Per il 2010 aumenti irrisori, legati all’inflazione minimale realizzabile un’ipotesi di stata una diminuzione del 2009 – È dal 1992 che gli assegni previdenziali vanno giù, questo genere: così radica(seppure lieve) della penperché non sono più legati all’andamento dei salari le che a qualcuno pare lansione. Adesso Berlusconi rilancia il progetto di riforma fiscale ciata più per motivi elettoIl fatto è che, sul piano con due aliquote: ma ha già cambiato idea ralistici (a primavera si vodel reale potere d’acquita per le regionali, in una sto, le nostre pensioni consituazione politica abbastanza confusa) che per la reale tinuano a calare, anno dopo anno dal 1992, da quando, convinzione che possa effettivamente essere attuata (tancioè è stato deciso di eliminare l’aggancio tra le pensioni t’è che è già stata smentita). Si sa che la demagogia costa stesse e l’andamento medio delle retribuzioni, mantenenpoco e spesso rende in acquisizione di voti. Noi, comundo come unico parametro di correzione quello del costo que, come dire, non ci formalizziamo e aspettiamo gli della vita elaborato dall’ISTAT. eventi per capire come (e dove) andremo a finire. Di positivo, nel periodo di ripresa post natalizia, c’è da Ci preme, tuttavia, sottolineare che, al di là delle alisegnalare un rinnovato interesse di parte della grande quote fiscali (che riguardano tutti i redditi, di qualunque stampa verso questi temi, legati a quelli della tassazione natura essi siano) esiste un problema specifico dei redditi sul lavoro, vista in relazione all’insieme del sistema fiscaprodotti dal lavoro (e quelli ad essi assimilati, come le le italiano: anche se poi nessuno va a vedere quello che pensioni) sulle cui spalle grava un peso spropositato di concretamente avviene in numerosi altri paesi europei. imposizione fiscale, rispetto a quanto Anche le maggiori confederazioni sin| GIUSEPPE | ISELLI | spetta ad altre forme di reddito, come, ad dacali ribadiscono il loro attaccamento segue a pag. 2 esempio, quello derivante da investimenverso il tema del rapporto fra reddito e PENSIONI FERME E LE TASSE ANCHE gennaiofebbraio ’10 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 La guerra del contratto tra Ordine e sindacato piegare una parte rilevante del gettito fiscale per pagare gli interessi Coraggio Casagit, cura anche gli animali generati da questo dedi Neri Paoloni bito) non è tanto quello di diminuire drastiCasagit, Internet e le vecchie signore camente la tassazione generale, ma di seleProcessare la rete? zionarla in modo diE perché non i postini di Romano Bartoloni verso, indirizzarla e correggerla a favore di Macche festa, qui chi ha sempre pagato è sempre il 2 novembre di Antonio De Vito fino all’ultimo centesimo. Non basterebbe Verdi Comunque, ed in per cambiare l’inno di Vieri Poggiali attesa che appaia finalmente la luce in La coda del diavolo fondo al nostro tunnel di Devil (fiscale e non), ora Quando la radio a galena possiamo esercitare si poteva fare in casa una piccola riflessione di Giuseppe Prunai sul nostro Fondo conIl mondo della terza età trattuale per la peredi Errebi quazione delle pensioIl Picchiorosso ni. Come previsto daldi Addavenì l’accordo con gli ediLo scaffale tori, esso è entrato in funzione il primo genCinema che passione di Neri Paoloni naio. Dall’inizio dell’anno, infatti, tutti i Lettere colleghi in attività che godono di un lavoro a tempo indeterminato o, comunque, che hanno una retribuzione pari almeno a quella del redattore ordinario, in PENSIONI FERME base agli articoli 1, 2, 12 e 36 del E LE TASSE ANCHE contratto (siano essi professionisti segue da pag. 1 o pubblicisti) avranno una trattenuta di cinque euro mensili che sarà versata in un Fondo dell’INPGI. ti, rendite, attività autonome, che (in Esso servirà per difendere mesovrappiù, ma in Italia ciò è abnorglio le nostre pensioni dall’inflaziome) godono della possibilità di evane e dal sostanziale disinteresse sione fiscale che, invece, come si sa, dello Stato, che tende sempre più a chi è tassato alla fonte (salari e penconsiderare i pensionati non risorse sioni) non può utilizzare. da utilizzare ma pesi da mantenere. Il vero problema italiano (cioè di Come e quando il Fondo (dopo un Paese che ha ancora un debito aver accumulato) dovrà dare è tutpubblico troppo alto e che deve imdi Giovanni Rossi AUMENTO DELLE PENSIONI PER IL 2010 Pensione annua lorda “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ 30.000 euro 40.000 “ 50.000 “ 60.000 “ 70.000 “ 80.000 “ Aumento mensile lordo “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 14,97 euro 18,85 “ 22,75 “ 26,60 “ 30,53 “ 34,43 “ 2 to da decidere e sarà definito da un apposito regolamento concordato fra l’INPGI e la FNSI. Si pensa che occorra un periodo di almeno tre anni per creare una riserva significativa ai fini che vengono ipotizzati. E’ l’inizio di una nuova strada: ma è anche un primo punto d’arrivo della politica che l’Unione Pensionati ha testardamente perseguito in tutti questi anni. PENSIONATI E DINTORNI PREVEDENTI Il futuro, dice il Papa, è nelle mani di Dio, non dei maghi o degli economisti. Pare che il ministro Tremonti sia d’accordo: lui è un avvocato. Quindi, quando promette che è arrivato il tempo di pensare alla riforma fiscale, possiamo aver fede in lui. Il problema è il ministro Sacconi, anch’egli laureato il giurisprudenza, ma che, però, sembra avere una particolare attrazione per i prevedenti dell’avvenire. Prendete ad esempio l’INPGI. Il nostro ente è florido, i suoi bilanci sono solidi, le pensioni abbondanti: eppure il ministro vuol sapere cosa succederà fra mezzo secolo e chiede di fare i conti a quella specie di Sibilla informatica che è l’attuario. Come ai tempi della sorellina Cumana, non vorremmo che andasse a finire come già si sa, cioè nell’ambiguità più assoluta: basta spostare una virgola e la previsione finale si capovolge. L’esperto (qui o là) scoprirà la “gobba” (che poi sarebbe un “buco”) e l’ INPGI dovrà aumentare i contributi degli editori (che sono minori di quelli che tutti versano all’INPS)? La FNSI dirà di no, perché teme che il prossimo contratto finisca anche peggio di quello appena firmato? Insomma, c’è poco da essere ottimisti: del resto, è forse meglio così, perché qualcuno sostiene che si diventa pessimisti appena si conosce bene un ottimista. Non sarebbe il caso di chiedere aiuto a qualche esperto del Vaticano? ’10 CC he è accaduto nei mesi scorsi nei rapporti tra la Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) ed il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (Cnog) o, quanto meno, tra i vertici dei due organismi? Ci sono state polemiche pesanti culminate nello scontro su quanto avvenuto al corso di preparazione dei praticanti all’esame di abilitazione all’esercizio della professione giornalistica, che si svolge a Fiuggi. In quella sede è stato distribuito ai candidati all’esame un testo di interpretazione, assai di parte, dell’ultimo accordo contrattuale intercorso tra Fnsi e Federazione italiana editori giornali (Fieg). Non il testo dell’intesa, ma, appunto, un’interpretazione per di più partigiana e fortemente critica di quel testo, predisposta da un collega de il Messaggero, Fabio Morabito, il quale è sì Presidente dell’Associazione stampa romana, ma anche esponente di una componente di minoranza del Sindacato dei giornalisti che si è legittimamente opposta alla firma dell’accordo contrattuale, ma le cui posizioni sono state sconfitte all’interno della categoria. La Fnsi ha contestato una simile scelta considerandola scorretta e tale da mettere in imbarazzo i praticanti al momento di rispondere ad eventuali quesiti sul Contratto nazionale di lavoro giornalistico (Cnlg) Fnsi-Fieg che fossero loro posti dai commissari. La scelta è scorretta non in quanto le interpretazioni del documento “incriminate” non siano legittime e non rappresentino un punto di vista che abbia dignità nel dibattito interno al Sindacato. E’ scorretta, prima di tutto, perché non è il testo dell’accordo, ma una interpretazione dell’intesa stessa, per di più una interpretazione non condivisa da chi quell’accordo ha sottoscritto, ma soprattutto battuta in tutti i passaggi della vita democratica interna alla nostra organizzazione sindacale. A favore dell’accordo contrattuale, sarà bene ricordarlo, spesso con larghe maggioranze, si sono espressi: la Giun- gennaiofebbraio PACE (O TREGUA ARMATA?) VERSO LE ELEZIONI LA GUERRA DEL CONTRATTO TRA ORDINE E SINDACATO ta esecutiva federale, la Commissione contratto Fnsi-Fieg, la Conferenza nazionale dei Comitati e fiduciari di redazione, il Consiglio nazionale ed il referendum indetto su tutto il territorio nazionale, per non parlare di organi dirigenti di gruppi di specializzazione e sindacati di base (come quelli dei pensionati). In nessuna urna, in nessuna di queste sedi, i no all’accordo sono prevalsi. E questo, dal punto di vista democratico, un qualche valore lo avrà pure, a meno che la democrazia valga solo quando si vince. E’ stata una scelta fortemente contraria alla serenità dei candidati all’esame: ad una domanda sul Cnlg che dovesse riguardare le parti modificate rispetto al precedente contratto il praticante sarà giudicato positivamente se conoscerà il testo esatto dell’intesa o se darà un giudizio fazioso e sommario sul suo contenuto? Non è una questione da poco. Con i tanti problemi di credibilità che ha il nostro esame professionale l’aggiungere un dubbio di tal genere non è certo un aiuto a garantire la serietà della selezione. Su questo si è acuita la polemica che certamente, in un momento di così rilevante difficoltà per i giornalisti italiani, non può ne deve far piacere ad alcuno e che andrebbe superata sulla base di relazioni improntate alla correttezza. Tuttavia, non può sfuggire ad alcuno la gravità dell’attacco che è stato condotto nei confronti del Sindacato unitario. Né ci si può giustificare con il rispetto del pluralismo delle posizioni. Qui non è in discussione la possibilità di confrontare le posizioni, ma di informare correttamente dei colleghi che su quelle materie dovranno co- 3 noscere i testi così come sono a prescindere dalle interpretazioni. Peraltro, se di dibattito si fosse trattato (e, lo ripetiamo, non era questo il caso) perché allora non sono stati diffusi i documenti che sul contratto hanno realizzato i colleghi appartenenti ad altre componenti sindacali, di maggioranza e di minoranza, ma solo quello di una particolare componente? L’errore è talmente evidente che dall’interno dell’Ordine si è detto che la Fnsi non ha fornito i testi dell’accordo che, in realtà, sono a disposizione nel sito della stessa Federazione, sono stati portati all’Ordine fin nei giorni della consultazione sull’accordo poiché vi fu un confronto ed un dibattito anche nello stesso Consiglio nazionale dell’Ordine con la partecipazione dei dirigenti della Fnsi; agli stessi praticanti, a Fiuggi, tiene una lezione tecnica sul contratto il medesimo Direttore generale della Fnsi, Giancarlo Tartaglia; il testo è stato distribuito a tutti i componenti i vari organismi che sono stati consultati e non facendo certo differenza tra appartenenti alla maggioranza o alla minoranza. Insomma, davvero è difficile credere alla giustificazione che quello del collega Morabito fosse l’unico testo disponibile. Ora si tratta di andare oltre e di recuperare ognuno la dignità del proprio ruolo nell’interesse complessivo della categoria. Che per l’Ordine significa rilanciare con forza l’impegno sui temi dell’accesso alla professione e della deontologia e per il Sindacato gestire la difficile fase di crisi e di ristrutturazione del settore. | GIOVANNI | ROSSI | segretario generale aggiunto della Fnsi IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 gennaiofebbraio II l 12 agosto dello scorso anno Poldo si è rotto il femore della zampa posteriore sinistra. Poldo è il mio cane, un meticcio di griffon vendéen, di tre anni di età e diciannove chili di peso. Quando me l’hanno regalato (“tanto tu hai un giardino, poi sei pensionato!”) era un batuffolo peloso bianco, grigio e fulvo, con lunghe orecchie e con ciuffi di pelo che gli coprivano anche gli occhi. Era stato trovato su una consolare alle porte di Roma un 2 gennaio di tre anni fa, in un giorno di pioggia. Abbandonato. Correva disperato da una parte all’altra della carreggiata, mentre sul bordo giaceva, morto, un cane più grande della stessa razza. I suoi salvatori pensarono che io l’avrei potuto ospitare sia pure provvisoriamente, poi chissà. Ma Poldo è rimasto e si è fatto benvolere, al punto che è diventato uno di famiglia, con accessi di (finta) gelosia da parte di suo “fratello”, mio figlio. Il femore se lo è rotto saltando da una loggia a un terrazzo di una casa di campagna, ad imitazione dei gatti, abituali inquilini del posto. Lo faceva spesso senza danni, solo che quella volta mise un piede in una ciotola del cibo per i suoi amici felini ed è finito quattro metri sotto. E’ stato fortunato perché si è rotta solo una gamba. Telefonata urgente alla sua veterinaria, che ha convocato per il giorno dopo il chirurgo ortopedico e la sera stessa del 13 il cane era di ritorno a casa. Con una stecca metallica infilata nel femore fratturato, e una vistosa protesi esterna (non poteva essere ingessato) per reggere il tutto e un Ferragosto un po’ triste per tutti. Morale della storia. Le spese chirurgiche, di medicazioni e assistenza post-operatoria, di medicinali e, dopo quasi tre mesi di arto bloccato, di riabilitazione in un centro specializzato, mi sono venute a costare molto oltre i 2000 Euro. Questo racconto delle disavventure di Poldo è la premessa di una proposta, o meglio di un’idea che mi frulla in testa da qualche tempo. Perché non dare vita, tramite ’10 MODESTO SUGGERIMENTO DI UN CINEFILO CHE È CINOFILO CORAGGIO CASAGIT, CURA ANCHE GLI ANIMALI la CASAGIT, a una qualche forma assicurativa per i giornalisti proprietari di cani (e gatti), chiaramente volontaria, che permetta a tutti coloro che lo desiderino di avere una qualche facilitazione economica? Non so quanti siano i colleghi proprietari di cani di razza o meticci e gatti soprattutto di razza che potrebbero essere interessati alla questione. Ma proporre non costa nulla e quindi ci provo. Non senza darvi qualche altro elemento di riflessione. In Italia l’assicurazione degli animali per malattie incidenti o morte sembra non essere così consueta come in altri Paesi. Di solito si assicurano i cani per la responsabilità civile relativa a danni che potrebbero creare, come mordere persone o altro. E’ un’assicurazione annuale danni È MORTO STABILE DECANO DI TRIESTE Il 24 dicembre scorso, ma i familiari hanno dato l’annuncio solo dopo la tumulazione, è scomparso Tullio Stabile. Presidente fin dalla fondazione del Gruppo Friuli Venezia Giulia dell’Unione Pensionati, era il decano dei giornalisti della regione. Nato il 29 settembre 1912 a Lussinpiccolo, all’epoca sotto l’Austria, si era trasferito a Trieste nel 1914, prima dell’inizio della Guerra mondiale. Dopo il diploma di ragioneria aveva conseguito la laurea in economia. La sua carriera giornalistica lo aveva visto impegnato dal 1932 al 1982 nelle redazioni del “Popolo di Trieste”, di Radio Trieste, del “Corriere di Trieste” e de “Il Piccolo”, con mansioni di segretario di redazione, redattore o direttore. Già consigliere del Gruppo regionale USSI e della Assostampa, aveva retto la presidenza del Gruppo Pensionati fino allo scorso novembre, quando per motivi di salute aveva rassegnato le dimissioni. IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 4 che ho anch’io a un prezzo relativamente basso. L’avevo stipulata dopo una precedente esperienza con un pastore alsaziano meticcio e buono come il pane. Ma qualcuno mi aveva messo sull’avviso e cosi stipulai. Pippo, questo il nome, non ebbe mai incidenti e quando giunse, la sua ora per vecchiaia preferì allontanarsi da casa per non dare disturbo. Niente polizza malattie e infortuni, quindi. Con Poldo è diverso. Cane nient’affatto mordace ma assai più vivace del suo predecessore, dopo l’incidente, la stessa veterinaria mi parlò delle assicurazioni per animali (cani e gatti, prevalentemente) che anche in Italia le compagnie avevano cominciato a produrre. Mi sono informato su Internet e con la mia assicurazione. Per costatare che sostanzialmente le proposte si equivalgono e che le tariffe variano, ma non di troppo, secondo l’animale (con pedigree o meticcio) e così i rimborsi. Come il solito, le condizioni di assicurazione sono particolareggiate, ma non sembra che i casi di esclusione siano tali quanto le assicurazioni malattie e infortuni per le persone. Forse perché anche per le nostre compagnie questo è un campo abbastanza nuovo. Non sono un esperto nel campo, ma essendo un cinofilo (oltreché un cinefilo, come sapete) ho pensato di parlarne ai colleghi eventualmente d’accordo di proporre alla CASAGIT se sia ipotizzabile una convenzione con assicurazioni, veterinari e case di cura per animali che permetta di ottenere condizioni di miglior favore rispetto a quelle in vigore. Io, intanto, per poco più di 100 euro l’anno, ho assicurato Poldo con la mia compagnia. Anche per scaramanzia. | NERI | PAOLONI | ’10 SS ono pienamente d’accordo con la collega Maria Luisa Bonincontro (lettera da voi pubblicata ottobre 2009) sulla inaffidabilità, inefficienza, decadenza dei servizi Casagit. Anch’io devo molto spesso fare presente errori grossolani sui rimborsi che mi fanno pensare a una faciloneria e ignoranza da parte dei funzionari preposti, veramente inaccettabile. Siamo forse considerati dei giornalisti “imbroglioni”? Siamo invece noi imbrogliati a causa di tariffe poco chiare, con rimborsi fermi al 2004, non paragonabili agli effettivi costi delle prestazioni di medici privati, di ricoveri clinici, non parliamo poi delle fisioterapie. Nel mio caso personale ho avuto una esperienza quasi drammatica: a causa di una caduta che ha causato una ennesima frattura su un femore già con protesi, non operabile, sono stata costretta a trascorrere 60 giorni a letto in cliniche, case di cura e affini, in carico alla ASL per sole 3 settimane, senza possibilità di ricoveri a spese di Casagit perché non ha, non prevede lunghe degenze! Tenga presente che per una rieducazione di arto, ci sono case di cura che chiedono normalmente a Milano e dintorni dai 400 ai 700 euro al giorno! Ma non potevo restare a casa mia, perché vivo sola, non ero autosufficiente (la ASL poi ha provveduto a un carrozzino, ma chi lo manovrava?) ho quasi 80 anni, ho una invalidità ASL 100% perché ipovedente, cardiopatica e con difficoltà deambulatorie. Continuo ad avere bisogno di un terapista minimo costo 50 euro a seduta. Ho una pensione di 1400 euro al mese, anche se ho lavorato per grandi testate (Espresso, Europeo) come firma di successo. Ma quando ho iniziato questa cosiddetta carriera, le testate non avevano l’obbligo di vere e proprie assunzioni con relativi pagamenti di contributi. Ma questo c’entra poco con l’attuale situazione della Casagit che oltretutto si trincera nel non offrire spiegazioni dietro la risposta – consultate internet -. Ma chi ce l’ha? Internet sembra per costoro un toccasana! E’ già tanto che adopero la penna! gennaiofebbraio VIVACE SCAMBIO DI LETTERE FRA LA COLLEGA TEODORI E IL PRESIDENTE CERRATO CASAGIT, INTERNET E LE VECCHIE SIGNORE Sarebbe bene che la nostra associazione facesse pressioni – forti pressioni – almeno per farci inviare le tariffe qualora e laddove sono state aggiornate. Trovo inoltre scandaloso che dai rimborsi mi vengano detratti i ticket (così mi è stato detto) quando sia per età che per invalidità e per reddito non pago ticket! Con la Casagit si ottiene qualcosa che ci spetta (solo) raccomandandosi, scrivendo lettere e lettere, dando spiegazioni sul proprio stato di salute che, secondo gli ordinamenti sulla privacy, non dovrebbe essere spiattellato al primo funzionario sconosciuto che ci interpella al telefono. | MARIA ADELE | TEODORI | _______________ Rispondo volentieri alla Sua lettera di critiche, sebbene mi sembrino eccessive e soprattutto superficiali e disinformate: quasi insulti gratuiti, molto basati sui “sentito dire” e, forse, in appoggio a precedenti demagogie che abbiamo letto, quella volta, senza aver potuto rispondere. Potendo solo ribattere agli argomenti identificabili, Le dico che non è vero che la Casagit non prevede i rimborsi di cui invoca la mancanza e proprio lei dovrebbe saperlo bene visto che quest’anno ne ha richiesti e avuti proprio a quel titolo. Peraltro, sperando non Le occorra mai, avesse necessità di assistenza domiciliare sappia che il nostro tariffario lo prevede, basta fare una domanda e consentirci di verificare se il suo stato di invalidità giustifica questo tipo di intervento. Quanto alla fisioterapia, quello che Le è stato rimborsato corrisponde a quanto previsto dalle nostre regole; anche in questo caso abbiamo la possibilità di rimborsare sedute di fisioterapia domiciliare seguendo la stessa procedura di cui sopra. E questo, comunque, da sempre! 5 E’ impossibile che, da noi, Le sia stato detto di informarsi su internet. Il motivo è semplice, semplice: sarebbe buffo immaginare uffici dedicati alle relazioni con il pubblico, in cui lavorano sette persone che poi rispondono ai soci rimandando ad un sito. Con un risponditore automatico preregistrato otterremmo lo stesso risultato risparmiando soldi e dedicando risorse ad altre attività, non trova? Quanto al discorso dei “ticket”, Lei Signora, mi premetta, forse confonde ticket e tasse regionali. In materia di farmaci, sono proprio i primi ad essere rimborsati dalla Casagit mentre le tasse regionali non lo sono mai state. Non è necessaria alcuna “pressione” per ricevere aggiornamenti sulle normative Casagit: a parte le comunicazioni “elettroniche” – via internet / posta elettronica, mandiamo regolarmente a casa di tutti i soci, via posta, circolari informative (una è in arrivo in questi giorni) di aggiornamento sulle normative, sulle modalità di presentazione delle richieste di rimborso ecc.; comunicazioni particolari sul tariffario non ne può aver ricevute dal momento che non è stato ancora possibile un aggiornamento dello stesso. Quando lo faremo stia certa che ne sarà opportunamente informata. La Casagit e con lei i “funzionari sconosciuti”, sono istituzionalmente autorizzati a gestire dati coperti da privacy; peraltro se non avesse dato le informazioni necessarie ai nostri “funzionari”, alcuni rimborsi non potrebbero mai esserle stati autorizzati. E per ottenere i rimborsi dovuti, le garantisco, non occorre fare alcuna pressione. Quelli non dovuti, non li rimborsiamo e basta. IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 | DANIELE | CERRATO | presidente Casagit gennaiofebbraio UU na volta durante una conferenza sulle tecniche di giornalismo alla scuola sottufficiali dei carabinieri a Velletri, un allievo sollevò un’obiezione calzante ed emblematica ai nostri giorni. Perché i cronisti si ostinano a dare la caccia alle notizie, quando alle conferenze stampa, tramite comunicati e via email si offre un panorama completo delle operazioni di polizia giudiziaria? In effetti, rispetto ad un passato di silenzi e di diffidenze, le cose sono cambiate profondamente e grazie a una più matura sensibilità verso il valore dell’informazione e alla padronanza delle tecnologie, sono stati compiuti passi da gigante nelle comprensione delle esigenze della cronaca da parte degli uffici stampa, relazioni esterne, settore comunicazione, marketing ecc. I cui addetti hanno raggiunto il numero record di 14.218 (rapporto dicembre 2009 della pubblicazione degli editori, “Prima comunicazione”), pareggiando praticamente i conti con i giornalisti a tempo pieno dei mass-media. Tuttavia, giornali e radiotv operano in un mercato che incoraggia la libera concorrenza, e le ragioni della tempestività e della completezza delle notizie non collimano tuttora con i lenti e laboriosi meccanismi delle indagini, e con un’informazione pubblica fatta prevalentemente di annunci. I cronisti vogliono saperne di più, controllare con i propri occhi il dritto e il rovescio della medaglia, al fine di dare un senso compiuto di perché e di percome ai fatti accaduti e agli impegni presi. Dal canto loro gli investigatori si preoccupano che la fuga delle indiscrezioni possa bruciare l’inchiesta e favorire la scomparsa degli indizi e delle prove, mentre gli amministratori pubblici temono gli effetti dirompenti della critica. Per entrambe le parti, la rivoluzione tecnologica ha prodotto un terremoto negli approcci alla gestione dei fatti e alla produzioni delle notizie. Oggi sembrano lontani anni luce i tempi in cui i giornalisti si scontravano con gli amministratori locali che pretendevano dalle cronache ’10 INUTILI LE CENSURE, INTERNET OGGI È LO SPECCHIO DEI TEMPI PROCESSARE LA RETE? E PERCHÉ NON I POSTINI cittadine la risonanza, a loro misura, dell’informazione di servizio locale, non riuscendo ancora a capire che i cambiamenti prodotti nel modo di fare comunicazione responsabilizzano gli enti locali, almeno quelli più grandi, e che spetta a loro un ruolo diretto e interattivo con i cittadini. I Municipi di Roma, Milano, e delle più importanti città italiane, hanno realizzato nel mondo di Internet portali istituzionali, proponendo sportelli virtuali e servizi online. Non solo, ma organizzando l’homepage, la pagina di apertura del portale, come un vero e proprio giornale, promuovono una comunicazione quotidiana sulla propria attività e sullo stato dei servizi erogati alla cittadinanza. A volte, come nel caso del Comune di Roma, l’assetto su scala editoriale è esemplare. Del tradizionale ufficio stampa rimane soltanto l’etichetta. L’homepage è regolarmente registrato come testata giornalistica quotidiana presso la seziona stampa del tribunale di Roma. Nel rispetto della legge sull’Ordine professionale e della legge 150 del 2000 riguardo alla gestione dell’informazione nella pubblica amministrazione, la redazione, peraltro numerosa come quella di un quotidiano di media dimensione, è composta di giornalisti persino sindacalizzati e con tanto di comitato di redazione. E’ guidata da un direttore responsabile, Simone Turbolente, che è anche capo dell’ufficio stampa e portavoce del Sindaco. Secondo uno schema classico di collegamento con i mass-media, produce un notiziario, con la differenza rispetto a ieri, che viene trasmesso in via telematica e a getto continuo. La redazione cura, inoltre, l’architettura dell’homepage e svolge un’attività multimediale per il giornale online, per Televideo ecc. Infine, il portale è diretto da una fi- IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 6 gura responsabile del dominio Internet nei confronti dell’Authority per la comunicazione. Nel campo della comunicazione interattiva, il 2009 è passato alla storia come l’anno dei social network. Come alla Casa Bianca dell’era di Barack Obama, e come in altri palazzi di governo nel mondo, da noi, prima il Vaticano e poi il Quirinale hanno cominciato a parlare alla gente attraverso YouTube. Il canale della Santa Sede è stato inaugurato il 23 gennaio dello scorso anno e nella prima settimana ha fatto registrare 750mila accessi. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha debuttato nella rete sociale con il messaggio di fine d’anno. Nel bene come nel male, la rete offre uno spaccato dei tempi, ed è diventata lo specchio, deformato o deformante quanto si vuole, degli umori e dei malumori della gente. Che non si placano rompendo lo specchio. Colpire Internet, dicono gli avvocati di Google denunciata per video scabrosi, è “come processare i postini per il contenuto delle lettere che portano”. Nei regimi dittatoriali, in Cina come in Iran, si tenta invano di mettere la sordina alla voce digitale sui fermenti della popolazione. Filmati e blog su scontri e tensioni fanno il giro del mondo diffusi e ingigantiti dalla stampa e dalle tv. Inutili le censure: le rivoluzioni ora corrono su Facebook e su Twitter e lanciano la sfida in diretta mondiale. Inevitabile il rovescio della medaglia. La cittadella televisiva del “Grande Fratello” è spiata da più di 80 postazioni perennemente accese, a disposizione dei registi di turno. Anche questo fenomeno, che sembra il lato oscuro della rete, appartiene alla comunicazione della nostra epoca. | ROMANO | BARTOLONI | I n uno dei giorni di vigilia della commemorazione dei defunti, nell’imminenza dell’evento, una cronista ligure che magnificava il mercato e le quotazioni dei crisantemi, milioni di milioni di fiori (sempre più cari) mandati ovunque nel mondo, se ne è uscita con una espressione magari involontaria o connotata di lapsus, nella foga del servizio , e ha definito , con enfasi adeguata alla circostanza, “festa del 2 novembre “, la ricorrenza che ha a che fare con la pietas per chi non c’è più e con migliaia e migliaia di cimiteri grandi e piccoli. Festa? Si può chiamare tale ? Oppure il limite fra una festa e una seria e compassata cerimonia di rimembranza è così labile, ai nostri giorni, che quel giorno lì è descrivibile e ascrivibile al novero delle “feste”? Certo , l’impressione che si potesse parlare di atmosfera da 2 novembre anche negli altri giorni, era lampante nella settimana precedente e sarebbe stato anche più evidente dopo. Altro che festa! In televisione e sui giornali imperversava il video dell’assassinio di camorra a Napoli, vecchio di cinque mesi , immagini agghiaccianti, il killer che esce dal negozio e spara al malcapitato, tra l’indifferenza generale, e se ne va con l’arma in mano, strafottente, mentre il cadavere a terra viene ripetutamente scavalcato da massaie indaffarate e altri passanti, il sangue come se non ci fosse, il delitto una cosa di routine, la vittima che non desta né curiosità né pietà. Ne ha parlato tutto il mondo, ovunque hanno avuto modo di vedere e rivedere la scena, il filmatino orribile diffuso dalla magistratura per identificare il killer ( e l’effetto l’ha avuto subito, con soddisfazione degli inquirenti ) , solo nei vicoli di Napoli – ha commentato a caldo lo scrittore Saviano, l’autore di Gomorra - solo lì nel cuore del dramma e della tragedia e del problema annoso e irrisolvibile, il video non ha fatto clamore. Silenzio nei quartieri spagnoli, sopra Toledo. Forse l’assuefazione ai delitti, al sangue , produce questi effetti. A Napoli ( e altrove ) non ci si fa più caso, non fa impressione l’am- I A PROPOSITO MACCHÈ FESTA, QUI È SEMPRE IL 2 NOVEMBRE DI ANTONIO DE VITO IL KILLER DELLA CAMORRA E LE “SORELLE D’ITALIA” Il video dell’omicidio, indifferenza a Napoli, il giovane morto in carcere, il “fuorionda” di Fini, il fattaccio di Milano mazzamento quasi quotidiano? Un lettore napoletano ha scritto a La Stampa, il 31 ottobre: “ Ora lo scrittore Roberto Saviano invoca l’impegno assoluto, contro la criminalità organizzata, del governo di Roma, che addirittura sbaglierebbe ogni volta che si occupa d’altro. Ma lui ora non vive più a Napoli, non condivide la vita della gente comune. Che è tragica. Ieri ho aspettato l’autobus per tornare a casa un’ora e dieci minuti, e soprattutto, per la calca poi inevitabile all’interno del pullman, ne sono uscito vivo per miracolo”. Il direttore, Mario Calabresi, ha difeso Saviano : “Sappiamo tutti perché non può più vivere a Napoli, non certo per un vezzo o per disamore .” Aggiungendo: “ Che la realtà sia tragica ce lo dicono decine di episodi che si registrano ogni giorno, ce lo dice la quotidianità dell’autobus aspettato per oltre un’ora, così come la normalità e la tranquillità con cui si commette un omicidio”. Il killer a volto scoperto che si lascia guardare dalla sua vittima, la calma con cui uccide, il fatto che se ne vada tenendo la pistola in mano senza sentire il bisogno di nasconderla e di mettersi a correre”. I cittadini napoletani sono indifferenti “perché abituati”? No, gioca la paura, il sapere che cosa ti può succedere. “Chi si fosse avvicinato, si fosse mostrato sconvolto o agitato, sarebbe stato subito individuato dalle vedette della camorra e messo nel mirino. Difficile aspettarsi che qualcuno rischi la vita con una denuncia”. La risposta non può che essere 7 collettiva. A Napoli e altrove. Autunno tetro, influenza killer, il crocifisso sì o no nelle scuole, l’affaire Marrazzo-trans. Quali misteri dietro l’irruzione dei carabinieri infedeli? Solo un ricatto, o altro ? Forse un giorno si saprà. Ma intanto ci si può far prendere dal pessimismo circa il mondo in cui viviamo, con la crisi che incalza e impoverisce e fa perdere il lavoro ( ora c’è anche l’esodo al contrario degli immigrati, gente dell’Est che è venuta a cercare l’Ovest qui da noi e adesso rifà le valigie, lì campare è meno difficile, dicono). E quel giovane morto in carcere, non si sa come ? Rispondano i giudici, bisogna credere ai giudici, non disprezzarli come per qualcuno pare sia di moda. E il “fuorionda “ di Fini? E l’attacco della Lega al cardinale di Milano? E il superkiller pentito Spatuzza? E il Casini del “fronte anti-B.” ? E l’aggressione milanese al premier? Ce n’è una al dì: il presente fa un po’ schifo, il futuro, politico e non, palpita di incertezze. Papa Ratzinger ha ammonito, l’8 dicembre: “Le coscienze sono intossicate dal meccanismo perverso dei mass media, ogni giorno il male viene raccontato e amplificato”. Sarà diversa la telenovela consueta in questo 2010? Speriamo intanto che tornino in auge i “fratelli d’Italia” dell’Inno conosciuto e che ci venga risparmiato il tormentone delle “sorelle d’Italia” in tv, stessa musica, ma ossessiva e gratuita, per un improbabile Inno alle calze. Che c’azzecca Mameli con la pubblicità? IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 gennaiofebbraio U U na questioncella si affaccia in carsiche riapparizioni, benché non sia problema prioritario o impellente: avrebbe senso cambiare l’inno nazionale, quell’Inno di Mameli a lungo provvisorio (ma in Italia nulla è più definitivo del provvisorio)? V’è chi sostiene, non a torto, che non sia propriamente una meraviglia: né come testo (con quell’elmo di Scipio - che pochi ormai percepiscono a cosa si riferiscadel quale l’Italia si sarebbe cinta la testa) né quanto alla musica di Michele Novaro. Avviato poi il Paese a multietnicità, un tantino stride anche il reboante concetto d’una vittoria (quale, poi?) schiava di Roma…. Insomma. Sono davvero un po’ obsoleti, Mameli e Novaro: di qui appunto la non infrequente riproposta di cambiar cavallo. Già, ma con cosa potrebbe essere sostituito l’inno? L’Umberto Bossi, l’impavido e sanguigno senatùr leader leghista, certamente confondendosi peraltro col coro de “I lombardi alla prima crociata ” (Oh Signor che dal tetto natìo….) già qualche anno fa se ne uscì proponendo che si adottasse il verdiano Va pensiero sull’ali dorate….: il celeberrimo coro del Nabucco. Venne prontamente rimbeccato da molti, tra questi il Maestro Muti: il quale osservò come un coro di ebrei esiliati e dolenti poco abbia da spartire con le connotazioni di norma esigibili dall’inno d’una moderna nazione. Ma il tenace Bossi è tornato più volte a riproporre la sua poco percorribile idea, i cui unici elementi positivi potrebbero identificarsi nel fatto che Verdi è davvero nazionale. E’ di per sé un’icona sacra che potrebbe trovare ulteriore valorizzazione nell’adozione d’una sua idea musicale quale rappresentanza in note dell’italianità. Ma se è così, perché non pensare allora ad altra musica di Verdi? Nella ricchissima panoplia della sua produzione un coro c’è, che - per la sola musica però - si pre- ’10 LA MUSICA DI ERNANI SI, MA CON UN ALTRO TESTO NON BASTEREBBE VERDI PER CAMBIARE L’INNO sterebbe benissimo a alla bisogna: è il coro celeberrimo dell’Ernani, il Si ridesti il leon di Castiglia. Per il suo ritmo musicale incalzante e il piglio trascinante e marziale davvero sarebbe adattissimo. Non a caso infiammava le platee risorgimentali (al pari, per vero, anche del coro di Bellini “Guerra, guerra!...” della Norma, e del “Squilli la tromba intrepida, io pugnerò da forte….” dai Puritani). Già: ma con l’Italia la Castiglia che ci azzecca (alla Di Pietro)? Nulla, evidentemente (salvo che… a furia di immigrati africani un giorno ancora lontano non dovesse tornare d’attualità il riferimento, contenuto nel coro di Ernani, al moro oppressor! Lo si butta lì come pura battuta d’alleggerimento, sia chiaro…). Ove però per caso gli… autoctoni volessero appunto per un nuovo inno orientarsi verso una composizione verdiana e al tempo stesso risorgimentale, potrebbe tornare utile la musica proprio di quel coro, con contestuale impiego peraltro - previo apposito concorsod’un testo nuovo. Non dovrebb’essere difficile. Parole nuove e diverse,insomma, su musica preesistente. Già esistono nel mondo (a livello di inni nazionali e/o di inni aventi grande valenza popolare e patriottica) testi diversi - e utilizzati in Paesi diversi - appoggiati sulle identiche note musicali. L’inno inglese (God save the king/queen) non è forse uguale al “Oh monts insurmontées” della Confederazione elvetica? E che dire del tedesco “Deutschland Deutschland über alles”, cui ai giorni nostri è amputata la troppo muscolosa prima strofa (e l’inno IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 8 parte dalle più caserecce parole della seconda)? La sua musica prende spunto originalmente, è noto, da uno splendido quartetto di Haydn. Ma in contemporanea all’adozione quale inno che poi ne fece la Germania guglielmina (dalla quale è trasmigrato alla hitleriana, indi con parole edulcoratamente accettabili alla Germania di Bonn e alla definitiva attuale riunificata repubblica federale), quella musica identificò anche un inno, popolarissimo, della duplice monarchia danubiana: precisamente in quel “Gott behalte, Gott beschütze….” che tutti i popoli dipendenti da Vienna cantavano, e che nella dialettale sincope con la quale vi si riferivano i triestini quand’erano sudditi di Vienna s’era tradotto (dall’austero “Serbi Iddio l’austriaco regno….”) nella quasi comica intitolazione ad un “Serbidiòla”. Insomma, di precedenti ne esistono, appunto fra inni di nazioni diverse che però con diverse parole ma identica musica egregiamente già hanno servito (o tuttora servono) alle occorrenze di rappresentatività musicale nazionale. E allora, se all’ inno di Mameli si volesse un giorno far cedere le armi, perché non pensare appunto al nostro Verdi, utilizzando la adattissima musica proprio di quel coro dell’Ernani (seppure con testo ovviamente aggiornato, che tenga magari anche conto degli aneliti europei nonchè della più estesa composizione etnica delle genti che tra Alpi e canale di Sicilia occupano la penisola)? | VIERI | POGGIALI | TT i siedi una sera in poltrona e pregusti due ore o addirittura tre di piacevole dibattito in tv, in prima serata. Non si tratta della Rai, non avrai a che fare con la Terza Camera in notturna, dove il conduttore con i nei ti dà le ricette più opportune per il tuo stile di vita da correggere, per dimagrire ove tu volessi, per districarti nei meandri della politica, nel mondo della moda, o fra le canzonette, o fra le bellezze del cinema di ieri e di oggi, o fra le delizie della chirurgia plastica, ahi queste superfemmine di coscia lunga tutte bellissime e chissà se si sono, qui e là, rifatte. Non si tratta neppure di quella trasmissione, sempre alla Rai, con ospiti supergridanti, dove quasi sempre non si riesce a capire dove sta il bandolo della matassa, e non ti aiuta di certo l’immancabile uomo dei sondaggi e delle tabelle. Non siamo di martedì. E neanche, sempre sulla Rai, di giovedì, ahi quel Santoro, con cotanto Travaglio e le vignette di Vauro che ce l’ha su con tutti (e fa bene) ma non trascura mai Rutelli. No. E non c’è stasera Ilaria, con Exit. La signora, che “dolcemente aspetta”, ma la grinta è immutata, che parli di calcio, che duetti con Mourinho, che vada dalla Scabello a Victor Victoria, che parli di malandrinerie della politica e di fattacci di cronaca, va in onda il mercoledì su La 7. E’ soltanto lunedì, inizio della faticosa settimana di teatrino televisivo, ma per fortuna fra due giorni c’è la nazionale di calcio contro la Svezia (amichevole sì, ma il Sudafrica si avvicina, e poi c’è Ibra), altrimenti chissà quanti altri ospiti eccellenti assatanati a “dibattere” ti sarebbero toccati, fino alla liberatoria domenica del pallone e del sempiterno Morandi. Ti siedi e aspetti , eccezionalmente su La 7, dopo lo spazio di Lilli che doma i suoi ospiti al tavolo rotondo, l’inizio dell’Infedele, l’arena di Lerner. Siamo a metà novembre dell’anno scorso, e non è che si può immaginare altro tema di discussione che non sia – dopo la bocciatura del Lodo Alfano da parte del- LA CODA DEL DIAVOLO DI DEVIL LA PROF. “AZZANNATA” DA QUEL MINISTRO IN TV la Consulta, le ansie e “gli incubi di Berlusconi” (titolo della puntata), la necessità per il premier di piantarla lì con le aule di giustizia, quei giudici che lo vogliono affossare (“Lo vogliono ridurre come Craxi”, titolo de Il Giornale), il tema dei temi, che Gad non si lascia sfuggire, quello della giustizia. Ospiti il ministro Bondi (che c’entra la Cultura con la giustizia?), il giurista Franco Cordero autore anche di un librone su Savonarola, un simpatico sacerdote che si occupa di derelitti a Milano, numerosi avvocati di parte civile del processo ai medici della clinica Santa Rita di Milano, la professoressa Michela Marzano, italianissima che insegna a Parigi. Ecco vogliamo proprio parlare di lei, spaesata in quel ring mediatico, dove persino Lerner perde di tanto in tanto l’aplomb perché non ci sta ad accettare la tesi bondiana che colpevoli di tutti i mali italici siano gli stramaledetti giudici che con Tangentopoli hanno distrutto i partiti al governo nella Prima Repubblica (ma non rubavano, quelli là?) e nel ’94 hanno fatto cadere Berlusconi con l’avviso di garanzia consegnatogli al vertice di Napoli (ma non era stato Bossi a mollarlo?). Si parlava, in quello scorcio di autunno, del “processo breve”, durata non più di sei anni, per migliorare la giustizia (ma soprattutto per salvare Berlusconi, interpretava in diretta il vice direttore de Il Giornale, Sallusti). Proposta di legge inventata a tavolino, dopo un téte à téte, pare – a leggere i giornali – burrascoso tra Berlusconi e Fini. E’ incostituzionale, diceva Cordero. E il prete domandava: 9 perché hanno escluso il reato di clandestinità dal processo breve? E Lerner si sgolava citando un articolo de La Padania, dove il sublime Cota equiparava il reato di clandestinità a quelli di mafia e di terrorismo. La povera Marzano appariva frastornata e intimidita, e si era pure sorbita la ripetizione del comizietto - editoriale del direttore del Tg1 Minzolini sulla necessità di reintrodurre l’immunità parlamentare (riforma necessaria per la giustizia, s’intende) senza riuscire a parlare, soverchiata dalla parlantina spedita e monocorde del ministro della Cultura, imperterrito nella sua crociata contro i magistrati politicizzati e sovvertitori (“tengono sotto assedio la democrazia”). A un certo punto si è fatta largo, la prof. parigina: “Io vado a tanti dibattiti in Francia, sapeste cosa dicono dell’Italia”. E Bondi: “Sì, sono, siete i soliti radical chic”. Sullo sfondo, la giustizia pativa e gli incubi di Berlusconi non venivano annullati, il conduttore appariva abbastanza scocciato dal dibattito e dalla piega della discussione. Ma la serata (e l’audience) ha avuto un sussulto vivificatore quando la Marzano non ci ha visto più ed ha apostrofato il ministro con una tirata inaspettata facendo il paragone tra noi e i transalpini, “a Parigi siamo abituati a discutere e confrontarci, qui o devo stare zitta o non posso mai interloquire o devo essere azzannata da lei signor ministro”. “Azzannata” ha detto. Ha fatto persino il gesto con le due mani. “Azzannati”, un po’, cara prof., ci sentiamo anche noi, sempre più spesso. IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 gennaiofebbraio “A “A scolta la radio a galena” – cantava il Quartetto Cetra a metà anni cinquanta – “evviva la radio a galena” proseguiva e giù un sottofondo di sibili e di interferenze che somigliavano più a quelli prodotti dalla manopola della sintonia di una radio a valvole, girata velocemente, che all’esile sonoro del ricevitore a cristallo. Questo è il suo vero nome, perché come detector, cioè come rivelatore di onde radio, utilizzava un minerale. Il più usato era un cristallo di galena, un solfuro di piombo, spesso associato a sensibili quantità d’argento. E’ fra i minerali più impiegati per l’estrazione del piombo. Nel nostro paese erano molto sfruttati i giacimenti in Sardegna, in Toscana e nel Cadore. Ma potevano essere utilizzati anche i cristalli di pirite. E’ meno sensibile, ma funzionale. La pirite è un solfuro di ferro di color giallo oro, caratteristica che le valse l’appellativo di “oro degli stolti”. In passato era molto usata per l’estrazione del ferro. Attualmente è impiegata per la produzione di acido solforico. I giacimenti più importanti nel nostro paese sono in Toscana, sulle Colline Metallifere, a Gavorrano e a Ravi. Oltre, naturalmente, agli storici giacimenti dell’Isola d’Elba, sfruttati dagli etruschi e degli antichi romani. Ma i materiali alternativi alla galena sono molti, come il cristallo di germanio, un metalloide con qualità di semiconduttore, confezionato in piccoli bulbi di vetro, dal quale escono due conduttori da saldare direttamente al circuito. Altro minerale con qualità di semiconduttore è la grafite, che è una varietà del carbonio. E’ utilizzato principalmente per realizzare matite, ma secondo molti fisici potrebbe, in futuro, sostituire il silicio. Alcuni transistor, estremamente miniaturizzati, sono realizzati con la grafite. Durante l’occupazione nazista in Italia, quando tutti gli apparecchi radio erano stati sigillati o bloccati in modo che si potesse ascoltare una sola emittente dell’EIAR, controllata ’10 EBBE UNA GRANDE POPOLARITÀ NEGLI ANNI CINQUANTA QUANDO LA RADIO A GALENA SI POTEVA FARE IN CASA dalla Repubblica sociale, erano in uso numerosi ricevitori che impiegavano la grafite come detector. Venivano montati al momento dell’impiego e subito dopo smontati. La grafite utilizzata era la mina di una matita nella quale si faceva penetrare una lametta da barba. Questo singolare rivelatore era posto in serie ad un’antenna di fortuna (per lo più il filo di ferro zincato per tendere i panni), ad una cuffia telefonica e una presa di terra. Con questo apparecchio rudimentale, chi si trovava nelle località prossime al fronte, poteva ricevere Radio Londra ritrasmessa dagli alleati. Subito dopo l’ascolto dei notiziari, questo apparecchio veniva smontato in innocue matite e lamette da barba che non avrebbero creato alcun sospetto in caso di perquisizioni domiciliari, abbastanza frequenti in quel tempo. Agli inizi della Resistenza, quando ancora non erano cominciati i lanci di rifornimento, lo usavano anche i ragazzi su in montagna. Ma torniamo alla nostra radio a galena. E’ stato il primo, vero radioricevitore allo stato solido, in uso prima dell’avvento delle valvole elettroniche. Guglielmo Marconi (quest’anno, con mostre e convegni si celebra il centenario del conferimento del Nobel per la fisica allo scienziato italiano, allora solo 35enne) impiegò uno di questi ricevitori durante l’esperimento di trasmissione transoceanica. Con l’avvento della valvola, con la realizzazione di apparecchi sempre più sofisticati e versatili, la radio a galena divenne il ricevitore dei giovani che, a sera, quando la propagazione delle onde radio è migliore che di giorno, ascoltavano i programmi musicali trasmessi dalla IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 10 stazione più vicina. La sua realizzazione è estremamente semplice ed economica. Una bobina (quelle più sofisticate sono a nido d’ape, ma spesso i giovani avvolgevano qualche metro di sottile filo di rame isolato su un supporto di cartoncino), un condensatore variabile per fare la sintonia, una cuffia telefonica per ascoltare e, ovviamente, il cristallo sul quale, con una punta d’acciaio flessibile (il baffo di gatto), si cercava il punto più sensibile. L’antenna era costituita da un tappo luce, cioè uno spinotto inserito nella presa di corrente con in serie un condensatore per bloccare il flusso dell’elettricità, la presa di terra era un pezzo di filo attorcigliato ad un tubo dell’acqua. Quando il tappo luce fu vietato per motivi di sicurezza, l’antenna divenne la rete del letto! Questa radio, un tempo usata per ricevere le emissioni radiotelegrafiche in onda lunga dei trasmettitori a scintilla, restò in uso fra i giovani fin verso la seconda metà degli anni cinquanta. Poi, man mano che la Rai installava nelle città i ripetitori dei tre programmi radio, la galena andò in pensione perché l’estrema semplicità dei circuito di sintonia non consentiva di separare le varie stazioni, che si udivano contemporaneamente in cuffia producendo un incomprensibile minestrone sonoro. | GIUSEPPE | PRUNAI | FOR EVER Gianfranco Fini ha regalato per Natale un flacone di “Valium” al direttore del “Giornale”, Vittorio Feltri. Ma all’on. Cicchitto che gli ha donato? Un quintale di “Fiori di Bach”? “Un tempo il giornalismo toglieva gli uomini alle lettere: oggi, il che e’ piu’ grave, ne da’”. Achille Campanile PENSIONI, NEMMENO 1000 EURO AL MESE Nemmeno mille euro al mese: è di 955 euro la pensione media di vecchiaia degli italiani. Se il pensionato vive al sud riceve 150 euro in meno (796) e scende ancora se è donna, arrivando a 630. Gli uomini in media prendono 1.239 euro. Lo rileva una ricerca dell’Auser sui dati del 2009. IL CALENDARIO 2010 DELLE BELLE NONNE Dodici nonne, felici di esserlo, hanno prestato i loro volti al calendario 2010 “I gioielli del cuore”, realizzato dalla fotografa Tiziana Luxardo per fare del bene, per sostenere l’associazione del prof. Vittorio Vanini che si occupa di bambini cardiopatici. Al primo calendario delle nonne hanno partecipato Rosalba Giugni con i nipotini Maria Sofia, Giacomo e Raimondo; Anna Craxi con Vittoria e Benedetto; Franca Fendi con Giulia e Ginevra; Isa Stoppi con Alexandra; Mirella Hagging con Roberto e Malvina; Virna Lisi con Franco, Federico e Riccardo; Cristina Comencini con Viola; Simona Izzo con Alice e Tommaso; Bona Frescobaldi con Alessandro; Silvia De Benedetti con Edoardo; Jaqueline De Laurentis con John; Carla Fracci con Giovanni. HALIME, LA DONNA DI DUE SECOLI FA Halime Olicay ha conquistato la palma di donna più vecchia del mondo. E’ una vispa nonnina che vive a Diyarbakir nell’est della Turchia e che ha la bella età di 136 anni. Vive da sempre in un territorio a maggioranza curda che sembra favorire la longevità, visto che nella stessa zona abita Halim Solmaz, che di anni sulle spalle ne ha ben 126. Il suo segreto? Mangia esclusivamente latte di capra e for- IL MONDO DELLA TERZA ETÀ A CURA DI ERREBI maggi. Si cura da sola, con il minor numero di medicine possibile. Halime nasce nel 1874 all’epoca dell’impero ottomano, ha già 48 anni quando Ataturk nel 1922 fonda la moderna Turchia, ha 70 anni nel 1944 quando gli americani sbarcano in Normandia, raggiunge i 100 anni quando Nixon si dimette per il Watergate. La supernonna ha dovuto faticare per convincere la burocrazia a restituirle la pensione che era stata sospesa nella convinzione che fosse morta. SIAMO 60 MILIONI SEMPRE PIÙ VECCHI L’Italia sta invecchiando portando con sé tutti i turbamenti e le incertezze dell’età più matura. Lo documenta in mezzo a migliaia di numeri l’annuario 2009 dell’Istat che registra un dato appariscente: in 30 anni i ragazzini, gli under 15 anni, si sono ridotti di un terzo. I giovanissimi cedono il passo agli anziani: nel nord e nel centro del Paese gli ultra 65enni hanno raggiunto e sorpassato il 21% della popolazione. Che a fine 2008 ha superato quota 60milioni di abitanti, con un incremento dovuto all’apporto degli stranieri che rappresentano il 6,5% degli italiani. Gli ultra65enni sono aumentati in un trentennio dell’8 per cento con un 5% del totale che ha superato gli 80 anni. In Italia la vita media dell’uomo cresce,78,6 anni, e quella delle donne resta molto elevata, 84 anni. Quella che era conosciuta come terza età, si è spostata ben oltre i 70anni, e si tratta di gente vitale. IL FRATELLO DI SARKO E LA TV LUNGAVITA Dopo Jean, il figlio del presidente Sarkozy, simbolo della precocità al potere, ecco Francois, fratello minore, presentarsi come promotore di tutto quello che è utile sapere per invecchiare nel modo migliore possibile. Francois Sarkozy, pediatra cin- 11 quantenne, dopo 30 anni spesi ad occuparsi dei bambini, ha deciso di dedicarsi agli anziani. Ha lanciato una televisione di lunga vita, il portale “Longevi tv”, “primo canale per invecchiare bene” con informazioni per i cittadini over60. TINA TURNER 70 ANNI PRIMA SULLA BRECCIA A 70 anni suonati, la celebre cantante Tina Turner è reduce da una tournee mondiale per celebrare i suoi 50 anni di carriera, e non ha deluso le attese dei suoi fan. Nata a Nutbush nel Tennesee con il nome di Anna Mase Bullock, già all’età di 10 anni cantava nella parrocchia della sua città. Nel 1984 con l’album “Private dancer” conquista le vette delle classifiche mondiali. Ha duettato con Rod Stewart, Elton John, David Bowie, Eric Clapton, Eros Ramazzotti ed Elisa. GIORNALISTE D’ASSALTO ALLA TERZA ETÀ Con un formidabile curriculum vitae, tre giornaliste ultra60enni sono riscese in campo contro le ingiustizie. Sono state arruolate dalla Bbc per occuparsi di truffe, inganni e imbrogli a danno degli anziani. Sono agguerittisime. Una di loro, Angela Rippon, di 65 anni, racconta. “Sono rimasta inorridita dalla storia di una coppia di anziani la cui banca gli aveva consigliato di investire tutti i loro risparmi in un particolare prodotto finanziario con promesse di sicuro successo. Risultato? La coppia ha perso tutto: 180mila sterline”. IL FUMO RALLENTA LA LONGEVITÀ DELLE DONNE Nella corsa alla longevità le donne rimangono in testa, ma stanno perdendo il vantaggio che hanno sempre avuto sugli uomini. Lo sostiene il rapporto sulla sanità dell’Ocse. Lo confermano i “centri for disease control” americani che prevedono la parità di sopravvivenza entro il 2035. Colpa soprattutto del fumo, spiegano gli esperti: gli uomini hanno smesso e muoiono meno per malattie cardiovascolari, le donne hanno cominciato e ne pagano le conseguenze. IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 novembredicembre “S “S ono arrabbiata. Di quella rabbia di cui pensavo di essermi liberata quando ho deciso di “scendere”. Poco meno di un anno fa sono scesa da quella grande giostra che è l’Italia e per un po’ ha funzionato. Avevo scelto la mia strada, il mio posto nella giostra, tanto tempo fa: la mia decisione di fare il magistrato era deflagrata nello stesso momento e con la stessa violenza in cui scoppiavano gli esplosivi di via Capaci e di via D’Amelio. Frequentavo la seconda elementare ma sapevo che avrei fatto qualcosa per il mio Paese”. Lo scrive in una lettera pubblicata il 18 novembre scorso come “editoriale dei lettori”, sul giornale di Torino, una studentessa di Diritto d’Impresa, 25 anni, abitante a Losanna. Si chiama Paola Garieri. Così continua, spiegando : “ Poi l’anno scorso ho scritto una tesi di laurea che mi ha cambiato la vita: “Lentezza dei processi penali in Italia (cause e possibili soluzioni)”. Ho avuto l’opportunità e la fortuna di condurla entrando nei Palazzi di Giustizia, nelle Procure e negli studi di avvocati di due città italiane per me importanti, ho sentito parole accorate e visto gli occhi vinti di chi ha investito tutta la vita nelle Procure e , a un passo dal risultato- la sentenza – si vedeva scippare tutto da questa o quella legge. Ho capito molte cose che i manuali di diritto non scrivono e non possono scrivere, ma soprattutto ho visto come sarebbe stata la mia vita”. La conclusione è amara: “ Oggi niente è migliorato, mi sono detta che non potevo sprecare la mia vita per salvare un Paese che non voleva salvare se stesso, non avrei potuto passare la vita ad applicare leggi espressioni di un Parlamento che non mi rappresenta. Ora sto lontana dalla mia famiglia, sto seguendo un master che non ha nulla a che fare con quel mio sogno di bambina, a volte è dura, ma non mi importa di essere una straniera che fatica a trovare il suo posto nel mondo. Tutto quello che so è che sono felice di essere scesa”. Soltanto disillusione, amarezza momentanea di una giovane ( invita- ’09 IL PICCHIOROSSO ADDAVENÌ LA GRANDE “GIOSTRA” E LE GIRLS DI GHEDDAFI ta anche ad Annozero, il 3 dicembre scorso) ancora in cerca del suo futuro? Soltanto rabbia, quella “rabbia” dei giovani che anche noi in anni lontani abbiamo conosciuto, in un’altra Italia più povera e magari in una parte d’Italia ancora più derelitta del resto? Il grande quotidiano, invece di pubblicarla in un angolino-sfogatoio, ha fatto di questa lettera una piccola bandiera per segnalare un malessere personale e generazionale, ma anche per “marcare “ il tema della giustizia , proprio nei giorni del can-can sul processo breve, su una iniziativa ( sappiamo come è finita) che per salvare qualcuno - si commentava nei luoghi deputati - affossava, rendendoli come mai esistiti , migliaia di processi già lì, lì per arrivare alla sospirata decisione finale. Giustizia non giustizia, cittadini di serie A e di serie B, legge sì uguale per tutti, ma per qualcuno “più uguale”. Cara Paola Garieri, vien da dire, insisti, combatti per trovare la tua strada, anche lontano dalla giostra Italia. Tutte le strade sono difficili, come sanno quei nostri giovani colleghi che , sfruttati per pochi euro, si ostinano a voler continuare a “fare i giornalisti”. E vale per gli avvocati, i magistrati, i docenti, i ricercatori. E tutti gli altri. Vale anche per quella piccola folla di cittadine romane che negli stessi giorni, quelli del vertice Fao, nella Capitale , hanno risposto speranzose a un annuncio dell’agenzia “hostessweb” che – riferiva la cronaca – dava appuntamento di fronte al Marriot di via Veneto, a “ seicento ragazze tra i 18 e i 35 anni, almeno un metro e settanta di altezza, bella IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 12 presenza, no minigonne né scollature”. E per fare che? Committente nientemeno che il leader libico Muammar Gheddafi, che organizzava incontri di vario genere, “per fare alcuni scambi di opinione e donare omaggi libici”. Risultato, corsa delle candidate per rispondere all’appello, cento selezionate per la sera di domenica, 250 per il lunedì, altrettante per l’ultima sera. Massima discrezione sul luogo e sull’ora del ritrovo, intrecciarsi di sms e di email. “Sembrava di essere in un film di 007” ha commentato qualcuna delle fortunate ed ha riferito il cronista. Solo a poche ore dell’evento le ragazze hanno saputo di dover incontrare Gheddafi. All’appuntamento qualcuna, troppo bassa, o sconvenientemente vestita, è stata subito scartata. Poi due pullman si sono diretti verso l’ambasciata , le prescelte hanno preparato diligentemente le domande per il Colonnello che più tardi le ha intrattenute sui rapporti fra l’Islam e l’Occidente e “sul ruolo della donna”. Il Gran leader ha infine ammonito :” Convertitevi all’Islam, Gesù è stato inviato per gli ebrei, non per voi, Maometto invece è stato mandato per tutti gli umani. La religione di Dio è l’Islam”. Un’ora di discorso, senza bere, né mangiare per nessuno, ma con la promessa di invitarle tutte, le ragazze, per una vacanza. E con l’omaggio del Corano e del Libro verde (nessun gioiellino, si sono lamentate alcune). Non si è neppure accennato al tema delle giornate romane, la fame nel mondo. Chissà , una delle seicento “girls” di Gheddafi salirà sulla “giostra” della Libia ? EDMONDO MONTALI 1968: L’AUTONNO CALDO DELLA PIRELLI LAURA LAUZZANA IL RESTO DEL GIORNO romanzo Il ruolo del sindacato nelle lotte operaie della Bicocca Casa editrice Ediesse, 2009, pagg. 309 Euro 18,00 Aliberti editore, 2009, pagg. 158 Euro 16,00 E cco un bel libro di “archeologia” sindacale. Un saggio sul ’68 visto dalla parte degli operai. E’ la storia dettagliata di un conflitto, che dura mesi nella grande fabbrica milanese, sul cottimo: che è salario ma anche fatica, ritmi e modi di produzione, organizzazione del lavoro. Nasce dalla rabbia e dall’insoddisfazione per le condizioni di reddito e di lavoro in “uno degli epicentri maggiori – scrive nel saggio introduttivo Carlo Grezzi, presidente della Fondazione Giuseppe Di Vittorio – del terremoto che in quegli anni ha cambiato l’Italia”. Tra scioperi di reparto più o meno “spontanei” (o “spintanei”, come li chiamavano gli attivisti della CGIL), la nascita e il ruolo dei CUB, poi gli scioperi di tutte le sigle sindacali, i cortei in centro della “tute grigie”, la “guerra del cottimo” finì con un accordo nel dicembre del ’68. Ma non finirono né le lotte, né lo spirito del “pirellini” e neppure la loro presenza emblematica nelle vicende sindacali di quegli anni: la sera del 28 aprile 1969 un lungo corteo di operai in sciopero trascinò dentro la Bicocca alcuni importanti “capi” sindacali e li portò, quasi di peso, alla mensa gremita di lavoratori dove si svolse la prima assemblea in fabbrica, allora assolutamente vietate in Italia. Assemblee poi riconosciute come diritto dallo Statuto dei lavoratori. Completa il libro un DVD realizzato da Angelo Ferranti: “Sindacalisti da marciapiede”. Un gruppo di operai, protagonisti di quegli anni, si confronta e ricostruisce fatti e stati d’animo, insieme all’allora direttore del personale. Sui marciapiedi del ’68 e su quelli di oggi si aggira Renzo Baricelli, lo “storico” dirigente della sezione Pirelli della CGIL. Anche lui, tra aule universitarie, istituti di ricerca, teatri, centri commerciali, multisale che oggi (disegnati dall’arch. Gregotti) hanno sostituito i reparti della fabbrica, un po’ incerto a ritrovare i pochissimi segni rimasti della vecchia Bicocca. LO SCAFFALE ENNIO SEVERINO FRAMMENTI DI CRONACA Edizioni m.i.e, n° 7, Bologna, agosto 2009 N on è un librone, neppure un libro in senso stretto, piuttosto – come scrive l’autore che abbiamo già avuto modo di conoscere su queste pagine – un opuscolo, dove “sono raccolti alcuni frammenti di un lungo viaggio di studio e di lavoro giornalistico”. Severino parte dalla stretta attualità, il G8 dell’Aquila : luci e ombre, annota da cronista, e , soprattutto, “formula superata che lascia fuori più della metà del mondo, un mondo che da sempre mostra diffidenza nei confronti di quello che ritiene un club ristretto e aristocratico”. Comunque il G8 “ha recato, con gli inevitabili fastidi, qualche beneficio a L’Aquila, a parte quella previsione che rimbalza da Berlusconi a Bertolaso, sulla consegna delle case (ovviamente provvisorie) ai ventimila rifugiati nelle tende della protezione civile”. E’ scettico il cronista osservatore del luglio scorso, ma anche al 29 settembre, compleanno del premier, le case consegnate ( e non provvisorie), risultano pochine. E l’inverno incombe. “Previsioni ballerine” annota ancora il cronista che non fa l’indovino ma conosce un po’ di mondo nostrano e giustamente non si fida (doveva ancora accadere il disastro di Messina con relative assicurazioni di case ricostruite e sicure “come all’Aquila”, chi vivrà vedrà). L’opuscolo non dimentica le elezioni del 2008, il ruolo di Franceschini, il voto europeo, “l’immagine dell’Italia” con il suo “regime strisciante”, il “giro di gente e incontri allegri”, “la politica cialtrona e canterina”, la lettera inviata da Severino a Napolitano e la cortese risposta del Presidente. Il cronista, casertano trapiantato nel bolognese, classe 1932, raccoglie infine echi lontani di quand’era ragazzo (“piccoli partigiani”), l’eccidio di via De Renzis a Sparanise, sua città natale, 35 concittadini fucilati di nazisti il 22 ottobre ‘43 , il sindaco di Firenze, La Pira, che nel ’62 occupa il Pignone. Frammenti , appunto, come lampi sulla storia che conta. 13 U n romanzo è una storia e tante storie che si intrecciano, si intersecano, percorsi personali sullo sfondo di una collettività, di una città , di un piccolo mondo con i suoi segreti, i suoi lampi di luce, i chiaroscuri della vita che attanagliano tutti. E , nella storia e tra le storie che si snodano nelle pagine, spicca la figura della protagonista, la Mara che in questo “romanzo che viene dal mare e al mare ritorna” (il lettore è subito attratto dalla definizione sull’ultima di copertina) si svela raccontandosi bambina “cresciuta in una famiglia troppo affollata e caotica per saziare il suo ostinato bisogno di essere accettata”, e poi fragile adolescente che, insofferente della vita in provincia, scappa nella grande città , per realizzare se stessa e vincere la sua personale sfida con il mondo , e infine donna, ormai matura , che sente il bisogno di tornare alle origini, e di mettere a confronto il suo anticonformismo, la ribellione dell’adolescenza, con i “valori antichi” mai dimenticati, ma mai così apprezzati come negli anni del ritorno a casa, nella sua Itaca, riconosciuta come essenziale alla sua vita e riconquistata con fatica da lei, novella Ulisse al femminile. Il trionfo della quotidianità, della “ lentezza del vivere” come valori che aiutano a “sopravvivere”, di fronte alle avversità. Dalle difficoltà, è il messaggio che trasmette la giovane autrice (nata a Udine, laurea in filosofia, esperienza di giornalista televisiva e della carta stampata in Italia e a New York, studi di antropologia sociale in Inghilterra e in Tanzania, esperta di dinamiche dell’immigrazione) si può uscire praticando l’eroismo semplice della normalità. “Mara aiutava a volte la zia a fare il bagno. Il corpo aveva una pelle bianchissima, quasi di latte, l’enorme seno era avvizzito dagli anni, e della lunga capigliatura di un tempo non erano che rimasti pochi capelli. Le mani erano ricoperte di grosse vene bluastre, e le unghie..”. IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 CC ome ormai sanno i lettori di questa rubrica, io sono un appassionato di science-fiction. Le mie prime letture di “Urania”, la collana della Mondadori che fece conoscere questo genere in Italia, risalgono agli anni cinquanta. Quanto ai film, non ne ho perso uno. Ho sempre ritenuto un capolavoro “L’invasione degli Ultracorpi”, di Don Siegel, del lontano 1956. Poi sono venuti “Alien”, di Ridley Scott, nel 1979, e “ Blade Runner”, sempre di Scott, nel 1982. E’ con la saga di “Guerre Stellari”, iniziata da George Lucas nel 1977, che la science-fiction cinematografica è uscita dal ghetto dei B-movie. Si può immaginare quindi come abbia accolto le parole con cui un grande di Hollywood, Steven Spielberg, ha definito “Avatar”: “Il film di fantascienza più suggestivo dai tempi di Star Wars”. Così, nell’attesa di vederlo su grande schermo, dato il ritardo con cui il lavoro di James Cameron è giunto in Italia, per Natale mi sono regalato altre pellicole. Di una parlerò in una successiva occasione: è lo Sherlock Holmes rivisitato dall’ex signor Madonna, Guy Ritchie. Non so se mi è piaciuto. Ci devo riflettere. Ero abituato all’investigatore creato da Conan Doyle e quello di Ritchie mi ha lasciato perplesso. Due altre pellicole sono state invece per me piacevoli conferme. La prima è “Whatever Works”, o “Basta che funzioni”, l’ultimo lavoro di Woody Allen. Un regista che nelle pellicole dell’esilio europeo non mi aveva soddisfatto del tutto. E’ stata quindi una piacevole sorpresa rivedere il nostro tornare alle origini. Non so se nel ripescare una sceneggiatura che era stata ideata molti anni or sono per Zero Mostel (altro mito) Allen abbia pensato di sciacquarla nell’acqua di un autore come Philip Roth. Il suo Boris Yelnikoff, (l’attore comico Larry David) già fisico ebreo di fama mondiale e ora uomo anziano intento a volersi lasciare alle spalle il passato, mi ha ricordato Nathan Zuckerman, l’alter ego di Roth, e il suo ritorno alla vita dopo un lungo auto- esilio. Con la vita, al sesso, elemento predominante sia nei libri CINEMA CHE PASSIONE DI NERI PAOLONI FRA ALLEN E I DUE COEN SCELGO PENELOPE CRUZ dell’autore del “Lamento di Portnoy”, sia nei film di Allen. Boris/Woody, ormai sconsolatamente consapevole delle carenze derivate dall’età e da un comico tentativo di suicidio che lo ha lasciato claudicante, raccoglie dalla strada Melody, una ragazzina di provincia affascinata dal mito di Manhattan, se la porta a casa, l’ospita per una notte, poi l’ospitalità si prolunga fino a diventare un matrimonio. Tutto andrebbe nel migliore dei modi per il vecchio genio se non comparisse Marietta, la madre della giovane Melody, che butta all’aria il nuovo equilibrio che Boris Yelikoff ha a fatica conquistato. Il che lo porterà ad un nuovo tentativo di suicidio, con lieto fine. Inutile raccontare le battute al vetriolo, i personaggi, i caratteri, i riferimenti alla sua (di Allen più che di Yelnikoff) sofferta incapacità di adattamento alla condizione di “anziano”. Il film va visto, non descritto. Un capolavoro? Non direi. Un bel film, certo. Come un bel film è senz’altro l’ultima opera dei fratelli Coen: “A Serious Man”, un onest’uomo. Larry Gopnick è anche lui un professore di fisica. Non è un genio, come Boris Yelnikoff, anzi. Insegna in un’università minore del Midwest (siamo nel 1967) e vive in un sobborgo urbano tutto casette a schiera e prati ben pettinati. E’ un uomo tranquillo con pochissime pretese. Aspirerebbe ad essere riconosciuto nella comunità di cui fa parte come quell’uomo serio e perbene che ritiene di essere. Ma gli vanno tutte male, anzi peggio, in famiglia e sul lavoro. Chiede un soccorso morale e spirituale a tre rabbini, ma ne ricava solo confuse sentenze e un richiamo ad un’ortodossia per lui senza senso. IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 14 Nel vuoto in cui precipita accetta, infine, la mazzetta di un allievo coreano che all’inizio aveva sdegnosamente rifiutato e ripiega su una triste normalità. Un film amaro, con uno strano prologo recitato in yiddish in un immaginario shetetl, un villaggio ebraico dell’antica Europa orientale. A ben vedere sia il film di Allen sia quello dei fratelli Coen raccontano due storie di emarginazione. Volontaria la prima di un uomo che vive male la sua vecchiaia e tenta la strada classica per sfuggirla, sposare una donna più giovane. Involontaria la seconda, di un uomo che non riesce, per sua assoluta incapacità più che per un sano scetticismo, inserirsi in quel mondo di regole, di religione e superstizione dal quale si sente emarginato e ritrovare il perduto equilibrio. Tutt’altra cosa è invece il terzo regalo che mi sono fatto. Un film che parla invece della capacità di reinserimento, di rinascita di un uomo, un regista famoso, che si era volontariamente auto escluso fino a rinnegare il proprio nome, dopo una grave disgrazia che lo aveva privato della donna che amava ed insieme della vista. E’ “Abbracci spezzati”, l’ultimo eccellente lavoro di Pedro Almodovar, con una fantastica Penelope Cruz (anche bionda) e un bravissimo Lluis Homar, nei panni del personaggio principale del film, Mateo Blanco. Nessuna o poche speranze, se non filtrate da un umorismo yiddish colmo di pessimismo in Allen e nei Coen. Una volontà di riprendersi la vita malgrado tutto in una storia molto mediterranea nel film di Almodovar. Quale dei tre mi è più piaciuto? Forse l’ultimo, anche per via di Penelope Cruz. Aspetto pareri. PENSIONATI, È L’0RA DEL VOLONTARIATO Caro Direttore, “Il pensionato non è un vuoto a perdere” di Maurizio Andriolo, pubblicato nel numero di novembre-dicembre del tuo periodico, richiama il clima vissuto alla cerimonia per i cinquant’anni di iscrizione all’Ordine di Roma. Negli interventi dei colleghi, salvo forse in quelli dei più brillanti, era palese il rimpianto e il desiderio di affermare la propria sopravvivenza professionale. Una voglia di non morire. Non presi la parola, ma scrissi una lettera a Bruno Tucci ed a Gianni Letta proponendo di avviare contatti fra i giornalisti prossimi al pensionamento e il mondo del volontariato. Ho apprezzato Gianni Letta, che, nonostante le diversità politiche, mi ha risposto calorosamente. C’è una stagione della vita in cui tutti dovremmo restituire alla società un poco di quanto ottenuto in termini di formazione, servizi sociali diversi e gratificazioni, in specie noi giornalisti, categoria privilegiata. Lo si potrebbe fare trasmettendo qualcosa ai giovani ed ai derelitti. Rodolfo Palieri LETTERE qualora aveste smarrito la parola di accesso e le istruzioni a suo tempo inviate a tutti i soci titolare della Cassa, per registrarsi nell’area riservata ai soci del sito www.casagit.it basta telefonare allo 0654883.237 o mandare una e-mail ad [email protected]. Con questa procedura potrai accedere a tutte le tue distinte di versamento e stamparle comodamente a casa o presso la Consulta qualora tu non disponga di un computer. In caso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate valgono solo gli originali ; in questo caso è sufficiente richiedere agli uffici Casagit di via Marocco 61, 00144, Roma, gli originali delle ricevute che hai inviato e queste ti verranno recapitate a casa entro due settimane, con il timbro che indica l’avvenuto rimborso totale o parziale, Daniele Cerrato Presidente Casagit ZITTI SU POLITICI E GIORNALISTI Sergio Carrozzoni. Non sono un patito dell’on. Silvio Berlusconi, nè peraltro degli on. Bersani, Bindi, Di Pietro, Casini ecc. Trovo tuttavia che l’organo dell’UNGP dovrebbe astenersi dall’esprimere giudizi pro o contro questo o quel politico o pro o contro questo o quel giornalista. Piero Sanavio NON DOVETE INDOTTRINARMI Mi associo al collega Sergio Carrozzoni che lamenta che la rivista dei pensionati stia diventando la palestra di esercizi polemico-politici, rivolti sempre, monotonamente, contro la stessa parte (Berlusconi, i suoi ministri, i giornalisti non politicamente corretti ma lo stesso discorso vale anche se gli strali fossero rivolti all’altra parte politica) e scritti quasi sempre dagli stessi colleghi. Vogliamo trasformare il bollettino di una categoria in un contenitore di dibattito politico più o meno fazioso? Pensate davvero che, alla nostra età, abbiamo bisogno di indottrinamento? Guido Paglia Non posso non associarmi a Torino Centro di solidarietà cristiana Allumiere P E N S I O N A T O CASAGIT RIDÀ GLI ORIGINALI Rispondo alla lettera di Giuseppe Prunai pubblicata sul numero precedente della rivista: In occasione della dichiarazione annuale dei Redditi, per la detrazione fiscale delle spese sanitarie sostenute ti confermiamo, come per altro, da te specificato nella lettera al giornale dell’UNGP. che è sufficiente esibire o la fotocopia delle fatture oppure, meglio ancora, la distinta di rimborso che la Casagit ti ha inviato dove è già evidenziato quanto “coperto” dalla Cassa e quanto a tuo carico. Se non le trovi puoi reperirle sul nostro sito – dopo esserti registrato. Con l’occasione rammento a tutti che Organo dell’Unione Nazionale Giornalisti Pensionati Sindacato di base della F.N.S.I. ORGANO DELL’UNIONE NAZIONALE GIORNALISTI PENSIONATI SINDACATO DI BASE DELLA F.N.S.I. REGISTRAZIONE PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA N. 565/98 DEL 30 NOVEMBRE 1998 Direttore responsabile Giuseppe Iselli Direzione e redazione in Roma (00186) Corso Vittorio Emanuele, 349 Tel. 06680081 - Fax 066871444 www.fnsi.it - E-mail: [email protected] La collaborazione è aperta a tutti i colleghi. La responsabilità delle opinioni espresse è dei singoli autori 15 U.N.G.P. Comitato Esecutivo Presidente: GIUSEPPE ISELLI Vicepresidenti: MASSIMO SIGNORETTI (vicario) ANTONIO DE VITO Segretario generale: MAURIZIO MENDIA Tesoriere: ROMANO BARTOLONI Consiglieri: PAOLO AQUARO, FRANCESCO BROZZU, CLAUDIO COJUTTI, DARIO DE LIBERATO, MAURO LANDO, GIUSEPPE PERUZZI Collegio revisori dei conti: MARIO PETRINA (presidente), GIACINTO BORELLI, VANNI CARISI, ENRICO COLAVITA, ENZO DE VIRGILIO, DOMENICO MARCOZZI, ROBERTO TAFANI FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GENNAIO 2010 DALLA SALLUSTIANA - ROMA IL GIORNALISTA | GENNAIO | FEBBRAIO | 2010 GRUPPI REGIONALI UNGP GRUPPO ABRUZZESE GRUPPO MARCHE Corso Vittorio Emanuele, 10 Tel. 085/4219299 65121 PESCARA Fax 085/4293019 Presidente: Oddone Fausto CELESTINI Vice Presidente: Giampiero PERROTTI Segretario: Nicola DI BONITO Via Leopardi 2 60122 ANCONA Presidente: Dario DE LIBERATO GRUPPO DELLA BASILICATA Via Mazzini 23/E 85100 POTENZA Presidente: Vittorio SABIA Tel. 0971/411439 Fax 0971/411439 Tel. 0965/810980 Fax 0965/327176 Tel. 081/7642332 Fax 081/7644746 Strada Maggiore 6 Tel. 051/239991-261750 40125 BOLOGNA Fax 051/228877 Presidente: Roberto MAZZANTI Vice Presidente: Paola RUBBI Segretario-Tesoriere: Arrigo MARTINO Via Gioacchino Toma 50/52 70125 BARI Presidente: Pasquale TEMPESTA Segretario: Giovanni PIGNATARO Tel. 080/5560318 080/5560817 Fax 080/5560817 Via Barone Rossi 29 09125 CAGLIARI Presidente: Gianni PERROTTI Vice Presidenti: Carmelo ALFONSO Segretario: Giovanni PUGGIONI Tel. 070/650359 Fax 070/653293 Via Francesco Crispi 286 90139 PALERMO Presidente: Orlando SCARLATA Vice Presidente: Mario PETRINA Segretario: Luigi TRIPISCIANO Tesoriere: Fausto GALATI Tel. 091/581001 Fax 091/6110447 GRUPPO TOSCANA GRUPPO FRIULI VENEZIA GIULIA Tel. 040/370371 Fax 040/370378 Via dei Medici 2 Tel. 055/2398358-213254 50123 FIRENZE Fax 055/210807 Presidente: Mario TALLI Segretario Tesoriere: Giuseppe PERUZZI GRUPPO TRENTINO ALTO ADIGE GRUPPO LAZIO Piazza della Torretta 36 Tel.06/68712556871103 00186 ROMA Fax 06/6871170 Presidente: Marcello ZERI Vice Pres.: Manuela CADRINGHER Segretario: Romano BARTOLONI Tesoriere: Franco INNOMINATI GRUPPO LIGURIA Via dei Vanga 22 Tel. 0471/971438 39100 BOLZANO Fax 0471/981192 Presidente: Giancarlo VINCENTI Vice Presidente: Gerd STAFFLER Segretario-Tesoriere: Ermanno HILPOLD GRUPPO UMBRIA Via del Macello, 55 06128 PERUGIA Presidente: Ciro PAGLIA Via Fieschi, 3 int. 26 Tel. 010/5657002 16121 GENOVA Fax 010/592063 Presidente: Gianclaudio BIANCHI Segretario-Tesoriere: Roberto TAFANI GRUPPO VALLE D'AOSTA GRUPPO LOMBARDIA GRUPPO VENETO Viale Montesanto 7 20124 MILANO Presidente: Gianfulvio BRUSCHETTI Segretario: Benito SICCHIERO Tesoriere: Giuseppe PIROVANO Tel. 011/5623373 Fax 011/539129 GRUPPO SICILIA GRUPPO EMILIA ROMAGNA Corso Italia 13 34121 TRIESTE Presidente: Tullio STABILE Vice Pres.: Dante di RAGOGNA Corso Stati Uniti 27 10128 TORINO Presidente: Elvio ROSSI Segretario: Claudio CERASUOLO Tesoriere: Roberto FRANCHINI GRUPPO SARDEGNA GRUPPO CAMPANIA Via Cappella Vecchia, 8/b 80121 NAPOLI Presidente: Ermanno CORSI Segretario: Sergio GALLO GRUPPO PIEMONTE GRUPPO PUGLIA GRUPPO CALABRIA Via Biagio Camagna, 28 89100 REGGIO CALABRIA Tel. 071/2077708 Fax 071/204210 Tel. 02/63751 Fax 02/6595842 Tel. 075/5733900 Fax 075/5728639 Via E. Aubert 51 Tel.0165/32673-365324 11100 AOSTA Fax 0165/32673 Presidente: Ezio BÉRARD Segretario: Daniele AMEDEO San Polo, Calle Pezzana 2162 Tel. 041/5242633 30125 VENEZIA Fax 041/710146 Presidente: Paolo ACCATTATIS Vice Presidente: Ermanno FERRIANI Segretario: Giancarlo BO Tesoriere: Vanni CARISI