Dicembre 2006 / Gennaio 2007 Periodico di informazione del Consiglio Direttivo dell’Unione Nazionale Imprese di Comunicazione unicom Anno V - N°20 IN QUESTO NUMERO: Comunicare il territorio. Sped. in Abb. postale 45% - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1 - FilialeI Padova dcB - A 2,00 In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio Postale di Padova Cmp detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa Un intervento del Presidente di Unicom, nel corso di una tavola rotonda nell’ambito del Grinzane Film Festival, analizza l’apporto che il cinema e la letteratura possono offrire ad un’efficace comunicazione del territorio. 10 E’ ancora attuale la U.S.P.? Unique Selling Proposition: un concetto nato negli anni ‘40 e ancora suIla bocca di molti pubblicitari. Siamo sicuri che sia ancora utile o, ai giorni nostri, è scarsamente utilizzabile. Il parere di Emanuele Gabardi. 12 Marketing sociale. E’ solo business o qualcosa di più? Un’intervista a Jacopo Fo sul valore etico del “social marketing”, tra diritti dei consumatori e opportunità per le imprese. 14 Anche lo spot diventa virale Angela D’Amelio esplora il fenomeno del “marketing epidemico” o “viral marketing” che usa la web community ed i blog per far parlare di un certo prodotto. Chi lo usa e come? E con quali implicazioni? 24 Etica e comunicazione Fino a qualche anno fa il termine etica rimaneva confinato nelle aule dei licei e delle università, nella saggistica per addetti ai lavori o nei sermoni di qualche predicatore. Da qualche tempo invece ne parlano più o meno tutti, così come, più o meno tutti, parlano di comunicazione. Spesso a sproposito. L’opinione di Gargamella. 26 EDITORIALE L’anno che verrà segnali di ripresa dell’attività produttiva che hanno caratterizzato l’ultimo trimestre del 2006 dovrebbero indurci ad un cauto ottimismo per l’anno che ci apprestiamo ad affrontare. Tuttavia permangono forti perplessità circa l’impatto che la Legge Finanziaria determinerà sul sistema delle imprese italiane ed in particolare sul nostro comparto. La complessità del testo non ci consente ancora di valutarne appieno gli effetti che alcuni immaginano devastanti, altri, tra i quali preferisco annoverarmi, prevedono comunque non particolarmente positivi. Indubbiamento l’impatto della crescente imposizione fiscale non sarà un toccasana per le imprese, così come la riduzione dei trasferimenti agli Enti Locali determinerà una contrazione degli investimenti in comunicazione di un comparto vitale per molte delle nostre imprese. Ma quello che potrebbe provocare le conseguenze più negative sull’andamento del nostro business sarà l‘influenza che la Finanziaria avrà sul sentiment degli imprenditori del nostro Paese. Non mi riferisco ai big spender - quelli continueranno ad essere tali - ma piuttosto a quei medi imprenditori che da qualche anno a questa parte, dopo aver toccato con mano i benefici effetti della comunicazione, stanno nuovamente mostrando disaffezione per l’investimento pubblicitario. Un altro provvedimento, non ancora definito, ma da tenere sott’occhio sarà la nuova legge sull’emittenza, il cosiddetto DDL Gentiloni, che sostituirà la Legge Gasparri (un provvedimento al quale a suo tempo non risparmiammo critiche severe). Se il testo dovesse essere approvato così come è stato proposto, costituirebbe indubbiamente un problema in più, poichè finirebbe - penalizzando le telepromozioni - per tagliar fuori definitivamente i medi investitori dall’accesso al mezzo televisivo. Queste imprese infatti non dirotterebbero i loro investimenti come ha sostenuto il Ministro - sulla stampa quotidiana o sulla piccola emittenza radiotelevisiva: una parte potrebbero venire impiegati in azioni tattiche, ma la maggior parte di queste risorse semplicemente non verrebbe utilizzata, con un danno rilevante per la competitività delle aziende stesse e per le imprese di comunicazione. Quanto poi all’influenza dell’evoluzione degli scenari politici generali, è francamente difficile formulare delle ipotesi: nessuno oggi può prevedere se l’esecutivo in carica potrà superare alcuni ostacoli che inevitabilmente troverà sul proprio cammino nei prossimi mesi, dovendosi impegnare su alcune riforme sulle quali, al di là delle dichiarazioni di buone intenzioni, non esiste omogeneità di pareri all’interno dello schieramento che sostiene il Governo. L’altro tema caldo è l’annunciato processo di aggregazione di forze politiche - sia a destra come a sinistra - in vista di una maggiore stabilità dei futuri esecutivi, che rischia di risultare, anzichè elemento portante dell’auspicata futura maggiore compattezza, motivo di un’immediata rottura delle attuali alleanze, con conseguenze negative sulla governabilità del Paese. A questo punto, credo sia doveroso impegnarsi al massimo, sperando che, come autorevolmente suggerisca Francesco Giavazzi sul Corriere del 5 gennaio, il Governo ci lasci lavorare. Il nostro sistema economico e imprenditoriale ha certamente le capacità e le risorse per risalire la china ed agganciare il treno della ripresa internazionale, ma deve poter operare senza ulteriori vincoli e senza troppe intromissioni da parte della politica. E poi, trovandoci all’inizio di un nuovo anno, nulla ci vieta di sperare che i molti auguri che ci siamo scambiati in questi ultimi giorni, vadano a buon fine. Prosit. I Lorenzo Strona - Presidente Unicom UNICOM SOMMARIO UNICOM • Unicom conferma il Presidente e rinnova il Consiglio Direttivo • Confcommercio International Notizie dalla Comunità Europea • Agenda d’Europa • Nuove associate • Convegni e incontri • Riconoscimenti e premi SCENARI • Finanziaria 2007. Poche luci molte ombre di Carlo Sangalli IL MESTIERE DI COMUNICARE • U.S.P.: attualità o roba da buttare? di Emanuele Gabardi • Comunicare il territorio tra cinema e letteratura di Lorenzo Strona 1 2 3 4 5 7 8 FORMAZIONE • Investire sul capitale umano di Francesco Ferro 10 RELAZIONI PUBBLICHE • L’uomo dell’anno ha fatto blog di Fiorella Passoni 12 SOCIAL MARKETING • Solo business o qualcosa in più intervista a Jacopo Fo a cura di Angela D’Amelio DIRITTO E COMUNICAZIONE • Tabacco e pubblicità di F. Malagoli 14 16 CREATIVITA’ • Buonaseeera creatività... di Renato Sarli 18 DIRECT MARKETING • 2007. La rivincita del Direct Marketing a cura di Poste Italiane ONLINE • Web 2.0. Evoluzione o rivoluzione di Angela D’Amelio • Anche lo spot diventa “virale” di Angela D’Amelio OPINIONI • Etica e comunicazione di Gargamella • Lo spettacolo non piace. Restituitecii soldi del biglietto di FM • Serendipity e comunicazione d’impresa di Biagio Vanacore LA POSTA • Società multietnica, multiculturalismo ed identità culturale di Gargamella INCONTRI • La poesia di Thomas Stearns Eliot LETTURE • Lev Manovich Il linguaggio dei nuovi media • Luigi Ferrari - Da target a partner 2 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 20 22 24 26 27 28 30 31 Unicom conferma il Presidente e rinnova il Consiglio Direttivo L’Assemblea Unicom convocata il 14 dicembre presso la Camera di Commercio di Milano, con all’ordine del giorno il rinnovo delle Cariche Sociali, alla presenza dei rappresentanti di 133 imprese associate, ha confermato Lorenzo Strona alla Presidenza dell’Associazione. E’ stato confermato anche il Vicepresidente Vicario Alessandro Colesanti, mentre Donatella Consolandi, Francesco Miscioscia e Biagio Vanacore, già membri del Consiglio Direttivo, sono stati nominati Vicepresidenti. Tra le altre conferme Nicola Bovoli, Angela D’Amelio, Giorgio Tramontini. I nuovi eletti sono Claudio Avallone (Comunicativa - Roma), Renato Camposano (Trilogia - MIlano), Federico Crespi (Federico Crespi & Associati - Sanremo), Francesco Ferro (Integra Solutions - Forlì), Renato Sarli (STP Verona), Rossella Tosto (Datacontact - Milano/Matera/Bari) ed Ivano Villani (Ad.Venture - Pescara). Antonio Acampora è il nuovo Responsabile del Centro Studi. Confermati il Direttore Paolo Romoli ed il Tesoriere Giuseppe Juma Jannelli. Il nuovo Consiglio Direttivo ha proposto in sede di candidatura un articolato programma di lavoro ispirato a continuità, concretezza, impegno e responsabilità ed incentrato su una serie di proposte pensate come supporto allo sviluppo delle imprese associate. In particolare nel prossimo biennio Unicom accentuerà l’impegno nell’area della formazione, sia di carattere specialistico (connessa alle aree di servizio rivolte direttamente ai clienti finali) che transcontestuale (volta a sviluppare abilità trasversali finalizzate al miglioramento della competitività delle imprese), al fine di fornire agli associati strumenti di conoscenza che possano implementare la propria offerta sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo. Verrà inoltre approntato in luogo dell’attuale sito, un nuovo portale con l’obiettivo di migliorare l’interattività e somministrare servizi per via telematica (e-learning incluso). Un ulteriore aspetto qualificante del programma di lavoro prevede un potenziamento del Centro Studi che sarà presto corredato di un osservatorio in grado di erogare un flusso di informazioni costante agli associati sulle più diverse tematiche di carattere professionale. Nel prossimo mese di maggio ricorrerà il trentesimo anniversario della costituzione dell’Associazione: sarà l’occasione per una serie di importanti eventi che coinvolgeranno gli associati, le istituzioni e l’intero mondo della comunicazione italiana. Dal punto di vista istituzionale Unicom rafforzerà la propria azione a tutela delle imprese di comunicazione con iniziative a livello nazionale e comunitario e si adopererà per promuovere un più stretto rapporto di collaborazione con le altre realtà associative del mondo della comunicazione. Per quanto riguarda l’internazionalizzazione è stata annunciata l’apertura di uno “sportello” a Bruxelles, grazie all’adesione a Confcommercio International, al fine di mettere a disposizione delle imprese aderenti un costante flusso di informazioni sull’evoluzione della legislazione europea in tema di comunicazione, sui bandi di gara internazionali e sulla possibilità di accesso ai fondi comunitari. Tra le altre iniziative in cantiere merita di essere segnalato il potenziamento de “L’Impresa di Comunicazione” sia in termini di foliazione che di diffusione, attualmente attestata su 7.800 copie. In particolare, a partire dal numero del prossimo marzo, la rivista verrà veicolata, oltre che agli operatori del settore della comunicazione d’impresa, ai responsabili della comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni (Ministeri, Regioni, Province, Comuni capoluogo) ed ad un file qualificato di potenziali clienti. Infine, a supporto del lavoro del Consiglio Direttivo, verrà costituito un Advisory Board, del quale faranno parte personalità di primo piano del mondo accademico, dell’impresa, della finanza, dell’economia e del giornalismo. Scopo dell’iniziativa è quello di migliorare la comprensione dei rilevanti fenomeni di cambiamento in corso al fine di elaborare ed attuare strategie in grado di ottimizzare l’efficienza e l’efficacia dell’attività di Unicom a supporto delle imprese associate. Lorenzo Strona - Presidente Unicom EDITORIALE • L’anno che verrà di Lorenzo Strona a cura di Paolo Romoli Confcommercio International Notizie dalla Comunità Europea Agenda d’Europa. Appuntamenti, incontri, avvenimenti Aiuti di stato per l’innovazione Il Quadro comunitario di riferimento sugli aiuti di Stato per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, approvato dalla Commissione europea il 22 novembre 2006, contempla, oltre gli aiuti alla ricerca di base e alla ricerca e allo sviluppo, anche gli aiuti per l’innovazione per processo e organizzativa nei servizi (cap 5.5). Oltre alle definizioni di: innovazione per processo e innovazione organizzativa, riprese dal Manuale di Oslo, il documento di lavoro enuncia anche le condizioni da rispettare per ricevere tali aiuti: • l’innovazione dell’organizzazione deve essere sempre legata all’uso e allo sfruttamento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) con l’obiettivo di cambiare l’organizzazione; • l’innovazione va formulata nel quadro di un progetto, dotato di un responsabile identificato e qualificato e con costi identificati; • il progetto sovvenzionato deve portare alla elaborazione di una norma, di un modello, di una metodologia o di un concetto commerciale, che si possa riprodurre in maniera sistematica e, ove possibile, omologare e depositare; • l’innovazione dei processi o della organizzazione comporta una novità o un sensibile miglioramento rispetto alla situazione del settore nella Comunità. La novità può essere dimostrata dagli Stati membri ad esempio sulla base di una descrizione dettagliata dell’innovazione, messa a confronto con le altre tecniche dei processi o dell’organizzazione attualmente utilizzate da altre imprese dello stesso settore; - il progetto d’innovazione dei processi o dell’organizzazione deve comportare un chiaro grado di rischio. Tale rischio potrebbe essere dimostrato dallo Stato membro ad esempio nei seguenti termini: i costi del progetto rispetto al fatturato dell’impresa, il tempo necessario per sviluppare il nuovo processo, i guadagni attesi dall’innovazione del processo rispetto ai costi del progetto, le probabilità d’insuccesso. I costi ammissibili sono gli stessi costi previsti per i progetti di ricerca e sviluppo, cosi’ come previsti al punto 5.1.4. Tuttavia, per l’innovazione organizzativa, i costi ammissibili per le apparecchiature ed i materiali comprendono esclusivamente i costi per le apparecchiature e il materiale informatico. I suddetti aiuti sono compatibili con le regole del mercato interno ai sensi dell’art.87, par. 3, punto c) del Trattato per un’intensità mas- Gennaio 2007 1° gennaio: Romania e Bulgaria aderiscono alla Ue - La Slovenia entra nella zona euro Insediamento dell’Agenzia per i diritti fondamentali - 20° anniversario di ERASMUS, programma di istruzione che incoraggia la mobilità degli studenti e dei professori a livello universitario attraverso l’Europa - L’Irlandese diventa la 21esima lingua ufficiale dell’Ue, cosi come il bulgaro e il rumeno; 10 gennaio: Presentazione del pacchetto energia - Rapporto finale dell’indagine settoriale sui mercati dell’energia - Libro verde sull’adattamento al cambiamento climatico. 12-14 gennaio: Avvio di un accordo di partenariato e di cooperazione con la Cina. 17 gennaio: Rapporto finale dell’indagine settoriale sulla concorrenza nel settore dell’attività bancaria al dettaglio; sima dell’aiuto del 15% per le grandi imprese, 25% per le medie imprese e 35% per le piccole imprese. Le grandi imprese possono beneficiare di questi aiuti solo se collaborano con PMI nell’ambito dell’attività sovvenzionata e quest’ultime supportano almeno il 30% dei costi ammissibili. Il Quadro comunitario di riferimento sugli aiuti di Stato per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione entrerà è reperibile al seguente indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/comm/ competition/state_aid/reform/rdi_en.pdf. Comunicare l’Europa Il 17 novembre, la Commissione Europea ha aperto un nuovo portale che rientra nelle varie iniziative destinate ad accrescere l’accessibilità del sito web Europa. Il sito http://ec.europa.eu/civil_service/index _fr.htm raggruppa informazioni precedentemente frammentate tra numerosi siti della Commissione. Esso propone inoltre nuove rubriche, come il ritratto di persone che lavorano per la Commissione. Le info presentate sono raggruppate in tre sezioni: la sezione «Chi siamo?» contiene informazioni sulla funzione pubblica, i testi adottati dalla Commissione. La seconda sezione: “Un’amministrazione moderna” offre al visitatore informazioni sulle specificità che fanno della Commissione un’amministrazione moderna ed efficace. La terza “Lavorare in Commissione” indica tutto ciò che occorre sapere sulle possibilità di occupazione e i vari tipi di contratti proposti dalla Commissione. Il sito propone altresì una sezione “Pubblici specifici” che centralizza le informazioni destinate a gruppi specifici come i funzionari dei servizi pubblici nazionali o le persone che desiderano lavorare per un’istituzione dell’Ue. Per il momento il sito è redatto in francese, inglese e tedesco. Dal 2007, sarà disponibile nella maggior parte delle lingue ufficiali Ue. Le previsioni dell’OCSE L’OCSE ha pubblicato a novembre le sue prospettive economiche in cui analizza i grandi trend che segneranno i prossimi due anni ed esamina le politiche economiche richieste per favorire una crescita forte e sostenibile nei paesi membri. Link: http://www.oecdbookshop.org/oecd/di splay.asp?lang=EN&sf1=identifiers&st1=1 22006032e1 Altre iniziative: Nuova proposta legislativa che modifica il quadro regolamentare per le reti e servizi di telecomunicazioni elettroniche. Febbraio 2007 7-8 febbraio: Conferenza di chiusura della settimana sulla Mobilità - Primi inviti a presentare proposte per l’energia e il trasporto nell’ambito del 7° programma quadro di ricerca dell’Ue; 16 febbraio: Previsioni economiche interinali - Comunicazione sul protocollo di Kioto. Marzo 2007 3 marzo: Avvio del Programma Cultura: conferenza a Bruxelles con tutte le parti interessate; 6-8 marzo: Conferenza a Bruxelles sui cambiamenti economici nelle regioni; 7-8 marzo: Iniziative sull’Innovazione 8-9 marzo: Consiglio europeo a Bruxelles (argomento principale: il piano d’azione per una politica comune europea dell’energia); 19-21 marzo: Conferenza a Milano su Trasporto e Ambiente: “Una sfida per l’Europa e il mondo”; 21-24 marzo: Quinta conferenza a Siviglia sullo sviluppo sostenibile delle città; 25 marzo: Commemorazione del Trattato di Roma nei vari Stati membri - Vertice europeo straordinario a Berlino - Dichiarazione politica sul futuro dell’Europa. Altre iniziative: Comunicazione sulla lotta contro la cibercriminalità - Comunicazione sullo spazio europeo della ricerca (nuovi orizzonti e prospettive) 3 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 UNICOM A cura di Paolo Romoli Un benvenuto alle nuove associate Il Consiglio Direttivo Unicom ha accolto le domande di ammissione di due nuove Imprese alle quali diamo anche in questa sede un caloroso benvenuto: BLUE COMMUNICATION CONSULTING (Giorgio Maresca) Comunicazione di impresa a 360° 00186 Roma – Lungotevere degli Altoviti, 1 Tel. 0645435103 / 0645435319 Fax 0645435325 - www.blue-cc.it GRUPPO ICAT (Claudio Capovilla) Impresa di comunicazione integrata a 360° 35127 Padova (PD) - Via dell’Artigianato, 6 Tel. 0498703296 - Fax 0498703295 [email protected] - www.gruppoicat.com L’elenco completo ed aggiornato delle Associate Unicom è reperibile sul sito: www.unicom-mi.org Riconoscimenti e Premi Segnaliamo anche in questa sede nuovi prestigiosi riconoscimenti recentemente attribuiti ad Imprese nostre associate. EUROPEAN BEST EVENT AWARD 3° premio: Unica (San Marino/RM) Campagna Rimini Wellness. GRAND PRIX PROMOTIONAL MARKETING Argento - Cat. Business to Business: Besanopoli (MI) - S. Pellegrino EPICA 2006 Oro - Cat. Film: Leo Burnett (MI/RM) - Aqualtis di Ariston Argento - Cat. Stampa: Leo Burnett (MI/RM) - Nintendo Ds 37° KEY AWARD 1° Premio Cat. Trasporti e Premio Speciale Kodak: Leo Burnett (MI/RM) - Fiat Auto EUROBEST 2006 Oro - Cat. Tv/Cinema: Leo Burnett (MI/RM) - Aqualtis di Ariston. Oro - Cat. Print: Leo Burnett (MI/RM) - Nintendo Ds 4 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 Brevi di cronaca, incontri, convegni Strona al Grinzane Film Festival Nel contesto della prestigiosa manifestazione che, ancora una volta è stata caratterizzata da una grande partecipazione di pubblico, il Presidente di Unicom Lorenzo Strona è intervenuto sul tema “Comunicare il territorio: tra cinema e letteratura”, nel contesto di un tavola rotonda alla quale hanno partecipato anche l’Assessore al Turismo della Regione Piemonte Giuliana Manica, il critico cinematografico Steve della Casa e Stefania Belmondo, campionessa olimpica e testimonial della Regione per le attività sportive. La trascrizione dell’intervento di Strona, particolarmente apprezzato, è riportato a pag.8 di questo numero de “L’Impresa di Comunicazione”. Il Corso Media del Centro Studi Unicom Ha avuto luogo dal 7 al 9 Novembre a Milano la sesta edizione del Corso Media di Base organizzato dal Centro Studi Unicom in collaborazione con Media Consultants, riservato a collaboratori e titolari delle imprese aderenti all’Associazione. Il ripetersi del corso per sei anni consecutivi è la dimostrazione più evidente della sua utilità e dell’apprezzamento - molto alto anche esplicitamente confermato da tutti i partecipanti nella rilevazione della customer satisfaction. Seguirà nei prossimi mesi - come in tutte le edizioni precedenti - la sesta edizione di un Corso Media Avanzato cui possono intervenire partecipanti e non al precedente Corso di Base. Il Road-show di presentazione della Ricerca Unicom sui Prodotti tipici La Ricerca “La Comunicazione dei Prodotti Tipici in Italia” commissionata da Unicom e Unioncamere continua a riscuotere crescente interesse presso gli operatori del settore agroalimentare d’eccellenza e della comunicazione. Per questo Unicom ha predisposto un vero e proprio roadshow presso le Camere di Commercio e le sedi delle Amministrazioni dei comprensori più interessati a valorizzare il proprio patrimonio di prodotti tipici. Dopo la prima presentazione avvenuta a Milano il 12 Giugno 2006 con la partecipazione del Presidente Unicom Lorenzo Strona e del Presidente di Unioncamere Carlo Sangalli, nonché le successive presentazioni effettuate a Pescara (3.10), a Cuneo (6.10), a Latina (19.10), a Rimini (21.10) ed a Treviso (9.11). Ulteriori presentazioni si sono svolte: A Modena il 24 novembre in occasione dell’inaugurazione della manifestazione “La Buona Tavola”, con la pertecipazione del Presidente di Unicom Lorenzo Strona e di Donatella Consolandi, Responsabile del Centro Studi Unicom, di Stefano Prampolini, Assessore Attività Economiche del Comune di Modena, di Graziano Poggioli Assessore provinciale all’Agricoltura e Alimentazione, di Alberto Mantovani, Presidente della Camera di Commercio, di Mauro Martini, Presidente Terziario Servizi Ascom, nonché titolare della nostra Associata Tris e di Tiziana Palmieri, Responsabile Business Unit Mail di Poste Italiane. A Frosinone il 28 novembre presso la Sede della Camera di Commercio, con la partecipazione del Vicepresidente Unicom Giorgio Bonifazi, del consigliere Biagio Vanacore, di Francesco De Angelis, Assessore alla Piccola e Media Impresa, di Daniela Valentini, Assessore all’Agricoltura della Regione Lazio, di Mario Popolla, Segretario Generale CCIAA Frosinone. A Imperia il 7dicembre presso la locale Camera di Commercio, con la partecipazione di Giovanni Danio Presidente CCIAA di Imperia, di Giancarlo Cassini, Assessore all’Agricoltura Regione Liguria, di Gianni Giuliano Presidente della Provincia di Imperia, di Lorenzo Strona e Alessandro Colesanti, rispettivamente Presidente e Vicepresidente di Unicom. Su Rai Educational il 30 Ottobre Rossella Tosto, Vicepresidente di DataContact, l’Istituto associato Unicom che ha condotto la ricerca, ha commentato i dati salienti della ricerca partecipando al Talk Show sui “Sapori della Terra” trasmesso venerdì 30 Ottobre su Rai Educational. Su Rai2 il 19 Novembre La ricerca sui Prodotti Tipici è stata presentata, su iniziativa ed a cura della redazione del programma (segno evidente dell’interesse suscitato dalla ricerca), anche su Raidue nel programma Eat Parade di Domenica 19.11 alle ore 18.45 (2 milioni e 100.000 spettatori), con replica Martedì 21.11 alle ore 10. SCENARI Finanziaria 2007. Poche luci, molte ombre. Il Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli fa il punto sulla Legge Finanziaria e sui risultati dell’azione della Confederazione volta a mitigarne gli aspetti più punitivi per le imprese del terziario. Carlo Sangalli - Presidente di Confcommercio E’ giunto il momento del bilancio finale sulla Finanziaria. Un bilancio dei contenuti della manovra, ma soprattutto dei risultati della nostra azione di mobilitazione, di protesta e di proposta. E il nostro giudizio complessivo, che avevamo riassunto nella formula “Una finanziaria da cancellare”, slogan della manifestazione del 14 novembre scorso, è rimasto immutato. Per due grossi errori di fondo. Il primo è di metodo, perché ci troviamo di fronte ad una manovra profondamente segnata da un deficit di confronto con le rappresentanze dell’impresa diffusa e dell’economia reale del Paese e viziata da una concertazione miope con sindacati e Confindustria. Ora, non intendo certamente mettere in dubbio l’importanza e la rappresentatività degli uni e dell’altra, ma l’esclusione di realtà importanti, come la nostra, è sempre sbagliata. E si è visto, invece, con la firma del protocollo sugli studi di settore che una maggiore apertura e un cambiamento nel metodo della trattativa ha portato in breve a buoni risultati. Il secondo errore riguarda il merito: si tratta di una manovra di 35 miliardi di euro che, nonostante i circa 20 miliardi di euro formalmente stanziati per sostenere lo sviluppo, si affida alla logica del ricorso alle entrate aggiuntive, alle maggiori tasse, all’aumento della pressione fiscale e contributiva piuttosto che sui risparmi di spesa. Con il risultato, alla fine, di penalizzare in particolare il lavoro autonomo ed il terziario. Per questo, assumono oggi ancora maggior valore le tante iniziative sviluppate a livello territoriale e di settore per far valere le buone ragioni delle imprese dei servizi. E per questo, sento il dovere di ringraziare tutto il nostro sistema organizzativo ed associativo per l’impegno messo in campo in questi mesi. Un impegno forte per tutelare e promuovere gli interessi delle imprese e degli imprenditori che rappresentiamo, facendoli coniugare con un’analisi ed una proposta capace di interpretare anche gli interessi generali del Paese. E facendo un rapido “excursus” sui frutti di questa azione, che nel loro complesso hanno contribuito a ridisegnare il profilo generale della manovra finanziaria ora meno “disattento” e più rispettoso nei confronti delle nostre imprese, vorrei innanzitutto segnalare il “ravvedimento” del Governo su alcune impostazioni originarie della finanziaria: la cancellazione dell’ipotesi di reintrodurre la tassa di soggiorno, l’esclusione dal conferi- mento all’INPS dei flussi maturandi del Tfr inoptato almeno per le aziende fino a 49 addetti, la gradualità dell’aumento della contribuzione per gli apprendisti per le aziende fino a 9 addetti o lo scampato aumento fino al 300% dei canoni demaniali, l’applicazione anche al terziario delle misure di riduzione del cuneo fiscale e contributivo, sia pure con il limite strutturale del loro riferimento ai soli rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Sugli studi di settore ho già evidenziato come il nuovo Protocollo d’intesa in materia ne abbia confermato il carattere di esperienza partecipata dalle categorie economiche, ma è stato anche rafforzato il principio della selettività degli studi, cioè la loro capacità di leggere in maniera diversificata, anche a livello territoriale, l’andamento dei costi e dei ricavi dell’attività d’impresa, evitando così di trasformare questo strumento in una sorta di minimum tax. Ancora, è stato mitigato l’apparato sanzionatorio rafforzando, parallelamente, le garanzie per i contribuenti congrui e coerenti e tutelando il contraddittorio tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria. Sempre in materia fiscale sono stati raggiunti altri importanti risultati come il collegamento tra il passaggio alla trasmissione telematica dei corrispettivi e la caduta della valenza fiscale dello scontrino, la franchigia fino a 5 metri quadri per la tassa sulle insegne, il blocco, per il 2007, del passaggio da tassa a tariffa in materia di gestione dei rifiuti urbani. Alcune misure in materia di incentivi e accesso al credito interessano poi i nostri settori: lo stanziamento di 144 milioni di euro per la riqualificazione delle strutture alberghiere, la dotazione di 110 milioni di euro per il Fondo nazionale di cofinanziamento degli interventi regionali per il commercio e per il turismo, il rifinanziamento per un importo pari a 70 milioni dei fondi di garanzia delle società finanziarie promosse dai consorzi fidi. Ecco, ho cercato di tracciare un rapido quadro delle “luci” e delle “ombre” della manovra finanziaria, evidenziando gli aspetti più significativi per i nostri settori di rappresentanza. E se le “ombre” – tra le quali non possiamo dimenticare l’immotivato aumento dei contributi previdenziali per gli iscritti alla gestione commercio presso l’INPS - superano ampiamente le “luci”, queste ultime meritano un’attenzione particolare proprio perché sono il risultato dell’azione sviluppata dal sistema confederale, ad ogni livello ed in ogni ruolo. Secondo quella logica di squadra e di rendicontabilità dell’azione politico-sindacale, che abbiamo tutti posto al centro di una rinnovata stagione della Confederazione e che abbiamo costantemente cercato di praticare nel corso dell’anno appena chiuso, un anno difficile e, insieme, straordinario. Carlo Sangalli Presidente Confcommercio 5 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 IL MESTIERE DI COMUNICARE U.S.P. Un concetto attuale o roba da buttare? Unique Selling Proposition: un concetto nato alla fine degli anni ’40 e ancora sulla bocca di molti pubblicitari. Ma siamo sicuri che sia ancora utile o che invece si tratti di un’idea fortunata per quei tempi ma scarsamente utilizzabile ai giorni nostri? Lo U.S.P. o Unique Selling Proposition (unica proposizione di vendita) fu concepito da Rosser Reeves e fece la fortuna dell’agenzia Ted Bates, della quale Reeves era uno dei soci. Il concetto fu poi ripreso da numerose agenzie. Il libro nel quale Reeves descrisse lo U.S.P., “Reality in Advertising”, uscito nel 1961, fu un best seller dell’epoca e venne tradotto in numerose lingue. La Etas Kompass nel 1963 pubblicò la prima edizione italiana. Cinque anni prima Einaudi, editore sensibile ai nuovi fenomeni sociali che nascevano al di là dell’Oceano, pubblicò quello che può essere considerato l’antenato del “No Logo” di Naomi Klein, quel “I persuasori occulti” di Vance Packard, che creò il mito del pubblicitario creatore di falsi miti (mi si perdoni il bisticcio di parole). La seconda edizione italiana del libro di Reeves nacque per i tipi di Lupetti, ma con un titolo estremamente deviante: “I miti di Madison Avenue”. Madison Avenue, per chi non lo sapesse, è la strada di New York famosa per la concentrazione di agenzie pubblicitarie. Lo U.S.P. nacque in una di quelle agenzie, proprio come il concetto di brand image trovò nello stesso periodo il suo artefice in un’altra (Ogilvy&Mather), o come, pochi anni dopo, la DDB, sotto la direzione creativa di Bill Bernbach, rivoluzionò il modo di fare pubblicità. Il titolo dell’edizione tedesca del libro “Werbung ohne Mythos” (pubblicità senza miti) è invece molto vicino a quello che Reeves esprimeva. Esistono infatti due correnti di pensiero dicotomiche sulla pubblicità: c’è chi la ritiene una scienza e chi la considera un’arte. Reeves fu un deciso sostenitore della prima, mentre Bill Bernbach, si dichiarò palesemente a favore della seconda in una sua frase più volte citata: “Vi diffido dal pensare che la pubblicità sia una scienza” . Ma torniamo allo U.S.P. Cosa scriveva Reeves a proposito? 1. Ogni avviso pubblicitario deve offrire qualcosa al consumatore. Non soltanto parole, non soltanto lodi esagerate sul prodotto, non una semplice pubblicità da vetrina. Ogni avviso deve dire al lettore: “Compera questo prodotto e otterrai questo specifico vantaggio``. 2. L’offerta deve essere tale che la concorrenza non proponga o non possa proporne al consumatore una uguale. Deve essere esclusiva: vale a dire deve trattarsi di una singolarità del prodotto, o di un’affermazione che non venga altrimenti usata nella pubblicità, in quel particolare campo. 3. L’offerta deve essere così forte da far muovere la massa. Vale a dire, deve attirare al vostro prodotto nuovi consumatori. Prima osservazione: quando l’autore formulò il suo pensiero l’offerta di prodotti era molto più limitata rispetto ai giorni nostri. E le differenze tra un prodotto e l’altro erano più marcate. Oggi è difficile essere realmente innovativi, non perché non sia possibile esserlo, ma perché la tecnologia permette di copiare quello che produce un concorrente con grande rapidità, magari apportando anche dei miglioramenti. Ed anche i positioning e perfino i trattamenti creativi si riescono a copiare, quando addirittura non si risponde ad una provocazione diretta con un’altra, ispirata alla campagna del concorrente (vedi alcuni spot della telefonia). sarebbero fatto dello U.S.P. i creativi che hanno ideato la serie di spot dei sigari Hamlet, o quelli dello spot 1984 della Apple? Dov’è lo U.S.P. in queste e altre formidabili campagne? Lo U.S.P. lo possiedono in realtà ben poche marche. Uno dei rari esempi che mi viene in mente è quello di Ideal Standard: è l’unica azienda che, in Italia, offra tutte le tipologie di prodotto che servono a costruire un bagno. Non c’è nessun altro che produca sanitari, rubinetti, accessori, vasche e box doccia. Se non è un U.S.P. questo… Il fatto che poi l’azienda non lo utilizzi è una sua libera scelta e probabilmente non è neppure un caso. Un altro esempio è Melinda, pubblicizzata come l’unica mela D.O.P. Peccato (per lei) che anche la mela della Valtellina e quella dell’Alto Adige stiano per avere lo stesso riconoscimento. Potrà sempre dire d’essere stata la prima ad ottenerlo, ma si tratterebbe di un messaggio di ben altro valore rispetto a quello attuale. L’acqua minerale Norda afferma la sua superiorità perché nasce ad un’altezza superiore rispetto a quella di tutti i concorrenti (payoff: “Così in alto nessuna!”). Non so quanto questo sia un vantaggio concreto per i consumatori, ma probabilmente verrà percepito come una garanzia di maggiore purezza e sicuramente sposa i primi due principi enunciati da Reeves per poter essere considerato uno U.S.P. Il problema è che ancor oggi molti addetti ai lavori del Belpaese confondono lo U.S.P. con il main benefit o la main promise o come preferite chiamarlo. E quindi, secondo loro, per un biscotto qualsiasi lo U.S.P. potrebbe essere la bontà e per un dentifricio il fatto che renda un sorriso smagliante. Cose che possono promettere tutti e che quindi non costituiscono nulla di esclusivo. Ideal Standard, Melinda e Norda possiedono, almeno al momento, un reale U.S.P. Ma, naturalmente, sono delle eccezioni. Negli altri casi, quando sento parlare di U.S.P., tolgo la sicura al mio revolver. Emanuele Gabardi [email protected] Seconda osservazione: il concetto di prodotto è sostanzialmente superato. Oggi si parla di marche. E si parla di emotional branding. Le marche comunicano con linguaggi e codici sempre meno legati alla razionalità che le imbavaglierebbe, impedendo loro di creare quel rapporto simbiotico sempre più necessario tra marca e consumatore. Terza osservazione: utilizzando lo U.S.P. la maggior parte delle migliori campagne pubblicitarie non sarebbe mai nata. Cosa se ne 7 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 IL MESTIERE DI COMUNICARE Comunicare il territorio. Tra cinema e letteratura Nell’ambito del Grinzane Film Festival, si è svolta una tavola rotonda sul tema: “Comunicare il territorio. Le opportunità offerte da cinema e letteratura” alla quale ha partecipato il Presidente di Unicom. Riportiamo la trascrizione del suo intervento. Il termine "comunicazione" è oggi uno dei più abusati. Tutto è comunicazione. Ragion per cui - per evitare fraintendimenti nell'affrontare il tema proposto - mi sforzerò di utilizzare quest'espressione intendendo esclusivamente la comunicazione finalizzata a conseguire uno scopo, a sollecitare un comportamento conseguente, come avviene, ad esempio, nella comunicazione pubblicitaria, che trova la sua motivazione nel promuovere la vendita di un prodotto, o nella comunicazione politica che si propone di acquisire un consenso che si traduca in una scelta di campo o in un voto, lasciando da parte quelle modalità di comunicazione - quali, ad esempio, l'informazione veicolata tramite i media - che esauriscono la loro funzione nel trasferimento di una notizia, di un concetto, di un pensiero, per dirla con Valclavitz, dall'emittente al ricevente. Quando ci si trova alle prese con la necessità di attribuire, notorietà, credibilità o appetibilità ad un prodotto, di regola si procede secondo un percorso definito da alcuni passaggi obbligati: dobbiamo innanzitutto individuare il punto di forza del prodotto stesso, in termini tecnici la cosiddetta "reason why", cioè la motivazione in grado di indurre il potenziale utente a scegliere proprio quel prodotto. Dobbiamo quindi definire il profilo dell'utente tipo (inutile tentare di vendere frigoriferi agli eschimesi), per passare poi a scegliere i mezzi e le modalità espressive più adeguate, ad esempio un linguaggio compatibile con il profilo culturale di quello che riteniamo di aver individuato come nostro target di riferimento. Il territorio. Un “prodotto” atipico Tutto questo, tuttavia, non è necessariamente sempre vero quando parliamo di co- 8 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 municazione del territorio. Se infatti assumessimo come riferimento il territorio piemontese, ci troveremmo al cospetto non di uno, ma di un numero imprecisato, e certamente rilevante, di punti di forza e - di conseguenza - ad una vasta gamma di profili di utenti potenziali. Avremo quindi la necessità di adottare linguaggi diversi, oltre naturalmente ad un mix articolato di mezzi di comunicazione. Potremmo quindi affermare che la comunicazione del territorio si configura come un problema "complesso" - nel senso epistemologico del termine - cioè un problema che può essere affrontato solo con un approccio di carattere multidisciplinare. E questa affermazione, di per sé, costituisce una prima risposta al quesito dal quale si origina l’evento odierno: a mio avviso cinema e letteratura possono avere un ruolo non secondario o, in taluni casi, addirittura fondamentale, nel processo di comunicazione del territorio. Se volessimo infatti fare riferimento, invece che all'esempio del Piemonte - che propone una vastissima gamma di eccellenze, tutte quante in grado di costituire una reason why efficace - a territori che propongono come esclusivo punto di forza la suggestione del paesaggio, allora addirittura potremmo sostenere che il cinema sarebbe in grado di assolvere pressochè esaustivamente alla funzione di mezzo portante di una comunicazione efficace. Gli esempi certamente non mancano. Quanti turisti, provenienti dai più remoti angoli del mondo, visitano annualmente la Monument Valley in Arizona, nonostante che, a mia conoscenza, la comunità dei Navajos non abbia mai promosso iniziative di comunicazione o campagne pubblicitarie? Chi visita quei luo- ghi arriva a destinazione avendo negli occhi le indimenticabili immagini del cinema di John Ford e dei suoi innumerevoli epigoni. Un altro esempio. La città di Matera, è un luogo straordinario, che ha sempre beneficiato di un discreto flusso di turisti attratti da una molteplicità di motivi di interesse. Ma il turismo di massa, soprattutto di provenienza americana, l'ha presa d'assalto, colpito e suggestionato dalle immagini proposte da "La Passione di Cristo" di Mel Gibson. La letteratura. Suggestioni profonde che lasciano il segno Un discorso analogo, ma per alcuni versi differente, vale per la letteratura. Quale motivazione spingeva, nell'ottocento, i giovani aristocratici ed i rampolli delle ricche famiglie borghesi inglesi e mitteleuropee, a completare il proprio percorso formativo effettuando il cosiddetto "grand tour" in Italia, se non la suggestione indotta dalla lettura di Stendhal, di Goethe, di Byron e dei molti altri scrittori che nelle loro pagine hanno testimoniato la loro ammirazione ed il loro rapimento al cospetto delle bellezze d'Italia? Ma ho fatto cenno ad una differenza tra le due modalità espressive: io ritengo infatti che, mentre il cinema coinvolge e convince soprattutto quando propone immagini suggestive, la letteratura riesce a conquistare e ad appassionare anche quando non concede nulla all'oleografia. Dico questo rifacendomi ad una mia personale e diretta esperienza. Quarant'anni orsono - avevo diciott'anni allora - scoprivo, nelle pagine di Pavese, Fenoglio, Nuto Revelli, quello straordinario territorio che è la Langa. Eppure nelle pagine della "Malora", de "La luna e i falò" o del "Mondo dei vinti", si rappresentava una realtà dura di quotidiana sofferenza, si descriveva una terra matrigna più che madre amorevole, si evocava un ambiente in cui la "fatica di vivere" era realtà diffusa. Ma, ciononostante, quelle letture mi indussero allora a visitare quelle terre. Ed il visitarle me ne fece innamorare ed è un innamoramento che dura tutt'ora. Cinema, letteratura e talento creativo Voglio portare un ultimo esempio, ad ulteriore sostegno della tesi dell'importanza del ruolo di cinema e letteratura nella promozione e nella valorizzazione del territorio. In questa terra, che è la mia terra, voglio ricordare un personaggio caro a tutti i piemontesi, del quale in questi giorni si commemora il centenario della nascita: l'indimenticabile Mario Soldati, letterato e uomo di cinema. Nel lontano '57, affrontando il titanico impegno di comunicare il territorio e le sue valenze, con mezzi approssimativi, se raf- frontati a quelli di oggi (come ricorda Bruno Gambarotta nel breve saggio introduttivo al volume "Amori Miei", che nelle scorse settimane La Stampa ha voluto dedicare al suo grande ed indimenticato collaboratore), Soldati, non si limitò ad inventare uno straordinario format di comunicazione, ma mise in campo, oltre al talento ed alla cultura tecnica di uomo di cinema e di letteratura, qualcosa di più. Quel "Viaggio lungo il corso del Po, alla ricerca dei cibi genuini", del quale ho avuto la fortuna di rivedere qualche tempo fa un paio di puntate, riproposte da un canale satellitare RAI, mostra chiaramente che il talento creativo e la grande passione per il proprio lavoro e per una terra che amava, furono i presupposti dai quali scaturì un vero e proprio capolavoro ed un'esemplare operazione di promozione del territorio. Con qualcosa in più: mi sono chiesto infatti quali ragioni indussero l'autore a scegliere quel titolo. Perchè mai Soldati volle parlare di "cibi genuini", in tempi in cui le sofisticazioni alimentari non avevano ancora fatto la loro comparsa, il vino al metanolo era di là da venire e la genuinità dei cibi era fuori discussione? Io suppongo - ma si tratta di una mia illazione - che la scelta di usare quell'aggettivo fosse volta a nobilitare l'atto del cibarsi, del nutrirsi, ma al tempo stesso a non offendere la sensibilità dei molti che in quegli anni, in Italia, avevano il problema di alimentarsi a sufficienza, piuttosto che velleità di andare alla ricerca di raffinatezze e prelibatezze da gourmet. Comunicare con la mente e con il cuore Dico questo per sostenere che il mestiere di comunicatore non si concilia con la superficialità o l'approssimazione, ma deve muovere da solide basi di cultura e conoscenza ed alimentarsi di passione e senso di responsabilità, soprattutto in un momento come questo, in cui il consumatore/utente modifica sensibilmente i suoi comportamenti, diventando sempre più attento e consapevole, ed il consumo stesso tende ad assumere sempre più i connotati dell’esperienza cognitiva. Anche per questo il cinema e la letteratura possono costituire elementi fondamentali di una comunicazione del territorio efficace e non effimera: poiché queste modalità espressive sono il frutto di atti creativi che si originano da un moto dell'anima al quale non possono mai essere estranee pulsioni profonde, quali la passione, l'entusiasmo o, talvolta, perfino l'amore. Lorenzo Strona Stresa - 4/12/2006 9 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 FORMAZIONE Investire sul capitale umano per migliorare la competitività Una gestione strategica delle risorse umane è la chiave di vantaggio competitivo per un’organizzazione. Per questo, occorre dare maggiore spazio ai servizi volti all’evoluzione personale dei collaboratori. Negli ultimi anni si è assistito ad un significativo sviluppo dei servizi rivolti all'evoluzione personale. La formazione tradizionale ha lasciato spazio a nuove soluzioni specialistiche e orientate ad un approccio individuale nei confronti dei destinatari. Le organizzazioni moderne manifestano bisogni assai complessi, spostando l'attenzione dall’area comportamentale a quella soggettiva dell'esperienza lavorativa e delle dinamiche che riguardano le organizzazioni. I primi a porre l’accento sul legame tra vantaggio competitivo e capitale umano sono stati Porter (1980) e Pfeffer (1998), che hanno portato l’attenzione sulle risorse immateriali di un’organizzazione, prima fra tutte l’individuo portatore di conoscenza ed espressione delle sue competenze, delle sue attitudini e dei suoi valori. Alla luce di queste nuove prospettive la funzione Risorse Umane ha acquisito un orientamento spiccatamente strategico, concentrandosi maggiormente sull’allineamento tra competenze, motivazione e aspettative dell’organizzazione, piuttosto che sugli elementi tradizionali amministrativi e gestionali. Il capitale umano e quello intellettuale sono oramai considerati una risorsa critica al pari di quelle tecnologiche, economiche e finanziarie, poiché sono i primi, capitale “intangibile”, che più di ogni altro generano competitività, consentendo alle organizzazioni moderne l’adeguamento alle evoluzioni del mercato. Recruitment e Selezione Il recruitment (la ricerca e dell’attrazione dei candidati) e la selezione (l’analisi, la valutazione e l’individuazione della persona più adatta a ricoprire un determinato ruolo) sono i momenti fondamentali per la ricerca e l’inserimento dei talenti. Assicurarsi risorse qualificate e coerenti con gli obiettivi di lungo periodo dell’organizzazione è strategico per la composizione di un team. Oggi proprio chi si occupa di selezione concentra il proprio lavoro sui talenti, ricercando quelle risorse che possano esprimere nel tempo le maggiori potenzialità. Le caratteristiche distintive dei talenti si possono riassumere in - innovatività, - imprenditorialità, - passione, - leaderschip; - desiderio di affermazione. Formazione continua Affinché i nuovi assunti e i collaboratori all’interno delle organizzazioni moderne mantengono i requisiti di competenza, motivazione e allineamento con le aspettative dell’organizzazione, occorre che essi siano coinvolti nei processi di formazione. Questa si deve inevitabilmente tradurre in attività continuativa sulla quale costruire gli obiettivi dei singoli (individuali o organizzativi che siano) e le strategie per il loro raggiungimento; essa viene pianificata secondo gli obiettivi aziendali, i target sottoposti a formazione e i bisogni di questi. Il fabbisogno può essere suddiviso in - comportamenti organizzativi, - identità di ruolo, - competenze specifiche. Nel primo caso si parla di - definizione e sviluppo delle competenze chiave, - esigenza di apprendimento continuo, -enfasi sulle abilità comportamentali, -velocità di reazione. In contesti organizzativi sfidanti come quelli attuali, i bisogni individuali legati all’identità di ruolo possono essere riassunti in - sviluppo dell’autoconsapevolezza, - revisione dei propri schemi predittivi, - ricerca di relazione d'aiuto. 10 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 Francesco Ferro - [email protected] Le competenze specifiche costituicono l’aspetto più comunemente curato da un’organizzazione e che le permettono di avere a disposizione professionisti altamente competenti e qualificati, costantemente aggiornati, in grado di adempiere alle proprie funzioni in modo efficace. Modalità d’intervento Le modalità di intervento, siano esse di carattere formativo o attraverso l’approccio one-to-one (coaching, tutoring, mentoring) si fondano sulla convinzione che sulla prestazione lavorativa non agiscano soltanto le motivazioni estrinseche (retribuzione e carriera), ma anche motivazioni intrinseche: in particolare la soddisfazione derivante da se stessi, dall’affermazione dei propri valori, dal contenuto del proprio lavoro, dall'ambiente professionale e dalle relazioni che si sviluppano in esso e che, per contro, le problematiche irrisolte degli individui tendano di fatto a ripercuotersi negativamente sulle loro prestazioni. Il presupposto di fondo è che l'individuo sia messo in condizione di attivare pienamente le proprie risorse, potenzialmente disponibili, ma non sempre adeguatamente utilizzate, per poter contribuire allo sviluppo dell’impresa. Training e Coaching Due dei più efficaci strumenti per l’evoluzione personale delle risorse umane di una organizzazione sono il training ed il coaching. Il training è volto al miglioramento delle abilità connesse ad una performance in relazione ad un ruolo (ad esempio Il venditore e le sue abilità di vendere). Esso procede per obiettivi misurabili e riferiti ad aspetti tangibili delle risorse umane ( Il fatturato, l’incremento dei volumi di produzione di un prodotto) o intangibili (capacità di leadership, creatività, abilità di problem solving, negoziazione,…). Secondo questa disciplina, il saper fare è strettamente connesso al "saper essere", metafora relativa alla scoperta di sé e in comportamenti in linea con i propri valori e le proprie convinzioni. La frase guida del formatore è: "È meglio insegnare a pescare che regalare un pesce". Il coaching invece è una forma di consulenza in cui l’allievo viene aiutato a raggiungere l’allineamento e l’eccellenza in una performance. In questo caso non si trratta di semplice apprendimento, ma di imparare ad imparare, su un piano specificatamente evolutivo. Partendo da - la storia della persona come fonte di tutti gli apprendimenti, Unicom. La formazione è strategica La competitività di un’impresa passa attraverso la sua capacità di aggiornasrsi e di proporre un servizio innovativo ed efficace ai propri clienti. Questo è vero soprattutto per coloroche, come noi, consulenti di comunicazione, sono chiamati a dare un valore aggiunto alle organizzazioni partner. Per questo stiamo lavorando per fare in modo che Unicom diventi un punto di riferimento per l’aggiornamento professionale delle imprese associate e che la formazione diventi uno dei suoi punti di forza. In particolare vogliamo intendere la formazione in due diverse accezioni, tecnico-specialistica o transcontestuale. • La formazione tecnico specialistica è connessa con la specializzazione nelle aree di servizio direttamente rivolte ai clienti finali delle agenzie associate. L’area, al momento coordinata in collaborazione con altre associazioni di categoria del settore (ad esempio TP) potrà essere performata sui bisogni dei soci. Si definiranno opportunità di formazione anche attraverso la partnership con altre associazioni del setto- re, con il mondo accademico e con enti di formazione professionale qualificati (nazionali o locali). Le attività di formazione saranno presentate sotto forma di seminar tematici, di incontri con professionisti/docenti e anche attraverso piattaforme di e-learning. • Nell’offerta formativa dell’associazione faremo spazio anche alla formazione transcontestuale, ossia quella connessa con l’erogazione di formazione per lo sviluppo di abilità “trasversali” necessarie ad imprenditori e collaboratori per “essere” sempre più competitivi. • Per lo sviluppo del patrimonio legato alla nostra professione, daremo vita anche ad un laboratorio delle conoscenze. All’area classica della formazione si potrebbe affiancare uno “spazio” in cui sviluppare le conoscenze “portanti” delle nostre attività. Il laboratorio potrà avere molteplici declinazioni (ricerche tematiche, seminari, etc..) e costituirà un ponte di collegamento con il mondo accademico finalizzato ad una maggiore cooperazione con il mondo del lavoro. - il futuro come orientamento e guida, - il qui ed ora come territorio nel quale si operano le scelte. inoltre è un presupposto fondamentale per la soddisfazione dei clienti dell’organizzazione stessa. L’individuo agisce sui propri schemi mentali (core patterns) che influenzano i propri comportamenti, modellanddoli in funzione degli obiettivi che si vogliono raggiungere. La frase guida del Coach è: "è fondamentale trasformare chi sa pescare nell’essere un bravo pescatore". In sintesi, si può affermare che per valorizzare appieno le risorse umane, le leve più efficaci sono: - comunicazione, - motivazione, - formazione, - coinvolgimento. La soddisfazione interna Attraverso la formazione continua in azienda si ha la possibilità di presidiare le aree connesse all’allinemento con la mission ed i valori aziendali e di investire sull’evoluzione delle risorse umane per migliorare le performance aziendali. L’accrescimento della soddisfazione interna Nell’ottica di un servizio volto all’eccellenza ed orientato al cliente, la soddisfazione interna del proprio team genera di conseguenza la fidelizzazione dei clienti attraverso la centralità espressa dall’uomo che produce il servizio. Francesco Ferro 11 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 RELAZIONI PUBBLICHE Fiorella Passoni, Consigliere Assorel ed Amministratore Delegato di Edelman, propone alcune riflessioni sul fenomeno “blog”, una realtà della quale professionisti e imprese debbono tenero conto. Ogni giorno di più. Ogni anno la prestigiosa rivista americana Time dedica una propria copertina alla persona che “nel bene o nel male, ha maggiormente influenzato gli eventi dell’anno appena concluso”. Dal 1927, il settimanale ha raccontato le vicende del mondo attraverso i volti di coloro che hanno indiscutibilmente contribuito a farle occorrere. Da Gandhi a Stalin, Churchill o De Gaulle, fino a Clinton, Giovanni Paolo II e Giuliani, la sensazione che si ricava è che la grande storia sia appannaggio dei grandi uomini. Questo nonostante qualche sporadica concessione a peraltro significative classi, protagoniste del secolo scorso quali i venticinquenni e le donne, piuttosto che ad una controversa icona dei giorni nostri: il soldato americano. L’unica vera eccezione nella passerella di Time risale al 1981, quando sulla prima pagina apparve a sorpresa il personal computer. A venticinque anni di distanza, lo stesso oggetto ritorna agli onori della cronaca. Questa volta però la sua presenza è strumentale: per Time, l’uomo dell’anno 2006 sei tu (siamo noi). Il riferimento è evidentemente al fenomeno dei media e dei contenuti consumer generated; un riconoscimento tributato a tutte quelle persone che ogni giorno, in ogni parte del mondo, attraverso la rete condividono liberamente informazioni o capitale intellettuale, si tratti in maniera frivola di una foto del loro gatto, piuttosto che un drammatico filmato inedito di scene di violenza in territorio di guerra, o la registrazione audio di un’incredibile (ma assolutamente verosimile) telefonata ad un call center. Nomi quali My Space, YouTube o più recentemente Second Life – oggi assai più noti, ad esempio, di un David Ho, che in copertina ci finì non più tardi di 10 anni fa – si sono contesi per buona parte di questo formidabile 2006 l’attenzione, oltre che di milioni di utenti entusiasti, anche degli esperti di 12 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 comunicazione. Questi ultimi si sono divisi fra coloro che hanno deciso pedissequamente di cavalcare la profezia autoavverante della fine dei media tradizionali e quelli, più obbiettivi, che hanno sentito la necessità di ripensare il loro ruolo dei professionisti dell’informazione, delle relazioni pubbliche, del marketing o della pubblicità in modo sincero, mettendo in discussione la tradizionale funzione di intermediazione con il pubblico a cui da tempo si erano comodamente abituati. Entrambe le categorie sono alle prese un poliedrico fenomeno, infelicemente ribattezzato Web 2.0 – come se si trattasse dell’ennesima nuova release di un software o di una Seconda Repubblica qualsiasi – il cui vero eroe era e resta l’ormai vecchio blog. Lo strumento che, come recita l’enciclopedia libera Wikipedia, ha consentito che la possibilità di pubblicare dei contenuti si evolvesse “da privilegio di pochi a diritto di tutti”. Di questi diari personali on line il motore di ricerca specializzato Technorati ne conta circa 60 milioni. Cercando la parola “blog” su Google, ci si imbatte invece in un miliardo e 430 milioni di risultati. Si tratta di numeri che non possono lasciare, volente o nolente, indifferenti. Rispondono ad un marcato desiderio di autoespressione, di condivisione, di ricerca di dialogo che troppo a lungo è rimasto insoddisfatto da sistemi mediatici oligopolisti il cui flusso informativo scorreva monodirezionalmente senza possibilità di un’inversione di tendenza. La sterzata ora è in atto. La nuova società dell’informazione, finalmente democratica, ha come riflesso un nuovo modo di comunicare da parte delle istituzioni tradizionali – politiche, economiche, sociali. La realtà ha dimostrato che non tutte sono pronte ad una simile apertura: lo rivelano gli errori, talvolta grossolani, che alcune imp- La sfida per il comunicatore dei nostri tempi è rappresentata dalla difficoltà di comprendere appieno il carattere simbiotico del blog, ispirato dalla ricerca di una genuina trasparenza, e di accettare l’impossibilità tecnica di controllare il flusso d’informazione. Tutti a bloggare, dunque, per forza e per dovere? Certo che no. Laddove la forma mentis è predisposta, penetrare la blogosfera in prima persona è un passo esaltante: un consumatore che in tutta franchezza si rivolge ad un brand sapendo di trovare ascolto può costituire una risorsa formidabile per un’impresa. Viceversa, in presenza di una cultura aziendale poco orientata alla condivisione, è certamente più utile restare all’ascolto. La capitalizzazione in borsa non decuplicherà nel giro di qualche settimana, ma certamente si eviterà il rischio di fare una pericolosa confusione. Astenersi dall’aprire un blog in prima persona non significa che istituzioni e aziende possano permettersi di ignorare questo strumento. Il fatto che la blogosfera in Italia, da Beppe Grillo in giù fino a tutta la long tail – l’universo fatto di piccoli, eroici contributi di sconosciuti, apparentemente ininfluenti nel mare magnum di internet – non sia ancora vivace così come in altri paesi non giustifica un’ignoranza che potrebbe costare molto caro. Ad esempio, con il montare di una crisi. È capitato in passato che la scelta di Time abbia colto di sorpresa i commentatori. L’impressione è che anche questa volta tanti addetti ai lavori siano rimasti disorientati dal nuovo uomo dell’anno che di nome fa blog. Fiorella Passoni, Consigliere Assorel L’uomo dell’anno ha fatto blog rese di stampo conservatore hanno perpetrato di fronte ad un fenomeno che hanno percepito immediatamente come minaccioso, tutto rischio e per nulla opportunità. Si è dato peraltro anche il caso di numerosi tentativi di flirtare con i nuovi strumenti, naufragati a causa di una scarsa comprensione (e forse convinzione). SOCIAL MARKETING Marketing sociale. E’ solo business o qualcosa di più? tanto di tagliare la testa a chi si ribellava, oggi cercano di convincerti che non sono cattivi; mi sembra un salto di qualità storico». Un’intervista a Jacopo Fo sul valore etico del marketing sociale, tra diritti dei consumatori e opportunità per le imprese R. «Questo dipende da quanto i consumatori sono ancora creduloni, ignoranti e non hanno capito la necessità di ragionare su quello che spendono e che in realtà sono loro stessi a determinare la forma del mondo attraverso la spesa, ma questo è un processo storico che è appena iniziato. Se noi andiamo su alcuni siti come ciao.com troviamo migliaia di consumatori che si scambiano informazioni per evitare piccole truffe di alcune aziende. Oggi posso fare una cosa impensabile fino a pochi anni fa: prima di comprare ad esempio un cellulare posso andare a vedere l’opinione di 1000 consumatori che l’hanno acquistato prima di me per sapere qual è il migliore, quale funziona, quale no, che difetti hanno». Navigando qua e la per la rete mi sono imbattuta in questa intervista fatta a Jacopo Fo sui diritti dei consumatori e i doveri delle aziende, l’ho trovata molto interessante e ve la voglio proporre integralmente. È difficile catalogare Jacopo Fo, visti i campi culturali nei quali è impegnato: libri, editoria, spettacoli teatrali, arte pittorica e fumettistica, sensibilizzazione sociale e chi più ne ha più ne metta. Dire che è figlio d'arte è oltremodo riduttivo. D. In un tuo spettacolo su Atlantide.tv, sul satellite, constatavi senza sarcasmo quanto sia bella l’epoca nella quale viviamo in confronto alle epoche passate, perché, pur essendoci evidenti problemi, secondo te l’uomo continua a cambiare progressivamente in bene questo mondo: ci sono maggiore cultura, maggiori contatti tra le persone, eccetera. E’ proprio così? R. «Sì, assolutamente. Io credo che una delle grandi idee false che paralizzano la gente è quella di dire «va tutto male», «ma guarda dove si è arrivati, ai miei tempi non era così». Queste sono sensazioni che spesso non hanno alcun costrutto: la comunicazione di un problema non significa che quel problema sia nato in quel momento, significa che è stato scoperto in quel momento. Per esempio ora c’è l’orrore della pedofilia, ma che non è che cinquant’anni fa ci fossero meno crimini sessuali, non c’era semplicemente la percezione del crimine sessuale come c’è oggi; andare in un postribolo negli anni ‘40 e copulare con una ragazzina di quattordici anni (o meno) non faceva così scalpore e orrore come oggi. Se noi andiamo a vedere i prezzi delle indulgenze del Medioevo il peccato di violentare un bambino era un reato di poco conto; era molto più grave essere strabici e andare a fare il prete. All’epoca dell’antica Roma non esisteva la concezione del peccato e reato di violenza sessuale sui bambini. Noi non ci rendiamo conto che il concetto di “bene” è stato espresso in tempi recentissimi; prima di Bud- 14 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 dha e Gesù non esisteva quasi il concetto di “bene” e “male”, esisteva il concetto di “vincere” e “perdere”». D. Nel tuo sito www.jacopofo.it, proponi la creazione di un grande portale per il mercato etico italiano. È così tangibile la maggior voglia di eticità nella società e conseguentemente nel commercio? R. «Le statistiche ci dicono che un italiano su quattro negli ultimi 12 mesi non ha comprato un prodotto perché in disaccordo con politiche dell’azienda che lo ha commercializzato, però parliamo di un solo prodotto. Io credo che oggi i consumatori in quanto tali abbiano un potere mostruoso perché sono il centro d’interesse delle grandi aziende; se i consumatori desiderano una cosa finisce che, se sono in numero sufficiente, la ottengono. Oggi le multinazionali hanno paura di non comprendere i bisogni dei consumatori. La riprova di ciò è una cosa poco conosciuta perché è un’operazione a lungo termine: la Coca Cola sta investendo una grossa quantità di denaro come operazione pubblicitaria in un progetto in Mozambico di ricostruzione a seguito delle inondazioni, e non è la sola azienda che ha deciso di attuare azioni realmente interessanti per guadagnare la fiducia del pubblico. Bill Gates, in risposta all’attacco giudiziario che ha subito, ha donato una cifra pari a 50.000 miliardi di vecchie Lire per azioni umanitarie, tra le quali una sarebbe sufficiente per debellare la malattia del sonno dall’Africa occidentale». D. Accade però che alcune aziende cavalchino l’onda etica e si imbarchino in operazioni ipocrite, come alcune multinazionali del tabacco che finanziano campagne sulla lotta al cancro... C’è questo rischio, quindi, di sfruttare l’eticità per altri scopi. R. «Sicuramente c’è questo rischio, sicuramente c’è una certa finanza etica “furba”, però fino al 1700 i potenti si occupavano sol- D. Certamente, ma pubblicizzare il fatto che una percentuale della vendita dei prodotti andrà in beneficenza rientra nel cosiddetto “marketing sociale”. In un certo senso però si sfrutta la beneficenza per vendere un prodotto, provocando una sorta di “ricatto morale” nel consumatore. Tu come la vedi? D. Però la maggior parte dei consumatori è realmente informata? R. «No, io dico che per la prima volta nella storia alcuni consumatori (non decine, milioni) sono informati. Ci sono comunque dei consumatori che non sono informati e che vengono costantemente buggerati. Un consumatore informato che avesse letto qualcosa sulla finanza etica non avrebbe mai comperato azioni Cirio, Parmalat, Enron, o investito in BOT dell’Argentina e avrebbe risparmiato la rovina dell’investimento. Oggi c’è una differenza sostanziale tra chi ha capito o no che consumare è una cosa complicata». D. Sempre nello spettacolo citato prima affermavi, tra il serio e il faceto, che le grandi multinazionali, invece di investire grandi somme di denaro nelle campagne pubblicitarie, potrebbero corrompere i signori della guerra africani facendo cessare i massacri, e avendo così un ritorno d’immagine enorme. Era solo una provocazione? R. «È una provocazione, ma parte da un fatto concreto: la Coca Cola e Bill Gates hanno deciso di rifarsi un’immagine risolvendo realmente dei problemi drammatici nel mondo. Se lo facessero la metà delle aziende non avremmo più nessuno che muore di fame ogni anno». D. Quindi il marketing sociale è una conquista? R. «Beh, è meglio che uno spenda dei soldi Alla fine la Del Monte scopre che non gli costa molto di più, perché i tassi di ricarico nel percorso commerciale di un kg di ananas sono tali che la materia prima se è prodotta a colpi di mazzate e in modo criminale costa 1 Euro, se prodotta in modo umano costa 1,3 Euro. Siccome poi quel prodotto viene venduto a 50 Euro sul mercato la differenza iniziale tra il bene e il male è irrisoria, e la Del Monte capisce benissimo che oggi può andare in giro a mostrare la qualità della vita nelle sue piantagioni come fiore all’occhiello. Ciò è possibile soltanto perché esiste un pubblico sensibile a questo, perché i consumatori preferiscono mangiare un ananas che non è grondante di sangue. È una questione di estetica e di buon gusto, ed è una novità storica». A cura di Angela D’Amelio L’intervista è stata raccolta da Undicom in collaborazione con Radio Fragola. In ogni caso pubblicizzare il fatto che una percentuale della vendita dei prodotti andrà in beneficenza rientra nel cosiddetto “marketing”. Jacopo Fo per far stare bene la gente e ne tragga pubblicità piuttosto che li spenda per sparare contro la gente. È quello che ha sperimentato la Del Monte, che utilizzava dei lager in Africa per produrre ananas; la Coop spinta da Gesualdi e altri impegnati su questo fronte ha detto alla Del Monte che se non cambiava sistema non acquistava più ananas da loro. Hanno istituito un sistema di controllo da parte delle associazioni di volontariato sulla qualità della vita delle piantagioni della Del Monte in Africa e il risultato è che tutti i dirigenti sono stati sostituiti, gli operai non vengono più maltrattati, gli danno delle camere decenti, assistenza medica, asili per i figli. 15 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 DIRITTO E COMUNICAZIONE Tabacco e pubblicità La Corte di Giustizia Europea ha rigettato un’istanza proposta dalla Repubblica Federale di Germania, mirata a ridurre la severità delle norme riguardanti la pubblicità dei prodotti derivati dal tabacco, in mome della superiore esigenza di tutelare la salute dei cittadini. La Repubblica Federale di Germania, nel 2003, aveva presentato ricorso alla Corte di giustizia europea chiedendo l’ annullamento degli articoli 3 e 4 della direttiva 2003/33/CE, in materia di pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco nei media diversi dalla televisione. A soluzione della controversia, la Corte si è pronunciata con la recentissima sentenza del 12 dicembre 2006. L’art. 3 della direttiva, contestato da parte ricorrente, consente la pubblicità di tale tipologia di prodotti a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate soltanto nelle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e nelle pubblicazioni stampate e edite in paesi terzi, che non siano principalmente destinate al mercato comunitario. E’ vietata qualsiasi altra pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate. La norma precisa altresì che ciò che è vietato per la stampa è vietato anche per i servizi della società dell’ informazione. Riferimenti legislativi - Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco - Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 12 dicembre 2006, nella causa C-380/03 tra Repubblica Federale di Germania e Parlamento Europeo-Consiglio dell’ Unione Europea 16 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 L’art. 4 della direttiva, poi, vieta la pubblicità e la sponsorizzazione radiofonica a favore dei prodotti del tabacco e la sponsorizzazione di programmi radiofonici da parte di imprese, la cui principale attività sia la fabbricazione o la vendita dei prodotti del tabacco. Il quinto considerando della direttiva di cui sopra pone in evidenza che le attività o le manifestazioni che producono effetti oltre le frontiere potrebbero costituire un mezzo per eludere le restrizioni imposte alle forme dirette di pubblicità e che, pertanto, occorre vietare le sponsorizzazioni dei prodotti del tabacco con effetti transfrontalieri. Il sesto considerando della direttiva segnala che l’uso dei servizi della società dell’informazione, come pure le trasmissioni radiofoniche, attraggono in particolare e sono facilmente accessibili ai giovani consumatori. La pubblicità a favore del tabacco attraverso entrambi tali mezzi ha la caratteristica di superare le frontiere e deve, quindi, essere regolamentata a livello comunitario. Vale la pena di ricordare anche che l’art. 5 della direttiva in esame vieta la sponsorizzazione di eventi o di attività, che coinvolgano o che abbiano luogo in vari Stati membri dell’ Unione Europea o che producano in ogni modo effetti transfrontalieri. Il medesimo articolo vieta altresì qualsiasi distribuzione gratuita di prodotti del tabacco nel contesto della sponsorizzazione degli eventi, che abbia lo scopo, anche indiretto, di promuovere tali prodotti. La Repubblica Federale di Germania, nel suo ricorso alla Corte di giustizia europea, ha sostenuto che nessuno dei divieti sanciti dagli articoli 3 e 4 della direttiva contribuirebbe effettivamente all’eliminazione di ostacoli alla libera circolazione delle merci. Poiché il 99,9% dei prodotti del tabacco vengono venduti a livello locale e regionale, e non in più Stati membri, il divieto generale di pubblicità previsto dalla direttiva risponderebbe solo marginalmente alla pretesa necessità di eliminare gli ostacoli agli scambi. La tesi della Repubblica Federale di Germania Secondo la ricorrente, la stampa e le altre pubblicazioni stampate (intendendo per tali anche i bollettini delle associazioni locali, i programmi delle manifestazioni culturali, i manifesti, gli elenchi telefonici, i volantini e gli opuscoli pubblicitari), per ragioni linguistiche, culturali e di politica editoriale, di rado costituiscono oggetto di commercio tra gli Stati membri. Non vi sarebbe, quindi, alcun ostacolo effettivo alla circolazione intracomunitaria, poiché la stampa straniera non sarebbe soggetta al divieto negli Stati membri in cui è vietata la pubblicità del tabacco a mezzo stampa. Addirittura non vi sarebbe un rapporto di concorrenza tra le pubblicazioni locali di uno Stato membro e quelle esistenti in altri Stati membri, né tra i quotidiani, le riviste ed i periodici a diffusione più ampia ed i quotidiani, le riviste ed i periodici stranieri simili. Analogamente, la consultazione su internet di pubblicazioni stampate provenienti da altri Stati membri risulterebbe, sempre a dire della ricorrente, marginale e, in ogni caso, non incontrerebbe alcun ostacolo tecnico, alla luce della libertà di accesso a tali servizi su scala mondiale. Un discorso non molto dissimile, secondo la Repubblica Federale di Germania, varrebbe anche per la pubblicità e la sponsorizzazione radiofonica dei prodotti del tabacco, essendo i programmi radiofonici rivolti ad un pubblico locale o regionale e non captabili all’esterno, a causa della limitata portata dei trasmettitori. Il parere della Corte di Giustizia Europea La Corte di giustizia, nella sua recente pronuncia, ha rilevato che, già all’epoca dell’adozione della precedente direttiva 98/43/CE, in seguito annullata e sostituita dalla direttiva 2003/33/CE, la pubblicità e la sponsorizzazione dei prodotti del tabacco erano oggetto di un divieto parziale in sei Stati membri, di un divieto totale in quattro e di progetti miranti ad un divieto parziale in altri cinque. Alla luce dell’allargamento a dieci nuovi Stati membri, era emerso che alcuni di essi ave- a cura di Fiammetta Malagoli - Consulente legale Unicom vano intenzione di disporre un divieto totale, mentre altri intendevano ammettere pubblicità e sponsorizzazioni subordinandole all’ osservanza di alcune condizioni. Il divario tra la legislazione dei vari Stati membri, quindi, sarebbe stato destinato addirittura ad aumentare. Era, pertanto, necessario l’intervento del legislatore al fine di armonizzare. La Corte osserva che, per quanto riguarda il mercato dei prodotti della stampa, come quello della radio, gli scambi tra gli Stati sono importanti e destinati ad ulteriori sviluppi anche a causa del loro collegamento con internet, mezzo di comunicazione transfrontaliero per eccellenza. I provvedimenti che vietano o limitano la pubblicità dei prodotti del tabacco sono idonei, da un lato, a pregiudicare in misura maggiore l’accesso al mercato dei prodotti della stampa provenienti da altri Stati membri rispetto a quelli nazionali, dall’altro tali misure limitano la possibilità, per le imprese stabilite negli Stati membri in cui si applicano, di proporre agli inserzionisti, stabiliti in altri Stati membri, spazi pubblicitari nelle loro pubblicazioni, colpendo, in tal modo, l’offerta transfrontaliera di servizi, Tenuto, poi, conto della crescente consapevolezza da parte del pubblico della nocività per la salute conseguente al consumo dei prodotti del tabacco, sarebbero sorti nuovi ostacoli agli scambi ed alla libera prestazione dei servizi a causa dell’adozione di nuove norme destinate a scoraggiare il consumo di tali prodotti. Il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco sulle riviste, sui periodici e sui quotidiani, essendo destinato ad applicarsi uniformemente a tutta la Comunità, evita che la circolazione intracomunitaria dei prodotti della stampa venga ostacolata dalle normative nazionali di qualsiasi Stato membro, diversamente da quanto sostenuto dalla Repubblica Federale di Germania nel suo ricorso. Gli Stati membri, inoltre, ai sensi dell’art. 8 della direttiva, non possono vietare e limi- tare la libera circolazione dei prodotti o dei servizi conformi alla stessa, con la conseguenza che nessuno Stato può impedire la messa a disposizione degli spazi pubblicitari nelle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del settore tabacco. Secondo la Corte, pertanto, gli articoli 3 e 4 della direttiva sono diretti a migliorare le condizioni di funzionamento del mercato interno. Non si deve, poi, dimenticare che nell’armonizzazione realizzata tra le normative degli Stati membri deve essere garantito un elevato livello di protezione della salute delle persone. Il principio di proporzionalità, parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, esige che gli strumenti adoperati da un’istituzione comunitaria siano idonei a realizzare lo scopo perseguito e non vadano oltre a quanto è necessario per raggiungerlo. La Corte di giustizia ha ritenuto che gli articoli 3 e 4 della direttiva possano essere considerati misure idonee a realizzare l’obiettivo cui mirano. Essi non vanno oltre quanto ne- cessario per conseguire tale obiettivo, tenuto conto dell’obbligo per il legislatore comunitario di garantire un livello elevato di protezione della salute delle persone. Inoltre, il legislatore comunitario non avrebbe potuto adottare, come misura meno restrittiva, un divieto di pubblicità dal quale fossero esenti le pubblicazioni destinate ad un mercato locale o regionale, perché un’eccezione di tale genere avrebbe conferito al divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco un ambito di applicazione incerto ed aleatorio, impedendo alla direttiva di conseguire il suo obiettivo di armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di pubblicità dei prodotti del tabacco. Il divieto di pubblicità di tali prodotti nei servizi della società dell’informazione e nelle trasmissioni radiofoniche non è sproporzionato ed è giustificato dall’esigenza di evitare l’elusione del divieto applicabile alle pubblicazioni stampate, mediante un maggior ricorso a tali due diversi mezzi di comunicazione. Né è condivisibile quanto sostenuto da parte ricorrente, ossia che i divieti di cui sopra priverebbero le imprese del settore della stampa di consistenti introiti pubblicitari. Il principio della libertà di espressione è un fondamento essenziale di una società democratica, ma è soggetto alle limitazioni dettate da obiettivi di interesse generale, giustificate da un bisogno sociale imperativo e proporzionate al fine legittimo perseguito. Nel caso di specie, anche se i provvedimenti di divieto di pubblicità o di sponsorizzazione previsti dagli articoli 3 e 4 della direttiva dovessero indebolire indirettamente la libertà di espressione, tuttavia la libertà di espressione giornalistica non ne rimarrebbe mutilata, dato che gli articoli dei giornalisti non sono soggetti a tali disposizioni normative. In considerazione di quanto sopra esposto, la Corte di giustizia ha respinto il ricorso presentato dalla Repubblica Federale di Germania contro la direttiva 2003/33/CE, considerando la stessa pienamente lecita. 17 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 CREATIVITA’ Buonaseeera creatività... Su queste colonne, negli scorsi numeri, abbiamo letto pagine di botta e risposta su uno spot del 2002. Viene da pensare che da allora la TV non abbia passato molto altro degno di nota. Paolo Romoli ha sollevato un problema, che riassumo nella domanda: “Come mai non mi ricordo il prodotto e il messaggio ad esso relativo di alcune campagne?” Mi scuso con Romoli se mi permetto di depurare dal contesto la questione che ha posto e che ha originato gli interventi di Franco Moretti e Giorgio Tramontini. Così facendo posso dedicarmi al tema sollecitato più dalla riflessione sull’età dello spot e dalla nascita di una disputa che non dall’oggetto del contendere. L’età del “Buonaseera” Cosa c’è di più consumabile della comunicazione dei prodotti destinati ai consumatori? Eppure, se siamo qui a parlare di uno spot di cinque anni fa forse è perchè aveva qualcosa in più di altri, oltre al budget che lo sosteneva. La disputa Possibile? Qualcuno ha qualcosa da dire o delle eccezioni da porre? Delle negatività da sottolineare? Incredibile, credevo di essere in Italia, il Paese più conformista e meno laico d’Europa e forse per questo meno brillante d’Europa in molti campi, dalla filosofia alla pubblicità. Chi pratica la filosofia mi scuserà l’accostamento. Ma torniamo al dibattito. Nessuno ha torto (ecco la mia metà italiana che fa capolino…). Ha ragione Romoli che però forse è legato a certe cose che abbiamo imparato illo tempore, la reason why, il key fact, il Basic Consumer Benefit, la supporting evidence, la USP e che è difficile scordare per chi ne ha fatto copioso impiego. Ma citando Saint Exupery sopravvive solo ciò che si trasforma. Quando ho iniziato, circa un quarto di secolo fa, nelle agenzie si studiavano i format dei commercial, lo slice of life, il testimonial, etc. 18 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 Ma il mercato si trasforma, i prodotti, i linguaggi, i consumatori, i luoghi di acquisto, la fruizione, i media, le influenze sono diversi da allora e per fortuna continuano a modificarsi. Non possiamo non tenerne conto. Sta di fatto che Romoli nel 2002 non è corso ad acquistare una Fiat. Ma probabilmente questo non ha modificato i bilanci della Casa di Torino. Vabbéh, intanto il nostro amato Direttore a distanza di cinque anni ancora ne parla. Il risultato mi sembra buono! Ha ragione Moretti che ci riporta ai fatti, ai dati. Perché non scordiamocelo, lavoriamo per il marketing. La campagna ha prodotto risultati e tanto basta. Ha ragione ancora di più quando dice che bisogna esplorare vie nuove, anche rischiando. Ha ragione Tramontini che è sulla stessa lunghezza d’onda. Il problema non è il rispetto dei canoni, che bisogna conoscere ma non necessariamente rispettare e che sono la morte della creatività, ma il raggiungimento degli obiettivi di comunicazione nel rispetto del destinatario. Una base del pensiero laterale è la ricerca di vie diverse per il raggiungimento di uno stesso obiettivo. La cosa che trovo drammatica è che in questo esercizio intellettuale si discute di roba vecchia (non me ne vogliano gli autori della campagna “pietra dello scandalo”). Ma possibile che non ci sia altro di cui parlare? A questo punto, innesto la mia seconda considerazione sulla nascita della disputa. Nel nostro Paese si chiacchiera molto, ci si compiace di più e si rischia troppo poco. Tutti pronti a difendere la qualità della confezione delle campagne, tv, radio o stampa che siano, ma siamo molto poco inclini a difendere la qualità dei contenuti. Quante campagne ci ricordiamo degne di nota per aver indagato nuovi linguaggi o per avere impiegato in modo eccellente i lin- guaggi noti proponendo soluzioni comunque innovative e memorabili? Poche se stiamo parlando di uno spot di cinque anni fa e che non credo neppure gli autori possano considerare tra i migliori mai prodotti… Ben vengano le dispute e spero che siano aspre se motivate da argomenti intelligenti e finalizzati a sollecitarci sulla qualità e sull’efficacia dei nostri prodotti. Chi non ha visto la rubrica sul sito di Lillo Perri “le campagne di cui potremmo fare a meno”? Strepitosa a meno di non esserne protagonisti. Finalmente qualcuno che dice cose che in molti pensiamo. Certo bisogna fare attenzione a non diventare inutilmente ingiuriosi, ma dalle critiche nascono le riflessioni, se c’è competizione ci sentiamo costretti a migliorare perché sappiamo che il nostro operato sarà valutato. Troppa piaggeria, troppa accondiscendenza, troppo rispetto dell’autorità e poco dell’autorevolezza. Ho stupito più di una volta i miei mettendo io stesso in discussione il mio lavoro che tutti giudicavano ottimo. Il coraggio di innovare Bisogna avere il coraggio di innovare, di essere insoddisfatti, di confrontarsi. Ci lamentiamo del fatto che la nostra professione stia perdendo di appeal, che sia meno divertente. Da quando lavoro sento gente che dice che all’Estero sono più bravi e che non vinciamo premi internazionali. Certo, premiamo la normalità! Perché non abbiamo il coraggio di non assegnare un premio? Credo che non sia mai successo. Qualcuno obietterà che in questo modo sviliremmo i creativi italiani, dichiarando la loro (nostra) incapacità. A mio avviso renderemmo loro un gran servigio. Perché le campagne le concepiscono i creativi, ma i complici sono molti! I clienti, e non solo i big spenders non sono così ottusi da non guardare a ciò che accade oltre le Alpi e credo siano ampiamente in grado di confrontare le nostre produzioni con quelle realizzate in Brasile, in Francia o in Norvegia. A questo punto qualcuno sicuramente eccepirà che il modo di essere dei Francesi e degli Inglesi è diverso da quello degli Italiani ed è per questo che loro non apprezzano il nostro lavoro. Idiozie già sentite. Una volta si parlava del mondo della comunicazione come del “Terziario Avanzato”. Molti di noi hanno contatti quotidiani con l’Estero, tutti noi trascorriamo ormai ore al giorno in giro per il mondo grazie a Internet. Se non siamo noi i primi a confrontarci con gli altri e con noi stessi, ad essere veramente Renato Sarli - [email protected] curare servizio e solo servizio si diventa servi. Ma il servizio è un prerequisito. Diamo spazio alla creatività e alla cultura I clienti che ricevono solo servizio lo valutano in denaro, perché sanno bene quanto può costare, ma non possono invece calcolare il costo del nostro lavoro intellettuale. Ridiamo spazio alla creatività e alla cultura. Cerchiamo di ritrovare gli aspetti nobili della nostra professione. Discutiamo di semiologia e di arte, di logica e di estetica, studiamo la filosofia del linguaggio, scanniamoci sul disegno di un font, discutiamo della costruzione sintattica di una baseline, cacciamo i creativi che non vanno alle mostre, che non vanno al cinema e non leggono giornali, libri e fumetti, cacciamo gli account che dicono: “lascia perdere, va bene così, tanto il cliente non capisce” e forse torneremo a vedere buona comunicazione e su queste colonne potremo parlare della campagna lanciata ieri e non dello spot on air cinque anni fa. Renato Sarli Foto: Eros Mauroner laici e a sfidare i clienti nella ricerca di nuovi modi di comunicare, chi può o deve farlo? La comunicazione, che ormai è sempre meno spot e pagine e sempre più pensiero che si estrinseca in azioni e mezzi improbabili fino al giorno prima, ha bisogno di questo, se no, presto anche il lattoniere della Val Brembana andrà a cercare un Conseil en Communication a Lille o un Estudio Creativo a Siviglia. Credo che buona parte della colpa della perdita di valore del nostro lavoro debba essere imputata alle nostre agenzie. A furia di assi- 19 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20/ 07 DIRECT MARKETING Duemilasette. La rivincita del direct marketing Il direct marketing ha conquistato il secondo posto nella graduatoria dei media pubblicitari più utilizzati. Per questo Poste Italiane, che sta investendo molto nell’affinamento dei propri servizi in quest’area, si prpone come il partner ideale di aziende ed imprese di comunicazione. Gli ultimi studi pubblicati sul futuro dei media in Italia e in Europa, condotti dai centri di ricerca e dalle associazioni di settore, evidenziano che i prossimi anni saranno caratterizzati da una crescente migrazione degli investimenti pubblicitari verso il Direct Marketing. In Italia si prevede per questo settore, a chiusura del 2006, una crescita del 5% circa, con una quota di circa il 21% del totale speso in comunicazione. Il Direct Marketing si colloca pertanto al secondo posto, subito dopo la TV, quale media più utilizzato. Questa crescita dipende anche dall’evoluzione delle scelte dei consumatori, sempre più ricercate ed individualiste con il conseguente distacco dai media generalisti e la progressiva perdita di peso del canale TV, che dopo anni di dominanza, comincia a rallentare la sua crescita. Inoltre è sempre più forte la ricerca, da parte delle imprese, di una comunicazione che sia in grado di evolvere il messaggio promozionale in un più ampio sistema di relazione diretto ed interattivo. In questo il Direct Marketing, è lo strumento di comunicazione ideale. Infine la possibilità di intervenire sul cliente giusto, al momento giusto e con il messaggio giusto permette di allargare il portfolio clienti, incrementare il relativo valore degli acquisti e contenere il tasso di abbandono. La sfida di Poste Italiane Poste Italiane, si sta preparando a sostenere questa crescita consolidando la sua esperienza nel settore della comunicazione e ponendosi come partner ideale per tutte le aziende che vogliono sviluppare le proprie azioni di comunicazione per incrementare il proprio business. Per questo, abbiamo avviato un intenso pro20 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 gramma di rilancio e riposizionamento del medium postale, che dovrebbe consentire nel corso del 2007 una nuova stagione del Direct Marketing di Poste Italiane, fornendo alle imprese un sistema di relazione indispensabile nell’epoca del marketing one to one. Il primo passo sviluppato nel 2006 è stato di mettere a disposizione della clientela business e PA, grazie a servizi integrati (direct mailing, response mail, call center, ecc.), modelli di comunicazione attentamente studiati per rispondere ad esigenze differenti e specifiche, che consentono di dare attuazione alle proprie strategie di marketing in modo strutturato, misurabile e personalizzato, riuscendo così a raggiungere obiettivi di efficienza e convenienza. Inoltre per agevolare la migliore applicazione di questi modelli, è stata potenziata la gamma di offerta del Direct Marketing con servizi che rispondono alle esigenze delle imprese nella realizzazione di una campagna di mailing. Cinque aree di intervento Quindi Poste Italiane sta concentrando in maniera particolare le proprie attività su cinque macro aree: • Dati e servizi per l’indirizzamento; • Preparazione degli invii; • Delivery; • Monitoraggio/Follow up: • Pacchetti integrati per settori merceologici. Dati e servizi per l’indirizzamento Per quanto riguarda l’area Dati e servizi per l’indirizzamento, molto spesso, il successo di una campagna di Direct Mailing, è legato alla possibilità di usufruire di data base aggiornati con indirizzi di alta qualità e scritti in maniera corretta, per questo motivo sono stati ideati il cd-rom "CAP Professional", una banca dati per le aziende che effettuano spedizioni in grandi quantità e che necessitano di integrare i dati nei propri database o software e Liste Seguimi, il database dei cambi di indirizzo in Italia, che facilita l’aggiornamento delle anagrafiche clienti e contribuisce all’ottimizzazione delle proprie campagne di direct mailing. Preparazione degli invii Per quanto riguarda l’area Preparazione degli invii, per consentire alle aziende di spedire le proprie comunicazioni senza troppi oneri, il servizio ideale è Posta Service, con cui vengono fornite attività legate alla preparazione e all’allestimento della corrispondenza con l’obiettivo di alleggerire l’operatività delle imprese clienti. Delivery Per quanto riguarda l’area Delivery, più in generale, ma sempre adattandosi alle diverse esigenze della business community in tutte le comunicazioni mirate che abbiano l’obiettivo di profilare il proprio target, acquisire nuovi clienti o fidelizzare quelli attuali, la risposta ideale è Postatarget, il prodotto di direct mailing indirizzato, dedicato a comunicazioni personalizzate, che attraverso la scelta di package creativi ed inusuali consente di dar vita a campagne coinvolgenti che rimangono impresse nella memoria del destinatario. Per coloro che vogliono ottimizzare la comunicazione interna e il coinvolgimento delle diverse entità che influiscono sui risultati del proprio business, la soluzione ideale è Postatarget Magazine, creato per pubblicazioni interne (house organ) ed esterne (corporate magazine), a carattere pubblicitario ed informativo. Postatarget Info è invece il servizio di direct mailing indirizzato, dedicato a messaggi brevi ed intensi, in formato cartolina o pieghevole, è l’ideale per la comunicazione di saldi, promozioni ed eventi. Viste le sue caratteristiche e la sua convenienza, risponde in modo specifico ad esigenze del settore commerciale, studi professionali e raccolta fondi. Le aziende che invece hanno bisogno di raggiungere, in maniera capillare e conveniente, il proprio target in una zona geografica specifica ad alto potenziale, possono scegliere tra i prodotti di direct mailing non indirizzato, Promoposta ed Invii senza indirizzo, usati per contattare clienti potenziali di cui non si conosce il nome. Monitoraggio Per quanto riguarda l’area Monitoraggio e follow up, a supporto e a completamento delle azioni di comunicazione e per fornire ai nostri clienti tutti i mezzi necessari per far sì che le loro campagne si traducano in casi di successo, l’offerta Poste Italiane si compone inoltre di servizi a valore aggiunto quali: Postareport, che fornisce al cliente la rendicontazione elettronica e le motivazioni di ciascun invio non recapitato, contribuisce oltretutto alla normalizzazione delle proprie liste. Pacchetti integrati Infine per quanto riguarda l’area Pacchetti integrati per settori merceologici, per coloro che operano nel settore turistico, è stato creato ProPostetur, il nuovo servizio di direct mailing indirizzato, ideato per agevolare gli operatori turistici pubblici e privati ad incrementare i flussi di clientela, servendosi di un canale di comunicazione diretto con azioni mirate sui target di riferimento e a prezzi contenuti. ProPostetur è in grado di rispondere alle diverse esigenze di comunicazione del settore: dal prospecting alla fidelizzazione dall’invio di fidelity card al fullfilment dei cataloghi promozionali, integrandosi e supportando l’intermediazione delle agenzie. Per soddisfare invece le specifiche esigenze di comunicazione degli attori che operano nel settore automobilistico e motociclistico è stato ideato il pacchetto Automotive, che offre soluzioni di comunicazione diretta, create su misura per il successo di azioni di acquisizione nuovi clienti, fidelizzazione clienti attuali, azioni di cross selling e gestione clienti postvendita. Il pacchetto Automotive offre all’azienda servizi come: consulenza, gestione liste, stampa, prelavorazione, postalizzazione e recapito. Informazione Pubblicitaria Tre casi di successo A dimostrazione di quanto detto finora e per confermare la capacità del Direct Marketing di rispondere ad esigenze di comunicazione differenti per strategie e target di destinazione, riportiamo di seguito alcuni esempi, che dimostrano tangibilmente l’efficienza del mezzo: con il minimo sforzo si possono ottenere grandi risultati. Grande catena distributiva di elettronica ed elettrodomestici Obiettivo: incrementare le vendite nel periodo di settembre attraverso un’azione promozionale spinga le aziende ad acquistare in anticipo i regali aziendali Target:10.000 aziende Costo della campagna: 40.000 Euro Risultato: consolidati 20 clienti che hanno realizzato uno speso medio di 40.000 Euro con il risultato di una revenue totale di 800.000 Euro. Marketing RoI: 19. Società di distribuzione buoni pasto aziendali Obiettivo: Acquisizione nuovi clienti Target: 1.000 aziende Costo della campagna: 13.000 Euro Risultato: realizzati 20 contatti commerciali e sono stati consolidati 6 nuovi clienti per uno speso medio di 25.000 Euro che hanno generato un fatturato annuo di 150.000 Euro. Marketing RoI: 10,5 Casa automobilistica Obiettivo: Lead generation attraverso il lancio di un nuovo modello Target: 50.000 soggetti (target list di individui che ricercano in auto spazio e classe) Costo della campagna: 80.000 Euro Risultato: realizzati 750 contatti, di questi 10 hanno acquistato un’auto, al prezzo medio di 48.800 Euro. La revenue totale è stata di 488.000 Euro. Marketing RoI: 5,1 21 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 ONLINE Web 2.0. Evoluzione o rivoluzione? Web 2.0, la nuova visione della Rete fondata sulla condivisione, può essere fonte di significativi vantaggi e di nuove opportunità. Impariamo ad orientarci tra blog, podcasting e wiki. Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare di Web 2.0, ma ancora non si è trovato accordo su cosa voglia realmente dire questa etichetta, se non un generico stato di evoluzione di Internet verso forme maggiormente interattive e partecipate. Gli scettici replicano che il termine Web 2.0 non ha un vero e proprio significato, e che sia nato solo per convincere media e investitori che sta accadendo qualcosa di nuovo su cui investire. Al di là delle considerazioni dei detrattori, è però innegabile (e visibile) che il Web sia profondamente cambiato dal suo esordio, e oggi è quanto mai importante capire queste nuove dinamiche per poterle fare oggetto di un business specifico e mirato. Nelle prossime righe farò quindi luce sui punti salienti del fenomeno. nuti generati dal basso e dell’interazione fra gli utenti. A livello tecnologico, il Web 2.0 è del tutto equivalente al Web 1.0: l'infrastruttura di rete continua ad essere costituita dal protocollo TCP/IP e HTTP. Ad essere radicalmente diverso è l’approccio con il quale gli utenti si rivolgono al Web, che passa dalla semplice consultazione alla possibilità di contribuire alimentando il Web con propri contenuti (attraverso tecnologie come Ajax, Javascript e il linguaggio di programmazione XML). Insomma, il Web 2.0 è prima di tutto un prodotto open-source, che permette una nuova fruizione delle informazioni e una nuova dinamica per la loro circolazione. Per comprendere meglio ciò di cui stiamo parlando, sarà utile l’ormai famosa tabella riassuntiva dell’evoluzione, avvenuta in questi anni, di alcuni servizi Internet (vedi box a piè di pagina). Una nuova visione della Rete Iniziamo col dire che il Web 2.0 è una nuova visione della Rete*: un insieme di approcci nuovi che permettono l’utilizzo della rete in modo innovativo, con la centralità dei conte- La condivisione fa la differenza Dall’esame della tabella appare evidente co- Web 1.0 Double Click Ofoto Akamai mp3.com Britannica Online siti web personali evite speculazione sui nomi dominio visite alla pagina screen scraping pubblicazione sistemi per content managment stickiness** 22 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 Web 2.0 > > > > > > > > > > > > > Google AdSense Flicr BitTorrent Napster/Emule Wikipedia blog upcoming.org e EVI ottimizzazione dei motori di ricerca cost per click web services partecipazione wiki sindacation*** me la possibilità di creazione e condivisione di contenuti è la caratteristica fondamentale del Web 2.0. E’ interessante sottolineare come questa possibilità sia consentita e favorita da una serie di strumenti (tool) on-line che permettono di utilizzare il web come se si trattasse di una normale applicazione. In pratica il Web di seconda generazione è un Web dove poter trovare quei servizi che finora erano offerti da pacchetti da installare sui singoli computer. Le applicazione più diffuse del Web 2.0 sono: blog, wiki, podcasting. Proviamo a conoscerle più da vicino: Blog Nel gergo di Internet, un blog è un diario in rete. Il termine blog è la contrazione di web log, ovvero "traccia su rete". Il fenomeno ha iniziato a prendere piede nel 1997 in America; nel 2001 è divenuto di moda anche in Italia, con la nascita dei primi servizi gratuiti dedicati alla gestione di blog. Il blog è uno strumento di libera espressione, una via di mezzo tra il forum di discussione e la homepage personale: è uno spazio sul web attorno al quale si aggregano navigatori che condividono degli interessi comuni, un luogo dove si può (virtualmente) stare insieme agli altri e dove in genere si può esprimere liberamente la propria opinione. In questo luogo cibernetico si possono pubblicare notizie, informazioni e storie di ogni genere, aggiungendo, se si vuole, anche dei link a siti di proprio interesse: la sezione che contiene link ad altri blog è definita blogroll. L'insieme di tutti i blog viene detto blogsfera o blogosfera (in inglese, blogsphere). All'interno del blog ogni articolo viene numerato e può essere indicato univocamente attraverso un permalink, ovvero un link che punta direttamente a quell'articolo. La tecnologia innovativa ad esso accostabile è la RSS o Really Simple Syndacation, grazie alla quale i contenuti dei feed RSS sono frui- A cura di Angela D’Amelio - [email protected] Blogs Breakdown bili anche senza bisogno di navigare il blog che li ha prodotti. Sempre attraverso questa tecnologia, è possibile aggregare più feed per presentarli “mixati” su un altro sito o su un servizio di news navigabile anche attraverso il cellulare (questa eccezionale capacità divulgativa può essere applicata anche a siti web). Podcast Podcasting è un neologismo basato sulla fusione di due parole: iPod (il popolare riproduttore di file audio MP3 di Apple), e broadcasting. Il termine nacque quando l'uso dei feed RSS divenne popolare per lo scambio di registrazioni audio su computer, palmari, lettori di musica digitale e anche telefoni cellulari. Il podcasting è un sistema che permette di scaricare in modo automatico risorse audio o video, chiamate podcast, utilizzando un programma (un "client") generalmente gratuito chiamato aggregatore o feeder. Wiki Un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che permette a ciascuno dei suoi utilizzatori di aggiungere contenuti, come in un forum, ma anche di modificare i contenuti esistenti inseriti da altri utilizzatori. Wiki - in base all’etimologia (deriva da un termine in lingua hawaiiana che significa "rapido" oppure "molto veloce") - è anche un modo di essere: una caratteristica distintiva della tecnologia wiki è la facilità con cui le pagine possono essere create e aggiornate. Generalmente, non esiste una verifica preventiva sulle modifiche e la maggior parte dei wiki è aperta a tutti gli utenti, o almeno a tutti quelli che hanno accesso al server wiki. Per essere sicuri che una serie di pagine mantengano la loro qualità, spesso è im- postato un warning per le modifiche, che permette di verificare la validità delle nuove edizioni in maniera rapida. Wikipedia. Una fonte inesauribile di informazioni Uno dei wiki più famosi è Wikipedia, un'enciclopedia online, multilingue, a contenuto libero, redatta in modo collaborativo da volontari e sostenuta dalla Wikimedia Foundation, un'organizzazione no-profit. Attualmente è pubblicata in oltre 200 lingue differenti e contiene voci sia sugli argomenti propri di una tradizionale enciclopedia, sia su quelli di almanacchi, dizionari geografici e di attualità. Il suo scopo è quello di creare e distribuire una enciclopedia internazionale libera nel maggior numero di lingue possibili. Wikipedia è già uno dei siti di consultazione più popolari del web, con circa 60 milioni di accessi al giorno; contiene in totale più di 6 milioni di voci, 18 milioni di pagine, 217 milioni di modifiche alle pagine e 5,2 milioni di utenti registrati. Come ottenere dei ricavi concreti dal Web 2.0? Tentiamo ora di affrontare l’argomento che maggiormente catalizza gli interessi di imprenditori e pubblicitari: quali sono le nuove logiche di profitto nell’epoca del Web 2.0? Le prime e più immediate soluzioni sembrano essere quelle più tradizionalmente legate al Web, come la vendita di pubblicità o di servizi. A fare la differenza però saranno soprattutto i vantaggi (in termini di visibilità e credibilità) che un’azienda potrà acquisire nel Web 2.0, attraverso ad esempio l’apertura di un proprio blog o partecipando a qualche community. A tal proposito, immediati sono i vantaggi per chi si occupa di RP e di comunicazione d’impresa. Ricordiamoci comunque che questa è una fase di transizione, un Web 2.0 versione beta, nella quale sarà lecito sperimentare e creare nuove forme di business che diventeranno le basi per il futuro. “Il solo limite pare proprio essere l’immaginazione” (TWT). Spunti liberamente tratti da Wikipedia Note: *Per rete si intende qui la rete globale, inclusiva delle nuove periferiche quali cellulare/televisione/radio, che oggi sono in grado di interagire fra loro condividendo il dato digitale. ** letteralmente: l'"appiccicosità" di un sito, cioè la capacità di tenere "incollati" gli utenti ad esso *** le tecnologie di syndication (RSS, Atom, Tagging) garantiscono ai contenuti di essere fruiti non solo sul sito, ma anche attraverso canali diversi. 23 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 ONLINE Anche lo spot diventa virale. Esplode in rete il fenomeno del “marketing epidemico” che usa la web community ed i blog per far parlare di un certo prodotto. Ma quali sono le aziende che fanno ricorso a questo nuovo mezzo e quali implicazioni comporta l’adozione di queste tecniche di comunicazione? Sono perlopiù i colossi, grandi aziende del calibro di Nike o Sony ad utilizzare queste nuove modalità di comunicazione. Così, se siete a un concerto rock e vi capita di vedere una persona che sale di forza sul palco e comincia a cantare in modo stonato, e poi comincia a pontificare lanciando accuse contro lo strapotere delle major del disco, non lasciatevi fuorviare pensando che si tratti di un invasato in cerca di notorietà, nient’affatto, potrebbe essere solo una trovata pubblicitaria. Infatti quanto appena descritto faceva proprio parte di una campagna pubblicitaria di Sony Italia. Questo è uno degli utilizzi del “marketing virale”, una nuova forma di strategia pubblicitaria che d'ora in avanti si intrufolerà spesso nelle nostre vite. In realtà questo modo di fare pubblicità, nuovo per noi, è utilizzato da anni negli Stati Uniti e nel nord Europa. In un’intervista, Valerio Franco, partner strategist di Ebola Industries, agenzia di Milano che ha ideato la campagna Sony dice: "Questo per noi è l'anno zero del marketing virale". Lo scopo della campagna era rivalorizzare il marchio del Walkman, Ebola ha creato quindi un sito www.saveyourears.it, dedicato a chi non sa cantare e dove possono trovare tantissimi video a tema. Si tratta di un sito-community, cioè aperto alla partecipazione degli utenti, che possono depositarvi dei video, commentarli, e conversare tra loro. Il tutto però era stato presentato come il frutto dell'iniziativa di un normale utente e non come una campagna pubblicitaria. Il Sony Walkman veniva indicato, sul sito, come un rimedio per rieducare il proprio orecchio alla musica, e veniva abbinato a un concorso che consentiva di vincere un Walkman. Ebola in più ha creato un personaggio che doveva farsi portavoce degli stonati d'Italia: lo stesso che è stato mandato a interrompere due concerti rock (a Roma e a Milano). È stato trascinato via dal palco dalla polizia, ma era tutto un gioco, e gli organizzatori dei concerti sono stati pagati con i soldi di Sony. La recita è stata svelata alla fine della campagna, durata sette settimane, durante le quali il sito ha attirato 130 mila visitatori. I filmati sono stati visti 622 mila volte. "Gli utenti - ha commentato l’agenzia - non sono stati delusi, alla fine. Anzi, dicono di essersi sentiti come parte di un reality show e hanno continuato ad affollare il sito". Alla ricerca di complici Tutto ciò ci fa comprendere come questo tipo di pubblicità si collochi totalmente all’opposto della pubblicità tradizionale, che per abitudine alza i toni per parlare di un prodotto o interrompe film ed eventi sportivi. Al contrario il marketing virale vuole coinvolgere i potenziali consumatori, non li tratta come possibili acquirenti, ma come complici di un gioco; il messaggio pubblicitario è implicito, seminascosto. Lo scopo è creare un chiacchiericcio spontaneo ed “epidemico” (viral appunto), che corre di bocca in bocca intorno ad un marchio per ottenere la partecipazione degli utenti su Internet. Un altro modo per far partecipare gli utenti al gioco è quello di creare dei video-shock che faranno il giro della Rete o dei siti-community originali, dove la gente generalmente si incontra e fa amicizia, oppure si possono architettare eventi-spettacolo nel mondo reale, come nella campagna Sony di cui abbiamo parlato. Sempre nel campo del Marketing Virale, anche Nike fa bene la sua parte: tempo fa ha disegnato le impronte di piedi in alcuni prati di Milano, Roma e Cerignola, per promuovere la nuova scarpa Nike Free. E ancora: circa un anno fa su Internet ha cominciato a far circolare un video-spot che è riuscito a creare una discussione accesa: si vede Ronaldinho che, dopo essersi infilato le scarpe Nike, in allenamento, riesce a colpire ripetutamente la traversa senza fare mai toccare terra alla palla. "Sarà vero o falso?", si sono chiesti in molti ma il protagonista, ossia Ronaldinho, ha giurato che era tutto vero. Una delle armi più potenti del viral marketing, su Internet, sono i video, e lo strumento più usato per farli circolare è il sito YouTube. il boom di YouTube YouTube è il principale sito di video al mondo: a luglio 2006 ha avuto 47,2 milioni di visitatori, secondo l'osservatorio Nielsen/Net Ratings. Un boom: più 495 per cento rispetto al gennaio 2006. “Alle saponette Dove è bastato mettere un video su YouTube per fare della nuova campagna un successo", dice Jaap Favier, analista dell'osservatorio di ricerca internazionale Forrester Research. Questo video, messo on line su YouTube ha scatenato 50 mila commenti, ha fatto il giro 24 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 A cura di Angela D’Amelio - [email protected] di migliaia di blog nel mondo. Il video in questione mostra come si possa trasformare, con il computer, l'immagine di una donna bruttina in una bellissima modella per un manifesto pubblicitario. Da noi, in Italia, YouTube, non guida la classifica dei sitio più visitati, ma viene al secondo posto, secondo i dati Nielsen: il sito di video più frequentato dagli italiani è Libero Video & Fun, con un audience di 1,7 milioni (su un totale di 3,5 milioni di italiani che visitano siti di video). Wind/Libero ha appena deciso di trasformare questo patrimonio in un business e lo ha fatto lanciando Play Video: "Il primo esempio in Italia di offerta pubblicitaria basata sul marketing virale e video in Internet su larga scala", dice Antonio Converti, direttore marketing di Libero: "Noi vendiamo la campagna pubblicitaria virale e poi per realizzarla ci serviamo di aziende specializzate, come Ebola". Quella di Sony è stata appunto una delle prime campagne vendute da Libero; tra gli altri clienti ci sono stati Canon, Opel, la vodka Keglevich. "Il lancio definitivo di Play Video è stato a metà novembre", dice Converti: "Ora parte una campagna per la Banca San Paolo". Per gennaio Wind promette fuochi di artificio: "Leggerete sui giornali di un evento che farà scalpore. E solo dopo si scoprirà che era tutto organizzato". Il costo di una campagna virale? Da 70 a 200 mila euro. Tra le prime aziende italiane a usare il viral marketing c'è anche la Simmenthal che ha pubblicato su Internet, in video-episodi, la storia di un manzo scomparso. Ma anche Fiat: per promuovere il lancio della nuova Cinquecento, previsto per ottobre 2007, ha creato un sito, Fiat500.com, un sito interattivo che propone tra l’altro un laboratorio virtuale dove si può giocare a disegnare la nuova 500 con il restyling che si vorrebbe. Fiat ha ricevuto finora 130 mila proposte. Social network e blog Altri due strumenti Internet amati dal viral marketing sono i social network e i blog. Il principale social network è MySpace (66 milioni di utenti mensili) di Rupert Murdoch, quello di Sky. Qui ciascun utente può avere uno spazio dove pubblicare i propri contenuti e incontrare persone affini. I pubblicitari si inseriscono nel network creando spazi dove gli utenti interessati a un certo prodotto possono incontrarsi e commentarlo (per esempio, l'ha fatto Disney per l'ultimo film “I Pirati dei Caraibi”). Il modo più semplice con cui i pubblicitari usano blog e forum è scrivere un commento per segnalare il link di un video che è parte di una campagna (ma senza poter essere accusati di fare informazione pubblicitaria). L'ultima novità è pagare gli autori di blog perché parlino di un prodotto: è quanto pro- pone, da novembre, ReviewMe.com, che paga da 20 a 200 dollari ad articolo (a seconda dell'autorevolezza dell'autore). L'idea di fondo è che i blog sono ormai diventati influenti. L'ha confermato, a novembre, una ricerca Hotwire Ipsos Mori, condotta su 2.214 adulti tra Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Italia, dalla quale è risultato che il 52 per cento è stato più propenso ad acquistare qualcosa dopo avere letto commenti positivi sui blog. È difficile, però, usarli a scopi pubblicitari senza bruciare la loro credibilità. È sconsigliato pagare recensioni all'insaputa dei lettori, perché questi trucchetti su Internet si scoprono subito, com’è accaduto per una campagna della catena di supermercati WalMart. You Tube Le ragioni di un successo YouTube, il popolare sito che consente agli utenti a livello internazionale di vedere, inserire e condividere video, amatoriali e non, liberi o protetti da copyright (nonostante il regolamento lo vieti): viva la libera circolazione dell'informazione! Il fatto rilevante infatti non è tanto il successo avuto da YouTube o l'operazione finanziaria di Google, bensì il prezioso contributo dato dagli utenti che hanno reso il sito molto popolare. Infatti è il pubblico a inserire il materiale da vedere ed è il pubblico a decidere cosa vedere. Ecco i 10 video più importanti che hanno fatto la storia di YouTube, stilata dal quotidiano britannico The Guardian: 1. LonelyGirl15: una giovane attrice si spaccia per una adolescente inquieta riscuotendo un successo enorme. Il filmato, che racconta le giornate di questa ragazza, è ottenuto utilizzando una semplice webcam. 2. Le parodie da webcam. il leader del partito conservatore britannico David Cameron si fa promotore delle webCameron. Una serie di filmati che lo riprendono durante la sua intimità. 3. Mentos e Coke. La miscela più esplosiva dell'anno ripresa in diversi video. Una pseudo moda lanciata proprio da YouTube. 4. L'intervista di Clinton alla Fox. L'ex presidente americano rilascia alla televisione americana una dura critica all'amministrazione Bush in occasione dell'11 settembre. Una testimonianza a disposizione anche di chi non ha modo di accedere ad alcune notizie televisive. 5. Hey Bulldog dei Beatles. Nel web si ha la possibilità di cercare e trovare materiale audio, video e testuale quasi dimenticato dal panorama musicale. Hey Bulldog dei Beatles diventa così uno dei video più visti di You Tube. 6. Falluja: i combattimenti. Le riprese della battaglia di Falluja durante la guerra in Iraq è uno dei documenti più visti. In tv è abitudine mandare sempre le solite immagini e di censurare quelle più crude. In questo caso le immagini dal web danno una visione più ampia e più completa. 7. L'arena politica di George Allen. Il senatore repubblicano della Virginia offende un uomo di colore sbeffeggiandolo davanti alle telecamere. Il video è stato diffuso su Internet, come prova di comportamento razzista, dai suoi avversari politici. 8. Spice test. Su YouTube capita di vedere delle cose veramente bizzarre. Ecco il video amatoriale di un adolescente che ingerisce interi barattoli di spezie... da non imitare! <http://www. youtube. com/watch ?v =Q66HNKQ-tIw> 9. Go's Here It goes Again. Che cos'è? Agli inizi nessuno sapeva chi fossero gli Ok Go, se non tramite questo video realizzato con soli 10 dollari e trasmesso su YouTube. Ora gli Ok Go sono una delle band più famose nel panorama musicale indie-rock. 10. YouTube parla di YouTube. Alcuni utenti hanno mandato il video con le loro reazioni alla notizia dell'acquisto da parte di Google. Come se su Canale 5 mandassero un video di ciò che pensiamo di Canale 5, critiche e attacchi compresi. Questa grande varietà di video è la conferma di quanto il web riesca a rispecchiare le diverse opinioni e punti di vista degli utenti, liberi e soddisfatti di trovare risposta alle proprie curiosità, ai propri dubbi, ai loro interessi, alla loro voglia di intrattenimento e alla loro fame di informazione. Spunti liberamente tratti da “L’Espresso” 25 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 OPINIONI Etica e comunicazione Fino a qualche anno fa il termine etica rimaneva confinato nelle aule dei licei e delle università, faceva capolino nella saggistica per addetti ai lavori o nei sermoni di qualche predicatore. Da qualche tempo invece di etica parlano più o meno tutti, così come più o meno tutti parlano di comunicazione. Il più delle volte a sproposito. Il termine etica compare per la prima volta nei testi di Aristotele per indicare quella branca della filosofia che si occupa della condotta dell’uomo e della valutazione del suo comportamento nel rapporto con se’ stesso e con i suoi simili. Non si ricorda filosofo dell’epoca classica che non si sia occupato di etica con le finalità più diverse: chi perseguendo obiettivi di pura speculazione, chi invece con altre motivazioni, quali, ad esempio, la promozione della fede e della morale cristiana. Tutti costoro tuttavia attribuirono al termine etica lo stesso valore indicato da Aristotele. Molti anni dopo invece, Hegel ne estese il significato, introducendo la distinzione tra eticità e moralità, intendendo quest’ultima come riferimento esclusivo all’aspetto soggettivo della condotta umana, mentre al termine eticità diede il significato di insieme dei valori morali effettivamente realizzati o vissuti in rapporto ad istituzioni come la famiglia o la società. Partendo da questa distinzione, apparentemente di carattere esclusivamente terminologico, ma gerarchizzandone il valore in favore di quest’ultima (l’eticità), pervenne all’enunciazione di quella teoria - aberrante per ogni spirito liberale - che viene comunemente ricordata con l’espressione “stato etico”, che costituì il fondamento ideologico dei totalitarismi che hanno insanguinato il ventesimo secolo. L’etica come business La domanda che mi pongo, quando mi trovo al cospetto dei quotidiani ed accorati appelli all’etica provenienti dai soggetti più diversi, 26 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 è fino a che punto si tratti di richiami disinteressati o non invece mirati ad obiettivi che con l’etica, quella che fa riferimento alla persona e non ad altre realtà, non hanno nulla da spartire. Non sarà il solito specchietto per le allodole destinato ad incantare le solite “anime belle” pronte ad accodarsi a chiunque, con aria ispirata e sguardo trasognato, parli degli “altri” utilizzando sempre e comunque la “A” maiuscola, come i famosi topi al seguito del pifferaio magico che li condusse ad una misera fine, conseguendo così il suo ben remunerato obiettivo? Di pifferai disponiamo in eccesso: politici, imbonitori televisivi, sedicenti apostoli delle più diverse e pittoresche fedi, venditori di pozioni magiche o propugnatori di idee squinternate. Così come disponiamo, anche in questo caso in abbondanza, di pulpiti, tecnologici e non: tv pubbliche e private, convegni e congressi sugli argomenti più disparati, internet ed altre diavolerie elettroniche. Dove vogliano condurre il gregge i nostri pifferai non è dato sapere, ma il dubbio che la meta siano le vorticose acque del fiume è molto forte. Così come è forte il sospetto che, dietro a tanto sacro furore, finisca inevitabilmente per far capolino il business, variamente declinato: il business della solidarietà, il business della responsabilità sociale o quello dell’organizzazione del consenso a vantaggio del miglior offerente. Etica e comunicazione Ma che ci azzecca - direbbe il sanguigno e citatissimo politico molisano - tutto questo con la comunicazione? Ci azzecca e come, per una serie di buoni motivi, il primo dei quali è che la comunicazione - attività finalizzata ad uno scopo di natura economica - dev’essere onesta, veritiera, corretta. Nel senso che deve perseguire i suoi legittimi scopi, che sono legati ad un interesse di parte, ma un interesse che deve risultare assolutamente palese, dichiarato ed a tutti evidente. Di qui il divieto, in primo luogo morale, di fare ricorso a tecniche subliminali che celino o camuffino in qualche modo il vero scopo della comunicazione stessa. Per questo mi dico perplesso quando leggo di marketing “virale” o altre simili tecniche di promozione e di vendita (vedi gli articoli dedicati all’argomento sul n. 19 e quello che appare a pag. 22 di questo stesso numero della nostra rivista). A mio modesto avviso sarebbe bene che queste iniziative fossero valutate con molta più attenzione da parte dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria e dall’Autorità Garante competente e prima ancora - a fronte di una richiesta in tal senso di un Cliente - fossero sottoposte al vaglio della nostra coscienza. Ed ecco che ritorniamo al nocciolo della questione: entro quali limiti dobbiamo sentirci eticamente responsabili nel momento in cui utilizziamo professionalmente uno strumento potente e delicato come la comunicazione? E’ fuori di dubbio che siamo responsabili nei confronti di coloro che ci pagano e quindi obbligati a mettere in campo tutte le risorse e tutti gli strumenti che possano favorire il conseguimento del risultato atteso, ma siamo altrettanto responsabili, nell’esercizio della professione, delle eventuali violazioni di quei principi etici ai quali siamo vincolati come cittadini e, soprattutto, come uomini. E qui potremmo aprire una dissertazione infinita, dividerci tra fautori delle tesi di Max Weber o di Sant’Agostino, di Benedetto Croce o dello stesso Hegel. Personalmente ritengo che basterebbe ricordare più spesso le parole di Kant, quando afferma che “l’individuo non può mai essere un mezzo, ma solo un fine”, oppure rifarci credenti o no - a quei principi etici che stanno alla base della dottrina cristiana e che sono mirabilmente riassunti nella formula “Honeste vivere, alterum non ledere, suum cuique tribuere”. Potrebbe essere un modo efficace per vivere meglio il rapporto con gli altri e, quel che più conta, per trovarci ogni giorno - nella nostra vita e nell’esercizio della professione - in pace con noi stessi e con la nostra coscienza. Gargamella [email protected] Lo spettacolo non piace. Restituiteci i soldi del biglietto Nel corso dello spoglio delle schede per l’elezione del nuovo Consiglio Direttivo Unicom ha destato un certo scalpore una frase vergata su una scheda che diceva “restituiteci i soldi” (evidentemente un anonimo associato in qualche modo insoddisfatto del lavoro dell’Associazione o un inguaribile burlone). Riceviamo da un associato (che si firma FM) una nota, che volentieri pubblichiamo. Anche se preferiremmo di gran lunga che i due “anonimi” non fossero tali. Dall’ultima assemblea Unicom raccolgo la “provocazione” di un associato per trarne un motivo di riflessione da condividere con tutti. Recentemente ho letto un articolo firmato da Gustavo Zagrebelsky (la Repubblica, 12 dicembre 2006) dall’interessante titolo: “Libertà senza responsabilità, indifferenza ai problemi comuni: il cancro della democrazia e della stessa vita associata”. Naturalmente le sottolineature sono mie, nella misura in cui ho “sentito” parole come: libertà, democrazia e associazione, entrare in causa con la “provocazione” messa in atto da un associato nel contesto dell’Assemblea per l’elezione degli organi Unicom. La citazione ha avuto facile richiamo nel momento in cui la “primitiva” e colorita, formula di voto (“restituitemi i soldi”) dell’anonimo associato mi ha fatto percepire una sua personale concezione della vita associativa che, più o meno, dovrebbe suonare così: “pago la mia quota e pretendo delle risposte, magari preconfezionate e senza neanche porre una domanda o manifestare un’opinione”. L’esagerazione è d’obbligo per intenderci, ma non sposta di una virgola la necessità, o perlomeno il tentativo, di ribadire all’associato e a noi tutti una concezione un po’ “più alta” dei valori associativi in grado di vincere qualunque passività, fatalismo e indifferenza per i problemi comuni. Credo che chi, magari come il nostro anonimo associato, vive l’associazionismo come un “corno dell’abbondanza” dal quale aspettarsi di volta in volta “ogni grazia”, o come il magico cilindro dal quale “estrarre il coniglio” che gli risolve ogni difficoltà, continuerà ad aspettarsi miracoli, più che chiedere soluzioni, o continuerà semplicemente a chiedere, più che costruire e formulare, insieme ad altri, un sistema di trasmissione e trasformazione delle domand: l’unico modo, a mio parere, per ottenere risposte qualificate nel contesto di una moderna associazione. Per cui è evidente che, nel nostro caso, si è verificato un malinteso sulle aspettative che l’associato ha nei confronti dell’Associazione. Pensa forse di poter vivere il presente dell’Associazione come esclusiva area del proprio immediato interesse, invece che come premessa lungimirante di un avvenire Serendipity e comunicazione d’impresa Qualche tempo fa nel corso di un convegno sulla pubblicità, un collega era intento a presentare una case history riguardante una campagna pubblicitaria che aveva fatto un pezzo della storia della comunicazione italiana, e raccontava come, dopo una serie di innumerevoli presentazioni, riflessioni sul brand, sul suo posizionamento, sul target di riferimento, ecc. - sempre non gradite dal cliente - il claim della campagna nacque quasi per caso, spiegandocene anche in modo colorito e simpatico sia il come sia i vari collegamenti che per casualità ed intuito lo avevano generato. In quel momento, mi tornò istantaneamente alla mente, un libro che tempo addietro avevo letto sulla Serendipity, un testo che seguiva oltre due secoli di storia sull’argo- mento, e gli usi ideologici e sociali cui la Serendipity si è prestata. Serendipity è ovviamente una parola inventata, coniata nel 1754 da Horace Walpole sulla base di una leggenda: “I tre Principi di Serendip”. Serendip per chi non lo sa, è l’antico nome dell’attuale Sri-Lanka. La leggenda raccontava che quando le loro Altezze viaggiavano, scoprivano per fortuna o per intuito, cose che non stavano assolutamente cercando. Essi avevano il dono, di trovare cose “belle e buone” anche senza averle mai cercate, ed allo stesso tempo, di trasformare in “belle e buone”, cose che belle e buone non erano. Dunque, nella Serendipity si tiene conto dell’imprevisto, che nel corso di un processo, porta a compiere in modo assolutamente non intenzionale, scoperte felici. In altre pa- comune? Per come la vedo io, l’Associazione è un sistema aperto di connessioni dove ognuno di noi cerca di riformulare le istanze in termini di opportunità comuni, aumenta la disponibilità al confronto e ad integrare le proprie risorse con quelle degli altri per acquisire più peso, visibilità e credibiità nei confronti della committenza (per esempio sul tema delle “gare” pubbliche o private). E’ evidente che l’associato di cui sopra, se non riesce a sfruttare appieno queste possibilità, non sa quello che si perde. Perde soprattutto le enormi potenzialità di un’Associazione più partecipante e partecipata, dove poter rivitalizzare lo scambio tra noi associati per cercare ulteriori strade che riescano a valorizzare la nostra capacità di supporto reciproco e di elaborazione innovativa orientata alla ricerca di nuove opportunità in grado di far crescere ognuno nell’interesse di tutti. Sempre nell’articolo di Zagrebelsky è riportata una citazione di Paul Ginsborg che mi piace riproporre perché offre una definizione della società civile che non si discosta molto da quella che è, o dovrebbe essere, la concezione di un’Associazione come la nostra: “…è il luogo di coloro che sanno alzare lo sguardo dalla loro pura e semplice convenienza individuale, per vedere più avanti e più in largo…”. La morale? Paghiamo tutti il biglietto, ma la qualità dello spettacolo la facciamo noi. Non scambiamo l’Associazione come un’area di parcheggio delle nostre solite istanze, ma come uno spazio di scambio dinamico e interattivo dove misurare le nostre capacità e, soprattutto, orientare il nostro futuro. (FM) role, Serendipity, nell’accezione moderna del termine, significa trovare qualcosa di prezioso mentre si cerca qualcosa di completamente diverso, oppure, in alternativa, trovare qualcosa che si andava cercando, ma in un luogo o in un modo inaspettato. Per chi fa il nostro mestiere, Serendipity può essere a seconda dei casi una parola oscura e bizzarra, una parola capricciosa ed attraente, ma non possiamo prescindere dal dare il giusto valore etico e morale a questo termine, affrontando in modo generico il problema della fortuna o della sfortuna, facendo altresì un distinguo fra le probabilità di successo e fallimento. Alla fine il quesito che mi pongo e che metto a disposizione di chiunque voglia pronunciarsi sull’argomento è: nella pubblicità la Serendipity deve essere interpretata come merito o fortuna, come un’apolologia del sapere, qualunque esso sia, o come la capacità di trovare l’idea giusta quando serve? Biagio Vanacore [email protected] 27 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 LA POSTA Società multietnica, multiculturalismo ed identità culturale. Gargamella, nell’«Opinione» pubblicata nel numero 19 della nostra rivista, ha rivolto una dura critica ad un certo relativismo culturale che confonde società multietnica e multiculturalismo, suscitando le “proteste” di un’affezionata lettrice. Pubblichiamo la sua lettera e la risposta del nostro opinionista. Caro Gargamella, come sempre mi complimento con te per la facilità e la semplicità con le quali riesci a trattare argomenti importanti comunicando a tutti noi il tuo punto di vista. Sono però altrettanto sicura che, da uomo intelligente, ti piacerebbe che queste tue doti venissero riconosciute ricevendo risposte e magari, perché no, critiche. Reazioni, comunque. Viceversa, da quanto mi pare di vedere (ti seguo con affettuosa attenzione) queste risposte non arrivano frequentemente soprattutto su temi che apparentemente non coinvolgono la professione che sosteniamo di esercitare. E, quando arrivano, sono sommarie e molto spesso unicamente e un po’ troppo sbrigativamente elogiative. Ebbene questa volta provo a cimentarmi io – con un certo timore reverenziale e un po’ di batticuore perché non ho la tua facilità espressiva – a rispondere a questo tuo ultimo messaggio che ho trovato molto “Ferrariano” (nel senso di Giuliano Ferrara, ndr) e dal quale dissento profondamente. Prima di tutto: perché “Ferrariano”? Perché anche tu, come lui, abusi delle tue indubbie doti e, volendoci portare “dalla tua parte” su una certa tesi, usi una serie di argomentazioni a sostegno che, se non si sta attenti ad attrezzarsi, portano chi ti legge ad essere d’accordo sulla tesi, cadendo nella trappola che tu hai sapientemen- 28 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 te teso. In questo caso, a meno che io non abbia preso un grosso abbaglio, a me è sembrato che tu intenda sostenere che “la costruzione di una società multiculturale” è … una boiata pazzesca di villaggesca memoria. Per fare questo, tuttavia, invece di entrare nel merito e motivare chiaramente il tuo pensiero, astutamente tiri in ballo un’argometazione come quella dello studio del latino e del greco e riferisci del recente “invito accorato della gerarchia vaticana al recupero, soprattutto attraverso la scuola, della conoscenza delle lingue classiche” (…Eminem… Eminenza?!). Prima di proseguire nella mia bonaria critica, ti dico la mia in proposito. Le preoccupazioni della Chiesa cattolica sui pericoli dello smarrimento da parte del mondo occidentale delle sue radici cristiane sono non solo comprensibili (dopo tutto, per loro il target si restringe lasciando pericolosamente spazio alla concorrenza…), ma anche condivisibili. In realtà, se veramente volessimo tutti costruire un vero mondo multiculturale, queste radici (per quanto ci riguarda) e quelle degli altri (che indubitabilmente ci sono e valgono tanto quanto le nostre), sarebbero il cemento che ciascuno dei soggetti partecipanti metterebbe a disposizione di questa costruzione. Radici come: amore per i propri simili, rispetto del credo dell’altro, altruismo per una condivisione pacifica dell’unico bene che l’uomo possiede: il pianeta, la sua vita. Qualcuno potrebbe dire: una grande, irrealizzabile utopia. Forse. Ma è solo inseguendo sogni e utopie apparentemente irrealizzabili che l’uomo è diventato quello che ancora oggi è malgrado il fragore, la confusione, la … Babele che ci circonda: HOMO SAPIENS! E vorrei anche aggiungere che, se in questa fase della storia del mondo le donne potessero contare di più nella vita sociale, ecclesiastica (cioè anche all’interno delle varie chiese) e politica, sono certa che molti positivi passi avanti si sarebbero già fatti in questa direzione, perché le qualità materne e le potenzialità amorose delle donne avrebbero contrastato efficacemente gli atteggiamenti ottusamente predatori dei maschi dominanti. Caro Gargamella, ritorno alla mia critica e finisco. Tirare in ballo la dilagante superficialità, l’ignoranza generalizzata (a cominciare dai maîtres à penser), le mastodontiche e becere illusioni spacciate ai giovani da governanti, massmediologi, comunicatori e chi più ne ha più ne metta, non possono che trovarci pienamente consenzienti. Ma… che ci azzecca, tanto per usare una frase fatta, con i pericoli della multiculturalità? Se pensi che una società multiculturale sia non solo una chimera, ma addirittura una “nefandezza”, abbi più coraggio e dacci le tue motivazioni. Oltre tutto l’argomento è così attuale e ci riguarda tutti così da vicino che varrebbe senz’altro la pena di farne oggetto di un dibattito allargato. Apprezzo sempre e comunque il tuo desiderio e il tuo sforzo nel cercare di stimolare la parte più nobile di ciascuno di noi. Con stima e affetto. Elena Romano Carissima Elena, sorvolo sulle lodi e cerco di concentrarmi sulle critiche e sulle osservazioni, innanzitutto convenendo con te che, se alle donne fosse riservato un ruolo più importante nella vita sociale (parliamo quindi di politica, cultura, economia), non potremmo che trarne tutti quanti giovamento, se non altro - ma non solo - per il riconosciuto buonsenso che caratterizza le "compagne" della nostra vita. E proprio col pensiero di due grandi don- ne, sostenitrici delle tesi avverse all'utopia della società multiculturale, vorrei che ti confrontassi, senza pregiudizi e con serenità: la compianta Oriana Fallaci e l'antropologa Ida Magli. Entrambe sul tema hanno scritto molto: la prima con passione, toni talvolta accesi e un po' sopra le righe, la seconda con lucida, fredda e scientifica determinazione. Perché ho usato il termine utopia parlando di multiculturalismo? Perché rilevo che nella situazione presente - su questo tema in particolare - non ci troviamo in presenza di un confronto di tesi contrapposte ma mutuate da riflessioni profonde, bensì piuttosto di uno scontro tra chi cerca di fare quotidianamente professione di buon senso e di moderazione e chi, invece, si propone come fautore di istanze che prescindono completamente dalla razionalità, dalla logica, dal rispetto per la dignità e la sacralità della persona, nel contesto di una visione integralista e teocratica della società. Il confronto, su qualsivoglia argomento, non può prescindere dalla definizione preventiva di alcuni principi condivisi. Proviamo, per puro amore di discussione, a tentare di individuare alcuni elementi dai quali potremmo partire noi, figli ed eredi della civiltà occidentale, per avviare un dialogo ed un confronto con i fautori dell'integralismo di matrice islamica: non certo i concetti di libertà, di democrazia, di tolleranza, non il rispetto per la vita umana, non l'uguaglianza tra gli uomini a prescindere da ceto, origini, razza e religione, non il riconoscimento della dignità della donna e l'eventuale suo ruolo nella società, non l'istituzione famigliare così come noi la consideriamo, non il ruolo della religione, fatto squisitamente personale ed individuale nella nostra visione ed invece fatto pubblico e collettivo nella loro. Potremmo continuare, ma mi pare un esercizio inutile. E' vero, ci fu un tempo in cui nell'Islam fiorivano le scienze e le arti, si coltivava la tolleranza, si studiava con passione e rispetto, pur contestandone molte argomentazioni, la filosofia classica. Ed era il tempo in cui le nostre terre, percorse da orde di barbari, si erano talmente degradate al punto che una cappa di oblio era scesa sui fondamenti stessi della nostra civiltà: nei secoli bui del medioevo, mente l'Islam teneva alta la fiaccola della civiltà, noi eravamo sprofondati nella palude dell'intolleranza, della prevaricazione, dell’odio e della superstizione, figlia prediletta dell'ignoranza. Ma ora i tempi sono cambiati e i ruoli si sono ribaltati. Tocca a noi difendere da una quotidiana aggressione i fondamenti della nostra cultura e della nostra civiltà. Senza spocchia, senza becere affermazioni di superiorità, senza volerci atteggiare a maestri di civiltà, ma costituendoci a difensori della “nostra” civiltà, difendendone i valori, soprattutto quelli non negoziabili. C’è un limite invalicabile infatti al relativismo culturale e possiamo individuarlo in quelle “ αγραφτα λογοι ” (le “non scritte leggi degli Dei” alle quali si appella Antigone), che da duemilacinquecento anni abbiamo posto a fondamento della nostra cultura o, se preferisci, della nostra civiltà. Nel far questo, naturalmente, dobbiamo operare sempre facendo professione di concretezza e buon senso. Dobbiamo cioè adottare strumenti adeguati e compatibili con i principi che abbiamo fatti nostri e sui quali abbiamo costruito il modello di vivere civile, che, ancorchè non definibile come la realizzazione compiuta della città ideale, costituisce pur sempre un compromesso accettabile tra l'utopia e la realtà di ciò che è accessibile all'umana natura. I mezzi esistono, a partire dall'applicazione rigorosa del principio di reciprocità, dall'adozione di leggi umane, ma, al tempo stesso, severe e puntigliosamente applicate, da una piena disponibilità al dialogo, ma solo con chi si rende a sua volta disponibile a dialogare partendo da una piattaforma comune di principi condivisi. Senza rinunciare mai alla razionalità e senza confondere la solidarietà con il dilagante buonismo da quattro soldi. Grazie a Dio non è più tempo di crociate e chi le invoca, comunque camuffate, è un cretino. Ma non per questo si può concedere che qui, a casa nostra, per qualcuno sia tuttora tempo di Jihad. Voltaire ammoniva: “A tutti si deve tolleranza, tranne che agli intolleranti”. Gargamella [email protected] 29 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 INCONTRI Thomas Stearns Eliot Thomas Stearns Eliot Il sermone del fuoco (da La terra desolata) La tenda del fiume è rotta: le ultime dita delle foglie s'afferrano e affondano dentro la riva umida. Il vento incrocia non udito sulla terra bruna. Le ninfe son partite. Dolce Tamigi, scorri lievemente, finché non abbia finito il mio Canto. Il fiume non trascina bottiglie vuote, carte da sandwich, fazzoletti di seta, scatole di cartone, cicche di sigarette o altre testimonianze delle notti estive. Le ninfe son partite. E i loro amici, credi bighelloni di direttori di banca della City; partiti, e non hanno lasciato indirizzo. Presso le acque dei Lemano mi sedetti e piansi... Dolce Tamigi, scorri lievemente, finché non abbia finito il mio canto. Dolce Tamigi, scorri lievemente, perché il mio canto non è alto né lungo. Ma alle mie spalle in una fredda raffica odo lo scricchiolio delle ossa, e il ghigno che fende da un orecchio all'altro. Un topo si insinuò con lentezza fra la vegetazione strascicando il suo viscido ventre sulla riva mentre stavo pescando nel canale tetro una sera d'inverno dietro il gasometro meditando sul naufragio del re mio fratello e sulla morte del re mio padre, prima di lui. Dei bianchi corpi ignudi sul suolo molle e basso e ossa,gettate in una piccola soffitta bassa e arida, smosse solo dal piede del topo, un anno dietro l'altro. Ma alle mie spalle di tanto in tanto odo suoni di trombe e motori, che condurranno Sweeney da Mrs. Porter a primavera. Oh la luna splendeva lucente su Mrs. Porter e su sua figlia che si lavano i piedi in "soda water" Et ces voix d'enfants, chantant dans la coupole! Tuit tuit tuit Giag giag giag giag giag giag Così brutalmente forzata. Tiriù Città irreale sotto la nebbia bruna di un meriggio invernale Mr. Eugenides, il mercante di Smirne, mal rasato, con una tasca piena d'uva passa C.i.f. London: documenti a vista, m'invitò in un francese demotico ad una colazione al Cannon Street Hotel seguita da un weekend al Metropole. Nell'ora violetta, quando gli occhi e la schiena si levano dallo scrittoio, quando il motore umano attende come un tassì che pulsa nell'attesa, io Tiresia, benché cieco, pulsando fra due vite, vecchio con avvizzite mammelle di donna, posso vedere nell'ora violetta, nell'ora della sera che contende il ritorno, e il navigante dal mare riconduce al porto, la dattilografa a casa all'ora del tè, mentre sparecchia la colazione, accende la stufa, mette a posto barattoli di cibo conservato. Pericolosamente stese fuori dalla íìnestra le sue combinazioni che s'asciugano toccate dagli ultimi raggi del sole, sopra il divano (che di notte è il suo letto) sono ammucchiate calze, pantofole, fascette e camiciole. Io Tiresia, vecchio con le mammelle raggrinzite, osservai la scena, e ne predissi il resto. Anch'io ero in attesa dell'ospite atteso. Ed ecco apriva il giovanotto foruncoloso, impiegato d'una piccola agenzia di locazione, sguardo ardito, uno di bassa estrazione a cui la sicurezza s'addice come un cilindro a un cafone rifatto. Ora il momento è favorevole, come bene indovina, il pasto è ormai finito, e lei è annoiata e stanca, lui cerca d'impegnarla alle carezze che non sono respinte, anche se non desiderate. 30 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 Eccitato e deciso, ecco immediatamente l'assale; le sue mani esploranti non incontrano difesa; la sua vanità non pretende che vi sia un'intesa, ritiene l'indifferenza gradita accettazione. (E io Tiresia ho pre-sofferto tutto ciò che si compie su questo stesso divano o questo letto; io che sedei presso Tebe sotto le mura e camminai fra i morti che più stanno in basso). Accorda un bacio finale di protezione, e brancola verso l'uscita, trovando le scale non illuminate... Lei si volta e si guarda allo specchio un momento, si rende conto appena che l'amante è uscito; il suo cervello permette che un pensiero solo a metà formato trascorra: “Bene, ora anche questo è fatto: lieta che sia finito.” Quando una donna leggiadra si piega a far follie e percorre di nuovo la sua stanza, sola, con una mano meccanica i suoi capelli ravvia, e mette un disco a suonare sul grammofono. “Questa musica presso di me scivolava sull'acque” e lungo lo Strand, fino alla Queen Victoria Street. O città, città, talvolta posso udire vicino a una qualsiasi taverna in Lower Thames Street il lamento piacevole di un mandolino, e dentro chiacchiere e altri rumori là dove a mezzogiorno i pesciaioli riposano: dove le mura di Magnus Martir contengono uno splendore inesplicabile di bianco e oro ionici. Il fiume trasuda olio e catrame. Le chiatte scivolano con la marca che si volge. Vele rosse. Ampie sottovento, ruotano su pesanti alberature. Le chiatte sospingono tronchi che vanno alla deriva verso il tratto di fiume di Greenwich oltre l'Isola dei Cani. Weialala lcia Wallala Iciaiala Elisabetta e Leicester remi che battono la prua era formata da una conchiglia dorata rossa e oro L'agile flusso dell'onda si frangeva su entrambe le rive. Il vento di sud ovest con la corrente portava lo scampanìo delle campane torri bianche. Weialala leia Wallala Ieialala “Tram e alberi polverosi. Highbury mi fe'. Disfecemi Richmond e Kew. Vicino a Richmond alzai le ginocchia Supina sul fondo di una stretta canoa.” “I miei piedi sono a Moorgate, e il mio cuore sotto i miei piedi. Dopo il fatto egli pianse. Promise "un nuovo inizio". Non feci commento. Di cosa mi dovrei rammaricare?” “Sulle Sabbie di Margate. Non posso connettere nulla con nulla. Le unghie rotte di mani sporche. La mia gente, gente modesta che non chiede nulla.” la la... Poi a Cartagine venni. Ardere ardere ardere ardere O Signore Tu mi cogli. O Signore Tu cogli bruciando. T. S. Eliot, nato a St. Louis, Missouri, nel 1888 da una famiglia borghese, studiò ad Harvard, alla Sorbona (dove frequentò le lezioni di Henri Bergson) e ad Oxford. Nel 1914 si trasferì in Inghilterra, dove, pur mantenendosi con un lavoro da impiegato di banca, cominciò a pubblicare le prime poesie. L’anno successivo si sposò con Vivienne Haigh-Wood. Dopo essere diventato direttore della casa editrice Faber and Faber passò un periodo in una casa di cura in Svizzera per una cura psicologica e qui terminò la sua opera “La Terra Desolata”. La poesia era rimasta la sua unica opportunità di fuga dalla vita familiare. Nel 1927 divenne cittadino inglese e si definì un “classicista in letteratura, monarchico in politica, anglo-cattolico in religione”. Nel 1947 alla morte della moglie (ricoverata da tempo in una casa di cura) fu pervaso da sensi di colpa. Successivamente la sua poesia si rivolse a problemi di ordine filosofico e sociale, che portò anche nelle sue opere per il teatro. Nel 1948 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura. Morì nel 1965. La poesia di Eliot è modernista: non presenta, cioè, un’ordinata sequenza di pensieri o uno sviluppo logico, quanto piuttosto una serie di “fotogrammi”, di frammenti non collegati l’un l’altro da connessioni logiche. Il clima culturale in cui si inserisce la sua opera è quello dell’esistenzialismo. Tra le sue opere più note possiamo ricordare: La terra desolata (1922) Mercoledì delle ceneri (1929) Assassinio nella Cattedrale (1935) Quattro quartetti (1942) LETTURE a cura di Paolo Romoli Periodico di informazione del Consiglio Direttivo dell'Unione Nazionale Imprese di Comunicazione - UNICOM Il linguaggio dei nuovi media Lev Manovich UPA - Edizioni Olivares Questo volume, giunto ormai alla sesta edizione, costituisce uno studio sistematico a livello internazionale sull’evoluzione dei nuovi media con particolare riguardo all’ultimo decennio. Pubblicato dal Massachusetts Institute of Technology, offre una visione organica dei new media collocandoli nella traiettoria di sviluppo della cultura contemporanea visiva e mediatica. “Il linguaggio dei nuovi media” viene considerato il libro cult dagli studiosi e dagli attori che operano nel campo delle arti elettronihe: registi, storici della comunicazione, producer televisivi, web designer, critici d’arte ed artsti. Lev Manovich è Professore Associato presso il Dipartimento di Arti Visive dell’Università della California a San Diego, dove insegna New Media. Nato a Mosca, dove ha studiato belle arti, architettura e informatica, arriva a New York nel 1981 dove consegue il Master of Arts in Scienze Cognitive ed un Dottorato di Ricerca in Arti Visuali. Ha lavorato nel mondo dell’informatica come animatore, designer e programmatore fino al 1984. Da allora si dedica all’attività formativa sia come docente che come relatore presso importanti centri universitari in America ed in Europa. Da target a partner Luigi Ferrari Mario Ruotolo - Riccardo Vigliani Isedi - Euro 23,50 Questo testo coniuga una sintesi delle posizioni teoriche in tema di comunicazione d’impresa con l’analisi del reale vissuto dalle aziende italiane. Il vecchio paradigma del “consumatoretarget” inizia a vacillare, gli imprenditori avvertono questo pericolo, ma non sembrano ancora in grado di definire un approccio più avanzato al nuovo “consumatore-individuo” che si va profilando sul teatro d’azione dell’impresa e sui suoi mercati. Dalla ricerca emergono con chiarezza le ansie e le preoccupazioni di questo momento e le diffrenze nel modo di affrontarle tra le organizzazioni orientate al “metodo”, al “management” o al “leader”. Vengono espresse certezze (poche) e molti dubbi, corredati da genuine ed originali testimonianze derivate dall’esperienza diretta dei protagonisti. Il filo conduttore dell’opera risiede così nella necessità-opportunità per l’impresa di ristabilire un rapporto reciprocamente premiante con il nuovo individuo-consumatore-partner, partendo da un approfondito ascolto delle nuove realtà e costruendo un sistema di relazioni stabili e “adulte”, attraverso un rinnovato ruolo della Comunicazione Totale come funzione aggregante delle varie anime aziendali. Luigi Ferrari è Presidente dell’Istituto di Ricerca People, Consigliere del gruppo comunicazione di Assolombarda e docente di comunicazione d’impresa presso l’Università IULM. Mario Ruotolo e Riccardo Vigliani sono entrambi ricercatori sociali e docenti presso l’Università IULM. Anno V - n. 20 - Dicembre 2006 / Gennaio 2007 Direttore Responsabile Paolo Romoli Comitato di Redazione Antonio Acampora Claudio Avallone Nicola Bovoli Renato Camposano Alessandro Colesanti Donatella Consolandi Federico Crespi Angela D’Amelio Francesco Ferro Juma Jannelli Fiammetta Malagoli Francesco Miscioscia Renato Sarli Lorenzo Strona Rossella Tosto Giorgio Tramontini Biagio Vanacore Hanno collaborato a questo numero: Angela D’Amelio Francesco Ferro Emanuele Gabardi Fiammetta Malagoli Fiorella Passoni Carlo Sangalli Renato Sarli Lorenzo Strona Biagio Vanacore Immagini: - Archivio Unicom - TIPS images (per gentile concessione) UNICOM Unione Nazionale Imprese di Comunicazione 20122 Milano - Piazza Bertarelli, 1 tel. +39.02.863815 r.a. - Fax +39.02.809636 e-mail: [email protected] www.unicom-mi.org Editore incaricato: LS&P srl - Viale Marazza, 30 28021 Borgomanero (No) Iscrizione al ROC n. 1348 Stampa: Mediagraf srl Viale della Navigazione interna, 89 35027 Noventa Padovana (PD) Periodico Bimestrale registrato presso il Tribunale di Milano n. 656 con Decreto del 17-11-2003 Distribuzione: 7.800 copie Sped. in Abb. postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 Filiale di Padova DCB Costo copia Euro 2,00 Abbonamento 6 numeri Euro 6,00 Pagamento anticipato a mezzo Assegno Bancario intestato a: UNICOM - P.za Bertarelli, 1 20122 Milano Ai sensi della Legge 675/96, art. 10 si informa che l'Editore incaricato tratta i dati forniti da Unicom. Nei confronti dell'Editore e di Unicom sarà quindi possibile esercitare i diritti di cui all'art. 13 della suddetta legge (cancellazione, rettifica, aggiornamento, integrazione). 31 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07 Una scelta. Molte opportunità Conoscere la realtà in cui si vive è il primo compito di un comunicatore, così come lo è per un imprenditore. Unicom da tempo rappresenta, promuove e sostiene le imprese che operano in questo comparto, ne conosce a fondo ogni aspetto: valori, costi, problemi, e mette loro a disposizione una pluralità di servizi e convenzioni. Ma la forza di Unicom non si basa solo sulla qualità delle opportunità che offre alle imprese associate: la sua capacità di interpretare e rappresentare necessità ed aspettative del mondo della comunicazione costituisce la premessa migliore per affrontare e vincere ogni sfida, anche la più impegnativa. Aderire ad Unicom dunque significa aggiungere energie al proprio lavoro. Scegli come conoscere Unicom e cosa fare per farne parte: coupon, e-mail o telefono e poi… incontriamoci. unicom Desidero ricevere altre informazioni su Unicom Nome ...................................................................... Azienda ........................................................................... Indirizzo .................................................................. CAP .................. Città .................................................. Telefono .................................................................. E.mail ................................................................................. Piazza Bertarelli, 1 - 10122 Milano - Tel. 02.863815 - Fax 02.809636 - E,mail [email protected] - www.unicom-mi.org Unione Nazionale Imprese di Comunicazione Insieme conviene