Origine e Sviluppo del Socialismo.
La rivoluzione industriale generò profondi mutamenti economici e sociali.
La rapida riconversione dell’economia nazionale dall’agricoltura all’industria provocò ingenti
spostamenti di popolazione dalla campagne verso le città generando un conseguente squilibrio
tra la crescente ricchezza della borghesia imprenditoriale e commerciale e la drammatica
povertà del proletariato.
In questo scenario socio-economico nasce, nella prima metà dell’Ottocento, il socialismo che
si configura come l’insieme delle teorie volte a migliorare le condizioni economiche e di
lavoro (salario, orario, diritto di associazione) della nascente classe operaia.
Le idee socialiste furono critiche verso il capitalismo industriale ma volte a correggere e non
a rifiutare l’industrializzazione; non si trattava dunque di tornare al passato pre-industriale, ma
piuttosto di risolvere le grandi contraddizioni sociali che erano sorte e di assicurare un’equa
distribuzione della ricchezza tra tutti i membri della società.
Il Socialismo inglese: Cooperativismo, Trade Unions e Cartismo
In Gran Bretagna il principale contributo alla fondazione del pensiero socialista fu fornito da
Robert Owen (1771-1858). L’imprenditore inglese vide nel cooperativismo la possibile
soluzione della questione sociale e, in qualità di partecipante attivo alle prime esperienze
organizzative del sindacalismo inglese, lo propose come base di una futura società socialista.
Owen, nella sua opera “Libro del nuovo mondo morale”, delineò un modello societario
fondato sui villaggi cooperativi, ovvero comunità agricolo-industriali autoregolate nelle quali
l’intero frutto del lavoro sarebbe stato equamente suddiviso tra gli stessi lavoratori.
Contemporaneamente alle teorie di Owen si affermarono in Gran Bretagna le Trade Unions,
associazioni finalizzate a tutelare gli interessi delle classi lavoratrici. Il governo inglese si
mostrò ben presto ostile a tale forma di associazionismo operaio e nel 1799 con le
Combination Acts vietò qualsiasi tipo di associazione sindacale; tuttavia le Trade Unions del
paese, ormai radicate nel tessuto sociale, si consolidarono in una federazione nazionale: la
Grand National Consolidated Trade Union. Oggi le Trade Unions sono considerate le prime
associazioni sindacali della storia e sono alla base del Partito Laburista inglese.
Nel 1836-1837, un gruppo di operai londinesi guidati da William Lowett formulò un
manifesto di rivendicazione politica e sociale a partire dalla richiesta dell’estensione del
suffragio elettorale. Poiché tale documento fu chiamato La Carta (The Charter) il movimento
che ne derivò prese il nome di Cartismo. L’obiettivo consisteva nel dar vita a un partito
politico della classe operaia per promuovere un programma di riforme in favore del
proletariato.
Il socialismo “utopistico” in Francia
Le prime idee socialiste in Francia nascono come riflessione sulla società formatasi dopo la
fine dell’Ancien Régime piuttosto che come manifestazione di interesse verso le classi
popolari, soprattutto perché nei primi decenni del secolo la Francia non poteva ancora dirsi un
paese industrializzato se si considera che l’industrializzazione francese mosse i primi passi in
un periodo successivo rispetto a quella inglese, durante il regno di Luigi Filippo (1830-1848).
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Fino ad allora la tradizione socialista francese aveva fatto capo alla figura di François-Noël
Babeuf e ai suoi ideali di società egualitaria, fondata sul comunismo dei beni e diretta da
un’avanguardia rivoluzionaria costantemente impegnata nella preparazione insurrezionale alla
conquista del potere.
I principali innovatori del pensiero socialista francese furono Charles Fourier e Claude- Henri
de Rouvroy, conte di Saint-Simon, in un secondo momento si aggiunsero Louis-Auguste
Blanqui, Louis Blanc e Pierre-Joseph Proudhon.
Fourier attribuiva la responsabilità della disuguaglianza sociale al predominio dei mercati e
ipotizzò un utopico sistema sociale basato sulla nascita di falansteri, cioè comunità
autosufficienti nelle quali il lavoro in comune avrebbe potuto coesistere con la proprietà
privata.
Saint-Simon era invece un entusiasta sostenitore dei nuovi metodi produttivi e vedeva nello
sviluppo scientifico e tecnico il futuro dell’umanità. Secondo le sue teorie non era necessario
abolire la proprietà privata ma era necessario sottoporla al controllo diretto dello stato per
porre fine allo sfruttamento del proletariato da parte della borghesia, nell’ottica del
raggiungimento di una fratellanza dei ceti produttivi.
Blanqui fu un instancabile organizzatore di rivolte popolari. Egli concluse la propria attività
rivoluzionaria con la fondazione di un giornale che sin dal titolo riassumeva il suo pensiero:
“Ni Dieu, Ni Maître”(Né Dio, Né Padrone).
Blanc nel suo opuscolo “L’organizzazione del lavoro” teorizzava la creazione di ateliers
sociaux (opifici nazionali), ovvero imprese produttive gestite direttamente dai lavoratori e
finanziate dallo stato, sostituendo così il sistema concorrenziale tra le imprese capitalistiche.
Proudhon si presentava invece come un convinto antistatalista: la rivoluzione poteva essere
generata solo dall’azione diretta dei lavoratori. Egli vedeva nel federalismo e nel
decentramento il contesto istituzionale in cui si sarebbe potuto dispiegare il progetto socialista
sebbene egli stesso sostenesse il valore dell’artigianato, dell’agricoltura e della proprietà
privata individuale.
Proudhon è considerato ad oggi il fondatore dell’anarchismo moderno: egli criticò il
modello comunista che considerava tendenzialmente burocratico e oppressivo e propose come
soluzione l’anarchia positiva, ovvero una convivenza sociale priva di alcun centro di potere.
Il socialismo “scientifico” di Karl Marx e Friedrich Engels
La pretesa di porre il socialismo su basi scientifiche animò tutta la produzione teorica di due
grandi filosofi tedeschi: Karl Marx e Friedrich Engels.
Essi definirono i propri predecessori “utopisti” per la loro tendenza a privilegiare aspirazioni
astratte, mentre definirono “socialismo scientifico” il proprio sistema teorico che, basato
sull’analisi della realtà sociale e sulla conoscenza delle dinamiche economiche, permetteva di
comprendere a fondo i meccanismi della moderna società industriale.
Soprattutto Marx cercava di individuare leggi di funzionamento del sistema industriale, allo
scopo di coglierne le contraddizioni interne, sulle quali fare leva per trasformare la società.
La contraddizione principale individuata dai due filosofi è rappresentata dal fatto che la
proprietà privata di mezzi di produzione e il loro utilizzo vanno a vantaggio di una ristretta
classe sociale generando inevitabilmente il contrasto tra produttori salariati e borghesia
industriale.
Essi dichiararono di essersi ispirati a Owen per la critica del capitalismo, a Saint-Simon per la
subordinazione della politica all’economia e a Fourier per l’analisi del lavoro inteso come
pieno sviluppo delle capacità umane.
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Il socialismo scientifico si differenziava dalle precedenti elaborazioni teoriche principalmente
per tre aspetti: una più ampia critica del sistema economico, un’approfondita analisi storica
che ricercasse i motivi della nascita del movimento socialista in quel preciso frangente storico
e la proposta di metodi concreti per realizzare un nuovo modello di società, basato sul
principio della lotta di classe che avrebbe visto come protagonisti gli stessi proletari. Il
socialismo si sarebbe realizzato dunque con il sopravvento del proletariato sulla borghesia.
Il 1848, anno di pubblicazione del Manifesto del Partito comunista, segna una svolta storica
nell’evoluzione del pensiero socialista.
Esso offriva una grande critica scientifica della società capitalistica basata sulla comprensione
del fenomeno storico della borghesia, sull’interpretazione della storia come lotta fra le classi
e sul materialismo storico, dottrina fondamentale di Marx in base alla quale lo sviluppo della
società è determinato in primo luogo dai rapporti sociali di produzione, i quali determinano la
divisione della società in classi sociali e il conseguente conflitto tra le classi.
Il Manifesto prospettava inoltre i mezzi con i quali il proletariato poteva sconfiggere la
borghesia e instaurare il comunismo.
Esso si apriva proclamando che «Uno spettro s’aggira per l’Europa – lo spettro del
comunismo» e si chiudeva lanciando il celebre appello « Proletari di tutti i paesi unitevi!»,
che divenne in seguito il motto della Prima associazione internazionale dei lavoratori
(1864).
La diffusione delle teorie anarchiche: Michail Bakunin
Negli anni in cui il marxismo si stava diffondendo emerse un’altra dottrina rivoluzionaria,
l’anarchismo, elaborato dal russo Michail Bakunin.
Esso si fondava sul netto rifiuto di ogni principio di autorità in quanto intravedeva proprio
nelle strutture statali l’origine di ogni oppressione e ingiustizia sociale.
Le teorie anarchiche si diffusero soprattutto nei paesi in cui lo sviluppo industriale era più in
ritardo come la Spagna e, soprattutto, l’Italia, dove Bakunin si trasferì nel 1864.
L’anarchismo in Italia e la nascita del Partito socialista
In coerenza con il suo pensiero, Bakunin individuava nelle masse agricole il vero interlocutore
del proprio programma rivoluzionario e prese come bersaglio della propria polemica il
patriottismo e la lotta dei mazziniani democratici che anteponevano alla lotta sociale quella
politica per il compimento dell’unità. In Italia le teorie anarchiche furono accolte da Carlo
Cafiero, Errico Malatesta e Andrea Costa i quali organizzarono, in collaborazione con lo
stesso Bakunin, moti insurrezionali nel 1874 ad Imola e nel 1877 nel Beneventano che furono
subito stroncati dalla polizia su ordine dell’allora ministro degli Interni Francesco Crispi
(ultimo governo Depretis), il quale avviò una forte politica autoritaria e repressiva che sfociò
nel 1894 nella promulgazione delle cosiddette leggi antianarchiche.
Andrea Costa nel 1881, staccatosi dall’anarchismo, fondò il Partito Socialista rivoluzionario
di Romagna e nel 1882 venne eletto deputato del Parlamento italiano.
Nello stesso anno nacque per iniziativa di Orvaldo Gnocchi Viani il Partito operaio italiano
che puntava a importanti riforme economiche e organizzò grandi scioperi agricoli nel
Mantovano e nel Polesine.
Nel 1891 in Italia nasce la Camera del lavoro con funzioni di collocamento e tutela sindacale
e le idee di Marx iniziano a diffondersi, veicolate da Filippo Turati.
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Nel Congresso di Genova (1892), cui parteciparono i delegati di circa trecento fra società di
mutuo soccorso, organizzazioni contadine e Camere del lavoro, si decise la formazione di un
Partito dei lavoratori che l’anno dopo prese il nome di Partito socialista dei lavoratori
italiani e poi, nel 1895, quello di Partito Socialista Italiano il cui obiettivo principale era la
socializzazione dei mezzi di produzione al fine di conquistare i poteri pubblici e trasformarli
in strumento di espropriazione economica e politica della classe dominante.
La Prima internazionale e lo scontro fra Marx e Bakunin
La fondazione dell’Associazione internazionale dei lavoratori (1864-76) rappresenta il primo
tentativo riuscito di dar vita a un’organizzazione laica non statale finalizzata a collegare le
varie organizzazioni operaie esistenti in Europa.
Sin dalla sua nascita a Londra nel 1864, la Prima internazionale fu lacerata dall’aspro conflitto
tra Marx e Bakunin.
Il primo, che fondava la propria azione sull’analisi della società industriale inglese, era
convinto che solo attraverso una direzione politica unitaria il movimento operaio potesse
raggiungere i propri obiettivi e vedeva nella classe operaia il soggetto rivoluzionario delle
proprie teorie; il secondo, che partiva dall’analisi delle condizioni di vita nelle campagne
russe, riteneva invece che qualsiasi forma di potere politico e di partecipazione parlamentare
comportasse un cedimento nei confronti della logica borghese e vedeva nelle masse povere e
agricole il proprio soggetto rivoluzionario.
Il dissidio tra le due posizione esplose dopo il fallimento della Comune di Parigi del 1871.
Nel quinto congresso dell’Internazionale tenutosi all’Aia nel 1872 fu decretata l’espulsione di
Bakunin e dei suoi seguaci, i quali si riunirono nell’Alleanza della democrazia socialista,
fondata a Ginevra nel 1868, costituendo una sorta di Internazionale anarchica.
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