LA RIFORMA CLUNIACENSE
Relatore: Renato Gianolio
Stemma di Cluny: in campo rosso, a due chiavi d’oro a croce di
Sant’Andrea, attraversate da una spada in palo a lama in argento ed elsa
d’oro. La chiave e la spada fanno riferimento rispettivamente ai Santi Pietro
e Paolo, apostoli, ai quali è consacrata l’abbazia. Le chiavi a croce di
Sant’Andrea sarebbero un privilegio di concessione papale.
PREMESSA
Per cercare di capire meglio come si arrivi alla riforma cluniacense, ed il perché di essa, è
opportuno fare un passo indietro nel tempo al periodo carolingio e precisamente a Carlo Magno.
Carlo1 (742-814) re dei Franchi, dei Longobardi e Sacro Romano Imperatore, è stato il primo vero
unificatore dell’Europa occidentale perché ha saputo essere conquistatore, legislatore,
organizzatore. Conquistatore,2 non tanto per appropriarsi di territori o ricchezze altrui ma, per
portarvi la civiltà e per insediare la pace tra popoli barbari continuamente in guerra tra loro.
Legislatore, perché seppe con i suoi CAPITULARIA,3 ne pubblicò oltre sessanta, imporre regole dove
regole non ne esistevano e seppe anche farle rispettare. Organizzatore, perché seppe con il trattato
DE ORDINE PALATII, redatto da Adalberto abate di Corbie e cugino dell’imperatore, regolamentare in
maniera precisa e distinta l’amministrazione di corte e l’amministrazione di Stato. Inoltre favorì il
monachesimo in due modi: come sovrano, per mezzo di una legislazione che seppe mettere ordine
nei monasteri volendo imporre in tutto l’Impero l’osservanza alla Regola; come cristiano,
restaurando antichi monasteri e fondandone di nuovi. Anche in questi ultimi casi le misure
legislative sono contenute in alcuni Capitolari che riportano la data del 789. Ma il desiderio di
imporre l’osservanza della Regola in tutti i monasteri dell’Impero si attuò solo più tardi quando,
morto Carlo, salì al trono suo figlio Ludovico (778-840) re d’Aquitania dal 781 alla morte del padre
e imperatore dall’814 all’840. Ludovico che, non aveva né l’energia tanto meno l’autorità del padre,
dovette lottare non solo contro nemici esterni come aveva fatto Carlo, ma anche contro quelli
interni. Questa sua debolezza politica non impedì comunque a Ludovico di essere un uomo di gran
valore tanto che i biografi le diedero l’appellativo de il Pio. Come suo padre emanò dei Capitolari,
che avevano forza di legge e avevano, inoltre, portata morale ed educativa. Per quanto concerne la
riforma monastica, Ludovico il Pio, si servì dell’opera di un monaco, Benedetto di Aniane (750821) abate del monastero di San Cornelio presso Aquisgrana. Come quasi tutti i fondatori dei
monasteri franchi, Benedetto di Aniane era un aristocratico. Witiza, questo il nome di nascita,
secondo il suo discepolo e biografo Ardone, fece voto di donarsi a Dio nell’anno in cui Carlo
Magno sconfisse Desiderio re dei Longobardi; quindi nel 774. Dopo alcuni anni di severa penitenza,
Witiza, tornò in patria e si stabilì su una delle terre di famiglia, chiamate Aniane, insieme ad un
gruppo di discepoli. Carlo Magno, attento a tutto quanto succedeva nel suo impero, ma ancor di più
ai suoi monaci, venne a sapere di lui: andò personalmente a trovarlo e per onorare in modo speciale
questo monaco, abate povero e fervente, nonché antico aristocratico, diede ordine di far costruire un
1
Dinastia carolingia: Carlo Martello ha tre figli; Pipino il Breve, Carlomanno e Grifone (che venne escluso dalla
successione). Pipino il Breve ha due figli; Carlo, in seguito, Magno e Carlomanno. Carlo Magno ha come unico figlio
Ludovico detto il Pio che a sua volta ha cinque figli: Lotario (successore al trono), Pipino, Ludovico, Carlo e Gisella.
2
Trentuno campagne militari già prima della sua incoronazione, ventuno delle quali condotte da lui personalmente. Un
totale di cinquantatre spedizioni militari in quarantacinque anni di regno, su tutte le frontiere del REGNUM FRANCORUM
che gli era stato affidato, alla morte del padre, Pipino il Breve (714-768).
3
I Capitolari, come si può ben supporre, erano l’insieme di norme legislative atte a regolamentare l’amministrazione
dello Stato. È qui che conosciamo il genio legislativo di Carlo imperatore, attento ai cambiamenti e pronto ad
intervenire con le sue leggi. Il primo Capitolare è stato composto verso il 769, dopo aver sottomesso l’Aquitania.
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monastero dove potesse trovare riparo insieme ai suoi discepoli; era l’anno 782. Quando Ludovico
il Pio, alla morte del padre, preso possesso del palazzo imperiale di Aquisgrana, volle il grande
riformatore del monachesimo vicino a lui fece costruire un monastero nei pressi del fiume Inda,
nell’816, dedicato a San Cornelio. La consacrazione avvenne nell’817 e per volere dell’imperatore
l’abbazia divenne casa-madre di tutti i monasteri dell’Impero. Sempre nello stesso anno, il 10 luglio
817, Ludovico il Pio, convocherà nel suo palazzo di Aquisgrana, un sinodo monastico durante il
quale, per mezzo di Benedetto di Aniane, si impose l’osservanza della Regola in tutti i monasteri
dell’Impero. Verrà redatto, in proposito, il famoso Capitolare di Aquisgrana, meglio conosciuto
come CAPITULARE MONASTICUM. L’obiettivo finale era quello di raggruppare tutti i monasteri in un
unico ORDINE, cioè genere di vita, sotto la comune osservanza della Regola benedettina. Si tenga
presente, inoltre, che oltre alla Regola ogni monastero aveva le proprie OSSERVANZE o
CONSUETUDINI, redatte per colmare il crescente divario tra il testo stesso della RSB e le usanze ed
adattamenti (in funzione del clima, del luogo, dei costumi locali) che, nel tempo, venivano
introdotte. Con il trascorrere del tempo, la compenetrazione sempre più stretta fra vita monastica e
strutture feudali (ricordiamo che gli abati venivano eletti dall’imperatore), i troppi interessi
materiali, i prevalenti compiti amministrativi, la tensione con nuove forme di vita religiosa (come i
canonici regolari) sono all’origine di quel fenomeno noto sotto il nome di “crisi del cenobitismo”, a
cui si cercherà di reagire mediante lo sviluppo di correnti eremitiche e di movimenti monastici
riformati.
LA DECADENZA MONASTICA IN EPOCA CAROLINGIA
Gli studiosi sono orientati ad affermare che sebbene in epoca carolingia i monasteri ricevettero
un grande rinnovamento (grazie a questi sovrani le fondazioni sia dirette che indirette, quest’ultime
dovute in gran parte all’influenza dell’imperatore, furono centinaia), cominciava già con Carlo
Martello (689-741), padre di Pipino il Breve, ad insinuarsi in essi una crisi che portò, poi, nel secolo
XI a parlare di una vera e propria “crisi del cenobitismo”. Ma quali furono le cause: essenzialmente
due (senza considerare il rilassamento all’interno delle Comunità monastiche); la prima di natura
politica e la seconda di natura militare.
CAUSE POLITICHE
Ludovico il Pio, che fu presto chiamato il Bonario a causa della debolezza del suo carattere,
non seppe conservare intatta l’organizzazione che gli aveva lasciato suo padre. L’errore che più
comunemente gli storici gli attribuiscono fu quello di aver diviso troppo prematuramente l’Impero
tra i suoi figli, cosa che produsse in essi l’ambizione di regnare prima della loro ascesa al trono.
Carlo Magno stesso, in vita, aveva mantenuto il regno di Aquitania e associato Ludovico
all’Impero. La colpa politica più grave una volta giunto al potere, tuttavia, fu quella di aver voluto
sostituire i consiglieri di suo padre, che avevano esperienza nell’amministrazione imperiale, con i
suoi consiglieri aquitani, che ignoravano la realtà d’insieme degli affari imperiali. In tale modo,
l’appropriazione dei monasteri da parte dei laici, che fu la loro principale causa politica di
decadenza era iniziata. Le abbazie, anziché rimanere luoghi di preghiera, diventavano quasi delle
roccaforti di potere, e per questo c’era bisogno che venissero rette da uomini di potere, scelti
all’interno della cerchia del maestro di palazzo (ministro degli interni) ma senza nessuna intenzione,
evidentemente, di farsi monaci. Era, in qualche modo, l’inizio della COMMENDA, 4 che rinnovata e
mantenuta da tutti i sovrani, cesserà solo con la Rivoluzione francese.
4
La COMMENDA o Provvigione di un beneficio regolare accordato ad un secolare con la dispensa dal condurre vita
regolare, ci porta all’uso in atto nell’alto Medio Evo di AFFIDARE o COMMENDARE una chiesa cattedrale, parrocchiale o
monastica, in particolari circostanze, ad una persona che ne diventava il titolare. Il beneficio veniva affidato in tal modo
temporaneamente ed era sempre ben distinto un bene avuto IN COMMENDUM da quello avuto IN TITULUM. A questa
primitiva funzione della Commenda si venne lentamente a sostituire quella forma che cominciò ad attribuire qualche
beneficio IN COMMENDUM ai vescovi espulsi dalle loro sedi della Siria e della Palestina a seguito della riconquista
mussulmana. Elemento determinante di questa nuova forma di Commenda è il carattere vitalizio che ne delineerà i
contorni dal secolo XIII in poi. L’Istituto venne così assumendo sempre più il carattere di un vantaggio economico per
chi ne era investito, spesso a scapito della chiesa o monastero assegnato IN COMMENDUM. Tale fenomeno si propagherà
nel Quattrocento nei Paesi Bassi, in Spagna, in Portogallo ed in Francia. (Continua nota 4 a pagina 3).
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CAUSE MILITARI
Le cause militari della decadenza monastica furono senza dubbio attribuibili alle devastanti
invasioni dei saraceni mussulmani da sud e, dai normanni pagani da nord. Dopo aver conquistato
l’Africa del nord e la Spagna, gli arabi, a partire dall’VIII secolo, guidati dai loro califfi mussulmani
misero a ferro e fuoco la Francia meridionale. Gli arabi, nelle loro scorribande, si accanivano
selvaggiamente contro tutti i centri abitati, privilegiando in queste operazioni, le chiese ed i
monasteri che incontravano lungo il loro percorso. I monasteri distrutti, nella sola Francia, furono
molteplici; oltre ai grandi centri abitati come Bordeaux, Poitiers, Arles. Molti monasteri
dell’Aquitania, di Provenza e della Borgogna furono rasi al suolo ed incendiati. Verso il 730 anche
il monastero di Lérins fu distrutto dai mori. Nel secolo seguente toccò stessa sorte all’Italia del sud.
I saraceni d’Africa sbarcarono a Bari nell’846 e risalirono verso Roma distruggendo tutto ciò che
incontravano sul loro cammino. Montecassino5 fu distrutta, per la seconda volta nell’883, insieme ai
suoi due priorati dipendenti di San Giorgio e Santo Stefano. Ma anche San Vincenzo al Volturno
(Isernia), Farfa (Rieti) e salendo Sant’Apollinare in Classe a Ravenna vennero devastate. Sarebbe
troppo lungo l’elenco completo di tutti i monasteri distrutti che, per evidenti ragioni di tempo, non è
possibile presentare. Ricordiamo solamente che mentre i mori provenienti dall’Africa seminavano
la morte nel centro-sud, quelli provenienti dalle Alpi distruggevano la nostra Novalesa,
costringendo la Comunità monastica a rifugiarsi presso il monastero di Sant’Andrea a Torino, oggi
Santuario della Consolata. Era l’anno 906.
D’altro canto, quelli che la tradizione chiamò normanni (uomini del Nord) non furono da meno.
Per oltre un secolo anche loro misero l’Europa intera a ferro e fuoco. Essi, erano dei barbari
scandinavi provenienti dall’odierna Danimarca: organizzati in clan, indipendenti tra di loro, si
muovevano su barche lunghe venti metri, leggere e abilmente guidate, risalivano il corso dei fiumi
per penetrare nel continente; i monasteri erano il loro obiettivo privilegiato, sia perché in essi spesso
erano custodite preziose ricchezze, sia perché i loro abitanti, i monaci, erano pacifici e non
opponevano grande resistenza. I normanni compariranno, per la prima volta, sulle coste
dell’Inghilterra nel 793 seminando morte e distruzione in antiche venerabili abbazie. Verso l’840,
risalendo il corso della Senna, si gettarono sull’Impero franco, massacrando i monaci di numerosi
monasteri. Penetrarono, poi, nel giugno dell’843 attraverso le bocche della Loira avventandosi su
Nantes, mentre un anno più tardi toccò ai monasteri situati lungo il corso della Garonna fino a
Tolosa. Da lì raggiunsero la Spagna e arrivarono fino in Galizia; ma, tentando di penetrare oltre, si
scontrarono con i saraceni, che li respinsero. Non potendo proseguire, tornarono sui loro passi
distruggendo quanto avevano risparmiato al loro primo passaggio. Nell’883 presero la direzione di
Parigi dove Carlomanno II re di Francia (867-884) tenta inutilmente di fermare il loro cammino.
Nell’885 entrarono a Parigi ponendo in assedio i bastioni che difendevano la città; non riuscendo a
conquistarla se ne andarono dilagando nella Borgogna dove seminarono morte e distruzione nei
monasteri che erano stati risparmiati dai saraceni. Tuttavia, grazie al valore dei signori francesi, i
normanni furono varie volte sconfitti. Carlo III detto il Semplice (879-929) chiese una tregua al re
normanno, Rollone, il quale accettò. Le condizioni poste da Carlo, se avesse accettato una pace
definitiva, erano le seguenti: il battesimo di Rollone che avrebbe fatto di lui un membro della
comunità cristiana, al quale veniva donato tutto il territorio della Bretagna, e in più sua figlia in
matrimonio. Rollone, ancora una volta, accettò. Il memorabile trattato fu concluso: Rollone
riceveva la provincia che da allora prese il nome di Normandia e fu fidanzato a Gisella, figlia del re.
(Segue nota 4 da pagina 2). L’Inghilterra e la Germania non furono particolarmente coinvolti, mentre in Italia furono
ridotti in regime di Commenda i seguenti monasteri: Montecassino nel 1443; Farfa nel 1400; Subiaco nel 1455; Cava
dei Tirreni nel 1431; Montevergine nel 1430; Nonantola nel 1449; Fruttuaria nel 1477; Novalesa nel 1480 fino alla
Rivoluzione francese. Gli abusi del fenomeno erano notevoli e da tutti riconosciuti. Non mancarono, tuttavia, tra gli
abati commendatari dei veri santi come Carlo Borromeo che ebbe in Commenda alcune abbazie. Estratto da: DIP, in
COMMENDA, coll. 1246-1249.
5
Il monastero di Montecassino, durante la sua lunga storia ha subìto quattro devastanti distruzioni: la prima per opera
dei Longobardi nel 577-581; la seconda per opera dei Saraceni nell’883; la terza in seguito ad un terremoto nel 1349; la
quarta a causa del tragico bombardamento anglo-americano durante il secondo conflitto mondiale nel 1944.
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Ma prima consentì al battesimo con il nome di Roberto. I suoi guerrieri, divenuti conti e cavalieri,
ne seguirono tutti l’esempio, diventando cristiani. La pace, condizione essenziale al rinnovamento,
era assicurata. C’erano ancora da ricostruire le rovine. E ancora una volta ci volevano, a capo delle
Comunità monastiche, nuovi abati e badesse, in grado di risollevarne gli animi. Fu questa la grande
opera svolta del X secolo. Ecco spiegate, brevemente, le condizioni che porteranno, sul finire
dell’estate dell’anno 910, alla fondazione di Cluny nella Borgogna francese.
FONDAZIONE DI CLUNY
L’esigenza di correzione e rinnovamento era sentita in tutta la cristianità (la decadenza aveva
portato quasi alla scomparsa del monachesimo in Inghilterra) ma specialmente in Francia. Proprio
allora apparve tutta una serie di riforme spontanee ed indipendenti le une dalle altre, ma con gli
stessi obiettivi: restaurare l’indipendenza dei monasteri di fronte al potere temporale, ristabilire
l’osservanza regolare, assicurare una certa unità di osservanza tra le case. La prima di queste
riforme è quella di Cluny, una sorta di prolungamento della riforma posta in atto da Benedetto di
Aniane. Nel 909, in tal proposito, venne convocato un Concilio, alla presenza dell’Imperatore Carlo
il Semplice, durante il quale si levarono a gran voce le richieste dei vescovi; il rispetto della
religione e delle antiche leggi messe, entrambi, a rischio da secoli di distruzioni barbariche. La
risposta a tali richieste fu la fondazione di Cluny, che al principio risultò iniziativa molto modesta e
quasi del tutto inosservata. Ma come nacque? Guglielmo (†918), conte d’Alvernia, marchese della
Marca gotica e duca d’Aquitania sentiva di essere ormai giunto ad un passo dal termine della
propria vita terrena. Come cristiano, fece un bilancio e, constatò che aveva ricevuto da Dio molto
più di quanto non avesse saputo donare. Pensò allora di fare penitenza. E la miglior testimonianza
che avrebbe potuto rendere ai posteri sarebbe stata quella di una fondazione monastica. Non gli
mancavano certo relazioni nel mondo religioso. Venuto a sapere che in quel tempo, si trovava in
transito sulla sua terra di Cluny, Bernone, abate dei monasteri di Gigny (da lui stesso fondato
nell’893) e di Balma o Baume, Guglielmo fece chiedere a Bernone di andare a fargli visita. Confidò
il suo progetto e chiese di visitare le sue terre per trovarvi quella che le avrebbe donato per far
nascere una casa dipendente da Gigny.
Ma Bernone rispose: MIO
MONASTERO, ALL’INFUORI DI
SIGNORE IO NON DESIDERO ALTRO LUOGO, PER COSTRUIRVI QUESTO
CLUNY. Il duca restò sgradevolmente sorpreso per questa richiesta in
quanto quella era la sua principale residenza in Borgogna, con boschi, fattorie, pascoli, campi arati e
ottime vigne. Rispose: MA QUESTO DOMINIO È PERCORSO IN TUTTI I SENSI DA CACCIATORI E CANI; I
RELIGIOSI NON VI TROVERANNO MAI PACE. CACCIATE I CANI - rispose Bernone - E SOSTITUITELI CON I
MONACI. COSA CI SARÀ PIÙ UTILE AL COSPETTO DI DIO: L’ABBAIARE DEI CANI O LE PREGHIERE? Il conte, ad
una simile risposta, non poté rifiutare.
Sorse così la più celebre abbazia della cristianità medievale, destinata ad avere una
fondamentale importanza nella storia della Chiesa e della società per alcuni secoli. Guglielmo volle
conferire a questa donazione un tono solenne. Nel settembre dell’anno 910 radunò a Buorges, la sua
capitale, le principali personalità del tempo tra cui i suoi nipoti Guglielmo e Acfredo, Oddone conte
di Tolosa, Gontardo conte di Poitiers, Madalberto vescovo di Bourges e primate d’Aquitania
insieme ad altri vescovi; inoltre, numerosi abati, tra cui Bernone. L’atto di donazione che venne
letto pubblicamente da un giovane ecclesiastico, di nome Oddone, che si suppone essere il futuro
abate di Cluny, cominciava con un lungo preambolo:
GUGLIELMO, CONTE E DUCA PER GRAZIA DIVINA ………. RENDO NOTO CHE PER AMORE DI DIO E DI
NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO, DONO E CONSEGNO AGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO IL VILLAGGIO DI
CLUNY ………. CON TUTTE LE PROPRIETÀ CHE NE DIPENDONO ……… FACCIO QUESTA DONAZIONE, A
CONDIZIONE CHE UN MONASTERO SIA COSTRUITO A CLUNY IN ONORE DEGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO E
CHE IVI VIVRANNO MONACI SOTTO L’OSSERVANZA DELLA REGOLA DI SAN BENEDETTO ……… I MONACI E
LE SUDDETTE PROPRIETÀ SIANO SOTTO L’AUTORITÀ DELL’ABATE BERNONE E CHE, DOPO LA SUA MORTE, I
MONACI AVRANNO IL DIRITTO DI ELEGGERE LIBERAMENTE IL PROPRIO ABATE, SENZA CHE IL NOSTRO
POTERE O QUELLO DI CHIUNQUE ALTRO POSSA IMPEDIRE QUESTA LIBERA ELEZIONE ……… CHE ESSI
ABBIANO COME PROTETTORI GLI APOSTOLI STESSI, E PER DIFENSORE IL PONTEFICE ROMANO.
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L’abate Bernone divenne così il primo abate del monastero dedicato ai Santi Pietro e Paolo,
abitato da dodici monaci che condussero vita cenobitica sotto l’osservanza della Regola, totalmente
esenti da ogni tipo di ingerenza laica ed ecclesiastica, eccetto l’autorità della Santa Sede.
Le caratteristiche principali della Riforma cluniacense erano le seguenti:
•
•
•
•
Stretta applicazione della RSB.
Stretta osservanza nella celebrazione liturgica.
Attenzione alla devozione di ogni singolo monaco. Preghiera continua.
Pieno sostegno al papato nella lotta alla simonia6 ed al celibato sacerdotale.7
Il duca Guglielmo rinunciava sin da subito ad ogni diritto - ESENZIONE - che poteva derivargli
dalla sua qualifica di fondatore cosicché la Comunità era posta al riparo da ingerenze esterne di cui
le vicissitudini del periodo avevano dimostrato quanto fossero deleterie per la sopravvivenza degli
stessi monasteri. Il compito principale della Comunità monastica cluniacense, inoltre, doveva essere
quello della preghiera continua a suffragio dei donatori defunti, caratteristica squisitamente
spirituale, che lasciava però alquanto in secondo piano il lavoro, come invece la Regola benedettina
prescriveva ai propri monaci. Di Bernone sappiamo poco in quanto non è stata redatta alcuna
biografia sul suo governo abbaziale. Durante tale periodo venne costruita la prima chiesa (Cluny I)
di modeste dimensioni e di cui oggi non rimangono tracce. Il suo abbaziato durò dal 910 al 927,
anno della morte. L’abate ebbe cura, prima di tornare alla casa del Padre, di esortare principi e
signori del luogo a non tradire le volontà del duca Guglielmo, circa l’ESENZIONE concessa a Cluny,
e di eleggere il suo successore che sarà Oddone.
Possiamo riassumere la complessa storia della Congregazione in tre grandi periodi:
DAL 910 AL 1157. La prima data corrisponde all’anno di fondazione dell’abbazia, mentre la
seconda indica l’anno della morte di Pietro Venerabile l’ultimo dei grandi abati che governeranno
Cluny; date che rappresentano i due estremi della parabola del periodo più glorioso della sua storia.
Già alla sua fondazione, Cluny presenta le due caratteristiche che continueranno a distinguerlo: è
una Congregazione8 di monasteri i quali sono totalmente indipendenti dal potere secolare. All’abate
Bernone (†927), come abbiamo visto, gli succede Oddone (†942) che, all’Istituto già esistente
immette nuova spiritualità: nel suo scritto d’ispirazione biblica, OCCUPATIO, ne ritroviamo i
fondamenti; ritorno all’ideale della Chiesa primitiva attraverso la povertà, la vita comunitaria,
l’assidua preghiera, anticipazione escatologica su questa terra della Gerusalemme celeste nei limiti
delle proprie forze. Segue l’abate Aimardo (†965) che lasciò il suo breve ufficio nel 948, ma che
seppe comunque accrescere il patrimonio della fondazione cluniacense. Viene seguito dall’abate
Maiolo (†994) che rimarrà in carica fino al 994. Sarà poi la volta dell’abate Odilone (†1049) che,
grazie alla “politica” dei suoi predecessori, sarà il promotore, con buoni risultati, di un periodo di
pace tra i vari signori feudali, troppo spesso in lotta fra loro. Il suo governo si protrarrà fino al 1048.
Suo successore sarà l’abate Ugo (†1109), il quale saprà allargare la funzione “politica” di Cluny a
6
Con il termine SIMONIA nel Medio Evo si indica la compravendita di cariche ecclesiastiche, assoluzione dei peccati ed
indulgenze. Il termine viene utilizzato più in generale per indicare l’acquisizione di beni spirituali in cambio di denaro.
Dopo l’editto di Costantino del 313 la Chiesa cristiana poté disporre di beni materiali in quantità sempre maggiore, per
cui si registrarono casi di ecclesiastici che fecero in modo di ottenere cariche e potere acquistate con il denaro. La
Simonia, quindi, venne condannata già con secondo canone della quinta sessione del Concilio di Calcedonia nel 451.
L’opposizione della Chiesa alla Simonia prese particolare vigore con i papi riformatori del secolo XI, ed in particolare
con Gregorio VII (1023-1085, pontefice dal 1073-1085).
7
Il termine CELIBATO ECCLESIASTICO fa riferimento alla prassi della Chiesa cattolica di rito latino di ordinare presbiteri
e vescovi soltanto quei battezzati che sono chiamati al celibato per il Regno, oppure i vedovi non risposati. Con il
Concilio del 386, infatti, venne per la prima volta stabilito che vescovi e sacerdoti sposati non potessero più convivere
con le proprie mogli. La norma fu ampiamente disattesa durante il Medioevo, anche se, in epoca carolingia si tentò,
ripetutamente, di farla rispettare. Il Sinodo di Reims, nel 1049, insieme ad altri che si susseguirono negli stessi anni, fu
un’ulteriore occasione per ribadire severamente la regola del celibato.
8
Per CONGREGAZIONE monastica si indica la federazione di più monasteri sottoposti all’osservanza comune, oltre che
alla Regola di San Benedetto, ed alle CONSUETUDINI redatte durante il Capitolo generale; nel caso di Cluny, inoltre, con
una diretta dipendenza dal Superiore maggiore che in questo caso è l’Abate unico della casa madre.
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tutta la cristianità. L’istituto, infatti, possiede ora monasteri sia in Spagna che in Inghilterra, dopo la
sua espansione in Francia, Germania e Italia, ragion per cui l’abate si trova spesso in viaggio. Il suo
governo durerà sino al 1109. Le CONSUETUDINES di Cluny, messe per iscritto, ormai circolano in
tutta Europa; esse vengono adottate da centinaia di monasteri; è questo il momento di massimo
splendore di Cluny. Purtroppo però, la prosperità acquisita già ne intacca il fervore, ma grazie al
forte carisma di Pietro Venerabile (†1156), ultimo dei grandi abati cluniacensi, si riuscirà a tenerne
vivo il fervore ed a conservarne l’armonia.
DAL 1157 AL 1612. Dal 1157 al 1257 si succedono al governo di Cluny abati dalla personalità
meno incisiva dei precedenti, alcuni di loro durano in carica solo pochi anni. Particolarità degna di
nota nella storia della Congregazione è che l’abate in carica designava il suo successore. Molte sono
le difficoltà economiche ed amministrative sia per quanto riguarda il governo della casa madre,
Cluny, che nei rapporti tra quest’ultima con i numerosissimi monasteri della Congregazione. Anche
se l’osservanza monastica non è in declino, la Comunità cluniacense non è più il centro spirituale di
un tempo. I monasteri esteri tendono ad affrancarsi dal controllo dell’abate di Cluny, per cui
l’Ordine è ormai soltanto nazionale e quindi sempre più in stretto contatto con la monarchia
francese. Di qui la perdita di parte di quell’autonomia che tanto aveva caratterizzato le sue origini.
Cluny, con i suoi monasteri, prende parte a tutte le vicissitudini del periodo tra cui il Grande Scisma
d’Oriente. Gli abati in carica si trovano così sempre più coinvolti in missioni esterne alle loro
Comunità monastiche, divenendo strumenti della diplomazia regia e politica. Possiamo affermare
che l’inizio del declino cluniacense si è ormai lentamente ma inesorabilmente avviato. Al termine
del secolo XVI l’Ordine conta otto province; in Francia, Italia, Spagna, Germania, Inghilterra e
Scozia; i visitatori regolari fanno di tutto per mantenere salda l’osservanza.
DAL 1612 AL 1790. Durante il governo dell’abate Luigi di Lorena (1612-1621), prende vita una
tendenza alla riforma dell’Ordine, creando però notevoli tensioni interne per quasi un secolo.
Tuttavia prevale l’idea di imitare ciò che è stato fatto nella Congregazione di Saint-Vanne. A questo
si dedicano il cardinale de Richelieu abate commendatario di Cluny dal 1629 al 1642, il suo
successore, cardinale Mazzarino e dom Gregorio Tarisse, allora Superiore della Congregazione di
San Mauro. Il progetto è quello di unire la Congregazione di Cluny a quella dei Maurini. I re di
Spagna, intanto, rivendicano diritti sugli orientamenti dei monasteri presenti nei loro territori.
Esistono ormai due “gruppi” di monasteri: quelli che si rifanno alla “stretta osservanza” e quelli che
si richiamano alla “antica osservanza”. I cardinali commendatari che si avvicendano, appoggiano
ora l’una ora l’altra tendenza, cercando soprattutto di tenere uniti i monasteri che nel frattempo sono
vistosamente diminuiti come numero di monaci. Si rimaneva comunque fedeli, nonostante la
decadenza, all’antico ideale della preghiera continua, nel costituire cioè una sorta di ECCLESIA ORANS
a modello per tutti. Nel 1790, durante la Rivoluzione francese, l’abbazia fu soppressa; i trentacinque
religiosi che conducevano vita cenobitica furono dispersi, mentre gli edifici furono distrutti.
L’abbazia di Cluny III, con le sue cinque navate, voluta dall’abate Ugo, era allora la più grandiosa
costruzione della cristianità medievale. Non ne rimangono, ad oggi, che pochi resti.
Il grande prestigio che Cluny ha avuto nella Chiesa si deve soprattutto alla sua organizzazione
come centro monastico del tutto indipendente, almeno nel primo periodo, dalle ingerenze secolari
ed ecclesiali. Grande fu l’influenza tratta dalla plurisecolare esperienza della Regola di San
Benedetto, saggiamente assimilata ed adattata alle nuove circostanze. I suoi grandi abati furono
ascoltati da papi ed imperatori, consultati dai vescovi e venivano spesso invitati ai concili, perché
rappresentavano la migliore spiritualità monastica nel mondo cristiano di allora. Cluny seppe creare
un vero e proprio ORDINES monastico, forse il primo vero e proprio Ordine centralizzato nel senso
moderno del termine. Nel momento di massima espansione, sotto il governo di Pietro Venerabile,
l’Istituto contava circa duemila case dipendenti sparse in tutta Europa. Per comprendere il senso di
una tale espansione, occorre conoscere la disciplina cluniacense e gli ideali ai quali i suoi monaci si
ispiravano. Per la disciplina, le CONSUETUDINES CLUNIACENSIS, deliberate da Bernardo verso il 1063
e da Ulrico nel 1080, osservate con un senso di spiccato conservatorismo che ci informano sulla
dettagliata organizzazione della vita cenobitica cluniacense.
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I voti monastici, le grandi responsabilità; abate, priore, cellerario che sono riprese dalla Regola
benedettina, alle quali le CONSUETUDINES affiancano una serie di nuovi ufficiali (refettoriere,
giardiniere, cantiniere). Tutti dovevano rendere conto del proprio operato al Capitolo conventuale,
responsabili della mansione che, normalmente, svolgevano per tutta la vita. I priori dei singoli
monasteri erano alle dipendenze dell’abate di Cluny, che poteva rimuoverli dall’incarico per sua
singola decisione. Questa disciplina significava ordine per un ideale che vedeva nel monachesimo la
perfetta realizzazione del mistero della Chiesa. La liturgia, celebrata a Cluny con solennità e cura
veramente singolare, a modello della ECCLESIA ORANS, culto della Chiesa stessa al Signore, doveva
rappresentare un’anticipazione della vita dei beati in cielo. Cluny coltivò anche la cultura e l’arte,
nonostante l’Ufficio divino occupasse gran parte della giornata del monaco. Cluny lasciò una delle
più ricche collezioni di manoscritti, sapendo contribuire alla cultura nel campo della letteratura,
della musica, dell’architettura e della scultura. Questa grandiosa opera di civilizzazione rende
ancora oggi Cluny oggetto di numerose ricerche; anzi proprio a Cluny esiste un centro studi che
raccoglie una vasta documentazione sulla storia dell’abbazia e del suo Ordine.
I GRANDI ABATI CLUNIACENSI
ODDONE, santo. Secondo abate di Cluny, successore di Bernone alla guida del monastero.
Possiamo affermare che se Bernone fu il primo abate, Oddone, fu il vero fondatore dell’Ordine di
Cluny, in quanto lo dotò delle COSTITUZIONI. Esse erano un insieme delle COSTITUZIONI redatte da
Benedetto di Aniane, osservate ancora in molti monasteri, di USI e CONSUETUDINI riportati dalle
REGOLE antiche e di innovazioni apportate dal nuovo abate. Di nobile famiglia, nasce nell’880 e
muore a Tours nella Loira il 18 novembre 942. A 19 anni entra nel monastero di San Martino di
Tours dove riceve la tonsura. Studioso di San Gregorio e grande osservante della Regola
benedettina, nel 903 raggiunse una valle del Giura dove l’abate Bernone conduceva vita monastica.
Nel 910, quando a Bernone fu donato il monastero di Cluny, Oddone divenne amministratore del
monastero stesso e a lui Bernone lasciò l’abbazia per testamento. Dal 927 al 942 fu abate unico di
Cluny. La sua concezione della vita monastica risulta specialmente da due delle sue opere. Nella
OCCUPATIO, vasto poema biblico in sette libri, il monachesimo è rappresentato come una
realizzazione del mistero ecclesiale, inaugurato nella Pentecoste. La Chiesa viene vista come un
vasto monastero; il monastero è come una sintesi della Chiesa. La rinuncia ad ogni proprietà e
l’amore alla castità sono l’unico rimedio ai mali del mondo. Il monastero assume così la funzione di
sostegno alla debolezza di tutti mediante il buon esempio di ciascuno. Nelle CONFERENZE
(COLLATIONUM LIBRI TRES) riprende la stessa dottrina con particolare insistenza sulla povertà
dell’abito monastico; esso stimola gli uomini a vivere nel distacco dal mondo, in attesa del ritorno
di Cristo. Oddone fu chiamato a restaurare la vita monastica anche in altri monasteri. A Roma, dove
si recò per tre volte (936-939-941) chiamato da Papa Leone VII, ottenne l’abbazia di San Paolo
fuori le Mura, dove i pochi monaci rimasti conducevano una vita non propriamente monastica.
Proprio durante un suo soggiorno a Roma si ammalò e nel viaggio di ritorno a Cluny, raggiunse
Tours dove morì nel giorno dell’ottava del suo diletto San Martino, il 18 novembre 942.
A lui si deve la riforma che passerà alla storia come la Riforma cluniacense. Le ore canoniche
erano cantate secondo la Regola di San Benedetto. Si celebravano due Messe conventuali: la Messa
principale all’aurora, la seconda a metà mattinata. Oddone curò con particolare attenzione il canto
liturgico; al KYRIALE e alla salmodia gregoriana, aggiunse inni, cantici, antifone e responsori, che
vennero a dare più ampiezza e bellezza alle cerimonie. Aveva imparato musica a Tours e ne diffuse
l’insegnamento teorico con un opuscolo destinato ai suoi monaci, ma che presto superò ampiamente
i confini del monastero. Nominò, inoltre, per i novizi, un maestro di canto a loro riservato. Il
silenzio era di rigore assoluto; e se vi erano dei momenti molto regolamentati per romperlo con i
membri della Comunità, doveva essere osservato integralmente con i secolari. Anche il digiuno era
quello prescritto dalla Regola: un solo pasto dalle idi di settembre (giorno 14, festa dell’Esaltazione
della Croce) al Sabato Santo; due pasti il resto dell’anno (RSB Cap. XLI). Alla mortificazione si
aggiungeva l’assistenza ai poveri. Nonostante le ristrettezze del monastero ai suoi inizi, che
rasentavano l’indigenza, essa dava un pasto quotidiano a tutti i bisognosi che bussando alla porta
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chiedevano soccorso. La reputazione che, con la sua austerità e carità fraterna, si fece il piccolo
monastero, ebbe qualcosa di stupefacente per la rapidità con cui si diffuse.9
MAIOLO, santo. La carta di fondazione di Cluny dava all’abate in carica il diritto di scegliere il
suo successore. Così, al momento di partire per il suo ultimo viaggio in Italia, nel 941, Oddone dalla
salute malferma e temendo di non tornare vivo, designò quale abate coadiutore, Aimardo.
Quest’ultimo divenne quindi, alla morte di Oddone nel 942, proclamato abate unico di Cluny e di
tutte le sue abbazie dipendenti. La scelta tuttavia non era stata felice: anche Aimardo era di salute
cagionevole e durante tutto il suo governo, che andrà dal 942 al 948, fu costretto per molto tempo
ad un’attività limitata fino al 948 quando divenne cieco. Chiese pertanto un coadiutore che non
scelse personalmente lasciando l’incarico ai Superiori della Congregazione stessa. La scelta ricadde
su Maiolo che nel 948, quando Aimardo (†965) si ritirò definitivamente dal governo abbaziale,
divenne il quarto abate unico di Cluny. Nato in Provenza tra il 906 ed il 915, discendente della
nobile famiglia dei duchi di Arles, Maiolo che si era avviato alla carriera ecclesiastica fu prima
ordinato sacerdote, ma poi rifiutò l’arcivescovado di Besançon per “convertirsi” alla vita monastica
che intraprese a Cluny, divenendo discepolo dell’abate Oddone. Gli venne dato l’incarico di
bibliotecario e apocrisiario (una sorta di funzionario abbaziale); nel 944 divenne coadiutore
dell’abate Aimardo e, alle sue dimissioni, divenne il quarto abate unico di Cluny. Durante il suo
governo, protrattosi fino al 994, moltiplicò i beni del monastero e seppe mantenere la disciplina nel
chiostro rendendo splendido l’Ordine cluniacense, come ci riferiscono i suoi biografi. Fu incaricato,
dai re di Francia e dagli imperatori germanici, della riforma di molti monasteri e per questo si trovò
spesso in viaggio. Nel 974 l’imperatore Ottone II e sua madre Adelaide gli offrirono di diventare
Papa, ma egli rifiutò preferendo rimanere a capo del cenobio cluniacense. L’amore per lo studio, per
la povertà e la solitudine risultano una costante della sua vita. Si preoccupò soprattutto di
conservare nella sua Comunità quella pace monastica ritenuta fondamentale alla vita cluniacense.
Nutrì grande devozione agli apostoli Pietro e Paolo ed alla Chiesa di Roma. Praticò intensamente la
LECTIO DIVINA fino alla fine dei suoi giorni. Morì nel priorato cluniacense di Souvigny l’11 maggio
994. Aveva governato Cluny per quarantasei anni e lo aveva arricchito oltre che di una nuova chiesa
abbaziale (Cluny II) anche di numerose nuove fondazioni.
ODILONE, santo. Fatto unico negli annali della storia monastica, Cluny ebbe alla sua testa, per
ben centoquindici anni, due soli abati: Odilone, che la governò per cinquantacinque anni, ed il suo
successore, Ugo che la governò per ben sessanta anni. Questa continuità, che insieme alla saggezza
e alla santità dei due abati, fu la principale ragione nella prodigiosa espansione dell’Ordine. Nato
nel 962, Odilone era figlio di un potente signore, Bernardo de Mercoeur, alleato ai conti d’Alvernia,
e poteva vantare tra i suoi parenti ben tre vescovi. Fu affidato dai genitori alla collegiata di San
Giuliano di Brioude, dove per essere ammessi bisognava dimostrare una nobiltà di almeno quattro
generazioni di ascendenti sia paterni che materni, divenendo successivamente canonico. Nel 990
Maiolo lo attirò nel monastero di Cluny e, nel 993 lo scelse come abate coadiutore. L’anno
successivo, alla morte di Maiolo, divenne il quinto abate unico di Cluny. Nel suo lungo abbaziato
dovette affrontare situazioni particolarmente difficili per difendere i possedimenti del monastero
ambiti da molti signori. Tuttavia, non solo riuscì a difenderli, ma riuscì addirittura ad incrementarli,
aumentando considerevolmente il numero delle case dipendenti. Promulgò le CONSUETUDINI di
Cluny, che furono successivamente messe per iscritto dal monaco cluniacense Bernardo (discepolo
del futuro abate Ugo) nell’opera ORDO CLUNIACENSIS, venendo a creare così un ORDINE vero e
proprio, nel senso dell’unità dell’osservanza per tutte le case dipendenti da Cluny. Durante il suo
lungo abbaziato ebbe ottimi rapporti sia con i re di Francia10 che con gli imperatori di Germania.
Questa relazione dei sovrani con Odilone era facilitata dal sentimento di devozione che questi
monarchi nutrivano nei confronti della Santa Sede. Inserì il movimento cluniacense nell’opera di
riforma della Chiesa, pur restando fuori dalla questione della Lotta per le investiture, ammettendo
che l’imperatore potesse comunque scegliere un buon Papa. Per radicare la riforma monastica,
9
Cfr. Ivan Gobry, L’EUROPA DI CLUNY. Roma 1999, pp. 145-148.
Odilone conobbe tre re di Francia: Ugo Capeto (987-996), Roberto II il Pio (996-1031), Enrico I (1031-1060).
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Odilone usò congiuntamente due sistemi: la fondazione di nuovi monasteri, con l’aggregazione di
quelli antichi all’Ordine di Cluny. Aggiunse così a questo una sessantina di case religiose. Si
distinse per uno spiccato senso di carità verso tutti. Non bastandogli di soccorrere i vivi, volle
istituire la solenne commemorazione di tutti i defunti dall’inizio del mondo, per ricordarne le anime
nel giorno del 2 novembre di cui riportiamo il testo inviata a tutti i monasteri cluniacensi:
È STATO DECRETATO DAL BEATO PADRE ODILONE, CON IL CONSENSO E A RICHIESTA DI TUTTI I
CONFRATELLI DI CLUNY CHE, COME IN TUTTE LE CHIESE DELL’UNIVERSO SI CELEBRA IL GIORNO DELLE
CALENDE DI NOVEMBRE LA FESTA DI TUTTI I SANTI, COSÌ SI CELEBRERÀ TRA NOI, L’INDOMANI, LA FESTA
DELLA COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI CHE HANNO VISSUTO SULLA TERRA, DALLA
CREAZIONE DEL MONDO. QUEL GIORNO, DOPO IL CAPITOLO, IL DECANO ED IL CELLERARIO FARANNO UNA
DISTRIBUZIONE DI PANE E DI VINO, COME IL GIOVEDÌ SANTO, A TUTTI I POVERI CHE SI PRESENTERANNO …
LA SERA DI OGNISSANTI, DOPO I VESPRI DELLA FESTA, SI SUONERANNO TUTTE LE CAMPANE E SI CELEBRERÀ
L’UFFICIO DEI MORTI. LA MESSA DELL’INDOMANI SARÀ CELEBRATA PER I DEFUNTI CON GRANDE SOLENNITÀ,
AL SUONO DELLE CAMPANE. TUTTE LE MESSE PRIVATE SARANNO DETTE PER LE ANIME DEL PURGATORIO E
IN QUEL GIORNO NELLA FORESTERIA DEL MONASTERO SI DARÀ UN PASTO A DODICI POVERI. NOI VOGLIAMO,
CHIEDIAMO E INGIUNGIAMO CHE IL PRESENTE DECRETO SIA OSSERVATO IN PERPETUO IN TUTTE LE CASE DL
11
NOSTRO ORDINE.
Odilone muore nel monastero di Souvigny nella notte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio 1049.
UGO, santo. Odilone non aveva indicato un successore per i suoi monaci, ma aveva nominato
priore maggiore, qualche anno prima, un giovanissimo monaco, Ugo di Semur. Con l’appoggio del
priore claustrale Alemanno, fu lui ad essere eletto dall’intera Comunità, il 16 gennaio 1049. Non era
stata determinante, per questa unanimità, la santità del nuovo eletto, bensì la sua esperienza,
nonostante la sua giovane età, negli affari dell’Ordine di Cluny e, certamente la sua nobiltà: era,
infatti, imparentato con i duchi di Borgogna e con i conti di Châlon. Per proteggere le loro
acquisizioni e difendere i loro diritti, i monaci avevano bisogno di un abate che godesse di alto
prestigio ed i quarti di nobiltà non erano cosa da poco nei rapporti con i potenti. Lo sviluppo
dell’Ordine, del resto, ne stava per fare un vero impero dotato di una formidabile potenza fondiaria
e, nella tradizione feudale, colui che la governava non poteva essere che di alto lignaggio. Ugo era
nato a Semur-en-Brionnais nella Loira nel 1024. A quindici anni, nonostante l’opposizione del
padre, entra come novizio a Cluny; cinque anni più tardi emette la professione solenne e viene
nominato sacerdote. Alcuni anni dopo divenne priore maggiore di Cluny, ed alla morte di Odilone
fu eletto a succedergli, divenendo a soli venticinque anni il sesto abate unico di Cluny, fino alla sua
morte. Durante il suo lunghissimo governo abbaziale, protrattosi per 60 anni, svolse una notevole
attività in favore della Chiesa, proseguendo l’impegno del suo predecessore. I suoi rapporti con
l’Impero di cui faceva parte la Borgogna, ed il papato, furono peraltro, vista l’eccellenza dei suoi
interlocutori, ottimi. Meno di un mese dopo la sua benedizione abbaziale, il 12 febbraio, saliva alla
Cattedra di Pietro, il vescovo di Toul, Bruno, divenendo Papa Leone IX, eletto con l’appoggio del
cugino imperatore Enrico III re di Germania. Convinto sostenitore della riforma del clero, Papa
Leone IX svolse durante i suoi cinque anni di pontificato una grande opera di riforma, sempre
sostenuto dall’abate Ugo, che durante il suo lunghissimo abbaziato ebbe modo di conoscere ben
dieci pontefici.12 Compì numerosi viaggi per visitare le case dell’Ordine cluniacense sparse in tutta
Europa, prendendo spesso parte ai Concili celebrati a Roma come in altre località della cristianità.
Al Concilio lateranense del 1055, indetto da Leone IX per vigilare sulla riforma del clero, l’abate
Ugo si presentò con trentacinque abati del suo Ordine.
Fondò il primo monastero femminile, aderente alla riforma cluniacense, a MARCIGNY,13 sulle
terre della sua famiglia, attirando in esso tutta l’aristocrazia della Borgogna; la priora, che designò
11
PL 142, 1035.
Ugo conobbe i seguenti pontefici romani: Leone IX (1049-1055), Vittore II (1055-1057), Stefano IX (1057-1058),
Benedetto X (1058-1059), Niccolò II (1059-1061), Alessandro II (1061-1073), Gregorio VII (1073-1085), Vittore III
(1086-1087), Urbano II (1088-1099), Pasquale II (1099-1118).
13
Anche in questa fondazione osserviamo l’organizzazione, presente nelle Comunità maschili, di sottomissione
all’abbazia madre. A capo della Comunità avremo una Priora, mentre il posto della Badessa, in questo caso, viene
riservato a Maria.
12
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lui stesso, fu sua sorella Ermengarda, vedova del duca Roberto di Borgogna. A lui si deve la
realizzazione della grandiosa chiesa abbaziale, dotata di nartece, a cinque navate e cinque torri
(Cluny III), che rimase per lungo tempo la più grande costruzione dell’Europa cristiana. La
campagna di costruzione fu finanziata da Ferdinando I re di Castiglia e riconfermata dal suo
successore Alfonso VI, in un periodo compreso dal 1053 al 1090. Con i suoi 188 metri di lunghezza
la chiesa venne eretta a fianco del vecchio edificio (Cluny II) senza, peraltro, che quest’ultimo
venisse abbattuto. La benedizione della chiesa avvenne nel 1095 quando Urbano II, che prima di
diventare papa era stato priore di Cluny, recandosi in Francia per predicare la prima crociata fece
tappa nel monastero per consacrare l’altare maggiore della nuova basilica. Sotto il governo di Ugo,
l’Ordine di Cluny si ampliò a dismisura. Le cause di questo accrescimento furono molteplici.
Innanzitutto la santità della Comunità cluniacense, che induceva, con la sua condotta di vita, le
Comunità decadenti ad adeguarvisi; la seconda, legata a questa, era la protezione della Santa Sede;
la terza era la centralizzazione dell’Ordine, per la quale tutti i monasteri o priorie erano sottomessi
all’abbazia madre o centrale, motivo per cui la disciplina si diffondeva rapidamente e sotto costante
sorveglianza; la quarta era il valore aggiunto che questi uomini posti al vertice della gerarchia
sapevano apportare, abati intelligenti ed energici, eletti giovani e pertanto per lungo tempo al loro
posto che, coadiuvati da priori di loro scelta, procedevano in continuità con le linee guida lasciate in
testamento dai loro predecessori.
Tuttavia, per alcuni, il suo lungo abbaziato e le frequenti assenze dal monastero, non avrebbero
giovato alla vita monastica di Cluny, che sotto il suo successore Ponzio, conobbe momenti di crisi.
In realtà cominciavano a delinearsi alcuni mutamenti dei tempi, all’esterno del monastero, tipo
l’accresciuta importanza della moneta liquida nei commerci, che pare abbiano inciso sulle sorti
dell’abbazia cluniacense. La prudenza e la rettitudine di Ugo, impedirono che queste difficoltà si
manifestassero in modo determinante prima del finire del suo abbaziato. Durante gli ultimi mesi
della sua vita non fece più lunghi viaggi; volle, tuttavia, vivere la Quaresima del 1109 senza
nessuna deroga all’austerità. Al principio della Settimana Santa redasse il suo testamento spirituale.
Il giorno di Pasqua fu ancora lui a celebrare la Messa conventuale. Fu l’ultima: quando alla sera il
gran priore constatò che era ormai alla fine lo fece trasportare nella chiesa, su di un letto di cenere,
attorniato dai suoi trecento monaci raccolti in preghiera. Morì quella notte. Era il 29 aprile 1109;
aveva ottantacinque anni. Fu canonizzato nel 1120.
Ci pare utile indicare, nella straordinaria crescita di monasteri riuniti e sottomessi all’Ordine di
Cluny, durante l’abbaziato di Ugo, distinguere le tre classi di dipendenza con l’abbazia madre:
I Priorati o celle, i cui priori erano di nomina esclusiva dell’abate di Cluny, e che erano
interamente sottomessi all’abbazia madre.
Le abbazie soggette, che adottavano le usanze di Cluny, con la sottomissione spirituale al suo
abate, ma che conservavano l’amministrazione dei loro beni temporali.
Le abbazie affiliate, che optavano per lo stile di vita e la spiritualità propri di Cluny, ma che
conservavano la loro indipendenza nei confronti dell’abate unico e non dovevano nemmeno farsi
rappresentare al Capitolo generale.
Durante l’abbaziato di Ugo di Cluny si consumerà, all’interno della Chiesa, il Grande Scisma
d’Oriente nel 1054, sulla questione del FILIOQUE.14
14
L’espressione latina FILIOQUE significa “e dal figlio” e deve la sua importanza al fatto di essere stata aggiunta dalla
Chiesa cattolica al testo del Credo niceno-costantinopolitano, nella parte relativa allo Spirito Santo: QUI EX PATRE
(FILIOQUE) PROCEDIT, cioè “che procede dal Padre (e dal Figlio)”. Tale aggiunta fu condannata come eretica, dal
patriarca di Costantinopoli, e fu una delle ragioni del Grande Scisma. Nel Credo, parlando della Trinità, si dice che il
Figlio è generato dal Padre e che lo Spirito Santo “procede dal Padre” (nella redazione senza FILIOQUE) oppure che
procede dal Padre e dal Figlio (nella redazione con il FILIOQUE). L’aggiunta del FILIOQUE modifica pertanto la relazione
tra le persone della Trinità, aggiungendo alla precedente dottrina per cui lo Spirito Santo procede solamente dalla
persona del Padre, quella secondo cui invece procede anche dalla persona del Figlio. Questa divisione tra Chiesa di
Roma e Chiesa di Costantinopoli sarà, solo in parte, sanata nello storico incontro, tra Atenagora I patriarca di
Costantinopoli e Papa Paolo VI, nel 1964, durante il Concilio Vaticano II.
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Alla morte di Ugo, avvenuta nel 1109, Cluny è al culmine della sua potenza; grazie all’aurea di
santità che si è creata intorno alla sua persona, durante il suo abbaziato le donazioni si moltiplicano.
Il suo successore, Ponzio di Melgueil (1075-1126), deve dunque far fronte alle difficoltà, derivanti
dalla gestione delle risorse. I biografi cluniacensi si sono occupati poco o nulla della figura di
questo abate; le notizie che possediamo sono frammentarie e confuse. Proveniente da una famiglia
comitale, egli vanta una parentela con lo stesso imperatore; inoltre, è probabile che il futuro papa
Pasquale II ne sia stato il padrino, cosa che rende plausibile la fulminea carriera ecclesiastica che lo
conduce agli onori dell’abbaziato di Cluny poco più che ventenne. L’abbaziato di Ponzio, uomo
sicuramente capace, è segnato però da gravi errori che ne hanno offuscato irrimediabilmente
l’immagine. Il primo fu l’attacco portato a Pasquale II, accusandolo di viltà per le concessioni fatte
a Enrico V (1086-1125) imperatore del Sacro Romano Impero sulle investiture. Tuttavia il papa, pur
accusato di eresia, esce brillantemente dalla disputa, costringendo gli accusatori a ritrattare e, tra
l’altro, minaccia di revocare i privilegi concessi a Cluny. Il secondo errore consiste nell’aver
presentato la propria candidatura al soglio pontificio: egli risulterà sconfitto da Guido di Vienne,
eletto papa con il nome di Callisto II, procurando così un’umiliazione gravissima a Cluny, forse la
prima patita. Nel frattempo gli scontri con l’episcopato francese si fanno sempre più intensi e
conducono a gravi contrasti all’interno dell’abbazia; le dimissioni di Ponzio dalla carica di abate,
nel 1122, ne sono l’estrema conseguenza. Verrà sostituito, lo stesso anno, da Pietro di Montboissier.
PIETRO VENERABILE, santo. Nasce da nobile famiglia verso il 1094 in Alvernia (Francia),
muore a Cluny il 25 dicembre 1156. Entra ancora bambino nella vita monastica come oblato. Dopo
essere stato priore di alcune dipendenze cluniacensi, il 22 agosto 1122, viene eletto abate unico di
Cluny, carica che come previsto dalle CONSUETUDINI conserverà fino alla morte, amministrando il
celebre monastero con grande saggezza e prudenza. La successione all’abbaziato conobbe momenti
difficili: già nel 1125, con il ritorno a Cluny del suo predecessore Ponzio, il quale tre anni prima
aveva rinunciato per cause non ben chiare alla carica di abate, Pietro dovette affrontare un vero e
proprio scisma all’interno del suo stesso Ordine. Come abate di Cluny affrontò anche gravi
problemi di natura economica, già presenti ai tempi di Ugo, per adattare la conduzione del vasto
patrimonio monastico ad una situazione di più intensa circolazione monetaria. Più impegnativo, di
tutte le problematiche finora esposte, fu però il confronto, di natura spirituale, sostenuto con la
nuova osservanza cistercense e soprattutto con il suo massimo esponente, Bernardo di Chiaravalle.
Motivo del dissenso con Bernardo fu l’interpretazione, data da Cluny, della Regola benedettina.
All’interno dell’Ordine cluniacense che, durante il suo governo, conobbe ancora un’epoca di grande
vitalità, egli promosse un’attenta riorganizzazione degli usi liturgici e disciplinari, alla quale dedicò
molto del suo tempo e che culminò con la stesura degli STATUTA, promulgati e ritoccati nei Capitoli
generali negli anni dal 1132 al 1146. Nella premessa a questi decreti, egli spiega come si debba
attentamente discernere tra quanto, con legge immutabile, ci comanda il Signore e, quanto invece è
stato stabilito dagli uomini e che pertanto può mutare, perché quanto fu utile un tempo può, con il
mutare delle circostanze, divenire nocivo. Negli statuti, poi, raccoglie le norme che regolano la vita
cluniacense, partendo dai precetti relativi alle celebrazioni dell’Ufficio divino. Le norme sono in
tutto settantasei e, dopo l’esposizione di ciascun precetto, segue una breve giustificazione delle
disposizioni date. Anche da questo aspetto possiamo capire la mentalità dell’abate Pietro che mira
alla persuasione piuttosto che all’imposizione delle proprie vedute, evitando se possibile l’autorità.
Durante il suo governo Cluny contava circa quattrocento monaci e duemila case dipendenti sparse
in tutto in territorio europeo. Il titolo onorifico di “venerabile” concesso all’abate, pare stia ad
indicare l’ideale stesso del superiore del cenobio, al quale di solito si dava questo appellativo e che,
Pietro, più di ogni altro ha saputo realizzare durante la propria vita terrena, non a caso rimase
associato al suo nome per l’ammirazione nei suoi riguardi anche dopo la sua morte.
Nell’Ufficio monastico la Memoria dei Santi Abati cluniacensi si celebra il giorno 11 maggio.
U. I. O. G. D.
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Lineamenti storici della riforma cluniacense