CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *** RASSEGNA STAMPA 18 luglio 2007 Titoli dei quotidiani Il Sole 24 Ore Avvocati aperti al cambiamento Il visto alle associazioni tenta il percorso Ue Italia Oggi Qualifiche, nuovo blitz del governo Rogito, la trasparenza conviene GIURISPRUDENZA Italia Oggi Carcere a chi finanzia i terroristi Consolidato, no a sanzioni al passato FLASH Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - *** Avvocati aperti al cambiamento Sta sospesa tra esigenza di conservazione e disponibilità all’innovazione l’avvocatura del duemila. A fotografarla, con un’attenzione particolare per i giovani legali (ma nel mondo forense la giovinezza dura fino a 45 anni) è un rapporto Censis per conto dell’Aiga. Studi non ereditati: Il Rapporto contribuisce a sfatare qualche luogo comune come quello sugli avvocati-casta, con studi che si trasmettono da padre in figlio come proprietà personali. In realtà, la maggior parte di chi oggi svolge l’attività forense è figlio di lavoratori dipendenti, di fascia medio-alta come dirigenti e quadri, mentre solo il 12,4% è figlio di avvocati. Nell’ennesima stagione dello scontento degli avvocati (con le associazioni di categoria in larghissima maggioranza compatte nello sciopero contro la “restaurazione” dell’ordinamento giudiziario) potrebbe apparire paradossale, ma lo stato di soddisfazione dei legali italiani è elevatissimo. Le percentuali toccano l’85% e, malgrado crescano con l’aumentare del reddito, restano molto forti anche nelle fasce di reddito basso. A riprova che il prestigio sociale e la considerazione di cui ancora è rivestita la toga forense hanno un peso importante. Riforme sotto osservazione: Il confronto con il mercato appare ancora contraddittorio, posto ce il termometro possa essere rappresentato dalle questioni affrontate in sede di riforma della legge professionale. Così, alla disponibilità sul fronte della pubblicità dei servizi offerti, anche con la sottolineatura delle diverse specializzazioni, si accompagna una resistenza diffusa alla soppressione delle tariffe anche se poi emerge un favore di misura per la determinazione consensuale dei compensi professionali. Larghissima invece la maggioranza per l’esercizio delle professione nelle forme della società multidisciplinare e quasi plebiscitario il consenso per la conservazione dell’esame di Stato come porta di accesso a quelle professioni il cui esercizio corrisponde a interessi costituzionalmente garantiti. L’organizzazione: Il rapporto segnale poi la consapevolezza (quasi il 50%) dell’intreccio tra le competenze professionali e attività imprenditoriali con la creazione di relazioni privilegiate con la clientela che durano nel tempo e conducono a una sorta di “fidelizzazione”. Una linea coerente, del resto, con il profilo della clientela. Se infatti quella privata si attesta al 56% quella aziendale tocca ormai il 42%. Con la conseguente richiesta di servizi e professionalità in parte diversa. Che trovano un riflesso che, a giudizio degli stessi avvocati, testimoniano della qualità delle competenze dell’avvocato e, tra queste, la capacità di aggiornamento professionale, seguita dalla fedeltà della clientela e dalla stima e notorietà. Lo stesso favore con cui viene vista la chance della specializzazione è significativa: a favore premio è soprattutto la contrattualistica (22% del campione) seguita da famiglia e minori con l’infortunistica (entrambe attestate poco sotto il 10%). Per l’aggiornamento le spese sono tutto sommato sostenute, visto che tra aggiornamenti e acquisto di ,materiali giuridici si va da un minimo di 300 euro a un massimo di 3600. I punti critici: tra gli elementi che permetterebbero di migliorare le condizioni dell’avvocatura c’è al primo posto un filtro all’accesso, in sintonia con le effettive richieste di assistenza e consulenza legale. E poi l’utilizzo della leva fiscale per migliorare l’organizzazione dello studio (rilevante che per il 19% delle risposte alla domanda sugli aspetti da cambiare dell’attuale situazione professionale sottolinei l’organizzazione dello studio, mentre al primo posto ci sono i ritorni economici). Da Rapporto viene infine evidenziata come l’avvocatura sia ancora lontana dall’avere affrontato in maniera efficace il problema dell’acquisizione di risorse utili a migliorare l’articolazione dello studio. La stragrande maggioranza (92%) fa ancora ricorso all’autofinanziamento: “non c’è affatto una cultura di indebitamento diverso”. Giovanni Negri, Il Sole 24 Ore pag. 35 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Il visto alle associazioni tenta il percorso Ue Riconoscimento delle associazioni professionali con corsia preferenziale, in sella al recepimento della direttiva “Zappalà” sulle qualifiche (2005/36/Ce). Dopo anni trascorsi a tarare l’equilibrio dell’assetto duale Ordini-associazioni (non ancora riconosciute) nel quadro della riforma del settore, il riconoscimento potrebbe arrivare dal Consiglio dei ministri, con un decreto legislativo forse all’ordine de giorno già la prossima settimana. Almeno se resterà invariata la bozza di decreto per il recepimento della direttiva “Zappalà” sulle qualifiche professionali, che individua percorsi formativi e griglie per facilitare il libero esercizio delle attività professionali nel perimetro della Ue. In base al comma 3 dell’articolo 25 della bozza di decreto, all’elaborazione di “piattaforme comuni” –ovvero i percorsi per uniformare i curricula formativi –“partecipano, in caso di professione regolamentata, gli Ordini o Collegi, ovvero le associazioni di categoria rappresentate a livello nazionale. In caso di professioni non regolamentate nell’ordinamento nazionale, partecipano all’elaborazione delle piattaforme comuni le associazioni rappresentative a livello nazionale”. In pratica, sia quelle che raccolgono gli iscritti agli Ordini sia il coordinamento dei profili “senz’albo, talvolta accusati di “sovrapporsi” all’attività degli iscritti agli Ordini stessi. Il comma 4 dell’articolo 25 prevede l’istituzione di un elenco, presso la presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per il coordinamento delle Politiche comunitarie. L’iscrizione nell’elenco è subordinata al possesso dei requisiti da stabilire con decreto entro 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo. Essenziali, un’anzianità di istituzione di almeno quattro anni, statuto e ordinamento su base democratica, periodico aggiornamento degli iscritti e delle quote versate, ampia diffusione sul territorio nazionale. Netta l’opposizione del Cup che ha espresso “forte preoccupazione” per le norme che “tendono a operare un surrettizio riconoscimento alle associazioni professionali” senza tenere conto “dei lavori parlamentari e dell’articolato dibattito sul tema”. Il Cup propone la soppressione dei commi 3 e 4, che sanciscono il riconoscimento, limitando la possibilità di partecipare all’elaborazione delle “piattaforme comuni” ai soli profili regolamentati. D’altra parte per le associazioni rappresentative di professioni non ordinistiche si aprirebbe una corsia preferenziale attesa da anni e la possibilità di competere alla pari rispetto ai concorrenti europei. Intanto, ieri, il relatore sulla riforma delle professioni, Pierluigi Mantini ha confermato (tra fine luglio e inizio settembre) la presentazione in commissione Giustizia e Attività produttive della Camera, di un nuovo testo dai toni più stemperati. Laura Cavestri, Il Sole 24 Ore pag. 33 Qualifiche, nuovo blitz del governo Un nuovo blitz del governo contro le professioni intellettuali. Come con il decreto Bersani del 2006 sulle liberalizzazioni che, dall'oggi al domani e senza che nessuno ne sapesse niente, cancellò le tariffe minime obbligatorie e i vincoli su pubblicità e società. Il riconoscimento delle associazioni non regolamentate per il tramite del dlgs di recepimento della direttiva qualifiche rischiava di replicare l'espediente. Dato che gli ordini hanno appreso «della forzatura» solo a cose fatte e con il provvedimento pronto per entrare a palazzo Chigi per il via libera. Ok che, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, dovrebbe arrivare già questa settimana o al massimo la prossima. Così se da un lato il Cup si dice «fortemente preoccupato nei confronti delle norme che tendono a operare un surrettizio riconoscimento delle associazioni delle professioni non regolamentate e che non tengono conto dei lavori parlamentari e dell'articolato dibattito politico e tecnico sul tema», dall'altro c'è chi è pronto a rivolgersi alla magistratura per bloccare il decreto legislativo. Intanto il Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Cup chiede la modifica dell'articolo 25. «Gli emendamenti proposti dal Cup», ha dichiarato il presidente Raffaele Sirica, «si impongono ai fini di un corretto recepimento della direttiva Ue che, a tutta evidenza, ha ad oggetto solo le professioni regolamentate». L'impressione di Roberto Orlandi, vicepresidente del Cup è quella che al ministero sia stata fatta confusione fra gli organismi dei vari paesi chiamati a formare le piattaforme per uniformare la formazione delle professioni. Dato che legittimati sono gli ordini e le associazioni, ma solo quelle di stampo anglosassone che sono praticamente dei veri e propri ordini e che nulla hanno a che vedere con le nostre associazioni non regolamentate. «Il prodotto finale», ha detto Orlandi, «è una forzatura del recepimento che davanti a qualsiasi Tribunale amministrativo non avrebbe scampo». A cercare di chiarire le caratteristiche del sistema italiano ci hanno provato i periti industriali guidati da Berardino Cantalini. Che hanno inviato al ministero della giustizia ulteriori osservazioni per ricordare che la direttiva 2005/36/Ce deve stabilire principi generali di mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali già acquisite in ciascuno Stato membro e non anche delle associazioni non regolamentate. «Il comma 4 dell'art. 25 va cassato», ha detto senza mezzi termini Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. «La netta sensazione è che sia un ulteriore tentativo di intervento sulle libere professioni, senza ovviamente coinvolgere i diretti interessati. Non ci siamo mai dichiarati contrari all'ammodernamento dell'intero impianto. Ma questa continua ricerca di scavalcamento degli Ordini e del parlamento», conclude, «è incomprensibile». Ignazio Marino, Italia Oggi pag. 39 Rogito, la trasparenza conviene Indicare nel rogito il prezzo reale della vendita conviene. È infatti possibile evitare così problemi con il fisco, ottenere allo stesso tempo uno sconto del 30% sulle tariffe notarili e mettersi al riparo da eventuali questioni legali connesse all'esecuzione del contratto. Sono quindi molte le ragioni che militano a favore del cosiddetto prezzo-valore introdotto dalla Finanziaria 2006. Ecco perché il Consiglio nazionale del notariato, unitamente alle maggiori associazioni dei consumatori, ha provveduto a diffondere nei giorni scorsi un opuscolo informativo finalizzato a spiegare ai cittadini i vantaggi connessi a una maggiore trasparenza nelle compravendite immobiliari. Il presidente del Consiglio nazionale del notariato, Paolo Piccoli, è «molto soddisfatto del tavolo che il notariato ha istituito con le associazioni dei consumatori ormai due anni fa». «Le guide per il cittadino», ha continuato Piccoli, «sono un risultato importante di questa collaborazione perché sono uno strumento di informazione e trasparenza verso i cittadini. L'intenzione è di proseguire il confronto su tutti i temi di comune interesse». Le questioni sull'esecuzione del contratto di vendita. La simulazione del prezzo di vendita può comportare conseguenze pregiudizievoli per l'acquirente in sede di esecuzione del contratto. Si pensi, per esempio, a cosa può avvenire in caso di rescissione per lesione richiesta dal venditore in malafede il quale contesti la sproporzione tra il prezzo (presunto) di vendita e il reale valore dell'immobile. In casi del genere dovrà essere necessariamente l'acquirente a provare di aver corrisposto alla controparte una somma maggiore in contanti. Si tratta di un problema che può ripetersi con modalità analoghe anche nel caso in cui il contratto sia affetto da altri vizi che ne importino la nullità o l'annullabilità. Ma si pensi anche al caso in cui sull'immobile oggetto della compravendita venga esercitato un diritto di prelazione da parte di un soggetto terzo che era in rapporti con il precedente proprietario. In casi del genere il titolare del diritto di prelazione potrà riscattare il bene e il compratore potrà pretendere esclusivamente la restituzione delle somme risultanti dal rogito. Una situazione analoga si pone nel caso in cui il venditore subisca un fallimento entro un anno dalla stipula del Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - contratto e il curatore fallimentare provi a riscattare il bene dall'acquirente cercando di dimostrare che questi era a conoscenza dello stato d'insolvenza del primo (circostanza che è tuttavia data per presunta nel caso in cui il valore di quanto venduto sorpassi di oltre un quarto quello del corrispettivo ricevuto). Le conseguenze fiscali. Nel caso in cui l'acquirente dichiari nel rogito il reale valore della compravendita non si applicano le norme sull'accertamento induttivo e, quindi, ai fini della determinazione del reddito tassabile non assume rilevanza la spesa effettuata per l'acquisto dell'immobile. Bisogna poi considerare come la detrazione Irpef spettante all'acquirente per gli interventi di recupero edilizio eventualmente effettuati dal venditore venga determinata in proporzione al prezzo dichiarato nell'atto di vendita e come lo stato abbia un credito privilegiato, gravante sul medesimo immobile per le sanzioni dovute sulla maggiore imposta non corrisposta. Ancora, in tema di plusvalenze, va ricordato come in caso di rivendita dell'immobile la relativa tassa sia tanto maggiore quanto minore è il prezzo dichiarato all'acquisto. Inoltre la detrazione degli interessi passivi dei mutui ipotecari connessi all'acquisto della prima casa è ammessa solo nei limiti del prezzo dichiarato nella compravendita. Ma anche il venditore non è esente da responsabilità nel caso di simulazione del prezzo, in quanto lo stesso può andare incontro alle sanzioni previste per l'omessa o insufficiente dichiarazione dei redditi o per il reato di frode fiscale. Nella guida redatta dal Consiglio nazionale del notariato viene anche ricordato come il decreto Bersani abbia reso obbligatoria l'indicazione analitica nell'atto di vendita delle modalità di pagamento del prezzo (degli estremi di pagamento delle somme versate al venditore). Un ulteriore accenno viene poi operato alla disciplina antiriciclaggio, che prevede sanzioni per i pagamenti in contanti superiori ai 12.500 euro. Gianfranco Di Rago, Italia Oggi pag. 47 GIURISPRUDENZA Carcere a chi finanzia i terroristi Il finanziamento, anche indiretto, di organizzazioni terroristiche o sovversive internazionali sarà punito con la reclusione da sette a 15 anni. Debutta nel codice penale una nuova fattispecie di reato che amplia la responsabilità di chi mette a disposizione di associazioni o enti che operino con finalità eversive fondi o risorse economiche di qualsiasi tipo e integra le disposizioni del dlgs antiriciclaggio varato recentemente dal governo in attuazione della direttiva n. 2005/60/Ce (istituzione del comitato di sicurezza finanziaria, congelamento di fondi e risorse, nuove funzioni per Banca d'Italia, Uic e Agenzia del demanio). La novità è contenuta in uno schema di disegno di legge predisposto dal ministero della giustizia che ratifica la convenzione del Consiglio d'Europa del 20 aprile 2005 sulla prevenzione del terrorismo. Il provvedimento, esaminato ieri in pre-consiglio, definisce in modo compiuto e articolato la nozione giuridica di finanziamento illecito con finalità eversive dell'ordine democratico e ricollega l'esercizio automatico dell'azione penale a una vasta gamma di attività. Si va dagli atti di violenza o di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, passando per il reclutamento effettuato ad personam o attraverso avvisi o annunci pubblicati su internet, per finire all'addestramento e alla più semplice istigazione a delinquere con finalità di terrorismo. Alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, già prevista dal dlgs 2001 n. 231, si aggiunge ora quella personale strettamente rilevante dal punto di vista penale nei confronti di chi agevoli il finanziamento di organizzazioni eversive. Il ddl prevede inoltre la confisca automatica delle cose destinate a commettere il reato o del profitto che ne è derivato e alza da otto a dieci anni la pena massima applicabile nei confronti di chi faccia parte di associazioni terroristiche. Il progetto di legge Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - amplia inoltre la portata del reato di istigazione al terrorismo. Il nuovo articolo 270-octies prevede in particolare che «chiunque attraverso qualsiasi mezzo pubblicamente distribuisce o altrimenti diffonde messaggi che incitano in modo diretto o indiretto alla commissione di atti di violenza o di sabotaggio» venga punito con la reclusione da due a sei anni. La norma precisa che costituiscono atti di «incitamento indiretto» quelli che esaltano o sostengono obiettivi, metodi o risultati dei gruppi o delle associazioni terroristiche. La provocazione o l'apologia di reato indiretta non è infatti perseguibile nell'ordinamento attuale che consente di punire (articolo 414 del cp) esclusivamente il concorso morale nel reato di istigazione a delinquere. In base alle nuove disposizioni sarà invece perseguibile anche chi presenti i reati di terrorismo come necessari o giustificati, diffonda messaggi di elogio per gli autori di attacchi terroristici, ne denigri le vittime o più semplicemente solleciti finanziamenti a favore di organizzazioni eversive. Giro di vite del governo anche nei confronti di chi commette atti terroristici connessi all'utilizzo di sostanze nucleari. Il ministero della giustizia ha infatti messo a punto un ulteriore schema di ddl che dà attuazione alla Convenzione internazionale di New York del 13 aprile 2005. Il provvedimento introduce nel codice penale l'articolo 280-ter, che punisce con la reclusione da cinque a dieci anni chi usi materiale radioattivo, congegni radiologici o nucleari o ne venga in possesso, per procurare morte o danni. Marco Gasparin, Italia Oggi pag. 34 Consolidato, no a sanzioni al passato Il legame tra rettifiche di consolidamento e perdite precedenti l'esercizio dell'opzione e la conseguente limitazione dell'utilizzo delle stesse, non può generare sanzioni in capo ai contribuenti che in passato non abbiano seguito l'orientamento ufficializzato solo ora dall'amministrazione finanziaria; tanto più che la presenza di una specifica norma riferita solo ai trasferimenti infragruppo, lascia(va) intendere che per le altre rettifiche (dividendi, pro rata patrimoniale ecc.) nessuna limitazione all'utilizzo delle perdite dovesse essere operata; questa l'idea che Assonime porta avanti con la propria circolare n. 38 del 17 luglio 2007, emanata a commento di due risoluzioni dell'amministrazione finanziaria entrambe riferite alle modalità di determinazione dell'unica base imponibile di un consolidato nazionale. Da ultimo con risoluzione n. 160/E e ancor prima con risoluzione n. 36/E, l'agenzia aveva chiarito la natura procedurale delle rettifiche, nel senso che le stesse, seppur fatte dalla consolidante, restano a capo delle singole società che le hanno indotte; con la conseguenza che la consolidata non può utilizzare le proprie perdite pregresse per abbattere redditi propri che però poi saranno oggetto di rettifica (vedi dividendi parzialmente imponibili). Se questa è la linea assunta dall'amministrazione, che peraltro Assonime non critica, i problemi possono sorgere in riferimento alla coesistenza di tale linea con il comma 2-bis dell'articolo 123 del Tuir, in base al quale le perdite pregresse delle singole società non possono essere usate per compensare le plusvalenze realizzate dal cedente a seguito di un trasferimento avvenuto in neutralità fiscale. Ciò ovviamente con l'intento di evitare che il divieto di utilizzo nel consolidato di perdite riferite a periodi precedenti l'ingresso nel regime fosse aggirato attraverso la realizzazione di plusvalenze che nell'ambito del reddito delle consolidate si sarebbero potute compensare con le perdite personali e nell'ambito del reddito di gruppo avrebbero dato origine a rettifiche di consolidamento. Il fatto è che se l'interpretazione ministeriale è valida non c'è alcun motivo di specificare il trattamento in caso di trasferimenti in neutralità; anzi, proprio il fatto di aver indicato solo quella particolare rettifica di consolidamento, potrebbe aver indotto i contribuenti a ritenere che gli altri redditi personali poi oggetto di rettifica non fossero sottoposti allo stesso regime. Tanto più che il comma 2-bis dell'articolo 123 ha espressamente carattere innovativo. Da ciò l'auspicio che l'amministrazione eviti di Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - sanzionare i comportamenti, già posti in essere, in difformità da tale interpretazione. Se le perdite sono già state utilizzate nel consolidato potrebbe dunque invocarsi l'obbiettiva incertezza sulla portata della norma; se invece esistono ancora perdite non utilizzate potrebbe essere individuato un meccanismo che delimiti la perdita non utilizzata e la rassegni alla società che l'ha generata. Alessandro Felicioni, Italia Oggi pag. 36 FLASH Il Sole 24 Ore pag. 32-34 La Srl prima rimborsa i creditori I flussi finanziari tra soci e società a responsabilità limitata, sia sotto il profilo dei finanziamenti effettuati da socio sia sotto quello dell’emissione di titoli di debito sono stati oggetto di approfondimento da parte di Assonomine nella circolare 40 del 17 luglio 2007. Le indicazioni: Gli amministratori: la normativa sul finanziamento della Srl solleva dibbi sul comportamento degli amministratori chiamati a rimborsare il prestito ai soci: le regole di postergare i cosi ai creditori vale anche nella “normale” attività sociale?Assonomine risponde negativamente. La società “in bonis”: Secondo l’Associazione, se la società è “in bonis” non bisogna attendere il pagamento di tutti i creditori per rimborsare ai soci. In caso di crisi: Gli amministratori dovrebbero rifiutare il pagamento quando la società di trova in una situazione di crisi o insolvenza. La situazione di crisi può essere evidenziata anche dall’impossibilità di poter adempiere le obbligazioni nei confronti dei soci finanziatori. La postergazione: La regola della postergazione, secondo Assonomine, è applicabile solo quando c’è un conflitto “attuale” tra creditori e socio finanziatore. La norma sulla postergazione del finanziamento dei soci può quindi produrre i suoi effetti non solo nell’ipotesi di crisi o insolvenza della società, ma anche nel caso di esecuzione individuale di un creditore. Incompatibilità più rigide contro l’illegalità diffusa Quando l’illegalità diffusa infesta la Pubblica amministrazione locale, la Regione può essere più severe del legislatore statale in fatto di incompatibilità e ineleggibilità dei consiglieri comunali e provinciali. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con sentenza n. 288/2007 depositata ieri. Equa riparazione senza parzialità Il giudice di merito che sta nella stessa sede di quello dell’equa riparazione non compromette la sua indipendenza e parzialità. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 287 del 4 luglio. Secondo la Corte costituzionale “il dubbio di costituzionalità relativamente ai giudici amministrativi, non è formulabile sul mero dato dell’appartenenza degli stessi giudici alla stessa sede della Corte d’appello”. Il fumatore delle “light” deve provare il danno Il fumo nuoce gravemente alla salute, sigarette “light” comprese. Quindi, sì al risarcimento se ci sono prove della lesione subita. Con una innovativa sentenza in tema di danni da fumo, la Corte di cassazione allarga la platea delle presunte vittime di paccheti “leggeri2 solo nel nome. La decisone n. 15131 della terza sezione civile, depositata il 4 luglio 2007 precisa però che nella struttura della responsabilità aquilana non ci sono automatismi. Perciò è scorretto ritenere che il fumatore non debba dimostrare le singole situazioni di pregiudizio subite e risarcibili. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Italia Oggi pag. 33-39 Figli minorenni, cognomi ai giudici Spetta al giudice decidere quale cognome attribuire al figlio naturale minorenne. Se solo quello del padre che ho lo ha riconosciuto o, in aggiunta, a quello della madre. Senza che sia necessario il consenso del padre. Doppio cognome che può suscitare «molestie e curiosità circa le sue vicende personali». In questo modo, ha sottolineato la Corte di cassazione con la sentenza n. 15953 del 17 luglio, viene garantito il diritto costituzionale alla completa equiparazione del trattamento dei figli naturali a quello dei figli legittimi. Secondo i giudici della Suprema corte, il comma 2 dell'art. 262 della Costituzione, va interpretato nel senso che «il figlio maggiorenne, la cui filiazione dei confronti del padre sia stata accertata, o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, può, a sua scelta, assumere o meno il cognome del padre, aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre, senza che nessuno dei genitori possa in alcun modo opporsi alla sua scelta». Parallelamente, secondo la Cassazione, nell'ipotesi di figlio minore di età, l'ultimo comma dell'art. 262, demandando al giudice la decisione sulla modalità di assunzione del cognome paterno, gli abbia conferito le stesse facoltà di scelta attribuite al figlio maggiorenne. Facoltà che vanno esercitare nell'esclusivo interesse del minore, valutando tutte le circostanze del caso. L'attribuzione del doppio cognome richiesto dal padre naturale nel caso sottoposto all'esame della Suprema corte, inoltre, provocherebbe al figlio, secondo i giudici, un maggior danno rispetto alla sostituzione del cognome materno con quello paterno. «Il disagio che potrebbe derivare alla minore dalla sostituzione del suo cognome», si legge nella sentenza, «appare del tutto trascurabile di fronte al vantaggio che la stessa potrà ricavare in futuro dal fatto di portare, come la grande maggioranza delle persone, il solo cognome paterno evitando così molestie e curiosità circa le sue vicende personali». Avvocati. Altissima adesione all'astensione degli avvocati dalle udienze, contro la riforma dell'ordinamento giudiziario. Lo ha rilevato Michelina Grillo, presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, che proprio oggi sarà ricevuto dalla commissione giustizia della camera in audizione. «Le informazioni che arrivano dai tribunali», ha dichiarato la Grillo, «confermano come anche in questa circostanza, gli avvocati abbiano risposto positivamente all'iniziativa unitaria promossa dall'Oua e dall'Ucpi». Oggi, infine, si terrà a Roma un'assemblea aperta presieduta dalla Grillo e da Oreste Dominioni, presidente dell'Unione camere penali. Fondoprofessioni. Presentato o ufficialmente ieri il quarto bando di Fondoprofessioni, Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua negli studi professionali e nelle aziende collegate, nato nel 2003 come organismo bilaterale dall'accordo tra Confprofessioni, Confedertecnica, Cipa e Filcams Cgil, Fisascat Cisl, UilTuCs Uil. Come anticipato da ItaliaOggi del 5 luglio, quest'anno sarà destinato un importo complessivo di 7 milioni di euro a finanziamento di piani e progetti con tipologia corsuale, seminariale e individuale. «Il bando 2007», ha commentato il presidente Ezio Maria Reggiani, «accentua i caratteri di innovazione, necessari per dare risposte efficaci ai cambiamenti del contesto economico e, dunque, professionale, come dimostra la crescente attenzione per le pari opportunità di genere, età e territorio». ( a cura di Daniele Memola ) Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 -