CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *** RASSEGNA STAMPA 17 aprile 2008 Titoli dei quotidiani Avvocati Avvocati, ok alla distinzione tra giudici e pm Italia Oggi Italia Oggi Avvocati, crescono i volontari Italia Oggi Il private equity allarga i confini E guarda alle ristrutturazioni Italia Oggi Un 2007 da record Italia Oggi I fattori di scelta dell'avvocato giusto Professioni Italia Oggi Ue, record d'inchieste Italia Oggi Incarichi direttivi, si cambia Italia Oggi Italia Oggi Tribunali al restyling Col nuovo governo riforma del Gdp Giustizia La Repubblica Italia Oggi Fini lancia Buongiorno, mugugni in An Magistratura, in arrivo la stretta Italia Oggi Veneto, lavoro ai detenuti Italia Oggi Polizia in carcere, emergenza suicidi GIURISPRUDENZA Italia Oggi Italia Oggi In carcere solo il complice Pubblicità, l'Albo è legittimato a vietarla ai professionisti Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - *** Avvocati Teresa Pittelli, Italia Oggi pag. 17 Avvocati, ok alla distinzione tra giudici e pm Gli avvocati rilanciano la richiesta di una riforma dell'ordinamento forense. Le associazioni dei legali ribadiscono la necessità di nuove regole che aiutino lo sviluppo della professione, tra le quali una revisione dell'accesso e del sistema tariffario, regole che, almeno per adesso, nei programmi sembrano un po' trascurate. E in attesa che sulle linee portanti dei primi cento giorni di governo del Pdl si pronuncino, quando avranno veste di ufficialità, tanto l'Anm, l'associazione dei magistrati, quanto il Cnf, il Consiglio nazionale forense, i primi commenti delle associazioni dei legali sono tutt'altro che negativi. «Ben venga la separazione delle carriere che chiediamo da tempo», dice Michelina Grillo, presidente dell'Oua, l'organismo unitario dell'avvocatura. E anche sulla ripresa dei progetti elaborati dalle varie commissioni sui quattro codici nel 2001, l'approccio dei legali è abbastanza ottimista. «Noi abbiamo sostenuto all'epoca la proposta Vaccarella sull'accelerazione e deflazione dei processi civili», spiega Grillo, che invece per quanto riguarda i processi penali rimanda il giudizio al termine dell'esame delle varie proposte, ancora in corso. D'accordo con la separazione delle carriere dei magistrati anche Oreste Dominioni, presidente dell'Unione camere penali italiane, che però accanto a questo provvedimento chiede anche «una nuova legge per l'ordinamento forense, nuovi meccanismi di recepimento delle direttive comunitarie nel campo della giustizia, riforma del processo penale e un piano per la sicurezza». Per tutto il resto, i penalisti aspettano che le proposte prendano corpo in maniera più netta. Certo è che tanto la separazione delle carriere in magistratura, quanto norme più rigorose in tema di intercettazioni e immigrazione incontrano il favore delle Camere penali. Più cauti, invece, tanto Grillo quanto Dominioni, sull'idea della giuria popolare. «In teoria nessuna preclusione, ma occorre vedere come sarebbe articolato il provvedimento», è il pensiero di entrambi. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Legali e mercato Marzia Paolucci, Italia Oggi pag. 17 Avvocati, crescono i volontari Extracomunitari, più uomini che donne e più coinvolti in pratiche di diritto amministrativo che in ambito civile e penale dove i permessi di soggiorno la fanno da protagonista con 305 pratiche avviate l'anno scorso, 60 casi di licenziamenti e problematiche in genere legate al diritto del lavoro e 22 procedimenti in cui i clochard compaiono in qualità di persona offesa da aggressioni, minacce e addirittura molestie. Sono i numeri di Avvocato di strada, l'odv di oltre 400 avvocati in tutta Italia che danno gratuitamente consulenza e assistenza legale ai cittadini senza dimora. L'organizzazione ha appena pubblicato il rapporto 2007 sull'assistenza legale in Italia che rivela dati interessanti su quelle che sono le problematiche principali in cui incappano i tanti senza diritto che vivono sulla strada. Ma vediamo la situazione nel suo insieme: sono state 932 in tutto le pratiche aperte l'anno scorso dagli sportelli di Avvocato di strada, nel 63% dei casi sono uomini, ma c'è anche un buon 37% di donne, pari a 349, che nel 2007 hanno avuto bisogno dell'aiuto dell'organizzazione. Domina il diritto amministrativo con 455 pratiche, pari al 49% del totale, seguito dal civile a quota 376 con il 40% del totale e dalle davvero poche pratiche di diritto penale, che con 101 casi rappresentano appena l'11% del totale. Come già accaduto l'anno scorso, si riconferma in assoluto e in amministrativo la prevalenza di pratiche relative ai permessi di soggiorno, 305, seguite da 104 casi legati ai fogli di via e ai decreti di espulsione e un esiguo numero di 25 casi di recapito delle cartelle esattoriali per mancato pagamento di imposte, tasse e contributi. Nel civile, le pratiche più ricorrenti si riferiscono ai licenziamenti, 60, alla separazione e ai divorzi, 52, e al diritto di residenza con 50 casi. Nel rapporto evidenti anche i 45 casi di sfratto e problematiche legate alle locazioni. Sorpresa, invece, nel penale, dove il numero più alto è quello dei procedimenti legati ai reati subiti, 22, due in più dei reati contro il patrimonio e il doppio dei procedimenti per reati legati agli stupefacenti. L'esperienza è nata nel 2001 da una costola dell'associazione di volontariato bolognese «Amici di Piazza Grande» che si occupa dei senzatetto dal 1993. Poi, nel 2003, il salto verso un progetto di più largo respiro: «Visti i risultati, ci è venuta l'idea di allargarlo a tutto il territorio nazionale», racconta il presidente Antonio Mumolo, «abbiamo iniziato contattando tutte le associazioni operanti sul territorio per i senzatetto, e con loro siamo entrati in contatto anche con tanti avvocati. E con il permesso dei locali consigli dell'ordine abbiamo via via aperto gli sportelli di Lecce, Bari, Taranto, Foggia, Napoli, Pescara, Ancona, Bologna, Modena, Jesi, Reggio Emilia, Ferrara, Rovigo, Padova, Trieste e Bolzano». Del 2004 è la nascita di un coordinamento nazionale e della successiva costituzione in odv, l'organizzazione di volontariato «Avvocato di strada» a 70 soci tra responsabili di sportello e liberi aderenti. Come evidenziano le principali analisi di settore, per Jacopo Fiorentino, del direttivo nazionale dell'organizzazione: «Oggi la figura “tradizionale” del senzatetto non esiste più e per la concomitanza di vari fenomeni, precarizzazione della vita lavorativa, sempre maggiore disgregazione che interessa i nuclei sociali tradizionali e mancanza di ammortizzatori sociali adeguati, in strada ci sono italiani e stranieri, laureati e analfabeti, giovani e anziani, uomini e donne. Categorie che vanno a formare un folto gruppo difficilmente classificabile». Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Ignazio Marino, Gabriele Ventura,Italia Oggi pag. 22 Il private equity allarga i confini E guarda alle ristrutturazioni Il private equity allarga gli orizzonti. Guardando con maggiore attenzione alle ristrutturazioni aziendali, complici soprattutto le nuove procedure concorsuali e il recente correttivo che hanno dato alla legge fallimentare una missione di salvataggio dell'impresa in crisi. A cavalcare l'onda sono già pronti gli studi legali. Che hanno messo in piedi delle vere e proprie task force per sfruttare il business. Un filone, quello para-fallimentare, che avrà ancora più appeal se anche sul versante fiscale investitori e amministrazione finanziaria potranno arrivare a un accordo più vantaggioso per chi ha intenzione di guidare l'azienda verso il risanamento. Così, accanto alla classica attività dei fondi di private equity, che sta subendo un forte ridimensionamento della portata dei deal a causa dell'attuale crisi finanziaria e della ridotta disponibilità di credito, oggi, per i vari Permira, Investitori Associati, 21 Investimenti, si aprono scenari interessanti. Come dimostra anche l'asta giudiziaria del tribunale di Milano per cedere i crediti relativi alle azioni revocatorie dei procedimenti in corso e dei concordati fallimentari per un ammontare di circa 180 milioni di euro). Sta puntando sul para-fallimentare Bonelli Erede Pappalardo, anche alla luce del rallentamento che ha colpito il private equity a livello internazionale. A livello nazionale, il private equity ha dovuto fare i conti negli ultimi mesi anche con la crisi politica, che forse ha indotto gli investitori stranieri a restare alla finestra. Un filone interessante sul quale stiamo puntando è quello legato all'ambito para- fallimentare, con operazioni di turnaround su imprese in crisi. Detto questo, per incentivare il private equity potrebbero essere utili anche agevolazioni normative, soprattutto a favore di investitori stranieri in Italia, ma bisogna anche fare attenzione a non cadere in un eccesso di regolamentazione». Mentre Chiomenti, per gestire gli aspetti relativi ai temi di legge fallimentare e restructuring, anche legati al private equity, ha sviluppato la business unit «restructuring», guidata dal socio Andrea Bernava, che abbraccia anche le aree di finanza, contenzioso, m&a, fiscale, lavoro, internazionale. Ogni aspetto fiscale viene poi gestito con il dipartimento fiscale, sotto il coordinamento di Andrea Giannantonio. «La stretta creditizia ha senz'altro colpito le operazioni di buyout di grandi dimensioni», afferma il socio responsabile della business unit «private equity», Franco Agopyan, «le quali interessano il nostro paese in minima parte. Siamo invece convinti che operazioni di minoranza o di buyout su società midcap saranno sempre più frequenti e pensiamo che le imprese italiane possano in tal senso costituire dei perfetti target. Altre tipologie di operazioni che potranno interessare i fondi di private equity, anche in Italia, potranno essere le operazioni public-to-private su società quotate e quelle su distressed assets e distressed debt. Detto questo, il rilancio del settore deve necessariamente ripartire dalla normativa sulle stock option e dai meccanismi di remunerazione e tassazione del management che di fatto oggi non sono adeguati e incentivanti per il management del private equity». Anche Gianni Origoni Grippo & partner sta guardando con molto interesse agli effetti della riforma del fallimentare. «Nel 2008 potrebbe registrarsi un aumento del numero di operazioni di Turnaround financing», anticipa Marco Gubitosi, socio di Gianni Origioni Grippo, «tutto ciò in funzione sia delle numerose imprese italiane in crisi ma con concrete e inespresse possibilità di incrementare il loro valore e capacità reddituali. Sia della necessità degli investitori finanziari di esplorare nuove opportunità di mercato. Sia, infine, della maggior consapevolezza da parte degli stessi investitori finanziari, di quelli industriali e degli operatori e interpreti di settore, del notevole allarme sociale che desta nell'opinione pubblica il fenomeno della crisi d'impresa e della conseguente necessità di concorrere, ove possibile e nel rispetto dei ruoli, al risanamento e rilancio delle imprese in crisi anche beneficiando degli strumenti giuridici dettati a tal fine dalla nuova disciplina fallimentare, frutto di un più attento diritto dell'economia alla complessa economia del Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - diritto «La velocità del mercato, però, potrebbe non essere quella degli attori coinvolti nelle procedure concorsuali. Ci vorrà del tempo», ammette Gubitosi, «anche perché il nuovo favor legislativo deve ora diventar vivo attraverso la puntuale e costante opera dei professionisti e operatori del settore così come degli organi fallimentari e dei Tribunali. Il prossimo passo in tal senso potrà quindi essere, almeno a livello operativo, l'accelerare la metabolizzazione del nuovo approccio propositivo della legge fallimentare. Oltre a ciò un ulteriore passo potrebbe ravvisarsi a livello legislativo l'aggiornamento e coordinamento delle diverse procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi oggi dettate dal combinato, non sempre perfetto, delle leggi note come «Prodi-bis» e «Marzano». Occhi aperti in casa Legance. «Stiamo guardando con interesse alle nuove procedure fallimentari», dice Giovanni Nardulli, managing partner, «ma è difficile fare una previsione. Riscontriamo delle situazioni interessanti soprattutto nel manifatturiero». A livello generale, però, per Marco Graziani, partner del dipartimento tax di Legance, «il regime fiscale per i fondi e per le operazioni di private equity non è particolarmente favorevole, specie dopo l'ultima finanziaria che ha aumentato la soglia dell'indeducibilità degli interessi passivi. Un correttivo su tale aspetto», suggerisce, «potrebbe avvicinare la situazione dell'Italia a quelli di altri paesi e incentivare di più i nostri investitori». Per Freshfields Bruckhaus Deringer, infine, il mercato italiano delle piccole-medie imprese è oggi molto attivo per il private equity, mentre le novità del fallimentare potranno essere una buona opportunità per il futuro. «Il rallentamento del private equity ha riguardato soprattutto i grandi deal», spiega il corporate partner Mario Ortu, «mentre in Italia il fenomeno si è manifestato in modo attenuato, dato che il valore medio delle operazioni è tradizionalmente inferiore rispetto ad altri paesi europei o agli Stati Uniti. È rimasto quindi attivo il mercato delle operazioni relative a imprese di medie dimensioni, che spesso presentano grande dinamismo ed elevate potenzialità di crescita. Di certo, poi, la recente riforma fallimentare contribuirà a favorire operazioni su distressed assets che prima erano tecnicamente più difficili. Anche se a tutt'oggi mi sembra non ci siano ancora state molte opportunità concrete in questo senso». Analisi I fondi di private equity hanno rappresentato la grande novità degli ultimi 10 anni nel campo dei prodotti finanziari a livello globale. La girandola di acquisizioni e concentrazioni aziendali un tempo alimentata dalle società industriali e commerciali ha mantenuto livelli record grazie all'intervento degli operatori di private equity. A ruota, avvocati d'affari e consulenti vari si sono gettati nella mischia di questa nuova bonanza. Ma come tutte le mode, anche quella del private equity sembra passata. La causa risiede principalmente in due fattori: i prezzi insostenibili che le società target avevano ormai raggiunto, la stretta creditizia che ha dato il colpo di grazia a un settore che mostrava da tempo sintomi di affaticamento. In particolare quest'ultimo fenomeno ha raffreddato moltissimi operatori che non sono più stati in grado di ottenere dalle banche i cospicui finanziamenti con cui erano soliti creare la leva di debito necessaria all'efficienza finanziaria dell'operazione. Dunque l'ultima frontiera del private equity è diventata la specialità dei turnaround e delle special situation. Situazioni in cui le aziende costano meno perché rischiose e dove il debito non può essere caricato per le precarie condizioni aziendali. Ecco perché gli avvocati e i consulenti di cui sopra si stanno scervellando per capire (e poi spiegare ai loro clienti del settore) se la recente riforma italiana delle procedure concorsuali abbia facilitato o complicato l'intervento dei private equity nelle società pre-insolventi. Il consenso (forzato o meno) sembrerebbe nel senso positivo. Potrebbe essere un'opportunità per le società in difficoltà, per i private equity e, perché no, anche per i consulenti. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Gabriele Ventura,Italia Oggi pag. 22 Un 2007 da record Il 2007 è stato un anno record per il private equity italiano. Con 4,2 miliardi di euro investiti e un numero di investimenti che, per la prima volta dopo il 2003, è tornato a superare quota 300. A trainare il business sono state le imprese con un numero di dipendenti inferiore a 250 unità, che hanno calamitato l'80% delle operazioni realizzate nell'anno. Questi i dati di mercato diffusi dall'Aifi (l'Associazione italiana del private equity e venture capital) per il 2007, dai quali emerge che il settore è in crescita del 12,5% rispetto al 2006. La maggior parte delle risorse investite (3.295 milioni di euro, in crescita del 35% rispetto al 2006) è confluita nel buy out, seguito a notevole distanza dall'expansion (786 milioni di euro). Mentre le grandi operazioni (equity investito superiore ai 150 milioni di euro) rilevate nell'anno hanno attratto risorse per 2.138 milioni, pari a oltre il 50% dell'ammontare complessivamente investito e in crescita del 59% rispetto al 2006. In termini di numero, invece, l'Aifi rileva una maggiore prevalenza di operazioni di expansion (113 investimenti), seguite dagli investimenti di early stage (88 operazioni, +42% rispetto al 2006). A farla da padrone, come detto, sono le piccole-medie imprese, che hanno attratto risorse per oltre 1 miliardo di euro, evidenziando importanti segnali di crescita sia in termini di incidenza percentuale (pari al 25% sul totale dell'ammontare investito, contro il 22% del 2006), che in valore assoluto (+29% rispetto agli oltre 800 milioni dell'anno precedente). Nel dettaglio, dall'analisi dei singoli segmenti di mercato, i dati Aifi sottolineano che il numero medio di dipendenti delle società oggetto di un investimento in fase di avvio (early stage) nel corso del 2007 sia stato pari a sei. Le operazioni finalizzate a sostenere progetti di crescita (expansion) hanno invece riguardato imprese con un numero di dipendenti mediamente pari a 64. Valore che sale a quota 120 se si considerano le imprese oggetto di un'operazione di buy out nel corso dell'anno, con esclusione di quelle interessate da investimenti di grandi dimensioni. Le risorse complessivamente affluite agli operatori presenti in Italia nel 2007 hanno superato la cifra record dei capitali raccolti nel 2000 (2.925 milioni di euro), attestandosi a quota 3.028 milioni (+33% rispetto al 2006). Con un peso del 77% sul totale, le sole risorse raccolte sul mercato nazionale e internazionale da parte di operatori indipendenti hanno raggiunto i 2.337 milioni di euro, facendo registrare un incremento del 61% rispetto al 2006 (1.454 milioni). Di questi, la quota di derivazione non domestica ha raggiunto il 57%, in aumento dell'86% in valore assoluto rispetto al dato del 2006. Al 31 dicembre 2007, infine, il portafoglio complessivo degli investitori attivi in Italia risultava composto da 1.120 aziende, per un controvalore delle partecipazioni detenute, valutato al costo di acquisto, superiore a 12,6 miliardi di euro. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Giulia Picchi, Italia Oggi pag. 23 I fattori di scelta dell'avvocato giusto I tre driver irrinunciabili per ogni cliente che decide di rivolgersi a un professionista sono: la sua expertise, la sua esperienza e il suo livello di efficienza nel portare a termine l'incarico. All'interno della stessa area di practice, però, la priorità relativa che il cliente assegna a questi tre benefici può variare drasticamente in funzione del tipo di deal. Più il caso è complesso, più comporta un rischio elevato, più coinvolge aspetti diversi e delicati e richiede una soluzione ad hoc, più il cliente cercherà il professionista o lo studio più «creativo» e maggiormente capace di proporre soluzioni «innovative» e di avere del caso la cosiddetta visione d'insieme. E, naturalmente, più sarà disposto a pagare un prezzo elevato. La rosa di professionisti che opera nel campo del private equity possiede tutte queste caratteristiche e corrisponde a quelli che David Maister individua come «brain surgeon», avvocati e studi in grado di offrire una consulenza altamente sofisticata, accreditati come veri esperti, in questo caso, particolarmente presso la comunità finanziaria. Sebbene il rapporto con questi avvocati/studi sia molto stretto, raramente è anche esclusivo: poiché gli ambiti di intervento di un private equity sono molto diversi, all'interno della propria rosa di professionisti si sceglie quello di volta in volta giudicato più adeguato al tipo di deal. In questo senso e, soprattutto, laddove non sia richiesto un elevato livello di customizzazione, contano senz'altro le precedenti esperienze del legale nel settore. Non ultimi, tra i fattori che guidano la scelta dell'advisor, vengono considerati anche il valore complessivo dell'operazione che, necessariamente, impone delle riflessioni attente sul quantum delle spese legali sostenibili e la capacità del consulente di portare a termine l'incarico in tempi rapidi. Ma il ruolo dell'avvocato non si esaurisce qui. Poiché l'advisor è sì il consulente legale ma, a tutti gli effetti, opera in una sorta «partnership» con il private equity e può contare su un proprio sistema relazionale e un proprio portafoglio clienti, non è infrequente che agisca anche da referral, individuando per primo le imprese da coinvolgere nelle future operazioni. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Professioni Europa Sabina Pignataro, Italia Oggi pag. 19 Ue, record d'inchieste Cresce di anno in anno il numero di lamentele dei cittadini nei confronti delle istituzioni europee ma resta lo stesso il motivo: la mancanza di trasparenza. Ed è il medesimo il principale bersaglio: la Commissione europea. La tredicesima relazione annuale del Mediatore europeo, Nikiforos Diamandouros, mostra che nel 2007 sono state intraprese un numero record di inchieste: 641, contro le 582 dell'anno precedente, il 17% in più. Le fattispecie principali di presunta cattiva amministrazione si possono ripartire fra le seguenti tipologie: mancanza di trasparenza e rifiuto di fornire informazioni (28% dei casi), iniquità o abuso di potere (18%), carenze procedurali (13%), ritardi evitabili (9%), discriminazione (8%), negligenza (8%), errori giuridici (5%) e mancato adempimento degli obblighi, ovvero casi in cui la Commissione europea ha omesso di esercitare la propria funzione di «custode del trattato» nei confronti degli Stati membri (3%). La Commissione europea è recidiva: al pari degli anni precedenti, la maggior parte delle indagini (413, vale a dire il 64% del totale) ha interessato proprio l'esecutivo comunitario. Ma sono state svolte anche 87 indagini (14% del totale) relative all'Ufficio europeo di selezione del personale (Epso), 59 (9%) riguardanti il Parlamento europeo, 22 (3%) concernenti l'Ufficio europeo per la lotta antifrode e 8 (1%) riguardanti il Consiglio dell'Unione europea. Le denunce inviate da privati cittadini sono state 3.056, mentre in 155 casi si è trattato di associazioni o imprese. Il maggior numero di reclami è arrivato dalla Germania (16%), seguita dalla Spagna (11%), dalla Francia (8%) e dalla Polonia. Dall'Italia il 5,7%. Ma, proporzionalmente alla popolazione, sono stati il Lussemburgo, Malta e Cipro a produrre il numero più grande di reclami. In quasi il 70% dei casi, il Mediatore è stato in grado di aiutare il denunciante avviando un'indagine, trasferendo la denuncia a un organismo competente o fornendo consulenza riguardo alle sedi a cui rivolgersi per una soluzione tempestiva ed efficace del problema. A seguito di un reclamo fatto dal Mediatore sono stati 129 i casi risolti dalle istituzioni, a fronte dei 64 del 2006; Diamandouros ha dovuto emettere 55 note critiche e trasmettere un rapporto speciale al Parlamento europeo, che rappresenta il ricorso ultimo del Mediatore. Tale rapporto ha avuto come oggetto la direttiva europea sulle ore di lavoro che, secondo un reclamo di un medico tedesco, è stata infranta dal suo governo da più di sei anni. Nel 2007 sono stati inoltrati inoltre otto progetti di raccomandazione. Tra questi uno riguardava l'accesso pubblico a informazioni sui pagamenti ricevuti dai membri del Parlamento europeo. La questione è stata sollevata da una denuncia di un giornalista maltese, la cui richiesta di informazioni in merito alle indennità di alcuni membri del Parlamento era stata rigettata dal Parlamento in base al diritto alla protezione dei dati. Ma non solo. La Commissione ha accettato un progetto di raccomandazione in cui il Mediatore la invitava a correggere le informazioni imprecise e poco chiare contenute in opuscoli, manifesti e in una presentazione video sui diritti dei passeggeri aerei. Altri casi eclatanti del 2007 hanno riguardato grossi risarcimenti, per esempio la Commissione europea ha pagato 88 mila euro a una società francese. Eppure, i problemi permangono: ancora una volta, nel 2007, il 15% dei casi è stato archiviato con un'osservazione critica perché l'istituzione interessata non è riuscita ad adeguarsi agli standard di servizio a cui i cittadini avrebbero avuto diritto. Si va da un'istituzione che si è rifiutata di modificare le procedure di assunzione, essenzialmente per ragioni di convenienza amministrativa propria, a un'altra che ha ritardato eccessivamente l'avvio di una procedura per infrazione senza fornirne una motivazione specifica. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Csm Marzia Paolucci, Italia Oggi pag. 18 Incarichi direttivi, si cambia Da oggi le toghe per diventare veri dirigenti negli uffici giudiziari verranno valutate con nuovi parametri, in un'ottica di efficienza e funzionalità del servizio giustizia. È la «rivoluzione culturale» voluta dal ministro della giustizia Luigi Scotti, per gli uffici giudiziari, che non potrà che valorizzare attitudini e capacità dei magistrati italiani nell'organizzazione del lavoro. «Per la prima volta», ha spiegato Scotti, «vengono individuati criteri obiettivi di valutazione dell'attitudine a dirigere e organizzare un ufficio giudiziario». Il Guardasigilli ha così commentato la risoluzione del Consiglio superiore della magistratura che, d'intesa con il ministro Scotti, nei giorni scorsi ha approvato all'unanimità i parametri per il conferimento degli incarichi direttivi. Dalla capacità di gestire le risorse alle relazioni con gli altri magistrati e con il personale amministrativo, e di promuovere e utilizzare le innovazioni tecnologiche alla valorizzazione delle attitudini organizzative dei collaboratori, «i parametri che insieme al Csm abbiamo delineato», aggiunge Scotti, «alla luce della riforma dell'ordinamento giudiziario, disegnano una figura moderna di capo dell'ufficio, magistrato che deve avere le competenze scientifiche adeguate ma deve essere in grado, non solo in base alla sua anzianità di servizio, di gestire l'organizzazione. Un manager del tutto particolare, magistrato, certo, ma anche capace di scegliere soluzioni adeguate per un servizio più veloce ed efficiente». Dopo l'approvazione della riforma dell'ordinamento giudiziario palazzo dei Marescialli ha anche approvato una circolare sui nuovi criteri di valutazione della professionalità delle toghe. Il Csm procede, dunque, alla valutazione di professionalità acquisiti il parere del Consiglio giudiziario o del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e la relativa documentazione, le risultanze delle ispezioni ordinarie e tutti gli elementi di conoscenza ulteriori che ritenga di assumere. «Il parere deve ricostruire con completezza le qualità del magistrato, al fine di consentire all'organo di autogoverno la conoscenza dettagliata delle caratteristiche professionali, del tipo di lavoro effettivamente svolto e delle reali attitudini dello stesso magistrato, anche ai fini delle valutazioni per il tramutamento di funzioni, per il conferimento delle funzioni semidirettive e direttive, nonché per il conferimento delle funzioni di legittimità». Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Marzia Paolucci, Italia Oggi pag. 18 Tribunali al restyling È un po' il Business project reengineering di un tribunale, il progetto tabellare: presentato dal presidente dell'ufficio, sottoposto all'approvazione del Csm e a efficacia triennale secondo il nuovo ordinamento giudiziario. È il cardine della struttura organizzativa degli uffici giudiziari e il primo essenziale atto organizzatorio dell' ufficio a cui si intreccia da un anno e mezzo l'attività delle commissioni flussi istituite un anno e mezzo fa dal Csm. Due facce della stessa medaglia strette da un rapporto oggi sempre più interdipendente tra i dirigenti degli uffici e le commissioni create dai consigli giudiziari e chiamate a valutare la correttezza dell'analisi dei flussi posta a base del programma organizzativo e l'idoneità della proposta tabellare al raggiungimento degli obiettivi fissati. A parlarne, in giorni piuttosto caldi per l'attualità dell'argomento, c'è Francesco Saverio Mannino, consigliere della settima Commissione del Csm: «Proprio giovedì scorso il plenum del Csm ha approvato il calendario di incontri con tutti gli uffici giudicanti per parlare proprio delle commissioni flussi». Domanda. Ci saranno cambiamenti? Risposta. «Stiamo lavorando sulla prossima circolare delle tabelle che sarà approvata prima dell'estate per il 20092011: stabilirà nuovi criteri di redazione delle tabelle e dei progetti organizzativi». D. Che cosa è successo nel rapporto tra uffici e Csm dall'istituzione delle commissioni flussi? R. «Diciamo che con la circolare di luglio c'è stata proprio un'inversione di tendenza: prima le commissioni potevano essere interpellate dai consigli giudiziari dando però solo un parere a posteriori sui carichi di lavoro e sulla bontà dei progetti organizzativi, oggi invece i capi degli uffici possono interpellare le commissioni per avere una valutazione in itinere sui carichi di lavoro e quindi adottare i moduli organizzativi». D. Per evitare che i progetti tabellari vengano respinti al mittente, com'è accaduto spesso in passato? R. «Esatto, tra l'altro c'è anche un problema di sostanziale disomogeneità dei dati raccolti dalle commissioni flussi distrettuali che potrebbe essere risolto con la creazione di una Struttura tecnica per l'organizzazione. Mi risulta che la delibera di creazione della struttura ci sia già e che al momento sia alla firma del presidente Napolitano. Composta da una decina di magistrati, avrebbe un ruolo di raccordo organizzativo tra le varie commissioni flussi con la funzione di supportare il Csm nella valutazione della bontà dei progetti organizzativi dei vari uffici». D. Una volta arrivato un progetto tabellare, come lavora il Csm? R. «Possiamo approvarlo interamente o parzialmente e in questo caso invitare il presidente dell'ufficio a sanare le mancanze, in caso di mancanze gravi, invece, lo respingiamo interamente. Le cause possono essere le più varie: discrasia sui carichi di assegnazione e sulle modalità di assegnazione dei fascicoli, utilizzazione dei got e tutto ciò che infrange il rispetto delle regole fissate dalle circolari». Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Giudici di pace Francesco Cersosimo Presidente Associazione Gdp,Italia Oggi pag. 24 Col nuovo governo riforma del Gdp Nel numero del mese scorso avevamo portato la nostra attenzione su tre importanti scadenze elettorali. Facciamo alcune riflessioni su quanto si è determinato. Consigli giudiziari: Il 6-7 u.s. i giudici di pace hanno eletto i loro rappresentanti nella sezione staccata. Il numero da due a quattro era determinato dalla grandezza delle Corti d'appello. È stato un significativo riconoscimento del parlamento, riservato solo ai Gdp, per la precipuità del servizio esplicato con indipendenza e autonomia da altri poteri giudiziari. Dal che, oltre al nostro essere presenti nella Costituzione (articolo 116), si desume la limpidezza della nostra posizione che ci affranca definitivamente dalla «onorarietà», che invece determina subalternità ai magistrati di carriera. È stata una rivendicazione continua dell'associazione, che è partita da lontano e che in questi giorni ha dato i suoi frutti. Certo non riusciamo a spiegarci la presenza dei giudici di carriera, quasi che fossero dei tutors, in un organismo «staccato» dal loro consiglio giudiziario e l'assenza dei rappresentanti degli enti locali, che pure avrebbero avuto titolo per essere partecipi dell'esperienza, in quanto portatori di una possibile «organizzazione» dei Gdp. Comunque, è stato un rilevante passo avanti, di cui possiamo, come associazione, essere fieri, anche se qualcuno, a livello locale, improvvisamente folgorato da una proposizione di candidatura occasionale, ha cercato un'effimera propaganda con il populistico motto «Ma l'associazione che cosa ha fatto?». Ovviamente non pretendiamo che i nostri documenti, i nostri articoli, il nostro sito siano letti, ma almeno costoro avrebbero potuto evitare di sprofondare nel ridicolo, ritenendo che i diritti che si acquisiscono possano essere il frutto grazioso di un potente di turno e non la quotidiana lotta (leggi impegno) di centinaia di iscritti all'associazione, che magari sono poco visibili in certi momenti, ma che non si tirano mai indietro quando c'è da far valere le ragioni dei Gdp. A viso aperto. In ogni sede. Tutto ciò è stato ampiamente compreso e ritenuto dalla stragrande maggioranza dei Gdp che hanno inteso riporre fiducia negli iscritti all'associazione con un clamoroso 74,58% degli eletti, confermandone il radicamento in ogni distretto di Corte d'appello. Un grazie cordiale a tutti gli elettori e un augurio agli eletti, che, ne sono certo, sapranno portare nei consigli giudiziari la loro preparazione, la loro tenacia e anche la loro «grinta» in difesa di tutti i giudici di pace, troppe volte bistrattati. Elezioni politiche. 13-14 aprile: Nuovo governo. Nuovo ministro di giustizia. Aspettiamo sereni e attenti che si manifestino attraverso un concreto programma per la giustizia in generale e per i giudici di pace in particolare. In campagna elettorale siamo stati ricevuti dalle principali forze politiche. Abbiamo offerto le nostre proposte. Hanno manifestato attenzione con una menzione per Mantovano e Tenaglia, rispettivamente responsabili giustizia di An e del Pd. I programmi erano generici per la verità. Forse non potevano essere diversi per la complessità del tema, non veicolabile verso il grande pubblico, anche se negli ultimi giorni Veltroni aveva indicato un'apertura nei nostri confronti su Panorama, meritandosi il rimbrotto aspro de il Giornale e di un giornalista in particolare, che già il presidente Mollo aveva deferito al Consiglio superiore della magistratura per le baggianate espresse in modo infamante. Non abbiamo la pretesa di salvare la giustizia italiana, ma siamo in grado di offrire un apprezzato lavoro, ormai indispensabile. Senza i Gdp si arriverebbe al collasso definitivo, a meno che non si voglia far regredire il cittadino a suddito, senza il diritto di accedere a un grado giurisdizionale anche e solo per una sanzione amministrativa, ritenuta ingiusta. Per come ha proposto il presidente di una delle tante commissioni messe in campo al ministero. Tuttavia, l'uscita di Veltroni non è valsa a farci dimenticare il lungo dissenso nei confronti Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - dei ministri Mastella e Scotti, che nel 2006 improvvisamente ci hanno sospeso le retribuzioni e nel 2007 avevano la pretesa di coniugare riforme avventurose con spremute di giudici di pace, resi ancillari ai magistrati di carriera. Due maxi-scioperi con partecipazione bulgara hanno impedito che il progetto decollasse, pur essendo già stato presentato in consiglio dei ministri. Ne è seguito uno stare sull'altalena continuo, durato un anno, e con il tentativo finale di cercare di rinviare le elezioni del consiglio giudiziario_ in attesa della riforma. Con questo stato d'animo andremo a incontrare il prossimo guardasigilli, per cui ci prenoteremo senza indugio, perché metta mano allo status per poter programmare il futuro di tutti, che sia impegno di vita lavorativa a tempo pieno, così come lo è ormai nei fatti. Per mettere fine al precariato nella giustizia. Nel rispetto delle nostre autonome posizioni, che di anno in anno andiamo riaffermando. L'associazione continuerà a mantenere l'equidistanza da tutte le forze politiche. Senza se. Senza ma. Per come abbiamo dimostrato nel corso di quattordici anni e di recente con il governo Prodi, e prima ancora con tutti i ministri che si sono succeduti. È questa consapevolezza di essere associazione di magistrati che ci differenzia da altri personaggi, comparsi negli ultimi tempi, che, con azioni strumentali e asserviti, cercano di millantare crediti di rappresentanze di Gdp inesistenti o minimali presso i governanti di turno, ignorando e calpestando il senso di appartenenza a un potere costituzionale, diverso e autonomo da qualunque altro, tutelato anche per noi dalla Costituzione. Alcuni non hanno esitato nel favorire sfacciatamente campagne elettorali (Bononia docet) gettando discredito sull'intera categoria, dimenticando anche il giuramento di indipendenza prestato nell'atto di assumere l'importante funzione giudicante. Di questi ormai ne abbiamo abbastanza e vogliamo dire chiaro e tondo che d'ora in poi i consigli giudiziari saranno attivati a difesa del buon nome della stragrande maggioranza di quanti amministrano giustizia in modo encomiabile e con i sacrifici che conosciamo. Elezioni associazione. 18-19 aprile p.v. Completiamo il turno elettorale. Questa volta domestico, con il rinnovo degli incarichi dirigenziali in scadenza biennale. Come sempre, i documenti di sintesi permetteranno di procedere sulla strada annuale dell'impegno, senza improvvisazioni personali. Nel rispetto assoluto dei mandati del direttivo e senza l'incalzare di assemblee emotive, avanti la balaustra di Montecitorio. È la nostra precipuità. Al pari del rinnovo degli incarichi. Non essendo permesso ad alcuno di permanere in un incarico direttivo dopo il secondo mandato biennale. È la legge della democrazia, trasfusa nel nostro statuto. Se vogliamo che l'associazione sopravviva all'originario gruppo dirigente dobbiamo procedere a un rinnovo graduale, non solo generazionale, ma che sia anche confronto di idee condivise, aventi come cardine l'autonomia, l'indipendenza e la terzietà del giudice, ma anche la consapevolezza dell'importante ruolo. E contestualmente si porti avanti l'impegno per i problemi della categoria, che, passando dallo status, affrontino la durata del mandato, la previdenza e la retribuzione con la fine del cottimo, in modo prioritario per mettere fine al precariato e dare serenità a chi opera in un settore così delicato, troppo a lungo ignorato. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Giustizia Elezioni Liana Milella, La Repubblica pag. 2 Fini lancia Buongiorno, mugugni in An Gianni Letta l´apprezza da tempo. E con Berlusconi, ragionandoci ancor prima del voto, non ha avuto incertezze: «Che dubbi ci sono per il ministero della Giustizia? Il candidato giusto ce l´abbiamo già, è Giulia Bongiorno. Un tecnico che saprà difendere dall´interno le nostre riforme». Dentro An qualcuno ha avuto da ridire, ma Fini ha seccamente stoppato i mugugni. E scrivendo al Cavaliere l´ha promossa come «un ottimo Guardasigilli». Lei, ormai da settimane, rifiuta anche la più banale delle domande. Per scoprire la sua ricetta sulla giustizia bisogna leggersi l´articolo che uscirà nel prossimo numero della Magistratura, giusto la rivista dell´Anm, il sindacato delle toghe. La sua ricetta è presto detta: «Più risorse per garantire l´efficienza del sistema e la ragionevole durata del processo». E ancora: un no secco all´indulto che ha «come unico effetto paradossale processi senza pena che intasano i tribunali». Mancano i suoi due cavalli di battaglia, che coincidono perfettamente con le intenzioni di Berlusconi, ma potrebbero metterla in rotta coi magistrati: separazione delle carriere dei giudici e dei pm, riforma delle intercettazioni. Sulle carriere: «Il giudice è giudice solo se è del tutto autonomo e distaccato da chi sostiene l´accusa». E ancora, per esperienza personale: «L´imputato condannato soffre di più se il giudice fino a tre anni prima faceva il pm». Sulle intercettazioni ha parlato proprio invitata dall´Anm: «Per limitarne il numero, senza intaccarne l´efficacia investigativa, bisogna affidare il potere di disporle a un giudice collegiale anziché al solo gip». Coi magistrati niente scontri, semmai politica del dialogo: «La maggioranza delle toghe è sana. Contro di loro non voglio fare crociate» diceva durante la campagna elettorale del 2006. Ed è stata di parola. «Non decido in base all´ideologia, ma all´analisi e allo studio». Lo ha dimostrato nella legge sullo stalking quando, nonostante le norme sull´omofobia facessero storcere la bocca a più d´uno all´interno di An, in commissione ha votato a favore. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Teresa Pittelli, Italia Oggi pag. 17 Magistratura, in arrivo la stretta Sono passati solo due giorni dal voto che gli ha riconsegnato il governo del paese, ma Silvio Berlusconi ha già messo a lavoro i suoi giuristi per definire nelle prossime settimane le prime linee portanti di riforma della giustizia, indicata dal Cavaliere come una delle priorità della legislatura. E rispetto alle proposte già stilate nel programma cominciano a prendere forma alcune idee da tradurre in provvedimenti legislativi nei primi cento giorni di governo. Si comincia con la stretta sulle carriere dei magistrati, grande priorità ribadita da Berlusconi anche nella conferenza stampa di martedì. «La necessità di separare una buona volta le carriere di giudici e pubblici ministeri non poggia su basi ideologiche, ma è un'esigenza procedurale, inevitabile se si vuole assicurare realmente la parità tra accusa e difesa», spiega Gaetano Pecorella, deputato forzista nonché storico legale di Berlusconi. L'ipotesi alla quale si sta lavorando è quella di dividere le due funzioni, inquirente e giudicante, già in fase di accesso, attraverso lo sdoppiamento del concorso. Eventuali problemi posti dalla Costituzione, che parla, ad esempio, di «concorso» e non di concorsi, sono già allo studio degli esperti, e a quanto pare superabili. Per questa opzione dovrebbe bastare, quindi, la legge ordinaria. L'operazione raccoglie i consensi di tutta la coalizione, da Gianfranco Fini che vi ha fatto riferimento in campagna elettorale, alla Lega che con Castelli Guardasigilli nella scorsa legislatura aveva già tentato di portare a casa il risultato. Ma la stretta sui magistrati non finisce qui. Il progetto di sottoporli a test psicologici non era solo un'uscita estemporanea di Berlusconi al comizio di Savona, ma trova riscontro, dice ancora Pecorella, «nella necessità di assicurare ai cittadini che chi li giudica abbia non solo l'intelligenza e la conoscenza delle leggi, ma anche l'equilibrio e la serenità indispensabili per questo mestiere». Insomma, non tutti possono fare i giudici. «Non c'è niente di scandaloso, tante categorie che svolgono lavori difficili, pensiamo ai carabinieri o ai piloti, richiedono il test psico-attitudinale», sottolinea Pecorella, «e quindi anche i magistrati, che svolgono una delle funzioni più delicate e complesse, andrebbero sottoposti a una valutazione della personalità». Resta da definire la periodicità dei test, ma quasi certamente si vorrebbero inserire in fase di concorso in magistratura, magari come verifiche preliminari alle prove scritte. La «profonda riforma» della giustizia annunciata dal Pdl, comunque, è molto ampia e va dalle riforme processuali alla riorganizzazione del lavoro degli uffici giudiziari, nell'intento di restituire rapidità alla macchina inceppata della giustizia. Una novità elaborata a suo tempo proprio da Pecorella e che il Pdl sembra intenzionato a rilanciare, se si trova l'accordo tra tutti, è l'introduzione della giuria popolare, quella che si vede nei film americani, per intenderci. «Una giuria popolare assicura maggiore distanza dall'accusa rispetto al magistrato, e quindi introduce maggiore equità nel processo oltre che contribuire alla rapidità e al risparmio economico», insiste Pecorella, secondo il quale si potrebbe cominciare dai reati previsti per la Corte d'Assise, e poi estendere l'esperimento a tutti i processi. Nell'ambito della ricetta per far lavorare di più e meglio gli uffici, al di là della razionalizzazione della geografia giudiziaria e delle misure pro-efficienza previste nel programma, qualcuno avanza ipotesi come «l'orario di lavoro prolungato» dei tribunali, che secondo Pecorella «dovrebbero rispettare il canonico orario d'ufficio 9-17 o 18», mentre i magistrati dovrebbero avere «l'obbligo del badge (cioè di timbrare il cartellino)». Per quanto riguarda gli interventi sul processo, l'orientamento è quello di riprendere i progetti di riforma dei codici penale, procedura penale e procedura civile, praticamente pronti perché già elaborati dalle commissioni istituite da Castelli, che hanno lavorato tra il 2001 e il 2006. Nel penale un'ipotesi che si sta facendo strada è quella di allargare il patteggiamento a tutti i reati, ma senza prevedere un «premio», più o meno come avviene nel sistema americano. In programma anche la riduzione delle pene detentive, in favore di sanzioni diverse, e l'introduzione di nuovi reati, ad esempio dettati Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - dall'evoluzione delle nuove tecnologie e di Internet. In campo civile, si vuole riprendere e sviluppare la proposta elaborata a suo tempo dalla commissione Vaccarella, nell'ottica di lasciare molti più passaggi del processo in mano alle parti, come ad esempio l'assunzione di prove. Possibili, poi, alcune limitazioni alle eccezioni di nullità (fino al primo grado di giudizio) o di competenza (da rilevare subito, con immediato ricorso in Cassazione per quella territoriale), sempre nel tentativo di accelerare i processi. Sul fronte della riduzione dei costi, si sta pensando a una cauzione da pagare per tutti i ricorsi in Cassazione, che verrebbe trattenuta in caso di rigetto e restituita in caso contrario, in modo da evitare il problema della mancata riscossione, per milioni di euro, delle spese attualmente imputate alla parte soccombente. Norme più rigorose, infine, tanto in materia di sicurezza e immigrazione quanto sull'effettuazione e la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche. Carceri Italia Oggi pag. 21 Veneto, lavoro ai detenuti Quattrocentosettantacinquemila euro per progetti a favore dei 2.470 detenuti ristretti in Veneto. Con delibera datata 8 aprile 2008, su proposta dell'assessore alle politiche sociali, la giunta della regione Veneto ha definito i criteri e le modalità per la presentazione di progetti finalizzati alla realizzazione di iniziative socio-educative a favore di persone detenute negli istituti penitenziari del Veneto e di persone affidate in prova ai servizi sociali, in semilibertà o detenzione domiciliare. Si tratta di un'iniziativa prevista nell'ambito di un protocollo d'intesa sottoscritto nel 2003 dalla regione del Veneto e dal ministero della giustizia. I 475 mila euro sono ripartiti come segue: 350 mila euro andranno a progetti a favore di persone detenute e 125 mila euro a progetti a favore di persone in esecuzione penale esterna. I progetti potranno essere presentati dai seguenti enti, a condizione che abbiano sede legale nel Veneto: 1) cooperative sociali iscritte all'Albo regionale delle cooperative sociali di cui alla lr n. 23/2006; 2) associazioni di volontariato iscritte nel Registro regionale di cui alla lr n. 40/1993; 3) associazioni di promozione sociale (lr n. 27 del 13 settembre 2001, articolo 143 - dgr n. 2652/02), la cui attività sia finalizzata agli obiettivi di interazione socio-occupazionale; 4) enti riconosciuti delle confessioni religiose; 5) altri enti che abbiano precise finalità sociali. Ogni soggetto può concorrere al bando con un unico progetto. L'obiettivo del bando è quello di offrire opportunità e risorse per iniziative e programmi di reinserimento sociale e lavorativo. Le azioni previste dovranno essere concertate con le direzioni degli istituti di pena, degli uffici di esecuzione penale esterna e dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni. I progetti, completi del parere delle direzioni, dovranno essere trasmessi al presidente della giunta regionale del Veneto entro 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento nel Bollettino ufficiale della regione. La modulistica da compilare per la presentazione dei progetti e le informazioni ulteriori necessarie sono reperibili all'indirizzo www.venetosociale.it. Il Veneto è ricco di esperienze sociali in ambito penitenziario. Una per tutte è quella di Ristretti (www.ristretti.it), vera e propria agenzia di comunicazione sui temi carcerari che ha la sua postazione di lavoro nell'istituto padovano. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Patrizio Gonnella,Italia Oggi pag. 21 Polizia in carcere, emergenza suicidi Sono stati 64 i suicidi tra gli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria negli ultimi dieci anni (1997/2007), e quattro in questi primi mesi del 2008. Per fronteggiare ciò il ministero della giustizia ha individuato alcune soluzioni che si è impegnato ad attuare con solerzia: creazione di un call center per il sostegno al personale di polizia penitenziaria che manifesta segnali di disagio; istituzione di un osservatorio nazionale sulla condizione psico-fisica del personale di polizia; individuazione, nell'ambito dell'attività formativa, di strumenti psicologici atti a fronteggiare situazioni di stress. La scorsa settimana Ettore Ferrara, magistrato nonché capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), ha incontrato le organizzazioni sindacali che nei giorni precedenti avevano aperto un fronte polemico a seguito di due suicidi di poliziotti avvenuti a Biella e Matera in sole 24 ore. A margine dell'incontro Ferrara ha affermato che si tratta di un fenomeno, dal punto di vista dei numeri, sostanzialmente comune a tutte le forze di polizia. Dal 2006 solo in un caso il suicidio sarebbe avvenuto in prigione. Una delle sigle sindacali, l'Osapp, ha abbandonato l'incontro in polemica proprio con il consigliere Ferrara, di cui ha chiesto pubblicamente le dimissioni. Donato Capece, responsabile nazionale del Sappe, altro sindacato autonomo della polizia penitenziaria, ha affermato che «bisogna comprendere e accertare quanto abbiano inciso l'attività lavorativa e le difficili condizioni lavorative degli agenti suicidatisi nel tragico gesto estremo posto in essere». La Funzione pubblica della Cgil qualche settimana prima aveva lanciato, all'interno di una manifestazione tenutasi su scala europea, il tema delle dure condizioni di lavoro del personale penitenziario. Una correlazione, quella tra sovraffollamento di detenuti e suicidi di poliziotti, che però non tutti leggono e che al Dap non tutti condividono. A oggi i poliziotti penitenziari sono 42.268. Di questi, 36.268 lavorano nelle carceri. Poco meno di 700 sono gli educatori, rispetto ai 1.376 previsti nella pianta organica ministeriale. Gli assistenti sociali in servizio risultano essere 1.223, rispetto ai 1.630 previsti dalla pianta organica. Gli psicologi risultano essere circa 400, con una media di circa due per ogni istituto, ma questi sono impegnati per un numero molto limitato di ore al mese. Nel frattempo, nel segno dell'efficienza e della valorizzazione delle capacità individuali, l'amministrazione penitenziaria ha avviato la riforma organizzativa del personale. L'obiettivo dichiarato è quello di migliorare l'efficienza del sistema recuperando il senso e le motivazioni professionali del personale che all'interno di quel sistema opera. L'attuale capo del personale Massimo De Pascalis, insieme a Emilio Di Somma (vicecapo del Dap), uno dei pochi dirigenti non magistrati del Dap, ha lavorato al conseguimento dei seguenti obiettivi: l'inquadramento giuridico dei dirigenti; la stabilizzazione di circa 150 unità di personale amministrativo e tecnico; la richiesta di stabilizzazione di altre 500 unità di personale appartenente alla figura professionale dello psicologo; l'avvio del concorso per l'assunzione di oltre 130 commissari della polizia penitenziaria e della formazione di oltre 1.100 sovrintendenti della polizia penitenziaria; il recupero di due anni di ritardo sulle procedure di mobilità della polizia penitenziaria. Ora bisognerà vedere se il centro-destra e il nuovo guardasigilli si muoveranno nella stessa direzione e proseguiranno nell'azione intrapresa dall'amministrazione guidata da Ferrara. Altra questione riguarda proprio gli incarichi di vertice. Ferrara è subentrato a Tinebra a dicembre 2006. Tinebra era stato nominato dal precedente governo Berlusconi. Ora bisognerà vedere se il nuovo governo Berlusconi procederà o meno allo spoil system e se deciderà di valorizzare meglio figure professionali provenienti dalla carriera dirigenziale penitenziaria piuttosto che dalla magistratura. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - GIURISPRUDENZA Cassazione Debora Alberici,Italia Oggi pag. 47 In carcere solo il complice Non rischia il carcere il commercialista che, per leggerezza, segue le procedure amministrative truffaldine della società che gli ha affidato la contabilità. Al contrario, finisce in manette il professionista che, per grave e conclamata superficialità o per complicità sostiene l'impresa in questi affari. È quanto si evince dalla sentenza della Cassazione n. 15770 depositata il 16 aprile 2006. Quella tracciata dalla Suprema corte è una linea davvero sottile. Per dirla in chiave giuridica c'è responsabilità penale quando il commercialista ha agito per colpa grave, per esempio quando ha completamente trascurato degli indizi che avrebbero dovuto subito saltargli agli occhi e allarmarlo. Non solo: finisce sotto processo anche quando è complice dell'imprenditore. Varca invece la soglia dell'innocenza, almeno da un punto di vista penale, quando agisce con leggerezza ma senza colpa grave. Il caso riguarda un commercialista salernitano che si era trovato invischiato in un'indagine su alcune truffe poste in essere da un'azienda, sua cliente. Si trattava prevalentemente di contratti e assunzioni falsi. Il Gup di Salerno aveva disposto nei suoi confronti un'ordinanza di custodia cautelare. Il riesame aveva poi annullato il carcere preventivo in seguito al non luogo a procedere disposto nei suoi confronti. Un proscioglimento, questo, che secondo la ricostruzione fatta in sede di legittimità sarebbe derivato da un mancanza di prove. Lui, dopo essere stato liberato aveva chiesto l'indennità per ingiusta detenzione. La Corte d'appello partenopea non aveva dato l'ok al risarcimento. Così ha fatto ricorso in Cassazione che, al contrario, ha riaperto il caso chiedendo al giudice del riesame di valutare con maggiore attenzione se l'atteggiamento del commercialista fosse dovuto a una colpa grave o, ancora peggio, alla sua complicità, oppure a una mera leggerezza. Nel primo caso la custodia preventiva sarebbe giustificata, nel secondo no. Insomma, una vicenda come tante che ha però offerto alla Cassazione lo spunto per riflessioni importanti. «La Corte territoriale», si legge nelle motivazioni, «ha sbagliato a ritenere che il commercialista dovesse essere sottoposto a custodia perché in virtù dell'esistenza di una condotta colposa». In effetti andava valutato se la condotta del professionista «fosse consapevole oppure no». In altre parole, «la colpa grave» che giustifica il carcere, «potrebbe essere configurata solo ove fosse possibile percepire che il commercialista abbia mancato di percepire la falsità delle procedure che gestiva a seguito di conclamata trascuratezza o superficialità magari connotati dalla svalutazione di indizi eloquenti che avrebbero dovuto metterlo in allarme». Mentre nel caso sottoposto all'esame della Corte tutte queste componenti non erano state provate. Tanto più se si pensa che il commercialista si era sempre difeso sostenendo di essere assolutamente inconsapevole delle truffe fatte dalla società e aveva anche prodotto alcuni documenti a sua discolpa. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Europa Antonio Ciccia, Italia Oggi pag. 18 Pubblicità, l'Albo è legittimato a vietarla ai professionisti Si può vietare al professionista di farsi pubblicità. Così ha disposto la sentenza del 13 marzo 2008 (causa C 446/05) della Corte di giustizia europea, chiamata a risolvere una questione pregiudiziale di interpretazione del Trattato europeo in materia di pubblicità di prestazione di cure dentistiche. Nell'ambito di un procedimento penale contro un odontotecnico per contestate violazioni alla normativa relativa alla pubblicità in materia di cure dentistiche è emerso il dubbio della compatibilità con la normativa europea della legge belga che vieta qualsiasi pubblicità delle prestazioni dentistiche. Nel caso specifico la pubblicità è stata effettuata in un elenco telefonico e gli annunci pubblicitari contenevano informazioni oggettive, come i servizi offerti, l'indirizzo, il numero di telefono e gli orari di apertura. Il titolare dell'attività ha sostenuto che la pubblicità costituisce uno strumento essenziale alla libera concorrenza economica e ha invocato l'articolo 10 del Trattato comunitario per sostenere che le imputazioni a suo carico relative alla pubblicità per cure dentistiche erano infondate. Da qui il ricorso dell'autorità giudiziaria nazionale per le opportune verifiche in sede di giustizia comunitaria, chiamata a valutare se una determinata restrizione alla libertà di azione delle libere professioni conduca in effetti a una restrizione della concorrenza sul mercato interessato ai sensi dell'art. 81 CE. La Corte di giustizia ha risposto negativamente al quesito se l'articolo 81 trattato CE è in contrasto con una normativa nazionale che , nell'ambito dell'esercizio di una libera professione vieti di effettuare qualsivoglia pubblicità, direttamente o indirettamente (nel caso specifico nel settore delle cure dentistiche). La Corte richiama il fatto che, sebbene gli articoli 81 CE e 82 CE riguardino esclusivamente la condotta delle imprese, è anche vero che tali articoli obbligano gli stati membri a non adottare o a mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei a eliminare l'effetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese. Tuttavia una legge anti-pubblicità per i professionisti non è stata ritenuta in contrasto con la normativa comunitaria, in quanto è stato negato al professionista lo status di impresa. E anzi, anche supponendo che il dentista fosse un'impresa la Corte non ha accertato nessuna decisione di associazione di imprese o di una pratica concordata pregiudizievole del commercio tra gli stati membri. Da qui la decisione: l'articolo 81 CE non osta a una normativa nazionale come quella della legge belga, che vieti a chiunque nonché ai prestatori di cure dentistiche, nell'ambito di una libera professione o di uno studio dentistico, di effettuare qualsivoglia pubblicità nel settore delle cure dentistiche. Per quanto riguarda gli avvocati la materia è regolata dal decreto Bersani (legge 223/2006), che all'articolo 2 ha abrogato il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine. È sufficiente fare una ricerca su internet avvalendosi dei più comuni motori di ricerca per constatare che è sorto un mercato della pubblicità informativa, la quale rappresenta anche a livello deontologico lo spartiacque tra attività promozionale lecita e illecita. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - FLASH Italia Oggi pag. 19-20-21 Pedopornografia stop ai pagamenti Prende corpo la strategia europea a favore dei minori. A seguito dell'adozione da parte del Parlamento di Strasburgo della risoluzione (a firma della deputata di An Roberta Angelilli), la Commissione europea sta delineando i punti dell'implementazione della strategia d'azione. Tra questi l'istituzione del numero unico europeo (116000) di assistenza ai minori, e l'istituzione di un meccanismo di stop ai pagamenti effettuati a mezzo carte di credito o pagamenti elettronici su Internet per l'acquisto di immagini di abusi sessuali su minori. Grazie alla collaborazione operativa della Commissione europea con l'Agenzia europea dei diritti fondamentali, si sta anche ultimando la messa a punto di una banca dati europea sulle condanne per abusi commessi su minori, affinché i colpevoli non abbiano accesso a lavori che li mettano in contatto con bambini. Il Parlamento ha poi chiesto agli Stati membri di potenziare i meccanismi di controllo sui contenuti della programmazione televisiva nelle fasce orarie con un maggior pubblico infantile. La relazione approvata lo scorso 16 gennaio impegna infatti le istituzioni europee a inserire e promuovere i diritti dei minori in tutte le politiche dell'Unione europea. Si articola intorno a sette obiettivi specifici: quelli a breve termine sono appunto l'istituzione di un numero unico europeo di assistenza ai minori e di un numero per hotline dedicate ai minori scomparsi o vittime di sfruttamento sessuale, la lotta agli acquisti pedopornografici su Internet e quella alla povertà infantile nell'Unione. Quelle di medio termine sono l'assicurazione che tutte le politiche esterne e interne dell'Ue rispettino i diritti dei minori, la volontà di creare una legislazione comune in materia di adozioni internazionali e ancora misure mirate nei confronti di minori Rom e di strada, promuovendo campagne di scolarizzazione per contrastare gli alti livelli di dispersione scolastica e progetti per la prevenzione e assistenza sanitaria, comprese le vaccinazioni. I diritti dei minori sono parte integrante dei diritti dell'uomo, che l'Unione europea è tenuta a rispettare in virtù dei trattati internazionali ed europei in vigore. La stessa Unione europea ha riconosciuto espressamente i diritti dei minori nella Carta dei diritti fondamentali, in particolare all'articolo 24. Best practice 37 i progetti in tribunale Il ministero pubblica finalmente l'elenco dettagliato degli uffici giudiziari coinvolti nel progetto di diffusione di best practice finanziato dal Fse. Capofila il procuratore Tarfusser e il suo progetto pilota descritto a ItaliaOggi ancor prima che venisse coinvolto in questo macro-progetto multilivello con la Commissione europea da una parte e le regioni chiamate ad aderire all'iniziativa dall'altra. Nell'elenco di cinque pagine consultabile sul sito del ministero, sono 37 gli uffici candidati per regione: dentro sedi importanti per numero di magistrati come Roma, Milano, Catania, Torino, Varese, tutte realtà intervistate in questa rubrica nata proprio con la finalità di documentare le best practice diffuse dalla giustizia italiana. E ora, dopo riunioni su riunioni incrociate tra i ministeri della giustizia e il dipartimento della funzione pubblica, pubblicazioni di linee guida e valutazione dei progetti, con il sì della Commissione europea arrivato solo il 14 marzo 2008 rispetto a un progetto partito a febbraio 2007, ci siamo. La data da tenere sott'occhio è quella di martedì prossimo, quando ci sarà la riunione finale con i capi degli uffici candidati, e poi il 30 la firma delle convenzioni tra regioni e ministeri. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Ai giudici le auto sequestrate I magistrati possono viaggiare sulle vetture sequestrate alla criminalità organizzata, alla cui guida dovrà esserci sempre l'autista. Anzi, l'utilizzo di tali mezzi deve essere raccomandato, tenuto conto della scarsa disponibilità di tale risorsa in un periodo come quello attuale. Lo evidenzia una recente nota del capo dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia, Claudio Castelli indirizzata ai vertici degli uffici giudiziari dello Stato (prot. DOG.11/4/2008.0017038), che, prendendo spunto da un quesito pervenutogli in tal senso, ha puntualizzato quali siano le disposizioni previste dall'ordinamento che legittimano l'utilizzo di vetture sequestrate nell'ambito di operazioni di polizia. La differenza è sottile, ma il dato finale è che le vetture sequestrate alla criminalità, per reati che vanno dal favoreggiamento all'immigrazione clandestina e al contrabbando, possono essere utilizzate anziché lasciarle deperire nei depositi giudiziari. Secondo la nota ministeriale, infatti, in tal senso soccorre l'art. 12, com. 8 del dlgs n.286/1998, ove si prevede che i beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia, sono affidati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta ovvero ad altri organi dello Stato o altri enti pubblici per finalità di giustizia, protezione civile o tutela ambientale. L'ipotesi prospettata è comunque “praticabile” nell'ambito di procedimenti penali che consentano l'affidamento del bene per finalità di giustizia. E tali sono i casi di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ma anche quelli relativi a delitti di contrabbando. Più particolare è la procedura relativa ai veicoli sequestrati in operazioni antidroga. Questi, possono essere affidati e successivamente assegnati sono agli organi di polizia che sono impegnati nei settori atti al contrasto e alla repressione dei relativi fenomeni. Inutile dire che, in un periodo di magra come quello attuale, la possibilità di utilizzo di tali beni “va rimarcata e raccomandata”. Resta comunque inteso che, trattandosi di spese che ricadono in capo alla collettività, l'ufficio giudiziario che intende acquisire una vettura sottoposta a sequestro, dovrà sempre verificare ex ante la convenienza economica di tale acquisizione, con particolare attenzione allo stato della stessa vettura, agli interventi di manutenzione di cui necessita e ai consumi di carburante (occhio, pertanto, anche alla cilindrata). Accorgimenti, questi, indispensabili, non meno di sottoporre la vettura ad un esame tecnico e ad un collaudo, onde verificare altresì la sicurezza del mezzo. In disparte gli accorgimenti “burocratici”, quali le procedure di reimmatricolazione, la “ripunzonatura del numero di telaio” e la stipula di un nuovo contratto Rc auto. La vettura dovrà essere sempre guidata dall'autista. Il Sole 24 Ore pag. 30 Si sbocca la transazione fiscale Potrebbero finalmente decollare le transazioni fiscali introdotte dalla riforma fallimentare che prevede la possibilità di una soddisfazione solo parziale dei crediti tributari dopo un accordo tra debitore a amministrazione finanziaria. A compromettere l’utilizzo dell’istituto, oltre alle difficoltà interpretative, sin ora hanno influito anche le perplessità del Fisco. Il direttore dell’Agenzia regionale della Lombardia ha però annunciato che è in fase di avanzata preparazione una circolare che fornirà una serie di indicazioni operative all’amministrazione. Tra i punti da chiarire, quello del soddisfacimento solo parziale del concordato preventivo (altra novità introdotta a partire dal 2008 per cancellare disparità di trattamento con il concordato fallimentare). ( a cura di Daniele Memola ) Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 -