Simone Cantarini Madonna in gloria coi santi Agostino e Monica, detta Madonna della Cintura olio su tela; 298 x 177 cm Fano, Pinacoteca civica Un vero peccato che non sia più possibile ammirare, oggi, gli affreschi che il conte Leone Giacomini aveva fatto dipingere da Giovanni Pierpaoli, sulla volta della elegante sala nel suo casino di Brettino. Una grave perdita, per la storia dell’arte e del costume, per la storia della fortuna di Simone Cantarini. Per fortuna, ce ne lascia una breve descrizione il canonico Alessandro Billi, nell’opuscolo che donò al conte per le sue nozze con la contessina Carlotta Rinalducci, dove ripercorreva le vicende dell’eremo agostiniano di Brettino, con al centro l’episodio che più ne caratterizzò la storia: l’esecuzione, da parte di Simone Cantarini, della pala in esame. Forte doveva la consapevolezza del valore di questo dipinto, dell’importanza di quell’episodio per la storia artistica della città, se proprio questo era il soggetto degli affreschi commissionati a Pierpaoli: …di che voleste perennare la memoria di Brettino e del Cantarini col far dipingere sulla volta della nuova elegante sala il momento, nel quale Simone abbozza il suo celebre quadro di S. Monica presso i religiosi eremitani di quell’antico cenobio…59. Più avanti, nello stesso opuscolo, Billi concede notevole spazio a considerazioni sull’attività di Cantarini a Fano, ponendosi per primo il dubbio se si potesse rintracciare qualche prova di una sua parentela con la nobile famiglia dei Cantarini60, fatto che avrebbe ancor più ammantato di fatalità l’omaggio al pittore da parte del conte Giacomini, proprietario del casino di Brettino e di un palazzo in città, presso la chiesa di Sant’Antonio, che era lo stesso abitato da quella antica famiglia61. Il racconto romanzato, eppur così avvincente continua quando Billi immagina - e sembra uno di quei quadri del Romanticismo italiano, del tipo Raffaello mentre dipinge la Fornarina - che i buoni frati agostiniani accogliessero nell’eremo il pittore in fuga da Fano per le sue intemperanze amorose, che per poco non gli costarono la pelle, a causa di una archibugiata e così, al riparo dalle ‘passioni’ e dai conseguenti pericoli, Cantarini dipingeva nell’atmosfera ispirata dell’eremo, per gratitudine della ricevuta ospitalità e per isfuggire l’ozio e la noia in quella solinga villa. Con maggior enfasi e particolari, Billi ripropone gli estremi del racconto del biografo ufficiale di Cantarini, Carlo Cesare Malvasia62. Seguendolo, Billi avvolge nel romanzo anche la successione delle opere fanesi, in quanto l’unica che trova menzionata, anche nel Lanzi63, è il celebre Miracolo di san Pietro che risana lo storpio di San Pietro in Valle e dunque immagina che dopo averla eseguita, presumibilmente a ridosso della pala con San Tommaso da Villanova 64, il pittore sia dovuto in fretta in fretta fuggire a Brettino, dove avrebbe eseguito la pala in esame, opera di cui non si fa menzione, secondo Billi, perché legata a queste indecorose vicende. ‘E chiaro che, invece, si tratta di un dipinto meno noto stante la sua stessa collocazione, appunto, ‘eremitica’65. Anche per la situazione di degrado dell’eremo, più tardi, la pala è stata una delle prime opere ad entrare a far parte della Pinacoteca fanese66, direttamente dalla sede originaria, la Chiesa-Convento di San Biagio in Brettino, appunto, eremo degli agostiniani, fondato nel secolo XII e progressivamente abbandonato con l’istituzione a Fano (1265) di una chiesa parrocchiale dell’ordine, Santa Lucia ma attivo almeno fino al 1651, quando vi rimase solo un vicario per le necessità religiose del luogo67. Il dipinto viene anche minuziosamente descritto da Billi, in tutti i suoi particolari e protagonisti, con quella metodologia pre-fotografica, talora da rimpiangere per il suo valore mnemonico, fatto salvo l’impianto retorico. L’ osservazione del soggetto e delle caratteristiche di stile sono infatti particolareggiate, mentre oggi troppo spesso le immagini si La pala coi santi Agostino e Monica che ricevono la cintura, simbolo della regola agostiniana, si trovava nell’eremo di Brettino, fondato dai frati nel XII secolo e attivo fino al 1651 circa. Rappresenta una delle prime prove di confronto diretto con Guido Reni, attraverso il modello della sua pala collocata nei primissimi anni del quarto decennio del secolo presso la cappella della famiglia Olivieri nel Duomo di Pesaro (Roma, Pinacoteca Vaticana). Si tratta, inoltre, di una delle molteplici committenze per l’ordine agostiniano, di cui sarà membro un fratello del pittore, il più giovane, Giovanni Antonio. 45 dimenticano, forti come si è della certezza del documento fotografico68. La pala rappresenta la Vergine col bambino in gloria, mentre porge la cintura a Santa Monica, madre di Sant’ Agostino che la affianca nel quadro. L’ episodio si riferisce alla conversione del santo, che giunse anche per i grandi sforzi compiuti in tale direzione dalla madre, che riceve insieme a lui la cintola, attributo dell’ istituzione dell’ordine agostiniano. Il culto era molto diffuso nelle Marche, sede dell’ influente santuario di San Nicola di Tolentino. L’opera non è citata da Malvasia che parla piuttosto genericamente dell’attività per Fano del pittore, incentrandola sul capolavoro di San Pietro in Valle. Ma il documento figurativo parla da solo, richiamando esplicitamente il suo modello nella famosa pala che Guido Reni aveva inviato a Pesaro, in Duomo, su commissione della famiglia Olivieri. Quella certa tavola accolta con entusiasmo a Pesaro di cui non si può dire quanto restasse sovrafatto, esemplare grandioso della nuova delicatezza e nobiltà di maniera, del moderno classicismo del Reni, era senza dubbio la Madonna col bambino in gloria fra i santi Girolamo e Tommaso oggi alla Pinacoteca Vaticana, che sarebbe stata, secondo il racconto di Malvasia, come un fulmine per la svolta stilistica di Cantarini69. Ecco perché sembra più che plausibile quanto ipotizzato dalla Colombi Ferretti70, di individuare nella pala di Brettino la grande tavola entro picciola chiesa che gli acquistò gran grido, eseguita, secondo Malvasia, proprio subito dopo l’impressione e l’esercizio con numerose copie71, su quel modello reniano. La stretta e diretta dipendenza della pala in esame da quella pesarese di Guido poggia su palesi confronti, nell’organizzazione compositiva, specialmente nel gruppo della Vergine col bambino in gloria, nella tipologia del gruppo celeste e nella pittura che si fa più distillata, eletta, se pur ancora dentro un forte accento naturalistico di marca ridolfiana e soprattutto palmesca. La provenienza da quel modello e l’aver osato, come dice il biografo, poco dopo, di riproporne le caratteristiche nella pala eseguita per la picciola chiesa, cioè Brettino, aiuta anche nella datazione. Infatti, nonostante la perdurante incertezza sulla cronologia della maravigliosa tavola di Reni72, mi sono ulteriormente convinta, leggendo e rileggen- Simone Cantarini, Studi per Madonna della cintura e santi, Carpentras, Biblioteque Nationaux Simone Cantarini, Studio per Madonna col bambino in gloria e due figura in basso, inv. 489r., Milano, Pinacoteca di Brera, Gabinetto disegni e stampe 46 do Malvasia, che possa essere un dato di cronologia, il fatto che questi nomini la pala Olivieri per prima, nel succinto elenco di opere rappresentative della seconda maniera del Reni, seguita dal palione della peste, che é del 1631 (Bologna, Pinacoteca Nazionale) e dalla pala di san Giobbe, del 1637 ca. (Parigi, Notre Dame), giustificando dunque, anche una datazione in apertura del quarto decennio. Malvasia poi aggiunge che solo dopo questi successi Cantarini ardì recarsi a Fano a studiare gli altri due capolavori del Reni, Annunciazione - Fano, Pinacoteca Civica - e Consegna delle chiavi - Parigi, Louvre ed è affermazione intrinseca all’impostazione della Felsina, che vuole scandire la carriera di Cantarini sul suo adeguamento al Reni. Ma è ormai un dato di fatto e sul tema rimando al mio testo che precede le schede, quanto si debba valutare una mobilità del pittore ben più variata e frequente rispetto alle tappe scandite senza sfumature, dalla storiografia. In particolare, le note inedite dello stesso Malvasia73 confermano una frequentazione fanese ben più distribuita nel tempo, anche degli esordi. Sarà eventualmente valutabile, che senza dubbio la pala di Brettino e la sua buona accoglienza, fosse viatico per altre commissioni, quale quella di San Pietro in Valle. Cantarini doveva altrimenti conoscere già da tempo anche le opere fanesi di Guido, giunte rispettivamente nel 1622 e 162674. E comunque si nota ancora una commistione significativa di fonti, che inserisce il dipinto tra quelli da pensare entro la prima metà del quarto decennio, un po’ dopo la pala coi santi Barbara e Terenzio - Aicurzio, parrocchiale, - non troppo dall’ Immacolata - Bologna, Pinacoteca Nazionale - rispetto alle quali mette in campo un ulteriore viraggio in senso classico 75. Il giovane frate agostiniano in secondo piano paga un indubbio tributo al modello del Miracolo della canna, dipinto dal Guerrieri per la Cappella di San Nicola da Tolentino, in Santa Maria a Sassoferrato, se pure in stesure di morbidezza ridolfiana. Nella stessa chiesa, il pittore di Fossombrone dipingeva anche una sua Madonna della Cintura e severo ricordo ne è qui la Santa Monica, che più del resto piaceva a Tomani Amiani, per il volto allibito da lunghi dolori. Esemplare di una ritrattistica resa sublime nel ritratto di Eleonora Albani Tomasi - Pesaro, Banca dell’Adriatico- preziosa traccia di quella romantica, nostalgica civiltà sivigliana del Guerrieri76, impre- Simone Cantarini, Studio per Madonna col bambino e due santi,inv. 104 Milano, Pinaocteca di Brera, Gabinetto disegni e stampe Simone Cantarini, Studio per Madonna del rosario, inv. 491r., Milano, Pinacoteca di Brera, Gabinetto disegni e stampe 47 scindibile in numerose opere di Cantarini e non solo degli esordi. D’altra parte, se è vero che i rimandi luministici assumono valenze di calibrata scansione di stampo reniano77, è anche vero che ancora molto presente è la pratica su testi di cultura veneta, palmesca in particolare, specialmente nell’angioletto con la mitra ed è ancora sensibile la scuola del Ridolfi nella morbidezza delle stesure, specialmente nel fraticello e nel santo. La pala di Brettino denuncia nel soggetto e nella destinazione il suo stretto rapporto di committenza con l’ordine agostiniano, forse in maggior misura che per le altre opere esprimenti tale connessione -Beata Rita, Pesaro, sant’Agostino, Immacolata, Bologna, Pinacoteca Nazionale, San Tommaso da Villanova Fano, Pinacoteca civica. Viene naturale chiedersi quale ruolo abbia avuto quest’ordine nell’evoluzione della carriera del pittore, significativamente in rapporto fin dall’inizio -Beata Rita - ma non solo all’inizio -san Tommaso da Villanova- con quell’ambito di committenza . La notizia fornita dal Crespi78 nella Vita di Pasinelli, che Simone si fosse recato a Verona con suo fratello agostiniano è un dato di fatto per la biografia del pittore, che infatti venne sepolto nel monastero agostiniano veronese di Sant’Eufemia. Ma si dovette trattare di un rapporto non esclusivamente dipendente da questa coincidenza, visto che è stato possibile stabilire che il fratello agostiniano doveva essere il minore Giovanni Antonio, nato non nel 1617 ma il 24 maggio 162179, dunque forse troppo giovane per favorire il fratello pittore. Piuttosto non si deve dimenticare che Simone Cantarini abitava quasi dirimpetto alla chiesa di sant’Agostino a Pesaro, intrattenendo fin da giovanissimo stimolanti rapporti con importanti famiglie molto legate all’ordine. Nella chiesa, inoltre, la famiglia aveva la propria sepoltura80. Una copia molto rovinata del dipinto si trovava nella chiesa di Sant’Agostino a Fano, oggi collocata nei depositi della curia81. Lo studio comparato della grafica di Cantarini non consente di collegare direttamente all’opera disegni preparatori. Di recente un bel disegno - Carpentras, Biblioteque Nationaux - è stato avvicinato alla pala fanese82. Sono invenzioni e composizioni affini, in particolare, lo Studio per Madonna con il bambino in gloria e due figure in basso, inv. 489 r., a Brera, Gabinetto Disegni e Stampe o, sempre a Brera (inv. 104; 491 r.) Studio per una pala con la Madonna col bambino in gloria e due santi 83. 48 Guido Reni, Madonna in gloria coi santi Girolamo e Tommaso, Pinacoteca Vaticana 49