ebook Euganeo Istituto d’Istruzione Superiore “Euganeo” Commissione Accoglienza Atti del Convegno Accoglienza, Inclusione, Ascolto per il ben-essere a scuola e nella città a cura del Dirigente Scolastico prof. Francesco Bussi Venerdì 1 febbraio 2013 Sala Polivalente, I.I.S. “Euganeo”, Este Sulle orme dei miei piedi danza la meraviglia di nuovi azzurri cieli. Se il tepore si stempera, mentre scende la sera, fradici di fatica, messi in disparte, i trepidi pensieri dagli sguardi presbiti seguiranno migliaia di cammini che in letizia scompigliano la docile malia del nostro Giorno! F.B. Istituto d’Istruzione Superiore I.I.S. “Euganeo” Commissione Accoglienza Atti del Convegno Accoglienza, Inclusione, Ascolto per il ben-essere a scuola e nella città a cura del Dirigente Scolastico prof. Francesco Bussi Venerdì 1 febbraio 2013 Sala Polivalente, I.I.S. “Euganeo”, Este PUBBLICAZIONI I.I.S. EUGANEO ATTI DEL CONVEGNO - ACCOGLIENZA, INCLUSIONE, ASCOLTO PER IL BEN-ESSERE A SCUOLA E NELLA CITTÀ ISBN 978-88-909310-1-7 A cura di Francesco Bussi Autori: Andrea Bergamo, Rinalda Montani, Francesco Bussi, Cristina Minelle, Giancarlo Piva, Elisa Padrin, Elisabetta Trivellato, Stefania Della Sala, Elisa Bussi, Milena Cosimo, Marino Martignon, Renato Padovan, Rita Rossetto ©2013 I.I.S. “Euganeo” Via Borgofuro, 6 – 35042 Este (Pd) Immagine di copertina: MIUR, opuscolo orientamento 2012 Progetto grafico e impaginazione: Nicola Ceccon Formato eBook PDF nel mese di novembre 2013 Produzione ebook PDF a cura dell’IIS Euganeo Printed in Italy Un cordiale ringraziamento a tutti i Docenti dell’I.I.S. “Euganeo” che hanno avviato l’a.s. 2013-2014 con un’esperienza innovativa e originale di accoglienza degli allievi, delle famiglie e dei nuovi colleghi: un modo autentico di promuovere il Patto di Corresponsabilità Educativa. Il Dirigente Scolastico Francesco Bussi 5 6 INTRODUZIONE L’iniziativa di questo incontro “Accoglienza, Inclusione, Ascolto per il ben-essere a scuola e nella città”, Este, 1° febbraio 2013, si colloca alla conclusione di un intenso periodo di presenza nelle scuole secondarie di primo grado per l’orientamento scolastico, segnato dagli incontri con i genitori. Sentire colleghi dirigenti e docenti sostenere “convinti” che non bisogna mandare i ragazzi a scuola a 10, 15 km di distanza, che è molto meglio si iscrivano all’Istituto sotto casa (i Montagnanesi a Montagnana, gli Estensi a Este, i Monselicensi e i Conselvani a Monselice e a Conselve!) mi ha fatto una certa impressione. Così come l’essere presentato nelle scuole del Monselicense come un preside di un territorio “vicino”. Sembrava di essere di fronte ai giovanotti di un tempo passato (forse l’età dei dirigenti scolastici e dei docenti orientatori è stata complice fatale!) che malmenavano i forestieri che fossero venuti a “far l’amore” con le ragazze del loro paese! - Ma Solesino dov’è: gravita su Monselice o non è storicamente più legata a Este? o non fa capo meglio a Rovigo!? - A una mamma di un comune del Monselicense che chiedeva perché, durante l’attività di orientamento, non fosse stato presentato il liceo classico ai loro figlioli, ho sentito rispondere che non esiste questa offerta formativa nel territorio. Ma di quale territorio stiamo parlando?... Il Liceo classico è a 15 minuti di auto, a Este, e si raggiunge senza difficoltà con i mezzi pubblici! Non nascondo che a volte sono stato colto da una triste ilarità! E non ho mancato di far presente il mio disagio in varie sedi, con la consapevolezza che un modo campanilistico di “orientare” è poco coerente con l’appartenenza ad una istituzione formativa e con quanto indicato dai documenti 7 Ministeriali scolastico). (MIUR, Linee guida per l’orientamento Anche da questo è nata l’idea di un piccolo convegno che riuscisse a dare ariosità ai temi fondanti dell’essere istituzione intenzionalmente educativa che, certamente, ha bisogno di utenza per poter offrire servizi, ma senza che venga capovolta l’ottica di chi serve a che cosa! Con la Prof.ssa Montani, i colleghi dell’Istituto, il Sindaco di Este e i Servizi dell’ASL 17 che operano nella scuola sono state messe assieme alcune riflessioni per dare senso al nostro essere scuola nella città. Per chiarire cosa significhi offrire i percorsi dell’Istituto Tecnico e dell’Istituto Professionale in questa specifica città che si propone come luogo accogliente per i suoi cittadini, per chi vi lavora o vi si reca o, ancora, per chi ci si ritrova a vivere, magari suo malgrado. Dopo l’intervento del Dr. Andrea Bergamo dell’Ufficio Scolastico di Padova – dirigente della Sezione interventi educativi - che affronta il tema fondamentale del diritto all’istruzione, l’apertura è lasciata alla profonda ispirazione pedagogica dell’amica Prof.ssa Rinalda Montani. Seguirà un intervento del Dirigente Scolastico, che darà le linee essenziali dell’offerta formativa dell’I.I.S. “Euganeo” e riprenderà il tema delle competenze, per precisare come l’Istituto si stia orientando per costruire i suoi curricoli. La Prof.ssa Cristina Minelle presenta l’indagine che ha condotto sull’accoglienza dei docenti nelle scuole del Padovano e le linee d’intervento che la commissione accoglienza dell’ I.I.S. “Euganeo” ha fatto proprie. Il Sindaco Dr. Giancarlo Piva ci presenterà la particolare esperienza che Este sta compiendo per la sostenibilità, assieme a molte città in Europa. Il modo attuale di intendere la sostenibilità non si propone più come semplice cura e attenzione alla Natura, ma come modo di concepire e di gestire le relazioni sociali, in termini di equità e di solidarietà sociale, in equilibrio con il contesto ambientale e territoriale (intendendo con quest’ultimo 8 termine la complessa rete di relazioni tra la comunità e l’ambito in cui si insedia e agisce). Seguiranno, quindi, le esperienze – le abbiamo chiamate “declinazioni” – concretamente realizzate nell’Istituto per favorire il ben-essere di tutti coloro che qui si incontrano e interagiscono con la finalità propria della scuola: la formazione libera della persona umana attraverso la cultura. In questa sezione troviamo gli interventi di Elisa Padrin, declinare l’accoglienza a scuola con il progetto accoglienza dell’I.I.S. “Euganeo”; Elisabetta Trivellato e Steania Della Sala, declinare l’inclusione attraverso ascolto, consapevolezza e fiducia; Marino Martignon, costruire il contesto classe: un progetto per la seconda professionale ed Elisa Bussi, analisi dei dati del questionario 2012-2013. Tra le voci di questo incontro non poteva mancare, infine, quella del principale soggetto educante, la famiglia, che alla scuola delega quegli aspetti della formazione culturale e umana dei figli che non può assolvere direttamente. Il Presidente del Consiglio di Istituto, Sig. Renato Padovan, metterà in evidenza il senso e il valore del Patto di Corresponsabilità Educativa tra scuola e famiglia, offrendo degli esempi concreti di come il rapporto tra questi diversi soggetti possa diventare efficace e concorrere alla stessa meta. Le conclusioni dei diversi interventi, infine, ci porteranno a chiederci quali siano i nostri possibili ambiti e margini di miglioramento. È con l’auspicio che sapremo cogliere le sfide che questa serata ci propone che lascio ora spazio al piccolo concerto di cui hanno voluto farci omaggio i giovani musicisti, Alberto Baldo (violoncello), Marco Bussi (pianoforte) e Alberto Rinaldi (clarinetto). 9 DIRITTO ALL’ISTRUZIONE Andrea Bergamo “La scuola è un inferno dove ogni giorno bruciano le brutte idee che hai sugli altri”. Questa frase è tratta da una riflessione di un piccolo Rom, desideroso di frequentare la scuola, ma spesso impossibilitato a viverla, a causa degli spostamenti, per lavoro, dei sui genitori, di professione giostrai. Eppure la scuola è uno dei diritti principali nel nostro Paese, fortemente voluto dai padri costituenti che avevano visto nell’istruzione una formidabile occasione di sviluppo e di crescita umana, sociale e culturale. A noi adulti, però, spetta il compito particolare di “rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, come recita inequivocabilmente l’art. 3 della nostra Costituzione, scritta in un periodo in cui gli ostacoli, forse erano ben visibili e più aggredibili. Ora invece, gli ostacoli sono più “raffinati” e assumono forme diverse, ma malgrado gli sforzi di tanti, ancora la società civile non è riuscita a garantire la pari dignità e le pari opportunità a tutti gli studenti, perché le differenze e le disuguaglianze sono ancora molte. Nel recente film “Vado a scuola” (2013) del regista francese Pascal Plisson, vengono portate alla luce quattro storie vere di studenti che “faticano” ad andare a scuola, nel vero senso della parola, perché vivono in zone disagiate e per raggiungere le aule scolastiche, in modi diversi, devono percorrere parecchi chilometri a piedi o a cavallo, affrontando non pochi pericoli. Ma questi ragazzi possono contare su due elementi fondamentali: la forte motivazione interna, il forte sostegno della famiglia che vede nell’istruzione una possibilità di riscatto sociale. Si dirà che queste sono storie d’oltre oceano, mentre nella nostra sviluppata Italia, l’istruzione è garantita a tutti. Sicuramente, nel nostro Paese e in particolare nel ricco nord est, la situazione è senz’altro migliore, specie se 10 confrontata con il Sud del mondo, ma anche da noi le storie di sofferenza sono molte, perché diritto allo studio vuol dire diritto ad avere una scuola di qualità, che valorizzi gli studenti, che non faccia perdere inutilmente anni di scuola, che combatta la dispersione, che offra ai giovani delle ottime opportunità di crescita e di sviluppo! Ma è così dappertutto? Certo che no! Basta dare un’occhiata alle statistiche degli alunni promossi e bocciati e alla lista dei giudizi sospesi per cogliere che il sistema scuola in Italia, a Padova piuttosto che a Este, a Torino piuttosto che a Siracusa, fa un po’ le bizze e non tratta tutti allo stesso modo. O meglio non offre a tutti le stesse opportunità. I casi segnalati dal sunnominato regista Plisson sono emblematici ma non esclusivi, poiché si consumano anche nel nostro paese, nel ricco Nord-est, nel Veneto, a Padova, senza che l’opinione pubblica se ne accorga. Ciò fa venire in mente, che i diritti dei minori sono ancora oggetto di conversazione nei salotti buoni delle città e non sono entrati, pienamente, nella cultura di chi ha il potere di legiferare, di chi ha il potere di cambiare le cose. Certo, l’infanzia e l’adolescenza durano poco, perché si arriva troppo presto alla maggiore età, ma dobbiamo cercare di investire maggiormente nell’istruzione, che deve essere di qualità, e far sì che tutti gli studenti possano veramente e pienamente fruire delle tante opportunità che offre la scuola, dal punto di vista teorico e culturale. Alcune di queste possono essere colte soltanto negli anni della giovinezza, giacché sono un po’ come la frutta sugli alberi, cioè, da cogliere quando è matura, per evitare la decomposizione e quindi buttarla nella spazzatura. In questo modo, la società tutta avrà qualcosa di cui gioire, perché tutto ciò che si investe oggi sui giovani, ci verrà, sicuramente, restituito, con gli interessi, domani. Tuttavia, la nostra scuola, rispecchiando un po’ l’attuale situazione sociale del Paese, risente della mancanza di un pensiero forte, che dia spazio all’autonomia e produca vera 11 innovazione, al passo con i tempi, ma anche al servizio della persona a partire dai valori fondamentali e universali che più ci caratterizzano come società civile in Europa e nel mondo. E fra questi, trovano uno spazio: l’attenzione alla persona, l’educazione alla salute e alla sicurezza, l’educazione alla legalità, l’integrazione delle diversità, l’attenzione e il dialogo con le istituzioni e il territorio. Si tratta, in pratica, di un ricco programma di “Cittadinanza e costituzione”, che costituisce un formidabile contenitore che tiene uniti gli interventi didattici in chiave interdisciplinare, pedagogica e culturale. Seguendo questa logica, credo si possano fare alcune sottolineature, che a loro volta possono costituire un punto di partenza per successivi e più ampi ragionamenti, al centro del quale collocare la persona e il suo ben-essere nella comunità. Scuola partecipata. La Scuola deve lasciare più spazio alla crescita personale dei giovani. Serve un pensiero dedicato ai giovani, denso di originalità, dove i ragazzi siano protagonisti del loro sapere e possano partecipare a pieno titolo alla loro crescita psicosociale. Dobbiamo limitare le indicazioni operative e direttive, ma intuire cosa succederà domani. I ragazzi non sono figure isolate a sé stanti. Sono esseri che interagiscono con l’ambiente sociale, dotati di un proprio pensiero che va ascoltato. L’individualità del giovane non deve scomparire. È importante ragionare sul futuro dei nostri allievi chiedendoci che adulti saranno domani. Soprattutto nei casi di patologia e di maltrattamento a livello psicologico e sociale. La scuola, non da sola, ma in collaborazione con la famiglia deve ritrovare la forza dell’ascolto per uscire dallo smarrimento in cui queste istituzioni sociali sono cadute. Tra le molte cause di disagio per la scuola e la famiglia si possono annoverare i repentini cambiamenti sociali degli ultimi anni, la falsa “evoluzione”, basata solo su aspetti consumistici e materiali. 12 Scuola come ascolto e incontro. La scuola, in quanto struttura sociale troppo rigida, desta motivo di preoccupazione, perché da essa ci aspettiamo soluzioni e non problemi. Pertanto, al suo interno la scuola può favorire la nascita di gruppi di lavoro e di confronto, anche “istituendo” o “recuperando”, pur con qualche sforzo organizzativo, un servizio psicopedagogico, che funzioni anche da “sportello interno di ascolto”. La richiesta che c’è è quella di essere ascoltati. E la difficoltà è proprio nell’“incontrare”, nel trovare il tempo per “incontrare”. Per questo servono organizzazione, riduzione della complessità e confronto. Si tratta di operazioni non facili che richiedono tempo, preparazione e formazione continua che diano corpo e ruolo all’intera organizzazione, a volte, troppo rigida. In questo modo, si riuscirebbe a far fronte ai bisogni degli alunni e alla complessità della classe, sperimentando percorsi di ricerca-azione, che orientano la pratica didattica ed educativa. Un tempo l’ascolto era fondamentale e fin da piccoli bisognava imparare dagli altri, ascoltando gli adulti e i loro saggi consigli. Ora, l’ascolto sembra essere un privilegio per pochi, al punto che spesso le persone comuni sono anche disposte a pagare profumate parcelle a professionisti, disposti ad ascoltare. A scuola l’ascolto è, e deve essere, la base di ogni rapporto umano. Ben vengano gli sportelli di ascolto, lo spazio-ascolto, i gruppi di ascolto, l’ascolto della parola, i gruppi di comunicazione che rappresentano uno spaccato dell’importanza di questo argomento, ma è fondamentale che ogni insegnante faccia dell’ascolto autentico e intenzionale la base del proprio lavoro. Gli alunni e la società tutta avranno modo di apprezzare e restituire questa grande attenzione alla persona. Scuola luogo per apprendere e vivere le regole. Gli studenti hanno bisogno di una specie di imprinting nelle regole. La scuola si deve attrezzare per mettere alcuni paletti che regolino il comportamento. Così facendo potrebbe sembrare troppo rigida, ma è necessario fissare bene alcune 13 regole oltre le quali non si può proprio andare, almeno per i primi anni. Successivamente quando nei ragazzi si è ben consolidato il concetto di rispetto reciproco, allora si potrà passare ad altro e ridurre, parzialmente, la iniziale “rigidità”. Generalmente i giovani hanno bisogno di messaggi autentici da parte dei loro insegnanti, che sono chiamati a raccontare storie della loro vita, a parlare di sé, a ritornare su episodi che li hanno coinvolti in passato. In questo modo il docente acquisterà maggior credibilità, perché sarà percepito più vicino agli studenti. Questi ultimi si presentano spesso privi di sogni, privi di desideri, ma la colpa non è soltanto loro, è anche nostra che non abbiamo saputo offrire loro speranza, che non sappiamo dare giuste risposte alle loro difficoltà relazionali. In pratica, la Scuola può e deve far molto affinché i nostri giovani si impossessino di life skills, cioè di abilità sociali trasversali che li aiuteranno per la vita, oltre il sapere e le competenze tecnico-professionali, altrettanto importanti per lo sviluppo della persona. E, non a caso, sapere leggere un regolamento e sapersi comportare bene in tutti gli ambienti che frequentiamo, altro non è che una “abilità sociale”, imparata a scuola e in famiglia e, successivamente, esportata da ciascuno di noi nei differenti ambienti che frequentiamo quotidianamente. Scuola come ambiente per la salute. Per garantire il diritto alla salute e all’ambiente sano ai nostri giovani è necessario che la scuola, tutta, insista a proporre programmi di prevenzione. Senza prevenzione non c’è futuro, quindi non c’è sviluppo. Attuare programmi di prevenzione però non è facile, poiché occorre aver ben presente cosa vogliamo prevenire. In termini generali, la scuola si propone di stimolare modelli di vita ecocompatibili e di salute, promovendo stili di vita sani, che esaltino le qualità della prevenzione. Ma per fare prevenzione, come si diceva all’inizio è necessario aumentare il livello di partecipazione. Infatti per ogni buon progetto è necessario coinvolgere in prima persona gli attori stessi che lo metteranno in pratica; nel nostro caso, 14 gli studenti non aspettano altro: essere coinvolti nelle scelte che contano, diventare protagonisti, recitare un ruolo da comprimario. Ciò consente alla persona di sentirsi soggetto della propria educazione e della propria salute, in grado di scegliere e non di subire azioni e progetti pensati da altri. A volte, l’Ente locale entra nella scuola con progetti già definiti e a “scatola chiusa”; la scuola e i suoi protagonisti accettano il progetto più per dovere di buon vicinato che per convinzione, e i risultati sono quasi sempre poco produttivi: scarso senso di responsabilità, demotivazione, incapacità di rimuovere gli ostacoli. In una parola, il progetto pensato altrove non ci appartiene fino in fondo, anche se lo si assume come una delle tante attività che si fanno routinariamente. Scuola come luogo di educazione. Lo si dice ormai da anni: la scuola deve riappropriarsi della sua naturale dimensione educativa. Ma cos’è davvero l’educazione? L’educazione è un insieme di valori trasmessi e condivisi, è dare fiducia, far sentire il discente una persona unica e, in quanto tale, eccezionale, pur con i suoi punti di debolezza. Don Milani ci ricorda che l’educatore deve prendersi cura degli altri, ma per essere educatori dobbiamo avere chiari gli obiettivi del nostro lavoro, essere coerenti ed assumerci responsabilità. L’educazione diventerà nei prossimi anni la vera sfida per lo sviluppo e la longevità. Solo persone, per così dire, “educate” potranno usufruire pienamente dei programmi messi in atto dalla Scuola e dalla società. Solo persone che educano con responsabilità potranno vedere premiati i risultati di tanto sforzo: emancipare i giovani, aiutandoli a prendere coscienza dei loro limiti e delle loro potenzialità. Se l’educazione, in quanto tale, rinuncia a questa sua prerogativa, la partita è persa in partenza. Tuttavia, si può nutrire più di una speranza, soprattutto se guardiamo con fiducia al cosiddetto “Rapporto Delors”, che già a metà degli anni ’90 raccomandava ai governi e alle scuole di attuare un’educazione che puntasse a quattro fondamentali: A. Imparare a conoscere; B. Imparare a fare; C. Imparare a 15 vivere insieme (stare con gli altri); D. Imparare a essere. Nella misura in cui la nostra Scuola riuscirà ad attuare questi semplici quanto complessi aspetti fondamentali, la vita dei nostri ragazzi e di conseguenza, tutta la società del futuro, ne avranno un forte miglioramento. La sfida è ormai stata lanciata, a noi, cittadini degli anni 2000 spetta il compito di coniugare la nuova scuola delle competenze digitali, delle classi 2.0, dell’informatica come modo di agire nei programmi di studio con i fondamentali, che gli antichi riassumevano in “leggere, scrivere, far di conto”, a cui non si deve rinunciare assolutamente. La sfida è stata lanciata, il guanto è stato raccolto, ma attenzione a non voler camminare da soli, giacché uniti e compatti si vince. E per tutti noi che ci occupiamo di educazione e di istruzione c’è bisogno di fare sistema con gli altri attori: la famiglia, la comunità, il territorio, le altre agenzie educative, ecc., possibilmente mantenendo ben salda la regia educativa degli interventi programmati nella scuola, senza, però, rinunciare a contribuire alla buona riuscita di tutte le altre azioni formative che si svolgono fuori. 16 PICCOLI PENSIERI PER UN PICCOLO CONVEGNO Rinalda Montani Il concerto e la concertazione Iniziare eseguito piacere e relazioni un “piccolo convegno” con un “piccolo concerto” da giovani musicisti è, allo stesso tempo, un una metafora. Il concerto e la concertazione nelle richiedono anzitutto ascolto attivo e armonia. Ascolto, accoglienza, inclusione sono le tre parole chiave che costituiscono la trama di quei legami che uniscono la scuola alla città, al territorio. Vorrei partire dal territorio perché è qui che si fondano le radici dei nostri giovani a partire dalle loro diverse famiglie. Una pluralità di situazioni familiari che potenzialmente passano tutte per il sistema scuola e vedono, accanto alle famiglie tradizionali, “famiglie di fatto, separate, ricomposte, allargate, affidatarie, adottive, miste, straniere, mono e omogenitoriali…” (Contini, 2011, p. 325) “Essere aperti alla pluralità delle tipologie familiari, da educatori e pedagogisti […] richiede un pensiero in grado di indagare il prisma complesso dei sistemi-famiglie, e l’impegno a promuoverne progettualità in termini etici e di realizzazione esistenziale per tutti i suoi componenti”. (Ibid.) Un territorio accogliente e una scuola accogliente, oggi, sono la premessa indispensabile per costruire una vita di qualità, per contribuire al ben-essere dei cittadini a partire dai più piccoli. Concertazione come armonia delle e nelle differenze individuali, verso l’inclusione di tutti e di ciascuno. I pensieri che seguiranno saranno accompagnati da brani tratti dalla letteratura, raccolti in forma antologica, in 17 quanto sono convinta che prosa e poesia ci aiutino a leggere le sfumature della quotidianità. Alzare lo sguardo Lo scrittore A. D’Avenia in un suo articolo sulla crisi educativa sostiene che una possibile causa e, al tempo stesso risposta, consiste nell’alzare lo sguardo, da parte degli adulti, nei confronti dei giovani in crescita come segno di fiducia sia in ambito scolastico che familiare e sociale. I bambini/ragazzi hanno bisogno di adulti credibili e coerenti che si fidino di loro. Lo psicologo D. Pleux (2011, p. 252) scrive che “a vivere (bene) si impara da piccoli”, e gli ingredienti per farlo sono “l’accettazione di sé, degli altri e della realtà nel suo complesso”: genitori ed educatori non devono perdere questa occasione. Si è profondamente convinti che la scuola, la famiglia e le altre agenzie educative debbano essere a conoscenza e fare propri i valori civili enunciati dai documenti internazionali in tema di diritti umani, per promuovere quella cultura inclusiva che rappresenta una delle sfide più impegnative del nuovo millennio. Il miglioramento metodologico sul piano organizzativo e delle risorse della didattica ordinaria va considerato elemento imprescindibile per il cambiamento. Infatti, in ognuno di noi c’è un impulso creativo che va cercato e valorizzato perché “dove c’è un punto c’è anche un inizio” e da lì bisogna partire. Tra le coordinate che accompagnano il lavoro dell’insegnante possiamo individuare: - l’accoglienza come orientata all’agio; - l’ascolto attivo; - l’attesa persona; come ambientazione “respiro 18 del e tempo”, disponibilità a misura di - l’alleanza come legame nato da scopi comuni e tenuto saldo da stima e considerazione reciproca, fondata sulla fiducia. Tutto questo richiede assunzione di responsabilità educativa intesa come direzione etica che ispira e muove l’agire educativo. Un invito alla riflessione pedagogica e ad un impegno che, come ci ha insegnato don Milani, non si fermi alle apparenze, non lasci indietro nessuno e abbatta i muri dell’indifferenza che impedisce di comprendere come il riconoscimento della dignità di ogni persona sia prima di tutto una questione di giustizia. La costruzione condivisa di contesti inclusivi richiede competenze relazionali, organizzative e professionali di alto livello a partire dall’assunzione di un paradigma pedagogico che considera “l’accoglienza non condizionata dalla disponibilità della maggioranza a integrare una minoranza, ma scaturisce dal riconoscimento del comune diritto alla diversità, una diversità che non si identifica solamente con la disabilità, ma comprende la molteplicità delle situazioni personali, così che è l’eterogeneità a divenire normalità”. L’Unicef con le scuole e le città amiche dei bambini e dei ragazzi L’Unicef è la principale organizzazione mondiale per i diritti per l’infanzia. Opera in 156 Paesi in via di sviluppo con programmi di assistenza e in 36 Paesi industrializzati attraverso i suoi comitati nazionali. Il Comitato Italiano per l’Unicef in occasione delle elezioni politiche 2013 ha formulato delle proposte per il nuovo Governo e Parlamento, in 10 aree nelle quali è necessario intervenire per realizzare i diritti sanciti dalla Convenzione ONU del 1989. Nel Commento Generale n. 1, dedicato alla “finalità dell’educazione”, individua come obiettivi primari lo sviluppo della personalità, delle facoltà e delle attitudini fisiche e mentali di bambini e adolescenti. A livello internazionale sono state identificate 5 aree prioritarie 19 sulle quali fondare l’istruzione: - inclusione; - efficacia; - salute, sicurezza e protezione; - attenzione al genere; - partecipazione dell’intero mondo scolastico (famiglie, studenti, insegnanti e dirigenti) nel suo complesso e nella sua rete territoriale di riferimento. La scuola “ci riguarda” “L’atto di allontanarsi di casa e rientrarvi ogni giorno coincide col fare esperienza nel mondo e con l’apprendere e acquisire le competenze che servono a leggerlo e capirlo, come pure quelle che servono per ‘stare al mondo’ e ‘saper funzionare insieme agli altri’. Tutto questo avviene a scuola.” (Rossi Doria, 2012, p. 7) Quasi tutti i ragazzi, in tutti i campi e in tutte le latitudini riescono ad affrontare la fatica di crescere soprattutto dove la famiglia e gli educatori “tengono” e sono portatori di valori trainanti. Quando si parla generalizzazione. di ragazzi è bene evitare la Questi adolescenti hanno estremo bisogno di adulti guida: significativi, propositivi, credibili e soprattutto appassionati. Alla società adulta e al suo valore educativo “Rimane la necessità, il dovere di comunicare loro (ai giovani) non solo il piacere della vita, ma la passione della vita; di educarli non solo a dire la verità ma ad avere la passione della verità. Vederli felici non ci può bastare. Dobbiamo vederli appassionati a ciò che fanno, a ciò che dicono, a ciò che vedono”. (Gianni Rodari) 20 Continuità educativa e comunità educante La continuità è un elemento importante dei processi di apprendimento e di socializzazione. Attualmente la continuità educativa va pensata non solo come procedura (passaggio da un ordine di scuola ad un altro), ma soprattutto come processo che riguarda la capacità di creare connessioni tra la scuola e le altre agenzie educative (continuità orizzontale). La scuola spesso si limita ad una concezione riduttiva di continuità, tutta giocata unicamente “sul prima e sul dopo”. Secondo Sergio Neri la continuità verticale va intesa non tanto come età e come segmento scolastico, quanto per livelli di competenza gradualmente conseguiti. La continuità orizzontale pensa ad una scuola inclusiva e aperta al territorio. Un territorio che si fa comunità educante in sinergia con la scuola dell’alleanza dove “genitori e adulti consapevoli dovrebbero comprendere che quello che possiamo dare ai figli consiste soltanto in due cose: radici e ali, come dice un antico proverbio canadese del Québec” (M.R. Parsi). - - Radici per trarre l’energia necessaria a vivere e a crescere, per poter essere stabili, forti, integrati nell’ambiente familiare e sociale. Ali per essere autonomi, liberi, per volare in alto verso la piena autonomia e realizzazione personale; verso l’incontro e il confronto con gli altri … liberi di costruire e sostenere i propri pensieri. Le radici: - la radice della vita è l’amore, per onorare i figli; - l’amore non si compra e non si vende, si riceve gratuitamente (il valore gratuità); - la vita di una famiglia si radica nelle generazione dei nonni; 21 - i genitori devono impegnarsi essere basi sicure; - la base sicura si costruisce anche curando i rapporti interpersonali. per stare bene, per Le ali: - per poter volare un bambino dev’essere rispettato nella sua specificità e originalità; - per poter volare il bambino deve giocare; - il secondo nido dei bambini è la scuola; - per poter volare i bambini un’educazione alla spiritualità. devono ricevere (fonte bibliografica: Fondazione Movimento Bambino, Onora il figlio e la figlia, Ed. Salani, Milano, 2006) per Piccola antologia riflettere e camminare insieme Utopia L’utopia sta all’orizzonte, mi avvicino di due passi, lei s’allontana dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungo mai. Quindi, a che serve l’utopia? Serve a questo: a camminare. (Eduardo Galeano) Tutti uguali, tutti diversi “Non incontrerai mai due volti assolutamente identici. Non importa la bellezza o la bruttezza: queste sono cose relative. Ciascun volto è il simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto. È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per se stessi” (Tahar Ben Jelloun, 1998) 22 Le sette regole dell’arte di ascoltare: 1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca. 2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista. 3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva. 4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali, se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e analogico. 5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze. 6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti. 7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé. (Marianella Sclavi, 2003) Decalogo dell’alleanza: 1. L’alleanza non si inventa, ma si costruisce giorno dopo giorno. 2. L’alleanza nasce e si sviluppa in un clima avalutativo e di riconoscimento dei «meriti». 3. L’alleanza è frutto di buone relazioni. 23 4. L’alleanza è un patto fondato sulla condivisione a volte sulla complicità. 5. L’alleanza si coltiva. 6. L’alleanza non può mai essere data per scontata. 7. L’alleanza si deve rinnovare. 8. L’alleanza fonda le sue radici non solo sulla intelligenza e sulle motivazioni, ma soprattutto sulla componente emotiva della relazione. 9. L’alleanza deve essere verificata attraverso feedback costanti. 10. L’alleanza si fonda sulla fiducia. (Montobbio E., Navone A.M., 2003). Diritti in Parlamento: - - Nessuno escluso: proteggere dalla povertà. (art.27 Convenzione ONU) Tutti uguali di fronte alle leggi: non discriminazione e cittadinanza. (artt. 2 e 7 Convenzione ONU) Investire sull’infanzia: costruire il futuro. (art.4 Convenzione ONU) L’Italia per i bambini nel mondo: l’aiuto allo sviluppo. Giustizia a misura di bambini e ragazzi. (artt. 37,39,40 Convenzione ONU) Scuola di qualità per tutti. (artt. 28 e 29 Convenzione ONU) L’ambiente giusto per crescere. Contro ogni violenza. Professionisti per l’infanzia: la formazione. I ragazzi protagonisti: ascolto e partecipazione. (art.12 Convenzione ONU) Le 9 regole della scuola: 1. Conosci te stesso istruendoti. 2. Le persone hanno bisogno di una guida. […] 24 3. 4. 5. 6. Fidati, pretendi e proteggi. Sii un esempio. Stabilisci obiettivi chiari. Guardati allo specchio per aumentare la tua autostima. 7. Dove è necessario, dividi la responsabilità. 8. La calma vince. 9. Non aspettare la politica, agisci tu stesso. (Bernhard Bueb, 2009) Diario di scuola È sufficiente un professore – uno solo! – per salvarci da noi stessi e farci dimenticare tutti gli altri. “Il professor Bal, così calmo e sorridente, un buddha matematico, la professoressa Gi, invece una ‘uraganessa’, un tornado che ci strappava alla nostra pigrizia per trascinarci con lei nel torrente tumultuoso della storia, mentre il professor S., filosofo scettico, immobile e perspicace, mi lasciava la sera ronzante di domande cui non vedevo l’ora di rispondere. (...) A ripensarci, quei tre professori avevano solo un punto in comune: non mollavano mai... e avevano uno stile, erano artisti nella trasmissione della loro materia. Le loro lezioni erano atti di comunicazione, certo, ma di un sapere totalmente padroneggiato che passava quasi per creazione spontanea. La loro disinvoltura faceva di ogni ora un avvenimento che potevamo ricordare in quanto tale. (...) Non era soltanto il sapere che quei professori condividevano con noi, era il desiderio stesso del sapere!”. (Pennac, 2008, pp. 211-213) Bibliografia Ben Jelloun T., 1998, Il razzismo spiegato a mia figlia, Milano: Bompiani Bueb, B. (2009). Le nove regole della scuola. Milano: Rizzoli. 25 Contini, M. (2011). “Tasselli di complessità delle famiglie al plurale. Un primo sguardo pedagogico”. In Perdisa, A. Infanzia, 5. Fondazione Movimento Bambino, 2006, Onora il figlio e la figlia,Milano: Ed. Salani. Ianes D. (2011). “Inquadramento del tema e definizioni”. In Treellle Ass., Caritas, Fondazione Agnelli, Gli alunni con disabilità nella scuola italiana. Bilancio e proposte. Trento: Erickson. Montobbio, E., Navone, A.M. (2003). Prova in altro modo. Pisa: Del Cerro. Parsi, M.R., Toro, M.B. (2006). Onora il figlio e la figlia. Milano: Salani. Pennac, D. (2008). Diario di scuola. Milano: Feltrinelli. Pleux, D. (2011). A vivere bene si impara da piccoli. Novara: De Agostini. Rossi Doria, M. (2011). Genitori e insegnanti. Roma: Astrolabio. Sclavi, M. (2003). Arte di ascoltare e mondi possibili. Milano: Bruno Mondadori. DOCUMENTI Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza, 1989 Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, 2007 26 SCUOLA DELLE COMPETENZE PER IL BENESSERE Francesco Bussi Premessa Le riflessioni che cercherò di svolgere partono da una considerazione che potrebbe apparire scontata, ma che al contrario spesso sfugge, immersi come siamo nelle logiche dell’orientamento come comunicazione persuasiva, invece che come servizio alla persona. La presenza a Este di un’ampia offerta formativa costituisce una ricchezza per le comunità locali che storicamente vi fanno riferimento come polo scolastico. Ricordare che il bacino di utenza non è quello di una modesta città di provincia, ma ha una storia che ne dilata i confini fino alle province di Rovigo, Vicenza, Verona, non serve a richiamare un passato glorioso, quanto a lanciare una sollecitazione alla politica – intesa in senso ampio – a conservare e rafforzare il ruolo di servizio per il territorio che la città svolge, forte di professionalità e di una cultura scolastica che non si improvvisano e, soprattutto, non si delocalizzano a costo zero. Ma vi è anche un’altra ragione che sollecita a garantire un’ampia offerta formativa: salvaguardare, nella bufera di questa lunga fase di crisi, la diversificazione degli indirizzi di studio, nonostante le restrizioni della spesa per l’istruzione, significa evitare che questo territorio sia relegato a ruolo subordinato e offrire ai giovani e agli adulti opportunità che arricchiscano il patrimonio professionale su cui contare per la ripresa e lo sviluppo dell’economia locale e non solo. Può diventare un gioco allo sfascio sopprimere indirizzi di studio: ciò renderà più difficile la promozione culturale e sociale del territorio. Acquista un valore particolare ricordare che l’I.I.S. “Euganeo” ha attivato otto indirizzi di studio post-riordino 27 del 2010 e che i suoi studenti provengono da un bacino di cinquantasette comuni, con un’utenza estense che è meno di un quarto degli iscritti. La varietà e la ricchezza dell’offerta formativa sono, del resto, caratteristiche peculiari di tutte le scuole secondarie di secondo grado della città. Ciò induce a non demordere, ma anzi a moltiplicare gli sforzi comuni, per opporsi alla visione dell’orientamentopropaganda e alle reti di scuole per l’orientamento come “recinti” dentro cui costringere l’utenza locale: quasi che la formazione dei nostri giovani non dovesse assumersi il compito di rispondere alle sfide dell’economia europea e mondiale e non dovesse avere la prospettiva di allargare l’orizzonte di riferimento delle nuove generazioni. Le chiusure localistiche sono fatte per svalutare, non per far vivere l’offerta formativa. Sono necessarie politiche attive della formazione e dell’istruzione che facciano sistema non sopprimendo l’esistente, ma rafforzandolo e fornendo i servizi logistici per farlo funzionare a vantaggio dell’ampia comunità che storicamente vi afferisce. A titolo di esempio, una linea diretta di collegamento con mezzi pubblici tra Conselve e Montagnana è necessaria e funzionale all’integrazione dell’offerta formativa del territorio dell’ULSS 17, ma anche alla razionalizzazione in atto dei servizi sanitari (nuovo polo ospedaliero)! La scuola delle competenze Da questo punto di vista, la prospettiva della didattica per competenze assume il valore di collocare consapevolmente la scuola in rapporto con la “città” al fine di promuovere la formazione e lo sviluppo personale degli allievi (“di queste persone concrete, qui e ora!”), dando risposta ai bisogni della società in cui questi esseri umani crescono e agiscono per il futuro di tutti e di ciascuno. Il benessere sociale, secondo un approccio che interpreti la libertà come effettiva possibilità di scelta, dipende anche dalla varietà dell’offerta formativa, in un delicato equilibrio tra bisogni sociali e realizzazione individuale, dentro un contesto dinamico di cui non si può che essere 28 protagonisti, pena l’emarginazione (nota A), Bussi, M., & Dahmen, S. (2012). Offrire risposte in questa direzione è l’impegno che l’I.I.S. “Euganeo” si è assunto. La prospettiva delle “competenze”, indicata dai documenti europei e recepita dai cambiamenti in atto nella scuola italiana si presenta come concetto tutt’altro che semplice e univoco (qualche richiamo viene posto in bibliografia). Ciò che qui interessa è precisare le due componenti a cui si è già fatto implicitamente riferimento: - la componente, che potremmo definire “oggettiva”, risponde alla domanda “Cosa si richiede che una persona competente sia realmente in grado di fare con ragionevole certezza?” – o, detto in altri termini “Quali finalità vengono affidate istituzionalmente alla scuola?” - la componente che possiamo definire “soggettiva” risponde alla domanda “Quali dimensioni personali entrano in gioco per conseguire stabilmente risultati certi, in un mondo produttivo e sociale in forte cambiamento? Dal punto di vista della scuola: Quali strategie didattiche vengono predisposte per promuovere le competenze di ciascuno? Come si attivano i processi di apprendimento-insegnamento? Quali sono le caratteristiche dell’ambiente di apprendimento che approntiamo per le nuove generazioni? Alla componente “oggettiva” afferiscono le norme generali sull’Istruzione, i livelli essenziali di prestazione e quanto è frutto delle richieste che le istituzioni politiche e la società civile chiedono alla scuola. La componente soggettiva è quella che viene messa in campo da ciascun allievo e attiene, altresì, alla didattica che la scuola progetta e propone “per” e “con” questi allievi, al fine di attivare i loro processi di apprendimento, verso mete rilevanti per la persona in questo contesto sociale. (Sarebbe interessante indagare i confini di questo “contesto”: certamente vi è da tener conto di un radicamento locale, ma d’altro canto esistono almeno una dimensione 29 regionale, una nazionale e una europea, normativamente rilevanti e, infine, una dimensione socio-economica globale, che quotidianamente entra nella vita di ciascuno.) Intelligenza cristallizzata e intelligenza fluida Volendo affrontare il tema delle competenze, secondo una prospettiva che non trascuri le dinamiche sociali, è possibile riflettere sul rapporto tra intelligenza cristallizzata e intelligenza fluida che rinnova, per altra via, il problema del rapporto tra generazioni. (La teoria di Raymond Cattel, in seguito rivista, è presentata in maniera chiara in http://eventi.giuntios.it/media/bruchure-chcbassa-Z79LGWU8.pdf) L’intelligenza fluida consiste nella capacità di affrontare efficacemente nuovi stimoli e situazioni, favorisce l’esercizio delle abilità di giudizio e di analisi acquisite attraverso l’esperienza socio-ambientale dell’individuo: è collegata alle componenti psicosociali della personalità. Declinato in termini scolastici credo che il concetto possa essere interpretato nel senso che la costruzione intenzionale e consapevole di ambienti sociali di apprendimento è alla base dell’intelligenza. L’intelligenza l’apprendimento cristallizzata si accumulato grazie 30 sviluppa con all’educazione e all’istruzione. L’intelligenza cristallizzata cresce rapidamente nell’età giovanile; quella fluida diminuisce a causa della progressiva perdita di flessibilità, con l’invecchiamento. Il dato importante è che l’una sostiene l’altra, pur caratterizzando, in senso generale, ciascuna in modo diverso, le differenti età della vita. Se l’intelligenza fluida permette di organizzare e riorganizzare in modo flessibile il patrimonio di conoscenze, l’intelligenza cristallizzata sostiene l’intelligenza fluida mettendo a disposizione un patrimonio più o meno importante di conoscenze e abilità. L’intelligenza fluida mobilita quella cristallizzata per costruire soluzioni innovative alle nuove sfide a cui l’umanità si trova di fronte. Il grande patrimonio di conoscenze consolidate, caratteristico dell’età adulta, permette di dare risposte certe e solide alle situazioni problemiche abituali. La fluidità dell’intelligenza rende possibile la riorganizzazione del campo cognitivo ed è alla base delle soluzioni innovative. Montaigne e la sfida della contemporaneità Tra I filosofi moderni, Montaigne è quello che forse riesce ad esprimere meglio questo concetto, anticipando un complesso di riflessioni che poi le scienze cognitive hanno declinato in vario modo nell’età contemporanea: “Les abeilles but inent les fleurs de-ci, de-là, mais ensuite elles en font du miel, qui est vraiment le leur : ce n’est plus ni du thym, ni de la marjolaine. Ainsi il transformera et mélangera les éléments empruntés à autrui pour en faire quelque chose qui soit vraiment de lui: son jugement. Et c’est ce jugement-là que tout ne doit viser qu’à former: son éducation, son travail et son apprentissage.” 31 “Le api predano i fiori qua e là, ma poi ne fanno il miele, che è tutto loro, non è più t imo né maggiorana: così quello che ha preso da altri, egli lo trasformerà e lo fonderà per farne un’opera tutta sua, ossia il suo giudizio. La sua istruzione, il suo lavoro e il suo studio non mirano che a formarlo.” (Montaigne, I, 26) La metafora di Montaigne docente-studente. tocca il cuore del rapporto Esplicitandone uno dei molteplici significati, si può immaginare la scuola come il prato trapuntato dei fiori della cultura formale, “l’intelligenza cristallizzata”, offerti alle nuove api, affinché possano produrre nuovi mieli! La sfida è, da questo punto di vista, quella di far incontrare la cultura consolidata con le originalità delle nuove generazioni (nota B). Affinché si stabilisca un rapporto positivo tra l’insegnare e l’apprendere è necessaria, dunque, una doppia fiducia: - nella cultura come “fiore appetitoso”; nelle nuove generazioni quali “api laboriose” – di cui a volte non riusciamo a capire il lavoro – ma sulle quali dobbiamo confidare, se vogliamo un futuro! In un certo senso, si può davvero pensare che tanto più la cultura dei nostri allievi saprà essere divergente rispetto alla nostra, tanto più il nostro insegnamento avrà avuto successo. Cosa offrire e a quale scopo? Le cornici di riferimento sono dunque poste: 1. le esigenze di competenza della società contemporanea (nota C); 2. la specificità personale di ciascuno quale valore non fungibile e motore del cambiamento e dell’innovazione; 32 3. il patto di fiducia tra generazioni, da declinare in forme continuamente rinnovate nell’atto formativo. Le mappe che seguono sintetizzano i percorsi degli istituti tecnici e degli istituti professionali. Il punto di riferimento iniziale per una progettazione didattica per competenze non possono che essere i documenti ministeriali, le “Linee guida”, conseguenti ai decreti di riordino dell’Istruzione secondaria di secondo grado. Lo sforzo che si è compiuto è stato in primo luogo di fornire una sintesi che esprimesse il nucleo centrale di ciascun indirizzo tecnico o professionale affinché costituisse il riferimento della progettazione di ciascun docente e di ciascun consiglio di classe, assieme alle competenze essenziali condivise dai dipartimenti. Di seguito si presentano le mappe ricavabili dalla finalità degli Istituti Tecnici e degli Istituti Professionali e, a titolo di esempio, dell’Indirizzo di Biotecnologie ambientali. 33 La mappa concettuale di ciascun indirizzo fa riferimento alle due dimensioni “soggettiva” e “oggettiva” della competenza, nei termini di ciò che richiede all’allievo e di quali prospettive gli vengono offerte. (Le mappature degli altri indirizzi si trovano nel capitolo di questo volume a loro dedicato). La mediazione tra questi due aspetti è data, come si è detto, dall’azione didattica. 34 Per una progettazione didattica condivisa Negli Istituti Tecnici e professionali esiste da sempre un collegamento immediato con il mondo delle professioni e dell’impresa dove costante è l’attenzione alla dimensione applicativa (nota D). Il mondo dell’impresa ha probabilmente una visione “oggettivista” delle competenze: l’imprenditore si chiede che cosa può concretamente esigere dal lavoratore, avendo una ragionevole certezza che riesca a portare a termine il compito nelle condizioni date. D’altra parte, però, sussiste la necessità di avere a che fare con persone disposte ad apprendere nel contesto lavorativo. Questa consapevolezza permette ai docenti di orientare la didattica verso le competenze, se vengono valorizzate la dimensione dell’autonomia e della 35 responsabilità e la metacognizione, rispetto all’applicazione poco riflessiva di saperi operativi. Il problema degli strumenti di cui dotarsi per una progettazione didattica coerente con gli aspetti innovativi della riforma, al fine di promuovere il ben-essere di tutte le componenti della scuola (docenti, allievi, personale e famiglie), è stato affrontato quest’anno con una proposta che ha previsto: - - - il riferimento, da parte di ciascun docente, alla mappa concettuale dell’indirizzo e ai saperi e alle abilità condivise in sede di dipartimento e calate nel contesto della classe; l’elaborazione di almeno una unità di apprendimento, secondo il modello condiviso nelle esperienze di accompagnamento alla riforma attuate nel Veneto; l’individuazione dei livelli EQF (Quadro Europeo delle Qualifiche) di conseguimento delle competenze. È chiaro che si tratta di un piccolo passo verso una progettazione compiutamente per competenze, ma è anche vero che si è ritenuto di dover consolidare un livello di base condiviso dal Collegio dei docenti. Negli Istituti tecnici e Professionali, la questione centrale resta quella di non svilire l’insegnamento ad addestramento, anche se questo punto di vista ha perso largamente terreno negli ultimi decenni. Al Collegio docenti dell’I.I.S. “Euganeo” è ben chiara la consapevolezza che questo non è né l’unico né il “vero” modo di attuare una didattica per competenze: il versante oggettivo non si realizza, se non si incarna in persone concrete (questi allievi) che possono divenire competenti solo se viene offerto loro un ambiente di apprendimento stimolante e creativo, in cui si può apprendere in molti modi diversi e si costruiscono conoscenze e abilità in modo continuamente rinnovato, coerente con lo sviluppo di ciascuno. Base di questo processo è il patto educativo, implicito o esplicito che sia. Nel 2007 il Ministro Fioroni volle che 36 quel patto divenisse esplicito, come naturale sviluppo dei principi dell’Autonomia scolastica. Quest’anno all’I.I.S. “Euganeo”, dopo un periodo in cui la sottoscrizione del Patto di corresponsabilità educativa era stata omessa, si è voluto ribadire pienamente il valore educativo di rendere chiari gli obblighi reciproci tra scuola, famiglia e allievo. Ma si è voluto anche che la condivisione del Patto fosse esplicitamente declinata da ciascun docente e da ciascuna classe nella concretezza del rapporto educativo. Per questo si è chiesto a ciascun insegnante di discutere con gli allievi il significato del Patto con riferimento alla propria disciplina. Se questo era nelle intenzioni del Dirigente e del Collegio non si è potuto realizzare completamente in ciascuna circostanza (classe, disciplina, specifiche relazioni docenti/allievi), proprio per la ricchezza e la molteplicità della situazioni, per lo scontro con la viva concretezza delle persone in gioco. Ma tale realizzazione parziale non è una debolezza, quanto piuttosto un arricchimento, se permette di fare consapevolmente i conti con i problemi incontrati, per rendere più efficace la relazione di apprendimento-insegnamento. Ciò che è necessario è non perdere i riferimenti essenziali acquisiti e, in particolare, la nozione profonda di competenza così come la interpreta la prof.ssa Carla Xodo (2010): “La competenza riguarda il sapere nella forma part icolare in cui si presenta in quanto saper fare, ad un livello di sicurezza e di padronanza tali da sconfinare nel saper essere: quindi essa trova la sua naturale collocazione nel mondo della prassi”. Note A) Il capability approach è un importante riferimento di numerosi progetti di ricerca a livello europeo. Qui di seguito ne vengono riportati alcuni: CAPRIGHT - Progetto del 6 programma Quadro - co- 37 finanziato per la Commissione Europea - Progetto n° 028549. WORKABLE Progetto del 7 programma quadro http://www.workable-eu.org/ EDUWEL Progetto del 7 programma quadro http://www.eduwel-eu.org/ SOCIETY Progetto del 7 Programma quadro http://www.society-youth.eu/ B) Oggi, in particolare la sfida è di comprendere le specificità dei modi di attivare la costruzione dell’apprendere in generazioni che fruiscono di strumenti innovativi sul piano cognitivo. I nostri figli sono dei “nativi digitali”; il passaggio all’uso di questi strumenti è considerato da qualcuno come analogo a quello dalla oralità alla scrittura. C) La Comunicazione della Commissione (2010) “Europa 2020 propone una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, p. 11: “Una crescita intelligente è quella che promuove la conoscenza e l'innovazione come motori della nostra futura crescita. Ciò significa migliorare la qualità dell'istruzione, potenziare la ricerca in Europa, promuovere l'innovazione e il trasferimento delle conoscenze in tutta l'Unione, utilizzare in modo ottimale le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e fare in modo che le idee innovative si trasformino in nuovi prodotti e servizi tali da stimolare la crescita, creare posti di lavoro di qualità e contribuire ad affrontare le sfide proprie della società europea e mondiale.” D) “D’altro canto la competenza include in sé il possesso di conoscenze e abilità; [...] il possesso di risorse cognitive rappresenta una precondizione per la manifestazione di un apprendimento competente. Da qui l’esigenza di connettere sapere pratico e sapere teorico, esperienza e riflessione, per sviluppare una competenza: un buon pilota è colui che combina efficacemente i saperi teorici necessari per guidare un determinato mezzo con i saperi pratici maturati attraverso l’esperienza e l’applicazione. I due tipi di sapere, per quanto caratterizzati da specifici requisiti, richiedono di 38 combinarsi insieme per raggiungere l’eccellenza, per affrontare il compito nel modo più efficace in rapporto alle condizioni date.” Castoldi sostiene l'istanza di ricomposizione dei due tipi di sapere, il sapere scolastico e il sapere reale, come condizione per un’effettiva padronanza capace di coniugare il sapere maturato dall’esperienza con la piena consapevolezza di esso, resa possibile solo dalla possibilità offerta dal sapere scolastico di collocarsi a un livello ‘meta’ e di rendere pienamente dicibile il proprio sapere (Castoldi, 2011, p. 49), Bibliografia Bussi, M., & Dahmen, S. (2012). When ideas circulate. A walk across disciplines and different uses of the ‘capability approach’. Transfer: European Review of Labour and Research, 18(1), 91-95. Castoldi, M. (2011). Progettare per competenze. Percorsi e strumenti. Roma: Carocci. Comunicazione della Commissione (2010). Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Montaigne, M. de (2012) [1580, 1582, 1588]. Saggi. Traduzione di Garavini, F. Milano: Bompiani. Xodo, C. (2010). La progettazione pedagogica. Teorie e modelli. Padova: CLEUP. 39 RISORSE (VERAMENTE) UMANE Crist ina Minelle Nessun reale progresso o crescita un’organizzazione può compiere se non considera adeguatamente il debito di ri-conoscenza verso la componente umana dei suoi operatori, specie quando l’assetto operativo si fonda sull’intreccio interpersonale delle relazioni, come accade, appunto, nella scuola. (Venuti, 2006) Il contributo che porto nasce dalla mia esperienza personale e, più precisamente, dalla maturazione, nel corso degli anni, della consapevolezza della necessità di procedure e strumenti che consentano al docente che arriva per la prima volta in un istituto scolastico di essere pienamente operativo entro l’inizio delle lezioni, di sentirsi integrato nel nuovo ambiente di lavoro e di mettere a disposizione della scuola le sue competenze, per gratificazione e sensazione di autoefficacia personale ma anche per fornire un valore aggiunto all’istituto in cui lavora. La riflessione, che parte da una tesi di laurea triennale in Scienze della Formazione Professionale presso l’Università di Padova, mira a mettere in luce alcuni elementi che possono rappresentare sia delle difficoltà che dei punti di forza per l’inserimento di un nuovo docente nella scuola, per arrivare a proporre delle azioni concrete, frutto anche delle opinioni dei dirigenti e docenti che hanno accettato di rispondere a un questionario volto a cogliere le criticità maggiori e a raccogliere proposte operative. Ai non addetti ai lavori, infatti, ma anche a coloro che vedono la scuola da vicino ma da una prospettiva diversa, l’inserimento del nuovo docente può sembrare un problema minore, qualcosa di facilmente risolvibile ponendo domande a colleghi e personale ATA o facendo riferimento al sito web 40 della scuola. È vero che, nella maggior parte dei casi, non si tratta di difficoltà insormontabili: ogni insegnante arrivato in una nuova scuola riesce, in qualche modo, a capire prima o poi come funzionano le cose e a fare il proprio lavoro. Ciò non toglie che il tempo perso a cercare di orientarsi, le incertezze, la sensazione iniziale di smarrimento, le inevitabili frustrazioni e i possibili errori non concorrono certo a sentirsi a proprio agio, né ad assicurare un servizio di qualità. La necessità di un inserimento rapido è, negli ultimi anni, amplificata dalle dimensioni colossali che ha assunto il fenomeno del precariato, in termini di numero delle persone coinvolte e della durata del susseguirsi di contratti a tempo determinato, tanto che si tende a parlare, con un ossimoro assai inquietante se si considera che si parla di lavoratori con un’età media di 39 anni (http://www.adiscuola.it/adiw_brevi/?tag=precariato), di precariato come “fenomeno strutturale”. A questo già nutrito gruppo si sono uniti negli ultimi anni anche diversi docenti di ruolo perdenti posto nella propria scuola che si trovano quindi costretti a cambiare istituto. Un’adeguata gestione delle risorse umane e la valorizzazione delle competenze e delle esperienze maturate nel corso degli anni può quindi essere un primo, fondamentale passo per rendere la situazione del personale che giunge in una scuola non solo accettabile, ma positiva per sé e arricchente per l’intera comunità scolastica. Il momento dell’accoglienza e dell’inserimento, progettato e seguito con attenzione per la componente alunni, è fondamentale anche per i docenti. Consideriamo tre ambiti: l’inserimento come partecipazione alla comunità scolastica, la conoscenza degli aspetti legati alla vita pratica dell’istituto come modo per facilitare l’inserimento e il proprio lavoro, e la valorizzazione delle competenze del nuovo insegnante come elemento di qualità per tutta la scuola. Per quanto riguarda il primo punto, vale a dire l’ingresso in una nuova “comunità”, peraltro già rodata e talvolta molto coesa, è abbastanza intuitivo che possa trattarsi di 41 un momento delicato. Castiello d’Antonio (2010) sostiene che i neoassunti avviano “un processo di ristrutturazione cognitiva, affettiva e relazionale, che incide notevolmente sul senso di sé, sulla fiducia e sull’identità personale”; questa “ristrutturazione” riguarda anche gli insegnanti, benché a molte persone il loro lavoro possa apparire “sempre uguale” e svolgerlo in una scuola o nell’altra sembri essere la stessa cosa; decisamente, non lo è. Ciò che sta intorno all’attività didattica in classe può far cambiare drasticamente la maniera di vivere l’incarico; inoltre, quello dell’insegnante è uno dei pochissimi lavori in cui è necessario essere pienamente operativi nel giro di pochi giorni, senza peraltro avere, nella maggioranza dei casi, una figura di accompagnamento per il primo periodo. Ciò che sarebbe possibile ed opportuno fare, è organizzare degli incontri con il dirigente, con il vicario e con gli eventuali collaboratori (con le figure prime di riferimento, quindi) per assicurare la conoscenza del singolo docente. Una volta assegnate le classi, è auspicabile organizzare una riunione con i coordinatori in modo che il primo incontro con gli alunni sia preparato e che si sia da subito al corrente di situazioni delicate, problemi di salute, ecc., elementi essenziali per svolgere il proprio lavoro nel migliore dei modi e per sapere come comportarsi in caso di difficoltà prevedibili. Un monitoraggio ulteriore della condizione del nuovo docente è particolarmente importante nel caso di contesti scolastici particolari: sedi disagiate, utenza problematica, casi di alunni con particolari difficoltà nelle classi assegnate, ecc. Ciò che è importante evitare è, da un lato, la sensazione della spersonalizzazione dell’ambiente, che in contesti ampi diventa più probabile; dall’altro, il rischio della frustrazione, soprattutto per i docenti più giovani e con minore esperienza, i quali rischiano che lo scarto tra la conoscenza teorica o limitata al tirocinio svolto durante gli studi e la realtà sia, in alcune situazioni, troppo ampio. Chiaramente il numero di incontri e la loro organizzazione dipendono da tanti fattori, non ultimo la 42 dimensione dell’istituto, che tende sempre più ad aumentare per effetto degli accorpamenti. L’entrata in una nuova scuola corrisponde anche all’ingresso in un’organizzazione pre-esistente e già ben strutturata, con consuetudini esplicitamente dichiarate e con molte altre tacite ma ugualmente influenti. È ovviamente difficile, per il nuovo arrivato, entrare in breve tempo in questa rete organizzativa e relazionale che non di rado comprende anche posizioni consolidate, piccoli privilegi, ecc.; ciò che occorre è una procedura condivisa che assicuri, per quanto possibile, trattamenti equi (l’orario impossibile o le tante ore buche per l’ultimo arrivato sono fin troppo frequenti) e rispettosi della professionalità di ciascuno, che spesso non è assolutamente correlata allo condizione di precario. Quali sono i risvolti psicologici (con evidente ricadute sulla qualità del lavoro svolto) di un inserimento attento agli aspetti che abbiamo delineato? Innanzitutto, c’è un aumento del commitment, vale a dire dell’impegno e del coinvolgimento; in secondo luogo, avviene un’identificazione organizzativa, vale a dire quel fenomeno che porta a parlare, talvolta con un certo orgoglio, della propria scuola utilizzando con enfasi positiva formule come “la mia scuola”, “da noi si fa così”, ecc.; quella che fa sentire in “competizione” i propri alunni con quelli di altre scuole; quella che dà gratificazione quando ci si rende conto (come talvolta accade) di operare in una struttura riconosciuta per il suo buon livello. Commitment e identificazione non possono che contribuire ad un’elevata motivazione. Quanto al secondo aspetto, è chiaro che essere messi in condizione di capire “come funziona” la scuola in cui si entra per la prima volta non è cosa da poco. In genere, il giorno in cui si prende servizio, se la scuola è un istituto in cui non si è mai stati in precedenza, viene chiesto di compilare la documentazione anagrafica e fiscale; in alcuni istituti, come visto, è calendarizzato anche un incontro con il Dirigente, o con altra figura di riferimento, che fornisce una descrizione della scuola e dà alcune indicazioni di massima rispetto alle persone a cui rivolgersi. Dopodiché, spesso, si cade in una sorta di 43 abbandono; poche scuole, in particolare, forniscono ai docenti una serie di informazioni pratiche ma molto utili per orientarsi nei primi giorni e risparmiare tempo; in particolare i docenti con cattedra spezzata su più scuole (sempre più numerosi) possono trovare molto preziose alcune indicazioni relative ad azioni di quotidiana routine ottenute senza perdere tempo in vere e proprie cacce al tesoro: ad esempio dove si ritirano i registri personali, se i docenti hanno un cassetto assegnato o se devono indicarne uno tra quelli liberi, ecc. Piccole cose, in fondo, ma che aiutano a non sentirsi spaesati, a poter dare da subito un ordine alle cose da fare e a rispettare alcune regole della scuola che altrimenti si possono inconsapevolmente violare. Spesso anche questo sembra strano a coloro che sono poco addentro al mondo della scuola, ma anche azioni banali che avvengono quotidianamente in tutti gli istituti possono essere svolte con procedure completamente diverse (possibilità di fotocopiare materiale per la classe, richiesta di permessi, modalità di lettura e controfirma delle circolari, utilizzo di strumenti e strutture della scuola, ecc.). Anche per quanto riguarda questo aspetto alcune scuole hanno già implementato delle buone pratiche e predisposto per i docenti dei vademecum con alcune indicazioni operative; mancano sempre, tuttavia, dettagli su servizi molto concreti quali, come accennato, fotocopiatura, utilizzo dei laboratori, ecc. (che, dai risultati dei questionari somministrati ad alcuni docenti, risultano essere informazioni molto importanti). Sembra quindi utile – e tutto sommato semplice – provvedere a compilare una guida con le informazioni cui si è fatto cenno da consegnare ad docente al momento della presa di servizio; tale guida può anche essere inserita nel sito della scuola e deve essere prontamente aggiornata in caso di modifiche a servizi, procedure, attività, ecc. Il terzo aspetto riguarda la valorizzazione della professionalità del docente. Al di là delle ovvie ricadute a livello motivazionale, conoscere le competenze dei docenti neo-arrivati – così come anche degli altri docenti – può portare a reperire nell’istituto risorse inattese e utili ai 44 fini dell’attuazione della progettualità prevista dal POF, nonché per l’ampliamento delle attività proposte dalla scuola, il che non rappresenta un aspetto trascurabile in un momento in cui le ristrettezze economiche costringono spesso ad una progettualità minima (si potrebbe quindi evitare di ricorrere in alcuni casi ad esperti esterni); nella scuola dell’autonomia, una gestione accorta di queste risorse interne può essere una vera e propria carta vincente. Anche la normativa richiama il dirigente scolastico ad utilizzare il personale come risorsa (artt. 4, 17 e 24 del D.L.vo 165/2001). Concretamente, si tratta innanzitutto per il dirigente di individuare le modalità migliori per rilevare le competenze possedute dai docenti in servizio: il Ministero ha predisposto un’applicazione per l’aggiornamento della professionalità docente degli insegnanti, allargata recentemente anche ai precari; tuttavia, ogni singolo istituto può farsi carico della raccolta dei dati relativi ai docenti nuovi arrivati (progetti seguiti in altre scuole: di istituto, regionali, nazionali, europei; formazioni specifiche: CLIL, L2, metodi didattici specifici, uso delle nuove tecnologie per l’apprendimento, ecc.; altre abilitazioni e titoli di studio, e così via), con modalità che possono variare dalla compilazione di un modulo appositamente predisposto e strutturato seguendo come traccia il POF della scuola al colloquio con il dirigente o con un collega designato come referente per questa attività. Dopo la fase di raccolta e di archiviazione delle informazioni, sarà necessario per il dirigente valutare attentamente i profili dei docenti per cercare di valorizzarli al meglio, ottenendo al tempo stesso un vantaggio per la scuola. Naturalmente i docenti vanno coinvolti e informati con precisione di ciò che ci si aspetta da loro, in modo che possano rendersi conto del valore che acquisiscono per l’istituto e contribuire alla nuova progettazione in modo fattivo. 45 Lo schema che segue, tratto da Romei (1999)sembra riassumere in maniera chiara quanto descritto finora: Il lavoro coordinato – vale a dire organizzato, gestito in maniera efficace dal dirigente e da tutte le persone coinvolte – obbliga a condividere i problemi, creando senso di appartenenza, offrendo rassicurazioni e traendone risorse motivazionali che vanno a migliorare la prestazione. Inoltre, la costruzione di una rete di relazioni serena e professionalmente efficace è ancor più rilevante in questo momento in cui la didattica per competenze, su cui si insiste molto, necessita proprio di coordinamento e lavoro d’équipe. Questo tipo di scelte indica chiaramente lo spostamento verso una visione dell’organizzazione di tipo strategico, capace di essere flessibile senza perdere di vista l’apporto imprescindibile delle persone. Come accennato all’inizio del contributo, la parte teorica del lavoro è stata accompagnata da un’indagine svolta presso Dirigenti Scolastici e docenti (i docenti dovevano aver cambiato sede di servizio almeno una volta negli ultimi due anni) in merito alle iniziative di accoglienza e inserimento messe in atto dagli istituti scolastici. Per quanto riguarda i DS, i questionari loro destinati sono stati inviati via mail a tutti gli istituti della provincia di Padova e le risposte ottenute sono state 18 (dato positivo considerato 46 l’invio “informale” del questionario, seguito ad un primo tentativo di indagine portato avanti per vie “ufficiali” tramite l’UST di Rovigo che aveva fruttato una sola risposta). I riscontri dei docenti, contattati invece per passaparola tra conoscenti e colleghi, sono stati 36 (del 1° e del 2° ciclo). Dai dati dei questionari sono emersi alcuni aspetti interessanti. Relativamente al questionario per i dirigenti, si può cogliere come la maggior parte affermi che nelle loro scuole sono attive delle pratiche di inserimento. Molti dichiarano poi di provvedere a raccogliere informazioni relative alle competenze dei docenti. Dal questionario docenti emergono dati non sempre coerenti con quelli appena descritti: appare, infatti, che nella maggior parte delle scuole in cui i docenti hanno operato non sono previste procedure di accoglienza e inserimento. Un elemento interessante da rilevare è che in alcuni casi hanno risposto ai questionari dirigenti e docenti dello stesso istituto e, molto spesso, le risposte divergono: mentre i dirigenti dichiarano la presenza di procedure, i docenti la smentiscono. Esiste la possibilità che alcuni dirigenti “edulcorino” la situazione reale per mettere in buona luce la scuola, ma ci sono anche altre ipotesi che sembrano plausibili. La prima è che il concetto di “procedura di accoglienza-inserimento” non venga letto nello stesso modo dai due gruppi: un dirigente può pensare che salutare nel suo ufficio il docente e spiegargli a chi rivolgersi, o dirgli che nel sito trova tutto possa essere sufficiente; un docente può invece pensare che sia opportuno avere anche informazioni pratiche (fondamentali per svolgere il proprio lavoro) e quindi può percepire l’incontro come deludente e frettoloso. La seconda ipotesi è che esista in effetti una procedura, ma che talvolta il dirigente riesca a “controllare” solo la parte direttamente collegata a lui, non avendo poi riscontro di come funzioni ciò che è delegato ad altri; si evidenzia allora l’importanza della condivisione della procedura con tutti gli insegnanti, in particolare quelli direttamente coinvolti (funzioni strumentali, coordinatori di indirizzo, di dipartimento e di 47 classe, ecc.) così come con il personale ATA, con il quale il docente non può mancare di relazionarsi. È naturale che anche la procedura migliore non potrà sostituirsi (ed è un bene che non lo faccia) al reciproco appoggio tra colleghi: è emerso con forza che la rete di relazioni e sostegno tra docenti è la fonte primaria di informazioni per chi arriva in una nuova scuola, ma è anche una rete sociale spontanea che assolve ad una funzione essenziale all’interno dell’istituto; l’importante è che non si deleghi ad essa quello di cui si dovrebbe far carico l’organizzazione scolastica. A proposito delle divergenze tra interpretazioni di cosa significhi “procedura”, merita di essere notato anche il fatto che docenti in servizio nello stesso istituto danno risposte diverse relativamente alla presenza di un’accoglienza codificata: ciò potrebbe indicare che anche tra i docenti ci può essere chi in presenza di consegna di materiale informativo ritiene di essere stato “accolto” (probabilmente in passato non aveva ricevuto nemmeno quello), ma potrebbe anche significare che docenti dello stesso istituto abbiano ricevuto davvero trattamenti differenti, perché il dirigente non ha avuto il tempo di ricevere tutti, perché quel dato docente era assegnato ad una classe particolare o perché era un neo-immesso in ruolo in anno di prova. Molto utili ai fini dell’elaborazione della proposta operativa sono le indicazioni pratiche avute dai docenti: nessuno degli elementi elencati (informazioni su istituto, classi, segreterie, fotocopie, ecc.) è stato ritenuto trascurabile; a ogni modo, com’era prevedibile, le esigenze variano da un tipo di scuola ad un’altra, quindi nella progettazione di una “guida”, vanno tenute in considerazione le esigenze specifiche del grado di scuola. Per quanto riguarda l’ipotesi che un archivio della professionalità docente di istituto possa essere d’aiuto sia per gli insegnanti che per i dirigenti, le risposte affermative sono la quasi totalità; anche qui ci sono delle convergenze tra quanto auspicato dai dirigenti e dai docenti, nel senso di 48 una valutazione globale del docente e di ciò che può dare alla scuola. Come accennato, quindi, sembra che il valore principale che può avere avuto questa ricerca sia stato, dopo aver raccolto i bisogni e le esperienze di dirigenti e docenti, metterli in comunicazione e cercare di progettare un percorso di accoglienza e inserimento fruttuoso per entrambe le categorie, affinché l’espressione “risorse umane” perda il carattere asettico acquisito nel corso del tempo e torni alla ricchezza delle parole che la compongono: perché i docenti sono decisamente “risorse”, così come sono – preziosamente – “umani”. Bibliografia Castiello d’Antonio, A. (2011). “Dallo studio al mondo del lavoro”. Leadership & Management, 10, 52-55. Minelle, C. (2012), “L’inserimento del nuovo docente nella scuola. Proposte di buone pratiche organizzative e professionali”, Relazione finale del corso di laurea triennale in Scienze della Formazione Professionale, a.a. 2011/12, relatore L. Galliani. Romei, P. (1999). Guarire dal “mal di scuola”. Firenze: La Nuova Italia. Venuti, V. (2006). Gestione delle risorse umane e professionali in ambito scolastico. Venaria Reale: Euroedizioni Torino. 49 DECLINARE IL BENESSERE NEL CONTESTO URBANO “IL PATTO DEI SINDACI” Giancarlo Piva Nel novembre 2005 la Commissione Europea ha lanciato la campagna “Energia Sostenibile per l’Europa” (SEE) con l’obbiettivo di promuovere un utilizzo migliore delle fonti energetiche e una crescita della qualità della vita nei territori europei. L’attuazione di tali misure contribuisce in maniera decisiva al raggiungimento degli obbiettivi di Kyoto da parte dei paesi dell’Unione Europea e costituisce un efficace piano d’azione in vista della definizione dei nuovi obbiettivi in materia di sostenibilità ambientale ed energetica. Il Comune di Este ha aderito agli Aalborg Commitments per il coordinamento delle Agende 21 Locali il 13 dicembre 2007 con Delibera di Consiglio Comunale n. 90, dando il via ad una serie di azioni ed iniziative divenute ormai distintive della nostra Città nel territorio della Provincia di Padova: domeniche ecologiche, ForEste, notiziario, Festival della Buone Pratiche, Piantiamo la scuola, Puliamo il mondo, solo per fare alcuni esempi. Successivamente, il 22 marzo 2011, con deliberazione di Consiglio Comunale n. 13, il Comune di Este ha aderito al “Patto dei Sindaci” che, in attuazione dei principi condivisi a Kyoto e in applicazione della Campagna SEE, determina l’impegno da parte del Comune aderente alla riduzione di emissioni di CO2 nel territorio comunale di almeno il 20% entro il 2020. L’Unione Europea infatti si è convinta che il conseguimento degli obiettivi di miglioramento possono essere conseguiti solo coinvolgendo direttamente le singole amministrazioni comunali che sono a contatto diretto con i cittadini, 50 convinti che la sostenibilità ambientale si costruisce anche attraverso la modifica degli stili di vita delle persone. Su questo ambizioso obiettivo solo le amministrazioni locali hanno capacità e spesso potere di intervenire direttamente. Con deliberazione di Giunta Comunale n. 146 del 14.11.2011, il Comune di Este ha aderito al progetto “Covenant Capacity” finanziato dal programma europeo Intelligent Energy Europe; questo ci ha permesso di entrare in un partenariato europeo ed in un contesto territoriale che comprende 19 partner provenienti da 15 paesi europei per un totale di 90 comuni circa, di cui 8 del Veneto. Gli obiettivi di sostenibilità si ottengono attraverso l’attuazione delle azioni programmate e condivise a breve (3-5 anni) e a lungo termine contenute nel PAES – Piano d’Azione per l'Energia Sostenibile. Tali azioni nascono dall’analisi della preliminare rendicontazione nel BEI – Inventario delle Emissioni di CO2 prodotte dal territorio comunale di Este dal 2007 ad oggi. Questa preliminare rendicontazione nel BEI, la cui stesura è prevista in ottemperanza degli obblighi conseguenti all’adesione al Patto dei Sindaci, permette di conoscere quanto e in quali settori l’emissione di agenti inquinanti sia più significativa e, di conseguenza, una programmazione mirata delle azioni per ridurre le emissioni stesse. Il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile, approvato dal Consiglio Comunale con delibera n. 29 del 28.5.2013, è costituito di due parti: 1. l’Inventario delle Emissioni – BEI, che fornisce informazioni sulle emissioni di CO2 passate ed attuali del territorio comunale, quantifica la quota di CO 2 da abbattere, individua le criticità e le opportunità per uno sviluppo energeticamente sostenibile del territorio e le potenzialità in relazione allo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili; dal BEI risulta, al 2007, una emissione di circa 110.000 tonnellate di anidride carbonica con emissione procapite di 6,6 tons di CO2; 51 2. il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile – PAES, che individua una serie di azioni che l’Amministrazione intende portare avanti al fine di raggiungere gli obbiettivi di riduzione di CO2 definiti nell’Inventario delle Emissioni. Per il raggiungimento dell’obbiettivo previsto nel PAES sono stati individuati i seguenti settori d’azione, di cui una prima parte già iniziati ed un secondo gruppo da implementare: Azioni già iniziate che incidono dal 2007 ad oggi per ca. 8.600 tons di CO2.: 1. Green Public Procurement per la Pubblica Amministrazione: acquisto di energia elettrica verde per tutte le forniture comunali; 2. impianti fotovoltaici realizzati in conto energia sia dalla Pubblica Amministrazione che da cittadini; 3. recupero energetico da biogas; 4. riqualificazione dell’edilizia privata 5. realizzazione primo stralcio della rete di teleriscaldamento urbano; 6. promozione del trasporto ciclo-pedonale; 7. rinnovamento del parco automezzi; 8. piantumazioni di alberi e realizzazione di aree verdi. Azioni da proseguire e da realizzare, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, che ad oggi sono state stimate in ulteriori 13.600 tons di CO2.: 1. miglioramento dell’efficienza degli impianti di illuminazione degli edifici pubblici; 2. miglioramento dell’efficienza energetica, riscaldamento e raffrescamento, degli immobili comunali; 3. miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti di riscaldamento privati, con costituzione di un “Catasto caldaie del territorio”; 4. implementazione di azioni di efficienza energetica nella pubblica illuminazione; 52 5. rinnovo parco automezzi; 6. promozione del trasporto ciclo-pedonale; 7. diffusione degli impianti fotovoltaici su edifici pubblici e ad uso pubblico; 8. diffusione degli impianti fotovoltaici sul territorio; 9. ampliamento della rete di teleriscaldamento e recupero del calore; 10. regolamento energetico e sostenibilità energetica; 11. regolamento sugli acquisti verdi; 12. educazione nelle scuole sul tema energetico; 13. informazione e diffusione buone pratiche ai cittadini e agli operatori di settore; 14. nuove piantumazioni. Conformemente agli impegni assunti in occasione dell'adesione al “Patto dei Sindaci” il Piano d'Azione sarà oggetto di monitoraggio biennale per l'eventuale aggiornamento del PAES e trasmissione del rapporto alla competente Commissione Europea che valuterà il progressivo raggiungimento degli obbiettivi. Riferimenti sitografici - http://www.a21italy.it/IT/index.xhtml http://www.campagnaseeitalia.it/ http://www.sustainablecities.eu/fileadmin/content/man agement/ACTOR-Guide_english.pdf http://www.covenant-capacity.eu/it http://www.pattodeisindaci.eu/actions/sustainableenergy-action-plans_it.html http://www.comune.este.pd.it/agenda21/ http://forum.comune.este.pd.it/agenda21/?p=631 53 ESPERIENZE declinare l’accoglienza a scuola con il progetto accoglienza dell’I.I.S. “Euganeo” Elisa Padrin Promuovere il successo formativo accogliendo gli studenti (e non solo…) Filosofia di fondo Il Progetto di gettare competente, scolastico costruttive ACCOGLIENZA dell’I.I.S “Euganeo” ha l’ambizione le basi per la formazione di uno studente responsabile ed autonomo, attraverso un percorso positivo, fondato su dinamiche relazionali tra docenti, studenti e genitori. L’ACCOGLIENZA è intesa come lo “stile” di ogni operatore della nostra scuola, in termini di una specifica modalità didattico-relazionale, caratterizzata da un atteggiamento di ascolto, di disponibilità e di accettazione. Questa attenzione è rivolta a tutti i “nuovi arrivati”, non solo gli studenti, ma anche i docenti e le famiglie. Così intesa, l’ACCOGLIENZA non può essere relegata solamente al primo mese di scuola, ma si dipana nel corso dell’intero anno scolastico. Finalità 1. Facilitare l’ingresso e l’inserimento degli allievi nelle classi prime; creare le condizioni perché si stabilisca un clima interpersonale positivo. 2. Prevenire l’insuccesso scolastico monitorando le conoscenze e le competenze iniziali e, con una serie 54 di iniziative, supportare e/o rinforzare il processo di apprendimento degli studenti. 3. Far maturare la consapevolezza della scelta scolastica operata, anche attraverso una riflessione e condivisione, da parte degli alunni, di aspettative e timori comuni e non. 4. Sviluppare relazioni positive fra studenti, studentidocenti, studenti-genitori, docenti-genitori, docenti-docenti neo-arrivati. Strategie operative dell’accoglienza studenti L’accoglienza degli studenti nasce dalla consapevolezza dei vissuti del ragazzo, sintetizzati nell’immagine seguente Il progetto Accoglienza-studenti cerca di dare una risposta a tutti questi disagi;per questo si articola in più azioni, sintetizzate dal grafico seguente. 55 Costruiamo relazioni... Ovvero intraprendere un percorso formativo tappe in risposta alle seguenti domande: sviluppato a a) Ci conosciamo? (presentazioni individuali alla classe, attività di orienteering, conoscenza dei compagni, dei docenti di classe...) b) Conosciamo la nostra scuola? (visita guidata all'istituto, corso sulla sicurezza, regolamento interno...) c) Ci confrontiamo? (Discussioni produttive su materiali forniti dai docenti...) d) Ci accordiamo? (Accordi di classe, patto di corresponsabilità ...) Educazione tra pari L’educazione tra pari prevede il tutoraggio di studenti accoglienti del III anno, debitamente formati dall’educatrice USL e da docenti della scuola (PROGETTO DI PEER EDUCATION). 56 Il gruppo dei compagni accoglienti accompagna i neo-arrivati in momenti particolarmente significativi della vita scolastica del primo periodo e non solo: 1. dà loro il benvenuto nel primo giorno di scuola; 2. li accompagna in aula e illustra il materiale informativo inserito in una cartellina individuale collocata sopra ogni singolo banco; 3. li guida alla scoperta degli ambienti dell’istituto, durante la visita guidata; 4. legge, spiega e commenta il patto di corresponsabilità; 5. riflette sul significato di alcune parole chiave strettamente legate all’essere studente e individuate dal gruppo stesso durante le ore di formazione: rispetto per l’ambiente, per i compagni, fare squadra, responsabilità, impegno, sicurezza, informazione… I test d’ingresso I test d’ingresso comuni di italiano e matematica (prove Invalsi) vengono somministrati a tutti gli studenti delle classi prime entro la prima settimana con l’obiettivo di conoscere i singoli livelli di partenza. I docenti delle discipline interessate provvedono alla correzione e alla tabulazione dei dati i cui esiti vengono comunicati, anche attraverso sintesi (rappresentazioni) grafiche, ai Consigli di classe entro il mese di settembre. Si avviano quindi, con tempestività, dei corsi di rinforzo o attività di recupero in itinere per gli studenti che hanno evidenziato lacune o incertezze significative. Conosciamoci “Conosciamoci” è il titolo del questionario proposto ad ogni singolo studente che viene invitato ad auto-presentarsi rispondendo a quesiti riguardanti atteggiamenti, comportamenti e percezione del sé: i tempi e modi di percorrenza del tragitto casa-scuola, le motivazioni alla base della scelta dell’indirizzo di studio, alcuni aspetti della propria personalità, i rapporti con gli altri e con il computer, le abitudini di studio … 57 I dati, raccolti e tabulati, vengono illustrati dai coordinatori ai colleghi dei singoli consigli di classe e contribuiscono a fornire, insieme ai dati degli esiti delle prove d’ingresso, elementi significativi su cui innestare le singole programmazioni. Lo Spazio Ascolto Lo Spazio Ascolto è una consulenza psicologica finalizzata alla promozione del benessere degli studenti attraverso la prevenzione del disagio scolastico, relazionale e personale. Il servizio è attivo da Settembre a Giugno ed è gestito da un’operatrice ULSS 17 in collaborazione con i referenti dei diversi plessi scolastici Lo Sportello Paracadute Lo Sportello Paracadute è un' attività didattica grazie alla quale gli studenti, in piccolissimi gruppi, possono prenotare via web, tramite una password, lezioni individualizzate precisando gli argomenti richiesti. Viene così incrementato negli stessi un atteggiamento metacognitivo e sollecitata una costante attività di revisione e monitoraggio della propria attività di studio sulla base dei risultati di apprendimento. È un servizio completamente online che utilizza un programma creato dagli studenti dell’Indirizzo Informatico. I docenti coinvolti nel progetto hanno più volte sottolineato la valenza pedagogico-didattica di questo tipo di lezione e sottolineato l’efficacia di un intervento calibrato sulle effettive richieste dell’allievo. Accoglienza nuovi docenti (sperimentazione) Sulla base delle indicazioni contenute nella tesi di Laurea della Prof.ssa Cristina Minelle e riportate nell’articolo contenuto in questa stessa pubblicazione, la commissione accoglienza ha elaborato un primo percorso di accoglienza dei nuovi docenti. 58 Chi sono i nuovi docenti? Sono i Docenti a tempo indeterminato o determinato, giunti per la prima volta nella scuola e i Docenti di ruolo su più scuole Quanti sono? Ecco i dati 59 Considerando che il benessere della scuola “passa” anche attraverso il benessere dei docenti, il 30,97% di docenti ipoteticamente spaesati in una nuova realtà scolastica, ci induce ad una riflessione e ad agire operativamente. Cosa è stato fatto finora? Solitamente il nuovo arrivato veniva ricevuto dal dirigente, espletava le pratiche amministrative in segreteria e nulla più. Alla vigilia dell’inizio di quest’anno scolastico si è provveduto invece a indirizzare i nuovi docenti ad un collega “anziano”, presente in Biblioteca, per qualche ora, durante la prima settimana. Gli esiti sono stati sufficientemente positivi, ma si ritiene comunque necessario organizzare un percorso strutturato di accoglienza ed inserimento nella comunità scolastica. Cosa si potrebbe fare? 1. Valorizzare le competenze didattiche del docente, attraverso una scheda di rilevazione delle singole professionalità. Sarebbe un imprescindibile presupposto per la creazione di gruppi di lavoro più appropriati! 2. Produrre una guida veloce, facilmente consultabile, contenente dati - sulla vita dell’istituto (numeri telefono, indirizzi mail, sedi, segreterie, indirizzi di studio POF); - su servizi, spazi, attrezzature (informazioni relative a parcheggi, laboratori, aule speciali: aula video, palestra, aule lim); - sugli spazi comuni (biblioteca, cortili, mensa); - sulle attrezzature (registratori, LIM, televisori…); - sugli strumenti (dizionari, codici, gessi, carte geografiche, servizi utili, computer per i docenti, assegnazione password personali, 60 - cassetti della sala insegnanti, fotocopie, distributori automatici); sulle modalità di prenotazione per laboratori, aula video; sull’attività del docente: informazioni su registri, circolari, scadenze, programmazioni e programma svolti, griglie di valutazione, ricevimento dei genitori, permessi e congedi, doveri dei docenti. 3. Individuazione di una figura di facilitare l’integrazione fra coordinatore di classe?). riferimento colleghi per (il Accoglienza genitori classi prime Anche l’ACCOGLIENZA dei Genitori si articola in più azioni, come dimostra il grafico che segue. 61 È prassi consolidata avviare con le famiglie un rapporto “accogliente” capace di rispondere a specificità e bisogni evidenziati. In quest’ottica trovano giustificazione le seguenti iniziative: - I genitori, fin dal primo giorno di scuola, sono invitati ad accompagnare in aula Polivalente i propri figli per il tradizionale saluto del Dirigente. - Successivamente partecipano ad una o più Assemblee durante le quali vengono illustrati il POF, i progetti dell’Istituto, gli esiti delle prove di Ingresso e del questionario di auto presentazione degli allievi. - La presentazione del registro elettronico permette alla famiglia di seguire direttamente la vita scolastica del figlio (assenze, valutazioni, programma svolto). È uno strumento innovativo capace di mantenere vivo e proficuo il rapporto scuolafamiglia, ma che non intende sminuire la rilevanza degli incontri individuali docenti/genitori. - Così il Corso di informatica gratuito (livello base e avanzato) con l’obiettivo di facilitare l’accesso delle famiglie alla vita scolastica, al sito, al registro elettronico, alla posta elettronica, alle chat, all’utilizzo di un word processor. - Infine per i genitori c’è la possibilità di accedere allo Spazio Ascolto dell’Istituto. Nel corso degli ultimi anni il numero dei genitori che si sono rivolti al servizio è andato via via aumentando: segno evidente da un lato, della fiducia che si sta sempre più diffondendo nelle famiglie verso le proposte formative dell’Istituzione Scuola e dall’altro della stima nei confronti delle educatrici Usl che qui operano. 62 Conclusioni Nell’azione di monitoraggio del Progetto Accoglienza 20122013, è emersa la proposta di dare la parola subito ai genitori, già nella prima settimana di lezione, chiedendo loro di venire a presentare in un colloquio individuale il proprio figlio. Dal punto di vista dei docenti, questa nuova azione, rappresenta il primo passo di un percorso di reciproca fiducia e collaborazione richiesto dalle sfide poste da una generazione di studenti sempre più problematici. Contribuisce, inoltre, a rafforzare e rendere concreta la filosofia di fondo dell’accoglienza: una scuola che accoglie in un atteggiamento di ascolto, disponibilità e accettazione fin dai primissimi giorni di scuola. 63 ESPERIENZE declinare l’inclusione attraverso ascolto, consapevolezza e fiducia Elisabetta Trivellato Stefania Della Sala Il Centro di Informazione e Consulenza I CIC sono stati istituiti con la legge 162 del ’90 sulle tossicodipendenze, che prevede, ai fini della prevenzione di tale problematica, che le autorità scolastiche, in collaborazione con i Ser.D, istituiscano i Centri di Informazione e Consulenza (CIC) in tutti gli Istituti Superiori. Il Ser.D di Este ha creduto subito nei CIC e, già nell’a.s. 1990/91, ha promosso l’avvio del primo CIC al Liceo “Ferrari” di Este. La situazione attuale vede la presenza di un operatore dell’Azienda ULSS 17 in 10 istituti scolastici del territorio che comprende Conselve, Monselice, Este e Montagnana. Nel nostro territorio gli operatori che si occupano del CIC sono esclusivamente figure educative: infatti il gruppo di lavoro è costituito da educatori professionali e da pedagogisti, supervisionati da una psicologa del Ser.D di Monselice. La metodologia di riferimento è l’ascolto attivo di Gordon (1998). L’obiettivo non è quello di dare delle soluzioni, ma aiutare il ragazzo a trovare risposte al suo disagio. Lo sportello ascolto del CIC si svolge di solito una volta a settimana, in un giorno ed in un orario prestabiliti, presso la sede dell'istituto scolastico. Fondamentale è la stretta collaborazione tra l’operatore ULSS e l’insegnante referente che ha il compito di 64 accogliere le richieste e di fissare gli appuntamenti per i ragazzi. A tutti viene garantita la riservatezza sui contenuti dei colloqui. Tuttavia, in casi di particolare gravità, l’operatore CIC avvisa il Dirigente scolastico della situazione e viene messa in atto una procedura specifica ai fini della tutela del minore. Il servizio C.I.C. presso l’I.I.S. “Euganeo” Presso l’ITI “ex Euganeo”, l’operatore CIC è la dottoressa Germana Gay (pedagogista), mentre presso la sede dell’IPIA “ex Fermi” l’operatore è la dottoressa Stefania Della Sala (educatrice professionale). Per quanto riguarda il numero degli accessi – cioè il colloquio fra richiedente e educatore – e le tematiche maggiormente affrontate durante la consulenza al CIC, si fa riferimento agli ultimi anni scolastici. Tenendo conto che il servizio di ascolto presso l’I.I.S. “Euganeo” è stato ripristinato da 2 anni: - - all’ITIS si sono avuti 43 accessi, 12 presso il “Fermi”; negli anni precedenti abbiamo riferimenti solo per il “Fermi” dove vi sono stati 10 accessi nell’anno scolastico 2009-2010; 7 accessi nell’anno scolastico 2010-2011; 12 accessi nell’anno scolastico 2011-2012; 19 accessi nell’anno scolastico 2012-2013. Principalmente le problematiche affrontate hanno riguardato (dati raccolti dagli operatori ULSS e dai docenti referenti negli anni scolastici di riferimento e presentati nelle relazioni finali delle figure strumentali): - difficoltà nella relazione con i genitori; scarso rendimento scolastico e difficoltà studio in generale; 65 nello - problematiche di relazione con l’altro sesso. Il docente che si occupa di ascolto L’ULSS 17 è, in provincia di Padova, l’unica ULSS che offre la presenza di educatori e operatori qualificati nelle scuole superiori, i quali affiancano con professionalità gli insegnanti impegnati nell’ascolto. Nelle altre scuole della provincia, ad esempio, l’ascolto è esclusiva competenza di un insegnante che volontariamente si presta a tale funzione (dati raccolti durante la frequenza del Corso di Formazione organizzato dall’UST di Padova “La scuola padovana che ascolta”, novembre-dicembre 2011). La presenza di personale dell’ULSS comporta necessariamente fiducia reciproca con l’insegnante referente, esige un ottimo rapporto professionale con la persona con cui si collabora, necessita di incontri periodici abbastanza intensi e di regole e comportamenti ben precisi. In seguito a confidenze da parte dei ragazzi, avvenute durante gli incontri di ascolto, di abusi o maltrattamenti subiti, si è sentita fortemente l’esigenza di condividere regole, comportamenti e corrette procedure da attuare in caso di segnalazione agli organi competenti in materia, codificati e accettati da tutte le persone che si occupano di ascolto. Nel 2009, quindi, è nato un gruppo di lavoro con la presenza di rappresentanti della scuola e di operatori socio-sanitari dell’ULSS 17 il quale è giunto alla formulazione condivisa di una corretta prassi operativa in caso di segnalazione. Il ruolo dell’insegnante che si occupa di ascolto nella scuola è importante per cogliere “silenzi”. L'insegnante che affianca l’educatrice CIC ne coordina la presenza, propone un piano di lavoro, presenta agli studenti e alle famiglie la possibilità di accedere al servizio CIC; collabora con i coordinatori di classe, relaziona al Dirigente scolastico; informa i colleghi delle altre classi; si fa portavoce del disagio con le famiglie; propone e organizza incontri dell’educatore con studenti o insegnanti. 66 Dovrebbe, insomma, creare un rapporto attento, profondo, capace di guidare, accogliere, ascoltare e dare fiducia. L’esperienza di “ascolto” esercitata in questi anni nella scuola superiore mostra che l’attenzione, la presenza, cioè l’occhio e l’orecchio dell’insegnante attento, sono indispensabili per cogliere sguardi, ammiccamenti, atti di bullismo sotterranei, emarginazioni, malumori, in una parola disagi di vario tipo che si manifestano tra gli adolescenti e talvolta restano sotto la superficie delle relazioni esplicite. Negli ultimi anni si è intensificato il lavoro, sia del docente che dell’operatore, dal momento che i ragazzi sembrano necessitare sempre più di ascolto ed attenzione. Spesso, però, il colloquio con uno studente non basta per trovare l’origine del disagio, meno ancora basta a risolverlo. L’esperienza del docente deve essere messa nel cogliere il disagio, nell'individuare il ragazzo che in quel momento è smarrito, sta male e non sa con chi parlare, per ridargli fiducia, o per indirizzarlo eventualmente all'operatore CIC; spesso basta che il ragazzo si senta “ascoltato”, che percepisca dagli sguardi dell’insegnante che “si bada a lui”. Superare lo scoglio di interloquire con l'insegnante delegato o con l’educatrice, è da considerarsi un importante traguardo per un adolescente che prova disagio o malessere. In primo luogo, deve fidarsi dell’insegnante, poi dovrà trovare la fiducia nei confronti dell’educatore che lo ascolta, e deve avere la certezza che il suo disagio non sarà deriso, sottovalutato o peggio ancora, riferito a terzi. Non è semplice neppure per l’insegnante conquistare la fiducia degli studenti, i quali dovranno vederlo non come colui che li valuta e li corregge in classe, ma come un interlocutore che presta ascolto, attenzione e non giudica. L’insegnante che fa sentire l’adolescente amato, al centro dell’attenzione, in modo che egli ritrovi fiducia e possa dare il meglio delle sue dotazioni. Basta che tutto avvenga 67 in un clima di sostegno, di stimolo e non di condanna (Andreoli, 2006). Per continuare a svolgere un buon lavoro e per ottenere migliori risultati, si dovrà tenere conto di alcuni aspetti non secondari. Prima di tutto servirà interagire affinché aumentino gli accessi al CIC, resi difficoltosi dal fatto che gli studenti maschi – in maggioranza presso l’ex “Fermi” – si trincerano spesso in un mutismo difensivo; il secondo aspetto riguarda invece quegli adolescenti che rivelano forte disagio, di cui non sono consapevoli, e questa inconsapevolezza impedisce loro di usufruire dello spazio ascolto. In questo caso occorrerà interagire con i consigli di classe, mettendo in pratica tutte le strategie utili a individuare i ragazzi in difficoltà. Il terzo aspetto – che sicuramente va affrontato – riguarda quegli studenti che trovano ascolto e attenzione all’interno della scuola, da parte di persone che si rivelano “cattivi consiglieri”, non per cattiva volontà ma per pochezza, incapacità o inesperienza personali. Spesso, infatti, persone volenterose, in buona fede, ascoltano i lamenti o i disagi dei ragazzi e intervengono con consigli o gesti generosi. Questi atti spaziano dalla semplice compartecipazione, alla condivisione del brutto voto, al consiglio, all’intervento più che materno, volto a sostituire la presenza genitoriale o dell’insegnante. A volte – poiché in buona fede – anche tali interventi sono positivi, infatti il ragazzo si sente compreso, rimotivato e fiducioso. Spesso invece creano una sorta di “dipendenza” dalla persona adulta che non permette di sciogliersi velocemente e che crea un legame ambiguo tra studente, figura adulta e istituzione scolastica. Come ricorda anche il prof. Andreoli (2006), gli adolescenti hanno bisogno di creare una propria autonomia psicologica e sentimentale: vanno verso confini il cui superamento sarà definitivo. E, inoltre, “essere autonomi significa avere abbastanza fiducia in sé da arrivare a costruire un progetto 68 di vita, contando al contempo su se stessi e sugli altri“ (Marzano, 2012). Queste dinamiche abbiamo osservato che si creano soprattutto quando alcune figure permangono nella stessa situazione per tempi troppo lunghi, così a lungo da identificarsi con l’istituzione. Rotazione di ruoli, scambio di mansioni, potrebbero creare differenti punti di vista e permettere di gestire al meglio le risorse umane. Conclusione Aggiungiamo quindi l’ultimo ingrediente, cioè l’amore profuso nella propria professione. Da solo non basta, è necessario amalgamare amore, competenza, esperienza, partecipazione attiva se vogliamo che l’ascolto sia proficuo, fonte di sicurezza, spinta a crescere e a librarsi liberi nell’aria. Certamente tra le condizioni basilari vi è l’interesse, il fascino per i ragazzi, per sentirli come soggetti cui dedicarsi. Per non dimenticare mai il dramma dei ragazzi rotti, rotti dalla scuola per omissione o per incompetenza che diventa esclusione. Significative a tal proposito sono le parole che usa Pennac in Diario di scuola quando il protagonista, alla fine del libro, riflette con il suo interlocutore – un alter ego – sul ruolo degli insegnanti che ha conosciuto nelle sua vita (Pennac, 2008). “C’è un metodo? Non mancano, certo, i metodi, anzi, ce ne sono fin troppi! Passate il tempo a rifugiarvi nei metodi, mentre dentro voi sapete che il metodo non basta. Gli manca qualcosa” Che cosa? […] L’amore. 69 Ecco la mia metafora vale quel che vale, ma è questo l’amore in materia di insegnamento, quando gli student i volano come uccelli impazziti. A questo la professoressa G. o N.H. hanno dedicato tutta la loro esistenza: salvare dal coma scolast ico una sfilza di rondini sfracellate. Non sempre si riesce, a volte non si trova una strada, […] costoro rimangono nella nostra coscienza come le voragini di rimorso […] ma ogni volta ci proviamo, ci abbiamo provato. Sono i nostri student i. […] Una rondine tramort ita è una rondine da rianimare, punto e basta.” Bibliografia A.A.V.V. (2008). CIC. Più facile provarlo che spiegarlo. ULSS 17. A.A.V.V. (1997). Il CIC nell’ULSS 17. Tipografia Crivellaro. A.A.V.V. (2003). L’approccio motivazionale. Itaca. A.A.V.V. (2005). Prevenzione: se non c’è si vede. Regione del Veneto, Assessorato alle Politiche Sociali e Non Profit. Andreoli, V. (2006). Lettera ad un insegnante. Milano: Rizzoli. Gordon, T. (1998). Insegnanti efficaci. Il metodo Gordon. Pratiche educative per insegnanti e studenti. Firenze: Giunti. Marzano, M. (2012). Avere fiducia. Milano: Mondadori. Pennac, D. (2008). Diario di scuola. Milano: Feltrinelli. Altri materiali utilizzati Operatori CIC: Educatori prof.li del SerD e del SEPS; Psicologa del SerD. Dati raccolti dagli operatori ULSS e dai docenti referenti negli anni scolastici di riferimento e presentati nelle relazioni finali delle figure strumentali. 70 Dati raccolti durante la frequenza al Corso di Formazione “La scuola padovana che ascolta” organizzato dall’UST di Padova, novembre-dicembre 2011. Procedura Scuola ULSS 17 in caso di segnalazioni casi problematici. 71 ESPERIENZE analisi dei dati del questionario 2012-2013 Elisa Bussi Milena Cosimo (elaborazione dat i) Come strumento per una programmazione didattica più consapevole, opportuna e, possibilmente, più efficace, tra le attività del progetto Accoglienza è previsto, da alcuni anni, il Questionario di autopresentazione dello studente, elaborato dai docenti dell’apposita commissione. I risultati di questa indagine vengono poi presentati ai genitori e con loro discussi nell’ambito di un’assemblea di inizio anno. In questo modo, quindi, le informazioni che raccogliamo possono offrire stimoli alla riflessione sui nostri ragazzi a noi docenti, ma anche ai genitori, con i quali vorremmo sempre più condividere concretamente il nostro progetto educativoformativo. Il Questionario mira ad ottenere risposte sui seguenti ambiti o oggetti di interesse: 1. percorrenza del tragitto casa-scuola: modalità e tempi; 2. scelta della scuola: modalità e motivazioni; 3. profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere e della personalità dell’alunno/a: 3.1 percezione del proprio grado di autonomia e responsabilità; 3.2 percezione della propria intelligenza; 3.3 percezione delle propensioni personali verso i vari tipi di attività e atteggiamenti di studio o lavoro; 3.4 modi di sentirsi, di stare, di comunicare con gli altri in classe, in famiglia e con i coetanei; 4. lo studio: modi, tempi e ambienti di studio, attuali e desiderati; 5. il computer: 5.1 disponibilità familiare e personale dello strumento; 5.2 utilizzo dello strumento: tempi e modi. 72 Come si può intuire facilmente da questo elenco di informazioni che raccogliamo, alcuni dati quantitativi che otteniamo con il Questionario sono facilmente interpretabili; altri, invece, più che offrire risposte, stimolano la formulazione di domande complesse e aperte, riguardanti l’individuo e il contesto sociale. Per queste domande la scuola da sola non può né compiere analisi esaustive, né dare le risposte migliori. La scuola, però, come istituzione che trasmette e produce cultura ed educa, si sforza di comprendere la complessità della vita individuale e sociale dei nostri ragazzi e di tenerne conto nella progettazione e nella realizzazione della propria azione. Siamo convinti che il nostro compito istituzionale richieda innanzitutto attenzione alla complessità della realtà umana in cui andiamo a svolgere il nostro lavoro, iniziando con una tensione alla comprensione, all’ascolto e all’accoglienza dei ragazzi che entrano a fare parte del nostro istituto. Passiamo ora alla presentazione significativi della rilevazione. dei risultati più Tempi e modi di percorrenza del tragitto casa–scuola: A CHE ORA PARTI DA CASA PER RAGGIUNGERE LA SCUOLA? Riportiamo la tabella relativa ai tempi di percorrenza del tragitto casa-scuola. I dati sul tragitto inverso, nella maggioranza dei casi, sono simili. orario partenza da casa classi professionale tecnico 6.006.29 6,30 6,45 6,45 7,00 7,00 7,15 7,15 7,30 7,30 7,45 7,45 8,00 totale 0% 2% 6% 13% 21% 21% 42% 17% 12% 26% 17% 20% 2% 2% 100% 100% Un numero significativo di alunni impiega più di due ore al giorno per compiere il tragitto casa-scuola e viceversa, ore che si aggiungono alle 5-6 giornaliere di lezione. Per molti alunni, quindi, il tempo disponibile per lo studio domestico 73 e per le altre attività, risulta di fatto fortemente limitato. Conoscere questo dato è utile alla scuola e ai docenti in particolare per meglio organizzare e pianificare le attività didattiche e per calibrare i carichi di impegno richiesti ai nostri alunni; è utile anche ai ragazzi perché sottolinea in modo concreto l’idea che cercare di sfruttare bene il tempo scuola permette di apprendere meglio e di alleggerire la giornata di lavoro ricavando maggior tempo libero. Come si vede dalla tabella, sono soprattutto gli alunni del Tecnico ad alzarsi presto alla mattina e a rincasare più tardi. L’Istituto, con la sua storia, le sue peculiarità e specialità, richiama infatti alunni provenienti anche da fuori provincia. Per quanto riguarda, invece, i mezzi di trasporto, quello più usato risulta essere la corriera (oltre il 60%); mentre, purtroppo, e ovviamente data l’esiguità dell’offerta del servizio, l’utilizzo del treno è praticamente inesistente. La scelta della scuola: IN QUALE MODO HAI SCELTO QUESTA SCUOLA? modalità autonomamente su consiglio dei genitori su consiglio degli insegnanti su consiglio di compagni/amici altro …. professionale 53% 22% 13% 10% 2% tecnico 80% 6% 4% 1% 8% possibili più risposte Si vede che nella stragrande maggioranza dei casi nella scelta del percorso superiore gli alunni hanno seguito, per lo più autonomamente, l’idea della maggiore rispondenza della scuola ai propri interessi. Un peso molto limitato appaiono avere altri fattori, quali il giudizio orientativo della scuola secondaria di primo grado, il volere dei genitori, .... 74 La scelta della scuola: HAI SCELTO QUESTA SCUOLA PERCHÉ motivo immagini possa corrispondere ai tuoi interessi hai seguito le indicazioni degli insegnanti per stare con un amico l'hanno deciso i tuoi genitori non sapevi cosa altro scegliere altro …. professionale 77% 14% 3% 0% 2% 4% tecnico 80% 6% 4% 1% 1% 8% possibili più risposte Merita particolare attenzione la scarsa incidenza nella scelta del giudizio orientativo espresso dai docenti della scuola secondaria di primo grado. È estremamente positivo che in partenza vi sia una buona motivazione interna, ossia si privilegino gli interessi e le propensioni personali. Considerati però gli insuccessi scolastici e i cambi di scuola che si verificano soprattutto nel primo biennio, è bene chiederci quanto siano adeguate le informazioni sulle varie possibilità formative della scuola del secondo ciclo e se i percorsi orientativi attivati offrano effettivamente ai ragazzi un’occasione di conoscere se stessi approfonditamente, nei loro interessi, nelle loro attitudini. Un buon percorso orientativo riduce l’incidenza degli insuccessi scolastici e la necessità di attivare e di intraprendere percorsi di ri-orientamento scolastico, con tutte le difficoltà, le delusioni, le fatiche che tutto questo comporta, per la scuola, per gli alunni e per le loro famiglie. Inoltre chi ha scelto l’opzione “altro”, ha in prevalenza spiegato che ripone forti speranze sul fatto che il titolo di studio sia garanzia di un futuro posto di lavoro. È comprensibile e legittimo che sia così, e sarebbe anche normale lo fosse realmente; considerata, però, l’attuale congiuntura economica, questa prospettiva, se mai potesse essere sufficiente, non può da sola reggere nel tempo la motivazione allo studio. Non va dimenticato, in ogni caso, che le difficoltà di entrare nel mercato del 75 lavoro qualificato di solito aumentano quando vi è una formazione superficiale, lacunosa, inadeguata. Scegliere la scuola giusta per noi, quella che ci permetta di avere il migliore percorso formativo, è importante per il nostro presente e per il nostro futuro, per il lavoro e per la formazione personale e nella scelta del percorso di istruzione superiore ciò dovrebbe avere un peso maggiore rispetto alla semplice valutazione della spendibilità del titolo di studio. Quello che come scuola cerchiamo di fare per il presente e il futuro dei nostri ragazzi è dare una solida base culturale ed insieme sviluppare competenze spendibili anche nel mondo del lavoro. È bene insistere con i ragazzi affinché sia forte il loro impegno nelle materie di indirizzo quanto in quelle dell’area comune. Solo insieme le une e le altre favoriscono, infatti, la formazione di un’intelligenza critica, versatile, capace di orientarsi e ri-orientarsi, non soltanto a scuola, ma anche nel mondo del lavoro e nella vita sociale. Per dare un futuro ai nostri alunni è importante il nostro impegno nel raccordarci con il territorio per cogliere le spinte positive e propositive che vengono dal mondo della produzione e dei servizi. Un ruolo importante in questo senso viene svolto dal Comitato tecnico scientifico, ma anche dalla vasta rete di relazioni che i docenti hanno con le associazioni del volontariato e del terzo settore e con le istituzioni e l’associazionismo culturale del territorio. Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere e della personalità dell’alunno: (percezione del proprio grado di autonomia e responsabilità) A SCUOLA TI CONSIDERI AUTONOMO E RESPONSABILE? percezione sì no in parte professionale 71% 6% 23% possibile una sola risposta 76 tecnico 72% 0% 28% Quasi i 2/3 degli alunni si considerano autonomi e responsabili a scuola; e ciò coincide con le impressioni espresse dai Consigli di Classe. Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere e della personalità dell’alunno: (stima della propria intelligenza) STIMI LA TUA INTELLIGENZA … stima ottima buona discreta sufficiente non risponde professionale 0% 41% 38% 21% 0% tecnico 7% 61% 27% 4% 1% possibile una sola risposta Questi dati sulla stima della propria intelligenza, evidenziano che gli alunni del Professionale hanno minore considerazione delle proprie capacità intellettive rispetto a quelli del Tecnico. Nel Professionale il 79% degli intervistati considera la propria intelligenza tra buona e discreta (nessuno ottima); nel Tecnico il 95% ritiene di avere un’intelligenza tra l’ottimo e il discreto – significativi il 7% di risposte “ottima” e il 4% di risposte “sufficiente”. Al Professionale, invece, più di un alunno su cinque ritiene di avere un’intelligenza (appena) sufficiente. Su questo dato è bene riflettere. Sembra che esso sia indice di un pregiudizio diffuso, purtroppo, nella scuola, oltre che tra la popolazione in generale, che fa coincidere l’intelligenza con il successo scolastico e la qualità del successo scolastico con una scala di valore attribuita ai vari tipi di scuola, secondo la quale al primo posto si troverebbero i licei (primo tra tutti il liceo classico), poi gli istituti tecnici ed al livello più basso gli istituti professionali. Questa scala, che rispecchia un modello di gerarchia sociale al cui vertice si trovano i ruoli dirigenziali, nel mezzo quelli tecnici ed al più basso 77 gli operativi, è costruita secondo uno pseudo criterio meritocratico in base al quale il comando spetterebbe ai più intelligenti, l’organizzazione ai mediamente capaci e l’esecuzione ai meno dotati. Questa visione “aristocratica” dell’ordine sociale (e politico) è, decisamente, classista, puramente ideologica ed antidemocratica. Questa “antica” visione, tuttavia, è ancora fortemente presente in un diffuso pensare e condiziona pesantemente la nostra scuola, l’orientamento scolastico e la scelta del percorso di istruzione superiore. Si tratta di una visione “aristocratica” anche perché – sembra assurdo che sia così ai nostri tempi – si accompagna nei fatti ad un fenomeno di scarsa mobilità sociale: concretamente è improbabile che il figlio di un “dottore” non frequenti il liceo, così come è altrettanto improbabile lo frequenti il figlio di un “operaio”, fosse altro per la difficoltà di sostenere le spese di un percorso formativo lungo e costoso. I dati forniti dal questionario indicano, dicevamo, che gli alunni del professionale si reputano mediamente meno intelligenti di quelli del tecnico. Immagino molto probabile che se estendessimo l’indagine agli alunni del liceo, troveremmo i ragazzi del tecnico in una posizione analoga a quella rilevata per gli iscritti al professionale. Se così fosse – si potrebbe approfondire la ricerca – non varrebbe la pena, come scuola, di riflettere seriamente sull’idea di “intelligenza” che continuiamo a trasmettere, consapevolmente e/o inconsapevolmente, ai nostri ragazzi? Siamo proprio sicuri che il maggior grado di intelligenza coincida con il maggior numero di un certo tipo di conoscenze possedute, ossia che intelligente sia l’erudito o colui che eccelle nei ragionamenti logico astratti? Non è di oggi la messa in discussione di un concetto univoco di “intelligenza”’ e dei suoi sistemi di rilevazione; da decenni si parla di intelligenze multiple e di molteplicità e dignità delle diverse culture. Nella quotidianità, però, i vecchi pregiudizi, gli antichi stereotipi hanno ancora il peso maggiore. 78 Quale motivazione all’apprendimento possono avere ragazzi che hanno un giudizio così basso delle proprie capacità intellettive? Quali ambizioni possono avere, nella propria vita personale, sociale e lavorativa dei ragazzi che si percepiscono di categoria ‘Z’? Come è possibile pensare che i nostri ragazzi diventino cittadini attivi se si considerano così poco dotati intellettivamente? Quale motivazione profonda allo studio? Il lavoro che ci attende, come insegnanti, a questo punto è veramente grande, impegnativo, faticoso, ma irrinunciabile. Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere e della personalità dell’alunno: (stima della propria intelligenza) PENSI DI POTER ULTERIORMENTE SVILUPPARE LA TUA INTELLIGENZA? stima sì no in parte non risponde professionale 73% 4% 23% 0% tecnico 91% 2% 1% 7% possibile una sola risposta Anche questa tabella ci fornisce informazioni utili alla riflessione: quasi la totalità degli studenti del Tecnico ha una visione evolutiva, quindi positiva, della propria intelligenza; mentre nel Professionale questa visione ottimistica riguarda solo i 3/4 degli alunni. In altri termini al Professionale più di un ragazzo su quattro ha una visione deterministica di sé: la propria condizione intellettiva è percepita come già, o in gran parte, definita e non si prospettano evoluzioni. Quale può essere l’atteggiamento verso se stessi e la motivazione all’apprendimento in ragazzi che non si sentono, o si sentono molto limitatamente, in evoluzione? 79 Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere e della personalità dell’alunno: TI SENTI PIÙ PORTATO PER ATTIVITÀ … attività manuali art istiche sociali (indirizzo Socio-sanitario) sociali (altri indirizzi) intellettuali organizzative motorie professionale 40% 8% 18% 5% 3% 6% 20% tecnico 44% 6% 8% 15% 8% 19% possibile una sola risposta Il dato sulla propensione per le attività intellettuale conferma quanto detto sopra. di tipo Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere e della personalità dell’alunno: TI SENTI PIÙ … ti senti letterato art ista scienziato altro professionale 10% 51% 20% 19% possibile una sola risposta 80 tecnico 10% 51% 20% 19% Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere e della personalità dell’alunno: (stare con gli altri) QUANDO SEI CON GLI ALTRI … IN CLASSE … IN FAMIGLIA … CON GLI AMICI quando sei… preferisci stare ad ascoltare intervieni spesso nella conversazione intervieni solo quando sei interpellato intervieni solo quando l’argomento ti riguarda da vicino non risponde professionale in in con classe famiglia amici in classe tecnico in famiglia con amici 23% 16% 22% 24% 19% 23% 11% 50% 58% 12% 39% 52% 43% 12% 5% 45% 10% 4% 23% 22% 15% 17% 29% 18% 0% 0% 0% 2% 0% 3% possibile una sola risposta I quesiti posti tendono a mettere in luce i comportamenti, e in parte gli atteggiamenti, che gli alunni assumono quando sono con gli altri in tre contesti diversi: in classe, in famiglia e con gli amici. In classe Supponendo una classe tipo di 26 alunni, possiamo immaginare una situazione di questo genere durante le lezioni: tre alunni intervengono spesso; sei alunni ascoltano in silenzio, perlopiù senza intervenire; diciassette intervengono solo se richiesto dall’insegnante e/o magari se l’argomento li riguarda direttamente. Se l’atteggiamento di chi “preferisce ascoltare” può essere l’atteggiamento tipico di chi ha un carattere riservato, magari è timido, o di chi è particolarmente riflessivo, o ancora ha un atteggiamento di attenzione (ascolto) verso l’altro, e quindi può sicuramente indicare un atteggiamento 81 positivo, è preoccupante quel 43-45% di alunni che in classe interviene solo se interpellato. Anche volendo dimezzare quel valore tenendo conto della maggiore o minore espansività del carattere di ognuno, rimane il fatto che per molti ragazzi la “classe”, o meglio la lezione in classe, non è vissuta come uno dei propri “luoghi” e “modi” di stare a scuola, ma come qualcosa di estraneo. Se così stanno veramente le cose, dobbiamo chiederci se sia veramente efficace un insegnamento senza coinvolgimento attivo e profondo degli alunni nel processo insegnamentoapprendimento e quindi domandarci che cosa possiamo/dobbiamo fare per modificare questa situazione. In famiglia e con gli amici In questi ambiti le cose vanno decisamente meglio, anche se va detto che in famiglia, più di un ragazzo su cinque non interviene e con gli amici uno su due. Vediamo ora di approfondire l’argomento analizzando i dati relativi alle capacità di esprimersi attraverso la parola. Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere e della personalità dell’alunno: (stare con gli altri) COME GIUDICHI LE TUE CAPACITÀ DI ESPRIMERTI CON LA PAROLA? giudizio ho difficoltà ad esprimermi perché non riesco a formulare bene il mio pensiero ho qualche difficoltà ad esprimermi ho molte difficoltà ad esprimermi a causa della timidezza ho difficoltà ad professionale in in con classe famiglia amici in classe tecnico in famiglia con amici 13% 19% 7% 17% 12% 8% 27% 24% 2% 23% 19% 12% 27% 3% 21% 21% 6% 11% 14% 16% 19% 13% 16% 13% 82 esprimermi perché penso di non avere nulla da dire mi esprimo in modo corretto, chiaro e scorrevole non risponde 24% 39% 51% 24% 37% 39% 0% 0% 0% 2% 10% 17% possibile una sola risposta In classe Nella nostra ipotetica classe di 26 alunni del Professionale troviamo sei alunni che ritengono di non avere problemi espressivi e ben 20 che dichiarano di avere difficoltà nell’espressione verbale. Tra le motivazioni di questa difficoltà troviamo la timidezza, seguita, dalla difficoltà di formulare bene il proprio pensiero e dal ‘non avere nulla da dire’. In famiglia Circa quattro ragazzi su dieci dichiarano di non avere problemi ad esprimersi; sei su dieci dicono di averne. Tra le cause di questa difficoltà, in ordine di importanza, la formulazione del proprio pensiero, il non avere nulla da dire ed ultima la timidezza. Con gli amici Un ragazzo su due dichiara di non avere difficoltà ad esprimersi; uno su due, quindi, dichiara difficoltà espressive. Tra le cause di questa difficoltà, in ordine di importanza, troviamo la formulazione del proprio pensiero, il non avere nulla da dire e/o la timidezza, ultima – per fortuna! – la difficoltà a formulare il proprio pensiero. I dati ci suggeriscono che un gran numero dei nostri ragazzi, anche in contesti diversi, incontra difficoltà ad esprimersi verbalmente, dato, purtroppo, ampiamente confermato dall’esperienza quotidiana degli insegnanti. È nostro dovere, dico nostro della scuola, ma anche dei genitori, sostenere, sviluppare le capacità espressive. È 83 importante riuscire a far sentire i ragazzi accolti e suscitare in loro sentimenti di accoglienza. Ognuno di noi si sente accolto innanzitutto quando è accettato per come è, per come può essere secondo le sue attitudini e i suoi desideri profondi, e non per la sua rispondenza ad un modello che sta nella testa degli altri (genitori o insegnanti, per primi). La propria inadeguatezza ad una situazione, ad un ruolo o a un compito, ad una aspettativa, propria o altrui, non deve essere vissuta da nessuno come un fallimento, ma essere occasione per una nuova propria, più vera, “ricollocazione”. Di nuovo, la centralità dell’orientamento, anche di quello scolastico. Ai nostri ragazzi non deve mai mancare la certezza di essere ascoltati e la consapevolezza che l’ascolto chiede lo sforzo della reciprocità dell’ascoltare. È la reciprocità che muta il sentire, l’udire, in ascolto. Per ascoltare, però occorre mettersi dal punto di vista dell’altro, ossia capirne le ragioni, che poi si possono condividere o meno. Capire, formulare il proprio e l’altrui pensiero, comporta la capacità di esprimere e argomentare le ragioni e i sentimenti. Questo lavoro di comprensione non sempre si adatta perfettamente con gli stretti tempi oggi imposti alla comunicazione ed ancor meno con quelli imposti dalla logica della “prestazione”. I ragazzi hanno difficoltà a comunicazione in tutti gli ambiti, scuola, famiglia, tra gli amici. Questo risulta dal Questionario di autopresentazione dello studente. C’è materiale di riflessione per tutti! Lo studio: DI SOLITO STUDI … studio con un compagno con un adulto (es. Genitore) da solo non risponde professionale 0% 8% 87% 5% possibile una sola risposta 84 tecnico 2% 5% 93% 0% Lo studio: PREFERISCI STUDIARE … preferisco con un compagno con un adulto (es. Genitore) da solo non risponde professionale 17% 10% 69% 4% tecnico 2% 5% 93% 0% possibile una sola risposta Lo studio: DI SOLITO STUDI … studio in una stanza tutta mia in una stanza dove ci sono altre persone che fanno altre cose In una stanza che divido con fratelli/sorelle professionale 76% tecnico 73% 7% 13% 17% 13% professionale 82% 18% 0% tecnico 78% 21% 1% possibile una sola risposta Lo studio: DI SOLITO STUDI … studio in un ambiente silenzioso in qualunque ambiente non risponde possibile una sola risposta 85 Lo studio: PREFERISCI STUDIARE … studio dove ci sono altre persone dove ci sei solo tu non risponde professionale 4% 90% 6% tecnico 10% 88% 2% possibile una sola risposta Lo studio: A CASA DISPONI DI UNO SPAZIO TRANQUILLO DOVE STUDIARE? dispongo sì no non risponde professionale 94% 2% 4% tecnico 93% 5% 2% possibile una sola risposta Lo studio: COME CONSIDERI LO STUDIO DELLE MATERIE? considero necessario per crescere piacevole obbligatorio dà soddisfazione deludente inutile difficile appassionante utile non risponde professionale 22% 8% 21% 12% 3% 3% 10% 3% 18% 0% tecnico 25% 5% 20% 16% 1% 0% 6% 4% 21% 2% possibile una sola risposta Una esigua minoranza degli alunni valuta negativamente l’importanza dello studio nella formazione personale; ossia 86 in partenza vi è un diffuso atteggiamento positivo verso lo studio delle discipline. Questo atteggiamento è importante mantenerlo. Sarebbe interessante proporre le stesse domande agli alunni delle classi successive per verificare se esso si mantiene, si sviluppa o decresce nel tempo. Lo studio: QUANTE ORE AL GIORNO DEDICHI MEDIAMENTE ALLO STUDIO? ore meno di un’ora tra una e due ore tra due e tre ore più di tre ore professionale 21% 46% 21% 12% tecnico 5% 56% 37% 2% possibile una sola risposta Il computer: POSSIEDI UN COMPUTER? computer a casa c’è un computer? possiedi un computer personale? professionale 83% 83% tecnico 95% 66% possibile una sola risposta Il dato rileva che tra gli alunni del tecnico il pc è una presenza familiare; mentre nelle famiglie dei ragazzi del professionale è qualcosa che riguarda in particolare le nuove generazioni. 87 Il computer: AL GIORNO QUANTE ORE PASSI AL COMPUTER? MEDIAMENTE… ore Una Due Tre Quattro Cinque Sei Otto Zero Non risponde professionale 44% 31% 12% 0% 0% 0% 0% 0% 13% tecnico 44% 31% 10% 4% 4% 1% 3% 4% 1% Tabella n.19 possibili più risposte Il computer: COMPUTER PER I dati ci dicono che l’uso prevalente che viene fatto del pc è quello per comunicare con amici o chattare. 88 ESPERIENZE costruire il contesto classe: un progetto per la seconda professionale Marino Mart ignon Introduzione al tema Sempre più di frequente si manifestano, nelle nostre scuole, delle situazioni di difficile gestione nelle classi. Alcuni elementi sono sopravvenuti, negli ultimi anni, a trasformare la fisionomia dei gruppi classe degli istituti superiori, in particolare per i primi anni. Tale fenomeno è particolarmente evidente nella formazione professionale e nell’istruzione professionale. Fondamentalmente sono due le novità degli ultimi anni che hanno contribuito a modificare il precedente assetto: l’introduzione dell’obbligo d’istruzione a 16 anni e la grave crisi occupazionale che ha colpito il mondo del lavoro. Per quanto attiene all’obbligo d’istruzione a 16 anni, una delle conseguenze per le scuole secondarie di secondo grado, in particolare nell’istruzione e nella formazione professionale, è stato il notevole flusso di studenti che si sentono “costretti” alla frequenza e che manifestano un totale disinteresse per le diverse materie di studio (molto spesso nella scelta della scuola superiore da frequentare sono determinanti due fattori: la vicinanza a casa e lo scarso impegno di studio che si immagina in quella particolare scuola). Moltissimi docenti delle scuole superiori si sentono totalmente spiazzati da una tale tipologia di studenti, fino ad alcuni anni or sono l’iscrizione nelle scuole superiori era indice di un desiderio di proseguire gli studi e comportava un sufficiente impegno in questo senso. Un secondo elemento di novità rispetto agli anni passati è legato alla, ormai totale, chiusura del mondo del lavoro nei confronti dei giovani. Al compimento del sedicesimo anno di 89 età lo studente potrebbe uscire dal sistema scolastico per iniziare un percorso lavorativo, naturalmente mantenendo garantito l’obbligo di formazione fino ai 18 anni. L’impossibilità nell’inserire il proprio figlio nel mondo del lavoro spinge molti genitori verso una scelta che ritengono obbligata: far proseguire il proprio figlio nella frequenza scolastica, senza pretendere troppo da lui, in una posizione potremmo dire di “parcheggio” a tempo indeterminato. Anche questa situazione risulta nuova per i docenti delle superiori, fino a qualche anno fa vi era, infatti, da parte delle famiglie e degli studenti il desiderio di concludere quanto prima il ciclo di studi per entrare nel mondo del lavoro, nel caso in cui il ragazzo avesse manifestato delle difficoltà con gli studi non si esitava nell’indirizzarlo verso il mondo del lavoro, oggi, decisamente, la situazione è totalmente modificata. Per comprendere appieno l’esperienza che mi accingo a descrivere è necessario tener ben presente quanto qui sopra descritto. La necessità di “tematizzare il disagio”: l’esperienza in una classe seconda del professionale Il disagio nel suo manifestarsi Sono fondamentalmente tre gli elementi da considerare se si desidera comprendere quando il gruppo classe vive una condizione di disagio: - Annotazioni disciplinari Giudizio espresso dai docenti del consiglio di classe Rendimento scolastico Ebbene, per una classe seconda dell’IPIA, già nel mese di novembre, osservando le tre variabili di cui sopra era possibile presumere come all’interno del gruppo classe si vivesse una notevole situazione di disagio. Le numerose annotazioni disciplinari, il diffuso basso rendimento scolastico (in particolare per alcune materie) e il giudizio negativo espresso dai docenti, tutti questi elementi concordavano nel suggerire l’esistenza di un disagio. La questione che ora si poneva era come affrontare una tale 90 situazione, quali strategie mettere in atto per cercare di migliorare la situazione. Come affrontare la situazione di disagio Di fronte ad una tale situazione la prima reazione da parte dei docenti tende ad essere di carattere prevalentemente sanzionatorio. In particolare le proposte prevalenti emerse dal consiglio di classe prevedevano di passare dalle annotazioni disciplinari alla sospensione, altre misure suggerite prevedevano di dare delle verifiche a sorpresa a tutta la classe, per punire il comportamento non corretto di alcuni. In questa particolare condizione ho proposto ai docenti del Consiglio di Classe di consentirmi di iniziare con gli studenti uno specifico percorso, per verificare se vi fosse una strada alternativa, rispetto a quella a prevalente carattere sanzionatorio. Avuto il consenso del Consiglio, ho iniziato con gli studenti, che non appartengono a una delle classi in cui insegno, un percorso (delineato nel “Progetto adolescenza: star bene a scuola” approvato dal Collegio docenti e inserito nel P.O.F.) di confronto-verifica per cercare di risolvere una tale situazione di disagio e per porre le condizioni del formarsi di un contesto classe più sereno e proficuo. L’attività svolta con gli studenti della classe Ho portato avanti con gli studenti della classe una serie di incontri (otto per la precisione, per un totale di dodici ore), alcuni in compresenza con il docente di Lettere della classe, altri da solo. Agli studenti è stato proposto, alla fine del percorso, un questionario, in forma anonima. Negli incontri ciò che innanzitutto è emerso è stato il desiderio, da parte degli studenti, di essere ascoltati. Questo loro modo di porsi mi è stato molto utile perché mi ha consentito di focalizzare l’attenzione su un aspetto che era stato, fino ad allora, piuttosto trascurato, ossia da dove fosse originato il disagio che si era manifestato in modo evidente nei primi mesi di scuola. Ho quindi compreso quanto fosse importante “Tematizzare l’origine del disagio”: 91 solo attraverso una tematizzazione dell’origine, infatti, era possibile tentare di risolverlo. Le strategie per “tematizzare il disagio”: attenzione, ascolto, dialogo Una particolare “attenzione” nei confronti degli studenti (dialogo con loro, osservazione delle risposte date ai questionari, lettura dei dati di segreteria, tipologia delle annotazioni disciplinari) mi ha consentito di cogliere i seguenti aspetti: Sette studenti sono in ritardo di un anno rispetto all’età anagrafica e ben sei di due anni Il 23% degli studenti afferma di frequentare la scuola solo perché obbligato Le annotazioni disciplinari coinvolgono un numero notevole di studenti, più del 50% Il carattere delle annotazioni disciplinari è piuttosto simile: quasi sempre si evidenziava il desiderio di non seguire/disturbare la lezione Il punteggio medio di interesse per ciò che viene proposto in classe dai docenti è piuttosto basso: un valore medio di 4,9/10, con valori di 3,5/10 per alcune materie L’“ascolto” che ho prestato loro è stato importante perché ha consentito di riflettere sul loro disagio. Ad una delle domande che ho proposto nel questionario, il 50% degli studenti ha indicato come indispensabile “parlare di più con gli studenti” da parte dei docenti. Attraverso il “dialogo” con questi studenti è emerso chiaramente il loro senso di disorientamento e di malessere, dovendo vivere una condizione imposta dal mondo degli adulti, così come si è evidenziata la richiesta-esigenza di essere guidati da un adulto significativo con il quale confrontarsi. L’esigenza che innanzitutto è emersa è quella di un adulto disposto a prendersi cura di loro. 92 Conclusioni Per quanto ho potuto sentire dai colleghi della classe mi sembra che la situazione negli ultimi mesi sia migliorata rispetto ai mesi iniziali. Non so se il mio intervento abbia contribuito a creare una maggiore serenità all’interno del gruppo classe e nei rapporti tra studenti e docenti. Una cosa, però, appare con certezza: sempre più frequenti sono i casi nei quali, come per questa classe, il disagio si manifesta in modo evidente. L‘obbligo scolastico per il biennio, la mancanza di alternative lavorative, la rilevanza sempre maggiore che ha assunto la componente socio-emotiva (affettiva) rispetto a quella razionale, sono fattori con i quali, oggi, ci dobbiamo necessariamente confrontare. Come affrontare la nuova sfida? 93 IL PATTO DI CORRESPONSABILITÀ PER UNA COMUNITÀ EDUCANTE Renato Padovan Cos’è la “Corresponsabilità Educativa”? La circolare applicativa 3602 del 31 luglio 2008 introduce il “Patto educativo di corresponsabilità”. Essa parte dalla necessità di prevenire comportamenti non adeguati degli alunni (bullismo, vandalismo, ecc.) definendo impegni reciproci tra genitori, alunni, insegnanti, collaboratori. Purtroppo è stata necessaria una norma per precisare quella che da sempre è considerata una pratica “naturale”, cioè condivisa in modo implicito da una comunità. Dopo quasi cinque anni la corresponsabilità educativa è ancora un argomento attuale; infatti l’ultimo atto in ordine di tempo da parte del Ministro dell’Istruzione è intervenuto lo scorso 18 dicembre 2012 nell’ambito della XI Giornata dei Genitori e della Scuola. In tale occasione il Ministro ha consegnato alle associazioni di genitori le Linee di indirizzo sulla “Partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa”. Il Patto, dal punto di vista pratico, si concretizza in una sorta di “contratto” scritto e firmato dalle “parti”; in realtà, invece, nella sua essenza, dovrebbe essere un accordo/impegno etico e morale con l’alta finalità di consentire ai giovani il raggiungimento del successo educativo e formativo. La corresponsabilità quindi non può essere solo un “accordo” per riparare i danni provocati dai ragazzi. I genitori sono e restano i primi educatori dei figli e tale funzione non può essere semplicemente “delegata” a terzi, nemmeno se questi sono insegnanti. 94 È invece necessario stabilire una alleanza educativa per riuscire ad offrire ai figli una linea educativa “coerente e condivisa”, cioè per evitare che, come invece spesso accade, i giovani si trovino di fronte a linee educative divergenti che li inducono a scegliere di volta in volta il modello a cui riferirsi. I Soggetti coinvolti Come già detto in precedenza, i genitori e la famiglia sono i primi, fondamentali e insostituibili educatori dei figli. Il compito formativo e di trasmissione della cultura, nelle società civili, è assunto dal sistema scolastico che, a sua volta, diviene un pilastro fondamentale nella comunità. L’educazione, l’istruzione e la formazione dell’individuo sono quindi ingredienti necessari per costruire il benessere della persona. Il benessere, in questo caso, inteso come il raggiungimento di quel complesso di educazione e di nozioni sufficienti per permettere all’individuo la conduzione proattiva della propria esistenza in relazione con l’ambiente e le persone che lo circondano. I tre - soggetti individuati sono quindi: i figli, studenti i genitori la Scuola (Dirigenti, Docenti, personale ATA) Sono i soggetti che condividono il patto di corresponsabilità educativa; senza tutti e tre questi soggetti non si può parlare di corresponsabilità o di alleanza educativa. Come attivare la “Corresponsabilità Educativa”? Per attivare la corresponsabilità, per metterla in pratica, oltre alla volontà delle parti sono necessari - modalità, occasioni, 95 - ambiti (luoghi) di corresponsabilità. incontro in cui esercitare la Le modalità dovrebbero essere basate sul rispetto reciproco tra i soggetti che abbiamo individuato prima e delle loro competenze. Questo significa innanzitutto saper stare ognuno al proprio posto, portando avanti i propri compiti, tenendosi in relazione continua, anche con critiche costruttive, ma essendo presenti, per concorrere tutti assieme all’obiettivo comune. È sempre più necessario agevolare le occasioni di incontro, fare in modo di rimuovere gli ostacoli alla partecipazione e, tutti, impegnarci ad esserci nel momento della verifica e del confronto. Purtroppo, su questo punto, non si può non registrare che la categoria dei genitori, spesso, disattende l’impegno della presenza, preferendo ad esso l’esercizio della delega in bianco. Peraltro, senza per questo generalizzare, la Scuola in assenza di un dialogo di confronto, a volte, tende a diventare auto-referenziale e a staccarsi dal contesto reale e territoriale. Si consideri ad esempio la crescente necessità di instaurare accordi Scuola-Lavoro, Stage formativi, ecc. Per quanto riguarda gli ambiti, i luoghi in cui esercitare la corresponsabilità, noi crediamo che non sia necessario inventarsi cose nuove. A 39 anni dai decreti delegati del 1974, successivamente riorganizzati nel Testo Unico (DL 297/94) si può affermare di avere a disposizione strumenti di corresponsabilità di straordinaria efficacia se utilizzati secondo gli intenti originari. Nelle citate infatti: Linee di indirizzo 96 ministeriali si legge “Nell’attuale fase di promozione e realizzazione della corresponsabilità educativa, va considerato quindi l’iter normativo e le buone pratiche già realizzate nelle scuole, sia statali che paritarie, che hanno preparato il terreno scolastico rendendolo sensibile ad un lavoro sinergico con le famiglie e con gli studenti e ad un miglior uso delle opportunità e degli strumenti già disponibili nelle scuole.” Questi, ad esempio, sono gli ambiti a cui partecipano anche i genitori: - - Colloqui personali con gli insegnanti (in cui si instaura un rapporto 1 a 1) Consigli di classe (azione propositiva e consultiva su temi didattico-educativi) Consiglio di Istituto (POF, Organo di garanzia, valutazione, regolamento di Istituto, linee di indirizzo per l’Istituto, bilancio) FOPAGS (forum provinciale delle associazioni genitori nella scuola) FORAGS (forum regionale delle associazioni genitori nella scuola) FONAGS (forum nazionale delle associazioni genitori nella scuola) Ma per valorizzarli e renderli veramente funzionali alla Corresponsabilità Educativa è necessario: - - - da un lato informare, preparare i soggetti prima individuati circa il significato degli strumenti di corresponsabilità; dall’altro massimizzarne l’uso valorizzandoli e facendo sì che vengano rispettati per il ruolo, anche formale, che essi hanno; valorizzare il ruolo del rappresentante; garantire la democraticità degli Organi Collegiali. 97 Il processo educativo nella scuola si costruisce in primo luogo nella comunicazione tra docente e studente e si arricchisce in virtù dello scambio con l'intera comunità che attorno alla scuola vive e lavora. In questo senso la partecipazione al progetto scolastico da parte dei genitori è un contributo fondamentale. Gli Organi collegiali della scuola, che – se si esclude il Collegio dei Docenti – prevedono sempre la rappresentanza dei genitori, sono tra gli strumenti che possono garantire sia il libero confronto fra tutte le componenti scolastiche sia il raccordo tra scuola e territorio, in un contatto significativo con le dinamiche sociali. Tutti gli Organi collegiali della scuola si riuniscono in orari non coincidenti con quello delle lezioni. Che pratiche adottare? Alcune pratiche utili che si possono suggerire sono: - - Coinvolgere i genitori attraverso gli organi collegiali con insistenza e senza perdere fiducia. I rappresentanti devono essere valorizzati nel loro ruolo mediatore di rappresentanza. I rappresentanti dei genitori, a loro volta, devono essere “efficaci” nella loro funzione, soprattutto comunicativa, sfruttando strumenti come le assemblee di classe per mantenere il contatto con i genitori rappresentati. Formare i genitori fin dai primi anni di scuola dei figli perché apprendano il “gusto” di seguirne la vita scolastica in modo pro-attivo e costruttivo. Il rischio che si corre è che nei gradi scolastici superiori, quando verranno meno anche eventuali legami comunitari, la delega e la distanza dalla scuola portino immancabilmente “all’abbandono” dei figli; proprio quando essi stanno vivendo la fase adolescenziale della propria esistenza. 98 Autonomia Scolastica e Corresponsabilità L’Autonomia Scolastica definisce campi di azione specifici che gli Istituti possono, se lo vogliono, mettere in atto. Basti pensare alla progettazione dell’Offerta Formativa che porta a proporre, con il POF, una offerta diversificata e funzionale ai bisogni del territorio. Essa è finanziata talvolta fino all’80% con i contributi volontari delle famiglie e degli enti locali. A tal proposito, il DPR 275/99 art.3 comma 3 definisce il coinvolgimento dei genitori nella preparazione del POF: «Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto.» La figura seguente illustra schematicamente il ruolo “circolare” dell’Autonomia Scolastica nel processo di attivazione della Corresponsabilità educativa. 99 L’augurio che ci facciamo è che tutte le “agenzie educative e formative” del territorio, applicando coerentemente la Corresponsabilità, consentano il raggiungimento dell’obiettivo primario che ci poniamo: IL SUCCESSO EDUCATIVO E FORMATIVO DEI GIOVANI CHE SARANNO DONNE E UOMINI DI DOMANI. 100 RISONANZE (CONCLUSIONI IN PROGRESS!) Rinalda Montani Sfumature sull’identità di una scuola: Istruzione Superiore “Euganeo” Este (Pd). Istituto di Riassumo alcuni indicatori emersi dalle relazioni e dagli interventi durante lo svolgimento del Convegno. - - - - - - L’accoglienza è formazione e in quanto tale dura tutto l’anno; essa va declinata a scuola tra gli alunni, tra i docenti, con le famiglie. Il successo formativo a scuola è sostenuto dalla passione e dal senso di appartenenza ad una “comunità di pratiche”. La partecipazione alla vita della scuola favorisce il dialogo tra docenti e studenti che diventa un traguardo, ben oltre lo scambio di informazioni. La progettazione partecipata è necessaria perché la nostra scuola non sia più quella “dell’apnea”. Il desiderio di ascolto e di attenzione richiede riconoscimento e stima nei confronti di ogni studente, anche oltre le apparenze. È significativo, per i docenti, passare dall’idea di farsi ascoltare a quella di ascoltare i ragazzi. Lo spaesamento dei ragazzi è anche ricerca di adulti significativi disposti ad accogliere il pensiero dell’altro. Star bene a scuola significa anche farsi carico della difficoltà di gestire le proprie emozioni e di tematizzare il disagio. Il patto di corresponsabilità vede una scuola come cantiere sempre aperto, una scuola con “le luci accese anche di sera” dove ci si incontra, si progetta, si cresce, si spera, dove si può anche sognare parlando di educazione. 101 C’è chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo: forse c’è chi si sente soddisfatto così guidato. C’è chi insegna lodando quanto trova di buono e divertendo: c’è pure chi si sente soddisfatto essendo incoraggiato. C’è pure chi educa, senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni sviluppo ma cercando d’essere franco all’altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce solo se sognato. (Danilo Dolci) 102 MAPPE CONCETTUALI DEGLI INDIRIZZI DI STUDIO DELL’I.I.S. “EUGANEO” A cura di Rita Rossetto 103 Indirizzo Biotecnologie Ambientali 104 Indirizzo Biotecnologie Sanitarie 105 Indirizzo Elettrotecnica 106 Indirizzo Informatica 107 Indirizzo Logistica e Trasporti 108 Indirizzo Meccanica e Meccatronica 109 Indirizzo Manutenzione e assistenza tecnica 110 Indirizzo Servizi socio-sanitari – Odontotecnico 111 Indirizzo Servizi socio-sanitari (anche corso serale per adulti – in fase di autorizzazione) 112 Indirizzo Produzioni industriali e artigianali 113 GLI AUTORI Andrea Bergamo: Dirigente scolastico, della Sezione Interventi Educativi Scolastico Territoriale di Padova. responsabile dell’Ufficio Elisa Bussi: Docente di Lettere presso l’I.I.S. “Euganeo”, responsabile del Gruppo di Lavoro per l’inclusione e referente della rete C.T.I. dell’Estense e del Montagnanese. Francesco Bussi: “Euganeo”. Dirigente scolastico dell’I.I.S. Nicola Ceccon: Docente di Informatica, Primo collaboratore del Dirigente e responsabile del sito web dell’I.I.S. “Euganeo”. Milena Cosimo: Dirigente scolastico, docente di Matematica presso l’I.I.S. “Euganeo” fino all’a.s. 2012-2013. Stefania Della Sala: Educatrice professionale del Ser.D dell’ULSS 17, operatrice dello sportello ascolto presso l’I.I.S. “Euganeo” nell’a.s. 20122013. Marino Martignon: Docente di Lettere presso l’I.I.S. “Euganeo”, attuale responsabile dell’Indirizzo professionale dell’Istituto. Cristina Minelle: Docente di Lingua Francese e Docente a contratto presso l'Università Ca' Foscari di Venezia. Ha messo a punto il modello di ‘accoglienza docenti’ in sperimentazione presso l’I.I.S. “Euganeo”. 114 Rinalda Montani: Pedagogista, Docente dell’Università di Padova, responsabile UNICEF di Padova per i progetti “Città amica dei bambini” e “Verso una scuola amica delle bambine e dei bambini”. Renato Padovan: Presidente del Consiglio d’Istituto dell’I.I.S. “Euganeo”, impegnato da anni nella costruzione della partecipazione dei genitori negli Organi collegiali della scuola. Elisa Padrin: Docente di Lettere presso l’I.I.S. “Euganeo”, Funzione strumentale per i progetti di accoglienza. Giancarlo Piva: Sindaco di Este. Impegnato nei progetti per la sostenibilità: promotore della partecipazione della città ad Agenda 21 locale e al Patto dei Sindaci. Rita Rossetto: Docente di Matematica presso l’I.I.S. “Euganeo”, ideatrice del modello di rappresentazione grafica degli indirizzi di studio dell’Istituto. Elisabetta Trivellato: Docente di Lettere dell’I.I.S. “Euganeo”, Funzione strumentale per i progetti di educazione alla salute, per il ben-essere a scuola e per le attività degli studenti. 115 INDICE INTRODUZIONE 7 DIRITTO ALL’ISTRUZIONE 10 PICCOLI PENSIERI PER UN PICCOLO CONVEGNO 17 SCUOLA DELLE COMPETENZE PER IL BENESSERE 27 RISORSE (VERAMENTE) UMANE 40 DECLINARE IL BENESSERE NEL CONTESTO URBANO “IL PATTO DEI SINDACI” 50 ESPERIENZE 54 declinare l’accoglienza a scuola con il progetto accoglienza dell’I.I.S. “Euganeo” 54 declinare l’inclusione attraverso l’ascolto ascolto, consapevolezza e fiducia” 64 analisi dei dati del questionario 2012-201 71 costruire il contesto classe: un progetto per la seconda professionale 89 IL PATTO DI CORRESPONSABILITÀ PER UNA COMUNITÀ EDUCANTE 94 RISONANZE (CONCLUSIONI IN PROGRESS!) 101 MAPPE CONCETTUALI DEGLI INDIRIZZI DI STUDIO DELL’I.I.S. “EUGANEO” 103 AUTORI 114 IIS EUGANEO ITIS EUGANEO (PDTF02601E) Istituto tecnico del settore tecnologico Automazione Biotecnologie Ambientali Elettronica Elettrotecnica Informatica Logistica Meccanica-Meccatronica IIS EUGANEO IPIA EUGANEO (PDRI02601N) Istituto professionale del settore servizi socio-sanitari Istituto professionale del settore industria e artigianato Servizi socio-sanitari Odontotecnico Metalmeccanico Termotecnico Controllo Alimentare IIS EUGANEO Via Borgofuro, 6 35042 Este (Pd) Tel. 0429.21.16 - Fax 0429.41.86 [email protected] - www.iiseuganeo.it CF 91023830283 - CM PDIS026002 ISBN 978-88-909310-1-7 PUBBLICAZIONI I.I.S. EUGANEO ATTI DEL CONVEGNO - ACCOGLIENZA, INCLUSIONE, ASCOLTO PER IL BEN-ESSERE A SCUOLA E NELLA CITTÀ eBook scaricabile dal sito www.iiseuganeo.it