ebook Euganeo
Istituto d’Istruzione Superiore “Euganeo”
Commissione Accoglienza
Atti del Convegno
Accoglienza,
Inclusione, Ascolto
per il ben-essere a
scuola e nella città
a cura del Dirigente Scolastico
prof. Francesco Bussi
Venerdì 1 febbraio 2013
Sala Polivalente, I.I.S. “Euganeo”, Este
Sulle orme dei miei piedi
danza la meraviglia
di nuovi azzurri cieli.
Se il tepore si stempera,
mentre scende la sera,
fradici di fatica,
messi in disparte, i trepidi
pensieri dagli sguardi
presbiti seguiranno
migliaia di cammini
che in letizia scompigliano
la docile malia del nostro Giorno!
F.B.
Istituto d’Istruzione Superiore I.I.S. “Euganeo”
Commissione Accoglienza
Atti del Convegno
Accoglienza, Inclusione, Ascolto
per il ben-essere a scuola e nella città
a cura del Dirigente Scolastico
prof. Francesco Bussi
Venerdì 1 febbraio 2013
Sala Polivalente, I.I.S. “Euganeo”, Este
PUBBLICAZIONI I.I.S. EUGANEO
ATTI DEL CONVEGNO - ACCOGLIENZA, INCLUSIONE, ASCOLTO PER IL BEN-ESSERE A
SCUOLA E NELLA CITTÀ
ISBN 978-88-909310-1-7
A cura di Francesco Bussi
Autori: Andrea Bergamo, Rinalda Montani, Francesco Bussi, Cristina Minelle,
Giancarlo Piva, Elisa Padrin, Elisabetta Trivellato, Stefania Della Sala,
Elisa Bussi, Milena Cosimo, Marino Martignon, Renato Padovan, Rita Rossetto
©2013 I.I.S. “Euganeo”
Via Borgofuro, 6 – 35042 Este (Pd)
Immagine di copertina: MIUR, opuscolo orientamento 2012
Progetto grafico e impaginazione: Nicola Ceccon
Formato eBook PDF nel mese di novembre 2013
Produzione ebook PDF a cura dell’IIS Euganeo
Printed in Italy
Un cordiale
ringraziamento a tutti i
Docenti dell’I.I.S.
“Euganeo” che hanno
avviato l’a.s. 2013-2014
con un’esperienza
innovativa e originale di
accoglienza degli
allievi, delle famiglie e
dei nuovi colleghi: un
modo autentico di
promuovere il Patto di
Corresponsabilità
Educativa.
Il Dirigente Scolastico
Francesco Bussi
5
6
INTRODUZIONE
L’iniziativa di questo incontro “Accoglienza, Inclusione,
Ascolto per il ben-essere a scuola e nella città”, Este, 1°
febbraio 2013, si colloca alla conclusione di un intenso
periodo di presenza nelle scuole secondarie di primo grado
per l’orientamento scolastico, segnato dagli incontri con i
genitori.
Sentire colleghi dirigenti e docenti sostenere “convinti”
che non bisogna mandare i ragazzi a scuola a 10, 15 km di
distanza, che è molto meglio si iscrivano all’Istituto sotto
casa (i Montagnanesi a Montagnana, gli Estensi a Este, i
Monselicensi e i Conselvani a Monselice e a Conselve!) mi ha
fatto una certa impressione. Così come l’essere presentato
nelle scuole del Monselicense come un preside di un
territorio “vicino”.
Sembrava di essere di fronte ai giovanotti di un tempo
passato (forse l’età dei dirigenti scolastici e dei docenti
orientatori è stata complice fatale!) che malmenavano i
forestieri che fossero venuti a “far l’amore” con le ragazze
del loro paese!
-
Ma Solesino dov’è: gravita su Monselice o non è
storicamente più legata a Este? o non fa capo meglio
a Rovigo!?
-
A una mamma di un comune del Monselicense che
chiedeva perché, durante l’attività di orientamento,
non fosse stato presentato il liceo classico ai loro
figlioli, ho sentito rispondere che non esiste questa
offerta formativa nel territorio. Ma di quale
territorio stiamo parlando?... Il Liceo classico è a
15 minuti di auto, a Este, e si raggiunge senza
difficoltà con i mezzi pubblici!
Non nascondo che a volte sono stato colto da una triste
ilarità! E non ho mancato di far presente il mio disagio in
varie sedi, con la consapevolezza che un modo campanilistico
di “orientare” è poco coerente con l’appartenenza ad una
istituzione formativa e con quanto indicato dai documenti
7
Ministeriali
scolastico).
(MIUR,
Linee
guida
per
l’orientamento
Anche da questo è nata l’idea di un piccolo convegno che
riuscisse a dare ariosità ai temi fondanti dell’essere
istituzione intenzionalmente educativa che, certamente, ha
bisogno di utenza per poter offrire servizi, ma senza che
venga capovolta l’ottica di chi serve a che cosa!
Con la Prof.ssa Montani, i colleghi dell’Istituto, il
Sindaco di Este e i Servizi dell’ASL 17 che operano nella
scuola sono state messe assieme alcune riflessioni per dare
senso al nostro essere scuola nella città. Per chiarire cosa
significhi offrire i percorsi dell’Istituto Tecnico e
dell’Istituto Professionale in questa specifica città che si
propone come luogo accogliente per i suoi cittadini, per chi
vi lavora o vi si reca o, ancora, per chi ci si ritrova a
vivere, magari suo malgrado.
Dopo l’intervento del Dr. Andrea Bergamo dell’Ufficio
Scolastico di Padova – dirigente della Sezione interventi
educativi - che affronta il tema fondamentale del diritto
all’istruzione,
l’apertura
è
lasciata
alla
profonda
ispirazione pedagogica dell’amica Prof.ssa Rinalda Montani.
Seguirà un intervento del Dirigente Scolastico, che darà le
linee
essenziali
dell’offerta
formativa
dell’I.I.S.
“Euganeo” e riprenderà il tema delle competenze, per
precisare come l’Istituto si stia orientando per costruire i
suoi curricoli.
La Prof.ssa Cristina Minelle presenta l’indagine che ha
condotto sull’accoglienza dei docenti nelle scuole del
Padovano e le linee d’intervento che la commissione
accoglienza dell’ I.I.S. “Euganeo” ha fatto proprie.
Il Sindaco Dr. Giancarlo Piva ci presenterà la particolare
esperienza che Este sta compiendo per la sostenibilità,
assieme a molte città in Europa. Il modo attuale di
intendere la sostenibilità non si propone più come semplice
cura e attenzione alla Natura, ma come modo di concepire e
di gestire le relazioni sociali, in termini di equità e di
solidarietà sociale, in
equilibrio
con
il
contesto
ambientale e territoriale (intendendo con quest’ultimo
8
termine la complessa rete di relazioni tra la comunità e
l’ambito in cui si insedia e agisce).
Seguiranno, quindi, le esperienze – le abbiamo chiamate
“declinazioni” – concretamente realizzate nell’Istituto per
favorire il ben-essere di tutti coloro che qui si incontrano
e interagiscono con la finalità propria della scuola: la
formazione libera della persona umana attraverso la cultura.
In questa sezione troviamo gli interventi di Elisa Padrin,
declinare l’accoglienza a scuola con il progetto accoglienza
dell’I.I.S. “Euganeo”; Elisabetta Trivellato e Steania Della
Sala,
declinare
l’inclusione
attraverso
ascolto,
consapevolezza e fiducia; Marino Martignon, costruire il
contesto classe: un progetto per la seconda professionale ed
Elisa Bussi, analisi dei dati del questionario 2012-2013.
Tra le voci di questo incontro non poteva mancare, infine,
quella del principale soggetto educante, la famiglia, che
alla scuola delega quegli aspetti della formazione culturale
e umana dei figli che non può assolvere direttamente. Il
Presidente del Consiglio di Istituto, Sig. Renato Padovan,
metterà in evidenza il senso e il valore del Patto di
Corresponsabilità Educativa tra scuola e famiglia, offrendo
degli esempi concreti di come il rapporto tra questi diversi
soggetti possa diventare efficace e concorrere alla stessa
meta.
Le conclusioni dei diversi interventi, infine, ci porteranno
a chiederci quali siano i nostri possibili ambiti e margini
di miglioramento.
È con l’auspicio che sapremo cogliere le sfide che questa
serata ci propone che lascio ora spazio al piccolo concerto
di cui hanno voluto farci omaggio i giovani musicisti,
Alberto Baldo (violoncello), Marco Bussi (pianoforte) e
Alberto Rinaldi (clarinetto).
9
DIRITTO ALL’ISTRUZIONE
Andrea Bergamo
“La scuola è un inferno dove ogni giorno bruciano le brutte
idee che hai sugli altri”. Questa frase è tratta da una
riflessione di un piccolo Rom, desideroso di frequentare la
scuola, ma spesso impossibilitato a viverla, a causa degli
spostamenti, per lavoro, dei sui genitori, di professione
giostrai.
Eppure la scuola è uno dei diritti principali nel nostro
Paese, fortemente voluto dai padri costituenti che avevano
visto nell’istruzione una formidabile occasione di sviluppo
e di crescita umana, sociale e culturale.
A noi adulti, però, spetta il compito particolare di
“rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo
della persona umana”, come recita inequivocabilmente l’art.
3 della nostra Costituzione, scritta in un periodo in cui
gli ostacoli, forse erano ben visibili e più aggredibili.
Ora invece, gli ostacoli sono più “raffinati” e assumono
forme diverse, ma malgrado gli sforzi di tanti, ancora la
società civile non è riuscita a garantire la pari dignità e
le pari opportunità a tutti gli studenti, perché le
differenze e le disuguaglianze sono ancora molte.
Nel recente film “Vado a scuola” (2013) del regista francese
Pascal Plisson, vengono portate alla luce quattro storie
vere di studenti che “faticano” ad andare a scuola, nel vero
senso della parola, perché vivono in zone disagiate e per
raggiungere le aule scolastiche, in modi diversi, devono
percorrere parecchi chilometri a piedi o a cavallo,
affrontando non pochi pericoli. Ma questi ragazzi possono
contare su due elementi fondamentali: la forte motivazione
interna, il forte sostegno della famiglia che vede
nell’istruzione una possibilità di riscatto sociale.
Si dirà che queste sono storie d’oltre oceano, mentre nella
nostra sviluppata Italia, l’istruzione è garantita a tutti.
Sicuramente, nel nostro Paese e in particolare nel ricco
nord est, la situazione è senz’altro migliore, specie se
 10 
confrontata con il Sud del mondo, ma anche da noi le storie
di sofferenza sono molte, perché diritto allo studio vuol
dire diritto ad avere una scuola di qualità, che valorizzi
gli studenti, che non faccia perdere inutilmente anni di
scuola, che combatta la dispersione, che offra ai giovani
delle ottime opportunità di crescita e di sviluppo!
Ma è così dappertutto? Certo che no! Basta dare un’occhiata
alle statistiche degli alunni promossi e bocciati e alla
lista dei giudizi sospesi per cogliere che il sistema scuola
in Italia, a Padova piuttosto che a Este, a Torino piuttosto
che a Siracusa, fa un po’ le bizze e non tratta tutti allo
stesso modo. O meglio non offre a tutti le stesse
opportunità.
I casi segnalati dal sunnominato regista Plisson sono
emblematici ma non esclusivi, poiché si consumano anche nel
nostro paese, nel ricco Nord-est, nel Veneto, a Padova,
senza che l’opinione pubblica se ne accorga.
Ciò fa venire in mente, che i diritti dei minori sono ancora
oggetto di conversazione nei salotti buoni delle città e non
sono entrati, pienamente, nella cultura di chi ha il potere
di legiferare, di chi ha il potere di cambiare le cose.
Certo, l’infanzia e l’adolescenza durano poco, perché si
arriva troppo presto alla maggiore età, ma dobbiamo cercare
di investire maggiormente nell’istruzione, che deve essere
di qualità, e far sì che tutti gli studenti possano
veramente e pienamente fruire delle tante opportunità che
offre la scuola, dal punto di vista teorico e culturale.
Alcune di queste possono essere colte soltanto negli anni
della giovinezza, giacché sono un po’ come la frutta sugli
alberi, cioè, da cogliere quando è matura, per evitare la
decomposizione e quindi buttarla nella spazzatura. In questo
modo, la società tutta avrà qualcosa di cui gioire, perché
tutto ciò che si investe oggi sui giovani, ci verrà,
sicuramente, restituito, con gli interessi, domani.
Tuttavia, la nostra scuola, rispecchiando un po’ l’attuale
situazione sociale del Paese, risente della mancanza di un
pensiero forte, che dia spazio all’autonomia e produca vera
 11 
innovazione, al passo con i tempi, ma anche al servizio
della persona a partire dai valori fondamentali e universali
che più ci caratterizzano come società civile in Europa e
nel mondo. E fra questi, trovano uno spazio: l’attenzione
alla persona, l’educazione alla salute e alla sicurezza,
l’educazione alla legalità, l’integrazione delle diversità,
l’attenzione e il dialogo con le istituzioni e il
territorio. Si tratta, in pratica, di un ricco programma di
“Cittadinanza
e
costituzione”,
che
costituisce
un
formidabile contenitore che tiene uniti gli interventi
didattici
in
chiave
interdisciplinare,
pedagogica
e
culturale. Seguendo questa logica, credo si possano fare
alcune sottolineature, che a loro volta possono costituire
un punto di partenza per successivi e più ampi ragionamenti,
al centro del quale collocare la persona e il suo ben-essere
nella comunità.
Scuola partecipata.
La Scuola deve lasciare più spazio alla crescita personale
dei giovani. Serve un pensiero dedicato ai giovani, denso di
originalità, dove i ragazzi siano protagonisti del loro
sapere e possano partecipare a pieno titolo alla loro
crescita psicosociale. Dobbiamo limitare le indicazioni
operative e direttive, ma intuire cosa succederà domani. I
ragazzi non sono figure isolate a sé stanti. Sono esseri che
interagiscono con l’ambiente sociale, dotati di un proprio
pensiero che va ascoltato. L’individualità del giovane non
deve scomparire. È importante ragionare sul futuro dei
nostri allievi chiedendoci che adulti saranno domani.
Soprattutto nei casi di patologia e di maltrattamento a
livello psicologico e sociale. La scuola, non da sola, ma in
collaborazione con la famiglia deve ritrovare la forza
dell’ascolto per uscire dallo smarrimento in cui queste
istituzioni sociali sono cadute. Tra le molte cause di
disagio per la scuola e la famiglia si possono annoverare i
repentini cambiamenti sociali degli ultimi anni, la falsa
“evoluzione”, basata solo su aspetti consumistici e
materiali.
 12 
Scuola come ascolto e incontro.
La scuola, in quanto struttura sociale troppo rigida, desta
motivo di preoccupazione, perché da essa ci aspettiamo
soluzioni e non problemi. Pertanto, al suo interno la scuola
può favorire la nascita di gruppi di lavoro e di confronto,
anche “istituendo” o “recuperando”, pur con qualche sforzo
organizzativo, un servizio psicopedagogico, che funzioni
anche da “sportello interno di ascolto”. La richiesta che
c’è è quella di essere ascoltati. E la difficoltà è proprio
nell’“incontrare”, nel trovare il tempo per “incontrare”.
Per
questo
servono
organizzazione,
riduzione
della
complessità e confronto. Si tratta di operazioni non facili
che richiedono tempo, preparazione e formazione continua che
diano corpo e ruolo all’intera organizzazione, a volte,
troppo rigida. In questo modo, si riuscirebbe a far fronte
ai bisogni degli alunni e alla complessità della classe,
sperimentando percorsi di ricerca-azione, che orientano la
pratica didattica ed educativa. Un tempo l’ascolto era
fondamentale e fin da piccoli bisognava imparare dagli
altri, ascoltando gli adulti e i loro saggi consigli. Ora,
l’ascolto sembra essere un privilegio per pochi, al punto
che spesso le persone comuni sono anche disposte a pagare
profumate parcelle a professionisti, disposti ad ascoltare.
A scuola l’ascolto è, e deve essere, la base di ogni
rapporto umano. Ben vengano gli sportelli di ascolto, lo
spazio-ascolto, i gruppi di ascolto, l’ascolto della parola,
i gruppi di comunicazione che rappresentano uno spaccato
dell’importanza di questo argomento, ma è fondamentale che
ogni insegnante faccia dell’ascolto autentico e intenzionale
la base del proprio lavoro. Gli alunni e la società tutta
avranno modo di apprezzare e restituire questa grande
attenzione alla persona.
Scuola luogo per apprendere e vivere le regole.
Gli studenti hanno bisogno di una specie di imprinting nelle
regole. La scuola si deve attrezzare per mettere alcuni
paletti che regolino il comportamento. Così facendo potrebbe
sembrare troppo rigida, ma è necessario fissare bene alcune
 13 
regole oltre le quali non si può proprio andare, almeno per
i primi anni. Successivamente quando nei ragazzi si è ben
consolidato il concetto di rispetto reciproco, allora si
potrà passare ad altro e ridurre, parzialmente, la iniziale
“rigidità”. Generalmente i giovani hanno bisogno di messaggi
autentici da parte dei loro insegnanti, che sono chiamati a
raccontare storie della loro vita, a parlare di sé, a
ritornare su episodi che li hanno coinvolti in passato. In
questo modo il docente acquisterà maggior credibilità,
perché sarà percepito più vicino agli studenti. Questi
ultimi si presentano spesso privi di sogni, privi di
desideri, ma la colpa non è soltanto loro, è anche nostra
che non abbiamo saputo offrire loro speranza, che non
sappiamo dare
giuste
risposte
alle loro
difficoltà
relazionali. In pratica, la Scuola può e deve far molto
affinché i nostri giovani si impossessino di life skills,
cioè di abilità sociali trasversali che li aiuteranno per la
vita, oltre il sapere e le competenze tecnico-professionali,
altrettanto importanti per lo sviluppo della persona. E, non
a caso, sapere leggere un regolamento e sapersi comportare
bene in tutti gli ambienti che frequentiamo, altro non è che
una “abilità sociale”, imparata a scuola e in famiglia e,
successivamente, esportata da ciascuno di noi nei differenti
ambienti che frequentiamo quotidianamente.
Scuola come ambiente per la salute.
Per garantire il diritto alla salute e all’ambiente sano ai
nostri giovani è necessario che la scuola, tutta, insista a
proporre programmi di prevenzione. Senza prevenzione non c’è
futuro, quindi non c’è sviluppo. Attuare programmi di
prevenzione però non è facile, poiché occorre aver ben
presente cosa vogliamo prevenire. In termini generali, la
scuola
si
propone
di
stimolare
modelli
di
vita
ecocompatibili e di salute, promovendo stili di vita sani,
che esaltino le qualità della prevenzione. Ma per fare
prevenzione, come si diceva all’inizio è necessario
aumentare il livello di partecipazione. Infatti per ogni
buon progetto è necessario coinvolgere in prima persona gli
attori stessi che lo metteranno in pratica; nel nostro caso,
 14 
gli studenti non aspettano altro: essere coinvolti nelle
scelte che contano, diventare protagonisti, recitare un
ruolo da comprimario. Ciò consente alla persona di sentirsi
soggetto della propria educazione e della propria salute, in
grado di scegliere e non di subire azioni e progetti pensati
da altri. A volte, l’Ente locale entra nella scuola con
progetti già definiti e a “scatola chiusa”; la scuola e i
suoi protagonisti accettano il progetto più per dovere di
buon vicinato che per convinzione, e i risultati sono quasi
sempre poco produttivi: scarso senso di responsabilità,
demotivazione, incapacità di rimuovere gli ostacoli. In una
parola, il progetto pensato altrove non ci appartiene fino
in fondo, anche se lo si assume come una delle tante
attività che si fanno routinariamente.
Scuola come luogo di educazione.
Lo si dice ormai da anni: la scuola deve riappropriarsi
della sua naturale dimensione educativa. Ma cos’è davvero
l’educazione? L’educazione è un insieme di valori trasmessi
e condivisi, è dare fiducia, far sentire il discente una
persona unica e, in quanto tale, eccezionale, pur con i suoi
punti di debolezza. Don Milani ci ricorda che l’educatore
deve prendersi cura degli altri, ma per essere educatori
dobbiamo avere chiari gli obiettivi del nostro lavoro,
essere coerenti ed assumerci responsabilità. L’educazione
diventerà nei prossimi anni la vera sfida per lo sviluppo e
la longevità. Solo persone, per così dire, “educate”
potranno usufruire pienamente dei programmi messi in atto
dalla Scuola e dalla società. Solo persone che educano con
responsabilità potranno vedere premiati i risultati di tanto
sforzo: emancipare i giovani, aiutandoli a prendere
coscienza dei loro limiti e delle loro potenzialità. Se
l’educazione, in quanto tale, rinuncia a questa sua
prerogativa, la partita è persa in partenza. Tuttavia, si
può nutrire più di una speranza, soprattutto se guardiamo
con fiducia al cosiddetto “Rapporto Delors”, che già a metà
degli anni ’90 raccomandava ai governi e alle scuole di
attuare un’educazione che puntasse a quattro fondamentali:
A. Imparare a conoscere; B. Imparare a fare; C. Imparare a
 15 
vivere insieme (stare con gli altri); D. Imparare a essere.
Nella misura in cui la nostra Scuola riuscirà ad attuare
questi semplici quanto complessi aspetti fondamentali, la
vita dei nostri ragazzi e di conseguenza, tutta la società
del futuro, ne avranno un forte miglioramento. La sfida è
ormai stata lanciata, a noi, cittadini degli anni 2000
spetta il compito di coniugare la nuova scuola delle
competenze digitali, delle classi 2.0, dell’informatica come
modo di agire nei programmi di studio con i fondamentali,
che gli antichi riassumevano in “leggere, scrivere, far di
conto”, a cui non si deve rinunciare assolutamente. La sfida
è stata lanciata, il guanto è stato raccolto, ma attenzione
a non voler camminare da soli, giacché uniti e compatti si
vince. E per tutti noi che ci occupiamo di educazione e di
istruzione c’è bisogno di fare sistema con gli altri attori:
la famiglia, la comunità, il territorio, le altre agenzie
educative, ecc., possibilmente mantenendo ben salda la regia
educativa degli interventi programmati nella scuola, senza,
però, rinunciare a contribuire alla buona riuscita di tutte
le altre azioni formative che si svolgono fuori.
 16 
PICCOLI PENSIERI
PER UN PICCOLO CONVEGNO
Rinalda Montani
Il concerto e la concertazione
Iniziare
eseguito
piacere e
relazioni
un “piccolo convegno” con un “piccolo concerto”
da giovani musicisti è, allo stesso tempo, un
una metafora. Il concerto e la concertazione nelle
richiedono anzitutto ascolto attivo e armonia.
Ascolto, accoglienza, inclusione sono le tre parole chiave
che costituiscono la trama di quei legami che uniscono la
scuola alla città, al territorio.
Vorrei partire dal territorio perché è qui che si fondano le
radici dei nostri giovani a partire dalle loro diverse
famiglie.
Una pluralità di situazioni familiari che potenzialmente
passano tutte per il sistema scuola e vedono, accanto alle
famiglie tradizionali, “famiglie di fatto, separate,
ricomposte,
allargate,
affidatarie,
adottive,
miste,
straniere, mono e omogenitoriali…” (Contini, 2011, p. 325)
“Essere aperti alla pluralità delle tipologie familiari, da
educatori e pedagogisti […] richiede un pensiero in grado di
indagare il prisma complesso dei sistemi-famiglie, e
l’impegno a promuoverne progettualità in termini etici e di
realizzazione esistenziale per tutti i suoi componenti”.
(Ibid.)
Un territorio accogliente e una scuola accogliente, oggi,
sono la premessa indispensabile per costruire una vita di
qualità, per contribuire al ben-essere dei cittadini a
partire dai più piccoli.
Concertazione come armonia delle e nelle differenze
individuali, verso l’inclusione di tutti e di ciascuno.
I pensieri che seguiranno saranno accompagnati da brani
tratti dalla letteratura, raccolti in forma antologica, in
 17 
quanto sono convinta che prosa e poesia ci aiutino a leggere
le sfumature della quotidianità.
Alzare lo sguardo
Lo scrittore A. D’Avenia in un suo articolo sulla crisi
educativa sostiene che una possibile causa e, al tempo
stesso risposta, consiste nell’alzare lo sguardo, da parte
degli adulti, nei confronti dei giovani in crescita come
segno di fiducia sia in ambito scolastico che familiare e
sociale. I bambini/ragazzi hanno bisogno di adulti credibili
e coerenti che si fidino di loro.
Lo psicologo D. Pleux (2011, p. 252) scrive che “a vivere
(bene) si impara da piccoli”, e gli ingredienti per farlo
sono “l’accettazione di sé, degli altri e della realtà nel
suo complesso”: genitori ed educatori non devono perdere
questa occasione.
Si è profondamente convinti che la scuola, la famiglia e le
altre agenzie educative debbano essere a conoscenza e fare
propri
i
valori
civili
enunciati
dai
documenti
internazionali in tema di diritti umani, per promuovere
quella cultura inclusiva che rappresenta una delle sfide più
impegnative del nuovo millennio.
Il miglioramento metodologico sul piano organizzativo e
delle risorse della didattica ordinaria va considerato
elemento imprescindibile per il cambiamento.
Infatti, in ognuno di noi c’è un impulso creativo che va
cercato e valorizzato perché “dove c’è un punto c’è anche un
inizio” e da lì bisogna partire.
Tra le coordinate che accompagnano il lavoro dell’insegnante
possiamo individuare:
-
l’accoglienza come
orientata all’agio;
-
l’ascolto attivo;
-
l’attesa
persona;
come
ambientazione
“respiro
 18 
del
e
tempo”,
disponibilità
a
misura
di
-
l’alleanza come legame nato da scopi comuni e tenuto
saldo da stima e considerazione reciproca, fondata
sulla fiducia.
Tutto
questo
richiede
assunzione
di
responsabilità
educativa intesa come direzione etica che ispira e muove
l’agire educativo. Un invito alla riflessione pedagogica e
ad un impegno che, come ci ha insegnato don Milani, non si
fermi alle apparenze, non lasci indietro nessuno e abbatta
i muri dell’indifferenza che impedisce di comprendere come
il riconoscimento della dignità di ogni persona sia prima
di tutto una questione di giustizia.
La costruzione condivisa di contesti inclusivi richiede
competenze relazionali, organizzative e professionali di
alto livello a partire dall’assunzione di un paradigma
pedagogico che considera “l’accoglienza non condizionata
dalla disponibilità della maggioranza a integrare una
minoranza, ma scaturisce dal riconoscimento del comune
diritto alla diversità, una diversità che non si identifica
solamente con la disabilità, ma comprende la molteplicità
delle situazioni personali, così che è l’eterogeneità a
divenire normalità”.
L’Unicef con le scuole e le città amiche
dei bambini e dei ragazzi
L’Unicef è la principale organizzazione mondiale per i
diritti per l’infanzia. Opera in 156 Paesi in via di
sviluppo con programmi di assistenza e in 36 Paesi
industrializzati attraverso i suoi comitati nazionali. Il
Comitato Italiano per l’Unicef in occasione delle elezioni
politiche 2013 ha formulato delle proposte per il nuovo
Governo e Parlamento, in 10 aree nelle quali è necessario
intervenire per
realizzare i diritti sanciti
dalla
Convenzione ONU del 1989.
Nel Commento Generale n. 1, dedicato alla “finalità
dell’educazione”, individua come obiettivi primari lo
sviluppo della personalità, delle facoltà e delle attitudini
fisiche e mentali di bambini e adolescenti. A livello
internazionale sono state identificate 5 aree prioritarie
 19 
sulle quali fondare l’istruzione:
-
inclusione;
-
efficacia;
-
salute, sicurezza e protezione;
-
attenzione al genere;
-
partecipazione
dell’intero
mondo
scolastico
(famiglie, studenti, insegnanti e dirigenti) nel suo
complesso
e
nella
sua
rete
territoriale
di
riferimento.
La scuola “ci riguarda”
“L’atto di allontanarsi di casa e rientrarvi ogni giorno
coincide col fare esperienza nel mondo e con l’apprendere e
acquisire le competenze che servono a leggerlo e capirlo,
come pure quelle che servono per ‘stare al mondo’ e ‘saper
funzionare insieme agli altri’. Tutto questo avviene a
scuola.” (Rossi Doria, 2012, p. 7)
Quasi tutti i ragazzi, in tutti i campi e in tutte le
latitudini riescono ad affrontare la fatica di crescere
soprattutto dove la famiglia e gli educatori “tengono” e
sono portatori di valori trainanti.
Quando
si
parla
generalizzazione.
di
ragazzi
è
bene
evitare
la
Questi adolescenti hanno estremo bisogno di adulti guida:
significativi,
propositivi,
credibili
e
soprattutto
appassionati.
Alla società adulta e al suo valore educativo
“Rimane la necessità, il dovere di comunicare loro (ai
giovani) non solo il piacere della vita, ma la passione
della vita; di educarli non solo a dire la verità ma ad
avere la passione della verità. Vederli felici non ci può
bastare. Dobbiamo vederli appassionati a ciò che fanno, a
ciò che dicono, a ciò che vedono”. (Gianni Rodari)
 20 
Continuità educativa e comunità educante
La continuità è un elemento importante dei processi di
apprendimento e di socializzazione.
Attualmente la continuità educativa va pensata non solo come
procedura (passaggio da un ordine di scuola ad un altro), ma
soprattutto come processo che riguarda la capacità di creare
connessioni tra la scuola e le altre agenzie educative
(continuità orizzontale).
La scuola spesso si limita ad una concezione riduttiva di
continuità, tutta giocata unicamente “sul prima e sul dopo”.
Secondo Sergio Neri la continuità verticale va intesa non
tanto come età e come segmento scolastico, quanto per
livelli di competenza gradualmente conseguiti. La continuità
orizzontale pensa ad una scuola inclusiva e aperta al
territorio.
Un territorio che si fa comunità educante in sinergia con la
scuola dell’alleanza dove “genitori e adulti consapevoli
dovrebbero comprendere che quello che possiamo dare ai figli
consiste soltanto in due cose: radici e ali, come dice un
antico proverbio canadese del Québec” (M.R. Parsi).
-
-
Radici per trarre l’energia necessaria a vivere e a
crescere, per poter essere stabili, forti, integrati
nell’ambiente familiare e sociale.
Ali per essere autonomi, liberi, per volare in alto
verso la piena autonomia e realizzazione personale;
verso l’incontro e il confronto con gli altri …
liberi di costruire e sostenere i propri pensieri.
Le radici:
-
la radice della vita è l’amore, per onorare i figli;
-
l’amore non si compra e non si vende, si riceve
gratuitamente (il valore gratuità);
-
la vita di una famiglia si radica nelle generazione
dei nonni;
 21 
-
i genitori devono impegnarsi
essere basi sicure;
-
la base sicura si costruisce anche curando i rapporti
interpersonali.
per
stare
bene,
per
Le ali:
-
per poter volare un bambino dev’essere rispettato
nella sua specificità e originalità;
-
per poter volare il bambino deve giocare;
-
il secondo nido dei bambini è la scuola;
-
per
poter
volare
i
bambini
un’educazione alla spiritualità.
devono
ricevere
(fonte bibliografica: Fondazione Movimento Bambino, Onora il
figlio e la figlia, Ed. Salani, Milano, 2006)
per
Piccola antologia
riflettere e camminare
insieme
Utopia
L’utopia sta all’orizzonte,
mi avvicino di due passi,
lei s’allontana
dieci passi più in là.
Per quanto io cammini,
non la raggiungo mai.
Quindi, a che serve l’utopia?
Serve a questo: a camminare. (Eduardo Galeano)
Tutti uguali, tutti diversi
“Non incontrerai mai due volti assolutamente identici.
Non importa la bellezza o la bruttezza: queste sono cose
relative.
Ciascun volto è il simbolo della vita.
E tutta la vita merita rispetto. È trattando gli altri con
dignità che si guadagna il rispetto per se stessi”
(Tahar Ben Jelloun, 1998)
 22 
Le sette regole dell’arte di ascoltare:
1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni.
Le conclusioni sono la parte più effimera della
ricerca.
2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per
riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi
cambiare punto di vista.
3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo,
devi assumere che ha ragione e chiedergli di
aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua
prospettiva.
4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi
fondamentali,
se
sai
comprendere
il
loro
linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su
come guardi. Il loro codice è relazionale e
analogico.
5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi
possibili. I segnali più importanti per lui sono
quelli che si presentano alla coscienza come al
tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali
e irritanti, perché incongruenti con le proprie
certezze.
6. Un
buon
ascoltatore
accoglie
volentieri
i
paradossi del pensiero e della comunicazione.
Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi
in un campo che lo appassiona: la gestione
creativa dei conflitti.
7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi
adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai
imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé.
(Marianella Sclavi, 2003)
Decalogo dell’alleanza:
1. L’alleanza non si inventa, ma si costruisce giorno
dopo giorno.
2. L’alleanza nasce e si sviluppa in un clima
avalutativo e di riconoscimento dei «meriti».
3. L’alleanza è frutto di buone relazioni.
 23 
4. L’alleanza è un patto fondato sulla condivisione a
volte sulla complicità.
5. L’alleanza si coltiva.
6. L’alleanza non può mai essere data per scontata.
7. L’alleanza si deve rinnovare.
8. L’alleanza fonda le sue radici non solo sulla
intelligenza e sulle motivazioni, ma soprattutto
sulla componente emotiva della relazione.
9. L’alleanza deve essere verificata attraverso feedback
costanti.
10. L’alleanza si fonda sulla fiducia. (Montobbio E.,
Navone A.M., 2003).
Diritti in Parlamento:
-
-
Nessuno escluso: proteggere dalla povertà. (art.27
Convenzione ONU)
Tutti
uguali
di
fronte
alle
leggi:
non
discriminazione
e
cittadinanza.
(artt. 2
e
7
Convenzione ONU)
Investire sull’infanzia: costruire il futuro. (art.4
Convenzione ONU)
L’Italia per i bambini nel mondo: l’aiuto allo
sviluppo.
Giustizia a misura di bambini e ragazzi. (artt.
37,39,40 Convenzione ONU)
Scuola di qualità per tutti. (artt. 28 e 29
Convenzione ONU)
L’ambiente giusto per crescere.
Contro ogni violenza.
Professionisti per l’infanzia: la formazione.
I ragazzi protagonisti: ascolto e partecipazione.
(art.12 Convenzione ONU)
Le 9 regole della scuola:
1. Conosci te stesso istruendoti.
2. Le persone hanno bisogno di una guida. […]
 24 
3.
4.
5.
6.
Fidati, pretendi e proteggi.
Sii un esempio.
Stabilisci obiettivi chiari.
Guardati allo specchio per aumentare la tua
autostima.
7. Dove è necessario, dividi la responsabilità.
8. La calma vince.
9. Non aspettare la politica, agisci tu stesso.
(Bernhard Bueb, 2009)
Diario di scuola
È sufficiente un professore – uno solo! – per salvarci da
noi stessi e farci dimenticare tutti gli altri.
“Il professor Bal, così calmo e sorridente, un buddha
matematico, la professoressa Gi, invece una ‘uraganessa’, un
tornado che ci strappava alla nostra pigrizia per
trascinarci con lei nel torrente tumultuoso della storia,
mentre il professor S., filosofo scettico, immobile e
perspicace, mi lasciava la sera ronzante di domande cui non
vedevo l’ora di rispondere. (...) A ripensarci, quei tre
professori avevano solo un punto in comune: non mollavano
mai... e avevano uno stile, erano artisti nella trasmissione
della loro materia. Le loro lezioni erano atti di
comunicazione,
certo,
ma
di
un
sapere
totalmente
padroneggiato che passava quasi per creazione spontanea. La
loro disinvoltura faceva di ogni ora un avvenimento che
potevamo ricordare in quanto tale. (...) Non era soltanto il
sapere che quei professori condividevano con noi, era il
desiderio stesso del sapere!”. (Pennac, 2008, pp. 211-213)
Bibliografia
Ben Jelloun T., 1998, Il razzismo spiegato a mia figlia,
Milano: Bompiani
Bueb, B. (2009). Le nove regole della scuola. Milano:
Rizzoli.
 25 
Contini, M. (2011). “Tasselli di complessità delle famiglie
al plurale. Un primo sguardo pedagogico”. In Perdisa, A.
Infanzia, 5.
Fondazione Movimento Bambino, 2006, Onora il figlio e la
figlia,Milano: Ed. Salani.
Ianes D. (2011). “Inquadramento del tema e definizioni”. In
Treellle Ass., Caritas, Fondazione Agnelli, Gli alunni
con disabilità nella scuola italiana. Bilancio e
proposte. Trento: Erickson.
Montobbio, E., Navone, A.M. (2003). Prova in altro modo.
Pisa: Del Cerro.
Parsi, M.R., Toro, M.B. (2006). Onora il figlio e la figlia.
Milano: Salani.
Pennac, D. (2008). Diario di scuola. Milano: Feltrinelli.
Pleux, D. (2011). A vivere bene si impara da piccoli.
Novara: De Agostini.
Rossi Doria, M. (2011). Genitori e insegnanti. Roma:
Astrolabio.
Sclavi, M. (2003). Arte di ascoltare e mondi possibili.
Milano: Bruno Mondadori.
DOCUMENTI
Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza,
1989
Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, 2007
 26 
SCUOLA DELLE COMPETENZE
PER IL BENESSERE
Francesco Bussi
Premessa
Le riflessioni che cercherò di svolgere partono da una
considerazione che potrebbe apparire scontata, ma che al
contrario spesso sfugge, immersi come siamo nelle logiche
dell’orientamento come comunicazione persuasiva, invece che
come servizio alla persona.
La presenza a Este di un’ampia offerta formativa costituisce
una ricchezza per le comunità locali che storicamente vi
fanno riferimento come polo scolastico. Ricordare che il
bacino di utenza non è quello di una modesta città di
provincia, ma ha una storia che ne dilata i confini fino
alle province di Rovigo, Vicenza, Verona, non serve a
richiamare un passato glorioso, quanto a lanciare una
sollecitazione alla politica – intesa in senso ampio – a
conservare e rafforzare il ruolo di servizio per il
territorio che la città svolge, forte di professionalità e
di una cultura scolastica che non si improvvisano e,
soprattutto, non si delocalizzano a costo zero.
Ma vi è anche un’altra ragione che sollecita a garantire
un’ampia offerta formativa: salvaguardare, nella bufera di
questa lunga fase di crisi, la diversificazione degli
indirizzi di studio, nonostante le restrizioni della spesa
per l’istruzione, significa evitare che questo territorio
sia relegato a ruolo subordinato e offrire ai giovani e agli
adulti
opportunità
che
arricchiscano
il
patrimonio
professionale su cui contare per la ripresa e lo sviluppo
dell’economia locale e non solo.
Può diventare un gioco allo sfascio sopprimere indirizzi di
studio: ciò renderà più difficile la promozione culturale e
sociale del territorio.
Acquista un valore particolare ricordare che l’I.I.S.
“Euganeo” ha attivato otto indirizzi di studio post-riordino
 27 
del 2010 e che i suoi studenti provengono da un bacino di
cinquantasette comuni, con un’utenza estense che è meno di
un quarto degli iscritti. La varietà e la ricchezza
dell’offerta formativa sono, del resto, caratteristiche
peculiari di tutte le scuole secondarie di secondo grado
della città.
Ciò induce a non demordere, ma anzi a moltiplicare gli
sforzi comuni, per opporsi alla visione dell’orientamentopropaganda e alle reti di scuole per l’orientamento come
“recinti” dentro cui costringere l’utenza locale: quasi che
la formazione dei nostri giovani non dovesse assumersi il
compito di rispondere alle sfide dell’economia europea e
mondiale e non dovesse avere la prospettiva di allargare
l’orizzonte di riferimento delle nuove generazioni. Le
chiusure localistiche sono fatte per svalutare, non per far
vivere l’offerta formativa. Sono necessarie politiche attive
della formazione e dell’istruzione che facciano sistema non
sopprimendo l’esistente, ma rafforzandolo e fornendo i
servizi logistici per
farlo
funzionare
a
vantaggio
dell’ampia comunità che storicamente vi afferisce. A titolo
di esempio, una linea diretta di collegamento con mezzi
pubblici tra Conselve e Montagnana è necessaria e funzionale
all’integrazione dell’offerta formativa del territorio
dell’ULSS 17, ma anche alla razionalizzazione in atto dei
servizi sanitari (nuovo polo ospedaliero)!
La scuola delle competenze
Da questo punto di vista, la prospettiva della didattica per
competenze assume il valore di collocare consapevolmente la
scuola in rapporto con la “città” al fine di promuovere la
formazione e lo sviluppo personale degli allievi (“di queste
persone concrete, qui e ora!”), dando risposta ai bisogni
della società in cui questi esseri umani crescono e agiscono
per il futuro di tutti e di ciascuno.
Il benessere sociale, secondo un approccio che interpreti la
libertà come effettiva possibilità di scelta, dipende anche
dalla varietà dell’offerta formativa, in un delicato
equilibrio tra bisogni sociali e realizzazione individuale,
dentro un contesto dinamico di cui non si può che essere
 28 
protagonisti, pena l’emarginazione (nota A), Bussi, M., &
Dahmen, S. (2012). Offrire risposte in questa direzione è
l’impegno che l’I.I.S. “Euganeo” si è assunto.
La prospettiva delle “competenze”, indicata dai documenti
europei e recepita dai cambiamenti in atto nella scuola
italiana si presenta come concetto tutt’altro che semplice e
univoco (qualche richiamo viene posto in bibliografia).
Ciò che qui interessa è precisare le due componenti a cui si
è già fatto implicitamente riferimento:
-
la componente, che potremmo definire “oggettiva”,
risponde alla domanda “Cosa si richiede che una
persona competente sia realmente in grado di fare con
ragionevole certezza?” – o, detto in altri termini
“Quali finalità vengono affidate istituzionalmente
alla scuola?”
-
la componente che possiamo definire “soggettiva”
risponde alla domanda “Quali dimensioni personali
entrano in gioco per conseguire stabilmente risultati
certi, in un mondo produttivo e sociale in forte
cambiamento? Dal punto di vista della scuola: Quali
strategie
didattiche
vengono
predisposte
per
promuovere le competenze di ciascuno? Come si
attivano i processi di apprendimento-insegnamento?
Quali sono le caratteristiche dell’ambiente di
apprendimento
che
approntiamo
per
le
nuove
generazioni?
Alla componente “oggettiva” afferiscono le norme generali
sull’Istruzione, i livelli essenziali di prestazione e
quanto è frutto delle richieste che le istituzioni politiche
e la società civile chiedono alla scuola.
La componente soggettiva è quella che viene messa in campo
da ciascun allievo e attiene, altresì, alla didattica che la
scuola progetta e propone “per” e “con” questi allievi, al
fine di attivare i loro processi di apprendimento, verso
mete rilevanti per la persona in questo contesto sociale.
(Sarebbe interessante
indagare i
confini
di questo
“contesto”: certamente vi è da tener conto di un radicamento
locale, ma d’altro canto esistono almeno una dimensione
 29 
regionale, una nazionale e una europea, normativamente
rilevanti e, infine, una dimensione socio-economica globale,
che quotidianamente entra nella vita di ciascuno.)
Intelligenza cristallizzata e intelligenza fluida
Volendo affrontare il tema delle competenze, secondo una
prospettiva che non trascuri le dinamiche sociali, è
possibile
riflettere
sul
rapporto
tra
intelligenza
cristallizzata e intelligenza fluida che rinnova, per altra
via, il problema del rapporto tra generazioni. (La teoria di
Raymond Cattel, in seguito rivista, è presentata in maniera
chiara
in
http://eventi.giuntios.it/media/bruchure-chcbassa-Z79LGWU8.pdf)
L’intelligenza fluida consiste nella capacità di affrontare
efficacemente
nuovi
stimoli
e
situazioni,
favorisce
l’esercizio delle abilità di giudizio e di analisi acquisite
attraverso l’esperienza socio-ambientale dell’individuo: è
collegata alle componenti psicosociali della personalità.
Declinato in termini scolastici credo che il concetto possa
essere
interpretato
nel
senso
che
la
costruzione
intenzionale
e
consapevole
di
ambienti
sociali
di
apprendimento è alla base dell’intelligenza.
L’intelligenza
l’apprendimento
cristallizzata
si
accumulato
grazie
 30 
sviluppa
con
all’educazione
e
all’istruzione.
L’intelligenza
cristallizzata
cresce
rapidamente nell’età giovanile; quella fluida diminuisce a
causa della progressiva perdita di flessibilità, con
l’invecchiamento.
Il dato importante è che l’una sostiene l’altra, pur
caratterizzando, in senso generale, ciascuna in modo
diverso, le differenti età della vita.
Se
l’intelligenza fluida permette
di organizzare e
riorganizzare
in
modo
flessibile
il
patrimonio
di
conoscenze,
l’intelligenza
cristallizzata
sostiene
l’intelligenza fluida mettendo a disposizione un patrimonio
più
o
meno
importante
di
conoscenze
e
abilità.
L’intelligenza fluida mobilita quella cristallizzata per
costruire soluzioni innovative alle nuove sfide a cui
l’umanità si trova di fronte.
Il
grande
patrimonio
di
conoscenze
consolidate,
caratteristico dell’età adulta, permette di dare risposte
certe e solide alle situazioni problemiche abituali. La
fluidità
dell’intelligenza
rende
possibile
la
riorganizzazione del campo cognitivo ed è alla base delle
soluzioni innovative.
Montaigne e la sfida della contemporaneità
Tra I filosofi moderni, Montaigne è quello che forse riesce
ad esprimere meglio questo concetto, anticipando un
complesso di riflessioni che poi le scienze cognitive hanno
declinato in vario modo nell’età contemporanea:
“Les abeilles but inent les fleurs de-ci, de-là, mais ensuite
elles en font du miel, qui est vraiment le leur : ce n’est
plus ni du thym, ni de la marjolaine. Ainsi il transformera
et mélangera les éléments empruntés à autrui pour en
faire quelque chose qui soit vraiment de lui: son
jugement. Et c’est ce jugement-là que tout ne doit viser
qu’à former: son éducation, son travail et son
apprentissage.”
 31 
“Le api predano i fiori qua e là, ma poi ne fanno il miele,
che è tutto loro, non è più t imo né maggiorana: così
quello che ha preso da altri, egli lo trasformerà e lo
fonderà per farne un’opera tutta sua, ossia il suo
giudizio. La sua istruzione, il suo lavoro e il suo studio
non mirano che a formarlo.” (Montaigne, I, 26)
La metafora di Montaigne
docente-studente.
tocca
il
cuore
del
rapporto
Esplicitandone uno dei molteplici significati, si può
immaginare la scuola come il prato trapuntato dei fiori
della cultura formale, “l’intelligenza cristallizzata”,
offerti alle nuove api, affinché possano produrre nuovi
mieli!
La sfida è, da questo punto di vista, quella di far
incontrare la cultura consolidata con le originalità delle
nuove generazioni (nota B).
Affinché si stabilisca un rapporto positivo tra l’insegnare
e l’apprendere è necessaria, dunque, una doppia fiducia:
-
nella cultura come “fiore appetitoso”;
nelle nuove generazioni quali “api laboriose” – di
cui a volte non riusciamo a capire il lavoro – ma
sulle quali dobbiamo confidare, se vogliamo un
futuro!
In un certo senso, si può davvero pensare che tanto più la
cultura dei nostri allievi saprà essere divergente rispetto
alla nostra, tanto più il nostro insegnamento avrà avuto
successo.
Cosa offrire e a quale scopo?
Le cornici di riferimento sono dunque poste:
1. le esigenze di competenza della società contemporanea
(nota C);
2. la specificità personale di ciascuno quale valore non
fungibile
e
motore
del
cambiamento
e
dell’innovazione;
 32 
3. il patto di fiducia tra generazioni, da declinare in
forme continuamente rinnovate nell’atto formativo.
Le mappe che seguono sintetizzano i percorsi degli istituti
tecnici e degli istituti professionali.
Il punto di riferimento iniziale per una progettazione
didattica per competenze non possono che essere i documenti
ministeriali, le “Linee guida”, conseguenti ai decreti di
riordino dell’Istruzione secondaria di secondo grado.
Lo sforzo che si è compiuto è stato in primo luogo di
fornire una sintesi che esprimesse il nucleo centrale di
ciascun
indirizzo
tecnico
o
professionale
affinché
costituisse il riferimento della progettazione di ciascun
docente e di ciascun consiglio di classe, assieme alle
competenze essenziali condivise dai dipartimenti.
Di seguito si presentano le mappe ricavabili dalla finalità
degli Istituti Tecnici e degli Istituti Professionali e, a
titolo
di
esempio,
dell’Indirizzo
di
Biotecnologie
ambientali.
 33 
La mappa concettuale di ciascun indirizzo fa riferimento
alle due dimensioni “soggettiva” e “oggettiva” della
competenza, nei termini di ciò che richiede all’allievo e di
quali prospettive gli vengono offerte. (Le mappature degli
altri indirizzi si trovano nel capitolo di questo volume a
loro dedicato).
La mediazione tra questi due aspetti è data, come si è
detto, dall’azione didattica.
 34 
Per una progettazione didattica condivisa
Negli Istituti Tecnici e professionali esiste da sempre un
collegamento immediato con il mondo delle professioni e
dell’impresa dove costante è l’attenzione alla dimensione
applicativa (nota D).
Il
mondo
dell’impresa
ha probabilmente
una visione
“oggettivista” delle competenze: l’imprenditore si chiede
che cosa può concretamente esigere dal lavoratore, avendo
una ragionevole certezza che riesca a portare a termine il
compito nelle condizioni date.
D’altra parte, però, sussiste la necessità di avere a che
fare con persone disposte ad apprendere nel contesto
lavorativo. Questa consapevolezza permette ai docenti di
orientare la didattica verso le competenze, se vengono
valorizzate
la
dimensione
dell’autonomia
e
della
 35 
responsabilità
e
la
metacognizione,
rispetto
all’applicazione poco riflessiva di saperi operativi.
Il problema degli strumenti di cui dotarsi per una
progettazione didattica coerente con gli aspetti innovativi
della riforma, al fine di promuovere il ben-essere di tutte
le componenti della scuola (docenti, allievi, personale e
famiglie), è stato affrontato quest’anno con una proposta
che ha previsto:
-
-
-
il riferimento, da parte di ciascun docente, alla
mappa concettuale dell’indirizzo e ai saperi e alle
abilità condivise in sede di dipartimento e calate
nel contesto della classe;
l’elaborazione di almeno una unità di apprendimento,
secondo il modello condiviso nelle esperienze di
accompagnamento alla riforma attuate nel Veneto;
l’individuazione dei livelli EQF (Quadro Europeo
delle Qualifiche) di conseguimento delle competenze.
È chiaro che si tratta di un piccolo passo verso una
progettazione compiutamente per competenze, ma è anche vero
che si è ritenuto di dover consolidare un livello di base
condiviso dal Collegio dei docenti.
Negli Istituti tecnici e Professionali, la questione
centrale resta quella di non svilire l’insegnamento ad
addestramento, anche se questo punto di vista ha perso
largamente terreno negli ultimi decenni.
Al Collegio docenti dell’I.I.S. “Euganeo” è ben chiara la
consapevolezza che questo non è né l’unico né il “vero” modo
di attuare una didattica per competenze: il versante
oggettivo non si realizza, se non si incarna in persone
concrete (questi allievi) che possono divenire competenti
solo se viene offerto loro un ambiente di apprendimento
stimolante e creativo, in cui si può apprendere in molti
modi diversi e si costruiscono conoscenze e abilità in modo
continuamente rinnovato, coerente con lo sviluppo di
ciascuno.
Base di questo processo è il patto educativo, implicito o
esplicito che sia. Nel 2007 il Ministro Fioroni volle che
 36 
quel patto divenisse esplicito, come naturale sviluppo dei
principi dell’Autonomia scolastica.
Quest’anno all’I.I.S. “Euganeo”, dopo un periodo in cui la
sottoscrizione del Patto di corresponsabilità educativa era
stata omessa, si è voluto ribadire pienamente il valore
educativo di rendere chiari gli obblighi reciproci tra
scuola, famiglia e allievo. Ma si è voluto anche che la
condivisione del Patto fosse esplicitamente declinata da
ciascun docente e da ciascuna classe nella concretezza del
rapporto educativo. Per questo si è chiesto a ciascun
insegnante di discutere con gli allievi il significato del
Patto con riferimento alla propria disciplina.
Se questo era nelle intenzioni del Dirigente e del Collegio
non si è potuto realizzare completamente in ciascuna
circostanza
(classe,
disciplina,
specifiche
relazioni
docenti/allievi), proprio per la ricchezza e la molteplicità
della situazioni, per lo scontro con la viva concretezza
delle persone in gioco. Ma tale realizzazione parziale non è
una debolezza, quanto piuttosto un arricchimento, se
permette di fare consapevolmente i conti con i problemi
incontrati, per rendere più efficace la relazione di
apprendimento-insegnamento.
Ciò che è necessario è non perdere i riferimenti essenziali
acquisiti e, in particolare, la nozione profonda di
competenza così come la interpreta la prof.ssa Carla Xodo
(2010):
“La competenza riguarda il sapere nella forma
part icolare in cui si presenta in quanto saper fare, ad un
livello di sicurezza e di padronanza tali da sconfinare
nel saper essere: quindi essa trova la sua naturale
collocazione nel mondo della prassi”.
Note
A) Il capability approach è un importante riferimento di
numerosi progetti di ricerca a livello europeo.
Qui
di
seguito
ne
vengono
riportati
alcuni:
CAPRIGHT
- Progetto del 6 programma Quadro - co-
 37 
finanziato per la Commissione Europea - Progetto n°
028549.
WORKABLE
Progetto
del 7
programma
quadro
http://www.workable-eu.org/
EDUWEL
Progetto
del
7
programma
quadro
http://www.eduwel-eu.org/
SOCIETY
Progetto
del
7
Programma
quadro
http://www.society-youth.eu/
B) Oggi, in particolare la sfida è di comprendere le
specificità dei modi di attivare la costruzione
dell’apprendere in generazioni che fruiscono di strumenti
innovativi sul piano cognitivo. I nostri figli sono dei
“nativi digitali”; il passaggio all’uso di questi
strumenti è considerato da qualcuno come analogo a quello
dalla oralità alla scrittura.
C) La Comunicazione della Commissione (2010) “Europa 2020
propone una strategia per una crescita intelligente,
sostenibile
e
inclusiva”,
p.
11:
“Una
crescita
intelligente è quella che promuove la conoscenza e
l'innovazione come motori della nostra futura crescita.
Ciò significa migliorare la qualità dell'istruzione,
potenziare la ricerca in Europa, promuovere l'innovazione
e il trasferimento delle conoscenze in tutta l'Unione,
utilizzare
in
modo
ottimale
le
tecnologie
dell'informazione e della comunicazione e fare in modo
che le idee innovative si trasformino in nuovi prodotti e
servizi tali da stimolare la crescita, creare posti di
lavoro di qualità e contribuire ad affrontare le sfide
proprie della società europea e mondiale.”
D) “D’altro canto la competenza include in sé il possesso di
conoscenze e abilità; [...] il possesso di risorse
cognitive
rappresenta
una
precondizione
per
la
manifestazione di un apprendimento competente. Da qui
l’esigenza di connettere sapere pratico e sapere teorico,
esperienza e riflessione, per sviluppare una competenza:
un buon pilota è colui che combina efficacemente i saperi
teorici necessari per guidare un determinato mezzo con i
saperi pratici maturati attraverso l’esperienza e
l’applicazione. I due tipi di sapere, per quanto
caratterizzati da specifici requisiti, richiedono di
 38 
combinarsi insieme per raggiungere l’eccellenza, per
affrontare il compito nel modo più efficace in rapporto
alle condizioni date.”
Castoldi sostiene l'istanza di ricomposizione dei due
tipi di sapere, il sapere scolastico e il sapere reale,
come condizione per un’effettiva padronanza capace di
coniugare il sapere maturato dall’esperienza con la piena
consapevolezza di esso, resa possibile solo dalla
possibilità offerta dal sapere scolastico di collocarsi a
un livello ‘meta’ e di rendere pienamente dicibile il
proprio sapere (Castoldi, 2011, p. 49),
Bibliografia
Bussi, M., & Dahmen, S. (2012). When ideas circulate. A
walk across disciplines and different uses of the
‘capability approach’. Transfer: European Review of
Labour and Research, 18(1), 91-95.
Castoldi, M. (2011). Progettare per competenze. Percorsi
e strumenti. Roma: Carocci.
Comunicazione della Commissione (2010). Europa 2020. Una
strategia per una crescita intelligente, sostenibile
e inclusiva.
Montaigne, M. de (2012) [1580, 1582, 1588]. Saggi.
Traduzione di Garavini, F. Milano: Bompiani.
Xodo, C. (2010). La progettazione pedagogica. Teorie e
modelli. Padova: CLEUP.
 39 
RISORSE (VERAMENTE) UMANE
Crist ina Minelle
Nessun reale progresso o crescita
un’organizzazione può compiere se non
considera adeguatamente il debito di
ri-conoscenza verso la componente
umana dei suoi operatori, specie
quando l’assetto operativo si fonda
sull’intreccio interpersonale delle
relazioni, come accade, appunto, nella
scuola. (Venuti, 2006)
Il contributo che porto nasce dalla mia esperienza personale
e, più precisamente, dalla maturazione, nel corso degli
anni, della consapevolezza della necessità di procedure e
strumenti che consentano al docente che arriva per la prima
volta in un istituto scolastico di essere pienamente
operativo entro l’inizio delle lezioni, di sentirsi
integrato nel nuovo ambiente di lavoro e di mettere a
disposizione
della
scuola
le
sue
competenze,
per
gratificazione e sensazione di autoefficacia personale ma
anche per fornire un valore aggiunto all’istituto in cui
lavora.
La riflessione, che parte da una tesi di laurea triennale in
Scienze della Formazione Professionale presso l’Università
di Padova, mira a mettere in luce alcuni elementi che
possono rappresentare sia delle difficoltà che dei punti di
forza per l’inserimento di un nuovo docente nella scuola,
per arrivare a proporre delle azioni concrete, frutto anche
delle opinioni dei dirigenti e docenti che hanno accettato
di rispondere a un questionario volto a cogliere le
criticità maggiori e a raccogliere proposte operative.
Ai non addetti ai lavori, infatti, ma anche a coloro che
vedono la scuola da vicino ma da una prospettiva diversa,
l’inserimento del nuovo docente può sembrare un problema
minore, qualcosa di facilmente risolvibile ponendo domande a
colleghi e personale ATA o facendo riferimento al sito web
 40 
della scuola. È vero che, nella maggior parte dei casi, non
si tratta di difficoltà insormontabili: ogni insegnante
arrivato in una nuova scuola riesce, in qualche modo, a
capire prima o poi come funzionano le cose e a fare il
proprio lavoro. Ciò non toglie che il tempo perso a cercare
di orientarsi, le incertezze, la sensazione iniziale di
smarrimento, le inevitabili frustrazioni e i possibili
errori non concorrono certo a sentirsi a proprio agio, né ad
assicurare un servizio di qualità.
La necessità di un inserimento rapido è, negli ultimi anni,
amplificata dalle dimensioni colossali che ha assunto il
fenomeno del precariato, in termini di numero delle persone
coinvolte e della durata del susseguirsi di contratti a
tempo determinato, tanto che si tende a parlare, con un
ossimoro assai inquietante se si considera che si parla di
lavoratori
con
un’età
media
di
39
anni
(http://www.adiscuola.it/adiw_brevi/?tag=precariato),
di
precariato come “fenomeno strutturale”. A questo già nutrito
gruppo si sono uniti negli ultimi anni anche diversi docenti
di ruolo perdenti posto nella propria scuola che si trovano
quindi costretti a cambiare istituto. Un’adeguata gestione
delle risorse umane e la valorizzazione delle competenze e
delle esperienze maturate nel corso degli anni può quindi
essere un primo, fondamentale passo per rendere la
situazione del personale che giunge in una scuola non solo
accettabile, ma positiva per sé e arricchente per l’intera
comunità scolastica.
Il momento dell’accoglienza e dell’inserimento, progettato e
seguito con attenzione per la componente alunni, è
fondamentale anche per i docenti. Consideriamo tre ambiti:
l’inserimento come partecipazione alla comunità scolastica,
la conoscenza degli aspetti legati alla vita pratica
dell’istituto come modo per facilitare l’inserimento e il
proprio lavoro, e la valorizzazione delle competenze del
nuovo insegnante come elemento di qualità per tutta la
scuola.
Per quanto riguarda il primo punto, vale a dire l’ingresso
in una nuova “comunità”, peraltro già rodata e talvolta
molto coesa, è abbastanza intuitivo che possa trattarsi di
 41 
un momento delicato. Castiello d’Antonio (2010) sostiene che
i neoassunti avviano “un processo di ristrutturazione
cognitiva, affettiva e relazionale, che incide notevolmente
sul senso di sé, sulla fiducia e sull’identità personale”;
questa “ristrutturazione” riguarda anche gli insegnanti,
benché a molte persone il loro lavoro possa apparire “sempre
uguale” e svolgerlo in una scuola o nell’altra sembri essere
la stessa cosa; decisamente, non lo è.
Ciò che sta intorno all’attività didattica in classe può far
cambiare drasticamente la maniera di vivere l’incarico;
inoltre, quello dell’insegnante è uno dei pochissimi lavori
in cui è necessario essere pienamente operativi nel giro di
pochi giorni, senza peraltro avere, nella maggioranza dei
casi, una figura di accompagnamento per il primo periodo.
Ciò che sarebbe possibile ed opportuno fare, è organizzare
degli incontri con il dirigente, con il vicario e con gli
eventuali collaboratori (con le figure prime di riferimento,
quindi) per assicurare la conoscenza del singolo docente.
Una volta assegnate le classi, è auspicabile organizzare una
riunione con i coordinatori in modo che il primo incontro
con gli alunni sia preparato e che si sia da subito al
corrente di situazioni delicate, problemi di salute, ecc.,
elementi essenziali per svolgere il proprio lavoro nel
migliore dei modi e per sapere come comportarsi in caso di
difficoltà prevedibili. Un monitoraggio ulteriore della
condizione del nuovo docente è particolarmente importante
nel caso di contesti scolastici particolari: sedi disagiate,
utenza problematica, casi di alunni con particolari
difficoltà nelle classi assegnate, ecc.
Ciò che è importante evitare è, da un lato, la sensazione
della spersonalizzazione dell’ambiente, che in contesti ampi
diventa più probabile; dall’altro, il rischio della
frustrazione, soprattutto per i docenti più giovani e con
minore esperienza, i quali rischiano che lo scarto tra la
conoscenza teorica o limitata al tirocinio svolto durante
gli studi e la realtà sia, in alcune situazioni, troppo
ampio. Chiaramente il numero di incontri e la loro
organizzazione dipendono da tanti fattori, non ultimo la
 42 
dimensione dell’istituto, che tende sempre più ad aumentare
per effetto degli accorpamenti.
L’entrata in una nuova scuola corrisponde anche all’ingresso
in un’organizzazione pre-esistente e già ben strutturata,
con consuetudini esplicitamente dichiarate e con molte altre
tacite ma ugualmente influenti. È ovviamente difficile, per
il nuovo arrivato, entrare in breve tempo in questa rete
organizzativa e relazionale che non di rado comprende anche
posizioni consolidate, piccoli privilegi, ecc.; ciò che
occorre è una procedura condivisa che assicuri, per quanto
possibile, trattamenti equi (l’orario impossibile o le tante
ore buche per l’ultimo arrivato sono fin troppo frequenti) e
rispettosi della professionalità di ciascuno, che spesso non
è assolutamente correlata allo condizione di precario.
Quali sono i risvolti psicologici (con evidente ricadute
sulla qualità del lavoro svolto) di un inserimento attento
agli aspetti che abbiamo delineato? Innanzitutto, c’è un
aumento del commitment, vale a dire dell’impegno e del
coinvolgimento; in secondo luogo, avviene un’identificazione
organizzativa, vale a dire quel fenomeno che porta a
parlare, talvolta con un certo orgoglio, della propria
scuola utilizzando con enfasi positiva formule come “la mia
scuola”, “da noi si fa così”, ecc.; quella che fa sentire in
“competizione” i propri alunni con quelli di altre scuole;
quella che dà gratificazione quando ci si rende conto (come
talvolta accade) di operare in una struttura riconosciuta
per il suo buon livello. Commitment e identificazione non
possono che contribuire ad un’elevata motivazione.
Quanto al secondo aspetto, è chiaro che essere messi in
condizione di capire “come funziona” la scuola in cui si
entra per la prima volta non è cosa da poco.
In genere, il giorno in cui si prende servizio, se la scuola
è un istituto in cui non si è mai stati in precedenza, viene
chiesto di compilare la documentazione anagrafica e fiscale;
in alcuni istituti, come visto, è calendarizzato anche un
incontro con il Dirigente, o con altra figura di
riferimento, che fornisce una descrizione della scuola e dà
alcune indicazioni di massima rispetto alle persone a cui
rivolgersi. Dopodiché, spesso, si cade in una sorta di
 43 
abbandono; poche scuole, in particolare, forniscono ai
docenti una serie di informazioni pratiche ma molto utili
per orientarsi nei primi giorni e risparmiare tempo; in
particolare i docenti con cattedra spezzata su più scuole
(sempre più numerosi) possono trovare molto preziose alcune
indicazioni relative ad azioni di quotidiana routine
ottenute senza perdere tempo in vere e proprie cacce al
tesoro: ad esempio dove si ritirano i registri personali, se
i docenti hanno un cassetto assegnato o se devono indicarne
uno tra quelli liberi, ecc. Piccole cose, in fondo, ma che
aiutano a non sentirsi spaesati, a poter dare da subito un
ordine alle cose da fare e a rispettare alcune regole della
scuola che altrimenti si possono inconsapevolmente violare.
Spesso anche questo sembra strano a coloro che sono poco
addentro al mondo della scuola, ma anche azioni banali che
avvengono quotidianamente in tutti gli istituti possono
essere
svolte
con
procedure
completamente
diverse
(possibilità di fotocopiare materiale per la classe,
richiesta di permessi, modalità di lettura e controfirma
delle circolari, utilizzo di strumenti e strutture della
scuola, ecc.).
Anche per quanto riguarda questo aspetto alcune scuole hanno
già implementato delle buone pratiche e predisposto per i
docenti dei vademecum con alcune indicazioni operative;
mancano sempre, tuttavia, dettagli su servizi
molto
concreti quali, come accennato, fotocopiatura, utilizzo dei
laboratori, ecc. (che, dai risultati dei questionari
somministrati
ad
alcuni
docenti,
risultano
essere
informazioni molto importanti). Sembra quindi utile – e
tutto sommato semplice – provvedere a compilare una guida
con le informazioni cui si è fatto cenno da consegnare ad
docente al momento della presa di servizio; tale guida può
anche essere inserita nel sito della scuola e deve essere
prontamente aggiornata in caso di modifiche a servizi,
procedure, attività, ecc.
Il
terzo
aspetto
riguarda
la
valorizzazione
della
professionalità del docente. Al di là delle ovvie ricadute a
livello motivazionale, conoscere le competenze dei docenti
neo-arrivati – così come anche degli altri docenti – può
portare a reperire nell’istituto risorse inattese e utili ai
 44 
fini dell’attuazione della progettualità prevista dal POF,
nonché per l’ampliamento delle attività proposte dalla
scuola, il che non rappresenta un aspetto trascurabile in un
momento in cui le ristrettezze economiche costringono spesso
ad una progettualità minima (si potrebbe quindi evitare di
ricorrere in alcuni casi ad esperti esterni); nella scuola
dell’autonomia, una gestione accorta di queste risorse
interne può essere una vera e propria carta vincente.
Anche la normativa richiama il dirigente scolastico ad
utilizzare il personale come risorsa (artt. 4, 17 e 24 del
D.L.vo 165/2001).
Concretamente, si tratta innanzitutto per il dirigente di
individuare le modalità migliori per rilevare le competenze
possedute dai docenti in servizio: il Ministero ha
predisposto
un’applicazione
per
l’aggiornamento
della
professionalità
docente
degli
insegnanti,
allargata
recentemente anche ai precari; tuttavia, ogni singolo
istituto può farsi carico della raccolta dei dati relativi
ai docenti nuovi arrivati (progetti seguiti in altre scuole:
di istituto, regionali, nazionali, europei; formazioni
specifiche: CLIL, L2, metodi didattici specifici, uso delle
nuove
tecnologie
per
l’apprendimento,
ecc.;
altre
abilitazioni e titoli di studio, e così via), con modalità
che possono variare dalla compilazione di un modulo
appositamente predisposto e strutturato seguendo come
traccia il POF della scuola al colloquio con il dirigente o
con un collega designato come referente per questa attività.
Dopo la fase di raccolta e di archiviazione delle
informazioni, sarà necessario per il dirigente valutare
attentamente i profili dei docenti per cercare di
valorizzarli al meglio, ottenendo al tempo stesso un
vantaggio per la scuola.
Naturalmente i docenti vanno coinvolti e informati con
precisione di ciò che ci si aspetta da loro, in modo che
possano rendersi conto del valore che acquisiscono per
l’istituto e contribuire alla nuova progettazione in modo
fattivo.
 45 
Lo schema che segue, tratto da Romei (1999)sembra riassumere
in maniera chiara quanto descritto finora:
Il lavoro coordinato – vale a dire organizzato, gestito in
maniera efficace dal dirigente e da tutte le persone
coinvolte – obbliga a condividere i problemi, creando senso
di appartenenza, offrendo rassicurazioni e traendone risorse
motivazionali che vanno a migliorare la prestazione.
Inoltre, la costruzione di una rete di relazioni serena e
professionalmente efficace è ancor più rilevante in questo
momento in cui la didattica per competenze, su cui si
insiste molto, necessita proprio di coordinamento e lavoro
d’équipe.
Questo tipo di scelte indica chiaramente lo spostamento
verso una visione dell’organizzazione di tipo strategico,
capace di essere flessibile senza perdere di vista l’apporto
imprescindibile delle persone.
Come accennato all’inizio del contributo, la parte teorica
del lavoro è stata accompagnata da un’indagine svolta presso
Dirigenti Scolastici e docenti (i docenti dovevano aver
cambiato sede di servizio almeno una volta negli ultimi due
anni) in merito alle iniziative di accoglienza e inserimento
messe in atto dagli istituti scolastici. Per quanto riguarda
i DS, i questionari loro destinati sono stati inviati via
mail a tutti gli istituti della provincia di Padova e le
risposte ottenute sono state 18 (dato positivo considerato
 46 
l’invio “informale” del questionario, seguito ad un primo
tentativo di indagine portato avanti per vie “ufficiali”
tramite l’UST di Rovigo che aveva fruttato una sola
risposta). I riscontri dei docenti, contattati invece per
passaparola tra conoscenti e colleghi, sono stati 36 (del 1°
e del 2° ciclo).
Dai dati dei questionari sono emersi alcuni aspetti
interessanti. Relativamente al questionario per i dirigenti,
si può cogliere come la maggior parte affermi che nelle loro
scuole sono attive delle pratiche di inserimento. Molti
dichiarano poi di provvedere a raccogliere informazioni
relative alle competenze dei docenti. Dal questionario
docenti emergono dati non sempre coerenti con quelli appena
descritti: appare, infatti, che nella maggior parte delle
scuole in cui i docenti hanno operato non sono previste
procedure di accoglienza e inserimento.
Un elemento interessante da rilevare è che in alcuni casi
hanno risposto ai questionari dirigenti e docenti dello
stesso istituto e, molto spesso, le risposte divergono:
mentre i dirigenti dichiarano la presenza di procedure, i
docenti la smentiscono. Esiste la possibilità che alcuni
dirigenti “edulcorino” la situazione reale per mettere in
buona luce la scuola, ma ci sono anche altre ipotesi che
sembrano plausibili. La prima è che il concetto di
“procedura di accoglienza-inserimento” non venga letto nello
stesso modo dai due gruppi: un dirigente può pensare che
salutare nel suo ufficio il docente e spiegargli a chi
rivolgersi, o dirgli che nel sito trova tutto possa essere
sufficiente; un docente può invece pensare che sia opportuno
avere anche informazioni pratiche (fondamentali per svolgere
il proprio lavoro) e quindi può percepire l’incontro come
deludente e frettoloso. La seconda ipotesi è che esista in
effetti una procedura, ma che talvolta il dirigente riesca a
“controllare” solo la parte direttamente collegata a lui,
non avendo poi riscontro di come funzioni ciò che è delegato
ad
altri;
si
evidenzia
allora
l’importanza
della
condivisione della procedura con tutti gli insegnanti, in
particolare
quelli
direttamente
coinvolti
(funzioni
strumentali, coordinatori di indirizzo, di dipartimento e di
 47 
classe, ecc.) così come con il personale ATA, con il quale
il docente non può mancare di relazionarsi.
È naturale che anche la procedura migliore non potrà
sostituirsi (ed è un bene che non lo faccia) al reciproco
appoggio tra colleghi: è emerso con forza che la rete di
relazioni e sostegno tra docenti è la fonte primaria di
informazioni per chi arriva in una nuova scuola, ma è anche
una rete sociale spontanea che assolve ad una funzione
essenziale all’interno dell’istituto; l’importante è che non
si deleghi ad essa quello di cui si dovrebbe far carico
l’organizzazione scolastica.
A proposito delle divergenze tra interpretazioni di cosa
significhi “procedura”, merita di essere notato anche il
fatto che docenti in servizio nello stesso istituto danno
risposte
diverse
relativamente
alla
presenza
di
un’accoglienza codificata: ciò potrebbe indicare che anche
tra i docenti ci può essere chi in presenza di consegna di
materiale informativo ritiene di essere stato “accolto”
(probabilmente in passato non aveva ricevuto nemmeno
quello), ma potrebbe anche significare che docenti dello
stesso istituto abbiano ricevuto davvero trattamenti
differenti, perché il dirigente non ha avuto il tempo di
ricevere tutti, perché quel dato docente era assegnato ad
una classe particolare o perché era un neo-immesso in ruolo
in anno di prova.
Molto utili ai fini dell’elaborazione della proposta
operativa sono le indicazioni pratiche avute dai docenti:
nessuno degli elementi elencati (informazioni su istituto,
classi, segreterie, fotocopie, ecc.) è stato ritenuto
trascurabile; a ogni modo, com’era prevedibile, le esigenze
variano da un tipo di scuola ad un’altra, quindi nella
progettazione di una “guida”, vanno tenute in considerazione
le esigenze specifiche del grado di scuola. Per quanto
riguarda l’ipotesi che un archivio della professionalità
docente di istituto possa essere d’aiuto sia per gli
insegnanti che per i dirigenti, le risposte affermative sono
la quasi totalità; anche qui ci sono delle convergenze tra
quanto auspicato dai dirigenti e dai docenti, nel senso di
 48 
una valutazione globale del docente e di ciò che può dare
alla scuola.
Come accennato, quindi, sembra che il valore principale che
può avere avuto questa ricerca sia stato, dopo aver raccolto
i bisogni e le esperienze di dirigenti e docenti, metterli
in comunicazione e cercare di progettare un percorso di
accoglienza e inserimento fruttuoso per entrambe le
categorie, affinché l’espressione “risorse umane” perda il
carattere asettico acquisito nel corso del tempo e torni
alla ricchezza delle parole che la compongono: perché i
docenti sono decisamente “risorse”, così come sono –
preziosamente – “umani”.
Bibliografia
Castiello d’Antonio, A. (2011). “Dallo studio al mondo del
lavoro”. Leadership & Management, 10, 52-55.
Minelle, C. (2012), “L’inserimento del nuovo docente nella
scuola. Proposte di buone pratiche organizzative e
professionali”, Relazione finale del corso di laurea
triennale in Scienze della Formazione Professionale, a.a.
2011/12, relatore L. Galliani.
Romei, P. (1999). Guarire dal “mal di scuola”. Firenze: La
Nuova Italia.
Venuti, V. (2006). Gestione delle risorse umane e
professionali in ambito scolastico. Venaria Reale:
Euroedizioni Torino.
 49 
DECLINARE IL BENESSERE
NEL CONTESTO URBANO
“IL PATTO DEI SINDACI”
Giancarlo Piva
Nel novembre 2005 la Commissione Europea ha lanciato la
campagna “Energia Sostenibile per l’Europa” (SEE) con
l’obbiettivo di promuovere un utilizzo migliore delle fonti
energetiche e una crescita della qualità della vita nei
territori europei. L’attuazione di tali misure contribuisce
in maniera decisiva al raggiungimento degli obbiettivi di
Kyoto da parte dei paesi dell’Unione Europea e costituisce
un efficace piano d’azione in vista della definizione dei
nuovi obbiettivi in materia di sostenibilità ambientale ed
energetica.
Il Comune di Este ha aderito agli Aalborg Commitments per il
coordinamento delle Agende 21 Locali il 13 dicembre 2007 con
Delibera di Consiglio Comunale n. 90, dando il via ad una
serie di azioni ed iniziative divenute ormai distintive
della nostra Città nel territorio della Provincia di Padova:
domeniche ecologiche, ForEste, notiziario, Festival della
Buone Pratiche, Piantiamo la scuola, Puliamo il mondo, solo
per fare alcuni esempi.
Successivamente, il 22 marzo 2011, con deliberazione di
Consiglio Comunale n. 13, il Comune di Este ha aderito al
“Patto dei Sindaci” che, in attuazione dei principi
condivisi a Kyoto e in applicazione della Campagna SEE,
determina l’impegno da parte del Comune aderente alla
riduzione di emissioni di CO2 nel territorio comunale di
almeno il 20% entro il 2020.
L’Unione Europea infatti si è convinta che il conseguimento
degli obiettivi di miglioramento possono essere conseguiti
solo coinvolgendo direttamente le singole amministrazioni
comunali che sono a contatto diretto con i cittadini,
 50 
convinti che la sostenibilità ambientale si costruisce anche
attraverso la modifica degli stili di vita delle persone. Su
questo ambizioso obiettivo solo le amministrazioni locali
hanno capacità e spesso potere di intervenire direttamente.
Con deliberazione di Giunta Comunale n. 146 del 14.11.2011,
il Comune di Este ha aderito al progetto “Covenant Capacity”
finanziato dal programma europeo Intelligent Energy Europe;
questo ci ha permesso di entrare in un partenariato europeo
ed in un contesto territoriale che comprende 19 partner
provenienti da 15 paesi europei per un totale di 90 comuni
circa, di cui 8 del Veneto.
Gli obiettivi di sostenibilità si ottengono attraverso
l’attuazione delle azioni programmate e condivise a breve
(3-5 anni) e a lungo termine contenute nel PAES – Piano
d’Azione per l'Energia Sostenibile. Tali azioni nascono
dall’analisi della preliminare rendicontazione nel BEI –
Inventario delle Emissioni di CO2 prodotte dal territorio
comunale di Este dal 2007 ad oggi. Questa preliminare
rendicontazione nel BEI, la cui stesura è prevista in
ottemperanza degli obblighi conseguenti all’adesione al
Patto dei Sindaci, permette di conoscere quanto e in quali
settori
l’emissione
di
agenti
inquinanti
sia
più
significativa e, di conseguenza, una programmazione mirata
delle azioni per ridurre le emissioni stesse.
Il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile, approvato dal
Consiglio Comunale con delibera n. 29 del 28.5.2013, è
costituito di due parti:
1. l’Inventario delle Emissioni – BEI, che fornisce
informazioni sulle emissioni di CO2 passate ed attuali
del territorio comunale, quantifica la quota di CO 2 da
abbattere, individua le criticità e le opportunità
per uno sviluppo energeticamente sostenibile del
territorio e le potenzialità in relazione allo
sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili; dal
BEI risulta, al 2007, una emissione di circa 110.000
tonnellate di anidride carbonica con emissione
procapite di 6,6 tons di CO2;
 51 
2. il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile – PAES,
che
individua
una
serie
di
azioni
che
l’Amministrazione intende portare avanti al fine di
raggiungere gli obbiettivi di riduzione di CO2
definiti nell’Inventario delle Emissioni.
Per il raggiungimento dell’obbiettivo previsto nel PAES sono
stati individuati i seguenti settori d’azione, di cui una
prima parte già iniziati ed un secondo gruppo da
implementare:
Azioni già iniziate che incidono dal 2007 ad oggi per ca.
8.600 tons di CO2.:
1. Green
Public
Procurement
per
la
Pubblica
Amministrazione: acquisto di energia elettrica verde
per tutte le forniture comunali;
2. impianti fotovoltaici realizzati in conto energia sia
dalla Pubblica Amministrazione che da cittadini;
3. recupero energetico da biogas;
4. riqualificazione dell’edilizia privata
5. realizzazione
primo
stralcio
della
rete
di
teleriscaldamento urbano;
6. promozione del trasporto ciclo-pedonale;
7. rinnovamento del parco automezzi;
8. piantumazioni di alberi e realizzazione di aree
verdi.
Azioni da proseguire e da realizzare, compatibilmente con le
disponibilità di bilancio, che ad oggi sono state stimate in
ulteriori 13.600 tons di CO2.:
1. miglioramento dell’efficienza degli impianti di
illuminazione degli edifici pubblici;
2. miglioramento dell’efficienza energetica,
riscaldamento e raffrescamento, degli immobili
comunali;
3. miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti
di riscaldamento privati, con costituzione di un
“Catasto caldaie del territorio”;
4. implementazione di azioni di efficienza energetica
nella pubblica illuminazione;
 52 
5. rinnovo parco automezzi;
6. promozione del trasporto ciclo-pedonale;
7. diffusione degli impianti fotovoltaici su edifici
pubblici e ad uso pubblico;
8. diffusione degli impianti fotovoltaici sul
territorio;
9. ampliamento della rete di teleriscaldamento e
recupero del calore;
10. regolamento energetico e sostenibilità energetica;
11. regolamento sugli acquisti verdi;
12. educazione nelle scuole sul tema energetico;
13. informazione e diffusione buone pratiche ai cittadini
e agli operatori di settore;
14. nuove piantumazioni.
Conformemente
agli
impegni
assunti
in
occasione
dell'adesione al “Patto dei Sindaci” il Piano d'Azione
sarà oggetto di monitoraggio biennale per l'eventuale
aggiornamento del PAES e trasmissione del rapporto alla
competente
Commissione
Europea
che
valuterà
il
progressivo raggiungimento degli obbiettivi.
Riferimenti sitografici
-
http://www.a21italy.it/IT/index.xhtml
http://www.campagnaseeitalia.it/
http://www.sustainablecities.eu/fileadmin/content/man
agement/ACTOR-Guide_english.pdf
http://www.covenant-capacity.eu/it
http://www.pattodeisindaci.eu/actions/sustainableenergy-action-plans_it.html
http://www.comune.este.pd.it/agenda21/
http://forum.comune.este.pd.it/agenda21/?p=631
 53 
ESPERIENZE
declinare l’accoglienza a scuola
con il progetto accoglienza
dell’I.I.S. “Euganeo”
Elisa Padrin
Promuovere il successo formativo
accogliendo gli studenti
(e non solo…)
Filosofia di fondo
Il Progetto
di gettare
competente,
scolastico
costruttive
ACCOGLIENZA dell’I.I.S “Euganeo” ha l’ambizione
le basi per la formazione di uno studente
responsabile ed autonomo, attraverso un percorso
positivo, fondato su dinamiche relazionali
tra docenti, studenti e genitori.
L’ACCOGLIENZA è intesa come lo “stile” di ogni operatore
della nostra scuola, in termini di una specifica modalità
didattico-relazionale, caratterizzata da un atteggiamento di
ascolto, di disponibilità e di accettazione.
Questa attenzione è rivolta a tutti i “nuovi arrivati”, non
solo gli studenti, ma anche i docenti e le famiglie.
Così intesa, l’ACCOGLIENZA non può essere relegata solamente
al primo mese di scuola, ma si dipana nel corso dell’intero
anno scolastico.
Finalità
1. Facilitare l’ingresso e l’inserimento degli allievi
nelle classi prime; creare le condizioni perché si
stabilisca un clima interpersonale positivo.
2. Prevenire l’insuccesso scolastico monitorando le
conoscenze e le competenze iniziali e, con una serie
 54 
di iniziative, supportare e/o rinforzare il processo
di apprendimento degli studenti.
3. Far
maturare
la
consapevolezza
della
scelta
scolastica operata, anche attraverso una riflessione
e condivisione, da parte degli alunni, di aspettative
e timori comuni e non.
4. Sviluppare relazioni positive fra studenti, studentidocenti,
studenti-genitori,
docenti-genitori,
docenti-docenti neo-arrivati.
Strategie operative
dell’accoglienza studenti
L’accoglienza degli studenti nasce dalla consapevolezza
dei vissuti del ragazzo, sintetizzati nell’immagine
seguente
Il progetto Accoglienza-studenti cerca di dare una risposta
a tutti questi disagi;per questo si articola in più azioni,
sintetizzate dal grafico seguente.
 55 
Costruiamo relazioni...
Ovvero intraprendere un percorso formativo
tappe in risposta alle seguenti domande:
sviluppato
a
a) Ci
conosciamo?
(presentazioni
individuali
alla
classe, attività di orienteering, conoscenza dei
compagni, dei docenti di classe...)
b) Conosciamo
la
nostra
scuola?
(visita
guidata
all'istituto, corso sulla sicurezza, regolamento
interno...)
c) Ci confrontiamo? (Discussioni produttive su materiali
forniti dai docenti...)
d) Ci
accordiamo?
(Accordi
di
classe,
patto
di
corresponsabilità ...)
Educazione tra pari
L’educazione tra pari prevede il tutoraggio di studenti
accoglienti
del
III
anno,
debitamente
formati
dall’educatrice USL e da docenti della scuola (PROGETTO DI
PEER EDUCATION).
 56 
Il gruppo dei compagni accoglienti accompagna i neo-arrivati
in
momenti
particolarmente
significativi
della
vita
scolastica del primo periodo e non solo:
1. dà loro il benvenuto nel primo giorno di scuola;
2. li accompagna in aula e illustra il materiale
informativo inserito in una cartellina individuale
collocata sopra ogni singolo banco;
3. li guida alla scoperta degli ambienti dell’istituto,
durante la visita guidata;
4. legge,
spiega
e
commenta
il
patto
di
corresponsabilità;
5. riflette sul significato di alcune parole chiave
strettamente legate all’essere studente e individuate
dal gruppo stesso durante le ore di formazione:
rispetto per l’ambiente, per i compagni, fare
squadra,
responsabilità,
impegno,
sicurezza,
informazione…
I test d’ingresso
I test d’ingresso comuni di italiano e matematica (prove
Invalsi) vengono somministrati a tutti gli studenti delle
classi prime entro la prima settimana con l’obiettivo di
conoscere i singoli livelli di partenza.
I docenti delle discipline interessate provvedono alla
correzione e alla tabulazione dei dati i cui esiti vengono
comunicati, anche attraverso sintesi (rappresentazioni)
grafiche, ai Consigli di classe entro il mese di settembre.
Si avviano quindi, con tempestività, dei corsi di rinforzo o
attività di recupero in itinere per gli studenti che hanno
evidenziato lacune o incertezze significative.
Conosciamoci
“Conosciamoci” è il titolo del questionario proposto ad ogni
singolo studente che viene invitato ad auto-presentarsi
rispondendo
a
quesiti
riguardanti
atteggiamenti,
comportamenti e percezione del sé: i tempi e modi di
percorrenza del tragitto casa-scuola, le motivazioni alla
base della scelta dell’indirizzo di studio, alcuni aspetti
della propria personalità, i rapporti con gli altri e con il
computer, le abitudini di studio …
 57 
I dati, raccolti e tabulati, vengono illustrati dai
coordinatori ai colleghi dei singoli consigli di classe e
contribuiscono a fornire, insieme ai dati degli esiti delle
prove d’ingresso, elementi significativi su cui innestare le
singole programmazioni.
Lo Spazio Ascolto
Lo Spazio Ascolto è una consulenza psicologica finalizzata
alla promozione del benessere degli studenti attraverso la
prevenzione del disagio scolastico, relazionale e personale.
Il servizio è attivo da Settembre a Giugno ed è gestito da
un’operatrice ULSS 17 in collaborazione con i referenti dei
diversi plessi scolastici
Lo Sportello Paracadute
Lo Sportello Paracadute è un' attività didattica grazie alla
quale gli studenti, in piccolissimi gruppi, possono
prenotare
via
web,
tramite
una
password,
lezioni
individualizzate precisando gli argomenti richiesti.
Viene così incrementato negli stessi un atteggiamento
metacognitivo e sollecitata una costante attività di
revisione e monitoraggio della propria attività di studio
sulla base dei risultati di apprendimento.
È un servizio completamente online che utilizza un programma
creato dagli studenti dell’Indirizzo Informatico.
I
docenti
coinvolti
nel
progetto
hanno
più
volte
sottolineato la valenza pedagogico-didattica di questo tipo
di lezione e sottolineato l’efficacia di un intervento
calibrato sulle effettive richieste dell’allievo.
Accoglienza nuovi docenti
(sperimentazione)
Sulla base delle indicazioni contenute nella tesi di Laurea
della Prof.ssa Cristina Minelle e riportate nell’articolo
contenuto in questa stessa pubblicazione, la commissione
accoglienza ha elaborato un primo percorso di accoglienza
dei nuovi docenti.
 58 
Chi sono i nuovi docenti?
Sono i Docenti a tempo indeterminato o determinato, giunti
per la prima volta nella scuola e i Docenti di ruolo su più
scuole
Quanti sono?
Ecco i dati
 59 
Considerando che il benessere della scuola “passa” anche
attraverso il benessere dei docenti, il 30,97% di docenti
ipoteticamente spaesati in una nuova realtà scolastica, ci
induce ad una riflessione e ad agire operativamente.
Cosa è stato fatto finora?
Solitamente il nuovo arrivato veniva ricevuto dal dirigente,
espletava le pratiche amministrative in segreteria e nulla
più.
Alla vigilia dell’inizio di quest’anno scolastico si è
provveduto invece a indirizzare i nuovi docenti ad un
collega “anziano”, presente in Biblioteca, per qualche ora,
durante la prima settimana.
Gli esiti sono stati sufficientemente positivi, ma si
ritiene
comunque
necessario
organizzare
un
percorso
strutturato di accoglienza ed inserimento nella comunità
scolastica.
Cosa si potrebbe fare?
1. Valorizzare le competenze didattiche del docente,
attraverso una scheda di rilevazione delle singole
professionalità.
Sarebbe
un
imprescindibile
presupposto per la creazione di gruppi di lavoro più
appropriati!
2. Produrre una guida veloce, facilmente consultabile,
contenente dati
- sulla vita dell’istituto (numeri telefono,
indirizzi mail, sedi, segreterie, indirizzi di
studio POF);
- su servizi, spazi, attrezzature (informazioni
relative
a
parcheggi,
laboratori,
aule
speciali: aula video, palestra, aule lim);
- sugli
spazi
comuni
(biblioteca,
cortili,
mensa);
- sulle
attrezzature
(registratori,
LIM,
televisori…);
- sugli strumenti (dizionari, codici, gessi,
carte geografiche, servizi utili, computer per
i docenti, assegnazione password personali,
 60 
-
cassetti della sala insegnanti, fotocopie,
distributori automatici);
sulle modalità di prenotazione per laboratori,
aula video;
sull’attività del docente: informazioni su
registri, circolari, scadenze, programmazioni e
programma svolti, griglie di valutazione,
ricevimento dei genitori, permessi e congedi,
doveri dei docenti.
3. Individuazione di una figura di
facilitare
l’integrazione
fra
coordinatore di classe?).
riferimento
colleghi
per
(il
Accoglienza genitori classi prime
Anche l’ACCOGLIENZA dei Genitori si articola in più azioni,
come dimostra il grafico che segue.
 61 
È prassi consolidata avviare con le famiglie un rapporto
“accogliente” capace di rispondere a specificità e bisogni
evidenziati. In quest’ottica trovano giustificazione le
seguenti iniziative:
-
I genitori, fin dal primo giorno di scuola, sono
invitati ad accompagnare in aula Polivalente i propri
figli per il tradizionale saluto del Dirigente.
-
Successivamente partecipano ad una o più Assemblee
durante le quali vengono illustrati il POF, i
progetti dell’Istituto, gli esiti delle prove di
Ingresso e del questionario di auto presentazione
degli allievi.
-
La presentazione del registro elettronico permette
alla famiglia di seguire direttamente la vita
scolastica
del
figlio
(assenze,
valutazioni,
programma svolto). È uno strumento innovativo capace
di mantenere vivo e proficuo il rapporto scuolafamiglia, ma che non intende sminuire la rilevanza
degli incontri individuali docenti/genitori.
-
Così il Corso di informatica gratuito (livello base e
avanzato) con l’obiettivo di facilitare l’accesso
delle famiglie alla vita scolastica, al sito, al
registro elettronico, alla posta elettronica, alle
chat, all’utilizzo di un word processor.
-
Infine per i genitori c’è la possibilità di accedere
allo Spazio Ascolto dell’Istituto.
Nel corso degli ultimi anni il numero dei genitori
che si sono rivolti al servizio è andato via via
aumentando: segno evidente da un lato, della fiducia
che si sta sempre più diffondendo nelle famiglie
verso le proposte formative dell’Istituzione Scuola e
dall’altro della stima nei confronti delle educatrici
Usl che qui operano.
 62 
Conclusioni
Nell’azione di monitoraggio del Progetto Accoglienza 20122013, è emersa la proposta di dare la parola subito ai
genitori, già nella prima settimana di lezione, chiedendo
loro di venire a presentare in un colloquio individuale il
proprio figlio.
Dal punto di vista dei docenti, questa nuova azione,
rappresenta il primo passo di un percorso di reciproca
fiducia e collaborazione richiesto dalle sfide poste da una
generazione di studenti sempre più problematici.
Contribuisce, inoltre, a rafforzare e rendere concreta la
filosofia di fondo dell’accoglienza: una scuola che accoglie
in un atteggiamento di ascolto, disponibilità e accettazione
fin dai primissimi giorni di scuola.
 63 
ESPERIENZE
declinare l’inclusione attraverso
ascolto, consapevolezza e fiducia
Elisabetta Trivellato
Stefania Della Sala
Il Centro di Informazione e Consulenza
I CIC sono stati istituiti con la legge 162 del ’90 sulle
tossicodipendenze, che prevede, ai fini della prevenzione di
tale
problematica, che
le
autorità scolastiche,
in
collaborazione con i Ser.D, istituiscano i Centri di
Informazione e Consulenza (CIC) in tutti gli Istituti
Superiori. Il Ser.D di Este ha creduto subito nei CIC e, già
nell’a.s. 1990/91, ha promosso l’avvio del primo CIC al
Liceo “Ferrari” di Este.
La situazione attuale vede la presenza di un operatore
dell’Azienda ULSS 17 in 10 istituti scolastici del
territorio che comprende Conselve, Monselice, Este e
Montagnana.
Nel nostro territorio gli operatori che si occupano del CIC
sono esclusivamente figure educative: infatti il gruppo di
lavoro è costituito da educatori professionali e da
pedagogisti, supervisionati da una psicologa del Ser.D di
Monselice.
La metodologia di riferimento è l’ascolto attivo di Gordon
(1998). L’obiettivo non è quello di dare delle soluzioni, ma
aiutare il ragazzo a trovare risposte al suo disagio.
Lo sportello ascolto del CIC si svolge di solito una volta a
settimana, in un giorno ed in un orario prestabiliti, presso
la sede dell'istituto scolastico.
Fondamentale è la stretta collaborazione tra l’operatore
ULSS e l’insegnante referente che ha il compito di
 64 
accogliere le richieste e di fissare gli appuntamenti per i
ragazzi.
A tutti viene garantita la riservatezza sui contenuti dei
colloqui.
Tuttavia, in casi di particolare gravità, l’operatore CIC
avvisa il Dirigente scolastico della situazione e viene
messa in atto una procedura specifica ai fini della tutela
del minore.
Il servizio C.I.C. presso l’I.I.S. “Euganeo”
Presso l’ITI “ex Euganeo”, l’operatore CIC è la dottoressa
Germana Gay (pedagogista), mentre presso la sede dell’IPIA
“ex Fermi” l’operatore è la dottoressa Stefania Della Sala
(educatrice professionale).
Per quanto riguarda il numero degli accessi – cioè il
colloquio fra richiedente e educatore – e le tematiche
maggiormente affrontate durante la consulenza al CIC, si fa
riferimento agli ultimi anni scolastici.
Tenendo conto che il servizio di ascolto presso l’I.I.S.
“Euganeo” è stato ripristinato da 2 anni:
-
-
all’ITIS si sono avuti 43 accessi, 12 presso il
“Fermi”;
negli anni precedenti abbiamo riferimenti solo per il
“Fermi” dove vi sono stati 10 accessi nell’anno
scolastico 2009-2010;
7 accessi nell’anno scolastico 2010-2011;
12 accessi nell’anno scolastico 2011-2012;
19 accessi nell’anno scolastico 2012-2013.
Principalmente le problematiche affrontate hanno riguardato
(dati raccolti dagli operatori ULSS e dai docenti referenti
negli anni scolastici di riferimento e presentati nelle
relazioni finali delle figure strumentali):
-
difficoltà nella relazione con i genitori;
scarso rendimento scolastico e difficoltà
studio in generale;
 65 
nello
-
problematiche di relazione con l’altro sesso.
Il docente che si occupa di ascolto
L’ULSS 17 è, in provincia di Padova, l’unica ULSS che offre
la presenza di educatori e operatori qualificati nelle
scuole superiori, i quali affiancano con professionalità gli
insegnanti impegnati nell’ascolto. Nelle altre scuole della
provincia, ad esempio, l’ascolto è esclusiva competenza di
un insegnante che volontariamente si presta a tale funzione
(dati raccolti durante la frequenza del Corso di Formazione
organizzato dall’UST di Padova “La scuola padovana che
ascolta”, novembre-dicembre 2011).
La presenza di personale dell’ULSS comporta necessariamente
fiducia reciproca con l’insegnante referente, esige un
ottimo rapporto professionale con la persona con cui si
collabora, necessita di incontri periodici abbastanza
intensi e di regole e comportamenti ben precisi.
In seguito a confidenze da parte dei ragazzi, avvenute
durante gli incontri di ascolto, di abusi o maltrattamenti
subiti, si è sentita fortemente l’esigenza di condividere
regole, comportamenti e corrette procedure da attuare in
caso di segnalazione agli organi competenti in materia,
codificati e accettati da tutte le persone che si occupano
di ascolto.
Nel 2009, quindi, è nato un gruppo di lavoro con la presenza
di rappresentanti della scuola e di operatori socio-sanitari
dell’ULSS 17 il quale è giunto alla formulazione condivisa
di una corretta prassi operativa in caso di segnalazione.
Il ruolo dell’insegnante che si occupa di ascolto nella
scuola è importante per cogliere “silenzi”.
L'insegnante che affianca l’educatrice CIC ne coordina la
presenza, propone un piano di lavoro, presenta agli studenti
e alle famiglie la possibilità di accedere al servizio CIC;
collabora con i coordinatori di classe, relaziona al
Dirigente scolastico; informa i colleghi delle altre classi;
si fa portavoce del disagio con le famiglie; propone e
organizza incontri dell’educatore con studenti o insegnanti.
 66 
Dovrebbe, insomma, creare un rapporto attento, profondo,
capace di guidare, accogliere, ascoltare e dare fiducia.
L’esperienza di “ascolto” esercitata in questi anni nella
scuola superiore mostra che l’attenzione, la presenza, cioè
l’occhio
e
l’orecchio
dell’insegnante
attento,
sono
indispensabili per cogliere sguardi, ammiccamenti, atti di
bullismo sotterranei, emarginazioni, malumori, in una parola
disagi di vario tipo che si manifestano tra gli adolescenti
e talvolta restano sotto la superficie delle relazioni
esplicite.
Negli ultimi anni si è intensificato il lavoro, sia del
docente che dell’operatore, dal momento che i ragazzi
sembrano necessitare sempre più di ascolto ed attenzione.
Spesso, però, il colloquio con uno studente non basta per
trovare l’origine del disagio, meno ancora basta a
risolverlo.
L’esperienza del docente deve essere messa nel cogliere il
disagio, nell'individuare il ragazzo che in quel momento è
smarrito, sta male e non sa con chi parlare, per ridargli
fiducia, o per indirizzarlo eventualmente all'operatore CIC;
spesso basta che il ragazzo si senta “ascoltato”, che
percepisca dagli sguardi dell’insegnante che “si bada a
lui”.
Superare lo scoglio di interloquire con l'insegnante
delegato o con l’educatrice, è da considerarsi un importante
traguardo per un adolescente che prova disagio o malessere.
In primo luogo, deve fidarsi dell’insegnante, poi dovrà
trovare la fiducia nei confronti dell’educatore che lo
ascolta, e deve avere la certezza che il suo disagio non
sarà deriso, sottovalutato o peggio ancora, riferito a
terzi.
Non è semplice neppure per l’insegnante conquistare la
fiducia degli studenti, i quali dovranno vederlo non come
colui che li valuta e li corregge in classe, ma come un
interlocutore che presta ascolto, attenzione e non giudica.
L’insegnante che fa sentire l’adolescente amato, al centro
dell’attenzione, in modo che egli ritrovi fiducia e possa
dare il meglio delle sue dotazioni. Basta che tutto avvenga
 67 
in un clima di sostegno, di stimolo e non di condanna
(Andreoli, 2006).
Per continuare a svolgere un buon lavoro e per ottenere
migliori risultati, si dovrà tenere conto di alcuni aspetti
non secondari.
Prima di tutto servirà interagire affinché aumentino gli
accessi al CIC, resi difficoltosi dal fatto che gli studenti
maschi – in maggioranza presso l’ex “Fermi” – si trincerano
spesso in un mutismo difensivo; il secondo aspetto riguarda
invece quegli adolescenti che rivelano forte disagio, di cui
non sono consapevoli, e questa inconsapevolezza impedisce
loro di usufruire dello spazio ascolto. In questo caso
occorrerà interagire con i consigli di classe, mettendo in
pratica tutte le strategie utili a individuare i ragazzi in
difficoltà.
Il terzo aspetto – che sicuramente va affrontato – riguarda
quegli studenti che trovano ascolto e attenzione all’interno
della scuola, da parte di persone che si rivelano “cattivi
consiglieri”, non per cattiva volontà ma per pochezza,
incapacità o inesperienza personali.
Spesso, infatti, persone volenterose, in buona fede,
ascoltano i lamenti o i disagi dei ragazzi e intervengono
con consigli o gesti generosi. Questi atti spaziano dalla
semplice compartecipazione, alla condivisione del brutto
voto, al consiglio, all’intervento più che materno, volto a
sostituire la presenza genitoriale o dell’insegnante. A
volte – poiché in buona fede – anche tali interventi sono
positivi, infatti il ragazzo si sente compreso, rimotivato e
fiducioso. Spesso invece creano una sorta di “dipendenza”
dalla persona adulta che non permette di sciogliersi
velocemente e che crea un legame ambiguo tra studente,
figura adulta e istituzione scolastica.
Come ricorda anche il prof. Andreoli (2006), gli adolescenti
hanno bisogno di creare una propria autonomia psicologica e
sentimentale: vanno verso confini il cui superamento sarà
definitivo. E, inoltre, “essere autonomi significa avere
abbastanza fiducia in sé da arrivare a costruire un progetto
 68 
di vita, contando al contempo su se stessi e sugli altri“
(Marzano, 2012).
Queste dinamiche abbiamo osservato che si creano soprattutto
quando alcune figure permangono nella stessa situazione per
tempi troppo lunghi, così a lungo da identificarsi con
l’istituzione. Rotazione di ruoli, scambio di mansioni,
potrebbero creare differenti punti di vista e permettere di
gestire al meglio le risorse umane.
Conclusione
Aggiungiamo quindi l’ultimo ingrediente, cioè l’amore
profuso nella propria professione. Da solo non basta, è
necessario
amalgamare
amore,
competenza,
esperienza,
partecipazione attiva se vogliamo che l’ascolto sia
proficuo, fonte di sicurezza, spinta a crescere e a librarsi
liberi nell’aria. Certamente tra le condizioni basilari vi è
l’interesse, il fascino per i ragazzi, per sentirli come
soggetti cui dedicarsi. Per non dimenticare mai il dramma
dei ragazzi rotti, rotti dalla scuola per omissione o per
incompetenza che diventa esclusione.
Significative a tal proposito sono le parole che usa Pennac
in Diario di scuola quando il protagonista, alla fine del
libro, riflette con il suo interlocutore – un alter ego –
sul ruolo degli insegnanti che ha conosciuto nelle sua vita
(Pennac, 2008).
“C’è un metodo?
Non mancano, certo, i metodi, anzi, ce ne sono fin
troppi! Passate il tempo a rifugiarvi nei metodi, mentre
dentro voi sapete che il metodo non basta. Gli manca
qualcosa”
Che cosa?
[…]
L’amore.
 69 
Ecco la mia metafora vale quel che vale, ma è questo
l’amore in materia di insegnamento, quando gli
student i volano come uccelli impazziti. A questo la
professoressa G. o N.H. hanno dedicato tutta la loro
esistenza: salvare dal coma scolast ico una sfilza di
rondini sfracellate. Non sempre si riesce, a volte non si
trova una strada, […] costoro rimangono nella nostra
coscienza come le voragini di rimorso […] ma ogni volta
ci proviamo, ci abbiamo provato. Sono i nostri student i.
[…] Una rondine tramort ita è una rondine da rianimare,
punto e basta.”
Bibliografia
A.A.V.V. (2008). CIC. Più facile provarlo che spiegarlo.
ULSS 17.
A.A.V.V. (1997). Il CIC nell’ULSS 17. Tipografia Crivellaro.
A.A.V.V. (2003). L’approccio motivazionale. Itaca.
A.A.V.V. (2005). Prevenzione: se non c’è si vede. Regione
del Veneto, Assessorato alle Politiche Sociali e Non
Profit.
Andreoli, V. (2006). Lettera ad un insegnante. Milano:
Rizzoli.
Gordon, T. (1998). Insegnanti efficaci. Il metodo Gordon.
Pratiche educative per insegnanti e studenti. Firenze:
Giunti.
Marzano, M. (2012). Avere fiducia. Milano: Mondadori.
Pennac, D. (2008). Diario di scuola. Milano: Feltrinelli.
Altri materiali utilizzati
Operatori CIC: Educatori prof.li del SerD e del SEPS;
Psicologa del SerD.
Dati raccolti dagli operatori ULSS e dai docenti referenti
negli anni scolastici di riferimento e presentati nelle
relazioni finali delle figure strumentali.
 70 
Dati raccolti durante la frequenza al Corso di Formazione
“La scuola padovana che ascolta” organizzato dall’UST di
Padova, novembre-dicembre 2011.
Procedura Scuola ULSS 17 in caso di segnalazioni casi
problematici.
 71 
ESPERIENZE
analisi dei dati del questionario 2012-2013
Elisa Bussi
Milena Cosimo (elaborazione dat i)
Come strumento per una programmazione didattica più
consapevole, opportuna e, possibilmente, più efficace, tra
le attività del progetto Accoglienza è previsto, da alcuni
anni, il Questionario di autopresentazione dello studente,
elaborato dai docenti dell’apposita commissione. I risultati
di questa indagine vengono poi presentati ai genitori e con
loro discussi nell’ambito di un’assemblea di inizio anno. In
questo modo, quindi, le informazioni che raccogliamo possono
offrire stimoli alla riflessione sui nostri ragazzi a noi
docenti, ma anche ai genitori, con i quali vorremmo sempre
più condividere concretamente il nostro progetto educativoformativo. Il Questionario mira ad ottenere risposte sui
seguenti ambiti o oggetti di interesse:
1. percorrenza del tragitto casa-scuola: modalità e
tempi;
2. scelta della scuola: modalità e motivazioni;
3. profilo culturale e comportamentale ed aspetti del
carattere e della personalità dell’alunno/a:
3.1 percezione del proprio grado di autonomia e
responsabilità;
3.2 percezione della propria intelligenza;
3.3 percezione delle propensioni personali verso i
vari tipi di attività e atteggiamenti di studio o
lavoro;
3.4 modi di sentirsi, di stare, di comunicare con gli
altri in classe, in famiglia e con i coetanei;
4. lo studio: modi, tempi e ambienti di studio, attuali
e desiderati;
5. il computer:
5.1 disponibilità
familiare
e
personale
dello
strumento;
5.2 utilizzo dello strumento: tempi e modi.
 72 
Come si può intuire facilmente da questo elenco di
informazioni che raccogliamo, alcuni dati quantitativi che
otteniamo
con
il
Questionario
sono
facilmente
interpretabili; altri, invece, più che offrire risposte,
stimolano la formulazione di domande complesse e aperte,
riguardanti l’individuo e il contesto sociale. Per queste
domande la scuola da sola non può né compiere analisi
esaustive, né dare le risposte migliori. La scuola, però,
come istituzione che trasmette e produce cultura ed educa,
si sforza di comprendere la complessità della vita
individuale e sociale dei nostri ragazzi e di tenerne conto
nella progettazione e nella realizzazione della propria
azione.
Siamo convinti che il nostro compito istituzionale richieda
innanzitutto attenzione alla complessità della realtà umana
in cui andiamo a svolgere il nostro lavoro, iniziando con
una
tensione
alla
comprensione,
all’ascolto
e
all’accoglienza dei ragazzi che entrano a fare parte del
nostro istituto.
Passiamo
ora
alla
presentazione
significativi della rilevazione.
dei
risultati
più
Tempi e modi di percorrenza del tragitto casa–scuola:
A CHE ORA PARTI DA CASA PER RAGGIUNGERE LA SCUOLA?
Riportiamo la tabella relativa ai tempi di percorrenza del
tragitto casa-scuola. I dati sul tragitto inverso, nella
maggioranza dei casi, sono simili.
orario partenza da casa
classi
professionale
tecnico
6.006.29
6,30 6,45
6,45 7,00
7,00 7,15
7,15 7,30
7,30 7,45
7,45 8,00
totale
0%
2%
6%
13%
21%
21%
42%
17%
12%
26%
17%
20%
2%
2%
100%
100%
Un numero significativo di alunni impiega più di due ore al
giorno per compiere il tragitto casa-scuola e viceversa, ore
che si aggiungono alle 5-6 giornaliere di lezione. Per molti
alunni, quindi, il tempo disponibile per lo studio domestico
 73 
e per le altre attività, risulta di fatto fortemente
limitato.
Conoscere questo dato è utile alla scuola e ai docenti in
particolare per meglio organizzare e pianificare le attività
didattiche e per calibrare i carichi di impegno richiesti ai
nostri alunni; è utile anche ai ragazzi perché sottolinea in
modo concreto l’idea che cercare di sfruttare bene il tempo
scuola permette di apprendere meglio e di alleggerire la
giornata di lavoro ricavando maggior tempo libero.
Come si vede dalla tabella, sono soprattutto gli alunni del
Tecnico ad alzarsi presto alla mattina e a rincasare più
tardi. L’Istituto, con la sua storia, le sue peculiarità e
specialità, richiama infatti alunni provenienti anche da
fuori provincia.
Per quanto riguarda, invece, i mezzi di trasporto, quello
più usato risulta essere la corriera (oltre il 60%); mentre,
purtroppo, e ovviamente data l’esiguità dell’offerta del
servizio, l’utilizzo del treno è praticamente inesistente.
La scelta della scuola:
IN QUALE MODO HAI SCELTO QUESTA SCUOLA?
modalità
autonomamente
su consiglio dei genitori
su consiglio degli insegnanti
su consiglio di compagni/amici
altro ….
professionale
53%
22%
13%
10%
2%
tecnico
80%
6%
4%
1%
8%
possibili più risposte
Si vede che nella stragrande maggioranza dei casi nella
scelta del percorso superiore gli alunni hanno seguito, per
lo più autonomamente, l’idea della maggiore rispondenza
della scuola ai propri interessi. Un peso molto limitato
appaiono avere altri fattori, quali il giudizio orientativo
della scuola secondaria di primo grado, il volere dei
genitori, ....
 74 
La scelta della scuola:
HAI SCELTO QUESTA SCUOLA PERCHÉ
motivo
immagini possa corrispondere ai tuoi interessi
hai seguito le indicazioni degli insegnanti
per stare con un amico
l'hanno deciso i tuoi genitori
non sapevi cosa altro scegliere
altro ….
professionale
77%
14%
3%
0%
2%
4%
tecnico
80%
6%
4%
1%
1%
8%
possibili più risposte
Merita particolare attenzione la scarsa incidenza nella
scelta del giudizio orientativo espresso dai docenti della
scuola secondaria di primo grado. È estremamente positivo
che in partenza vi sia una buona motivazione interna, ossia
si privilegino gli interessi e le propensioni personali.
Considerati però gli insuccessi scolastici e i cambi di
scuola che si verificano soprattutto nel primo biennio, è
bene chiederci quanto siano adeguate le informazioni sulle
varie possibilità formative della scuola del secondo ciclo e
se i percorsi orientativi attivati offrano effettivamente ai
ragazzi
un’occasione
di
conoscere
se
stessi
approfonditamente,
nei
loro
interessi,
nelle
loro
attitudini.
Un buon percorso orientativo riduce l’incidenza degli
insuccessi scolastici e la necessità di attivare e di
intraprendere percorsi di ri-orientamento scolastico, con
tutte le difficoltà, le delusioni, le fatiche che tutto
questo comporta, per la scuola, per gli alunni e per le loro
famiglie. Inoltre chi ha scelto l’opzione “altro”, ha in
prevalenza spiegato che ripone forti speranze sul fatto che
il titolo di studio sia garanzia di un futuro posto di
lavoro. È comprensibile e legittimo che sia così, e sarebbe
anche normale lo fosse realmente; considerata, però,
l’attuale congiuntura economica, questa prospettiva, se mai
potesse essere sufficiente, non può da sola reggere nel
tempo la motivazione allo studio. Non va dimenticato, in
ogni caso, che le difficoltà di entrare nel mercato del
 75 
lavoro qualificato di solito aumentano quando vi è una
formazione superficiale, lacunosa, inadeguata.
Scegliere la scuola giusta per noi, quella che ci permetta
di avere il migliore percorso formativo, è importante per il
nostro presente e per il nostro futuro, per il lavoro e per
la formazione personale e nella scelta del percorso di
istruzione superiore ciò dovrebbe avere un peso maggiore
rispetto alla semplice valutazione della spendibilità del
titolo di studio.
Quello che come scuola cerchiamo di fare per il presente e
il futuro dei nostri ragazzi è dare una solida base
culturale ed insieme sviluppare competenze spendibili anche
nel mondo del lavoro. È bene insistere con i ragazzi
affinché sia forte il loro impegno nelle materie di
indirizzo quanto in quelle dell’area comune. Solo insieme le
une e le altre favoriscono, infatti, la formazione di
un’intelligenza critica, versatile, capace di orientarsi e
ri-orientarsi, non soltanto a scuola, ma anche nel mondo del
lavoro e nella vita sociale. Per dare un futuro ai nostri
alunni è importante il nostro impegno nel raccordarci con il
territorio per cogliere le spinte positive e propositive che
vengono dal mondo della produzione e dei servizi. Un ruolo
importante in questo senso viene svolto dal Comitato tecnico
scientifico, ma anche dalla vasta rete di relazioni che i
docenti hanno con le associazioni del volontariato e del
terzo settore e con le istituzioni e l’associazionismo
culturale del territorio.
Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere
e della personalità dell’alunno:
(percezione del proprio grado di autonomia e responsabilità)
A SCUOLA TI CONSIDERI AUTONOMO E RESPONSABILE?
percezione
sì
no
in parte
professionale
71%
6%
23%
possibile una sola risposta
 76 
tecnico
72%
0%
28%
Quasi i 2/3 degli alunni si considerano autonomi e
responsabili a scuola; e ciò coincide con le impressioni
espresse dai Consigli di Classe.
Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere
e della personalità dell’alunno:
(stima della propria intelligenza)
STIMI LA TUA INTELLIGENZA …
stima
ottima
buona
discreta
sufficiente
non risponde
professionale
0%
41%
38%
21%
0%
tecnico
7%
61%
27%
4%
1%
possibile una sola risposta
Questi dati sulla stima della propria intelligenza,
evidenziano che gli alunni del Professionale hanno minore
considerazione delle proprie capacità intellettive rispetto
a quelli del Tecnico. Nel Professionale il 79% degli
intervistati considera la propria intelligenza tra buona e
discreta (nessuno ottima); nel Tecnico il 95% ritiene di
avere un’intelligenza tra l’ottimo e il discreto –
significativi il 7% di risposte “ottima” e il 4% di risposte
“sufficiente”. Al Professionale, invece, più di un alunno su
cinque
ritiene
di
avere
un’intelligenza
(appena)
sufficiente.
Su questo dato è bene riflettere. Sembra che esso sia indice
di un pregiudizio diffuso, purtroppo, nella scuola, oltre
che tra la popolazione in generale, che fa coincidere
l’intelligenza con il successo scolastico e la qualità del
successo scolastico con una scala di valore attribuita ai
vari tipi di scuola, secondo la quale al primo posto si
troverebbero i licei (primo tra tutti il liceo classico),
poi gli istituti tecnici ed al livello più basso gli
istituti professionali. Questa scala, che rispecchia un
modello di gerarchia sociale al cui vertice si trovano i
ruoli dirigenziali, nel mezzo quelli tecnici ed al più basso
 77 
gli operativi, è costruita secondo uno pseudo criterio
meritocratico in base al quale il comando spetterebbe ai più
intelligenti, l’organizzazione ai mediamente capaci e
l’esecuzione ai meno dotati. Questa visione “aristocratica”
dell’ordine sociale (e politico) è, decisamente, classista,
puramente ideologica ed antidemocratica. Questa “antica”
visione, tuttavia, è ancora fortemente presente in un
diffuso pensare e condiziona pesantemente la nostra scuola,
l’orientamento scolastico e la scelta del percorso di
istruzione superiore.
Si tratta di una visione “aristocratica” anche perché –
sembra assurdo che sia così ai nostri tempi – si accompagna
nei fatti ad un fenomeno di scarsa mobilità sociale:
concretamente è improbabile che il figlio di un “dottore”
non frequenti il liceo, così come è altrettanto improbabile
lo frequenti il figlio di un “operaio”, fosse altro per la
difficoltà di sostenere le spese di un percorso formativo
lungo e costoso.
I dati forniti dal questionario indicano, dicevamo, che gli
alunni del professionale si reputano mediamente meno
intelligenti di quelli del tecnico. Immagino molto probabile
che se estendessimo l’indagine agli alunni del liceo,
troveremmo i ragazzi del tecnico in una posizione analoga a
quella rilevata per gli iscritti al professionale. Se così
fosse – si potrebbe approfondire la ricerca – non varrebbe
la pena, come scuola, di riflettere seriamente sull’idea di
“intelligenza”
che
continuiamo
a
trasmettere,
consapevolmente e/o inconsapevolmente, ai nostri ragazzi?
Siamo proprio sicuri che il maggior grado di intelligenza
coincida con il maggior numero di un certo tipo di
conoscenze possedute, ossia che intelligente sia l’erudito o
colui che eccelle nei ragionamenti logico astratti? Non è di
oggi la messa in discussione di un concetto univoco di
“intelligenza”’ e dei suoi sistemi di rilevazione; da
decenni si parla di intelligenze multiple e di molteplicità
e dignità delle diverse culture. Nella quotidianità, però, i
vecchi pregiudizi, gli antichi stereotipi hanno ancora il
peso maggiore.
 78 
Quale motivazione all’apprendimento possono avere ragazzi
che hanno un giudizio così basso delle proprie capacità
intellettive? Quali ambizioni possono avere, nella propria
vita personale, sociale e lavorativa dei ragazzi che si
percepiscono di categoria ‘Z’? Come è possibile pensare che
i nostri ragazzi diventino cittadini attivi se si
considerano così poco dotati intellettivamente? Quale
motivazione profonda allo studio?
Il lavoro che ci attende, come insegnanti, a questo punto è
veramente grande, impegnativo, faticoso, ma irrinunciabile.
Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere
e della personalità dell’alunno:
(stima della propria intelligenza)
PENSI DI POTER ULTERIORMENTE SVILUPPARE LA TUA INTELLIGENZA?
stima
sì
no
in parte
non risponde
professionale
73%
4%
23%
0%
tecnico
91%
2%
1%
7%
possibile una sola risposta
Anche questa tabella ci fornisce informazioni utili alla
riflessione: quasi la totalità degli studenti del Tecnico ha
una visione evolutiva, quindi positiva, della propria
intelligenza; mentre nel Professionale questa visione
ottimistica riguarda solo i 3/4 degli alunni.
In altri termini al Professionale più di un ragazzo su
quattro ha una visione deterministica di sé: la propria
condizione intellettiva è percepita come già, o in gran
parte, definita e non si prospettano evoluzioni.
Quale può essere l’atteggiamento verso se stessi e la
motivazione all’apprendimento in ragazzi che non si sentono,
o si sentono molto limitatamente, in evoluzione?
 79 
Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere
e della personalità dell’alunno:
TI SENTI PIÙ PORTATO PER ATTIVITÀ …
attività
manuali
art istiche
sociali (indirizzo Socio-sanitario)
sociali (altri indirizzi)
intellettuali
organizzative
motorie
professionale
40%
8%
18%
5%
3%
6%
20%
tecnico
44%
6%
8%
15%
8%
19%
possibile una sola risposta
Il dato sulla propensione per le attività
intellettuale conferma quanto detto sopra.
di
tipo
Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere
e della personalità dell’alunno:
TI SENTI PIÙ …
ti senti
letterato
art ista
scienziato
altro
professionale
10%
51%
20%
19%
possibile una sola risposta
 80 
tecnico
10%
51%
20%
19%
Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere
e della personalità dell’alunno:
(stare con gli altri)
QUANDO SEI CON GLI ALTRI … IN CLASSE …
IN FAMIGLIA … CON GLI AMICI
quando sei…
preferisci stare ad
ascoltare
intervieni spesso nella
conversazione
intervieni solo quando
sei interpellato
intervieni solo quando
l’argomento ti
riguarda da vicino
non risponde
professionale
in
in
con
classe famiglia amici
in
classe
tecnico
in
famiglia
con
amici
23%
16%
22%
24%
19%
23%
11%
50%
58%
12%
39%
52%
43%
12%
5%
45%
10%
4%
23%
22%
15%
17%
29%
18%
0%
0%
0%
2%
0%
3%
possibile una sola risposta
I quesiti posti tendono a mettere in luce i comportamenti, e
in parte gli atteggiamenti, che gli alunni assumono quando
sono con gli altri in tre contesti diversi: in classe, in
famiglia e con gli amici.
In classe
Supponendo una classe tipo di 26 alunni, possiamo immaginare
una situazione di questo genere durante le lezioni: tre
alunni intervengono spesso; sei alunni ascoltano in
silenzio,
perlopiù
senza
intervenire;
diciassette
intervengono solo se richiesto dall’insegnante e/o magari se
l’argomento li riguarda direttamente.
Se l’atteggiamento di chi “preferisce ascoltare” può essere
l’atteggiamento tipico di chi ha un carattere riservato,
magari è timido, o di chi è particolarmente riflessivo, o
ancora ha un atteggiamento di attenzione (ascolto) verso
l’altro, e quindi può sicuramente indicare un atteggiamento
 81 
positivo, è preoccupante quel 43-45% di alunni che in classe
interviene solo se interpellato.
Anche volendo dimezzare quel valore tenendo conto della
maggiore o minore espansività del carattere di ognuno,
rimane il fatto che per molti ragazzi la “classe”, o meglio
la lezione in classe, non è vissuta come uno dei propri
“luoghi” e “modi” di stare a scuola, ma come qualcosa di
estraneo.
Se così stanno veramente le cose, dobbiamo chiederci se sia
veramente efficace un insegnamento senza coinvolgimento
attivo e profondo degli alunni nel processo insegnamentoapprendimento e quindi domandarci che cosa possiamo/dobbiamo
fare per modificare questa situazione.
In famiglia e con gli amici
In questi ambiti le cose vanno decisamente meglio, anche se
va detto che in famiglia, più di un ragazzo su cinque non
interviene e con gli amici uno su due.
Vediamo ora di approfondire l’argomento analizzando i dati
relativi alle capacità di esprimersi attraverso la parola.
Profilo culturale e comportamentale ed aspetti del carattere
e della personalità dell’alunno:
(stare con gli altri)
COME GIUDICHI LE TUE CAPACITÀ DI ESPRIMERTI CON LA PAROLA?
giudizio
ho difficoltà ad
esprimermi perché
non riesco a formulare
bene il mio pensiero
ho qualche difficoltà
ad esprimermi
ho molte difficoltà ad
esprimermi a causa
della timidezza
ho difficoltà ad
professionale
in
in
con
classe famiglia amici
in
classe
tecnico
in
famiglia
con
amici
13%
19%
7%
17%
12%
8%
27%
24%
2%
23%
19%
12%
27%
3%
21%
21%
6%
11%
14%
16%
19%
13%
16%
13%
 82 
esprimermi perché
penso di non avere
nulla da dire
mi esprimo in modo
corretto, chiaro e
scorrevole
non risponde
24%
39%
51%
24%
37%
39%
0%
0%
0%
2%
10%
17%
possibile una sola risposta
In classe
Nella nostra ipotetica classe di 26 alunni del Professionale
troviamo sei alunni che ritengono di non avere problemi
espressivi e ben 20 che dichiarano di avere difficoltà
nell’espressione verbale. Tra le motivazioni di questa
difficoltà troviamo la timidezza, seguita, dalla difficoltà
di formulare bene il proprio pensiero e dal ‘non avere nulla
da dire’.
In famiglia
Circa quattro ragazzi su dieci dichiarano di non avere
problemi ad esprimersi; sei su dieci dicono di averne. Tra
le cause di questa difficoltà, in ordine di importanza, la
formulazione del proprio pensiero, il non avere nulla da
dire ed ultima la timidezza.
Con gli amici
Un ragazzo su due dichiara di non avere difficoltà ad
esprimersi; uno su due, quindi, dichiara difficoltà
espressive. Tra le cause di questa difficoltà, in ordine di
importanza, troviamo la formulazione del proprio pensiero,
il non avere nulla da dire e/o la timidezza, ultima – per
fortuna! – la difficoltà a formulare il proprio pensiero.
I dati ci suggeriscono che un gran numero dei nostri
ragazzi, anche in contesti diversi, incontra difficoltà ad
esprimersi
verbalmente,
dato,
purtroppo,
ampiamente
confermato dall’esperienza quotidiana degli insegnanti. È
nostro dovere, dico nostro della scuola, ma anche dei
genitori, sostenere, sviluppare le capacità espressive. È
 83 
importante riuscire a far sentire i ragazzi accolti e
suscitare in loro sentimenti di accoglienza. Ognuno di noi
si sente accolto innanzitutto quando è accettato per come è,
per come può essere secondo le sue attitudini e i suoi
desideri profondi, e non per la sua rispondenza ad un
modello che sta nella testa degli altri (genitori o
insegnanti, per primi). La propria inadeguatezza ad una
situazione, ad un ruolo o a un compito, ad una aspettativa,
propria o altrui, non deve essere vissuta da nessuno come un
fallimento, ma essere occasione per una nuova propria, più
vera,
“ricollocazione”.
Di
nuovo,
la
centralità
dell’orientamento, anche di quello scolastico.
Ai nostri ragazzi non deve mai mancare la certezza di essere
ascoltati e la consapevolezza che l’ascolto chiede lo sforzo
della reciprocità dell’ascoltare. È la reciprocità che muta
il sentire, l’udire, in ascolto. Per ascoltare, però occorre
mettersi dal punto di vista dell’altro, ossia capirne le
ragioni, che poi si possono condividere o meno. Capire,
formulare il proprio e l’altrui pensiero, comporta la
capacità di esprimere e argomentare le ragioni e i
sentimenti.
Questo lavoro di comprensione non sempre si adatta
perfettamente con gli stretti tempi oggi imposti alla
comunicazione ed ancor meno con quelli imposti dalla logica
della
“prestazione”.
I
ragazzi
hanno
difficoltà
a
comunicazione in tutti gli ambiti, scuola, famiglia, tra gli
amici. Questo risulta dal Questionario di autopresentazione
dello studente. C’è materiale di riflessione per tutti!
Lo studio:
DI SOLITO STUDI …
studio
con un compagno
con un adulto (es. Genitore)
da solo
non risponde
professionale
0%
8%
87%
5%
possibile una sola risposta
 84 
tecnico
2%
5%
93%
0%
Lo studio:
PREFERISCI STUDIARE …
preferisco
con un compagno
con un adulto (es. Genitore)
da solo
non risponde
professionale
17%
10%
69%
4%
tecnico
2%
5%
93%
0%
possibile una sola risposta
Lo studio:
DI SOLITO STUDI …
studio
in una stanza tutta mia
in una stanza dove ci sono altre persone che
fanno altre cose
In una stanza che divido con fratelli/sorelle
professionale
76%
tecnico
73%
7%
13%
17%
13%
professionale
82%
18%
0%
tecnico
78%
21%
1%
possibile una sola risposta
Lo studio:
DI SOLITO STUDI …
studio
in un ambiente silenzioso
in qualunque ambiente
non risponde
possibile una sola risposta
 85 
Lo studio:
PREFERISCI STUDIARE …
studio
dove ci sono altre persone
dove ci sei solo tu
non risponde
professionale
4%
90%
6%
tecnico
10%
88%
2%
possibile una sola risposta
Lo studio:
A CASA DISPONI DI UNO SPAZIO TRANQUILLO DOVE STUDIARE?
dispongo
sì
no
non risponde
professionale
94%
2%
4%
tecnico
93%
5%
2%
possibile una sola risposta
Lo studio:
COME CONSIDERI LO STUDIO DELLE MATERIE?
considero
necessario per crescere
piacevole
obbligatorio
dà soddisfazione
deludente
inutile
difficile
appassionante
utile
non risponde
professionale
22%
8%
21%
12%
3%
3%
10%
3%
18%
0%
tecnico
25%
5%
20%
16%
1%
0%
6%
4%
21%
2%
possibile una sola risposta
Una esigua minoranza degli alunni valuta negativamente
l’importanza dello studio nella formazione personale; ossia
 86 
in partenza vi è un diffuso atteggiamento positivo verso lo
studio delle discipline. Questo atteggiamento è importante
mantenerlo. Sarebbe interessante proporre le stesse domande
agli alunni delle classi successive per verificare se esso
si mantiene, si sviluppa o decresce nel tempo.
Lo studio:
QUANTE ORE AL GIORNO DEDICHI MEDIAMENTE ALLO STUDIO?
ore
meno di un’ora
tra una e due ore
tra due e tre ore
più di tre ore
professionale
21%
46%
21%
12%
tecnico
5%
56%
37%
2%
possibile una sola risposta
Il computer:
POSSIEDI UN COMPUTER?
computer
a casa c’è un computer?
possiedi un computer personale?
professionale
83%
83%
tecnico
95%
66%
possibile una sola risposta
Il dato rileva che tra gli alunni del tecnico il pc è una
presenza familiare; mentre nelle famiglie dei ragazzi del
professionale è qualcosa che riguarda in particolare le
nuove generazioni.
 87 
Il computer:
AL GIORNO QUANTE ORE PASSI AL COMPUTER? MEDIAMENTE…
ore
Una
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Otto
Zero
Non risponde
professionale
44%
31%
12%
0%
0%
0%
0%
0%
13%
tecnico
44%
31%
10%
4%
4%
1%
3%
4%
1%
Tabella n.19
possibili più risposte
Il computer:
COMPUTER PER
I dati ci dicono che l’uso prevalente che viene fatto del pc
è quello per comunicare con amici o chattare.
 88 
ESPERIENZE
costruire il contesto classe:
un progetto per la seconda professionale
Marino Mart ignon
Introduzione al tema
Sempre più di frequente si manifestano, nelle nostre scuole,
delle situazioni di difficile gestione nelle classi. Alcuni
elementi sono sopravvenuti, negli ultimi anni, a trasformare
la fisionomia dei gruppi classe degli istituti superiori, in
particolare
per
i
primi
anni.
Tale
fenomeno
è
particolarmente evidente nella formazione professionale e
nell’istruzione professionale.
Fondamentalmente sono due le novità degli ultimi anni che
hanno contribuito a modificare il precedente assetto:
l’introduzione dell’obbligo d’istruzione a 16 anni e la
grave crisi occupazionale che ha colpito il mondo del
lavoro.
Per quanto attiene all’obbligo d’istruzione a 16 anni, una
delle conseguenze per le scuole secondarie di secondo grado,
in
particolare
nell’istruzione
e
nella
formazione
professionale, è stato il notevole flusso di studenti che si
sentono “costretti” alla frequenza e che manifestano un
totale disinteresse per le diverse materie di studio (molto
spesso nella scelta della scuola superiore da frequentare
sono determinanti due fattori: la vicinanza a casa e lo
scarso impegno di studio che si immagina in quella
particolare scuola). Moltissimi docenti delle scuole
superiori si sentono totalmente spiazzati da una tale
tipologia di studenti, fino ad alcuni anni or sono
l’iscrizione nelle scuole superiori era indice di un
desiderio di proseguire gli studi e comportava un
sufficiente impegno in questo senso.
Un secondo elemento di novità rispetto agli anni passati è
legato alla, ormai totale, chiusura del mondo del lavoro nei
confronti dei giovani. Al compimento del sedicesimo anno di
 89 
età lo studente potrebbe uscire dal sistema scolastico per
iniziare un percorso lavorativo, naturalmente mantenendo
garantito l’obbligo di formazione fino ai 18 anni.
L’impossibilità nell’inserire il proprio figlio nel mondo
del lavoro spinge molti genitori verso una scelta che
ritengono obbligata: far proseguire il proprio figlio nella
frequenza scolastica, senza pretendere troppo da lui, in una
posizione
potremmo
dire
di
“parcheggio”
a
tempo
indeterminato. Anche questa situazione risulta nuova per i
docenti delle superiori, fino a qualche anno fa vi era,
infatti, da parte delle famiglie e degli studenti il
desiderio di concludere quanto prima il ciclo di studi per
entrare nel mondo del lavoro, nel caso in cui il ragazzo
avesse manifestato delle difficoltà con gli studi non si
esitava nell’indirizzarlo verso il mondo del lavoro, oggi,
decisamente, la situazione è totalmente modificata.
Per comprendere appieno l’esperienza che mi accingo a
descrivere è necessario tener ben presente quanto qui sopra
descritto.
La necessità di “tematizzare il disagio”:
l’esperienza in una classe seconda del professionale
Il disagio nel suo manifestarsi
Sono fondamentalmente tre gli elementi da considerare se si
desidera comprendere quando il gruppo classe vive una
condizione di disagio:
-
Annotazioni disciplinari
Giudizio espresso dai docenti del consiglio di classe
Rendimento scolastico
Ebbene, per una classe seconda dell’IPIA, già nel mese di
novembre, osservando le tre variabili di cui sopra era
possibile presumere come all’interno del gruppo classe si
vivesse una notevole situazione di disagio. Le numerose
annotazioni disciplinari, il diffuso basso rendimento
scolastico (in particolare per alcune materie) e il giudizio
negativo espresso dai docenti, tutti questi elementi
concordavano nel suggerire l’esistenza di un disagio. La
questione che ora si poneva era come affrontare una tale
 90 
situazione, quali strategie mettere in atto per cercare di
migliorare la situazione.
Come affrontare la situazione di disagio
Di fronte ad una tale situazione la prima reazione da parte
dei docenti tende ad essere di carattere prevalentemente
sanzionatorio. In particolare le proposte prevalenti emerse
dal consiglio di classe prevedevano di passare dalle
annotazioni disciplinari alla sospensione, altre misure
suggerite prevedevano di dare delle verifiche a sorpresa a
tutta la classe, per punire il comportamento non corretto di
alcuni. In questa particolare condizione ho proposto ai
docenti del Consiglio di Classe di consentirmi di iniziare
con gli studenti uno specifico percorso, per verificare se
vi fosse una strada alternativa, rispetto a quella a
prevalente carattere sanzionatorio.
Avuto il consenso del Consiglio, ho iniziato con gli
studenti, che non appartengono a una delle classi in cui
insegno, un percorso (delineato nel “Progetto adolescenza:
star bene a scuola” approvato dal Collegio docenti e
inserito nel P.O.F.) di confronto-verifica per cercare di
risolvere una tale situazione di disagio e per porre le
condizioni del formarsi di un contesto classe più sereno e
proficuo.
L’attività svolta con gli studenti della classe
Ho portato avanti con gli studenti della classe una serie di
incontri (otto per la precisione, per un totale di dodici
ore), alcuni in compresenza con il docente di Lettere della
classe, altri da solo. Agli studenti è stato proposto, alla
fine del percorso, un questionario, in forma anonima.
Negli incontri ciò che innanzitutto è emerso è stato il
desiderio, da parte degli studenti, di essere ascoltati.
Questo loro modo di porsi mi è stato molto utile perché mi
ha consentito di focalizzare l’attenzione su un aspetto che
era stato, fino ad allora, piuttosto trascurato, ossia da
dove fosse originato il disagio che si era manifestato in
modo evidente nei primi mesi di scuola. Ho quindi compreso
quanto fosse importante “Tematizzare l’origine del disagio”:
 91 
solo attraverso una tematizzazione dell’origine, infatti,
era possibile tentare di risolverlo.
Le strategie per “tematizzare il disagio”:
attenzione, ascolto, dialogo
Una particolare “attenzione” nei confronti degli studenti
(dialogo con loro, osservazione delle risposte date ai
questionari, lettura dei dati di segreteria, tipologia delle
annotazioni disciplinari) mi ha consentito di cogliere i
seguenti aspetti:





Sette studenti sono in ritardo di un anno rispetto
all’età anagrafica e ben sei di due anni
Il 23% degli studenti afferma di frequentare la
scuola solo perché obbligato
Le annotazioni disciplinari coinvolgono un numero
notevole di studenti, più del 50%
Il
carattere
delle
annotazioni
disciplinari
è
piuttosto simile: quasi sempre si evidenziava il
desiderio di non seguire/disturbare la lezione
Il punteggio medio di interesse per ciò che viene
proposto in classe dai docenti è piuttosto basso: un
valore medio di 4,9/10, con valori di 3,5/10 per
alcune materie
L’“ascolto” che ho prestato loro è stato importante perché
ha consentito di riflettere sul loro disagio. Ad una delle
domande che ho proposto nel questionario, il 50% degli
studenti ha indicato come indispensabile “parlare di più con
gli studenti” da parte dei docenti.
Attraverso il “dialogo” con questi studenti è emerso
chiaramente il loro senso di disorientamento e di malessere,
dovendo vivere una condizione imposta dal mondo degli
adulti, così come si è evidenziata la richiesta-esigenza di
essere guidati da un adulto significativo con il quale
confrontarsi. L’esigenza che innanzitutto è emersa è quella
di un adulto disposto a prendersi cura di loro.
 92 
Conclusioni
Per quanto ho potuto sentire dai colleghi della classe mi
sembra che la situazione negli ultimi mesi sia migliorata
rispetto ai mesi iniziali. Non so se il mio intervento abbia
contribuito a creare una maggiore serenità all’interno del
gruppo classe e nei rapporti tra studenti e docenti. Una
cosa, però, appare con certezza: sempre più frequenti sono i
casi nei quali, come per questa classe, il disagio si
manifesta in modo evidente. L‘obbligo scolastico per il
biennio, la mancanza di alternative lavorative, la rilevanza
sempre maggiore che ha assunto la componente socio-emotiva
(affettiva) rispetto a quella razionale, sono fattori con i
quali, oggi, ci dobbiamo necessariamente confrontare. Come
affrontare la nuova sfida?
 93 
IL PATTO DI CORRESPONSABILITÀ
PER UNA COMUNITÀ EDUCANTE
Renato Padovan
Cos’è la “Corresponsabilità Educativa”?
La circolare applicativa 3602 del 31 luglio 2008 introduce
il “Patto educativo di corresponsabilità”.
Essa parte dalla necessità di prevenire comportamenti non
adeguati degli alunni (bullismo, vandalismo, ecc.) definendo
impegni
reciproci
tra
genitori,
alunni,
insegnanti,
collaboratori.
Purtroppo è stata necessaria una norma per precisare quella
che da sempre è considerata una pratica “naturale”, cioè
condivisa in modo implicito da una comunità.
Dopo quasi cinque anni la corresponsabilità educativa è
ancora un argomento attuale; infatti l’ultimo atto in ordine
di tempo da parte del Ministro dell’Istruzione è intervenuto
lo scorso 18 dicembre 2012 nell’ambito della XI Giornata dei
Genitori e della Scuola. In tale occasione il Ministro ha
consegnato alle associazioni di genitori le Linee di
indirizzo
sulla
“Partecipazione
dei
genitori
e
corresponsabilità educativa”.
Il Patto, dal punto di vista pratico, si concretizza in una
sorta di “contratto” scritto e firmato dalle “parti”; in
realtà, invece, nella sua essenza, dovrebbe essere un
accordo/impegno etico e morale con l’alta finalità di
consentire ai giovani il raggiungimento del successo
educativo e formativo.
La corresponsabilità quindi non può essere solo un “accordo”
per riparare i danni provocati dai ragazzi.
I genitori sono e restano i primi educatori dei figli e tale
funzione non può essere semplicemente “delegata” a terzi,
nemmeno se questi sono insegnanti.
 94 
È invece necessario stabilire una alleanza educativa per
riuscire ad offrire ai figli una linea educativa “coerente e
condivisa”, cioè per evitare che, come invece spesso accade,
i giovani si trovino di fronte a linee educative divergenti
che li inducono a scegliere di volta in volta il modello a
cui riferirsi.
I Soggetti coinvolti
Come già detto in precedenza, i genitori e la famiglia sono
i primi, fondamentali e insostituibili educatori dei figli.
Il compito formativo e di trasmissione della cultura, nelle
società civili, è assunto dal sistema scolastico che, a sua
volta, diviene un pilastro fondamentale nella comunità.
L’educazione, l’istruzione e la formazione dell’individuo
sono quindi ingredienti necessari per costruire il benessere
della persona. Il benessere, in questo caso, inteso come il
raggiungimento di quel complesso di educazione e di nozioni
sufficienti per permettere all’individuo la conduzione proattiva della propria esistenza in relazione con l’ambiente e
le persone che lo circondano.
I tre
-
soggetti individuati sono quindi:
i figli, studenti
i genitori
la Scuola (Dirigenti, Docenti, personale ATA)
Sono
i
soggetti
che
condividono
il
patto
di
corresponsabilità educativa; senza tutti e tre questi
soggetti non si può parlare di corresponsabilità o di
alleanza educativa.
Come attivare la “Corresponsabilità Educativa”?
Per attivare la corresponsabilità, per metterla in pratica,
oltre alla volontà delle parti sono necessari
-
modalità,
occasioni,
 95 
-
ambiti (luoghi) di
corresponsabilità.
incontro
in
cui
esercitare
la
Le modalità dovrebbero essere basate sul rispetto reciproco
tra i soggetti che abbiamo individuato prima e delle loro
competenze.
Questo significa innanzitutto saper stare ognuno al proprio
posto, portando avanti i propri compiti, tenendosi in
relazione continua, anche con critiche costruttive, ma
essendo presenti, per concorrere tutti assieme all’obiettivo
comune.
È sempre più necessario agevolare le occasioni di incontro,
fare in modo di rimuovere gli ostacoli alla partecipazione
e, tutti, impegnarci ad esserci nel momento della verifica e
del confronto.
Purtroppo, su questo punto, non si può non registrare che la
categoria dei genitori, spesso, disattende l’impegno della
presenza, preferendo ad esso l’esercizio della delega in
bianco.
Peraltro, senza per questo generalizzare, la Scuola in
assenza di un dialogo di confronto, a volte, tende a
diventare auto-referenziale e a staccarsi dal contesto reale
e territoriale. Si consideri ad esempio la crescente
necessità di instaurare accordi Scuola-Lavoro, Stage
formativi, ecc.
Per quanto riguarda gli ambiti, i luoghi in cui esercitare
la corresponsabilità, noi crediamo che non sia necessario
inventarsi cose nuove.
A 39 anni dai decreti delegati del 1974, successivamente
riorganizzati nel Testo Unico (DL 297/94) si può affermare
di avere a disposizione strumenti di corresponsabilità di
straordinaria efficacia se utilizzati secondo gli intenti
originari.
Nelle citate
infatti:
Linee
di
indirizzo
 96 
ministeriali
si
legge
“Nell’attuale fase di promozione e realizzazione della
corresponsabilità educativa, va considerato quindi l’iter
normativo e le buone pratiche già realizzate nelle
scuole, sia statali che paritarie, che hanno preparato il
terreno scolastico rendendolo sensibile ad un lavoro
sinergico con le famiglie e con gli studenti e ad un
miglior uso delle opportunità e degli strumenti già
disponibili nelle scuole.”
Questi, ad esempio, sono gli ambiti a cui partecipano anche
i genitori:
-
-
Colloqui personali con gli insegnanti (in cui si
instaura un rapporto 1 a 1)
Consigli di classe (azione propositiva e consultiva
su temi didattico-educativi)
Consiglio di Istituto (POF, Organo di garanzia,
valutazione, regolamento di Istituto, linee di
indirizzo per l’Istituto, bilancio)
FOPAGS (forum provinciale delle associazioni genitori
nella scuola)
FORAGS (forum regionale delle associazioni genitori
nella scuola)
FONAGS (forum nazionale delle associazioni genitori
nella scuola)
Ma per valorizzarli e renderli veramente funzionali alla
Corresponsabilità Educativa è necessario:
-
-
-
da un lato informare, preparare i soggetti prima
individuati circa il significato degli strumenti di
corresponsabilità;
dall’altro massimizzarne l’uso valorizzandoli e
facendo sì che vengano rispettati per il ruolo, anche
formale, che essi hanno;
valorizzare il ruolo del rappresentante;
garantire la democraticità degli Organi Collegiali.
 97 
Il processo educativo nella scuola si costruisce in primo
luogo nella comunicazione tra docente e studente e si
arricchisce in virtù dello scambio con l'intera comunità che
attorno alla scuola vive e lavora. In questo senso la
partecipazione al progetto scolastico da parte dei genitori
è un contributo fondamentale.
Gli Organi collegiali della scuola, che – se si esclude il
Collegio dei Docenti – prevedono sempre la rappresentanza
dei genitori, sono tra gli strumenti che possono garantire
sia il libero confronto fra tutte le componenti scolastiche
sia il raccordo tra scuola e territorio, in un contatto
significativo con le dinamiche sociali.
Tutti gli Organi collegiali della scuola si riuniscono in
orari non coincidenti con quello delle lezioni.
Che pratiche adottare?
Alcune pratiche utili che si possono suggerire sono:
-
-
Coinvolgere
i
genitori
attraverso
gli
organi
collegiali con insistenza e senza perdere fiducia.
I rappresentanti devono essere valorizzati nel loro
ruolo mediatore di rappresentanza.
I rappresentanti dei genitori, a loro volta, devono
essere “efficaci” nella loro funzione, soprattutto
comunicativa, sfruttando strumenti come le assemblee
di classe per mantenere il contatto con i genitori
rappresentati.
Formare i genitori fin dai primi anni di scuola dei
figli perché apprendano il “gusto” di seguirne la
vita scolastica in modo pro-attivo e costruttivo.
Il rischio che si corre è che nei gradi scolastici
superiori, quando verranno meno anche eventuali legami
comunitari, la delega e la distanza dalla scuola portino
immancabilmente “all’abbandono” dei figli; proprio quando
essi stanno vivendo la fase adolescenziale della propria
esistenza.
 98 
Autonomia Scolastica e Corresponsabilità
L’Autonomia Scolastica definisce campi di azione specifici
che gli Istituti possono, se lo vogliono, mettere in atto.
Basti pensare alla progettazione dell’Offerta Formativa che
porta a proporre, con il POF, una offerta diversificata e
funzionale ai bisogni del territorio. Essa è finanziata
talvolta fino all’80% con i contributi volontari delle
famiglie e degli enti locali.
A tal proposito, il DPR 275/99 art.3 comma 3 definisce il
coinvolgimento dei genitori nella preparazione del POF:
«Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio
dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le
attività della scuola e delle scelte generali di gestione e
di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di
istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati
dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei
genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli
studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di
istituto.»
La figura seguente illustra schematicamente il ruolo
“circolare” dell’Autonomia Scolastica nel processo di
attivazione della Corresponsabilità educativa.
 99 
L’augurio che ci facciamo è che tutte le “agenzie educative
e formative” del territorio, applicando coerentemente la
Corresponsabilità,
consentano
il
raggiungimento
dell’obiettivo primario che ci poniamo: IL SUCCESSO
EDUCATIVO E FORMATIVO DEI GIOVANI CHE SARANNO DONNE E UOMINI
DI DOMANI.
 100 
RISONANZE
(CONCLUSIONI IN PROGRESS!)
Rinalda Montani
Sfumature
sull’identità
di una scuola:
Istruzione Superiore “Euganeo” Este (Pd).
Istituto
di
Riassumo alcuni indicatori emersi dalle relazioni e dagli
interventi durante lo svolgimento del Convegno.
-
-
-
-
-
-
L’accoglienza è formazione e in quanto tale dura
tutto l’anno; essa va declinata a scuola tra gli
alunni, tra i docenti, con le famiglie.
Il successo formativo a scuola è sostenuto dalla
passione e dal senso di appartenenza ad una “comunità
di pratiche”.
La partecipazione alla vita della scuola favorisce il
dialogo tra docenti e studenti che diventa un
traguardo, ben oltre lo scambio di informazioni. La
progettazione partecipata è necessaria perché la
nostra scuola non sia più quella “dell’apnea”.
Il desiderio di ascolto e di attenzione richiede
riconoscimento e stima nei confronti di ogni
studente, anche oltre le apparenze. È significativo,
per i docenti, passare dall’idea di farsi ascoltare a
quella di ascoltare i ragazzi. Lo spaesamento dei
ragazzi è anche ricerca di adulti significativi
disposti ad accogliere il pensiero dell’altro.
Star bene a scuola significa anche farsi carico della
difficoltà di gestire le proprie emozioni e di
tematizzare il disagio.
Il patto di corresponsabilità vede una scuola come
cantiere sempre aperto, una scuola con “le luci
accese anche di sera” dove ci si incontra, si
progetta, si cresce, si spera, dove si può anche
sognare parlando di educazione.
 101 
C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato.
C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.
C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
(Danilo Dolci)
 102 
MAPPE CONCETTUALI
DEGLI INDIRIZZI DI STUDIO
DELL’I.I.S. “EUGANEO”
A cura di Rita Rossetto
 103 
Indirizzo Biotecnologie Ambientali
 104 
Indirizzo Biotecnologie Sanitarie
 105 
Indirizzo Elettrotecnica
 106 
Indirizzo Informatica
 107 
Indirizzo Logistica e Trasporti
 108 
Indirizzo Meccanica e Meccatronica
 109 
Indirizzo Manutenzione e assistenza tecnica
 110 
Indirizzo Servizi socio-sanitari – Odontotecnico
 111 
Indirizzo Servizi socio-sanitari (anche corso serale per adulti – in fase di autorizzazione)
 112 
Indirizzo Produzioni industriali e artigianali
 113 
GLI AUTORI
Andrea Bergamo: Dirigente scolastico,
della
Sezione Interventi Educativi
Scolastico Territoriale di Padova.
responsabile
dell’Ufficio
Elisa Bussi: Docente di Lettere presso l’I.I.S.
“Euganeo”, responsabile del Gruppo di Lavoro per
l’inclusione
e
referente
della
rete
C.T.I.
dell’Estense e del Montagnanese.
Francesco Bussi:
“Euganeo”.
Dirigente
scolastico
dell’I.I.S.
Nicola
Ceccon:
Docente
di
Informatica,
Primo
collaboratore del Dirigente e responsabile del sito
web dell’I.I.S. “Euganeo”.
Milena Cosimo: Dirigente scolastico, docente di
Matematica presso l’I.I.S. “Euganeo” fino all’a.s.
2012-2013.
Stefania Della Sala: Educatrice professionale del
Ser.D dell’ULSS 17, operatrice dello sportello
ascolto presso l’I.I.S. “Euganeo” nell’a.s. 20122013.
Marino Martignon: Docente di Lettere presso l’I.I.S.
“Euganeo”,
attuale
responsabile
dell’Indirizzo
professionale dell’Istituto.
Cristina Minelle: Docente di Lingua Francese e Docente
a contratto presso l'Università Ca' Foscari di
Venezia. Ha messo a punto il modello di ‘accoglienza
docenti’
in
sperimentazione
presso
l’I.I.S.
“Euganeo”.
 114 
Rinalda Montani: Pedagogista, Docente dell’Università
di Padova, responsabile UNICEF di Padova per i
progetti “Città amica dei bambini” e “Verso una
scuola amica delle bambine e dei bambini”.
Renato Padovan: Presidente del Consiglio d’Istituto
dell’I.I.S. “Euganeo”, impegnato da anni nella
costruzione della partecipazione dei genitori negli
Organi collegiali della scuola.
Elisa Padrin: Docente di Lettere presso l’I.I.S.
“Euganeo”, Funzione strumentale per i progetti di
accoglienza.
Giancarlo Piva: Sindaco di Este. Impegnato nei
progetti per la sostenibilità: promotore della
partecipazione della città ad Agenda 21 locale e al
Patto dei Sindaci.
Rita Rossetto: Docente di Matematica presso l’I.I.S.
“Euganeo”, ideatrice del modello di rappresentazione
grafica degli indirizzi di studio dell’Istituto.
Elisabetta Trivellato: Docente di Lettere dell’I.I.S.
“Euganeo”, Funzione strumentale per i progetti di
educazione alla salute, per il ben-essere a scuola e
per le attività degli studenti.
 115 
INDICE
INTRODUZIONE
7
DIRITTO ALL’ISTRUZIONE
10
PICCOLI PENSIERI PER UN PICCOLO CONVEGNO
17
SCUOLA DELLE COMPETENZE PER IL BENESSERE
27
RISORSE (VERAMENTE) UMANE
40
DECLINARE IL BENESSERE NEL CONTESTO URBANO “IL PATTO
DEI SINDACI”
50
ESPERIENZE
54
declinare l’accoglienza a scuola con il progetto accoglienza
dell’I.I.S. “Euganeo”
54
declinare l’inclusione attraverso l’ascolto ascolto,
consapevolezza e fiducia”
64
analisi dei dati del questionario 2012-201
71
costruire il contesto classe: un progetto per la seconda
professionale
89
IL PATTO DI CORRESPONSABILITÀ PER UNA COMUNITÀ
EDUCANTE
94
RISONANZE (CONCLUSIONI IN PROGRESS!)
101
MAPPE CONCETTUALI DEGLI INDIRIZZI DI STUDIO DELL’I.I.S.
“EUGANEO”
103
AUTORI
114
IIS EUGANEO
ITIS EUGANEO (PDTF02601E)
Istituto tecnico del settore tecnologico
Automazione
Biotecnologie Ambientali
Elettronica
Elettrotecnica
Informatica
Logistica
Meccanica-Meccatronica
IIS EUGANEO
IPIA EUGANEO (PDRI02601N)
Istituto professionale del settore servizi socio-sanitari
Istituto professionale del settore industria e artigianato
Servizi socio-sanitari
Odontotecnico
Metalmeccanico
Termotecnico
Controllo Alimentare
IIS EUGANEO
Via Borgofuro, 6
35042 Este (Pd)
Tel. 0429.21.16 - Fax 0429.41.86
[email protected] - www.iiseuganeo.it
CF 91023830283 - CM PDIS026002
ISBN 978-88-909310-1-7
PUBBLICAZIONI I.I.S. EUGANEO
ATTI DEL CONVEGNO - ACCOGLIENZA, INCLUSIONE,
ASCOLTO PER IL BEN-ESSERE A SCUOLA E NELLA
CITTÀ
eBook scaricabile dal sito
www.iiseuganeo.it
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Accoglienza, Inclusione, Ascolto per il ben