N.Giglietto A.A. 2004/05- 37.3-4 - Massimi e minimi di diffrazione singola fenditura - 1 ' $ Cap 37 - Ottica Fisica- Diffrazione Se un’onda incontra un ostacolo di dimensioni confrontabili con la sua lunghezza d’onda, l’onda si diffrange (o si sparpaglia). In alre parole la diffrazione è un particolare fenomeno d’interferenza che si verifica quando un’onda incontra un ostacolo lungo il suo percorso. Ad esempio la diffrazione avviene quando un’onda luminosa passa attraverso una fenditura, ed è un fenomeno caratteristico di tutte le onde. 37.2 - Diffrazione da singola fenditura Consideriamo la situazione di attraversamento della fenditura e vediamo quando si verificano gli effetti d’interferenza. Rispetto alla trattazione dell’interferenza stiamo considerando la presenza di un unica fenditura. Assumiamo che il fronte d’onda piana attraversi una fenditura sottile (rettangolare) di lunghezza a. Ricordiamo che in questi casi si può applicare il principio di Huygens-Fresnel e considerare ogni punto della & 1 % N.Giglietto A.A. 2004/05- 37.3-4 - Massimi e minimi di diffrazione singola fenditura - 2 ' $ regione nella fenditura come sorgente puntiforme di onde sferiche. Dividiamo l’intera fenditura in due parti e consideriamo la differenza di fase delle onde emesse ai due estremi della metà fenditura quando arrivano sullo schermo nel punto P1 in figura. La differenza di cammino tra le due onde è a2 sinθ. Pertanto come nel ragionamento fatto per l’interferenza questa differenza di cammino comporta una differenza di fase che può essere distruttiva o costruttiva. Nel primo caso si ha il primo minimo quando a2 sinθ = λ2 ovvero asinθ = λ. Il ragionamento fatto possiamo ripeterlo considerando l’ulteriore metà fenditura che porterà a trovare un secondo minimo: in & % 2 N.Giglietto A.A. 2004/05- 37.3-4 - Massimi e minimi di diffrazione singola fenditura - 3 ' $ questo caso la condizione che risulta considerando un quarto della fenditura è a4 sinθ = λ2 ovvero asinθ = 2λ. Iterando il ragionamento si ottiene quindi che i minimi sono definiti dall’equazione asinθ = mλ con m=1,2,3. . . I massimi e minimi d’interferenza hanno però una intensità variabile. Nel paragrafo seguente effettueremo il calcolo quantitativo. Notiamo comunque che l’effetto è evidente quando la lunghezza d’onda è paragonabile alla dimensione della fenditura. Inoltre al centro della fenditura tutte le onde si compongono con differenza di fase nulla per cui la posizione centrale avrà necessariamente un massimo d’interferenza. 37.3-4 - Massimi e minimi di diffrazione singola fenditura Dividiamo la fenditura in N parti di lunghezza ∆x piccole a sufficienza da considerarsi puntiformi. Dal momento che ∆Φ = 2π λ ∆(cammino) la differenza di fase allora in base a quanto trovato prima, la differenza di fase tra le due on& 3 % N.Giglietto A.A. 2004/05- 37.3-4 - Massimi e minimi di diffrazione singola fenditura - 4 ' $ de elementari adiacenti (e distanti ∆x) è ∆Φ = 2π λ ∆xsinθ. E ogni onda adiacente ha la stessa ampiezza ed è sfasata di questa quantità con la precedente. Se ripetiamo il calcolo con la notazione dei fasori otteniamo la situazione descritta dalla figura: Nella figura, al tendere ad infinitesimi dei segmenti ∆x allora i fasori di ogni tratto tendono a descrivere un arco di circonferenza di raggio R. L’angolo φ in figura è lo sfasamento tra il primo e l’ultimo segmento ed è anche l’angolo al centro della circonferenza. Il campo risultante Eθ è dalla figura pari a Eθ = 2Rsin( φ2 ) inoltre l’angolo espresso in radianti è (θ = Rs ) φ = ERm . Utilizziamo quest’ultima equazione per eliminare l’arbitrario va& 4 % N.Giglietto A.A. 2004/05- 37.3-4 - Massimi e minimi di diffrazione singola fenditura - 5 ' $ lore di R in questa figura e otteniamo che l’ampiezza risultante è Eθ = ( Eφm )sin( φ2 ) Da questa 2 quindi elevando al quadrato otteniamo che l’inEθ2 I tensità prodotta dalla diffrazione è Im = E 2 m 2 Im ( sinα ) α da cui I = con α = φ/2. L’angolo φ che abbiamo indicato infine sarebbe l’angolo di sfasamento tra il primo e l’ultimo dei segmenti e quindi degli estremi della fenditura: lo sfasamento per questi è allora φ = 2π λ asinθ Di conseguenza la condizione per i minimi si ha quando α = mπ, m=1,2,3. . . che significa quando l’angolo di inclinazione sullo schermo è dato da α = φ/2 = πa λ sinθ = mπ da cui asinθ = mλ. & % 5 N.Giglietto A.A. 2004/05- 37.5-Diffrazione da foro circolare - 6 ' $ (sin(3.15*(sin(3.15*x/180)))/(3.15*sin(3.15*x/180.)))^2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80 Angolo (gradi) Figura 1: Due esempi di diffrazione per a=λ e per a=2λ La distanza tra i primi due minimi attorno al centro (m=± 1) è pari a ∆sinθ = 2λ d . Questo parametro ci da una indicazione quantitativa di come e quando funziona la diffrazione: per a À λ sinθ → 0 e si osserva una fenditura stretta illuminata questo è il caso usuale in cui non vi sono effetti diffrattivi. Quando invece al limite a = λ i due minimi si trovano a 90◦ , il che comporta tutto lo schermo illuminato (e a maggior ragione per a≤ λ. La determinazione dei massi& 6 % N.Giglietto A.A. 2004/05fenditura - 37.6 Diffrazione da doppia 7 ' $ mi è più complessa anche se con buona approssimazione si trovano massimi quando l’argomento λ sin2 è max che comporta sinθ = (2m + 1) 2a 37.5-Diffrazione da foro circolare L’analisi dettagliata di questa situazione è più complessa anche se il metodo di calcolo è sostanzialmente il medesimo. Il risultato è pertanto simile a parte un coefficiente che viene dal calcolo dettagliato e che dipende dalla geometria specifica. La condizione per trovare il primo minimo è dato dall’equazione sinθ = 1.22 dλ d=2R diametro del foro. Potere risolvente degli strumenti ottici Negli strumenti ottici è importante risolvere le immagini, ovvero distinguerle. Supponiamo ad esempio di avere due sorgenti luminose e puntiformi e separate angolarmente di un certo angolo teta. Nella situazione ideale lo strumento evidenzia le due sorgenti e su un ipotetico schermo troveremmo due massimi distinti. Tuttavia & 7 % N.Giglietto A.A. 2004/05fenditura - 37.6 Diffrazione da doppia 8 ' $ se teniamo conto che possono comparire effetti di diffrazione allora dobbiamo stabilire prima di tutto un criterio per decidere quando due sorgenti sono distinte. Alla luce di quanto detto prima, infatti, ogni fenditura circolare (anche la lente ne è un esempio) diffrange e rispetto alla posizione centrale, la larghezza dell’immagine è pari alla larghezza del massimo centrale di diffra- zione. Due immagini sono distinte (angolarmente) se il massimo della seconda sorgente è quantomeno posizionato in corrispondenza del minimo della prima, o più lontana (Criterio di Rayleigh). Utilizzando la precedente equazione delle fenditure circolari questo comporta che la separazione angolare & 8 % N.Giglietto A.A. 2004/05fenditura - 37.6 Diffrazione da doppia 9 ' $ deve essere almeno θR = 1.22 λd Pertanto anche per le lenti non si può prescindere dai limiti imposti dalla diffrazione che impedisce di separare all’infinito gli oggetti. Tale limite quindi affetta sia i microscopi che i telescopi. Per i miscroscopi un modo di aumentare la risoluzione è quello di utilizzare lunghezze d’onda più corte 37.6 Diffrazione da doppia fenditura Nella situazione di doppia fenditura si combinano i due effetti soprattutto quando la fenditura ha dimensioni comparabili alla lunghezza d’onda. L’effetto combinato di interferenza e diffrazione si pu pensare combinato in termini matematici come inviluppo della curva dell’interferenza con quella della diffrazione. La seguente figura fornisce un’idea immediata di come funziona la combinazione dei due effetti: in a) è la sola interferenza delle due fenditure, in b) la diffrazione di una singola ed in c) l’effetto combinato. Potete anche vederlo come un segnale & 9 % N.Giglietto A.A. 2004/05- 37.7 Reticoli di diffrazione - 10 ' $ modulato su un altro. La formula che descrive questa situazione dell’intensità sullo schermo è la seguente: sinα 2 I = Im (cos β)( ) α 2 πa con β = πd sinθ e α = λ λ sinθ che evidenzia i due termini rispettivamente di interferenza e diffrazione. Dalle formule ritroviamo che nel limite che a → 0 il termine sinα α → 1 ed il tutto tende all’interferenza di doppie fenditure (sotti& 10 % N.Giglietto A.A. 2004/05- 37.7 Reticoli di diffrazione - 11 ' $ li). Notare che in questo caso c’è anche l’effetto di diffrazione anche se nell’introduzione al capitolo precedente l’effetto l’abbiamo denominato interferenza. Pertanto Interferenza e diffrazione sono da vedersi come fenomeni intimamente correlati. 37.7 Reticoli di diffrazione L’evoluzione del discorso precedente si ha quando si parla di N fenditure, o nella analoga situazione in riflessione su incisioni regolarmente spaziate. Quando si ha un gran numero di fenditure le curve dei massimi di luce, che prima abbiamo visto per due fenditure, si stringono sempre più sino a diventare righe Possiamo anche in questo caso calcolare le condizioni di max e min d’interferenza. Indichiamo con d il passo del reticolo ovvero la distanza tra due solchi/fenditure & % 11 N.Giglietto A.A. 2004/05risolvente - 37.8 Reticoli:dispersione e potere 12 ' $ consecutivi In analogia a quanto trovato per l’interferenza, sul punto dello schermo in P avremo che l’interferenza è costruttiva se dsinθ = mλ m = 0, 1, 2, . . . è detto in questo numero d’ordine in cui m=0 corrisponde al massimo centrale. Se risolviamo questa eq. rispetto l’angolo otteniamo θ = arcsin( mλ d ) che è un eq. che può essere utilizzata per misurare la λ con misure di angoli (nel caso della doppia fenditura i massimi si sovrappongono troppo per poter utilizzare lo stesso metodo). Larghezza delle righe Se consideriamo come larghezza della righa la & 12 % N.Giglietto A.A. 2004/05risolvente - 37.8 Reticoli:dispersione e potere 13 ' $ distanza tra un max ed un minimo d’interferenza allora possiamo vedere cosa determina la larghezza delle righe nei reticoli. Nella trattazione della diffrazione (e anche questa ne è un esempio) abbiamo visto che si hanno minimi quando gli estremi della fenditura hanno una differenza di fase distruttiva: per la singola fenditura questa condizione è asinθ = λ nel caso di N fenditure le fenditure estreme saranno spaziate di N dsin(∆θ) considerando un massimo centrale, l’angolo cui troveremo il minimo ∆θ = Nλd è quello corrispondente alla larghezza del picco. Per N molto grande quindi i picchi di massimo diventano delle righe come indicato in fi- gura & La % 13 N.Giglietto A.A. 2004/05diffrattive - Altre applicazioni CD, lenti 14 ' $ formula precedente si estende a tutti i massimi λ con inclinazione θ secondo ∆θ = Ndcosθ 37.8 Reticoli:dispersione e potere risolvente Se utilizziamo i reticoli con luce non monocromatica possiamo essere interessati a distinguere i massimi di dur lunghezze d’onda vicine. In questi casi dobbiamo definire una quantità che ci misuri il grado di separazione. Questa quan∆θ tità è detta dispersione D = ∆λ tanto più grande è D tanto più lontane angolarmente sono due righe separate di lunghezze d’onda distanti m ∆λ. Dimostriamo brevemente che D = dcosθ infatti partendo dalla condizione dei massimi: dsinθ = mλ e differenziamo entrambi i membri dθ m dcosθdθ = mdλ da cui dλ = dcosθ che coincide con D se coinsideriamo variazione finite piccole. Potere risolvente Quando siamo interessati soprattutto a distinguere due lunghezze d’onda vicine allora si deλ si può difinisce il potere risolvente R = ∆λ & 14 % N.Giglietto A.A. 2004/05diffrattive - Altre applicazioni CD, lenti 15 ' $ mostrare che R = N m In definitiva un gran numero di fenditure aumenta il potere risolvemte del reticolo e la dispersione. Altre applicazioni CD, lenti diffrattive Una applicazione è quella dei Compact Disk nei quali un raggio laser colpisce una superficie di alluminio con delle incisioni lungo le tracce disposte a spirale. I solchi (delle buche in pratica) producono interferenza in riflessione. Da quanto abbiamo visto prima si hanno delle righe o buio e questo si può interpretare secondo un sistema binario come alternanza di bits. Un altra applicazione è quella delle lenti di Fresnel in cui si usa un opportuno reticolo diffrattivo in trasmissione per realizzare un ingrandimento angolare. Infatti dal momento che si hanno massimi di un certo ordine e a certi angoli si può realizzare un reticolo che funzioni come lente senza utilizzare la rifrazione. Un grosso vantaggio di questo tipo di lente è che si può realizzare una lente di grosse dimensioni e leggera (ad esempio usando plastiche), mentre le normali lenti sono necessariamente in vetro e spesse (perche’ sono superfici curve). Esempi di queste lenti sono comunemente in commercio (le lenti dei laser impiegate nei lettori cd sono di questo tipo) o utilizzate quali lenti d’ingrandimento o lenti particolari come quelle dei fari vedi ad es. & 15 % N.Giglietto A.A. 2004/05diffrattive - Altre applicazioni CD, lenti 16 ' $ http://www.qsl.net/ari_trieste/Lighthouse/Lighthouseita.htm Figura 2: La lente del faro di Trieste & % 16