DISPENSA TECNICA Il ruolo metabolico del tessuto adiposo e la modulazione della sua funzionalità con The verde e semi d’Uva Redazione scientifica a cura di: Pier Luigi Rossi e Anna Maidecchi Gli autori Prof. Pier Luigi Rossi Medico Specialista in Scienza dell’alimentazione. Specialista in Igiene e Medicina Preventiva. Docente di scienza dell’alimentazione e tecniche dietetiche (Università degli studi di Siena - Arezzo). Esperto del Consiglio Superiore di Sanità. Dal 1990 ad oggi, consulente scientifico RAI con presenza in video settimanale su temi di nutrizione clinica e sicurezza alimentare e medicina preventiva. Dott. ssa Anna Maidecchi Laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, specializzata in Farmacia Ospedaliera. Da oltre 10 anni si occupa dello studio e della valutazione dell’efficacia e della sicurezza d’uso delle piante medicinali all’interno del settore Ricerca e Sviluppo dell’azienda Aboca, come responsabile delle Ricerche Bibliografiche e degli Studi Preclinici e Clinici. Indice INTRODUZIONE: La salute nasce da un sano tessuto adiposo ....................................5 1.0 La salute del tessuto adiposo si pone al centro del peso corporeo e della prevenzione delle patologie degenerative ed estetiche. ....................7 1.1 - Dal peso corporeo alla composizione corporea ........................................................7 1.2 - Prima conoscere il proprio corpo, poi scegliere il miglior cibo...............................8 2.0 - Biotipo nutrizionale ..................................................................................................................9 2.1 - Diagnosi di composizione corporea..............................................................................9 3.0 - Organo adiposo ........................................................................................................................12 3.1 - Cellule staminali, preadipociti e adipociti................................................................. 13 3.2 - Adipociti bianchi: ipertrofia e iperplasia ................................................................... 14 3.3 - Tessuto adiposo bianco .................................................................................................. 15 3.4.- Adipocita bianco .............................................................................................................. 15 3.4.1- Trigliceridi adipocitari.......................................................................................... 16 3.5 - Adipocita bruno ................................................................................................................ 17 3.6 - Caratteristiche del tessuto adiposo bianco e bruno a confronto ...................... 17 3.7 - Adipociti e gestione dell’energia .................................................................................. 18 3.8 - Adipociti e sintesi proteica ............................................................................................. 20 3.9 - Funzione secretoria dell’organo adiposo .................................................................. 21 4.0 - Adipociti bianchi: ipossia, ischemia e stress ossidativo ....................................23 4.1 - Adipociti bianchi e infiammazione............................................................................. 24 4.2 - Adipociti, macrofagi e infiammazione ...................................................................... 25 4.3 - Adipociti, infiammazione e insulino-resistenza...................................................... 26 5.0- Le piante medicinali per il corretto funzionamento del tessuto adiposo ............................................................................28 The verde .....................................................................................................................................31 Descrizione .................................................................................................................................. 32 Costituenti attivi......................................................................................................................... 32 Attività .......................................................................................................................................... 33 Sintesi degli studi scientifici di rilievo per il controllo del peso corporeo................... 34 Semi d’Uva ..................................................................................................................................41 Descrizione .................................................................................................................................. 42 Costituenti attivi......................................................................................................................... 42 Attività .......................................................................................................................................... 43 Sintesi degli studi scientifici di rilievo per il fisiologico funzionamento del tessuto adiposo .................................................................................... 44 CONCLUSIONI .......................................................................................................................................47 REFERENZE.............................................................................................................................................48 3 INTRODUZIONE La salute nasce da un tessuto adiposo sano Avere un peso forma è una scelta di medicina preventiva ad ogni età. Il numero di persone il cui peso corporeo è elevato è in continuo aumento. In Italia il 27% delle persone è in sovrappeso, di cui il 36% degli uomini e il 18% delle donne, mentre l’8% risulta essere obeso, di cui il 9% tra uomini e il 7% tra le donne. Abbiamo percentuali più elevate di persone in sovrappeso o obese tra gli adulti con più di 45 anni, sia uomini che donne. È stato rilevato che al Sud e nelle Isole c’è una più elevata percentuale di persone in sovrappeso e obese rispetto alle altre macroaree del territorio italiano. Negli Stati Uniti gli obesi sono più del 30% della popolazione e nel Regno Unito più del 20%. In Europa, secondo previsioni recentissime, ci si aspetta che, a partire dal 2010, ci siano 150 milioni di adulti e 15 milioni di bambini obesi. L’obesità è una vera e propria epidemia e come tale è un problema di salute pubblica. La definizione della World Health Organization (WHO) identifica l’obesità come “un eccessivo accumulo di grasso tale da alterare lo stato di salute dell’individuo”. L’obesità è definita proprio dall’espansione del tessuto adiposo e dalla sua topografia corporea, non solo dall’aumento del peso corporeo; è infatti in questa direzione che la ricerca si è andata orientando nell’ultimo decennio, focalizzandosi proprio sul “tessuto adiposo”, a lungo precedentemente ignorato. Se fino a poco tempo fa, esso era considerato un deposito di lipidi, una riserva energetica, con le uniche funzioni di accumulo, sintesi e degradazione di lipidi, oggi, numerosi studi hanno dimostrato che è un organo estremamente complesso, nella sua istologia e nelle sue funzioni metaboliche. L’obesità è una condizione patologica generata dagli effetti dell’accumulo del tessuto adiposo sull’intero organismo maschile e femminile, ad ogni età. Il controllo dell’apporto energetico giornaliero è una condizione necessaria per la gestione della massa adiposa corporea, ma non è sufficiente a recuperare e mantenere il miglior peso corporeo. Ridurre la dose giornaliera di lipidi e di carboidrati contribuisce ad una progressiva riduzione del volume degli adipociti costituenti il tessuto adiposo, ma la fisiologica rimozione degli acidi grassi è condizionata e garantita in continuità anche dallo stato dei capillari e della matrice extra cellulare: tessuto connettivo posto tra cellula e cellula adiposa. Il tessuto connettivo è la cornice di sostegno e di accoglienza delle singole cellule adipose, “connesse“ tra loro da fibre di collagene. Guardare solo all’adipocita é riduttivo, e la sola dieta ipocalorica giornaliera non è sempre sufficiente a recuperare e mantenere il giusto peso forma e soprattutto a ridurre l’eccesso di adipe accumulato. Occorre che il tessuto adiposo possa recuperare appieno le sue naturali funzioni metaboliche. 5 Scopo primario di questo contributo scritto è di offrire una riflessione aggiornata alle più recenti ricerche scientifiche sul ruolo metabolico che il tessuto adiposo ha per l’intero organismo umano. La salute del nostro corpo ad ogni età nasce da un tessuto adiposo sano che si mantiene in una giusta proporzione con le restanti masse corporee. Un tessuto adiposo in eccesso è un tessuto infiammato, “malato”, che non permette il recupero del peso forma ed è causa di malattie degenerative, funzionali ed estetiche dell’intero organismo. 6 1.0 La salute del tessuto adiposo si pone al centro del peso corporeo e della prevenzione delle patologie degenerative ed estetiche. 1.1 - Dal peso corporeo alla composizione corporea Il peso corporeo letto sulla bilancia è la risultante di massa grassa, massa magra muscolare, acqua corporea e massa ossea. Il rapporto tra muscolo ed adipe è un indicatore di efficienza metabolica e di salute di un organismo. La massa magra muscolare, ad ogni età e senza distinzione di sesso, deve quantitativamente essere superiore alla massa adiposa. Il processo di decadenza fisica, estetica, funzionale di un corpo umano è caratterizzato da una progressiva riduzione della massa muscolare con un parallelo incremento della massa adiposa. In particolare la capacità di “bruciare” i nutrienti introdotti con l’alimentazione giornaliera è direttamente proporzionale alla massa magra muscolare ed inversamente proporzionale alla massa adiposa. Con il passare degli anni il corpo umano, maschile e femminile, va incontro alla sarcopenia, condizione patologica caratterizzata da una netta riduzione di massa magra muscolare, accompagnata da una progressiva espansione di massa grassa. Una persona può avere lo stesso peso corporeo in età diverse, ma il suo organismo con il passare degli anni va incontro ad una progressiva perdita di muscolo, ossa, acqua, con accumulo di grasso nell’addome e nella parte superiore dell’organismo. Quindi si ha una variazione della composizione corporea. Non è importante solo il peso, ma soprattutto conoscere il rapporto tra muscolo e adipe. La sarcopenia unita ad un eccessivo introito alimentare giornaliero genera obesità, stato infiammatorio cronico e patologie correlate all’obesità: ipertensione arteriosa, malattie cardio-vascolari, diabete mellito di tipo 2, aterosclerosi, dislipidemie con alti livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue, sindrome metabolica. L’eccesso di adipe, localizzato a livello sottocutaneo addominale (circonferenza vita) e all’interno della cavità addominale “grasso viscerale” è un fattore di rischio patologico, degenerativo. Oltre alla quantità di grasso corporeo, è davvero rilevante per la salute la sua topografia corporea. Il grasso addominale (viscerale e sottocutaneo) è il più “pericoloso” per la salute, efficienza metabolica e longevità rispetto al grasso sottocutaneo dei fianchi e degli arti inferiori. Infatti il tessuto adiposo bianco addominale è capace di secernere proteine infiammatorie (citochine) e ormoni. 7 1.2- Prima conoscere il proprio corpo, poi scegliere il miglior cibo La topografia adiposa e l’eccesso di massa grassa condizionano la qualità di vita, la salute, la longevità di ciascuna persona. La gestione del proprio peso corporeo, la localizzazione della propria massa adiposa sono scelte personali che hanno valenza primaria per il benessere psico-fisico da non “chiudere” solo in una cornice estetica. Dimagrire è ridurre “solo” massa grassa, senza intaccare la massa magra muscolare e l’acqua corporea. Conoscere solo il peso corporeo non basta più per la salute, occorre conoscere la composizione corporea, in particolare il peso e la sede della massa grassa. Per vivere in salute, nel benessere psico-fisico, per recuperare e mantenere il giusto peso forma occorre riscoprire di avere un corpo. Un sano narcisismo aiuta a vivere a lungo in salute. L’indice più utilizzato per la misura dell’obesità è l’indice di massa corporea (BMI = Body Mass Index, secondo la definizione americana) che si ottiene dividendo il peso corporeo (espresso in Kg) per l’altezza al quadrato (espressa in metri) e fornisce indicazioni sulla presenza di eventuali alterazioni del peso corporeo (sottopeso, normopeso, sovrappeso od obesità). Un soggetto normopeso ha un BMI compreso tra 18 e 25 kg/m2, un individuo sovrappeso invece si colloca nell’intervallo compreso tra 25 e 30 kg/m2, l’obesità si osserva invece quando il BMI supera i 30 kg/m2. Questo indice ha il limite di considerare il peso corporeo globale senza distinzione tra massa magra muscolare e massa grassa. Pertanto un soggetto con notevole sviluppo di massa magra muscolare potrebbe essere classificato in sovrappeso oppure obeso. DAL PESO CORPOREO ALLA COMPOSIZIONE CORPOREA MASSA GRASSA CORPOREA MASSA MAGRA CORPOREA ACQUA CORPOREA TOTALE MASSA OSSEA DIMAGRIRE vuol dire perdere solo MASSA GRASSA 8 2.0 - Biotipo nutrizionale La distribuzione della massa grassa può essere stimata sulla base del rapporto vita-fianchi (WHR, Waist to Hip Ratio), individui con un basso valore di WHR (distribuzione principale a livello gluteo femorale) possiedono un basso rischio di complicanze metaboliche e cardiovascolari, al contrario individui con un alto WHR (distribuzione dell’adipe a livello dei distretti superiori, principalmente a livello viscerale) mostrano un’aumentata mortalità ed un rischio superiore per le patologie sistemiche associate all’obesità. È opportuno sottolineare che l’accumulo di grasso in sede viscerale (addominale) è un importante fattore di rischio metabolico e cardiovascolare. Vale a dire che gli individui che accumulano grasso in questa sede hanno un maggior rischio di sviluppare diabete, ipercolesterolemia, infarti cardiaci o ictus cerebri rispetto a soggetti che accumulano grasso in altre sedi (per esempio nelle gambe). BIOTIPO NUTRIZIONALE Rapporto circonferenza vita-fianchi (WHR) ANDROIDE WHR: WHR: > 0,90 Uomo > 0,85 Donna MALATTIE CARDIOVASCOLARI SISTEMICHE • • • • • GINOIDE Ateriosclerosi Ipertensione arteriosa Infarto miocardico Trombosi, emorragia cerebrale Patologie degenerative croniche organi vitali (Diabete mellito, gotta) < 0,85 Donna MALATTIE VASCOLARI LOCALI • • • • • Capillari Edemi Ulcere arti inferiori Linfopatie e venopatie Cellulite 2.1 - Diagnosi di composizione corporea Una scelta prioritaria per chi vuol stare in salute anche se è in condizione normopeso oppure per chi programma di recuperare un sano peso forma è procedere alla diagnosi della composizione corporea, cioè conoscere la ripartizione tra massa grassa, massa magra, ossa e acqua corporea. Fermarsi al solo peso corporeo letto sulla bilancia non basta per stare in salute. Ogni perdita di peso va realizzata solo 9 nella parte grassa, ma se non si conosce il peso dell’adipe corporeo prima di iniziare la salutare scelta di riduzione dell’eccesso di peso corporeo, non si può mai sapere “dove” è stato perso peso. Perdere massa adiposa senza intaccare massa muscolare permette di “alzare” il metabolismo cellulare, condizione favorente il mantenimento del miglior peso raggiunto. Per conoscere la propria individuale composizione corporea occorrono precise metodiche e tecniche di diagnostica nutrizionale, come l’impedenziometria, la plicometria e la densitometria assiale a raggi X. Esame per conoscere i valori della resistenza del corpo umano al passaggio di una corrente elettrica di valore costante ad alta frequenza e indotta tramite due elettrodi di iniezione posti nella superficie dorsale della mano e due elettrodi posti nel dorso del piede omolaterale. Misura lo spessore del tessuto adiposo sottocutaneo in zone anatomiche definite: tricipitale, bicipitale, sottoscapolare, sovrailiaca, pettorale, addominale, anteriore coscia. Le pliche indicano nel tempo le modifiche locoregionali della adiposità. Densitometria assiale a raggi X a doppia energia, strumento diagnostico capace di misurare il comparto osseo, muscolare, adiposo dell’intero organismo e di specifiche aree anatomiche. 10 Tutte queste metodiche e tecniche vengono utilizzate per una stima della quantità totale di grasso presente nell’organismo; tuttavia la quantità effettiva di grasso dipende sia dal numero (iperplasia) che dalle dimensioni (ipertrofia) degli adipociti, cellule costituenti l’organo adiposo. L’iperalimentazione tende a far incrementare sia l’ipertrofia che l’iperplasia del tessuto adiposo. L’obesità o il sovrappeso dipendono dal grasso corporeo in eccesso, costituito dall’aumento del volume e del numero degli adipociti bianchi. Occorre conoscere l’anatomia e l’istologia del tessuto adiposo bianco e bruno per programmare interventi dietetici e di integrazione nutrizionale. 11 3.0 - Organo adiposo Le conoscenze sui principi strutturali e funzionali del tessuto adiposo hanno subito notevoli evoluzioni negli ultimi dieci anni fino ad arrivare all’odierna concezione dell’organo adiposo. Il tessuto adiposo, oggi, viene considerato un organo diffuso per le sue diverse funzioni endocrino-metaboliche e per la sua localizzazione estesa in molte regioni somatiche del corpo. A livello cellulare esso mostra una notevole eterogeneità, essendo costituito solo per metà da adipociti maturi, e per il resto da preadipociti, fibroblasti, cellule endoteliali, cellule nervose e macrofagi. La componenente adipocitaria è costituita da due distinte parti: il tessuto adiposo bianco (White Adipose Tissue, WAT) e il tessuto adiposo bruno (Brown Adipose Tissue, BAT). Il tessuto adiposo bruno rappresenta solo una minima quota nell’organismo, che in un soggetto adulto è pari a circa 50 grammi, rispetto ai chilogrammi del tessuto adiposo bianco. Il tessuto adiposo bianco invece, costituisce la maggioranza e pertanto merita di essere indagato a fondo. Le più importanti conoscenze di cui oggi disponiamo sul tessuto adiposo bianco riguardano il suo ruolo. Numerosissimi recenti studi hanno chiaramente dimostrato che il WAT è un organo metabolicamente attivo e, lungi dall’essere un tessuto inerte, è un organo secretorio ma soprattutto un vero e proprio organo endocrino. Il tessuto adiposo rappresenta la principale fonte energetica per tutte le cellule dell’organismo che richiedono molecole da bruciare per la loro sopravvivenza 24 ore al giorno. La presenza del tessuto adiposo consente di avere intervalli tra un pasto e l’altro e quando l’intervallo, per carenza di cibo, si prolunga per qualche settimana il tessuto adiposo diventa il tessuto della sopravvivenza. Per questo motivo probabilmente negli ultimi milioni di anni di vita della specie umana, quando la disponibilità del cibo non era abbondante, si sono selezionati quei geni che consentivano un migliore sviluppo di questo tessuto. Nell’attuale società dell’abbondanza alimentare il dono genetico della Natura si è trasformato in grave “handicap” fisiologico. Il corpo umano è stato selezionato per vincere la fame, non l’abbondanza e l’eccesso di energia alimentare. Chi eccede nella introduzione di energia va incontro ad obesità e a gravi malattie invalidanti la qualità e la durata della vita. La Natura elimina, fa “ammalare” le persone che “portano” via un eccesso di energia rispetto al loro fabbisogno di nutrienti necessari per vivere in armonia con il proprio ambiente di vita. 12 3.1- Cellule staminali, preadipociti e adipociti Nel tessuto adiposo sono presenti cellule staminali (una ogni 50 adipociti) e preadipociti. Queste cellule, se stimolate ed attivate, hanno la capacità di dividersi e dare origine a nuovi adipociti. Una volta formati, i nuovi adipociti bianchi rimarranno tali fino alla morte dell’individuo: potranno quindi aumentare o diminuire di volume ma non di numero. È dunque importante prevenire un aumento eccessivo del tessuto adiposo e del numero di adipociti, soprattutto nei bambini, nei quali tale fenomeno li condannerebbe, con elevate probabilità, a rimanere obesi per tutto il resto della vita. Il numero totale di cellule contenenti grasso in un individuo dipenderà dal tipo di alimentazione avuta durante i primi anni di vita e durante la pubertà. Quindi in un adolescente che mangia in modo scorretto iperalimentandosi, si formeranno molti adipociti che non potrà più eliminare per tutto il resto della sua vita; tutt’al più potrà ridurre la quantità di grasso contenuta in essi ma mai eliminarli completamente divenendo un soggetto predisposto all’incremento ponderale. In istologia, vengono riconosciuti due tipi di cellule adipose, quelle del grasso bianco e quelle del grasso bruno. I due tipi di adipociti sono contenuti in uno stesso organo: l’organo adiposo. La relativa presenza dei due citotipi dipende da diversi fattori: genetici, sesso, età, condizioni ambientali, condizioni nutrizionali, ma alcuni depositi sono tipicamente più ricchi di adipociti bianchi (quali il deposito perivescicale) mentre altri presentano più adipociti bruni (quali il deposito sottocutaneo anteriore, specie nella regione interscapolare). Non esistono quindi barriere anatomiche tra le regioni contenenti adipociti bianchi (tessuto adiposo bianco o WAT) e quelle contenenti adipociti bruni (tessuto adiposo bruno o BAT). Tuttavia, WAT e BAT differiscono tra loro per il diverso grado di vascolarizzazione e innervazione che sono decisamente più dense nel BAT. L’organo adiposo è dotato di una notevole plasticità che consente ai due citotipi parenchimali di interconvertirsi tra loro allo scopo di ripartire l’ energia contenuta negli acidi grassi tra due fondamentali tipi di necessità dell’ organismo: termogenesi e metabolismo cellulare. Questo nuovo concetto forse potrà essere utile per affrontare una delle più importanti e 13 diffuse problematiche che la medicina sta tentando di risolvere e che, assieme alle complicanze diabetiche e cardiovascolari che essa induce, rappresenta una delle maggiori cause di mortalità dell’uomo: l’obesità. 3.2 - Adipociti bianchi: ipertrofia e iperplasia Il grasso corporeo viene immagazzinato in tante piccole cellule adipose, gli adipociti, il cui numero e dimensione varia notevolmente da individuo ad individuo. Il grasso corporeo può aumentare in due modi: • IPERTROFIA: aumento del volume degli adipociti • IPERPLASIA: aumento del numero degli adipociti L’iperplasia del tessuto adiposo si verifica in determinati periodi della vita (ultimo semestre di gestazione, primo anno di vita e inizio della pubertà) o in particolari situazioni, come nell’obesità. In tutti gli altri casi permangono i fenomeni di ipertrofia. È importante ricordare che l’iperplasia, a differenza dell’ipertrofia, è un processo irreversibile, quindi anche in caso di dimagrimento esasperato le cellule non si riducono di numero, ma solo di volume. Quando una persona obesa dimagrisce, le cellule adipose perdono una certa quantità di grasso, riducendo il loro volume, ma il numero di adipociti non può essere ridotto. Ecco perché un obeso che sospenda la cura dimagrante, riacquista nel breve periodo gran parte del grasso corporeo perso. Alcuni studi sembrano dimostrare l’esistenza di una relazione tra numero di adipociti e regolazione dell’appetito. Secondo queste ricerche un elevato numero di cellule adipose “vuote” sarebbe responsabile dell’aumentato stimolo della fame. Questo fenomeno spiega perché, per un individuo obeso, è così difficile seguire una dieta ipocalorica. Nel digiuno prolungato i lipidi accumulati nell’adipocita vengono mobilizzati verso i vari tessuti dell’organismo, per essere utilizzati come substrato energetico; la goccia lipidica centrale scompare e le cellule diventano stellate o fusiformi. Con la ripresa dell’alimentazione i lipidi rapidamente si accumulano di nuovo nelle cellule. È importante però ricordare che questo meccanismo non avviene in tutte le zone corporee di deposito di grasso: il tessuto adiposo dell’orbita oculare, ad esempio, quello delle articolazioni maggiori e quello della pianta del piede e del palmo della mano si impoveriscono molto lentamente anche nel digiuno prolungato. Questi depositi di adipe sembrano avere essenzialmente una funzione meccanica di sostegno anziché un ruolo metabolico. 14 3.3 - Tessuto adiposo bianco Il tessuto adiposo bianco oltre alla funzione endocrina, poco conosciuta fino a qualche tempo fa, ha quattro funzioni principali: 1. rappresenta per l’organismo una riserva di materiale energetico 2. ha una funzione di sostegno e di protezione meccanica 3. evita la dispersione di calore svolgendo un ruolo di rivestimento coibente 4. determina la forma di alcune parti dell’organismo. Il grasso è localizzato per il 50% nel pannicolo sottocutaneo, dove svolge sia la funzione coibente che quella meccanica, per il 45% nella cavità addominale, dove forma il tessuto adiposo interno, infine per il 5% nel tessuto muscolare, dove svolge un’azione di aiuto al lavoro muscolare. I depositi più importanti sono nel connettivo sottocutaneo (pannicolo adiposo), nella loggia renale, nel mediastino, nell’omento, nel mesentere, nelle regioni retroperitoneali, in quelle ascellari ed inguinali. I depositi superficiali di grasso nel tessuto sottocutaneo variano per quantità a seconda della regione corporea, dell’età e del sesso. Con il passare degli anni l’accumulo del tessuto adiposo addominale (sottocutaneo e viscerale) è progressivo nell’uomo, mentre nella donna si evidenzia maggiormente a partire dalla menopausa. 3.4 - Adipocita bianco Al microscopio ottico, l’adipocita appare molto grande, di diametro superiore a 100 µm e di forma sferica. La forma può diventare ovale o poliedrica per effetto della pressione esercitata dalla cellule circostanti. La quasi totalità del volume cellulare è occupata da un’unica goccia lipidica; il nucleo è dislocato alla periferia e lo scarso citoplasma è ridotto ad un sottile anello periferico. Per questa ragione tale tessuto adiposo è stato chiamato uniloculare. Il colore bianco-giallognolo è legato al suo contenuto in carotenoidi. L’adipocita si trova in stretta connessione con la rete vascolare; riceve dal sangue i lipidi esogeni, acidi grassi provenienti dalla demolizione dei trigliceridi alimentari, e i lipidi endogeni, sintetizzati nel fegato e trasportati dal sangue sotto forma di lipoproteine plasmatiche. Il microscopio elettronico permette di vedere all’interno del citoplasma tutti gli organuli normalmente presenti nelle cellule: mitocondri, apparato del Golgi e reticolo endoplasmatico. Le cellule risultano circondate da una lamina esterna (membrana basale). Questa morfologia consente alla cellula di adempiere nel modo più adeguato alla sua principale funzione di rifornire l’organismo dell’energia richiesta 15 indipendentemente dalla frequenza dei pasti. Infatti la forma sferica rappresenta il miglior modo di accumulare volume nel minimo spazio e consente anche di esportare una notevole massa di molecole energetiche senza scomporre troppo l’anatomia del tessuto: infatti, una minima riduzione di diametro nella sfera corrisponde ad una considerevole riduzione del volume. 3.4.1- Trigliceridi adipocitari Il grasso bianco è il vero e proprio magazzino energetico del corpo, dove sotto forma di trigliceridi vengono stoccati i macronutrienti alimentari in eccesso derivanti da lipidi, carboidrati e proteine (attraverso reazioni biochimiche anche le proteine possono essere trasformate in grasso e contribuire all’incremento del peso corporeo). I trigliceridi giungono dal fegato inglobati nelle lipoproteine (VLDL) all’adipocita bianco attraverso il sistema vascolare. Nei capillari del microcircolo del tessuto adiposo bianco è attivo un enzima: la lipoproteinlipasi (LPL) prodotta dagli stessi adipociti bianchi. Questa lipasi attacca le VLDL liberando acidi grassi saturi/insaturi e glicerolo. Gli acidi grassi saturi/insaturi penetrano all’interno degli adipociti bianchi, mentre il glicerolo rimane nel sangue per essere trasferito di nuovo al fegato. L’insulina agisce sui suoi recettori ubicati nella membrana cellulare adipocitaria per favorire l’ingresso di glucosio, necessario per generare glicerolo all’interno dell’adipocita bianco. Formato il glicerolo la cellula lo unisce a tre molecole di acidi grassi per formare nuovi trigliceridi, molecole di deposito, pronte e disponibili per essere utilizzate dalle cellule dell’intero organismo per trarre energia metabolica. Se i trigliceridi non vengono utilizzati restano all’interno degli adipociti condizionando il loro volume. L’ormone insulina ha la chiave di entrata e di accumulo dei lipidi e del glucosio all’interno degli adipociti bianchi. L’uscita dei trigliceridi è controllata da una lipasi ormone sensibile (HSL) attiva all’interno degli adipociti bianchi. Con la sua azione (idrolisi dei trigliceridi) determina il rilascio da parte degli adipociti di acidi grassi, che verranno metabolizzati negli organi (muscolo, cuore) dove serve energia. Sulla propria membrana cellulare, il grasso bianco ha recettori per l’ormone tiroideo triiodiotironina 16 (T3), il glucagone, l’adrenalina e l’ormone della crescita (GH): ormoni attivanti la lipasi ormone sensibile (HSL). Questo controllo ormonale è la chiave di uscita degli acidi grassi dagli adipociti, ed è quindi responsabile della riduzione della massa grassa e del peso corporeo in eccesso. 3.5 - Adipocita bruno L’adipocita bruno presenta una morfologia completamente diversa da quella dell’adipocita bianco. Esso infatti si presenta come una cellula poligonale grande circa un terzo dell’adipocita bianco con nucleo centrale rotondeggiante ed abbondante citoplasma. Quest’ultimo è assai ricco di lipidi della stessa natura di quelli presenti nell’adipocita bianco (trigliceridi) ma organizzati a formare tante piccole gocce (organizzazione multiloculare). L’adipocita bruno ha una particolare morfologia dei mitocondri finalizzata alla necessità di avere la massima estensione possibile della membrana mitocondriale interna dove è inserita la proteina funzionale fondamentale di queste cellule: la proteina disaccoppiante 1 (UCP1). Questa proteina è espressa unicamente in queste cellule ed è responsabile del meccanismo molecolare di produzione di calore da parte dell’adipocita bruno. La produzione di calore rappresenta infatti la principale funzione dell’adipocita bruno. Poiché il substrato di acidi grassi a disposizione è enorme e poiché i mitocondri sono numerosi, grossi e ricchi di membrana mitocondriale interna, la quantità di calore prodotto è in grado di indurre una termogenesi valida per l’intero organismo. 3.6 - Caratteristiche del tessuto adiposo bianco e bruno a confronto WAT e BAT quindi sono organizzati a formare un vero e proprio organo. Le passate descrizioni anatomiche prevedevano una localizzazione di BAT e WAT in sedi corporee distinte ed essenzialmente limitate per il tessuto adiposo bruno all’area interscapolare, ascellare, cervicale profonda, mediastinica, intercostale e perirenale e per tessuto adiposo bianco nell’area sottocutanea e viscerale, mentre oggi si è visto che i due tessuti WAT e BAT, sono contenuti insieme in diversi depositi sottocutanei e viscerali. La ricerca scientifica ha consentito di acquisire ampie conoscenze sulla fisiologia degli adipociti bianchi e bruni. Recentemente è stata vista la capacità di interconversione reversibile da tessuto adiposo bruno a bianco e viceversa. Fig. 3: adipocita bianco e bruno Sembra infatti possibile una trans 17 differenziazione fisiologica e reversibile tra i due citotipi di cellule adipose presenti nell’organo. DIFFERENZE T. adiposo bianco T. adiposo bruno Funzione principale Riserva energetica Termogenesi Risposta al freddo Lieve Intensa Distribuzione Estesa Limitata Vascolarizzazione Scarsa Estesa Uniloculari Multiloculari Scarsi Numerosi Rilascio acidi grassi Ossidazione in situ Assente Presente Gocce lipidiche Mitocondri Metabolismo acidi grassi UCP1 Tabella di riepilogo differenze tra tessuto adiposo bianco e bruno Gli adipociti hanno una grande e vitale plasticità adattiva che dipende dall’introito dell’energia chimica introdotta con l’alimentazione giornaliera. Un eccesso di trigliceridi alimentari accumulati all’interno degli adipociti bianchi causa un progressivo aumento del volume. L’ipertrofia adipocitaria genera il rischio di compromettere l’integrità degli stessi adipociti, che non hanno un potere illimitato di aumentare il loro volume; pertanto raggiunto un certo limite, un adipocita eccessivamente ipertrofico va incontro a ipossia e necrosi. Per arrestare l’ipertrofia, ciascuna cellula adiposa realizza due azioni: • modifica la sua sintesi proteica producendo e secernendo citochine, proteine infiammatorie e ormoni in grado di impedire una ulteriore entrata di acidi grassi al suo interno; • stimola l’incremento del numero di nuovi adipociti al fine di accumulare i trigliceridi continuamente introdotti con l’alimentazione giornaliera. L’ipertrofia precede e condiziona l’iperplasia ad ogni età. Ne consegue che la fisiologia dell’adipocita bianco e bruno costituisce la base di conoscenza dalla quale dovrebbe trarre origine ogni trattamento nutrizionale, clinico o farmacologico per una persona in sovrappeso o in obesità di qualunque età essa sia. 3.7 - Adipociti e gestione dell’energia L’organo adiposo ha una sua netta centralità nella gestione dell’energia metabolica (lipogenesi e lipolisi) e nella termogenesi di seguito descritte: 18 LIPOGENESI • • • • I trigliceridi veicolati, attraverso le lipoproteine VLDL, dal fegato fino ai capillari dell’organo adiposo, vengono liberati per l’azione di un enzima prodotto dagli stessi adipociti, lipoproteinlipasi (LPL) e sono trasferiti come acidi grassi liberi all’interno delle cellule adipose. L’insulina favorisce l’ingresso in ciascun adipocita del glucosio necessario alla formazione all’interno dell’adipocita stesso del glicerolo, che si combina con gli acidi grassi per formare nuove molecole di trigliceridi. Gli adipociti accumulano e conservano i trigliceridi in forma liquida, l’entità dei trigliceridi accumulati condiziona il volume adipocitario. La lipogenesi è sotto il controllo dell’insulina, prostaglandine, eccesso di sodio nel sangue, flusso sanguigno lento, aumento del volume del sangue. LIPOLISI • • • • • La lipolisi è la scissione dei trigliceridi accumulati all’interno degli adipociti in acidi grassi liberi e glicerolo sotto l’azione dell’enzima, lipasi ormone-sensibile (HSL). La lipasi ormone-sensibile, è inibita dall’insulina ed è stimolata da: glucagone, adrenalina, cortisolo, T3/T4 mediante attivazione di AMPc e proteina kinasi (pKA) così da scindere i trigliceridi immagazzinati nell’adipocita in acidi grassi e di-glicerolo. Gli acidi grassi liberi (Free Fatty Acid, FFA) entrati nel sangue si uniscono all’albumina per essere veicolati soprattutto alla massa magra muscolare. La quantità di FFA uscita dagli adipociti è limitata e dipendente dalla disponibilità di legame con l’albumina (la sua concentrazione ematica non può superare 40 mg/100 ml di sangue). Raggiunto questo livello si ha un blocco metabolico nella liberazione di nuovi acidi grassi dagli adipociti. L’eccesso di FFA può essere considerato anche come un fattore di tossicità tessutale, infatti questi sono responsabili insieme alle citochine infiammatorie (TNF-α, IL-1,IL-6) della insulino-resistenza nelle fibre muscolari. Con un valore di FFA superiore a 40 mg/100 ml, con un rapporto tra FFA e albumina superiore a 5 il sistema lipolitico segnala al cervello, in particolare all’ipotalamo, un eccesso di perdita di energia, che porta ad una reazione di adattamento metabolico capace di governare il rilascio di FFA dal tessuto adiposo, in prevalenza localizzato a livello viscerale, addominale. Si può arrivare ad una riduzione del 20-25% del dispendio energetico giornaliero, che comporta il blocco della perdita di massa grassa e di peso corporeo. In una giornata ogni Kg di massa grassa consente al massimo il rilascio di circa 5 g di FFA. 19 • Si può avere infine una riduzione marcata della circonferenza della vita con liberazione di una dose elevata di FFA dagli adipociti viscerali senza avere alcuna riduzione di peso corporeo, in questa condizione si ha lo spostamento di FFA dagli adipociti viscerali alle fibre dei muscoli scheletrici senza la loro ossidazione (lipodistrofia muscolare); pertanto il peso corporeo resta invariato. TERMOGENESI La termogenesi è la produzione di calore metabolico da parte degli adipociti bruni sotto l’influenza dell’ormone T3, dell’adrenalina; il calore metabolico è prodotto dalla ossidazione degli acidi grassi saturi all’interno dei mitocondri molto rappresentati all’interno degli adipociti bruni. Il calore metabolico non è dato dalla ossidazione del glucosio e neppure dagli aminoacidi e acidi grassi insaturi, ma solo ed esclusivamente dagli acidi grassi saturi; i mitocondri degli adipociti bruni possiedono una particolare proteina disaccoppiante (UCP-1), capace di generare solo calore metabolico e non adenosin trifosfato (ATP). Il calore metabolico prodotto dai mitocondri degli adipociti bruni viene assorbito dall’acqua del sangue circolante nella rete vascolare posta attorno agli stessi e trasferito su tutto l’organismo; la termogenesi è particolarmente sotto il controllo degli ormoni tiroidei, pertanto una temperatura corporea al di sotto di 36°C è indicativa per un controllo della funzionalità tiroidea. 3.8 - Adipociti e sintesi proteica L’organo adiposo rappresenta un sistema complesso e sofisticato che informa di continuo il cervello sullo stato delle riserve energetiche, custodendole sottoforma di trigliceridi e, al bisogno, rimettendole a disposizione mediante la lipolisi o la dispersione sottoforma di calore. Infatti gli adipociti sono cellule dotate di una vitale capacità di sintesi proteica che è sotto il controllo diretto del nucleo. Il tessuto bianco dialoga con cervello, fegato, muscolo, sistema endocrino e altri apparati corporei e svolge un ruolo primario nel determinare lo sviluppo di patologie degenerative: aterosclerosi, diabete mellito di tipo 2, insulino resistenza, steatosi epatica, ipertensione arteriosa, sindrome metabolica e stato di infiammazione cronica sistemica coinvolgente l’intero organismo. Le patologie correlate con la obesità e il sovrappeso non dipendono dal peso corporeo ma dalla quantità e sopratutto dalla topografia dell’organo adiposo soggettivo. Il tessuto adiposo è intensamente vascolarizzato per una gestione diretta di deposito e di prelievo di acidi grassi a fini energetici e di termogenesi. La rete vascolare è più sviluppata nel tessuto adiposo bruno rispetto al bianco. L’incremento del numero e del volume degli adipociti con formazione di nuovo tessuto adiposo è accompagnato da un parallelo aumento di rete vascolare distrettuale. L’adipocita partecipa alla neocapillaropoiesi dell’organo adiposo. Un Kg di tessuto adiposo 20 contiene circa 3 Km di vasi sanguigni. Cosicchè una persona obesa ha una rete vascolare molto più vasta, con un conseguente grave impegno emodinamico del cuore, responsabile di tachicardia, aritmie cardiache e ipertensione arteriosa. 3.9 - Funzione secretoria dell’organo adiposo Il tessuto adiposo bianco oltre alla sua funzione primaria di serbatoio energetico e fonte di acidi grassi, è un importante organo secretorio ed endocrino. Gli adipociti producono e secernono un vasto numero di molecole di natura proteica, collettivamente denominate “adipocitochine” o “adipochine”. Quelle attualmente identificate sono più di 50, ma la lista cresce di giorno in giorno. Gli adipociti hanno una robusta sintesi proteica capace di produrre specifiche proteine in condizioni di normo-volume, ma in presenza di ipertrofia con un volume superiore a 130 -150 μm subiscono un “cambio” nella loro sintesi proteica, con produzione di proteine infiammatorie (citochine). Questa variazione nella fisiopatologia degli adipociti è la chiave di lettura del rapporto tra obesità, stato di insulino resistenza, sindrome metabolica, diabete mellito di tipo 2, aterosclerosi. Le ricerche scientifiche stanno evidenziando maggiori informazioni, che potranno modificarsi nel tempo. È comunque acquisito lo stretto rapporto tra produzione di proteine infiammatorie e il grado della ipertrofia degli adipociti. Si riporta una sintesi delle varie proteine secrete dagli adipociti sia in condizioni di volume normale sia in condizione di ipertrofia : • • • • • • • • • • • • Citochine: TNF-α, IL-1, IL-6, IL-10 . Transforming Growth Factor- α (TGF- α). Leptina, Resistina, Adiponectina, Visfatina. Monocyte Chemoattractive Protein-1 (MCP-1). Proteine del sistema alternativo del complemento: adipsina Proteine emostatiche: Plasminogen Activator Inhibitor-1 (PAI-1). Proteine coinvolte nella regolazione della pressione arteriosa: angiotensinogeno. Proteine angiogeniche : Vascular EndoThelial Growth Factor (VEGF). Neurotrofine: Nerve Growth Factor (NGF). Proteine di fase acuta: aptoglobina. Serum Amyloid-A (SAA). Metallotionina. Le adipochine costituiscono una classe di proteine estremamente eterogenea, sia in termini strutturali che funzionali, ma presentano alcune caratteristiche comuni. Dal punto di vista funzionale le adipochine sono molecole polivalenti, coinvolte in un ampio numero di processi fisiologici e patologici, infatti modulano la sensibilità 21 dei tessuti periferici all’azione dell’insulina, regolano anche l’appetito, il dispendio energetico, il metabolismo glucidico e lipidico, l’emostasi, l’angiogenesi, la pressione arteriosa e tutto l’asse endocrino e riproduttivo. Inoltre molte appaiono fortemente correlate all’immunità e all’infiammazione. Da questa vasta gamma di segnali e fattori proteici, è evidente come il WAT giochi un ruolo attivo nel controllare i processi fisiologici e patologici, in particolare il metabolismo e l’omeostasi energetica. È infatti proprio attraverso le diverse adipochine che il tessuto adiposo bianco comunica direttamente con i tessuti periferici in particolare con il muscolo scheletrico. E soprattutto c’è un intenso cross-talk tra adipociti bianchi e cervello, tramite la leptina e il sistema nervoso simpatico. Di seguito l’approfondimento sui due più noti ormoni secreti dagli adipociti bianchi: leptina e adiponectina. 22 Leptina Adiponectina Prodotta da adipociti bianchi “normali” e ipertrofici; una volta immessa nel torrente ematico, giunge al cervello, dove fornisce un segnale ormonale critico all’ipotalamo nella regolazione dell’appetito e del dispendio energetico: una inibizione dell’appetito. La produzione di quest’ormone è strettamente correlata alla massa di tessuto adiposo e al volume degli adipociti: un aumento della massa grassa, in particolare del grasso viscerale, cosi come una dieta ad elevato contenuto calorico si associa a un aumento dei livelli circolanti di leptina, laddove un calo ponderale comporta una riduzione degli stessi. La produzione di leptina è finalizzata a limitare continuo ingresso di acidi grassi all’interno degli adipociti ipertrofici, scelta di difesa necessaria per evitare la morte cellulare per eccesso di volume. In condizioni di obesità può svilupparsi uno stato di leptinoresistenza e pertanto le azioni assicurate da questo ormone adipocitario non possono essere esercitate. Principale ormone prodotto dagli adipociti bianchi maturi, non ipertrofici. Svolge una potente azione antinfiammatoria, oltre al suo ruolo nel modulare l’insulino-sensibilità, migliorandola nel fegato, nel muscolo e negli adipociti. Aumenta l’ossidazione dei lipidi nei tessuti favorendo la perdita di peso, migliora la vasodilatazione endotelio-dipendente, riduce la produzione di radicali liberi dell’ossigeno, ha un’azione antiflogistica: riduce l’espressione delle proteine di adesione, la produzione di TNF-α e ne contrasta gli effetti sulla funzione endoteliale, inibisce la differenziazione di monociti in macrofagi, inibisce l’attività delle metalloproteasi di parete, inibisce gli effetti delle LDL (lipoproteine a bassa densità) ossidate sulle cellule endoteliali dei capillari del microcircolo contenuto nell’organo adiposo e sulla rete vascolare sistemica. Livelli plasmatici di adiponectina sono ridotti nell’obesità addominale, nel sesso maschile, nella donna in menopausa, nella ipertensione arteriosa, nell’ipertrigliceridemia, nel diabete mellito di tipo 2 e nella cardiopatia ischemica 4.0 Adipociti bianchi: ipossia, ischemia e stress ossidativo L’ipertrofia adipocitaria genera ostruzione dei capillari con ipossia ed ischemia sia dei singoli adipociti bianchi (ipertrofici e non ipertrofici) che degli adipociti bruni. Per ipossia si intende una condizione patologica determinata da una carenza di ossigeno nel sangue e nel tessuto adiposo, mentre l’ischemia è una condizione patologica determinata da un inadeguato flusso sanguigno. L’ipertrofia degli adipociti bianchi danneggia il microcircolo, la rete vascolare dell’intero organo adiposo creando condizioni di ostruzione e costrizione con danno endoteliale dei capillari presenti nel tessuto adiposo bianco e bruno. Inoltre, la progressiva ipertrofia degli adipociti bianchi e la espansione del tessuto adiposo bianco rende gli stessi adipociti più distanti dalla rete vascolare, con riduzione dei volumi di ossigeno disponibili. L’organo adiposo è un grande consumatore di ossigeno e la condizione di ipossia/ ischemia genera un maggior stato di stress ossidativo, in grado di orientare gli adipociti bianchi ipertrofici e ipossici verso la secrezione di proteine infiammatorie e gli adipociti bruni verso una situazione di disfunzione. L’adipocita bruno è molto più ricco di capillari e richiede volumi significativi di ossigeno per garantire adeguata ossidazione di acidi grassi ed assicurare idonea temperatura corporea. Una condizione di ipossia negli adipociti bruni favorisce la riduzione della termogenesi, cioè della produzione di calore, e dell’ossidazione degli acidi grassi, con sensazione di freddo continuo e aumento di peso corporeo perché gli acidi grassi restano depositati negli adipociti bianchi. Inoltre, in condizioni di ipossia e ischemia gli adipociti bruni producono dosi significative di radicali reattive dell’ossigeno (Radical Oxygen Species, ROS) che danneggiano la loro funzionalità mitocondriale. L’ipossia si realizza quando la disponibilità di ossigeno non è adeguata alla domanda del tessuto adiposo bianco e bruno. Si determina così una diminuzione della tensione dell’ossigeno che attiva il fattore di trascrizione HIF-1 (Hypoxia Inducible Factor-1) e genera una serie di effetti negativi: • inibizione di produzione di adiponectina da parte degli adipociti bianchi; • induzione di uno stato di insulino-resistenza; • ischemia e necrosi di adipociti bianchi; • produzione e rilascio di citochine infiammatorie, fattori angiogenetici; • maggiore produzione di radicali liberi in grado di danneggiare anche il DNA degli stessi adipociti. In conclusione, l’ipossia e l’ischemia degli adipociti rappresentano il legame chiave tra il danno cellulare iniziale e l’attivazione del processo infiammatorio. 23 4.1- Adipociti bianchi e infiammazione Gli adipociti bianchi ipertrofici e ipossici presentano alterazione della matrice extracellulare e del collagene. In questa condizione attivano la loro capacità vitale di adattamento a situazioni aggressive, modificando la loro naturale sintesi proteica e orientando la produzione delle loro proteine verso le citochine, proteine infiammatorie, lesive su cellule e apparati anatomici dell’intero organismo. L’ipertrofia, associata a conseguente ipossia, è quindi il passaggio funzionale nel generare un “cambio” di sintesi proteica verso agenti infiammatori locali e sistemici. Esiste un asse tra adipociti bianchi ipertrofici, secernenti proteine infiammatorie e lo stato funzionale dell’endotelio dei capillari adiposi e sistemici. Le proteine infiammatorie secrete dagli adipociti bianchi ipertrofici, ipossici sono causa primaria di aterosclerosi, stato di insulino resistenza, ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2, sindrome metabolica, degenerazione articolazioni ossee e muscolo tendinee. Fanno parte del gruppo delle citochine infiammatorie: • • • Tumor Necrosis Factor-alfa (TNF-α) Interleuchina-1 (IL-1) Interleuchina-6 (IL-6) che costituiscono una “triade infiammatoria”che agisce nel tessuto adiposo e su tutte le altre cellule dell’intero organismo. L’obesità causa infiammazione cronica, silente, cioè senza sintomi, responsabile delle patologie ad essa ad essa correlate con decadimento funzionale ed estetico dell’intero organismo. La triade infiammatoria (TNF-α, IL-1-IL-6) realizza azioni finalizzate all’integrità degli adipociti ipertrofici e ipossici nell’organo adiposo e azioni aggressive, infiammatorie a livello dell’intero organismo con patologie degenerative. Di seguito in sintesi le principali azioni della triade infiammatoria: 24 1. Riduzione e blocco della sintesi della lipoproteinlipasi capillari la riduzione e l’assenza di questo enzima sulla parete dei capillari nell’organo adiposo impedisce la liberazione dei trigliceridi dalle VLDL circolanti nel sangue e quindi il non ingresso degli acidi grassi all’interno degli adipociti; il valore dei trigliceridi e colesterolo nel sangue aumenta. 2. Blocco dei recettori dell’insulina degli adipociti con comparsa dello stato di insulino-resistenza dapprima nell’organo adiposo, in seguito su tutto l’organismo e in particolare nei muscoli con aumento della glicemia e della insulina circolante nel sangue fino alla comparsa di diabete mellito di tipo 2. 3. Attivazione lipoproteinlipasi ormone sensibile negli adipociti con scissione dei trigliceridi accumulati all’interno degli adipociti ipertrofici 4. bianchi, uscita di acidi grassi liberi (FFA) con conseguente riduzione del loro volume; l’eccesso di FFA nel sangue causa steatosi epatica e insulino-resistenza nei muscoli, con aumento della glicemia e dell’insulina circolante nel sangue fino alla comparsa di diabete mellito di tipo 2. Infiammazione endoteliale esiste un asse tra adipociti bianchi ipertrofici e ipossici secernenti proteine infiammatorie e lo stato funzionale dell’endotelio dei capillari adiposi e sistemici nella rete vascolare dell’organo adiposo e dell’intera rete vascolare sistemica (aterosclerosi e patologie vene). 4.2 - Adipociti, macrofagi e infiammazione Gli adipociti bianchi ipertrofici e ipossici svolgono un imponente richiamo e attivazione dei macrofagi presenti nella matrice extra cellulare dell’organo adiposo, responsabili di un’ulteriore secrezione di citochine infiammatorie. Instaurato lo stato di infiammazione all’interno dell’organo adiposo, i macrofagi e altre cellule non adipose secernono le maggiori dosi di proteine infiammatorie. Il numero dei macrofagi attivi è direttamente correlato con il numero e il volume degli adipociti bianchi ipetrofici ed ipossici. I macrofagi attivati fagocitano i trigliceridi liberati nella matrice extra cellulare dagli adipociti e inglobano i residui lipidici conseguenti alla morte della cellula adiposa, formando “foam cells” (cellule schiumose). Le citochine infiammatorie dei macrofagi attivati reclutano altre cellule infiammatorie: monociti, linfociti. Un marker primario di infiammazione è la Proteina C Reattiva (PRC), prodotta dal fegato su stimolo delle citochine infiammatorie TNF-α, interleuchina-1 e 6, secrete dagli adipociti bianchi ipertrofici e dai macrofagi attivati. I livelli di PRC sono un importantissimo parametro predittivo di aterosclerosi, come i valori di LDL- colesterolo, trigliceridi circolanti. La Proteina C Reattiva (PCR) è sintetizzata dal fegato e dagli adipociti, è una proteina (alfaglobulina) che aumenta la sua concentrazione ematica nella fase acuta di varie malattie e nei processi infiammatori. I soggetti obesi tendono ad avere valori elevati di questo marker infiammatorio; il valore della Proteina C Reattiva nel sangue non deve superare 0.5 mg/100ml. L’infiammazione del tessuto 25 adiposo bianco ha lo stesso peso fisiopatologico del colesterolo nel processo aterosclerotico. Nel tessuto adiposo infiammato si ha anche l’infiammazione endoteliale nella rete vascolare arteriosa e venosa. L’endotelio è un particolare tessuto che riveste la superficie interna di tutti i vasi sanguigni compromettendo l’intero microcircolo del tessuto adiposo, generando condizioni di ipossia, con causa primaria dello stato di infiammazione cronica locale e sistemica. L’attuale ricerca pone molta attenzione sull’asse adipociti-endotelio vascolare, dalla cui corretta funzione deriva il controllo della omeostasi vascolare. L’insulto infiammatorio all’endotelio sbilancia l’emostasi verso lo stato pro-trombotico predisponendo ad eventi ischemici coronarici e cerebrali. L’asse patologico adipociti - endotelio produce precisi markers infiammatori e metabolici, che possono essere ricercati con analisi del sangue: omocisteina, fibrinogeno, lipoproteina a (Lpa), C3-4 Complemento. Gli ormoni e le proteine infiammatorie rilasciate dal tessuto adiposo infiammato partecipano in modo attivo allo sviluppo della insulino resistenza con progressione verso il diabete mellito di tipo 2 e verso un netto aumento del rischio cardiovascolare nel soggetto obeso. Il TNF-α orchestra una serie di modificazioni infiammatorie nella parete vasale, quali: induzione dell’adesione dei monociti circolanti alla parete dei capillari, superamento della parete stesse e penetrazione del tessuto adiposo bianco. 4.3 - Adipociti, infiammazione e insulino-resistenza Gli adipociti ipertrofici ed ipossici e i macrofagi oltre ad un incremento della produzione di citochine infiammatorie TNF-α, IL-1, IL-6 riducono anche la produzione di ormoni adipocitari protettivi, tra cui l’adiponectina. L’insieme di queste modifiche patologiche portano alla comparsa di uno stato di insulino-resistenza, che si instaura attraverso differenti meccanismi ancora solo in parte delucidati: • meccanismo diretto che comprende la disattivazione del substrato del recettore per l’inusulina (ISR-1) mediante fosforilazione dei residui di serina e treonina da parte di mediatori infiammatori quali IL-6 eTNF-α; • meccansimo indiretto causato dall’aumento degli acidi grassi liberi (FFA) in circolazione, che provocano un incremento di altri mediatori dell’infiammazione (per es. NF-KB), implicati nell’insorgenza dell’insulinoresistenza. Lo stato di insulino-resistenza quindi nasce nell’organo adiposo malato e infiammato e si realizza in prevalenza nella massa magra muscolare e negli organi insulino dipendenti, con incremento della glicemia e dell’insulina nel sangue. L’insulinoresistenza è una condizione caratterizzata da insulina non attiva a causa di riduzione dei recettori ubicati nelle membrane cellulari del tessuto adiposo e muscolare, con 26 incremento della glicemia e dell’insulinemia. Il difetto dell’azione dell’insulina rende il tessuto adiposo meno capace di immagazzinare acidi grassi e glucosio e come risposta compensatoria il tessuto adiposo cerca di espandersi ulteriormente mediante ipetrofia, ma soprattutto iperplasia. Lo stato di insulino resistenza è misurabile mediante un indicatore specifico, che si chiama indice H.O.M.A. e si calcola nel seguente modo: INDICE H.O.M.A. ( Homeostatis Model Assesment) Glicemia a digiuno (mg/100ml) x Insulinemia a digiuno (mUI/mL) 405 VALORI RANGE DI NORMALITÀ : 0.23 – 2.5 Riepilogando, l’eccesso di grasso corporeo (esacerbato da una ridotta perfusione e una relativa ipossia) genera uno stato di infiammazione locale silente, che influenza negativamente i percorsi metabolici di tutto l’organismo in forma di lipotossicità, accumulo di grasso ectopico, infiammazione sistemica di grado lieve e insulino resistenza, che a loro volta inducono nel tessuto adiposo una risposta compensatoria di ulteriore espansione della massa grassa, rendendo sempre più difficoltosi i tentativi di perdere peso. 27 5.0 - Le piante medicinali per il corretto funzionamento del tessuto adiposo Il trattamento delle persone obese o in sovrappeso dovrebbe iniziare con una attenta valutazione del grado di obesità, ma anche dello stato di benessere generale. L’obesità è una affezione per lo più cronica e la gestione dei soggetti non si dovrebbe limitare alla perdita di peso ed al successivo mantenimento a livelli accettabili, ma includere anche misure per il controllo di uno dei fondamentali fattori di rischio recentemente individuati: l’infiammazione silente. Come precedentemente descritto, il grasso corporeo accumulato negli stati di obesità fa sì che si instauri un processo di infiammazione cronica e che, proprio questo stato infiammatorio sia causa, a sua volta, di altro accumulo di grasso, rendendo così assolutamente vani i tentativi di perdere peso. In questa situazione di alterazione, il tessuto adiposo non risponde più correttamente agli stimoli normali di regolazione del metabolismo perché è in sofferenza: carenza di ossigeno, stress ossidativo, infiammazione, insulino resistenza. Si genera un circolo vizioso che oppone resistenza al controllo del peso e genera ulteriore infiammazione. Combattendo lo stress metabolico-ossidativo che mantiene il tessuto adiposo in uno stato di inerzia funzionale, si può far regredire lo stato infiammatorio così da riportare il tessuto al suo fisiologico funzionamento. Il tessuto adiposo potrà quindi riacquistare maggiore sensibilità verso gli stimoli che favoriscono la perdita di peso: dieta ipocalorica, esercizio fisico, attivatori metabolici. Gli effetti benefici che le piante medicinali possono avere nel coadiuvare la perdita di peso sono numerosi, potendo contemporaneamente intervenire con differenti meccanismi d’azione. I più efficaci riguardano lo stimolo della fisiologica mobilitazione e dell’utilizzo dei grassi, con le seguenti azioni: • lipolisi per ridurre le dimensioni dell’adipocita e la massa grassa; • aumento della termogenesi per bruciare l’eccesso di glucosio e acidi grassi Studi recenti hanno evidenziato che le piante medicinali possono occupare un ruolo importante nei possibili rimedi per il sovrappeso non solo mediante i precedenti interventi diretti alla mobilizzazione e al consumo di riserve energetiche, ma anche mediante un aiuto alla funzionalità del tessuto adiposo. In particolare, nuovi studi farmacologici evidenziano che i fenoli del The verde e le procianidine dei semi d’Uva possono agire sinergicamente a livello del tessuto 28 adiposo aiutandolo a recuperare il suo stato funzionale. I fenoli mediante un’azione antiossidante e di stimolo della lipolisi e della termogenesi e le procianidine, oltre a proteggere il microcircolo, possono mutare in senso positivo il profilo delle sostanze prodotte dal tessuto adiposo, da pro-infiammatorio ad antiinfiammatorio. ACCUMULO DI GRASSO Aumento delle dimensioni degli adipociti bianchi L’aumento delle dimensioni degli adipociti comporta carenza di ossigeno, sia per la difficoltà di diffusione all’interno delle cellule, sia perché i capillari sono compressi e ne diffondono di meno. Questa condizione genera uno stress ossidativo con sovraproduzione di radicali liberi. Carenza di ossigeno negli adipociti (ipossia) Stress ossidativo Inoltre gli adipociti bianchi ingrossati inviano segnali di sofferenza all’organismo, producendo sostanze infiammatorie che richiamano i macrofagi. Questi ultimi si infiltrano nel tessuto adiposo, lo ripuliscono dalle scorie di adipociti morti, ma contemporaneamente continuano a produrre ancora più sostanze infiammatorie. Aumento dei mediatori dell’infiammazione (TNF-α, IL-6) con richiamo dei macrofagi Diminuzione della sensibilità all’insulina Aumento del numero degli adipociti bianchi a scapito dei bruni con diminuzione della termogenesi Alterata funzionalità del tessuto adiposo, con sempre maggiore difficoltà a perdere peso Schema sul legame tra sovrappeso e infiammazione del tessuto adiposo. 29 The verde Camelia sinensis L. Descrizione Il The è una delle bevande più popolari e più ampiamente consumate al mondo, seconda solo all’acqua. La pianta del The, Camellia sinensis (L.) Kuntze, è un membro della famiglia delle Theaceae e, tutte le varietà di The (verde, nero, oolong) sono ricavate dalla sua pianta. Si stima che nel mondo ogni anno siano prodotte circa 2.5 milioni di tonnellate di foglie di The, di cui il 20% The verde, che viene principalmente consumato in Asia, in alcune regioni del Nord Africa, negli Stati Uniti e in Europa. La Camellia sinesis è un arbusto sempreverde con foglie di colore verde scuro, alterne, ovali e con i bordi seghettati. I fiori sono bianchi, profumati e appaiono raggruppati o singoli. Tra i vari tipi di The, gli effetti più significativi sulla salute umana sono stati osservati per il consumo di The verde, le cui proprietà medicinali sono state ampiamente esplorate e riconosciute. Costituenti attivi A differenza di oolong e The nero, la produzione di The verde non comporta l’ossidazione delle foglie di The giovani. Il The verde è prodotto da foglie fresche trattate immediatamente con vapore ad alta temperatura, in modo da distruggere gli enzimi ossidanti responsabili della fermentazione, e lasciare intatto il contenuto di polifenoli naturalmente presenti. Fig.5: Catechine del The verde 32 Quando il The verde viene fatto fermentare a The oolong e The nero, i composti polifenolici (catechine) vengono dimerizzati a formare una varietà di teaflavine, tanto da apportare a questi The attività biologiche differenti dal The verde. I polifenoli che si trovano nel The verde sono più comunemente noti come flavanoli o catechine e comprendono 30-40% dei solidi estraibili dalle foglie secche di The verde. Le principali catechine nel The verde sono quattro: l’epicatechina, l’epicatechina-3-gallato, l’epigallocatechina e l’epigallocatechina-3-gallato (EGCG), quest’ultima presente in concentrazione più elevata. Il potenziale antiossidante dei polifenoli del The verde è direttamente legato alla combinazione degli anelli aromatici e dei gruppi idrossilici che costituiscono la loro struttura ed è il risultato del legame e della neutralizzazione dei radicali liberi da parte dei gruppi idrossilici. Altri composti del The verde che contribuiscono alle sue proprietà biologiche sono le basi puriniche, soprattutto caffeina. Attività I polifenoli del The verde hanno dimostrato significative proprietà antiossidanti, antitumorali, antinfiammatorie, termogeniche, probiotiche, e antimicrobiche in numerosi studi scientifici. Negli ultimi anni stanno ricevendo una crescente attenzione gli effetti del The verde nel sovrappeso, i cui meccanismi d’azione stanno emergendo e si stanno delucidando grazie a vari dati sperimentali in vitro, nell’animale e clinici: 1. incremento della lipolisi nel tessuto adiposo; 2. termogenesi del tessuto adiposo; 3. aumento dell’ossidazione dei grassi. L’attività lipolitica è dovuta ad un incremento dell’attività dell’enzima lipasi ormone dipendente, HSL, (sia per aumentata trascrizione, che per aumento dei mediatori capaci di stimolarla) che ha la funzione di liberare gli acidi grassi dai trigliceridi immagazzinati negli adipociti. Le proprietà termogeniche sono dovute ad una interazione sinergica tra il suo contenuto di caffeina e di polifenoli che portano a prolungare gli stimoli adrenergici della termogenesi e anche ad attivare geni responsabili della produzione di calore metabolico (UCP2). La sinergia tra catechine e caffeina sembra responsabile anche dell’incremento dell’ossidazione dei grassi, sotto il controllo del sistema nervoso simpatico. L’EGCG sembra agire mediante azione diretta sui recettori Beta-adrenergici o azione sui sistemi di degradazione della norepinefrina, inibendo il principale enzima preposto 33 alla degradazione delle catecolamine (dopamina, epinefrina, noradrenalina - NA), chiamato COMT (catecholamine o-methyltransferase) e aumentando così la presenza di NA nel vallo sinaptico. La caffeina, dall’altra parte è in grado di inibire la fosfodiesterasi, enzima preposto alla degradazione del cAMP a 5AMP; ciò comporta un aumento nell’adipocita di cAMP che porta alla degradazione dei trigliceridi in acidi grassi liberi. Relativamente alle disfunzioni del tessuto adiposo studi nell’uomo hanno evidenziato che il The verde può migliorare la sensibilità all’insulina mediante i possibili seguenti meccanismi: 1. aumento del binding ai recettori dell’insulina negli adipociti e aumento il contenuto della proteina di membrana GLUT4, un trasportatore del glucosio che si trova nel tessuto adiposo e nel muscolo striato ed è responsabile della traslocazione del glucosio nella cellula regolata dall’insulina. È stato ipotizzato che alterazioni quantitative o qualitative di GLUT4 possano contribuire all’insulino resistenza; 2. l’EGCG può anche simulare l’insulina, aumentando la fosforilazione della tirosina nel recettore dell’insulina e del substrato-1 del recettore dell’insulina, il primo stadio dell’uptake di glucosio stimolato dall’insulina; 3. aumento dell’ossidazione dei grassi, che potrebbe ridurre nel muscolo la sintesi di metaboliti di acidi grassi, che interferiscono con la cascata del segnale dell’insulina attraverso l’attivazione di nuove isoforme della proteina kinasi C (nPKC β e θ). Una riduzione dell’accumulo di tali metaboliti da parte del The verde potrebbe alleviare l’inibizione della cascata del segnale insulinico ed aumentare l’up-take del glucosio stimolato dell’insulina nel muscolo scheletrico. Sintesi degli studi scientifici di rilievo per il controllo del peso corporeo Studi in vitro Effetti inibitori delle catechine di The verde nell’accumulo di lipidi: adipociti murini differenziati 3T3-L1 trattati per 24 ore con 10 microm di EGCG hanno ridotto significativamente l’accumulo intracellulare di lipidi ed aumentato il rilascio di glicerolo dalle cellule senza influenzare la vitalità della cellula. L’EGCG ha notevolmente aumentato il livello di mRNA dell’enzima lipasi ormone dipendente o HSL (Hormone Sensitive Lipase) che catalizza lo stadio delimitante la velocità nella idrolisi del triacilglicerolo (trigliceride) immagazzinato a monoacilglicerolo 34 e acidi grassi liberi. Questo studio dimostra che l’epigallocatechingallato riduce l’accumulo di grassi tramite la stimolazione della lipolisi e l’aumento dell’espressione del gene HSL, che può essere il meccanismo d’azione con cui il The verde stimola la lipolisi nell’adipocita. (Lee, 2009 a). Studio in adipociti 3T3-L1 degli effetti dell’EGCG sull’aumento dell’espressione del gene che codifica per la proteina disaccoppiante UCP2 (Uncupling Protein 2): l’UCP 2 è un trasportatore mitocondriale di protoni, presente nella membrana interna del mitocondrio che disaccoppia la fosforilazione ossidativa, inducendo produzione di calore dal ciclo della respirazione, in seguito a sintesi di ATP. L’attività di UCP2 influenza la termogenesi e lo sviluppo dell’obesità ed è un importante fattore di controllo del bilancio energetico dell’organismo. È molto espressa nei mitocondri a livello del tessuto adiposo. In questo studio in vitro sono stati investigati gli effetti dell’epigallocatechigallato (EGCG) sull’espressione genica di UCP2 sia a livello dell’mRNA che del suo promoter. L’ EGCG è stato addizionato ad adipociti 3T3L1 completamente differenziati, per 24 ore, in 3 diverse concentrazioni: 1, 5 o 10 micromolare. Le cellule di controllo sono state trattate soltanto con solvente, senza EGCG. L’analisi PCR Real-Time Quantitativa ha indicato che il trattamento con 1, 5 o 10 micromolare di EGCG ha up-regolato il livello di mRNA di UCP2 di 1.2, 1.6 e 1.9 volte rispettivamente, rispetto al controllo. È stata valutata anche l’attività del promoter del gene UCP2 (UCP2/Luc) su cellule trattate o non con EGCG alle stesse concentrazioni testate per l’mRNA di UCP2. L’attività del promoter di UCP2 è stata aumentata dall’EGCG in modo simile a quanto visto per l’mRNA e in modo dosedipendente. Tali risultati suggeriscono che l’aumentata espressione del gene UCP2 indotta dall’EGCG sia direttamente mediata attraverso l’attivazione trascrizionale del suo promoter prossimale. Mediante i risultati di questo test in vitro su adipociti 3T3-L1 si è quindi ipotizzato che il The verde e l’EGCG siano in grado e di ridurre la massa grassa mediante incremento della sintesi di UCP2, quindi con un’azione termogenica (Lee, 2009 b). Studi in vivo L’epigallocatechingallato del The verde riduce il peso corporeo con regolazione dell’espressione di molteplici geni nel tessuto adiposo di topi resi obesi da dieta: un esperimento in vivo su topi nutriti con dieta obesigena ha identificato i vari meccanismi d’azione dell’EGCG sulla espressioni di geni coinvolti nella fisiologia del tessuto adiposo. Gli animali sono stati nutriti con dieta iperlipidica e trattati con epigallocatechingallato (EGCG) addizionato al mangime per 8 settimane. L’integrazione con EGCG ha dimostrato un effetto anti obesità dose dipendente, 35 in termini di riduzione dell’incremento corporeo degli animali, senza influenzare l’introito calorico; ha inoltre avuto effetti benefici nel metabolismo lipidico, riducendo i trigliceridi ematici e i lipidi epatici. L’EGCG è stato anche in grado di regolare l’espressione di molteplici geni coinvolti nei processi di adipogenesi, lipolisi e termogenesi. L’analisi del RNA messaggero (mRNA) nel grasso degli animali ha rilevato una riduzione in maniera dose dipendente dell’espressione di geni adipogenici, associati alla differenziazione dell’adipocita (fattori di trascrizione adipogenici) quali PPAR-γ (perixisome proliferator- activated receptor -γ), C/EBP-α (CCAAT ehnancer-binding protein-α), SREBP-1c (Regulatory Element- binding protein-1c) e una soppressione degli enzimi adipogenici: aP2 (adipocytes fatty acid-binding protein), LPL (Lipoproteinlipasi) e FAS (acido grasso sintetasi). È invece risultata aumentata l’espressione di geni che codificano per proteine lipolitiche quali la lipasi ormone sensibile o HSL (Hormon Sensitive Lipase) e ATGL (Adipose Triglyceride Lipase). È stato osservato anche un aumento dell’espressione di mRNA per UCP-2, proteina che determina un aumento del consumo energetico (Lee, 2009 c). Studio sul miglioramento dell’esercizio fisico nei topi in seguito ad ingestione di estratti di The verde per stimolazione dell’utilizzo di lipidi: in tale studio si è voluto valutare se il The verde potesse migliorare la resistenza all’esercizio fisico (corsa), in seguito a stimolazione dell’utilizzo di lipidi. I topi sono stati divisi in 4 gruppi: 1) controllo non sottoposto ad esercizio; 2) controllo sottoposto ad esercizio; 3) gruppo sottoposto ad esercizio + 0,2% di estratto di The verde; 4) gruppo sottoposto ad esercizio + 0,5% di estratto di The verde. Le misurazioni sono state fatte a 8-10 settimane dall’inizio della sperimentazione. Il tempo per il quale i topi correvano fino a spossatezza era del 30 % più alto nei topi ai quali era stato somministrato 0,5% di estratto di The verde, rispetto ai topi sottoposti esclusivamente ad esercizio fisico, accompagnato da una più alta beta ossidazione nel muscolo. Il contenuto di glicogeno nei muscoli è risultato maggiore nel gruppo trattato con The verde, rispetto al controllo sottoposto ad esercizio; nel gruppo con estratto di The verde le concentrazioni di lattato nel plasma dopo esercizio sono risultate più basse, concomitantemente ad un aumento delle concentrazioni di acidi grassi liberi. Tali risultati hanno suggerito che gli effetti del The verde sul miglioramento della resistenza erano dovuti, almeno in parte, all’aumentata capacità metabolica e all’utilizzo di acidi grassi come risorsa di energia nel muscolo scheletrico durante l’esercizio (Murase, 2006). Il The verde riduce l’accumulo di grasso corporeo in ratti nutriti con dieta ricca di lipidi mediante termogenesi nel tessuto adiposo bruno, indotta da 36 attivazione dei recettori beta: il trattamento degli animali con The verde ha avuto un’azione termogenica rilevata nel tessuto adiposo bruno, mediante aumento del contenuto di proteine nel tessuto adiposo bruno interscapolare. Il trattamento con il The verde ha ridotto anche l’incremento di peso senza influenzare l’introito energetico. I meccanismi evidenziati sono 2: riduzione della digeribilità dei nutrienti e attivazione dei recettori beta, attività derivante dal fatto che la simultanea somministrazione di propanolo (antagonista beta-adrenergico) ha inibito gli effetti del The verde (Choo, 2003). Studi clinici Studio clinico sull’efficacia di un estratto di The verde, ricco in catechine e caffeina nell’aumentare il dispendio energetico e l’ossidazione dei grassi: in tale studio clinico si è valutato come, un estratto di The verde, in funzione del contenuto di catechine e caffeina, può aumentare il dispendio energetico in 24 ore e l’ossidazione di grassi nell’uomo. Sono stati reclutati uomini sani con età media di 25 anni, BMI 25,1 kg/m2 e in 3 separate occasioni è stato loro assegnato in modo random un trattamento fra i seguenti: 1) estratto di The verde contenente caffeina e catechine; 2) solo caffeina; 3) placebo. Il trattamento con l’estratto di The verde, in confronto a placebo, ha prodotto un aumento statisticamente significativo del dispendio energetico in 24 ore (4%) e un altrettanto significativo decremento del quoziente respiratorio (da 0.88 a 0.85), che indica il rapporto tra l’anidride carbonica, che un individuo produce ed elimina durante uno sforzo fisico, e l’ossigeno che consuma nello stesso periodo. L’escrezione urinaria di noradrenalina in 24 ore è risultata essere più alta durante il trattamento con estratti di The verde, rispetto al placebo (40%). Il trattamento con caffeina, in quantità equivalenti a quelle trovate nell’estratto di The verde, non ha avuto effetti sul dispendio energetico, sul quoziente respiratorio o sul contenuto di catecolamine nelle urine. È stato quindi provato che il The verde, nell’uomo, stimola la termogenesi e l’ossidazione dei grassi, e perciò ha una potenziale influenza su peso corporeo e sulla composizione dell’organismo sulla base di cambiamenti nel dispendio energetico e nella utilizzazione di substrati energetici. Queste proprietà non possono essere spiegate solo con il contenuto di caffeina, come risulta dalla mancanza di attività nel gruppo trattato solo con caffeina (Dullo, 1999). Studio sugli effetti dell’EGCG sulla termogenesi e sulla ossidazione di grassi in uomini obesi: uno studio-pilota in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo, su 6 uomini sani sovrappeso/obesi (stile di vita sedentario, BMI 29.9 kg/m2, età media 40) ha valutato gli effetti dell’EGCG o del placebo in un’unica 37 somministrazione, 2 giorni prima del test, sulla termogenesi e sull’ossidazione di grassi, a digiuno e dopo il pasto, valutando l’aumento del dispendio energetico e dell’ossidazione del substrato. Durante la prima fase postprandiale il gruppo trattato con EGCG ha mostrato un Quoziente Respiratorio (VCO2 prodotta rispetto a VO2 consumato) più basso; si è inoltre verificato un aumento significativo dell’ossidazione dei grassi (Boschmann, 2007). Studio sull’azione di un estratto di The verde per il trattamento dell’obesità: uno studio clinico aperto multicentrico ha valutato l’attività di un estratto etanolico di The verde, standardizzato in catechine come epigallocatechingallato (EGCG) e caffeina. Settanta soggetti (BMI medio 28,9) sono stati trattati per 3 mesi e, alla fine del trattamento, il peso corporeo si è ridotto del 4,6% e la circonferenza vita del 4,48%. La tollerabilità è stata buona. Il trattamento non ha provocato alcun aumento della frequenza cardiaca e della pressione, differentemente da quanto accade per prodotti simpatico mimetici usati per il trattamento dell’obesità, il cui uso è limitato a causa degli effetti cardiovascolari (Chantre, 2002). Studio sull’utilizzo di un estratto di The verde per il controllo dell’ossidazione di acidi grassi e della tolleranza al glucosio su uomini sani: tale sperimentazione clinica si è posta come obiettivo l’investigazione degli effetti di un’assunzione in acuto di estratti di The verde sull’ossidazione di grassi e sulla tolleranza al glucosio durante un esercizio fisico di moderata intensità. Si sono condotti due studi: con il primo si voleva mettere in evidenza l’aumento dell’ossidazione dei grassi (12 maschi sani; 26 - 28 anni; 75 - 79 kg; BMI 23 - 25 kg/m2), mentre nel secondo studio si voleva mettere in evidenza la tolleranza al glucosio (11 maschi sani, 23 - 25 anni, 77 - 81 kg, BMI 24 - 25 kg/m2). Lo sforzo fisico al quale erano sottoposti (mediante cicloergometro) prevedeva 95 W per 3 min aumentando lo sforzo di 35 W ogni 3 min fino a spossatezza. Nelle 24 ore prima del trial i soggetti dovevano compilare un diario alimentare e dovevano assumere l’estratto di The verde o il placebo. Nel primo studio è stata valutata l’ossidazione dei grassi e dei carboidrati (dal calcolo della produzione di CO2 e VO2) mentre nel secondo studio è stato valutato l’indice di sensitività all’insulina, ISI (dalla concentrazione plasmatica di glucosio e dal siero di insulina). L’estratto di The verde ha aumentato significativamente l’ossidazione dei grassi molto più rispetto al placebo (0.41 e 0.35 rispettivamente); l ‘ossidazione dei grassi è stata pari al 30% nel gruppo con placebo, pari al 35% nel gruppo con The verde. Questo dato significa che la quota dei carboidrati utilizzati per il dispendio energetico è diminuita del 17% dopo assunzione di The verde. Dei metaboliti nel plasma quello 38 che ha rivelato maggiori differenze tra il placebo e l’ingestione di The verde è il glicerolo, la cui concentrazione plasmatica è significativamente più alta in seguito ad ingestione di The verde rispetto al placebo. Non si sono registrate differenze nelle concentrazioni plasmatiche di glucosio o seriche di insulina fra il trial con placebo e quello con The verde; ma c’è stato un significativo effetto in relazione al tempo sulla concentrazione di glucosio e di insulina: il gruppo trattato con The verde ha registrato una concentrazione di insulina sierica inferiore rispetto al placebo durante le 2 ore di test di tolleranza orale al glucosio (OGTT). L’estratto di The verde ha aumentato la sensibilità all’insulina del 13%, e ridotto la risposta dell’insulina al glucosio del 15%. In conclusione l’assunzione acuta di The verde può aumentare l’ossidazione dei grassi durante l’esercizio fisico di moderata intensità, presumibilmente mediante un aumento della lipolisi e quindi un aumento dei grassi liberi come “combustibile”. L’assunzione di The verde ha anche migliorato il controllo della glicemia dopo un carico orale di glucosio e potrebbe avere effetti benefici nel ridurre il rischio di diabete mellito di tipo 2 (Venables, 2008). Estratto di The verde come coadiuvante di una dieta ipocalorica per il trattamento dell’obesità: in un trial clinico multicentrico, sono stati arruolati 100 soggetti sovrappeso (20-40% sopra il peso ideale; 44 donne e 56 uomini, in età compresa tra 25 e 60 anni). Sono stati divisi, in modo casuale, in due gruppi da 50 soggetti ciascuno: un gruppo doveva seguire un regime ipocalorico (1850 cal per gli uomini e 1350 cal per le donne), mentre l’altro gruppo oltre ad essere sottoposto a dieta ipocalorica, assumeva un estratto di The verde. Il gruppo con solo dieta ipocalorica aveva un peso medio all’inizio del trial di 95 kg, dopo 45 giorni di 93 kg e dopo 90 giorni 90 kg. Il gruppo della dieta ed estratto di The verde, aveva un peso medio di 96 kg all’inizio, 90 kg dopo 45 giorni e 82 kg dopo 90 giorni. Le differenze fondamentali tra i 2 gruppi si sono viste a 90 giorni: infatti il gruppo con estratto di The verde ha riportato un significativo decremento di peso corporeo rispetto alla fase iniziale. Nel gruppo sottoposto soltanto a dieta non si sono registrate variazioni rilevanti nell’indice di massa corporea e nella circonferenza vita; nel gruppo trattato anche con The verde invece, l’indice di massa corporea si è effettivamente ridotto del 12% e la circonferenza vita ridotta del 10% a 90 giorni. Sono state fatte anche misurazioni del colesterolo totale, glicemia a digiuno e trigliceridi totali su 30 soggetti per gruppo e a 90 giorni si è rilevato un decremento del colesterolo e dei trigliceridi nei soggetti del gruppo con The verde. L’estratto di The verde si è rilevato efficace inducendo una diminuzione di peso di 14 kg, rispetto ai 5 kg persi dal gruppo di soggetti sottoposti solamente ad un regime ipocalorico (Di Pierro, 2009). 39 Semi d’Uva Vitis vinifera L. Descrizione Le procianidine sono metaboliti naturalmente presenti nella frutta, nella verdura, nei semi, nei fiori e nella corteccia di numerose piante. Le concentrazioni più elevate si trovano nei semi d’Uva (Vitis vinifera L., Vitis coignetiae Pulliat), che si ottengono generalmente come sottoprodotto della produzione del vino. Costituenti attivi Chimicamente sono derivati della classe dei flavonoidi: i flavan-3-oli; questa classe include (+)-catechine, (-)-epicatechine e (-)-epicatechine 3-O-gallato, legate tra loro da legami C4-C8 o C4-C6. Le proantocianidine ottenute dai semi dell’uva sono principalmente costituite da dimeri, trimeri e tetrameri della catechina, dell’epicatechina e dei loro gallati. Contengono anche piccole quantità di pentameri, esameri ed eptameri di questi flavon-3-oli e dei loro gallati.Le procianidine costituite da dimeri comprendono le procianidine B1, B2, B3, B4, B5, B6, B7 e B8; le procianidine costituite da trimeri includono le procianidine C1 e C2. 42 Le proantocianidine dei semi dell’uva comprendono circa il 60-70% del contenuto dei polifenoli dell’uva. I dimeri e gli oligomeri delle procianidine sono conosciuti anche come procianidine oligomeriche OPCs, (oligomeric procyanidolic complexes) e oligomeri procianidolici o PCOs (Procyanidolic oligomers). Attività Le proantocianidine hanno una varietà di proprietà benefiche per l’intero organismo: antiossidante (in particolare di inibizione della perossidazione dei lipidi), protettiva cardiovascolare e del microcircolo (con effetti benefici sull’aggregazione piastrinica e sui processi aterosclerotici), antinfiammatoria, con azione su numerosi sistemi enzimatici inclusi fosfolipasi A2, cicloossigenasi e lipossigenasi, antibatterica, antivirale, anticarcinogenica. Ai fini delle problematiche del sovrappeso e delle complicanze ad esso correlate le più importanti attività sono le seguenti: • protettiva del microcircolo, in particolare della permeabilità e della fragilità capillare; • antiossidante; • anti-infiammatoria in specifici modelli sperimentali di obesità. Le procianidine da semi d’Uva hanno la capacità di aumentare la tonicità e la robustezza delle pareti dei vasi, rendendole più resistenti all’azione degradativa dell’elastasi e del collagenasi e all’azione di scavenging dei radicali liberi e di inibizione della formazione dell’anione superossido. Sono infatti molto utilizzate nel trattamento dei disturbi circolatori come fragilità capillare, insufficienza venosa periferica cronica e microangiopatia della retina. L’attività di scavenger dei radicali liberi delle proantocianidine è stata ben documentata e ha ricevuto maggiore attenzione. Studi in vivo hanno mostrato che l’estratto di semi d’Uva ha una migliore attività di scavenging dei radicali liberi rispetto alla vitamina C, alla vitamina E succinato da sole o combinate e al beta carotene. Inoltre risultati di esperimenti in vitro hanno mostrato che le proantocianidine hanno specificità per inibire non competitivamente l’attività dell’enzima xantina ossidasi (principale generatore di radicali liberi), elastasi, collagenasi, ialuronidasi e β-glucuronidasi. Tale attività è particolarmente importante per mantenere integro e sano il tessuto connettivo. Partendo da dati sull’attività anti-infiammatoria generica, le procianidine sono state testate in specifici modelli sperimentali di infiammazione associata a stati di sovrappeso e obesità, quindi con un caratteristico sbilanciamento del pattern di citochine e adipochine (IL-6, TNF-α, PCR, MCP-1, NF-KB, adiponectina, 43 leptina, ecc). Sia in vitro che in vivo le procianidine sono state efficaci nel prevenire e contrastare gli stati infiammatori di grado lieve e silente, associati all’obesità. Hanno dimostrato di poter correggere lo sbilanciamento delle citochine, favorendo la produzione di sostanze anti-infiammatorie (come l’adiponectina) e riducendo quelle infiammatorie (come la IL6, la proteina C reattiva, il TNF-α). Sintesi degli studi scientifici di rilievo per il fisiologico funzionamento del tessuto adiposo Studi in vitro Attività anti-infiammatoria in vitro: la capacità delle procianidine di semi d’Uva di modulare l’infiammazione, manifestazione strettamente associata all’obesità, al diabete e a stati di insulino-resitenza, è stata valutata in linee cellulari di adipociti umani e macrofagi (THP-1) esposti ad un estratto di procianidine da semi d’Uva. Le cellule pretrattate con l’estratto hanno mostrato una riduzione dell’espressione di IL-6 e MCP-1 (fattore chemiotattico con un ruolo importante nel reclutamento dei macrofagi/monociti) dopo uno stimolo infiammatorio. La sola esposizione ha modulato le adipochine (APM1 e LEP) e l’espressione genica delle citochine (IL6 e MCP-1); ha inoltre parzialmente inibito la traslocazione di NF-kB al nucleo in entrambe le linee cellulari. Questi risultati dimostrano che le procianidine riducono l’espressione di IL-6 e MCP-1 e aumentano la produzione di adipochine, antiinfiammatorie tra cui l’adiponectina, suggerendo un possibile effetto benefico su malattie caratterizzate da uno stato infiammatorio cronico di grado lieve, come l’obesità e il diabete di tipo 2. (Chacon, 2009). Studio degli effetti anti-infiammatori nel ratto reso obeso da dieta: l’effetto antinfiammatorio e antiossidante di un estratto di semi d’Uva è stato valutato sull’infiammazione locale e sistemica nell’obesità indotta da dieta iperlipidica nel ratto. È stato valutato sia un effetto “preventivo” delle procianidine (30 mg/ kg die) nei ratti con dieta iperlipidica (60% kcal da lipidi per 19 settimane), che un effetto “correttivo” su ratti obesi (dieta iperlipidica per 13 settimane) di 2 dosi di procianidine: 25 e 50 mg/kg die per 10 e 30 giorni. Il trattamento preventivo ha ridotto il peso corporeo e i marker plasmatici sistemici dell’infiammazione: tumor necrosis factor-alpha (TNF-α) e proteina C-reattiva (CRP). Nel tessuto adiposo bianco mesenterico è aumentata l’espressione di adiponectina (proteina che modula numerosi processi metabolici, inclusi la regolazione del glucosio e il catabolismo degli acidi grassi, livelli di questo ormone sono inversamente correlati con la percentuale di grasso negli adulti) e si è ridotta l’espressione di TNF-α, IL-6 e CRP. Nel fegato è stata vista una ridotta attività di NF-kappaB, che può essere correlata ad una bassa espressione di marker infiammatori epatici. La 44 ridotta espressione di Emr1 (marker specifici di macrofagi F4/80), suggerisce una ridotta infiammazione del tessuto bianco adiposo. Nel modello di integrazione non preventivo, ma “correttivo” il trattamento con la dose più alta ha ridotto i livelli plasmatici di proteina CK reattiva senza cambiamenti nel TNF-α. In conclusione, l’assunzione di estratti di semi d’Uva aiuta a prevenire lo sbilanciamento nel pattern di citochine correlate all’infiammazione (Moreno, 2003). Studio degli effetti anti-obesità, anti stress ossidativo e antinfiammatori in criceti resi obesi da dieta: in criceti sottoposti ad una dieta ad alto contenuto di grassi e trattati con estratto di polifenoli di semi d’Uva per 12 settimane, sono stati misurati il glucosio plasmatico, i trigliceridi (TG), l’insulina, la leptina e l’adiponectina. Lo stress ossidativo è stato valutato mediante la produzione cardiaca di anione superossido e l’espressione di NAD(P)H ossidasi. Dopo 12 settimane, la dieta ad alto contenuto di lipidi ha aumentato il grasso addominale rispetto al gruppo di controllo; ha inoltre portato a maggiori livelli di glicemia, TG, insulina e ad una maggiore resistenza all’insulina (HOMA-IR). Il trattamento con l’estratto di semi d’Uva ha prevenuto l’aumento del grasso addominale ed ha impedito in parte gli effetti sui parametri ematici, riducendo l’insulinemia e la leptinemia del 16,5 e del 45%, rispettivamente, mentre il livello di adiponectina è aumentato del 61% rispetto ai controlli obesi. I semi d’Uva hanno inoltre abbassato glicemia e la HOMA-IR e inibito fortemente la produzione di superossido cardiaco (74% in meno) e l’espressione di NAD(P)H ossidasi (30%). Il consumo cronico di polifenoli da uva ha quindi ridotto lo sviluppo dell’obesità e delle relative risposte metaboliche, tra cui la secrezione di adipochine e lo stress ossidativo (Dècordé, 2009). Studio degli effetti antinfiammatori nel ratto obeso da dieta: i ratti sono stati trattati con dieta a basso o ad alto contenuto di grassi, ma integrata con procianidine da semi di uva per 19 settimane. Sono stati determinati la proteina C-reattiva (CRP) e la IL-6 nel plasma, i depositi di tessuto adiposo e il peso corporeo e l’espressione genica di CRP, IL-6, TNF-α e adiponectina nel fegato e nel tessuto adiposo bianco (WAT). I ratti alimentati con la dieta ad alto contenuto di grassi mostrano una produzione maggiore di CRP, i cui livelli plasmatici sono stati ridotti dalle procianidine. La diminuzione nel plasma CRP nei ratti con dieta ad alto contenuto di grassi e procianidine da semi d’Uva è collegata ad una ridotta espressione di mRNA della CRP nel fegato e nel tessuto bianco adiposo mesenterico. Si è ridotta anche l'espressione delle citochine pro infiammatorie TNF-α e IL-6 nel tessuto bianco adiposo mesenterico. Al contrario, il trattamento con i semi d’Uva ha aumentato l’mRNA della citochina anti-infiammatoria adiponectina. I ridotti livelli plasmatici di CRP inoltre correlano positivamente con il peso corporeo che è a sua volta associato con l'indice di adiposità. Questi risultati suggeriscono un 45 effetto benefico delle procianidine da semi d’Uva sulle malattie infiammatorie di grado lieve, che può essere dovuto alla inibizione delle molecole proinfiammatorie CRP, IL-6 e TNF-α e all’aumentata produzione di citochine anti-infiammatorie come la adiponectina (Terra X, 2009). Studio degli effetti anti-obesità nel topo nutrito con dieta ricca di grassi: i topi sono stati divisi in tre gruppi: gruppo di controllo con dieta normale (ND), gruppo di controllo con dieta ad alto contenuto di grassi (HD) e gruppo con dieta ricca di grassi più l’estratto di semi d’Uva gruppo (HD + GSE). I risultati sono stati i seguenti: 1. L’integrazione con semi d’Uva ha ridotto l’incremento di peso corporeo nei topi nutriti con alto contenuto di grassi (peso del grasso epididimale e dorsale inferiore rispetto ai topi con dieta ad alto contenuto di grassi ma senza integrazione con semi d’Uva; 2. Le concentrazioni di lipidi ematici sono risultate inferiori nel gruppo HD + semi d’Uva rispetto al gruppo HD. Le concentrazioni sieriche di HDL sono risultate più elevate nel gruppo HD + semi d’Uva rispetto agli altri gruppi; 3. Le concentrazioni nel siero e nel fegato di acilcarnitina acido-insolubili (AIAC) sono risultate più alte nel gruppo HD + semi d’Uva rispetto al gruppo HD; 4. L’integrazione con semi d’Uva ha aumentato i livelli di mRNA dei geni lipolitici come la carnitina palmitoiltrasferasi-1 (CPT-1) e la diminuzione dei livelli di mRNA dei geni lipogenici come la acetil CoA carbossilasi (ACC). L’integrazione con estratto di semi d’Uva all’interno di una dieta ricca di grassi potrebbe normalizzare il peso corporeo, il peso di grasso epididimale e dorsale, le concentrazioni di lipidi, e i livelli di carnitina, attraverso il controllo del metabolismo dei lipidi (Park, 2008). 46 Conclusioni L’obesità è data dall’espansione dell’organo adiposo, con accumulo di trigliceridi negli adipociti bianchi, in prevalenza ubicati nel grasso viscerale e nel tessuto sottocutaneo addominale. Gli adipociti ipertrofici condizionano il numero di nuovi adipociti formati nell’organo adiposo. Gli adipociti non hanno mitosi, quindi quelli formati restano attivi nel tempo. L’obesità è sostenuta dalla ipertrofia e iperplasia di adipociti bianchi, da condizioni di ipossia adipocitaria con maggiore produzione di proteine ad azione infiammatoria loco-regionale e sistemica. Lo stato infiammatorio del tessuto adiposo bianco altera le funzioni metaboliche e ormonali degli adipociti bianchi con difficoltà al recupero di un sano peso forma ottenuto con riduzione della massa grassa, in particolare addominale. Le proteine infiammatorie degli adipociti bianchi sono causa di insulino resistenza, ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2, aterosclerosi, dislipidemie, patologie cardiovascolari, sindrome metabolica, patologie degenerative invalidanti la qualità e la durata della vita. Il controllo della energia introdotta con l’alimentazione giornaliera è condizione necessaria, ma non sufficiente al recupero e mantenimento di una sano peso forma. La salute del tessuto adiposo si pone al centro del peso corporeo e della prevenzione delle patologie degenerative ed estetiche. Allo stato dell’arte, considerando le nuove funzioni del tessuto adiposo, tra i numerosi rimedi naturali che possono rivelarsi d’aiuto per perdere chili di troppo, suscitano un grande interesse due piante medicinali: The verde e semi d’Uva, che agendo anche sulla funzionalità del tessuto adiposo lo rendendo più recettivo ai vari interventi finalizzati alla riduzione del peso corporeo. 47 Referenze ANATOMIA ISTOLOGIA FISIOPATOLOGIA ORGANO ADIPOSO • Arner P, Langin D. The role of neutral lipases in human adipose tissue lipolysis. Curr Opin Lipidol 2007;18:246-50. • Bastard JP, Maachi M, Lagathu C, Kim MJ, Caron M, Vidal H, Capeau J, Feve B. Recent advances in The relationship between obesity, inflammation, and insulin resistance. Eur Cytokine Netw. 2006;17(1):4-12. • Berg AH, Scherer PE. Adipose tissue, inflammation, and cardiovascular disease. 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