Manovra di stabilità
Nuovi contratti a tempo indeterminato: decontribuzione massima di 6.200
euro annui
Renzo La Costa
Una delle principali novità contenuta nella legge di stabilità definitivamente adottata per il
2015 è indubbiamente quella della decontribuzione dei nuovi contratti a tempo
indeterminato che si andranno a stipulare dal prossimo 1^ gennaio. Per evitare ogni
confusione, è bene dapprima precisare che la nuova agevolazione è rivolta ai tradizionali
contratti a tempo indeterminato e non ai preannunciati contratti “a tutele crescenti”, salvo
una successiva estensione a questi ultimi delle medesime misure. L’incentivazione non è
applicabile nel settore agricolo, nè al lavoro domestico, né è applicabile ai contratti di
apprendistato: specificazione utile questa, in quanto si sarebbe in presenza di contratti a
tempo indeterminato anche nei casi di apprendistato. Per i contratti quindi stipulati tra il
1^ gennaio 2015 ed entro il 31 dicembre 2015 ai datori di lavoro che assumono con il
contratto a T.I., è riconosciuto un esonero contributivo per trentasei mesi delle quote
previdenziali a carico dei datori di lavoro stessi, con esclusione di premi e contributi Inail (
che andranno regolarmente versati) e nel limite massimo di 8.060 euro su base annua.
L’agevolazione ha tuttavia un profilo di soggettività: questa potrà essere legittimamente
fruita a condizione che il lavoratore assunto non sia stato occupato a tempo indeterminato
presso altro datore nei sei mesi precedenti l’assunzione. L’agevolazione medesima non
spetta anche per l’assunzione di lavoratori per i quali il beneficio sia stato usufruito in
relazione ad una precedente assunzione a tempo indeterminato. Inoltre, l’agevolazione
introdotta non è cumulabile con altri benefici o riduzione di aliquote. Con il medesimo
provvedimento ( art. 12 ) si sopprimono le agevolazioni previste dalla Legge 407/90
nonché gli incentivi alla stabilizzazione degli apprendisti , con riferimento alle
prosecuzioni dei contratti al termine del periodo di formazione a decorrere dal 1 gennaio
2015. Non v’è dubbio che la pressochè totale decontribuzione costituisca un fatto nuovo e
di particolare interesse. Al pari di altri Paesi coinquilini europei, si rende decisamente più
conveniente il contratto a tempo indeterminato rispetto al contratto a termine, pur se
limitatamente ai 36 mesi. L’impressione è, tuttavia, che ciò ancora non basterà a
valorizzare il contratto a tempo indeterminato, che per (soli) trentasei mesi agevolati, non
costituirà motivo di massivo ricorso a tale istituto. Con l’orizzonte breve che i datori di
lavoro intravedono in questo ormai lungo periodo di crisi economia, si teme che si
continuerà a prediligere il rapporto a termine, sul quale ormai fonda il nostro mercato del
lavoro (circa 70% dei rapporti a termine, contro il 17% dei nuovi rapporti a tempo
indeterminato). Non è dato di sapere, al momento, se la nuova agevolazione in questione
sia applicabile ai rapporti a termine trasformati a tempo indeterminato: dal tenore della
norma, apparrebbe di sì, in quanto le esclusioni sono previste solo in caso di precedenti
rapporti a tempo indeterminato, peraltro presso diversi datori di lavoro. La norma appare
estremamente asettica, dovendosi quindi riservarsi ogni ipotesi alle successive istruzioni
ministeriali che conseguiranno. Particolare tipicità, è da evidenziare con riguardo alla
esclusione dalla fruibilità dell’agevolazione di quei datori di lavoro che assumono un
lavoratore per il quale l’ex datore di lavoro abbia già usufruito dell’agevolazione medesima:
da una parte si afferma l’oggettività della agevolazione (…ai datori di lavoro privati… è
riconosciuto l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali…) ovvero
stabilendo la condizione generale di assunzione a tempo indeterminato, rimettendo poi la
legittimità della fruizione della agevolazione stessa alla soggettività dell’assunzione, stante
l’esclusione relativa alla assunzione di lavoratori per i quali il beneficio sia stato già
usufruito ( dal datore) in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato. Detto
in parole povere, se quel lavoratore ha costituito l’oggetto di una assunzione agevolata a
tempo indeterminato presso il datore di lavoro A, che poi lo ha licenziato o dal quale si è
dimesso, il datore di lavoro B che vorrà assumerlo non potrà usufruire della agevolazione
in parola. La problematica non è affatto da poco: se il lavoratore si è dimesso per giusta
causa, perché escluderlo da un nuovo rapporto agevolato a vantaggio del nuovo datore di
lavoro? Se il lavoratore è stato licenziato per giustificato motivo oggettivo, perché escludere
il nuovo datore di lavoro dalla agevolazione? Se il lavoratore è stato licenziato per una delle
ragioni di crisi aziendale, perché escluderlo dalla possibilità di una nuova assunzione
agevolata? Quali i mezzi e le possibilità del datore di lavoro rispetto ad un corrente
certificato di disponibilità, di conoscere se il precedente rapporto di lavoro sia stato
agevolato ai sensi della nuova normativa in commento? I dubbi sulla concreta valenza della
nuova normativa, cominciano a sorgere, fondati. Ci mancherebbe – rispetto ai vincoli
europei – che questa nuova agevolazione debba anche rispettare il criterio non scritto
dell’incremento occupazionale in termini di ULA. Staremo a vedere.
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