Università degli Studi di Bologna e Fondazione CEUR
a.a. 2012-2013
Seminario “Welfare e crescita”
Diseguaglianza, povertà ed effetti
redistributivi delle politiche pubbliche
Stefano Toso
Dipartimento di Scienze Economiche
Università di Bologna
[email protected]
14 novembre 2012
Sommario
1) Diseguaglianza e povertà nelle economie
avanzate nell’ultimo trentennio: evidenze
empiriche e interpretazioni
2) La grande recessione e gli effetti della crisi
sull’occupazione e la distribuzione del reddito
3) Le politiche a sostegno del reddito durante la
crisi: dal governo Berlusconi (2008-2011) al
governo Monti
Diseguaglianza e povertà
nelle economie avanzate
nell’ultimo trentennio:
evidenze empiriche e
interpretazioni
La diseguaglianza in Italia
in prospettiva internazionale
• L’Italia è tra i paesi con più alta diseguaglianza
(insieme a Uk e Usa), all’estremo opposto il nordEuropa, in mezzo l’Europa continentale.
• Trend comune ai paesi: gli anni ‘70-80 non hanno
fatto segnare incrementi rilevanti della
diseguaglianza, che è invece aumentata nel
decennio successivo. Il periodo più recente mostra
andamenti più incerti.
• Uniche eccezioni: Uk e Usa, per le quali vi è stato
un aumento sensibile in almeno 2 periodi su 3.
• Malgrado alcune tendenze di fondo, il saldo netto
alla fine del periodo è diverso da paese a paese.
La diseguaglianza in alcuni paesi avanzati
Svezia
Finlandia
Francia
Olanda
Belgio
Germania
Australia
Canada
Irlanda
Regno Unito
Italia
Stati Uniti
Variazione della Variazione della Variazione della Indice di Gini
diseguaglianza diseguaglianza diseguaglianza alla metà del
da metà anni
da metà anni
da metà anni primo decennio
’70 a metà anni ’80 a metà anni
’90 a metà
del 2000
’80
’90
primo decennio
del 2000
+
++
0,234
+
++
0,269
+
0
0,270
0
++
0,271
0
+
0,271
+
++
0,298
0
+
0,301
+
++
0,317
++
+
0,328
++
++
0,335
-++
+
0,352
++
++
+
0,381
(-) lieve calo (-1%;-6%); (--) forte calo (-7%;-15%); (+) lieve aumento (1%;6%); (++) forte aumento (7%;15%);
(0) variazione non significativa
Fonte: LIS-OECD
La diseguaglianza in Italia
nell’ultimo trentennio
• La diseguaglianza in Italia ha seguito un moderato
andamento ad U:
• in diminuzione dalla metà degli anni ’70 fino alla fine
degli anni ’80, in aumento nel decennio successivo, con
un andamento stazionario dai primi anni 2000 in poi.
• La diseguaglianza dei redditi familiari disponibili è in
parte determinata da quella dei redditi individuali da
lavoro, che si è mossa in modo simile:
• si è ridotta fino alla fine degli anni ’80 (onda lunga
dell’”autunno caldo”), è aumentata nel decennio
successivo (abolizione nel 1992 dell’indennità di
contingenza, diffusione di forme contrattuali flessibili)
La diseguaglianza della distribuzione del reddito equivalente in Italia
0.45
0.4
0.35
gini y1
0.3
0.25
gini y2
dev. log. media y1
Atkinson y1
0.2
0.15
19
77
19
78
19
79
19
80
19
81
19
82
19
83
19
84
19
86
19
87
19
89
19
91
19
93
19
95
19
98
20
00
20
02
20
04
20
06
0.1
Nota: y1: reddito non comprensivo dei redditi da attività finanziarie,
y2: reddito al lordo delle attività finanziarie.
Fonte: elaborazioni sui dati dell’Indagine Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie, archivio storico.
La diseguaglianza di lungo periodo:
i top incomes
• L'andamento di medio-lungo periodo della
diseguaglianza dei redditi può essere esaminato anche
con riferimento all'evoluzione nel tempo della coda di
destra della distribuzione (top incomes)
• La maggiore diseguaglianza registratasi negli ultimi
vent'anni nei paesi anglosassoni è stata accompagnata
da un aumento delle top income shares. Tra le cause
dell’aumento i maggiori emolumenti (stock options) ai
CEO. I top incomes oggi, tuttavia, sono fatti non solo di
redditi da capitale ma anche da lavoro dipendente (star
dello sport/spettacolo).
• Tendenze comuni ai paesi industrializzati? E l’Italia?
Evoluzione della quota del reddito nazionale che
va allo 0,1% più ricco in alcuni paesi
0.12
0.1
0.08
Francia
0.06
Usa
Uk
0.04
0.02
Fonte: Atkinson, Piketty (2007)
2003
1998
1993
1988
1983
1978
1973
1968
1963
1958
1953
1948
1943
1938
1933
1928
1923
1918
1913
0
I top incomes in Italia
• L’analisi dei top incomes in Italia non abbraccia un
secolo ma solo un trentennio (1974-2004)
• Le top income shares mostrano un pattern persistente di
crescita a partire dalla metà degli anni ’80, guidato dalla
dinamica dei redditi da lavoro autonomo e dipendente
• Nonostante questo trend, l’incremento delle top income
shares non assume le proporzioni degli USA o degli altri
paesi anglosassoni
• La maggiore concentrazione del reddito tra i ricchi, dalla
metà degli anni ’80 in poi, sembra essere un fenomeno
interno all’ultimo ventile (top 5%) e in particolare
all’ultimo percentile (top 1%) o sottomultipli.
Evoluzione delle top income shares in Italia
14%
13%
12%
10%
9%
8%
7%
Top 10-5%
Top 5-1%
Top 1%
Fonte: Alvaredo, Pisano (2009)
2004
2002
2000
1998
1996
1994
1992
1990
1988
1986
1984
1982
1980
1978
1976
6%
1974
Income Share
11%
Top income shares (0,01%)
e composizione del reddito in Italia
0,9%
Rents
0,8%
Capital inc.
Self-emp.
Business
Wages
0,6%
0,5%
0,4%
0,3%
0,2%
0,1%
Fonte: Alvaredo, Pisano (2009)
2004
2002
2000
1998
1996
1994
1992
1990
1988
1986
1984
1982
1980
1978
0,0%
1976
Top 0.01% share and composition
0,7%
L’evoluzione della diseguaglianza nei
paesi avanzati: alcune interpretazioni
• Progresso tecnologico
• Apertura dei mercati dei beni e dei capitali
(globalizzazione)
• Aumento dell’importanza del settore dei servizi
• Cambiamenti istituzionali sul mercato del lavoro
• Variazioni negli effetti redistributivi delle politiche
pubbliche
• Cambiamenti nella struttura demografica e delle famiglie
• Cambiamenti nelle “norme sociali” verso la
diseguaglianza
• L’economia delle superstar
Progresso tecnologico
• Skill-biased technological change: il progresso
tecnologico ha prodotto un aumento della
domanda dei lavoratori skilled e una
diminuzione di quella unskilled, che si sono
scaricati sui salari provocandone una maggiore
dispersione
• Una rappresentazione grafica in termini di curve
di domanda e offerta di lavoro …
Progresso tecnologico
e aumento della diseguaglianza
salario
salario
L
L
Lavoratori con
basso titolo di
studio
Lavoratori con alto
titolo di studio
Progresso tecnologico (2)
• Problema: lo sbtc è comune a tutti i paesi ricchi, ma
solo in alcuni la diseguaglianza è cresciuta
• Inoltre lo sbtc non spiega come mai la
diseguaglianza è aumentata anche all’interno di
gruppi omogenei per livello di istruzione
• Sbtc: spiegazione forse calzante per USA e UK ma
poco per l’Italia: la domanda di lavoro skilled è
bassa (imprese medio-piccole, poca ricerca di base,
scarso rendimento dell’istruzione)
Globalizzazione
• Aspetto fondamentale: i paesi poveri producono beni e
servizi che vengono venduti in tutto il mondo
• Delocalizzazione delle produzioni ad alta intensità di
lavoro (tessile, calzature, metalmeccanico) verso i PVS
→ riduzione della domanda di lavoratori poco qualificati
nei paesi ricchi
• Anche quando non c’è delocalizzazione, i salari dei
lavoratori occupati nei settori industriali che producono
beni ad alta intensità di lavoro vengono fissati sul
mercato globale → effetto di freno sui tassi di crescita
dei salari dei lavoratori dei paesi ricchi
Globalizzazione (2)
• Eppure i paesi avanzati hanno una quota di
importazioni sul Pil dai PVS ancora bassa (2%
negli anni ’90), quindi …
• … servono altre spiegazioni anche perché il
tasso di incremento della diseguaglianza nei
paesi ricchi registrato nella metà degli anni ‘80’90 si è poi ridotto o ha cambiato di segno ma la
globalizzazione non si è arrestata!
L’importanza del settore dei servizi
• Ridimensionamento del contributo del settore
dell’industria alla formazione del Pil e contestuale
incremento del peso del settore dei servizi, sia in
termini di valore aggiunto sia di occupati
• Figure professionali più eterogenee nel settore dei
servizi (dalla donna delle pulizie all’avvocato, …),
bassa adesione sindacale, contrattazione collettiva
meno diffusa, forme di lavoro nero: tutto questo
favorisce un’elevata concentrazione delle
retribuzioni.
Cambiamenti istituzionali sul mercato del
lavoro
• In Italia la “concertazione” ha portato all’abolizione nel
1992 dell’indennità di contingenza (la scala mobile), che
nei 15 anni precedenti aveva favorito la compressione
dei differenziali salariali (effetti dell’autunno caldo:
l’accordo 1975 Lama-Agnelli e il punto unico di
contingenza: aumenti assoluti uguali per tutti)
• Cambiamenti strutturali del sistema produttivo e
mutamenti del clima ideologico, che hanno ridotto
l’adesione al sindacato (sconfitte del sindacato dei
minatori contro la Thatcher negli anni ‘80, referendum
sulla scala mobile nel 1984 perso dal PCI)
Variazione negli effetti redistributivi delle
politiche pubbliche
• Riforme della tassazione personale del reddito (regola
aurea: riduzione degli scaglioni di reddito e
abbassamento dell’aliquota massima => riduzione della
progressività e del gettito => minore redistribuzione)
• La maggiore integrazione dei mercati finanziari ha
indotto una corsa al ribasso della tassazione dei redditi
da attività finanziarie
• Politiche di spesa per l’assistenza più selettive
(maggiore ricorso al targeting)
• Modifiche in senso restrittivo del sistema di
assicurazione sul mercato del lavoro (politiche di
workfare)
Cambiamenti nella struttura demografica
e delle famiglie
• Aumento dei tassi di dissoluzione delle famiglie e
diffusione dei nuclei monoparentali (nei paesi
anglosassoni diffusione del fenomeno delle lone
mothers, senza partner e senza lavoro)
• L’aumento della partecipazione femminile al
mercato del lavoro può portare ad un aumento della
diseguaglianza invece che a una riduzione, se sono
soprattutto le mogli di individui a reddito medio-alto
ad entrare nel mercato del lavoro (l’evidenza
empirica mostra che spesso “ci si sposa tra simili”,
per istruzione, per reddito, …)
Cambiamenti nelle “norme sociali” verso
la diseguaglianza
• Mutato atteggiamento dell’opinione pubblica verso la
diseguaglianza (siamo disposti ad accettare come
normali livelli diseguaglianza più elevati di un tempo)
• Spostamento del baricentro culturale verso posizioni promercato in tutti i paesi
• Sviluppi programmatici dei partiti di sinistra europei (New
Labour inglese anni ‘80-’90): maggiore enfasi
all’uguaglianza delle opportunità (nei punti di partenza) e
meno all’uguaglianza dei risultati [N. Rossi, “Meno ai padri, più ai
figli”, 1997]
• Si recupera una visione di equità di tipo procedurale
(influenza politica delle teorie libertarie alla Nozick)
L’economia delle superstar
• Le interpretazioni precedenti non spiegano perché
dalla metà degli anni ‘90 sono aumentati in molti
paesi i redditi degli individui più ricchi in assoluto
(top incomes)
• I top incomes non sono un gruppo omogeneo:
1) star dello sport e dello spettacolo, il cui reddito è
molto aumentato grazie alle innovazioni
tecnologiche nei mezzi di comunicazione che
consentono di diffondere le loro performance ad una
platea molto ampia di consumatori;
2) alcune categorie di professionisti e i massimi
dirigenti delle grandi società per azioni (top
managers) remunerati tramite le stock options
L’economia delle superstar (2)
• La teoria delle «superstar», per spiegare il
fenomeno dei working rich, si attaglia bene anche al
caso italiano
• Nell'elenco nominativo dei 500 maggiori contribuenti
Irpef 2000, pari a circa lo 0,01% del totale dei
contribuenti, accanto ai maggiori e più noti
imprenditori italiani (Tronchetti Provera, Armani, Del Vecchio,
Versace, Agnelli, Berlusconi, ecc.) trovavano posto 120
individui il cui reddito prevalente proviene dal lavoro
dipendente: di questi ultimi 2/3 risultavano essere
calciatori o allenatori di calcio (Del Piero, Totti, Batistuta,
Ronaldo, Maldini, Vieri, Inzaghi, Lippi, ecc.)
La povertà in Italia:
una prospettiva internazionale
• Il ranking riflette quello relativo alla diseguaglianza (i
meno poveri sono i paesi del Nord-Europa, i più poveri
gli anglosassoni)
• La povertà negli anni’80-90 è aumentata in quasi tutti i
paesi
• L’incremento ha riguardato soprattutto i minori, mentre la
condizione degli anziani è spesso migliorata
• Linea povertà relativa: 60% mediana distribuzione individuale dei
redditi familiari disponibili equivalenti (scala di equivalenza: N0,5)
• Fonte: Luxembourg Income Study (LIS)
Povertà relativa nelle economie avanzate:
trend e livelli recenti (dati LIS)
Valore più
recente del
tasso di
diffusione (e
anno)
Periodo di
variazione
Variazione
dell’indice di
diffusione tra
l’inizio e la fine del
periodo
Variazione
dell’indice di
diffusione
calcolato sui
minori (<18)
Variazione
dell’indice di
diffusione
calcolato sugli
anziani (>64)
Olanda
11,1 (1999)
83-99
+3,5
+5,2
+8,2
Svezia
12,0 (2005)
81-05
+2,8
+3,2
+8,7
Germania
13,4 (2000)
81-00
+2,8
+6,1
-7,3
Finlandia
13,5 (2004)
87-04
+2,4
+3,3
-6,2
Francia
13,7 (2000)
79-00
-0,8
+2,3
-7,8
Belgio
16,1 (2000)
85-00
+5,6
+1,9
+14,7
Regno Unito
19,2 (2004)
79-04
+1,9
+8,8
-21,1
Canada
19,9 (2004)
81-04
+1,0
+3,9
-21,7
Italia
20,0 (2000)
86-00
+2,6
+7,4
+0,9
Australia
20,4 (2003)
81-03
+2,0
+1,9
-4,8
Irlanda
22,5 (2000)
87-00
+2,5
-3,2
+29,4
Stati Uniti
24,1 (2004)
79-04
+2,8
+2,2
-2,7
Come si misura la povertà in Italia
• Rilevazioni ufficiali dell’Istat (dataset: indagine sui
consumi delle famiglie)
• Stime della povertà relativa e (dal 1997 con interruzioni)
della povertà assoluta
• Analisi per famiglie
• Linea della povertà relativa: consumo medio procapite
(per una famiglia di 2 membri: 1.011 euro mensili nel
2011). Scala di equivalenza: Carbonaro
• Linea di povertà assoluta: spesa minima essenziale per
generi alimentari, abitazione più una voce residuale
(vestiario, trasporto, …). Soglie differenziate per
caratteristiche familiari (numero comp., età, macroarea
geografica, dimensione comune di residenza) (ad es.: 2
comp. età 4-10 + 2 comp. età 18-59 di un’area metropolitana al
Nord: 1560 euro mensili nel 2010)
La povertà in Italia nel 2011 (fonte Istat)
• Diffusione della povertà relativa: 11,1%
• Diffusione della povertà assoluta: 5,2%
• Le condizioni di maggiore disagio si riscontrano:
• al Sud, con il 23,3% delle famiglie in povertà relativa e
l’8% in povertà assoluta, tra gli anziani e tra le famiglie
numerose
• Le caratteristiche socio-demografiche della povertà
assoluta sono simili a quelle della povertà relativa
Diffusione della povertà relativa in Italia (2010-2011, valori %)
% famiglie povere per tipologia familiare
Persona sola < 65 anni
Persona sola >=65 anni
Coppia con persona di riferimento < 65 anni
Coppia con persona di riferimento >=65 anni
Coppia con 1 figlio
Coppia con 2 figli
Coppia con 3 o più figli
Monogenitore
% famiglie povere per area geografica
Nord
Centro
Sud
% famiglie povere
% individui poveri
Numero famiglie povere
Numero persone povere
Fonte: Istat 2011
2010
2011
2,9
8,9
5,0
11,5
9,8
15,6
27,4
14,1
3,6
10,1
4,6
11,3
10,4
14,8
27,2
13,2
4,9
6,3
23,0
4,9
6,4
23,3
11,0
13,8
2.734.000
8.272.000
11,1
13,6
2.782.000
8.173.000
Diffusione della povertà assoluta in Italia (2010-2011, valori %)
% famiglie povere per tipologia familiare
Persona sola < 65 anni
Persona sola >=65 anni
Coppia con persona di riferimento < 65 anni
Coppia con persona di riferimento >=65 anni
Coppia con 1 figlio
Coppia con 2 figli
Coppia con 3 o più figli
Monogenitore
% famiglie povere per area geografica
Nord
Centro
Sud
% famiglie povere
% individui poveri
Numero famiglie povere
Numero persone povere
Fonte: Istat 2011
2010
2011
2,8
5,7
1,9
3,8
2,9
5,1
9,4
10,4
3,5
6,8
2,6
4,3
4,0
4,9
10,4
10,4
3,6
3,8
6,7
3,7
4,1
8,0
4,6
5,2
1.156.000
3.129.000
5,2
5,7
1.297.000
3.415.000
La povertà in Italia nell’ultimo trentennio
(fonte: archivio storico Banca d’Italia)
• La diffusione della povertà relativa tra tutti gli
individui mostra un andamento simile a quello
della diseguaglianza:
• lieve riduzione fino alla metà degli anni ’80
• incremento successivo fino alla fine del periodo,
che porta gli indici a livelli di poco superiori a
quelli di inizio periodo
• Il dato aggregato nasconde però importanti
peculiarità se l’analisi è per classi di età...
La povertà in Italia nell’ultimo trentennio (2)
• La fascia centrale di età (18-64 anni) ha un
andamento simile a quello complessivo
• I due rimanenti (<18 e >64) si sono mossi in
modo opposto: aumento della povertà minorile,
riduzione della povertà tra gli anziani, che è ora
di poco inferiore alla media
• Riflesso delle caratteristiche del WS italiano
(spesa pensionistica che assorbe più della metà della spesa sociale
totale, scarso peso delle politiche familiari), non intaccate dalle
riforme degli ultimi 15 anni
Diffusione della povertà relativa in Italia per classi di età, 1977-2006
0.35
tutti
<=17
18-64
>=65
0.3
0.25
0.2
0.15
2006
2004
2002
2000
1998
1995
1993
1991
1989
1987
1986
1984
1983
1982
1981
1980
1979
1978
1977
0.1
Fonte: elaborazioni sull’archivio storico dell’ Indagine Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie.
Perché la diseguaglianza e la povertà
economica sono così alte in Italia?
1) Bassa partecipazione femminile al mercato del
lavoro  basso numero di percettori di reddito
2) Disparità regionali molto pronunciate (livelli di
prezzo, tassi di occupazione, reddito, performance
scolastica, …)
3) Basso impatto redistributivo della spesa sociale:
alta correlazione dei trasferimenti monetari con il
reddito disponibile
Fonte: Eurostat
Italia 2008: ripartizione per area
Sud:
Nord:
57.5%
Centro: 52.7%
31.3%
Turkey
Italy
Greece
Hungary
Croatia
Romania
Poland
Spain
Belgium
Czech Republic
Ireland
Bulgaria
EU (27 countries)
Japan
France
Latvia
Portugal
United States
Slovenia
United Kingdom
Germany
Austria
Finland
Sweden
Netherlands
Denmark
Switzerland
Norway
Iceland
1) Bassa partecipazione femminile al mercato
del lavoro
Tassi di occupazione femminile - 2009
80
70
60
50
40
30
20
10
0
2) Disparità regionali molto pronunciate
Rapporto tra i redditi familiari disponibili medi dei
nuclei residenti nelle aree più sviluppate e meno
sviluppate del paese:
Italia:
1.60
Germania: 1.22
USA:
1.06
Fonte: Brandolini 2009
-10
-20
Slovakia
Iceland
Netherlands
Czech Republic
Cyprus
Slovenia
Malta
France
Greece
Italy
Spain
Germany
Austria
Portugal
Poland
Norway
Belgium
Bulgaria
Finland
Denmark
Sweden
United Kingdom
Latvia
Hungary
Romania
Ireland
3) Basso impatto redistributivo della spesa
sociale
Povertà relativa prima e dopo i trasferimenti pubblici - 2008
40
30
20
before
10
after
reduction
0
Tassi di povertà tra gli immigrati e i nativi
35
Persone in famiglie con
capofamiglia nato all’estero
30
25
20
Persone in famiglie con
capofamiglia nato in Italia
15
10
6.9
5
1.1
1.3
2.0
1993
1995
1998
2.5
2000
3.3
4.3
5.1
2004
2006
0
Fonte: Brandolini, www.neodemos.it
2002
2008
Quota di
immigrati
La grande recessione e gli
effetti della crisi
sull’occupazione e la
distribuzione del reddito
La grande recessione nei paesi OCSE
• Diminuzione del 5% del PIL nell’area OCSE tra il picco ciclico del 1°
tr. 2008 e il minimo toccato nel 2° tr. 2009 (prima forte
contrazione economica globale dal 1945; unico antecedente
paragonabile: Grande Depressione anni ‘30)
• In tutti i paesi la recessione ha determinato la maggior caduta
dell’attività produttiva e dell’occupazione del secondo dopoguerra: in
ITA caduta del 27% della produzione industriale e del 7% del PIL
nel periodo agosto 2007-agosto 2009; caduta del 2,3% del numero
di occupati (532.000 unità) nel periodo 2008-2010
• La crisi ha prodotto effetti diversificati sui livelli di attività
e occupazione dei principali paesi europei: in GER il PIL nel
2010 era tornato al livello 2008, in ITA all’inizio del 2012 è ancora
del 3,5% < del livello 2008.
La crisi dell’economia reale in Italia
• Tasso di disoccupazione: dal 6,5% all’inizio del 2008 al 9,2% nel
gennaio 2012. Il tasso di disoccupazione per la fascia 15-24 anni è
passato dal 21% del gennaio 2008 al 35% all’inizio del 2012.
• Mentre nel corso del 2009 la perdita di posti di lavoro aveva
riguardato soprattutto occupazioni atipiche e precarie, nel 20102011 il fenomeno si è esteso a tutte le tipologie contrattuali, ossia
anche al lavoro standard.
• Circa 2/5 dei nuovi posti di lavoro dipendente creati nel 1997-2007
sono stati a tempo determinato.
• L’allargamento dell’area della precarietà è andato di pari
passo con la moderazione salariale (crescita annuale dei salari
reali dei lavoratori t.p. 1997-2007: +0,5%) e una progressiva
diminuzione dei salari di primo impiego.
La crisi dell’economia reale in Italia (2)
• Il numero delle ore autorizzate di Cig ha subito un forte incremento:
da 228 milioni nel corso del 2008 ad un massimo di 1,2 miliardi nel
2010. Il 2011 ha registrato una leggera riduzione (973 milioni di ore).
• E’ mutata la natura delle ore autorizzate: mentre nel 2008 più della
metà del totale era rappresentata dalla componente ordinaria (per
far fronte a sospensioni temporanee dell’attività), nel 2010 il 71% del
totale era rivolto al finanziamento della Cigs (per situazioni di
prolungata crisi aziendale) e della Cig in deroga.
• La crisi economica ha amplificato il problema della
mancata crescita dell’economia italiana (variazione medio
annua del Pil nel 2000-2010: +0,2%, nel periodo 1990-2000: +1,6%)
La crisi dell’economia reale in Italia (3)
L’impatto della crisi iniziata nel 2008 va quindi inquadrato in
un contesto di:
• economia stagnante,
• sostanziale costanza dei redditi da lavoro dipendente in
termini reali,
• crescente insicurezza sul mercato del lavoro,
• limitata capacità di intervento anticiclico da parte del
settore pubblico, in relazione ai noti squilibri di bilancio.
Crisi economica e
distribuzione del reddito
• Come si è distribuita la crisi economica e la conseguente
caduta dell’attività produttiva e del reddito tra le famiglie
italiane?
• Impossibile valutare a priori gli effetti distributivi di una
recessione:
1) il crollo della domanda colpisce di più i redditi degli imprenditori, dei
lavoratori autonomi e dei dipendenti privati, con conseguenze più
contenute per i redditi di pensionati e dipendenti pubblici;
2) La presenza di stabilizzatori automatici del bilancio pubblico (Cig,
…) sostiene il reddito dei lavoratori colpiti dalla crisi;
3) Il consolidamento dei conti pubblici può incidere negativamente su
pensioni, retribuzioni pubbliche, fornitura di servizi pubblici locali.
Crisi economica e distribuzione del
reddito (2)
• La recessione ha inciso più pesantemente sulle
condizioni economiche delle famiglie con figli, sia minori
che maggiorenni, e con persona di riferimento situata
nelle fasce centrali di età.
• L’espansione della Cig ha garantito continuità di reddito ai lavoratori
delle aziende in crisi, mentre la riduzione della propensione al
risparmio ha attenuato gli effetti della recessione sulla povertà
misurata in termini di consumo.
• La diseguaglianza nella distribuzione del reddito
familiare disponibile mostra solo un lieve incremento tra
il 2008 ed il 2010 (Gini da 0,327 a 0,330) [BdI 2012].
Crisi economica e distribuzione del
reddito (3)
• Anche i dati Eurostat non evidenziano nel 2006-2010 (redditi
riferiti al periodo 2005-2009) variazioni significative e di segno
univoco della diseguaglianza, in particolare nell’ultimo triennio
• Nella stessa direzione vanno gli indicatori europei della
Strategia 2020: il tasso di basso reddito (at-risk-poverty rate)
dopo i trasferimenti sociali, l’indice di deprivazione materiale
grave, la quota di individui che vivono in famiglie a intensità di
lavoro molto bassa [definizione di esclusione sociale che ne riflette
il carattere multidimensionale ed estende il concetto di povertà
relativa a dimensioni non monetarie e all’esclusione dal mercato del
lavoro]
• Non emerge dai dati una tendenza a un sensibile
peggioramento nella distribuzione delle risorse tra le
famiglie.
Diseguaglianza e povertà in Italia – IT-SILC
Indicatori di diseguaglianza e povertà
Coefficiente di Gini
Rapporto interquintilico S80/S20
2006 2007 2008 2009 2010
32,1
5,5
32,3
5,5
31,0
5,1
31,5
5,2
31,2
5,2
Tasso di basso reddito (at-risk-of-poverty rate)
dopo i trasferimenti sociali [soglia al 40%]
7,5
7,0
6,7
6,7
6,9
Tasso di basso reddito (at-risk-of-poverty rate)
ancorato ad un punto nel tempo (2005)
20,0
19,7
18,3
18,3
18,0
19,6
19,9
18,7
18,4
18,2
6,3
6,8
7,5
7,0
6,9
Quota di individui che vivono in famiglie con
intensità di lavoro molto bassa
10,8
10,0
9,8
8,8
10,2
Tasso di basso reddito o di esclusione sociale
25,9
26,1
25,3
24,7
24,5
Indicatori Strategia Europa 2020
Tasso di basso reddito (at-risk-of-poverty rate)
dopo i trasferimenti sociali
Deprivazione materiale grave
Crisi economica e distribuzione del
reddito (4)
• Finora le conseguenze distributive della crisi sono state
contenute soprattutto perché i nuovi disoccupati sono in
gran parte giovani ancora residenti nei nuclei di origine,
che quindi possono sfruttare il reddito di genitori/nonni.
• Già nel 2010 e 2011 la perdita del lavoro ha cominciato
però ad interessare anche i lavoratori standard, con
conseguenze potenzialmente significative sulla povertà
se nel 2012-13 l’economia italiana sarà di nuovo in
recessione.
Chi è stato più colpito dalla crisi
• In sintesi, la crisi ha finora colpito in particolare:
– lavoratori temporanei, giovani e con bassi livelli di
istruzione
– molti di loro vivono in famiglia e possono essere mantenuti
dai redditi di genitori e nonni (accentuato il carattere
familistico del sistema di welfare italiano)
– lavoratori stranieri (senza voce politica)
– lavoratori indipendenti a reddito medio-basso
• Il ricorso alla CIG ha interessato soprattutto il Nord
(imprese export-oriented), le fasce centrali di età e i
lavoratori dell’industria
• Blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici
Le politiche a sostegno del
reddito durante la crisi:
dal governo Berlusconi
(2008-2011) al governo
Monti
Gli ammortizzatori sociali
• Le politiche pubbliche hanno cercato di tamponare gli effetti
della crisi puntando sugli ammortizzatori sociali esistenti,
senza riforme strutturali.
• Dall’inizio della crisi, gli ammortizzatori sociali sono stati oggetto di vari
interventi legislativi, volti a prorogarne l’efficacia anche oltre l’ordinaria
scadenza temporale o verso settori ed imprese normalmente esclusi
dalla loro applicazione (Cig in deroga).
• La profondità della crisi e l’ampiezza degli interventi in deroga hanno
determinato un incremento della spesa pubblica per le politiche del
lavoro, da ascriversi totalmente alle politiche passive: mentre la spesa
per quelle attive si è contratta, il costo delle politiche di sostegno al
reddito è salito.
La spesa per assistenza
• Nessuna riforma organica delle politiche pubbliche per
l’assistenza.
• Introduzione una-tantum di un “bonus famiglia” (solo 2009) di 2001.000 euro annui, riservato alle famiglie con redditi prevalenti da lavoro
dipendente o da pensione, inferiori a 15-22.000 euro annui.
• Mancato interesse ad uno schema non categoriale di reddito minimo,
sebbene l’Italia sia uno dei pochissimi paesi europei (UE-27) a non
averne uno.
• Introdotta la Carta acquisti (Social Card) nel 2008
• Non sono stati intaccati i limiti strutturali della
spesa per assistenza in Italia
I limiti strutturali della spesa per assistenza
• Prevalenza delle prestazioni monetarie su quelle in servizi
e quelle governate dal centro su quelle di competenza
degli enti locali
• Programmi frammentati, categoriali e non coordinati tra
loro
• Mancanza di un istituto universale di contrasto della
povertà
• Criteri di selettività economica per l’accesso alle
prestazioni e la compartecipazione alla spesa da parte
degli utenti non omogenei
• Disparità territoriale nell’entità e qualità degli interventi e
servizi socio-assistenziali
• Mediocre performance redistributiva della spesa
Distribuzione della spesa per pensioni sociali, assegni
familiari e indennità di accompagnamento (valori %)
per decili di famiglie
Decili di famiglie
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Fonte: Irs [2011]
Ripartizione della spesa totale
Pensioni sociali Assegni familiari Indennità accompagnamento
17,1
10,3
3,6
19,2
16,5
5,7
14,7
15,8
7,4
13,8
12,5
12,3
10,9
10,6
13,2
7,0
9,1
14,8
7,2
8,4
14,8
6,0
7,2
14,0
2,7
5,5
7,7
1,4
4,0
6,6
La Carta acquisti
• Un buono spesa (voucher) in forma di bancomat riservato alle
famiglie con anziani (over 65enni) o con almeno un minore di 3 anni
• Finalizzato al contrasto della povertà assoluta (means-testing
severo)
• La carta può essere usata per acquistare qualunque tipo di bene e/o
servizio, seppure solo in negozi e supermercati selezionati, o per il
pagamento delle utenze energetiche (gas, luce, acqua)
• Importo mensile accreditato sulla carta: 40 euro, indipendentemente
dal grado di povertà della famiglia
• La carta è riservata ai cittadini italiani residenti
• Carta acquisti e cultura del dono (LB sul welfare 2009): ¼ circa del
finanziamento deriva da donazioni private (Enel, Eni)
La Carta acquisti (2)
• Brutta copia del Food Stamp Program USA perché:
• non impone i vincoli merceologici alla spesa del Food Stamp,
consentendo l’acquisto di generi alimentari non coerenti con
standard dietetici corretti
• non ha le medesime caratteristiche di universalità
• è di un importo mensile ridotto (copre poco più di un quarto della
spesa mensile in alimentari di un pensionato con più di 65 anni)
• non è differenziato territorialmente e quindi non tiene conto del
diverso costo della vita in generi alimentari tra macroaree
• non è condizionato alla disponibilità a lavorare essendo rivolto in
prevalenza alla popolazione anziana
→ recepisce le caratteristiche peggiori del FSP, tipiche di
un modello di welfare caritatevole e non inclusivo
Effetti distributivi della Carta acquisti
• Beneficiari stimati: 800.000 persone, 1,4% della popolazione totale
(3% di famiglie). Spesa annua complessiva: 400 milioni
• Quasi il 50% dei beneficiari vive in 4 regioni del Sud (Campania,
Puglia, Calabria, Sicilia)
• 60% della spesa totale va al 10% più povero della famiglie, ma solo il
17% delle famiglie povere in senso assoluto ha diritto alla Social Card
…
• … perchè tutte le famiglie senza anziani o con minori con più di 3 anni
sono esclusi dalla platea dei potenziali beneficiari. La Social card è
di fatto un trasferimento a favore degli anziani: 80% dei
beneficiari hanno più di 65 anni.
→ nonostante la Carta acquisti, l’efficacia redistributiva
delle politiche pubbliche a favore dei più deboli rimane
insoddisfacente.
I provvedimenti del governo Monti
• 1) riforma dell’Isee (art. 5, l. n. 214/2011)
• 2) sperimentazione di una nuova Social card
(art. 60, d.l. n. 5/2012)
• 3) riforma degli ammortizzatori sociali (l. n.
92/2012)
La riforma dell’Isee
• Tre punti su cui il governo è tenuto a intervenire
con appositi decreti attuativi:
a) revisione delle modalità di calcolo dell’indicatore
e dei campi di applicazione
b) rafforzamento dei sistemi dei controlli e sviluppo
del nuovo sistema informativo
c) determinazione delle modalità attuative con cui
riassegnare i risparmi derivanti dalla riforma
dell’Isee al Ministero del lavoro per l’attuazione
di politiche sociali e assistenziali.
La sperimentazione della nuova Social
Card
• Sperimentazione di una nuova SC nei comuni con più di
250.000 abitanti, di cui beneficeranno cittadini italiani e
stranieri
• La nuova Carta, di importo variabile a seconda della
numerosità della famiglia, include un programma di
reinserimento lavorativo/inclusione sociale, affidandone
la regia ai Comuni
• Prova generale per la messa a regime di uno schema di
reddito minimo rivolto al contrasto della povertà
assoluta?
• Questioni aperte: quale Isee applicare? Sinergie tra
Comuni e terzo settore? Monitoraggio e valutazione
dell’esperimento?
La riforma degli ammortizzatori sociali
• La legge n. 92/2012, di riforma del mercato del lavoro
introduce un nuovo istituto, l’ASPI (Assicurazione sociale per
l’impiego), che sostituirà le indennità di mobilità e di
disoccupazione ordinaria non agricola e con requisiti ridotti.
• La platea di applicazione dell’Aspi copre i dipendenti anche
non a tempo indeterminato, ma differisce rispetto all’attuale
indennità solo per includere gli apprendisti.
• Per i parasubordinati si rafforza e si mette a regime il
meccanismo una tantum introdotto durante la crisi, che oggi
ha requisiti di accesso così stringenti da escludere gran parte
degli atipici.
• Si mantiene in vigore sia la Cigo sia la Cigs (salvo i casi in cui
l’impresa abbia cessato l’attività), ma non quella in deroga.
Conclusioni
• L’Italia presenta livelli di diseguaglianza e di povertà
economica tra i più alti nell’area Ocse.
• L’ultimo trentennio ha registrato un incremento della
diseguaglianza e della povertà in quasi tutti le economie
avanzate, in particolare nel periodo metà anni ‘80-metà
anni ’90, a cui non ha fatto seguito una sua riduzione.
• La tendenza verso una maggiore concentrazione del
reddito dell’ultimo trentennio è dipesa da diversi fattori
(economici, istituzionali, politici, …) e non è stata
completamente neutralizzata dall’azione redistributiva
del settore pubblico.
Conclusioni (2)
• La recessione, tuttora in corso in Italia, non ha finora
prodotto variazioni significative nella distribuzione del
tenore di vita delle famiglie, ma emergono effetti di
ricomposizione per età, livello di istruzione, condizione e
qualifica professionale, nazionalità.
• Il decennio è trascorso senza che si sia posto mano ad
una riforma strutturale sia delle politiche per l’assistenza
sia degli ammortizzatori sociali  ricorso a misure
temporanee o insufficienti a sostegno del reddito delle
famiglie colpite dalla recessione.
Conclusioni (3)
• Problemi strutturali di stagnazione della produttività del
lavoro e possibile tendenziale impoverimento dell’Italia in
una prospettiva comparata, resi più evidenti dalla crisi
economica.
• Prospettive di medio-lungo periodo? Dipende da quando
e se l’economia tornerà su di un sentiero di crescita
stabile, dal modo in cui verrà risolto lo squilibrio della
finanza pubblica, dalle scelte future in materia di riforma
della spesa per la protezione sociale e dalle politiche di
integrazione degli immigrati (scuola, mercato del lavoro,
ecc.).
Per saperne di più
• Brandolini A. [2011], “Grande Recessione e distribuzione dei
redditi”, Il Mulino, 6/2011.
• Gorrieri, E. [2002], Parti uguali tra disuguali. Povertà, disuguaglianza
e politiche redistributive nell’Italia di oggi, Bologna, Il Mulino.
• Guerzoni, L. (a cura di) [2008], La riforma del welfare. Dieci anni
dopo la “Commissione Onofri”, Bologna, Il Mulino.
• Revelli, M. [2011], Povertà della politica, politica della povertà, in
Berlusconismo. Analisi di un sistema di potere, a cura di P. Ginsborg
e E. Asquer, Roma-Bari, Laterza.
• Tardiola, A. [2010], Le politiche per la povertà tra diritti e welfare
compassionevole, in L’Italia possibile. Equità e crescita, a cura di G.
Ciccarone, M. Franzini e A. Saltari, Milano, Brioschi Editore.
• Gori C., Baldini M., Ciani E., Pezzana P., Sacchi S., Spano P. e U.
Trivellato [2011], Per un piano nazionale contro la povertà assoluta,
Roma, Carocci.
• OECD [2011], Divided we stand. Why Inequality Keeps Rising,
OECD Publishing. http://dx.doi.org/10.1787/9789264119536-en.
Scarica

Lezione Prof. TOSO