L’utilizzo dei dati finanziari nell’ambito dell’accertamento sintetico
Sommario: Premessa - 1. Valenza probatoria degli elementi acquisiti con le indagini
finanziarie ai fini dell’accertamento sintetico - 2. Procedimento analitico per un
accertamento non analitico - 3. Considerazioni conclusive.
Premessa
L’accertamento sintetico, disciplinato dall'articolo 38 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e relativi decreti attuativi[1], ha la peculiarità
di fondarsi sulla sussistenza di elementi e circostanze di fatto certi in relazione ai quali
il fisco può presumere una capacità di spesa correlata ad esborsi di somme di denaro
e a spese di gestione da confrontare con il reddito imponibile dichiarato dalle persone
fisiche[2]. Restano esclusi dal suo ambito applicativo i beni e i servizi riconducibili ad
attività d’impresa o di lavoro autonomo che hanno rilevanza fiscale solo nell’ambito
dell’accertamento del reddito delle relative categorie. Per procedere con
l’accertamento sintetico è necessario che, ai sensi del quarto comma dell’art. 38, del
d.P.R. n. 600/1973, il reddito complessivo netto sinteticamente accertabile si discosti
per almeno un quarto dal reddito imponibile dichiarato e che tale circostanza si
verifichi per almeno due annualità[3].
Lo strumento, pertanto, colpisce i redditi che, sfuggiti alla tassazione nel momento in
cui sono stati prodotti, vengono a manifestarsi come spese per beni da cui il fisco può
presumere una determinata disponibilità reddituale. A bilanciamento della relazione
logica spesa-reddito vi è la facoltà per il contribuente di dimostrare a contrario che il
bene-indice preso in considerazione dall’Amministrazione sia stato conseguito con
redditi esenti o già assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta. Secondo la
consolidata prassi ministeriale[4] occorre, inoltre, considerare il reddito familiare
complessivo del soggetto, atteso che gli elementi indicativi di capacità contributiva
rilevanti ai fini dell’accertamento sintetico possono trovare giustificazione nei redditi
degli altri componenti il nucleo familiare.
Di recente, il decreto legge n. 112/2008 ha dato nuovo impulso allo strumento in
parola prevedendo un piano straordinario di controlli basato sull’accertamento
sintetico. Nell’ottica del potenziamento del mezzo il decreto stabilisce che gli elementi
e le circostanze di fatto certi siano desunti, oltre che dal sistema informativo
dell’anagrafe tributaria, anche dalle informazioni acquisite a seguito delle indagini
finanziarie espletate ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numero 7), del citato d.
P.R. n. 600 del 1973[5].
L’unione dei due procedimenti rende lo strumento accertativo in parola più accurato:
non a caso l’articolo 83 del decreto n. 112 è rubricato “Efficienza dell'Amministrazione
finanziaria”. Il ricorso alle indagini finanziarie rappresenta l’aspetto di maggiore
importanza al riguardo poiché, come si illustrerà in seguito, le risultanze bancarie
possono costituire elementi di prova diretta dell’esistenza degli indici di capacità
contributiva ovvero elementi indiretti della disponibilità patrimoniale del contribuente.
1. Valenza probatoria degli elementi acquisiti con le indagini finanziarie ai
fini dell’accertamento sintetico
L’accostamento sistematico dello strumento istruttorio delle indagini finanziarie,
basato su un’analisi “per singolo elemento” delle operazioni inerenti i rapporti
finanziari, ad un modello di accertamento di tipo prevalentemente matematico basato
su coefficienti e parametri normativamente prefissati come l’accertamento sintetico,
sembrerebbe dar luogo ad un conflitto tra “procedure” per loro natura differenti.
L’apparente incompatibilità viene meno se si considera che le indagini finanziarie sono
uno strumento istruttorio a supporto dell’accertamento in generale. Ciò trova
conferma nella previsione dell’articolo 32, primo comma, n.2), del d.P.R. n. 600 del
1973 in relazione al quale il richiamo effettuato agli articoli 38 e successivi va inteso
nel senso che, a prescindere dalla metodologia di accertamento adottato, i dati
acquisiti con le indagini finanziarie possono essere legittimamente utilizzati.
Senza affrontare in questa sede il tema ampiamente dibattuto in dottrina sulla
ragionevolezza della previsione legislativa che considera i prelevamenti dai conti
correnti come elementi positivi di reddito[6], occorre valutare se è configurabile una
presunzione legale in termini di valenza reddituale anche nell’ambito di una
metodologia di accertamento, quale è il sintetico, che prescinde dalla presenza di
scritture contabili. Il riferimento è, in particolare, agli effetti che si determinano sul
piano probatorio in capo al contribuente che non dimostri “che ne ha tenuto conto per
la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo
stesso fine”. Interpretando a contrario la norma dell’articolo 32, n.2) sembrerebbe,
infatti, che gli elementi e i dati finanziari acquisiti abbiano una intrinseca attitudine
probatoria che il contribuente può neutralizzare soltanto con la prova della loro non
rilevanza ai fini fiscali.
A ben vedere, in materia di indagini finanziarie, la presunzione legale secondo cui i
versamenti e i prelevamenti dai conti correnti che non trovano riscontro in contabilità
vengono imputati a maggiori ricavi o compensi trova la sua applicazione naturale
nell’ambito dell’accertamento analitico. Il richiamo alle scritture contabili contenuto
nella seconda parte dell’articolo 32, primo comma, n. 2), del d.P.R. n. 600/1973 porta
a ritenere che l’operatività della presunzione anzidetta si possa giustificare proprio in
relazione all’attitudine probatoria tipica delle stesse[7]. Ne discende che ove
l’accertamento non riguardi redditi di lavoro autonomo o d’impresa la presunzione
legale non dovrebbe per i motivi suddetti operare[8].
Dati i termini della questione occorre valutare, tuttavia, se anche al di fuori delle
tipologie di accertamento analitico e analitico-induttivo esista uno spazio per
l’applicazione nei termini ora visti della presunzione legale. L’orientamento della
consolidata giurisprudenza della Cassazione è sostanzialmente negativo[9].
Secondo tale posizione, in tema di accertamento sintetico, l’onere della prova circa la
dimostrazione tra il nesso dell’esistenza (nel quantum e nel quando) dell’elemento
finanziario e la capacità contributiva secondo il parametro spesa-investimento spetta
in capo all’Amministrazione. L’assolvimento dell’onere probatorio avviene, pertanto,
secondo il procedimento ordinario in base all’id quod plerumque accidit e che
diversamente la pretesa non risulterà fondata qualora “la presunzione operata da
quest’ultima - (l’Amministrazione finanziaria) - non risulta di per sé munita di una
sufficiente forza probante, per la totale carenza del requisito della precisione di cui
tutte le presunzioni, a pena di inammissibilità, devono essere provviste.” (Cass.
17/03/2006, n. 5991)[10]. La conseguenza è che, pertanto, ai fini del sintetico non è
configurabile alcuna presunzione che attribuisce ex ante il significato di incremento
patrimoniale agli elementi finanziari. Ciò in quanto si applicano comunque le regole
proprie dell’accertamento sintetico, secondo le quali spetta all’Amministrazione l’onere
di dimostrare il valore reddituale del dato finanziario, anche in base a presunzioni
semplici ai sensi degli articoli 2727 e 2729 c.c..
Ancora più specifica sull’argomento è la recente sentenza n. 23690 del 2007 della
Cassazione. Tale pronuncia riguarda un accertamento sintetico motivato dal possesso
di ingenti disponibilità bancarie in capo al contribuente, la cui esistenza non viene
peraltro contestata dal medesimo. I giudici di merito avevano, tuttavia, accolto il
ricorso del contribuente poiché l’Amministrazione non aveva sufficientemente provato
il nesso tra il possesso delle notevoli disponibilità finanziarie e la loro riconducibilità a
redditi sottratti a tassazione. La Suprema Corte, cassando con rinvio la decisione della
C.T.R. Puglia, ha affermato invece che “erroneamente la decisione impugnata ha
ritenuto tali elementi come sforniti di valenza probatoria, limitandosi a far propria la
critica solo generica del contribuente e non, come avrebbe dovuto, a considerare,
anche in ragione delle chieste controdeduzioni procedimentali, elementi di spiegazione
analitici.“ Alla luce di ciò si può evincere il principio che la non contestazione del
contribuente attribuisce certezza intrinseca all’elemento finanziario, che per tale
motivo assume rilevanza reddittuale (incremento patrimoniale) ai fini del sintetico.
Tuttavia, occorre precisare che tale conseguenza, seppur rilevante, non va intesa nel
senso che la mera assenza di contestazione configuri una presunzione legale. Se così
fosse vi sarebbe infatti una duplice inversione dell’onere della in capo al contribuente,
sia in merito alla presunta valenza reddituale degli elementi finanziari sia in merito a
quella propria del sintetico inerente il “contenuto induttivo di tali redditi”. In questi
termini si affermerebbe un principio che non è in linea con il quadro normativo vigente
e non trova riscontro nella prassi dell’Amministrazione finanziaria[11].
Senza pervenire alle conclusioni suddette, si può rilevare che in sostanza il quid pluris
delle indagini finanziarie consiste nel fornire gravità, precisione e concordanza, sotto il
profilo del quantum e del tempo, sia agli indici da considerare ai fini del redditometro
che agli “ulteriori elementi” di natura finanziaria suscettibili di essere considerati come
incrementi patrimoniali. Tale mezzo istruttorio si rivela ancor più efficace in tutti i casi
nei quali l’intestatario formale del bene non sia il soggetto che effettivamente ha
sostenuto la spesa per l’acquisto del bene e/o per il suo mantenimento. Il
redditometro, infatti, colpisce il soggetto che sostiene la spesa del bene anche qualora
non è il titolare[12]. L’analisi degli elementi da imputare ai fini del redditometro
accompagnata da una rappresentazione finanziaria delle spese (prelevamenti dal
conto corrente) rende più efficiente lo strumento in parola. La presunzione semplice
suddetta trasferisce in capo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto
sul quale essa si fonda non corrisponde a realtà. In tal senso, l’esborso per l’acquisto
di un’autovettura o di un altro bene che trovi una corrispondenza nel conto corrente,
rende quasi incontestabile l’esistenza dell’elemento a carico del contribuente; al
contempo questi potrà spiegare le proprie difese in maniera più compiuta avendo
come riferimento più elementi oltre ai soli indici di spesa. Lo strumento diventa in tal
modo più accurato e si attenua in parte l’automaticità dell’applicazione dei criteri
matematico-presuntivi i quali, tendenzialmente, con riferimento alle spese sostenute
per l’acquisto dei beni indice, potranno essere commisurate alle movimentazioni
bancarie effettivamente riscontrate.
2. Procedimento analitico per un accertamento non analitico
Senza voler attribuire natura analitico-induttiva alla determinazione sintetica del
reddito per effetto delle indagini finanziarie, occorre tuttavia considerare che la
giurisprudenza e la prassi dell’Amministrazione finanziaria sostengono correttamente
che occorre valorizzare, anche ai fini della considerazione degli incrementi patrimoniali
di natura finanziaria, i singoli elementi e dati finanziari acquisiti[13]. Si rileva,
tuttavia, che tale attitudine può riguardare potenzialmente l’insieme delle attività
finanziarie facenti capo ad un soggetto, che per effetto dell’ampliamento dell’ambito
oggettivo delle indagini finanziarie operato dalla legge n. 311/2004 riguarda “qualsiasi
rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro
clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi.”[14].
L’analisi finanziaria del contribuente richiesta ai fini del sintetico è, quindi, più
complessa in confronto a quanto avviene solitamente in sede di accertamento
analitico, dato che per sua natura il riscontro con le scritture contabili riguarda
principalmente i rapporti, in primo luogo i conti correnti, che generano flussi finanziari
in entrata e in uscita. Altre attività finanziarie come ad esempio, il rilascio di garanzie
personali o il possesso di cassette di sicurezza, non sono immediatamente utilizzabili
nell’ambito dell’accertamento analitico, dato che la presunzione di ricavi o compensi
non può in concreto operare, mancando sotto il profilo tecnico una movimentazione
del rapporto.
Si osserva, comunque, che anche per il redditometro l’analisi non può che avere
principio dal conto corrente, in relazione al quale, fermo restando l’utilizzabilità dei
prelevamenti come prova dell’esistenza degli indici di spesa, la giurisprudenza
considera i versamenti come incrementi patrimoniali[15], non rilevando la circostanza
che il saldo sia eventualmente negativo[16]. Pertanto, la contestazione “per massa”
basata, per esempio, sul solo dato del saldo del conto non è elemento sufficiente ai
fini della contestazione di un incremento patrimoniale, dato che lo stesso non fornisce
certezza circa il momento di costituzione delle disponibilità finanziarie.
Alla luce di ciò si osserva, in relazione alla valorizzazione delle singole voci presenti in
conto corrente, che a seconda del tipo di accertamento adottato, analitico o sintetico,
la stessa operazione può assumere delle connotazioni differenti. Si pensi
all’operazione di accreditamento in conto corrente di somme di importo rilevante a
seguito del realizzo di quote di fondi di investimento o di titoli di stato: se nel caso
dell’accertamento analitico tali movimentazioni non rilevano, trattandosi di redditi già
tassati alla fonte a titolo di imposta[17], le stesse viceversa potranno essere
valorizzate ai fini del sintetico. In tal caso, peraltro, l’Amministrazione finanziaria è
chiamata ad effettuare un’ulteriore analisi in merito alle modalità di costituzione
dell’investimento. In particolare, occorre verificare se, procedendo a ritroso al
momento della sottoscrizione dei fondi o dei titoli, il capitale impiegato derivi da
redditi sfuggiti a tassazione, e sempre che tale operazione non sia stata realizzata in
periodi di imposta per i quali è intervenuta la decadenza dal potere accertativo
dell’Amministrazione[18].
Al contrario, il riscontro nel conto corrente dell’acquisto periodico di beni, ad esempio
effettuato presso esercenti nel settore alimentare, da non considerare ai fini del
redditometro in quanto inerenti le spese di sostentamento del soggetto, potrebbe in
prospettiva analitica diventare elemento da cui presumere acquisti “in nero” se vi è
correlazione con l’attività economica svolta dal soggetto indagato.
Spostando l’attenzione ai rapporti diversi dal conto corrente, si può notare che
esistono nella prassi finanziaria delle forme di investimento dalle quali si può
presumere una capacità contributiva non ordinaria, quali la sottoscrizione di un
contratto di private banking (che di norma riguarda la clientela avente le maggiori
disponibilità finanziarie), l’acquisto di quote di hedge funds la cui sottoscrizione
minima per legge è di 500 mila euro o ancora la stipula di un contratto fiduciario
avente ad oggetto una gestione patrimoniale. Si tratta di attività finanziarie poste in
essere da soggetti con un profilo finanziario evoluto suscettibili di essere valorizzate
per una ricostruzione sintetica del reddito, a condizione che si riesca a dimostrare la
genesi delle risorse impiegate sia riconducibile a redditi non tassati.
Altro ambito di possibile applicazione del sintetico è, inoltre, quello dei finanziamenti.
È noto, infatti, che gli istituti di credito concedono di norma affidamenti e
finanziamenti commisurati alla capacità di rimborso del capitale del soggetto
richiedente, basata su elementi reddituali e patrimoniali dichiarati dallo stesso. Si può
affermare che in tal caso l’azienda di credito effettui una vera e propria attività
istruttoria assimilabile qualitativamente, seppure per un fine diverso, a quella che gli
agenti del fisco svolgono per la determinazione del reddito complessivo di un
soggetto. Tali informazioni si rivelano perciò alquanto attendibili per l’individuazione
della capacità di spesa potenziale del contribuente, e di conseguenza è possibile
affermare, secondo l’id quod plerumque accidit, che un soggetto titolare di una carta
di credito “platinum” possegga in via presuntiva una disponibilità reddituale rilevante
rispetto a chi ne possegga una tipologia “silver”. Occorre, peraltro, osservare che
nell’ipotesi anzidetta questi elementi costituiscono soltanto un indice indiretto ai fini
del sintetico da accompagnare insieme ad altri elementi indicativi di capacità
contributiva.
3. Considerazioni conclusive
Appurato che non esiste un contrasto tra l’analiticità propria delle indagini finanziarie e
la natura induttiva dell’accertamento sintetico, appare evidente che l’unione dei due
strumenti migliora una tecnica di ricostruzione del reddito considerata da alcuni autori
poco raffinata e approssimativa[19].
Occorre, tuttavia, considerare che l’adozione di un accertamento basato sulle indagini
finanziarie non può che avvenire a seguito di una valutazione costi-benefici effettuata
a monte dall’Amministrazione, i cui termini sono rappresentati da un lato dalla
laboriosità dell’analisi dei rapporti finanziari, dall’altro dalla valenza probatoria che
possono assumere[20]. Ne discende che l’abbinamento non è automatico ma rimesso
ad una scelta discrezionale dell’Amministrazione. Tuttavia, come si è appurato, le
indagini finanziarie possono divenire uno strumento particolarmente efficace ai fini del
sintetico in tutti quei casi nei quali il contribuente non sia in grado di giustificare
adeguatamente l’esistenza del fatto certo finanziario oggetto di accertamento.
Si può notare inoltre che l’efficacia dell’accertamento sintetico è destinata
ulteriormente a potenziarsi grazie all’utilizzo delle informazioni acquisite, oltre che
dalle indagini finanziarie, a seguito del controllo sul territorio della Guardia di Finanza
e dai comuni[21].
Luigi Stefanucci
[1] Si tratta, in particolare del Decreto Ministeriale 10 settembre 1992. I relativi
coefficienti sono periodicamente aggiornati con provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle Entrate (da ultimo si segnala il provvedimento del 14 febbraio 2007
che si applica per gli anni di imposta 2006-2007).
[2] Si annoverano come esempio: l’acquisto a titolo oneroso di un bene immobile,
l’acquisto/possesso di autovetture non necessariamente di lusso, la disponibilità di
residenze secondarie, il consumo di energia elettrica per uso domestico, la fruizione di
collaboratori domestici, ecc.
[3] Al riguardo si segnala la recente pronuncia n. 237/09 della Cassazione secondo la
quale l’interpretazione letterale del quarto comma dell’articolo 38 legittima la rettifica
sintetica anche quando il reddito dichiarato dal contribuente risulta incongruo per due
o periodi di imposta non consecutivi tra loro.
[4] Cfr. circolare n. 27/1981 e n. 101/1999. L’orientamento è stato ribadito nella più
recente circolare n. 49/E del 9 agosto 2007.
[5] Il riferimento esclusivo all’articolo 32 del testo unico dell’accertamento, e non
anche all’articolo 51 del d.P.R. n. 633/1972, va ascritto alla specifica natura
dell’accertamento sintetico che riguarda esclusivamente l’imposta personale delle
persone fisiche.
[6] Si veda per tutti, G. INGRAO, R. LUPI, “Ancora sull’utilizzo dei prelevamenti negli
accertamenti bancari”, in Dialoghi di Diritto Tributario, A. III, fasc. 11, 2005. Si
segnala, inoltre, che la Corte Costituzionale, già investita della questione, - decisa con
ordinanza n. 260 del 2000 - si è di recente espressa sull’argomento riconfermando con
l’ordinanza n. 173 del 2008 la compatibilità con il dettato costituzionale della
previsione sui prelevamenti.
[7] Si può notare, infatti, che anche al di fuori della materia fiscale le scritture
contabili possono costituire argomenti di prova. Si veda ad esempio la previsione degli
articoli 2709-2711 c.c. e 634 c.p.c.
[8] Altra conseguenza è che specularmente, qualora le scritture contabili non siano
regolarmente tenute o non siano attendibili perdono il valore di prova e il fisco potrà
procedere alla determinazione induttiva del reddito anche sulla base di presunzioni
non aventi i requisiti della gravità, precisione e concordanza nei casi previsti
dall’articolo 39, secondo comma, d.P.R. n. 600/1973.
[9] V. ex pluribus Cass. 17/03/2006, n. 5991, in commento.
[10] In particolare, nel caso trattato dalla sentenza ora richiamata, l’Amministrazione
non aveva sufficientemente suffragato il collegamento temporale tra gli investimenti
finanziari effettuati dal contribuente e gli anni di imposta oggetto di accertamento.
[11] V. circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 49/E del 9 agosto 2007.
[12] Ad es. il padre che intesta un immobile al figlio privo di reddito, o l’auto i cui costi
gestionali sono sostenuti da un soggetto diverso dall’intestatario.
[13] Si richiama, oltre alla circolare n. 49/E citata, la sentenza n. 10979 del
13/11/1990 nella quale la Cassazione afferma: “Non si tratta di pretendere che
l'Ufficio giunga a dimostrare specificamente il collegamento della spesa con flussi
reddituali relativi al periodo di imposta, poiché l’esigere la prova del collegamento
predetto (cioè della spesa con il reddito prodotto) significherebbe semplicemente
richiedere una dimostrazione analitica del maggiore reddito accertabile
sinteticamente, richiedere cioè un elemento che non è proprio di detta forma di
accertamento, ma che pare invece tale da fare indirizzare l’opera dell’Amministrazione
dal campo dell’accertamento sintetico a quello dell’accertamento analitico. Non può
però negarsi che il requisito della precisione del procedimento presuntivo importi che
gli elementi posti a base della presunzione debbano essere specificati in ogni loro
aspetto e in particolare nel quantum e nel quando. La certezza degli elementi e delle
circostanze di fatto in base a cui viene attribuito un maggiore reddito al contribuente
deve essere cioè provata e motivata dagli Uffici non solo per quanto ne riguarda
l’esistenza, ma anche con riferimento alla portata argomentativa (significanza
reddituale) degli stessi, onde fornire la giustificazione della quantificazione effettuata”.
[14] Si rileva che l’Agenzia delle Entrate nel provvedimento direttoriale del 12
novembre 2007 ha codificato in maniera puntuale i rapporti e le operazioni acquisibili
con le indagini finanziarie.
[15] V. Cass. 25/10/2006, n. 1439.
[16] V. Cass. 15/11/2007, n. 23690.
[17] Le rendite finanziarie vengono assoggettate all’imposta sostitutiva sui redditi di
natura finanziaria a seguito dell’adesione del contribuente al regime del risparmio
amministrato o gestito di cui al D. Lgs.vo n. 461 del 1997. Diversamente, si applica il
regime ordinario della dichiarazione dei redditi.
[18] In relazione alle operazioni di investimento e reinvestimento rilevanti ai fini del
redditometro, v. Cass. 13/11/1990, n. 10979.
[19] Tra gli altri cfr. THIONE, M. SILVARI “Redditometro: analisi della recente prassi e
giurisprudenza”, Il fisco, 2007, n. 41.
[20] Cfr. circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 49/E del 9 agosto 2007.
[21] Cfr. art. 83 del decreto legge n. 112/2008.
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L`utilizzo dei dati finanziari nell`ambito dell`accertamento sintetico