Capitolo 4
Funzioni di più variabili reali
Nei primi due paragrafi di questo capitolo richiamiamo alcuni concetti già incontrati in corsi precedenti.
4.1
Lo spazio euclideo Rn
Per ogni intero n ≥ 2, il simbolo Rn denota il prodotto cartesiano R×... × R (n volte), cioè
l’insieme dei vettori x = (x1 , x2 , ..., xn ) di n componenti xi ∈ R, 1 ≤ i ≤ n. Questo insieme ha
la struttura di spazio vettoriale sul campo degli scalari R se definiamo la somma tra due vettori
x = (x1 , ..., xn ) e y = (y1 , ..., yn ) , ed il prodotto scalare tra un numero λ ∈ R ed un vettore x,
come
x + y = (x1 + y1 , ..., xn + yn )
λx = (λx1 , ..., λxn )
In forma più compatta
¡ ¢
¢
¡
x+y i = (x)i + y i
(λx)i = λ (x)i
per ogni 1 ≤ i ≤ n e per ogni λ ∈ R. Con 0 si denota il vettore che ha componenti tutte nulle.
Nel caso n = 1, lo spazio R1 viene identificato con R, ed i suoi vettori x vengono denotati come
i numeri reali x.
Lo spazio vettoriale Rn ha dimensione n, ed i vettori fondamentali
e1 = (1, 0, 0, ..., 0, 0) ; e2 = (0, 1, 0, ..., 0, 0) ; ...; en = (0, 0, 0, ..., 0, 1)
ne costituiscono una base.
Il prodotto interno (o prodotto scalare) tra due vettori x, y ∈ Rn è il numero reale
n
® X
­
x, y =
xi yi
i=1
che soddisfa
­ ® ­
®
®
­
αx + βy, z = α hx, zi + β y, z = z, αx + βy
per ogni x, y, z ∈ Rn e per ogni α, β ∈ R.
51
52
CAPITOLO 4. FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI
Il prodotto interno di un vettore x con il vettore fondamentale ei dà come risultato la i-esima
componente di x, per cui
x=
n
X
xi ei =
i=1
n
X
­ i® i
x, e e .
i=1
Per mezzo del prodotto interno si definisce la norma (euclidea) di un vettore x ∈ Rn come il
numero
p
kxk = hx, xi =
à n
X
x2i
i=1
!1/2
.
Nel caso di R, la norma di un numero è il suo valore assoluto.
È relativamente facile dimostrare che vale il
Teorema 4.1 Per ogni x, y ∈ Rn e ogni λ ∈ R si ha:
a) kxk ≥ 0
b) kxk = 0 se e solo se x = 0
c) kλxk = |λ| kxk
¯­
° °
®¯
d) ¯ x, y ¯ ≤ kxk °y°
°
° °
° °¯ °
°
¯
°
e) °x + y ° ≤ kxk + °y ° f ) ¯kxk − °y °¯ ≤ °x − y °
La b) è detta legge di annullamento, la c) proprietà di omogeneità, e la e) diseguaglianza triangolare. Un vettore di norma 1 è anche detto versore; è questo il caso dei vettori fondamentali.
Un’altra proprietà di immediata dimostrazione è
Proposizione 4.2 Per ogni x = (x1 , ..., xn ) ∈ Rn e per ogni indice 1 ≤ i ≤ n si ha
√
|xi | ≤ kxk ≤ n max |xk | .
1≤k≤n
Introducendo in un piano un sistema di coordinate cartesiane ortogonali è possibile mettere in
corrispondenza biunivoca i punti del piano con i vettori di R2 ; questo fatto permette di esprimere
(grazie al teorema di Pitagora) la distanza tra i punti x ed y del piano, aventi coordinate cartesiane
(x1 , x2 ) e (y1 , y2 ) rispettivamente, con la norma del vettore x − y = (x1 − y1 , x2 − y2 ).
Simile identificazione può essere fatta tra i punti dello spazio fisico ed i vettori di R3 . Queste
osservazioni ci portano ad usare, per ogni intero n, un linguaggio in cui si parla
° di°vettori come
di punti di Rn ; la distanza (euclidea) tra i “punti” x e y è definita come °x − y° .
4.2
4.2.1
Topologia in Rn
Insiemi aperti e insiemi chiusi
Definizione 4.3 Per ogni r > 0, e per a ∈ Rn , l’insieme
Br (a) = {x ∈ Rn : kx − ak < r}
è detto intorno (sferico) di a di raggio r, ed a è il suo centro.
4.2. TOPOLOGIA IN RN
53
Le stesse nozioni topologiche già introdotte per R vengono estese, con le dovute modifiche, al
caso multidimensionale.
Definizione 4.4 Sia Ω un sottoinsieme di Rn . Un punto a ∈ Rn è detto:
·) di accumulazione per Ω se in ogni intorno di a cade almeno un punto x ∈ Ω, x 6= a.
·) isolato di Ω se esiste un intorno Br (a) tale che Br (a) ∩ Ω = {a} .
·) interno ad Ω se esiste almeno un intorno di a tutto contenuto in Ω.
·) esterno ad Ω se esiste un intorno di a tutto contenuto in ΩC .
·) di frontiera per Ω se in ogni intorno di a cadono sia punti di Ω che punti di ΩC .
Definizione 4.5 Un sottoinsieme Ω di Rn viene detto:
·) aperto se tutti i suoi punti sono punti interni.
·) chiuso se contiene tutti i suoi punti di accumulazione.
Osservazione Esistono insiemi che non sono aperti né chiusi (ad es. l’intervallo [0, 1) in R), ed
esistono insiemi che sono sia aperti che chiusi (ad es. ∅ ed Rn ).
Analogamente al caso n = 1, valgono i seguenti fatti:
Proposizione 4.6 ·) Un punto interno ad Ω appartiene ad Ω, mentre un punto esterno non vi
appartiene.
·) Un punto di accumulazione per Ω può appartenervi oppure no, e lo stesso vale per i punti di
frontiera.
·) Se a ∈ Ω non è isolato, è di accumulazione.
·) Se a è di accumulazione per Ω, in ogni suo intorno cadono infiniti punti di Ω.
·) Per ogni a ∈ Rn e per ogni r > 0 l’insieme Br (a) è aperto.
Inoltre, le nozioni introdotte nella Definizione 4.5 sono anche legate da
Teorema 4.7 Un sottoinsieme Ω di Rn è chiuso se e solo se ΩC è aperto.
Dim. Sia Ω chiuso, e sia a ∈ ΩC . Il punto a non può essere punto di accumulazione per Ω, perchè
non vi appartiene. Perciò, esiste un Br (a) che non ha punti in comune con Ω, ed è quindi tutto
contenuto in ΩC . Così, ogni a ∈ ΩC è interno ad ΩC , e quindi ΩC è aperto.
Viceversa, sia ΩC aperto; un generico a ∈ ΩC possiede un intorno Br (a) ⊂ ΩC , e quindi in
questo intorno non possono cadere punti di Ω. Perciò i punti di ΩC non possono essere punti
di accumulazione per Ω, e questo significa che Ω deve contenere tutti i suoi (eventuali) punti di
accumulazione.
Relativamente agli insiemi aperti e chiusi, è anche possibile dimostrare
Proposizione 4.8 ·) L’unione di insiemi aperti è un insieme aperto.
·) L’intersezione di insiemi chiusi è un insieme chiuso.
·) L’intersezione di un numero finito di insiemi aperti è un insieme aperto.
·) L’unione di un numero finito di insiemi chiusi è un insieme chiuso.
Osservazione La terza e la quarta proprietà possono
non ¢valere se consideriamo infiniti insiemi.
¡
In R, l’intersezione degli infiniti
aperti 0, 1 + k1 , k ≥ 1, è l’intervallo (0, 1]; l’unione
£ 1 intervalli
¤
degli infiniti intervalli chiusi k , 1 è ancora l’intervallo (0, 1].
Definizione 4.9 Sia Ω un sottoinsieme di Rn . L’insieme derivato di Ω, denotato con Ω0 , è
l’insieme di tutti i punti di accumulazione di Ω.
54
CAPITOLO 4. FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI
Definizione 4.10 Sia Ω un sottoinsieme di Rn . La chiusura di Ω, denotata come Ω, è definito
come
Ω = Ω ∪ Ω0
cioè l’insieme ottenuto aggiungendo ad Ω tutti i suoi punti di accumulazione.
Osservazione È possibile dimostrare che Ω è un insieme chiuso, e coincide con l’intersezione di
tutti i chiusi che contengono Ω. Cioè, Ω è il “più piccolo” chiuso che contiene Ω.
Esempio 1 Per Ω = Br (a) la chiusura è Br (a) = {x ∈ Rn : kx − ak ≤ r} (bolla chiusa di centro
N
a e raggio r).
4.2.2
Compattezza
Definizione 4.11 Un sottoinsieme Ω di Rn è limitato se è possibile trovare un intorno sferico
Br (a) che lo contiene.
Questa proprietà può anche essere espressa dicendo che esiste M > 0 tale che kxk ≤ M per ogni
x ∈ Ω.
Grande importanza avranno nel seguito gli insiemi chiusi e limitati, per i quali si può dimostrare
Teorema 4.12 Sia Ω un sottoinsieme di Rn . Sono equivalenti tra loro le proprietà:
a) Ω è chiuso e limitato.
b) Da ogni famiglia {Gα }α∈A di sottoinsiemi aperti di Rn , con la proprietà
Ω ⊆ ∪α Gα ,
(cioè tale che Ω è contenuto nell’unione di tutti i Gα ) è possibile scegliere una sottofamiglia finita
la cui unione ancora contiene Ω.
(Più brevemente: da ogni copertura aperta di Ω è possibile estrarre una sottocopertura finita.)
c) Ogni sottoinsieme infinito di Ω ha almeno un punto di accumulazione in Ω.
Alla luce dell’importanza di questi insiemi, introduciamo la
Definizione 4.13 Un sottoinsieme Ω di Rn è detto compatto se soddisfa una delle tre condizioni
(equivalenti) del Teorema 4.12.
Nota Noi stiamo trattando con Rn , in cui è stata definita la distanza euclidea, ma molte delle nozioni
introdotte in questo paragrafo hanno senso anche in ambienti un po’ più generali, gli spazi metrici. In
questi ambienti sono sempre vere le implicazioni “b) ⇐⇒ c) =⇒ a)” e la compattezza di un sottoinsieme
Ω viene solitamente definita utilizzando la proprietà b). L’implicazione, vera in Rn , “a) =⇒ b)” va sotto
il nome di Teorema di Heine-Borel.
4.2.3
Connessione
Siano dati un punto a ed un versore v in Rn . La retta (in Rn ) passante per a ed avente direzione
v è l’insieme dei punti del tipo
x = a + tv , t ∈ R.
Se a, b ∈ Rn sono due punti distinti, la retta che passa per a e b si ottiene utilizzando come
direzione il versore v = (b − a) / kb − ak .
4.3. FUNZIONI, LIMITI, CONTINUITÀ.
55
Definizione 4.14 Siano a e b due punti di Rn . Indichiamo con [a, b] il segmento che li unisce,
cioè l’insieme
[a, b] = {x ∈ Rn : x = ta + (1 − t)b , 0 ≤ t ≤ 1} .
Definizione 4.15 Un sottoinsieme Ω di Rn è convesso se:
dati due qualsiasi punti a, b ∈ Ω, il segmento [a, b] è tutto contenuto in Ω.
La nozione importante che vogliamo introdurre è quella di sottoinsieme connesso di Rn . Questo
concetto non è di semplice comprensione se applicato a sottoinsiemi generici, mentre ha una
formulazione più accessibile quando viene riferito agli insiemi aperti. Nel seguito ci servirà solo
la nozione di insieme connesso e aperto, per cui ci limitiamo a questo caso.
Definizione 4.16 Un sottoinsieme aperto Ω di Rn si dice connesso se non può essere rappresentato come unione di due insiemi aperti, disgiunti e non vuoti.
Questo significa che se l’aperto connesso Ω può essere scritto come Ω = A ∪ B, dove A e B sono
aperti tali che A ∩ B = ∅, necessariamente almeno uno tra A e B è l’insieme vuoto.
Con il seguente Teorema 4.18 siamo in grado di dare una diversa caratterizzazione degli insiemi
aperti e connessi di Rn .
£
¤
Definizione 4.17 Una poligonale in Rn è una collezione finita di segmenti S 1 = a1 , b1 , ...,
£
¤
S k = ak , bk con la proprietà bj = aj+1 per 1 ≤ j ≤ k − 1.
Graficamente, nel piano si tratta di una catena finita di segmenti adiacenti. Diciamo inoltre che
questa poligonale unisce i punti a1 e bk .
Teorema 4.18 Un sottoinsieme aperto Ω di Rn è connesso se e solo se è “connesso per poligonali”, cioè:
dati due qualsiasi punti a, b ∈ Ω, esiste una poligonale che li unisce ed è tutta contenuta in Ω.
4.3
4.3.1
Funzioni, limiti, continuità.
Funzioni
Siano n, m due interi ≥ 1, e sia Ω un sottoinsieme (non vuoto) di Rn .
Se ad ogni elemento x ∈ Ω associamo, mediante una legge
x 7−→ f (x)
uno ed un solo vettore f (x) ∈ Rm otteniamo una funzione f da Ω in Rm .
Parliamo di funzioni vettoriali nel caso m ≥ 2 e funzioni reali se m = 1, così come parliamo di
variabile (indipendente) vettoriale se n ≥ 2 e variabile reale se n = 1.
L’insieme Ω è detto dominio della funzione f , ed il tutto viene spesso riassunto con la scrittura
f : Ω → Rm .
L’insieme
©
ª
f (Ω) = y ∈ Rm : y = f (x) per qualche x ∈ Ω
56
CAPITOLO 4. FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI
è detto immagine di Ω tramite f , mentre l’insieme
ª
¢
©¡
x, y ∈ Rn × Rm : x ∈ Ω, y = f (x)
è detto grafico di f .
Per assegnare una funzione f è necessario specificare la legge x 7−→ f (x) e il dominio Ω. Così, due
funzioni sono uguali se i loro domìni coincidono e se ad ogni elemento del dominio associano lo
stesso valore. Talvolta è però comodo definire una funzione specificando solo la legge x 7−→ f (x);
in questo caso conveniamo di usare come dominio il più ampio sottoinsieme di Rn per cui la
scrittura f (x) ha senso in Rm , e chiamiamo questo dominio campo di esistenza (o insieme
di definizione) di f .
Assegnare una funzione vettoriale f : Ω → Rm equivale ad assegnare le sue m componenti
fj : Ω → R, che sono funzioni reali, legate ad f da
f (·) = (f1 (·), f2 (·), ..., fm (·)) =
m
X
fj (·)ej
j=1
dove gli ej sono i versori fondamentali di Rm .
4.3.2
Limiti
Definizione 4.19 Siano Ω un sottoinsieme (non vuoto) di Rn , a un punto di accumulazione per
Ω, e f : Ω → Rm una funzione. Diciamo che il vettore b ∈ Rm è il limite di f per x che tende
ad a, scrivendo
lim f (x) = b
x→a
oppure
f (x) → b per x → a
se accade che:
per ogni ε > 0 esiste un δ = δ (ε) > 0 tale che per ogni x ∈ Ω∩Bδ (a) , x 6= a, si ha f (x) ∈ Bε (b) .
Questo equivale a chiedere
°
°
∀ε > 0 ∃δ = δ (ε) > 0 : x ∈ Ω, 0 < kx − ak < δ =⇒ °f (x) − b° < ε.
°
°
(Ovviamente, kx − ak è una norma in Rn , e °f (x) − b° in Rm .)
In alcuni casi particolari, possiamo anche far intervenire il simbolo di ∞. Più precisamente
Definizione 4.20 i) Se n ≥ 1, m = 1 diciamo che lim f (x) = +∞ (risp. −∞) se
x→a
∀M > 0 ∃δ = δ (M ) > 0 : x ∈ Ω, 0 < kx − ak < δ =⇒ f (x) > M (risp. f (x) < −M ).
ii) Se n, m ≥ 1 e se Ω è un insieme illimitato, scriviamo lim f (x) = b ∈ Rm se accade
x→∞
°
°
∀ε > 0 ∃K = K (ε) > 0 : x ∈ Ω, kxk > K =⇒ °f (x) − b° < ε.
iii) Se n ≥ 1, m = 1 e se Ω è illimitato, diciamo che lim f (x) = +∞ (risp. −∞) se
x→∞
∀M > 0 ∃K = K (M ) > 0 : x ∈ Ω, kxk > K =⇒ f (x) > M (risp. f (x) < −M ).
4.3. FUNZIONI, LIMITI, CONTINUITÀ.
57
(Per m = n = 1 ritorniamo alla solita definizione di limite per funzioni reali di variabile reale).
Osservazione Per quanto detto nella Proposizione 4.2 l’informazione
lim f (x) = b
x→a
equivale alle m informazioni
lim fj (x) = bj , 1 ≤ j ≤ m.
x→a
Ciò significa che
“la convergenza in Rm è equivalente alla convergenza per coordinate”.
Grazie a questa osservazione, si può arrivare a:
Teorema 4.21 (Unicità del limite) Se lim f (x) esiste, è unico.
x→a
Proposizione 4.22 (Operazioni sui limiti) Per λ ∈ R, e f , g : Ω → Rm , se lim f (x) = b e
x→a
lim g (x) = c si ha:
x→a
¡
¢
lim f + g (x) = b + c ;
x→a
lim λf (x) = λb ;
x→a
­
®
lim f (x) , g (x) = hb, ci .
x→a
Se poi m = 1 e b, c ∈ R si ha anche
lim (f ± g) (x) = b ± c
x→a
lim f (x) g (x) = bc ;
x→a
lim
x→a
pur di evitare, ovviamente, le forme di indecisione +∞ − ∞, 0 · ∞,
b
f (x)
=
g (x)
c
0 ∞
,
.
0 ∞
(Notazione: per comodità, soprattutto negli esempi, per un vettore x ∈ R2 preferiamo la
scrittura x = (x, y) alla x = (x1 , x2 ). In modo simile, usiamo x = (x, y, z) al posto di x =
(x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 .)
Esempio 2 La funzione
¶
µ
√
x2 + 5
f (x, y) = sin (xy) , x + y,
y+2
ª
©
è definita nell’insieme Ω = (x, y) ∈¡ R2 : x¢+ y ≥ 0, y 6= −2 . Per (x, y) → (0, 1) è possibile
dimostrare che f converge al vettore 0, 1, 53 . La dimostrazione di questo fatto può essere data
seguendo la Definizione 4.19 oppure, in modo più veloce, ragionando come nell’Esempio 8, dopo
aver introdotto la nozione di continuità.
N
Esempio 3 La funzione
¢a
¡
f (x, y) = x2 + y2
(a ∈ R)
58
CAPITOLO 4. FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI
6 0 se a ≤ 0. Poichè f (x) = kxka/2 , è
è definita per ogni x ∈ R2 se a > 0, e per ogni x =
facile vedere che per x → 0 si ha f (x) → 0 nel caso a > 0, f (x) → 1 se a = 0, e f (x) → +∞
quando a < 0. Invece, per x → ∞, si ha


0
1
lim f (x) =
x→∞

+∞
.
se a < 0
se a = 0 .
se a > 0
N
Anche per n, m ≥ 1 è possibile stabilire un legame tra la nozione di limite data sopra e la
convergenza per successioni. Vale infatti
Teorema 4.23 lim f (x) = b se e solo se
x→a
¡
¢
ª
©
lim f x(k) = b per ogni successione x(k) k≥1 di
k→+∞
punti di Ω che soddisfa x(k) 6= a per ogni k, e x(k) → a se k → +∞.
4.3.3
Due criteri per il calcolo di limiti
Accanto a quest’ultimo teorema, vale la pena enunciarne uno simile, che fornisce un criterio
comodo (soprattutto per il caso n > 1) per stabilire che lim f (x) NON è b , o addirittura che
x→a
tale limite NON ESISTE.
Chiamiamo cammino a valori in Rn una funzione injettiva ϕ : I = (0, 1) → Rn , e sostegno
di ϕ la sua immagine ϕ (I) ⊂ Rn . Se Ω è un sottoinsieme non vuoto di Rn ed a un punto di
accumulazione per Ω, indichiamo con il simbolo ΦΩ (a) la famiglia di tutti i cammini ϕ con
sostegno contenuto in Ω, per i quali si ha anche ϕ (t) 6= a per ogni t ∈ I, e lim ϕ (t) = a. In
t→0+
pratica, se ϕ ∈ ΦΩ (a) accade che, “camminando” (a ritroso) lungo i punti di ϕ (I) , non si esce
da Ω, non si cade mai in a, ma si tende ad a quando il tempo t tende a 0. Allora
Teorema 4.24 lim f (x) = b se e solo se
x→a
¡
¢
lim f ϕ (t) = b per ogni ϕ ∈ ΦΩ (a) .
t→0+
Esempio 4 La funzione
f (x, y) =
è definita in Ω =
diamo che
lim
x2 y
x5 + y2
©
ª
(x, y) ∈ R2 : x5 + y 2 =
6 0 , e il punto (0, 0) è di accumulazione per Ω. Vef (x, y) non esiste. Infatti, valutando la funzione lungo l’asse y abbiamo
(x,y)→(0,0)
f (0, y) ≡ 0, per cui il limite cercato, se esiste, deve valere 0. Tuttavia per il cammino ϕ (t) =
¡ 2¢
t, t (il cui sostegno è un arco di parabola contenuto nel I quadrante, e quindi in Ω) si ha
¡ 2¢
¡
¢
t4
t, t → (0, 0) , e f t, t2 = 5
→ 1 6= 0; perciò il limite cercato non può esistere (vd. Teor.
t + t4
4.21). Segnaliamo che lungo tutti gli avvicinamenti rettilinei all’origine ϕ (t) = (t, mt) si ottiene
mt3
→ 0.
N
f (t, mt) = 5
t + m2 t2
4.3. FUNZIONI, LIMITI, CONTINUITÀ.
59
Concludiamo il discorso sui limiti segnalando un ulteriore criterio pratico che permette di riportare
il calcolo di un limite di una funzione f : Rn → R alle tecniche note per n = 1. Il discorso
coinvolge la coordinate polari (o sferiche) in Rn , e la forma non propriamente semplice di
queste coordinate rende questo criterio comodamente utilizzabile soprattutto nel caso n = 2.
Ogni punto x = (x, y) ∈ R2 \ {(0, 0)} può essere scrittopin modo unico come (r cos ϑ, r sin ϑ) ,
utilizzando le quantità r > 0 e ϑ ∈ [0, 2π). Poichè r = x2 + y 2 , il suo significato è quello di
distanza dall’origine (0, 0) , o anche di norma del vettore x. Il numero ϑ è anche detto coordinata
angolare di (x, y) , perchè misura l’angolo formato dal vettore x con il versore (1, 0). In questo
modo si realizza una corrispondenza biunivoca tra R2 \ {(0, 0)} e l’insieme (0, +∞) × [0, 2π).
(L’insieme di variazione di ϑ può essere scelto anche diversamente, pur di considerare un intervallo
numerico del tipo [α, α + 2π), con α ∈ R.)
Ovviamente, grazie alla Proposizione 4.2, si ha (x, y) → (0, 0) se e solo se r → 0, con ϑ libero di
fare ciò che crede.
Partendo da una funzione f : R2 \ {(0, 0)} → R, il passaggio dalle coordinate cartesiane alle
coordinate polari dà origine ad una funzione F : (0, +∞) × [0, 2π), che è legata alla f dalla
relazione
F (r, ϑ) = f (r cos ϑ, r sin ϑ) .
Così, se dobbiamo studiare il comportamento di una funzione f per (x, y) → (0, 0) , possiamo
studiare cosa accade alla F quando r → 0, lasciando libero ϑ di variare; il vantaggio di questo
cambiamento di variabili sta nell’esserci riportati a studiare un limite in cui la sola variabile r
tende a zero.
Attenzione: per affermare che lim f (x) = b NON basta verificare che
x→a
lim F (r, ϑ) = b per ogni ϑ fissato
r→0
(questo significa che f (x, y) → b se (x, y) → (0, 0) lungo segmenti rettilinei).
Ci interessa invece che:
per ogni ε > 0 esista un δ = δ (ε) > 0 tale che |F (r, ϑ) − b| < ε quando 0 < r < δ,
qualunque sia il comportamento di ϑ. In breve:
F (r, ϑ) → b per r → 0, UNIFORMEMENTE RISPETTO A ϑ.
Esempio 5 Studiare
x5
.
(x,y)→(0,0) x4 + y 2
lim
La funzione è definita per ogni (x, y) 6= (0, 0) , e f (0, y) ≡ 0, per cui il limite, se esiste, vale
0. Passando a coordinate polari abbiamo
µ
¶
cos5 ϑ
r5 cos5 ϑ
3
F (r, ϑ) = 4
=r
r cos4 ϑ + r2 sin2 ϑ
r2 cos4 ϑ + sin2 ϑ
e quindi |F (r, ϑ)| ≤
r3
.
r2 cos4 ϑ + sin2 ϑ
60
CAPITOLO 4. FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI
√
Per ogni r < 1/ 2 la funzione g (ϑ) = r2 cos4 ϑ + sin2 ϑ ha minimo assoluto, in [0, 2π] , nei punti
dove sin ϑ = 0, e il valore del minimo è r2 . Così g (ϑ) ≥ r2 per ogni ϑ, da cui
|F (r, ϑ)| ≤ r ,
e quindi F (r, ϑ) tende a zero uniformemente rispetto a ϑ quando r → 0, perchè la stima ottenuta
non dipende da ϑ.
Perciò
x5
=0
lim
(x,y)→(0,0) x4 + y 2
.
N
Esempio 6 Torniamo al limite studiato nell’Esempio 4 per evidenziare come non sia sufficiente
avere lim F (r, ϑ) = b per ogni ϑ fissato per poter concludere che
lim f (x, y) = b. Infatti,
r→0
(x,y)→(0,0)
x2 y
si ha
per f (x, y) = 5
x + y2
r3 cos2 ϑ sin ϑ
F (r, ϑ) = 5
=r
r cos5 ϑ + r2 sin2 ϑ
µ
cos2 ϑ sin ϑ
r3 cos5 ϑ + sin2 ϑ
e per ogni ϑ fissato questa quantità tende a 0 quando r → 0+ .
Esempio 7 Studiare
¶
N
log (3 − 2x − y + xy)
p
.
(x,y)→(1,2)
x2 + y 2 − 2x − 4y + 5
lim
Notiamo che x2 + y 2 − 2x − 4y + 5 = (x − 1)2 + (y − 2)2 ≥ 0, e inoltre l’argomento del logaritmo
è positivo in un opportuno intorno del punto (1, 2). Sia il numeratore che il denominatore si annullano nel punto (1, 2) , per cui non potremmo comunque far ricorso alla loro continuità, come
suggerito nel prossimo paragrafo. Valutando la funzione in punti della forma (1, y) , per y → 2
otteniamo
log 1
≡0
f (1, y) = p
4 − 4y + y 2
e quindi 0 è l’unico possibile valore per il limite, se questo esiste.
Poichè il passaggio a coordinate polari può essere proficuo quando ci avviciniamo all’origine,
risulta conveniente il cambiamento di variabili
½
x = 1 + r cos ϑ
y = 2 + r sin ϑ
che ha l’effetto di traslare la nuova origine in (1, 2) e di introdurre coordinate polari rispetto a
questo punto. Arriviamo a studiare la funzione
G (r, ϑ) = f (1 + r cos ϑ, 2 + r sin ϑ) =
log(1 + r2 cos ϑ sin ϑ)
r
e dobbiamo capire se per r → 0+ questa tende a 0 uniformemente rispetto a ϑ. Poichè
¢
¢
¡
¡
log 1 + r2
log 1 − r2
≤ G (r, ϑ) ≤
,
r
r
siamo riusciti a maggiorare e minorare G con due funzioni che non dipendono da ϑ e che tendono
N
a 0 quando r → 0+ . Quindi il limite cercato esiste e vale 0.
4.3. FUNZIONI, LIMITI, CONTINUITÀ.
4.3.4
61
Continuità
Definizione 4.25 Sia f : Ω → Rm e sia a ∈ Ω un punto di accumulazione per Ω; diciamo che
la funzione f è continua in a se
lim f (x) = f (a) .
x→a
Per convenzione, diciamo anche che f è continua nei punti isolati di Ω.
Inoltre, si dice che f è continua in Ω, f ∈ C (Ω) , se f è continua in ogni punto di Ω.
Riportiamo, senza dimostrazione, alcuni risultati sulle funzioni continue. L’aspetto di questi
risultati è identico a quello di proprietà già note per funzioni reali di una variabile reale.
Proposizione 4.26 i) Una funzione f : Ω → Rm è continua in a ∈ Ω se e solo se sono continue
in a tutte le sue componenti fj : Ω → R.
ii) Se f, g : Ω → R sono continue in a ∈ Ω, e se λ ∈ R, sono anche continue in a le funzioni f + g, λf, f g e (purchè g (a) 6= 0) anche f/g.
iii) I polinomi in n variabili sono funzioni continue in ogni punto di Rn .
Teorema 4.27 (Continuità delle funzioni composte) Sia f : Ω → Rm continua in a ∈ Ω,
e sia g : f (Ω) → Rk continua in f (a) . Allora la funzione composta g ◦ f è continua in a.
Esempio 8 Le tre componenti della funzione dell’Esempio 2
f (x, y) =
¶
µ
√
x2 + 5
sin (xy) , x + y,
y+2
sono ottenute da polinomi in (x, y) mediante operazioni algebriche e/o composizione di funzioni
continue. Perciò f è continua in ogni punto del suo dominio, e
lim
(x,y)→(0,1)
.
¢
¡
f (x, y) = f (0, 1) = 0, 1, 53 .
N
Teorema 4.28 (K. Weierstrass) Se K è un sottoinsieme compatto di Rn , ed f : K → R è
continua in K, f assume minimo e massimo assoluti in K.
62
CAPITOLO 4. FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI
z = x2 − y2
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Capitolo 4