Fratture e Pseudoasrtrosi di Scafoide carpale Lo scafoide, detto anche navicolare, è una delle ossa del carpo. Assieme al semilunare , piramidale e pisiforme costituisce la prima filiera del carpo, che si articola con il radio (osso dell’avambraccio). Le fratture dello scafoide costituiscono il 90 % di quelle del carpo. Avvengono solitamente in seguito ad una caduta con la mano atteggiata in iperestensione e deviazione radiale, e possono associarsi a lesioni dei legamenti che circondano lo scafoide e lo stabilizzano con le altre ossa, in particolare con l’osso semilunare, causando una instabilità carpale, il più delle volte misconosciuta. In genere la frattura produce vivo dolore e una tumefazione spesso rilevante localizzata in prossimità dell’area triangolare alla base del pollice, denominata tabacchiera anatomica. Il dolore limita i movimenti su tutti i piani. Fig1: atteggiamento in iperestensione. Lo scafoide ha una forma simile ad un fagiolo. Da un punto di vista anatomico si distinguono: 1) il corpo, prossimale ed interamente ricoperto di cartilagine; 2) il collo, sede di entrata dei vasi nutritizi e delle inserzioni legamentose; 3) la base, distale, che presenta sul lato palmare un tubercolo, sede di inserzione del legamento trasverso del carpo. Fig.2: scafoide dorsalmente B visto volarmente A e La difficoltà di guarigione dopo una frattura, dipende dalla sua vascolarizzazione; difatti vi sono solo due,tre peduncoli vascolari al terzo distale, mentre il polo prossimale non dispone di vascolarizzazione propria. Fig.3: raffigurazione schematica dei danni vascolari nelle fratture trasverse dello scafoide, rappresentate in alto nella proiezione anteroposteriore ed in basso nella proiezione laterale. La vascolarizzazione è garantita se la frattura cade tra i due distretti di vascolarizzazione A e D.* Classificazione di Herbert. Valuta il tipo di frattura e di stabilità. Si ottiene quindi un valore alfanumerico significativo in senso prognostico. Fig.4: Classificazione di Herbert delle fratture Tipo A: stabili, recenti A1: del tubercolo, A2 incompleta del corpo Tipo B: instabili recenti B1: oblique distali, B2 frattura completa del corpo B3: del polo prossimale; B4: transcafoperilunare Tipo C: ritardo di consolidazione Tipo D: pseudoartrosi D1: con callo fibroso; D2: senza connessioni. Per semplicità possiamo inoltre distinguere le fratture in prossimali, distali e istmiche. La localizzazione influisce significativamente sulla scelta terapeutica e sulla prognosi a lungo termine. Possiamo affermare che le fratture con tempi di guarigione più lunghi e più a rischio di complicanze come l’osteonecrosi e la pseudoartrosi, sono quelle prossimali perché l’apporto sanguigno, come abbiamo visto, è scarso. La diagnosi si basa sull’anamnesi e sulla clinica; confermata da una radiografia del polso in proiezioni particolari per lo scafoide. A volte una frattura può passare misconosciuta ad un primo esame radiografico; se persiste il sospetto clinico è opportuno ripetere l’esame radiografico dopo 7-15 giorni e/o effettuare subito una TAC per avere conferma della diagnosi. E’ proprio una diagnosi tardiva o un’immobilizzazione troppo breve a causare le più frequenti complicanze. Il trattamento è in genere conservativo per le fratture composte stabili e consiste nel confezionamento di un gesso con pollice incluso da tenere per 12 settimane in caso di fratture del collo, sei settimane per le fratture del tubercolo. Presso la Nostra Unità Operativa dell’Ospedale di Seriate (Bergamo) trattiamo le fratture instabili chirurgicamente. Eseguiamo un’osteosintesi mediante l’utilizzo di vite cannulata a doppio filetto (vite di Herbert) e immobilizzazione con tutore per circa 2-3 settimane a secondo del caso. Solitamente eseguiamo tale sintesi ossea, con tecnica percutanea: mediante una mini incisione effettuata sul lato palmare centrata sul tubercolo, si introduce un filo guida in senso disto-prossimale, sotto controllo ampliscopico. Una volta sicuri della riduzione e del corretto posizionamento del filo di Kirschner, con apposito strumentario misuriamo la lunghezza della vite ed eseguiamo la sintesi definitiva.Eseguiamo quindi una radiografia di controllo in sala operatoria. Fig.5° a-b-c: sintesi di frattura di scafoide con tecnica percutanea. La dove è necessario svolgiamo invece una sintesi, cosi detta a cielo aperto, mediante un accesso palmare ( per rispettare la vascolarizzazione dorsale). Si procede con una incisione sul bordo radiale del flessore radiale del carpo e giunti sulla plica di flessione del polso, proseguiamo in modo curvilineo per circa due centimetri. Si divarica l’arteria radiale radialmente ed il FRC ulnarmente, si esegue quindi capsulotomia e si procede a riduzione della frattura mediante la suddetta vite, che avendo due filetti a passo diverso, assicura una buona compressione dei frammenti. Quando si ha però una frattura del polo prossimale dello scafoide è preferibile optare per l’accesso dorsale. Si esegue un’incisione curva centrata sul tubercolo di Lister, si passa tra i tendini del terzo e quarto compartimento dorsale; si esegue una capsulotomia a T. La vite in questo caso viene inserita in senso prossimo-distale. Seguirà un’immobilizzazione per almeno 10 gg. Alla rimozione del gesso o del tutore (che avviene in seguito alla guarigione radiologica) è necessario un ciclo di fisiochinesiterapia volta al recupero dell’articolarità e della forza della muscolatura intrinseca ed estrinseca della mano. Il programma terapeutico si completa con esercizi specifici di terapia occupazionale e recupero di gesti tecnici sportivi. Pseudoartrosi di scafoide Mancata guarigione/ consolidazione della frattura. Herbert distingue un’ unione fibrosa ed una pseudoartrosi vera e propria. La classificazione più utilizzata è quella di Alnot: stadio I: pseudoartrosi senza angolazione dei monconi né riassorbimento stadio IIA: riassorbimento volare, iniziale flessione dello scafoide stadio IIB: fenomeni artrosici radioscafoidei, maggiore flessione dello scafoide stadio IIIA: netto accorciamento, riassorbimento, artrosi radioscafoidea stadio IIIB: lisi progressiva del polo prossimale, maggiore accorciamento ed incurvamento. Fig.6: classificazione di Alnot. Se non si tratta la pseudoartrosi, l’evoluzione sarà inevitabilmente l’artrosi. E’ importante valutare radiograficamente l’accorciamento dello scafoide, il riassorbimento e l’atteggiamento in DISI del semilunare. Inoltre mediante una RMN possiamo valutare la vascolarizzazione del polo prossimale. Trattamento Chirurgico Presso l’unità operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Bolognini di Seriate ( Bergamo) l’intervento viene eseguito mediante utilizzo di strumentazione di ingrandimento ottico e con l’impiego di strumenti microchirurgici. L’intervento consiste nell’eseguire un innesto osseo che , a secondo dei casi, potrà essere o non essere vascolarizzato. La via d’accesso che prediligiamo è quella volare. Negli stadi I e II A, in cui non si ha una perdita di altezza dello scafoide, eseguiamo un innesto osseo cortico-spongioso rettangolare prelevato dalla cresta iliaca o dal radio distale ( innesto secondo Russe), che sintetizziamo poi con vite o fili di K. Si esegue quindi la sutura della capsula e della cute ed immobilizzazione per tre mesi. Se invece si è avuto un accorciamento con angolazione dello scafoide, eseguiamo un innesto di cuneo osseo da prelievo da cresta iliaca, secondo la tecnica di Fisk Fernandez. Il cuneo viene stabilizzato con fili di K, riportando lo scafoide nella sua corretta lunghezza. Nei casi di necrosi del polo prossimale dello scafoide eseguiamo un’innesto osseo vascolarizzato prelevato dalla faccia anteriore della parte distale del radio e irrorato dal muscolo pronatore quadrato. Seguira un periodo di immobilizzazione in gesso o tutore fino a guarigione clinica/radiografica. Bibliografia Bonola A, Caroli A., Celli L “La Mano” Piccin Editore ISBN 88-212-0810-9; Herbert TJ, Fisher WE “Management of fractured scaphoid using a new bone screw, J Bone Joint Surg, 1984;66:114-123. Brunelli G, “La mano, manuale di chirurgia” Edi-Ermes, cap. 6 ISBN 978-88-7051-291-5 Borelli PP “ fratture e pseudoartrosi dello scafoide carpale” cap.6 “Trattato di chirurgia della mano” vol 1 Landi, Catalano,Lucchetti ISBN 88-7620-791-9.