percutanea o con una mini incisione, al fine di una
ripresa funzionale più rapida (Fig. 2 e Fig. 3).
Nel caso l’esame radiografico, eseguito a distanza di alcuni mesi dal trauma, mostri un quadro di “pseudoartrosi”,
ovvero di non avvenuta consolidazione, prima di decidere il
tipo di trattamento chirurgico è opportuno ricorrere alla TAC
o alla RNM. Se la qualità del tessuto osseo è buona e il
tempo trascorso dal trauma non è eccessivo, sarà ancora
possibile eseguire una semplice osteosintesi e offrire al
paziente una alta percentuale di guarigione.
Fig. 1
Quando invece la “pseudoartrosi” è di vecchia data lo
scafoide carpale apparirà deformato e, sempre che giustificata da una TAC o una RMN, l’osteosintesi, che può
essere praticata con fili di Kierschner o con la vite suddetta o con mini-placche, dovrà essere associata ad un
innesto osseo, prelevato dal polso stesso o dalla cresta
iliaca, che ha lo scopo di sostituire l’osso necrotico e di
riportare lo scafoide alla lunghezza originale (Fig. 4).
In questo caso caso il tempo previsto per la guarigione, che non potrà comunque essere garantita, non
sarà inferiore ai 2 mesi.
Fig. 2
LO
SCAFOIDE
CARPALE
Dr. Borelli Pier Paolo ©
DR. PIER PAOLO BORELLI
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Specialista in Chirurgia della Mano
Fig. 3
A
B
Fig. 4
Il presente opuscolo riveste carattere informativo per i pazienti.
Non è di carattere divulgativo o pubblicitario ed il suo utilizzo
è consentito solo all’interno del Poliambulatorio.
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Lo scheletro adulto è costituito da più di 200 ossa ed
una delle più piccole è lo scafoide carpale che partecipa, insieme ad altre, a formare l’articolazione del
polso (Fig.1).
Analizzando le esperienze riportate in letteratura e le
“storie cliniche” raccontate dagli stessi pazienti è
frequente riscontrare il seguente succedersi di eventi:
un uomo giovane, in piena salute, cade pesantemente
sulla mano con il polso in iperflessione o iperestensione mentre gioca a calcio o pratica altre attività sportive. Egli immediatamente accusa un dolore acuto
senza che il polso diventi instabile, come di solito
avviene nelle fratture, ed egli è in grado solitamente
di portare a termine la partita. A questo punto possono
innescarsi diverse situazioni.
Verso sera il polso inizia a gonfiarsi ed il movimento risulta parzialmente limitato, comunque con l’utilizzazione di
ghiaccio, analgesici e solitamente di un bendaggio elastico il dolore diminuisce progressivamente ed egli è in grado
di tornare al lavoro l’indomani mattina. Il polso può continuare a migliorare con il passare del tempo ed il paziente
dimentica il trauma. Alcuni mesi o anche anni più tardi il
paziente inizierà ad accusare progressivamente una certa
dolenzia al polso accompagnata spesso da un senso di
debolezza, e questo solitamente in rapporto al succedersi
di piccoli ed apparentemente insignificanti traumi. Il
paziente, consigliato dal medico curante, si sottoporrà ad
una visita specialistica e le radiografie prescritte mostreranno una pseudoartrosi, vale a dire una “vecchia” frattura non consolidata di scafoide carpale. Se i sintomi del
paziente sono abbastanza severi, il paziente si troverà di
fronte alla prospettiva di un intervento chirurgico.
Potrebbe invece verificarsi che il dolore persistente e la
tumefazione del polso spingano il paziente a sottoporsi
a visita medica il giorno stesso dell’evento traumatico e
che vengano prontamente richieste le radiografie.
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E’ a questo punto che il destino gioca un ruolo determinante. E’ possibile, infatti, ed anche abbastanza
frequente, che la radiografia iniziale possa non
mostrare una frattura nel qual caso al paziente non
verrà prescritto alcun trattamento. Anche in questo
caso quindi una “pseudoartrosi” di scafoide carpale
risulterà evidente solo ad un esame radiografico
richiesto alcuni mesi o anche alcuni anni più tardi.
Infine c’è il paziente al quale la frattura di scafoide
carpale viene diagnosticata sin dall’inizio. Egli si rende
conto che avrà bisogno di portare un gesso di polso per
almeno sei settimane, situazione che il più delle volte
gli impedirà di lavorare ma che accetterà nell’assoluta
certezza che tutte le fratture guariscono quando immobilizzate in un gesso. Se però il successivo controllo
dimostrerà che ciò non è avvenuto e soprattutto quando
il medico proporrà di continuare l’immobilizzazione in
apparecchio gessato il paziente inizierà a domandarsi
sulla reale efficacia di questo trattamento che non è
stato in grado di guarire la frattura nelle prime sei
settimane. Se poi gli viene consigliato un trattamento
chirurgico il paziente si domanderà perché questo trattamento non è stato consigliato in prima istanza in
modo da evitare il fastidio di sei o più settimane di un
trattamento rivelatosi al momento inutile.
Le situazioni elencate non sono assolutamente immaginarie ma trovano conferma nella pratica clinica. In
effetti, prima di tutto può risultare difficile determinare dalle radiografie iniziali se lo scafoide carpale è
realmente fratturato. Secondariamente la particolare
distribuzione dei vasi sanguigni all’interno dell’osso
fa sì che in caso di frattura, anche se prontamente
diagnosticata e trattata, la consolidazione avvenga
molto lentamente ed a volte non avvenga del tutto.
Indubbiamente la maggior parte delle fratture di scafoide carpale guariscono normalmente con il trattamento
conservativo, ma alcune non consolidano e sviluppano
una “pseudoartrosi fibrosa” (o stabile), mentre altre
ancora sviluppano una “pseudoartrosi lassa” (od instabile) con conseguente artrosi progressiva del polso.
Tutto ciò porta a prendere in considerazione un approccio
più razionale al trattamento di questa lesione così comune in individui in piena attività lavorativa e sportiva.
In primo luogo il paziente che presenta gonfiore e dolore
al polso dopo una caduta a terra sulla mano, ha quasi
certamente avuto un danno significativo articolare,
anche quando le radiografie appaiono essere normali.
L’esame radiografico è quindi estremamente importante
sia per vedere se esiste o meno la frattura dello scafoide
carpale, sia per valutare eventualmente il tipo di frattura,
se “stabile” od “instabile”, e per segnalare eventuali
lesioni legamentose associate. E’ importante sottolineare
che a volte, è realmente difficile diagnosticare la frattura
dello scafoide carpale con il primo esame radiografico ed
è quindi opportuno sottoporre il polso ad un secondo
esame radiografico dopo 15 giorni d’immobilizzazione in
gesso, quando un eventuale rimaneggiamento osseo
renderà visibile la frattura. In alternativa si potrà eseguire una TAC o una RMN per confermare tempestivamente
la presenza di una frattura.
Nel caso l’esame radiografico mostri una frattura
composta e stabile dello scafoide carpale la consolidazione potrà avvenire in apparecchio gessato in sei
settimane. E’ tuttavia opportuno prevedere una ulteriore immobilizzazione in apparecchio gessato o in un
tutore per altri 20/30 giorni per raggiungere una consolidazione definitiva. Il trattamento con tutori di
ultima generazione può inoltre essere associato
all’applicazione di campi elettrici e rappresentare una
alternativa al trattamento con apparecchio gessato.
E’ comunque giustificato, anche in caso di frattura
composta proporre al paziente un trattamento chirurgico, che viene oggi per lo più eseguito con tecnica
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