Il corallo nei santuari del Mediterraneo
antico.
.
Il caso di Tas Silg (Malta)
di Alessandro Quercia *
* Università del Salento
Abstract
Coral is not frequently found in excavations. Only in recent periods has it become an object of specific study. Ancient
sources stress its use in medicine and its prophylactic function. It was mainly attested to in sanctuaries, where it was found
in the form of un-worked fragments. Adonis and Hera both show a deep relationship with coral, however coral was not
exclusive only to them, but to other Gods as well. Bits of un-worked coral were also recovered in the Phoenician sanctuary of Malta. Its presence can be explained in connection with the cult of Hera (who was worshipped in the sanctuary
beginning in the Late Hellenistic Age). It could also have been used for votive offerings in order to protect navigators.
Il corallo: stato degli studi e della documentazione
erano focalizzati quasi esclusivamente sul suo utilizzo nell’artigianato di area celtica.
Il corallo è quindi divenuto, sempre più frequentemente, oggetto di convegni e mostre. Particolarmente significativo è stato il convegno svoltosi a Ravello nel 1996, nel corso del quale lo studio
del corallo è stato affrontato secondo differenti approcci disciplinari, dalla zoologia all’archeologia,
dall’artigianato allo studio filologico delle fonti
(MOREL ET AL. 2000) 1.
Il corallo costituisce un reperto scarsamente
attestato nei contesti di scavo. Questo fatto dipende anche dalla difficoltà nell’identificazione e
nella raccolta sistematica e dalla scarsa attenzione
che esso ha ricevuto nella letteratura archeologica.
Solo in anni recenti il corallo antico è stato,
infatti, oggetto di studi specifici. Particolarmente
significativo per lo sviluppo della ricerca è stato il
ritrovamento negli scavi condotti a Béziers
(Francia), tra il 1985 e 1986, di numerosi rametti di
corallo grezzo (UGOLINI ET AL. 1991). Tale scoperta
ha costituito l’occasione, da un lato, per un primo
censimento del corallo rinvenuto nei contesti
archeologici del Mediterraneo (RONDI COSTANZO
1997; un primo sommario elenco compariva in
DUNBABIN, 1962: 525-526) e, dall’altro, per impostare secondo un moderno approccio archeologico
le questioni relative al commercio e alle funzioni di
questo materiale; in precedenza, infatti, gli studi si
Le attestazioni del corallo, poco frequenti nelle
fonti letterarie greche e latine, sono documentate
soprattutto nelle opere di ambito medico, naturalistico e geografico (per un quadro generale sui testi
antichi: LEURINI 2000); Plinio il Vecchio (Nat.
Hist. XXXII, 21-24) è l’autore che offre il quadro
più completo delle conoscenze e credenze relative
ad esso. Da queste emerge, innanzi tutto, l’insicurezza nella sua identificazione 2. Il corallo, infatti,
è variamente classificato nell’antichità come animale, vegetale o minerale; l’incertezza nell’attribuzione alla categoria d’appartenenza caratterizza
1
Nell’ottobre del 2002 si è svolto a Trapani un altro convegno sul corallo: «Un fiore degli abissi. Il corallo. Storia,
economia, pesca, leggenda, arte». Sull’argomento si veda
anche QUERCIA 2005.
2
In realtà Plinio, correttamente, descrive il corallo non nel
libro specifico sulle pietre ma in quello che tratta gli animali
acquatici.
201
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Alessandro Quercia
il corallo fino alla classificazione di Linneo
(CICOGNA 2000, pp. 70-71).
L’analisi complessiva delle fonti documentarie
permette di enucleare tre principali funzioni del
corallo:
• uso profilattico e medico. Si tratta dell’utilizzo maggiormente attestato dalle fonti. Il corallo,
dopo essere stato ridotto in polvere, era sfruttato
per cure e ricette sulla base di alcune sue presunte
proprietà, soprattutto astringenti e rinfrescanti, che
lo rendevano efficace contro una serie numerosa di
malattie (sull’utilizzo del corallo nella farmacopea, si veda MAGDELAINE 2000);
• uso apotropaico e magico. La proprietà profilattica del corallo lo rendeva efficace anche per
scopi legati alla sfera della magia e delle credenze
popolari. Esso era utilizzato come amuleto, dalla
protezione personale a quella delle attività (lavoro
nei campi, guerre, navigazione);
• uso ornamentale e commerciale. Il corallo,
come testimonia soprattutto la documentazione
archeologica, era usato nella produzione di gioielli e monili; rimangono nelle fonti letterarie tracce,
anche se tenui, dell’esistenza di gioielli in corallo
(LEURINI 2000, p. 87). Il suo utilizzo come materiale per produzioni artigianali è testimoniato
anche dall’esistenza di una dedica alla TÚch (CIG
3408.5s; commento in LEURINI 2000: 88), rinvenuta a Magnesia sul Sipilo, da parte di una confrater~n
nita di intagliatori di corallo (SÚnodoj tw
~
korallioplastwn), che documenta quindi una
certa perizia e specializzazione nella sua lavorazione. Per quanto riguarda il valore commerciale
del corallo, alcuni autori antichi (Plinio, Dionigi il
Periegeta) documentano come esso fosse esportato
soprattutto in India e in Gallia. A tale proposito
risulta indicativo anche il testo di un papiro del III
sec. d.C. (PSI 1128; testo e commento in LEURINI
2000, p. 82); in esso si accenna al valore economico del corallo, stimato in centro dracme, l’equivalente di una coppia di anelli d’oro massiccio. Il
corallo costituiva un prodotto destinato al commercio anche nell’area fenicio-punica, come testimonia il passo della Bibbia (Ezechiele 27, 16), in
cui esso è citato tra le materie prime e gli oggetti
preziosi oggetto di commercio con Tiro.
Il corallo nei luoghi di culto
La documentazione letteraria attesta l’utilizzo
del corallo anche per scopi cultuali. In un passo di
Alcifrone (Epistulae, IV 14, 8), si raccomanda di
portare ad una festa in occasione delle Adonie,
oltre ai khp…a anche un kor£llion. In un’iscrizione proveniente dall’Asclepieion di Atene (CIG
II2 4511) e datata al 114-116 d.C., tra i vari ex-voto
dedicati al dio medico, si enumera anche un
]allion, integrato da alcuni studiosi in
kor£llion. Si tratta, senza dubbio, di passi controversi e soggetti a differenti interpretazioni
(LEURINI 2000: 88-89) ma che troverebbero indirettamente conferma nella presenza di corallo nei
luoghi di culto del Mediterraneo. Nei censimenti
elaborati da C. RONDI COSTANZO (1997) per l’area
del Mediterraneo e da MOREL (2000) per lo specifico ambito fenicio-punico, il corallo risulta attestato negli abitati, nelle necropoli e nei santuari,
con una netta prevalenza dei reperti provenienti da
questi ultimi due contesti di rinvenimento.
Emerge, inoltre, la maggiore presenza di rami di
corallo non lavorato nei santuari, soprattutto in
quelli greci arcaici (RONDI COSTANZO 1997: 209100; HERMARY 2000), come documenta la carta di
distribuzione qui elaborata (fig. 1) 3. Il corallo è
stato rinvenuto prevalentemente nei depositi e
negli scarichi votivi, quasi sempre in giacitura
secondaria; è quindi difficile determinare con sicurezza il ruolo da esso svolto all’interno dei santuari. Differente è il caso del santuario di Gravisca,
dove depositi di corallo sono stati rinvenuti all’interno di due recipienti ceramici, rispettivamente un
cratere (TORELLI 1977: 412.) e un’olla (PIANU
1991: 196), deposti a loro volta in fosse; in questo
caso, l’utilizzo del corallo grezzo come offerta alla
divinità sembra molto probabile. Il santuario di
Gravisca è stato connesso con il culto di Adone per
la presenza del kh~poj e della cassa litica, quest’ultima interpretata come luogo di deposizione
3
La carta di distribuzione è realizzata sulla base del censimento di RONDI COSTANZO (1997), integrato da quello elaborato da MOREL (2000) a cui si rimanda per la bibliografia di
riferimento. I coralli rinvenuti nel santuario di Monte
Papalucio ad Oria sono in MASTRONUZZI 2005, 1-86.
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Il corallo nei santuari del Mediterraneo antico. Il caso di Tas Silg. (Malta)
Fig. 1. - Carta di distribuzione del corallo nei santuari del mediterraneo: 1) Heraion di Perachora, 2) Heraion di Argo, 3) Heraion
di Delo, 4) Heraion di Samo, 5) Artemision
di Efeso, 6) Santuario di Atena a Lindos, 7) Tempio di Demetra e Kore a Tocra, 8)
.
Santuario di Astarte ed Hera a Tas Silg, 9) Deposito votivo a Megara Hyblaea, 10) Heraion presso Foce del Sele, 11) Tempio
dell’Acropoli di Velia, 12) Santuario di Gravisca, 13) Tempio di via Malta a Cagliari, 14) Santuario di Demetra e Persefone a Oria.
della divinità. Non sembra quindi casuale la presenza del corallo in un simile contesto, come testimonia anche il passo di Alcifrone 4.
La relazione tra il corallo e il culto di Adone,
pur essendo l’unica attestata dalle fonti letterarie,
non è esclusiva. Dalla carta di distribuzione (fig. 1)
risulta evidente la presenza del corallo in luoghi di
culto dove erano venerate altre divinità, quasi
esclusivamente femminili. In particolare è ben documentata l’offerta del corallo grezzo nei santuari
consacrati ad Hera (a Samo, Perachora, Argo, Delo, Foce Sele, forse Velia). Anche in questo caso
non è possibile stabilire una relazione esclusiva tra
il corallo ed Hera 5; allo stesso tempo, però, non bisogna trascurare il dato archeologico, che sottolinea comunque una connessione preferenziale e
certamente non casuale. Pur non essendo ancora
chiaro il significato di questo legame, a causa della
limitatezza dei dati a disposizione, vanno sottolineati alcuni aspetti relativi al culto di Hera; tra essi, in particolare, quelli di protezione della fecondità, della navigazione e della guerra trovano elementi in comune con alcune credenze relative al-
4
MOREL (2000: 128) collega la presenza del corallo in
alcuni santuari punici, ad esempio nel tempio-teatro di via
Malta a Cagliari, con il culto di Adone, attestato in ambito
fenicio anche dalle fonti documentarie.
5
«Il serait donc hasardeux d’établir un lien privilégié entre
l’uso del corallo. Rappresentazioni di Hera kourotrophos sono ampiamente attestate nel santuario di
Foce Sele e, in misura minore, negli Heraia di Argo e Perachora (GRECO 1998: 48-49). La tutela dei
naviganti da parte di Hera è documentata dalla presenza di alcuni modellini di navi, ancore e remi in
molti suoi santuari (PARISI PRESICCE 1985: 65-66;
BRIZE 1997: 130; POLIGNAC 1997: 114, fig. 1) 6, oltre al fatto, non certo esclusivo di questa divinità,
che molti dei luoghi di culto erano ubicati in prossimità del mare o in posizione di rilievo tale da costituire un punto di riferimento nelle rotte marine
(PARISI PRESICCE, 1985: 62-67; POLIGNAC 1997:
115). La connotazione guerriera è documentata
principalmente da statuette raffiguranti la dea armata e da offerte di armi, rinvenute nei principali
Heraia (BRIZE 1997: 133-135). Questi aspetti mettono in stretto collegamento Hera con l’uso del corallo; sappiamo dalle fonti letterarie (L EURINI
2000: 83) che il corallo veniva utilizzato, grazie ai
suoi caratteri profilattici e magici, come protezione
dai pericoli durante la navigazione (esso veniva so-
le corail et le culte de la déesse Héra»: HERMARY 2000: 137.
Sulla stessa posizione MOREL 2000: 128.
6
A Samo sono state rinvenute tracce che documentano
anche l’offerta di battelli a grandezza normale: WALTER 1990:
83, 89.
203
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Alessandro Quercia
speso all’albero della nave), la guerra e dalle calamità nel lavoro nei campi.
.
Il corallo nel santuario di Tas Silg
Nel censimento elaborato da RONDI COSTANZO
(1997: 119, fig. 6) vengono menzionati anche i
.
coralli rinvenuti nel santuario di Tas Silg a Malta.
Si tratta di un grande complesso architettonico,
individuato nella parte sud orientale dell’isola, che
occupa un’area di almeno 9000 mq; il santuario è
collocato sopra una collina che si affaccia sul golfo
di Marsaxlokk, che costituisce, probabilmente già
dall’antichità, uno degli approdi principali dell’arcipelago 7.
Il complesso (fig. 3) si caratterizza per la continuità di frequentazione cultuale dell’area dall’età
preistorica fino all’età cristiana 8. Il tempio megalitico, appartenente alla fase di Tarxien temple
(Eneolitico maltese - 2500 a.C.), divenne, infatti,
parte integrante del santuario fenicio, databile alla
seconda metà dell’VIII sec. a.C. e dedicato su base
epigrafica alla dea Astarte; in età ellenistica e romana è attestato anche il culto di Hera e Giunone,
come testimoniano le fonti letterarie ed epigrafiche. Il complesso sacro, con il trascorrere dei secoli, fu sottoposto a continue trasformazioni, comprendenti sia il riadattamento delle strutture precedenti sia la costruzione di nuovi edifici ed installazioni senza che il ruolo centrale del tempio megalitico venisse intaccato. Il santuario è ampiamente
documentato in età tardo-repubblicana, e conosce
un’intensa frequentazione anche in età imperiale;
la sua importanza, in età romana, è testimoniata dal
passo di Cicerone (Verr. II, 5, 184), in cui si fa
7
Il sito è stato oggetto d’indagini dal 1963 e il 1970 da
parte della Missione Archeologica Italiana a Malta, pubblicate preliminarmente in MM 1963-1970. Gli scavi nel santuario
sono stati ripresi dal 1996 sotto la direzione prima di Antonia
Ciasca e poi di Maria Pia Rossignani (Università Cattolica di
Milano), con la collaborazione dell’Università di Lecce
(responsabile Grazia Semeraro) e dell’Università di Roma La
Sapienza (responsabili Maria Giulia Amadasi Guzzo e Alberto
Cazzella). Per una sintesi sulle nuove indagini: CIASCA,
ROSSIGNANI 2000. Per un quadro sintetico sulle vicende architettoniche e cultuali del santuario: CIASCA 1970; 1978; 1993.
8
La pianta qui presentata è una rielaborazione della planimetria generale del santuario, realizzata da Mitchell; è in ela-
esplicito riferimento all’antichità, alla fama e alla
ricchezza del santuario di Giunone a Malta, che
raggiungono il livello dell’Heraion di Samo. In età
bizantina (V-VI sec. d.C.) la parte centrale del santuario è interessata da nuovi riadattamenti, con la
costruzione ex-novo di un battistero all’interno del
vecchio lobo preistorico e, forse, di una chiesa.
.
I coralli provenienti dal Tas Silg sono comples9
sivamente otto e sono tutti non lavorati; sono di
colore bianco, o rosa pallido e di dimensioni variabili (il diametro del tronco si aggira tra 1 e 3 cm ).
Viene qui presentato un sintetico catalogo, con una
breve descrizione degli esemplari e del loro contesto di rinvenimento (figg. 2-3).
1. Lungh. max. 8,5 cm, Ø max. 1,7 cm. Tronco
centrale con grosso ramo ortogonale e 6 ramificazioni laterali. Provenienza: vano 4, da uno strato di
scarico a contatto con il pavimento. (n. inv. Tas
77);
2. Lungh. max. 14 cm, Ø max. 3 cm. Tronco
centrale con 13 ramificazioni laterali. Su uno dei
rami conchiglia incrostata. Provenienza: vano 4,
da uno strato di scarico a 30 cm sopra il pavimento (n. inv. Tas 100);
3. Lungh. max. 13,5 cm, Ø max. 3,5 cm.
Tronco centrale con grosso ramo e 9 ramificazioni
minori laterali. Provenienza: vano 4, da uno strato
di scarico (n. inv. Tas 117);
4. Lungh. max. 9 cm, Ø max. 1,4 cm. Tronco
centrale, leggermente curvilineo, con 6 ramificazioni laterali Provenienza: cortile 8, da uno strato
di scarico sopra il battuto pavimentale in schegge
di calcare (n. inv. Tas 509);
5. Lungh. max. 7,5 cm, Ø max. 1,4 cm. Tronco
borazione da parte della Missione Italiana un nuovo rilievo
topografico generale.
9
A questi si devono aggiungere altri due esemplari non più
reperibili, cui si accenna nelle relazioni preliminari: uno proviene dall’area Nord, rinvenuto all’interno di uno scarico di
blocchi tra la rampa 50 e la vasca 52 (n. inv. Tas 2130), l’altro
da uno strato di scarico individuato nell’area Sud (n. inv. Tas
1344). I due reperti sono pubblicati rispettivamente in MM
1965, p. 45, n. 7, tav. 9,1 e MM 1969, p. 64, n. 1. Rametti di
corallo sono segnalati anche dall’area del vano 38: MM 1966,
p. 40. I reperti citati in questa nota non sono stati inseriti nella
fig. 3. Nel catalogo lungh. max equivale a lunghezza massima,
Ø equivale a diametro del tronco, n. inv. a numero d’inventario.
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Il corallo nei santuari del Mediterraneo antico. Il caso di Tas Silg. (Malta)
centrale con 8 ramificazioni laterali. Provenienza:
cortile 8, da uno strato di scarico sopra il battuto
pavimentale in schegge di calcare (n. inv. Tas 628);
6. L. max. 8,5 cm, Ø max. 2,6 cm. Tronco cen-
trale con nove ramificazioni laterali.
Provenienza: trincea a Sud del muro D
(n. inv. Tas 631/7 );
7. Lungh. max. 10,4 cm, Ø max. 2,4
cm. Tronco centrale curvilineo con grosso ramo e 14 ramificazioni minori laterali. Provenienza: a Nord del bacino 47, da
uno strato agricolo superficiale (n. inv.
Tas 2220);
8. Lungh. max. 6 cm, Ø max. 1 cm.
Tronco centrale con cinque ramificazioni
laterali. Provenienza: da un saggio stratigrafico tra il canale I e il vano 4 (n. inv.
Tas 2265).
In via preliminare, nell’attesa di analisi
maggiormente dettagliate, gli esemplari di
.
Tas Silg possono essere ricondotti alla specie Dendrophyllia ramea L. 10. Si tratta di
colonie di forma arborescente con tronco
robusto bianco, su cui s’impiantano i polipi (di colore giallo), piuttosto distanziati
tra loro, su entrambi i lati delle ramificazioni; i setti sono molto incurvati e riuniti
in gruppi irregolari. I banchi di questa specie sono diffusi nei fondali del
Mediterraneo sud-occidentale, a 100-300
m di profondità 11.
I coralli sono stati individuati quasi
esclusivamente 12 nell’area Nord del complesso (fig. 3), dove sono state scoperte le
principali installazioni cultuali del santuario (altari, vasche per abluzioni, scarichi
votivi). Un solo esemplare (n. 8) è stato rinvenuto, all’interno di un saggio stratigrafico, in uno
strato databile approssimativamente tra la fine del IV
e l’inizio del III sec. a.C. 13. Gli altri esemplari sono
attestati in livelli tardo-repubblicani o di prima età
10
Devo l’informazione alla cortesia di Jacopo De Grossi
Mazzorin.
11
Sulle coste maltesi sono attestati banchi di “corallo
morto” (molto diffuso anche lungo le coste meridionali della
Sicilia); si tratta di giacimenti formatisi, in seguito a fenomeni di natura sottomarina avvenuti anche 5000 anni fa, dalla
rimozione dai banchi attivi d’intere colonie di coralli rossi. Il
ramo, in seguito alla morte dell’animale, assume un colore
arancio pallido (CICOGNA 2000: 71). Si ha anche notizia di
banchi di Cladocora cespitosa, una specie appartenente alle
madrepore, lungo le coste settentrionali di Malta e di Gozo.
Da verificare l’attendibilità dell’iscrizione Fenicia rinvenuta a
Malta, riportata e tradotta dall’abate Fourmont (XVIII sec.) in
cui vengono indicati pescatori di corallo; secondo alcuni studiosi si tratta di un falso: vedi discussione in MOREL ET AL.
2000: 288, e QUERCIA 2005: 397.
12
Un unico esemplare (n. inv. Tas 1344) è stato individuato nell’area Sud, in un livello di scarico databile genericamente all’età tardo-ellenistica, ma contenente anche materiale
residuale più antico.
13
Corrisponde al livello D nella relazione preliminare di
scavo, da cui proviene anche un frammento di lekythos ariballica a figure rosse: MM 1969, p. 23; per la lekythos id, p. 82,
n. B24.
6
2
8
4
3
1
5
7
.
Fig. 2. - Coralli dal santuario di Tas Silg (Malta).
205
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Alessandro Quercia
.
Fig. 3. - Planimetria generale del santuario di Tas Silg, con il posizionamento dei contesti di rinvenimento del corallo.
imperiale. In particolare tre (nn. 1, 2, 3) provengono
dagli strati di obliterazione del “vano 4” (MM 1963:
58-60, 80; MM 1964: 51-2), un ambiente di forma
rettangolare, con pavimentazione interna a lastre, interpretato come un recinto all’interno del quale
erano effettuate pratiche di natura cultuale (CIASCA
1993: 231-232 ). Una revisione dei dati strutturali e
stratigrafici, unita ad un’analisi del materiale ceramico rinvenuto all’interno 14, ha permesso di datare
l’impianto del vano 4 tra la seconda metà II sec.
a.C. e gli inizi del secolo successivo, mentre l’obliterazione della struttura sembra essere avvenuta tra
la seconda metà, o la fine, del I sec. a.C. e il I sec.
d.C; i tre esemplari di corallo precedentemente citati appartengono verosimilmente a quest’orizzon-
14
La revisione dei dati relativi al vano 4 costituisce una
parte della tesi, elaborata e discussa dal sottoscritto nell’ambito del dottorato di ricerca presso l’Università Cattolica Sacro
Cuore di Milano
. (XIV ciclo), dal titolo «Ricerche sul santuario di Tas Silg a Malta. Analisi spaziale e funzionale del complesso di età storica». La tesi è in corso di pubblicazione.
te cronologico. Altri due esemplari (n. 4 e 5) sono
stati rinvenuti nello scarico che oblitera il livello
pavimentale del “cortile 8”, un’ampia area scoperta a Nord del vano 4; lo scarico è databile in via
ipotetica in un arco cronologico compreso tra il I
sec. a.C. e il I sec. d.C. 15. Gli altri coralli (nn. 6,7)
provengono da livelli superficiali privi di sufficiente grado di affidabilità stratigrafica; non è
quindi possibile per essi una cronologia di riferimento.
Sulla base degli elementi a disposizione le
.
attestazioni del corallo a Tas Silg sembrano quindi limitarsi alla fase di frequentazione ellenistica e
romana del santuario, con una prevalenza degli
esemplari di età tardo-repubblicana e primo impe-
15
Lo scarico non è stato ancora oggetto di uno studio analitico dei materiali relativi. Sulla base della revisione di alcuni saggi stratigrafici praticati negli anni 60, nell’ambito della
tesi di dottorato sopraccitata, è possibile datare la formazione
del battuto del “cortile 8” tra la seconda metà del II e il I sec.
a.C.
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Il corallo nei santuari del Mediterraneo antico. Il caso di Tas Silg. (Malta)
riale 16. Questo dato è interessante se confrontato
con le informazioni provenienti dagli altri santuari
del Mediterraneo (greci e punici) dove il corallo è
documentato soprattutto nella fase arcaica, mentre
la sua presenza è alquanto limitata in quelle successive, e in particolare, in età romana. La maggio.
re presenza del corallo a Tas Silg in età tardo-repubblicana coincide, inoltre, con uno dei momenti di
maggiore fioritura del santuario maltese; esso,
infatti, a partire dalla fine del II sec. a.C., è oggetto
di un riassetto architettonico monumentale, connesso certamente con una grande disponibilità economica (CIASCA, ROSSIGNANI 2000: 57).
Sul significato e la funzione del corallo nel santuario di Tas Silg. non abbiamo elementi sicuri, ma
è possibile offrire alcuni spunti di riflessione.
Innanzi tutto risulta importante il contesto di provenienza; la maggior parte (5 esemplari su 8) è
stata rinvenuta all’interno di scarichi in giacitura
secondaria. In particolare lo scarico individuato
all’interno del “vano 4” è caratterizzato, oltre che
da ceneri e da resti osteologici, da una grandissima
quantità di vasellame ceramico riconducibile per
lo più forme aperte da mensa (piatti, coppe, vassoi); si tratta verosimilmente dei resti di attività
cultuali (pasti rituali e/o offerte di cibo) che sono
stati scaricati progressivamente all’interno della
struttura fino ad obliterarla completamente. Nei
depositi sono documentati, anche se in quantità
molto minore, altri oggetti (statuette di piccole e
medie dimensioni, elementi di ornamento maschile e femminile) che possono essere identificati
come ex-voto dedicati alla divinità. I rametti di
corallo rinvenuti al loro interno possono essere
interpretati, a livello ipotetico, come offerte votive,
in relazione alle loro virtù profilattiche e magiche
16
Non si deve comunque escludere la presenza del corallo in
fasi più antiche. Alcuni rametti di corallo, ad esempio quelli rinvenuti negli strati superficiali e nello scarico dell’area Sud,
potrebbero essere residuali ed appartenenti a fasi più antiche.
17
Oltre al riferimento di Cicerone precedentemente citato.
anche Claudio Tolomeo (II d.C.) ricorda a Malta un `/Hraj
ƒerÒn: Geogr., IV, 3, 13.
18
Sette esemplari provengono dal “vano 4” e altrettanti dal
(forse accresciute dal fatto di essere dedicati in
forma grezza). È significativo, inoltre, che l’offerta del corallo fosse particolarmente diffusa a Tas
.
Silg nel I sec. a.C., quando nel santuario maltese
era praticato con sicurezza il culto di Hera (e
Giunone), che costituisce verosimilmente l’interpretatio greco-romana della Astarte fenicia venerata precedentemente. Il culto, oltre ad essere attestato dalle fonti letterarie 17, è documentato dalla
presenza di un numero ridotto (rispetto alle iscrizioni puniche ad Astarte) di dediche in lingua
greca alla dea, apposte su alcuni recipienti (olle,
vassoi, bacili), e datate su base paleografica alla
metà/seconda metà del I sec. a.C. (CAGIANO DE
AZEVEDO 1963: 545.). Il fatto che le iscrizioni ad
Hera siano state individuate quasi esclusivamente
negli scarichi del “vano 4” e del “cortile 8” 18, ossia
negli stessi contesti di rinvenimento del corallo,
non sembra casuale ed evidenzia in maniera chiara l’associazione tra la dea e questo tipo di offerta,
già ampiamente documentata nei santuari greci
arcaici. La dedica del corallo, il cui valore di protezione durante la navigazione è stato più volte
sottolineato, è pienamente comprensibile in un
santuario posto in prossimità di un luogo di approdo e quindi frequentato anche da naviganti 19.
Ringraziamenti
Colgo l’occasione per ringraziare Jacopo De Grossi
Mazzorin che mi ha offerto l’occasione per realizzare
questo contributo e Maria Pia Rossignani, Direttrice
della Missione Italiana a Malta, che mi ha affidato lo
.
studio del corallo di Tas Silg. Si ringraziano inoltre Grazia Semeraro, Francesco D’Andria e Girolamo Fiorentino.
“cortile 8”, 2 dal “vano 38”, 1 dall’area Sud, 1 dall’area del
bacino 47. Un elenco delle iscrizioni ad Hera compare in MM
1963, pp. 105-106.
.
19
La presenza, all’interno del complesso sacro di Tas Silg,
di numerose cisterne per l’adduzione dell’acqua, documenta
come l’acqua ricoprisse un ruolo connesso non solo alle attività cultuali, ma anche ad esigenze di approvvigionamento e
di “tesaurizzazione” di un bene fondamentale nell’antichità.
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U O M I N I , P I A N T E E A N I M A L I N E L L A D I M E N S I O N E D E L S AC R O - © 2 0 0 8 · E d i p u g l i a s . r. l . - w w w. e d i p u g l i a . i t
Alessandro Quercia
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Avvertenza: per le relazioni preliminari dello scavo di Tas Silg
è stata adottata la seguente abbreviazione: MM 1963-1970 =
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Il corallo nei santuari del Mediterraneo antico. Il caso di Tas Silg