UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
CORSO DI LAUREA IN BIOTECNOLOGIE
CURRICULUM AGRARIO
TESI DI LAUREA DI I LIVELLO
“Meccanismo e significato dell’ RNA interference
(RNAi):
principali applicazioni nelle piante”
Relatore:
Prof. Sergio Lanteri
Correlatore: Dott. Alberto Acquadro
Candidato: Davide Scaglione
Anno accademico 2005/2006
Indice
Introduzione e cenni storici……………………………………………………….3
Introduzione………………………………………………………………..............3
La scoperta dell’RNAi……………………………………………………………..4
Il silenziamento mediato da siRNA (small interfering RNAs)……...……...9
Un nuovo campo di ricerca………………………………………………...............9
Prime luci sul meccanismo………………………………………………...............9
Meccanismo base dell’RNAi mediato da siRNA………………………..………..10
Geni coinvolti nell’RNAi……………………………...………………………….11
RNAi in cellule di mammifero……………………………………………………14
Il ruolo dei microRNAs (miRNA) nello sviluppo delle piante…………….15
Cenni storici………………………………………………………...…................. 15
Biogenesi e traslocazione dei miRNA………………………………………….…15
Silenziamento mediato dai miRNA………………………………………….……17
Alla ricerca dei miRNA…………………………………...……………................18
I miRNA e lo sviluppo delle piante……………………...………………….…….19
L’RNAi nel nucleo……………………………...…………………………………21
Il mistero della metilazione…………………………………………...…………...21
Il nucleo: un “nuovo sito” di ricerca per l’RNAi…………………………...….….23
I processi nucleari mediati dall’RNAi………………………………………….….23
Metilazione del DNA diretta da RNA (RdDM)……………………………….…..24
La formazione e il controllo dell’eterocromatina……………………………….…26
Eliminazione di DNA………………………………………………………….…..28
Silenziamento meiotico…………………………………………………………....30
Osservazioni……………………………………………………………………….31
Silenziamento mediato da un singolo filamento…………...………………….32
Silenziamento mediato da filamento antisenso………………………….......……..32
Silenziamento mediato da filamento senso: la cosoppressione………………..…..32
Diffusione sistemica dell’RNAi e suoi repressori…………...………………..33
Un possibile “sistema immunitario”…………………………………………...…..33
I repressori virali: p19………………………………………………………….…..35
Altri repressori……………………………………………………………..………37
1
Ingegnerizzazione dell’RNAi…………………………………………………….38
Progettare i siRNA………………………………………………………..………..38
Molecole sintetiche……………………………………………………..…….....…39
Sistemi di espressione mediati da RNA polimerasi II…………………..…………40
Sistemi di espressione mediati da RNA polimerasi III…………………..………...40
ihpRNA…………………………………………………………………..………...42
Sovraespressione di Esportina-5…………………………………….….…...….....43
Tecniche di somministrazione e trasformazione in pianta………………….44
Metodi bio-balistici………………………………………………………………..44
Agroinfiltrazione…………………………………………………………………..44
Trasformazione stabile………………………………………………………….…45
VIGS (Virus-induced gene silencing)……..............................................................47
Applicazioni mediche…………………………….……………………………….49
Osservazioni……………………………………………………………………...…51
Casi di studio
•
Soppressione del gene DET1 attraverso
RNA interference nel
frutto di pomodoro aumenta il contenuto di carotenoidi e
flavonoidi…………………………………………………….........….…...53
•
Eredità non mendeliana di informazioni extra-genomiche in
Arabidopsis……..........................................................................................60
Bibliografia………………………………………………………………………….68
2
Introduzione e cenni storici
Introduzione
La genetica inversa (“Reverse Genetics”) rappresenta la via preferenziale per lo studio
della funzione biologica di una proteina e consiste nel produrre un genotipo mutante a
livello di uno o più geni d’interesse, e nell’esaminarne il corrispondente fenotipo. Di
solito, le mutazioni vengono indotte a seguito ricombinazione omologa (“Reverse
Genetics”) o identificandole in popolazioni di mutanti (“Forward Genetics”).
La scoperta di metodi specifici di silenziamento genico ha aumentato la potenzialità e
l’efficienza dell’approccio ‘Reverse Genetics’. Inizialmente furono utilizzati frammenti
di DNA o RNA antisenso per silenziare geni di interesse, permettendo di studiare gli
effetti fenotipici e dedurre così la funzione biologica del gene. Queste tecniche però si
dimostrarono non sempre così specifiche e talvolta poco efficienti.
Recentemente è stato evidenziato un nuovo meccanismo di silenziamento genico
naturale, mediato da RNA a doppio filamento. In diversi organismi è stato osservato
che l’RNA a doppio filamento (dsRNA) è in grado di indurre silenziamento genico
sequenza-specifico. Questo processo, chiamato RNA interference (RNAi) è ubiquitario
negli animali e nelle piante ed è stato oggetto di intensi studi negli ultimi 10 anni.
Molto è ormai noto sul meccanismo molecolare alla base dell’RNAi, tuttavia alcuni
aspetti devono ancora essere chiariti e su questi si concentrerà la ricerca nei prossimi
anni.
Nel nematode Caenorhabditis elegans il silenziamento genico mediato da RNAi può
essere indotto a seguito della sua semplice immersione in dsRNA o nutrendo lo stesso
con ceppi di E. coli esprimenti specifici dsRNA: sono necessarie poche molecole di
dsRNA per cellula per dare inizio ad un effettivo silenziamento genico. Si è notato,
inoltre, che l’effetto di silenziamento indotto in C. elegans viene anche ereditato per
diverse generazioni.
Questo fenomeno ha generato un interesse enorme nella comunità scientifica,
soprattutto perché può essere utilizzato per studiare le sequenze geniche accumulate nei
database biologici fino ad oggi, alle quali sarebbe così possibile dare più facilmente un
significato funzionale (Sugimoto et al., 2004).
3
La scoperta dell’RNAi
La scoperta dell’RNAi avvenne nel tentativo di trovare nuovi metodi per studiare la
funzione di determinati geni in C. elegans usando la tecnologia dell’“RNA antisenso”.
Studiando la funzione del gene par-1, Guo & Kemphues (1995) iniettarono l’RNA
antisenso del gene stesso nel nematode. Questo gene codifica per una serina-tirosina
kinasi, implicata nell’asimmetria di divisione cellulare (la prima divisione) a livello
embrionale,
generando
cellule
figlie
diverse
per
dimensioni,
componenti
citoplasmatiche e destino di differenziazione. Questo esperimento, come atteso,
determinò un fenotipo letale. Effettuando però il controllo con l’iniezione del RNA
senso, si ebbe sbalorditivamente lo stesso effetto. A quel tempo, però, a causa delle
limitate conoscenze, questo risultato fu attribuito ad un’ipotetica saturazione dei fattori
necessari alla traduzione di par-1. Già prima dei risultati di Guo and Kempheus (1995),
fenomeni analoghi, che in futuro si sarebbero dimostrati collegati con l’RNAi, erano
stati osservati, ma erano rimasti senza spiegazione.
Nel 1995, il gruppo di ricerca di Jorgensen, nel tentativo di aumentare l’attività del
gene della calcone sintasi (un enzima coinvolto nella produzione di specifici pigmenti),
introdusse dei transgeni in petunia. Inaspettatamente la pigmentazione non aumentò,
anzi si ebbe una variegazione del colore e, in alcuni casi, la totale perdita di colore.
Questo fenomeno fu definito “co-soppressione”, intendendo la soppressione sia del
gene introdotto, sia quello endogeno. In seguito, la “co-soppressione” venne ricondotta
al PTGS (post trascriptional gene silencing) poiché, in tutti i casi, il fenomeno era il
risultato di una degradazione dell’RNA trascritto. Inoltre, questa degradazione posttrascrizionale era osservata anche per transgeni espressi da piante, batteri o sequenze
virali. Mentre si parlava di PTGS in piante, un fenomeno molto simile denominato
“quelling” (repressione) era già stato osservato nei funghi (Pandit and Russo, 1992;
Romano and Macino, 1992). Nel 1996, Cogoni et al., nel tentativo di incrementare la
produzione di un pigmento arancione trasformarono una coltura di Neurospora crassa
con un plasmide contenente un segmento del gene al1 ottenendo come risultato fenotipi
albini. Questi risultati confermarono le precedenti osservazioni sul silenziamento
genico indotto da transgeni, e dimostrarono che il fenomeno della metilazione del DNA
non era obbligatorio per la sua induzione.
4
Nel 1998 Fire et al. catalogarono questi fenomeni isolati sotto un principio comune:
l’RNA interference (RNAi). Sempre lavorando su C. elegans, essi focalizzarono i loro
studi sul gene unc22 (responsabile della produzione di una proteina del miofilamento),
il cui trascritto è presente in centinaia di copie nelle cellule dei muscoli striati. Una
diminuita attività del gene generava fenotipi con limitata coordinazione motoria, mentre
una totale perdita di funzionalità dello stesso si mostrava in muscoli strutturalmente
difettosi, compromettendone la motilità. I risultati indicarono che l’introduzione di una
soluzione contenente filamenti di RNA senso ed antisenso era almeno dieci volte più
efficace del solo utilizzo dei singoli filamenti. Analisi elettroforetiche mostrarono che,
all’interno dell’organismo, il materiale iniettato si conformava per la maggior parte
come doppio filamento (dsRNA). Di contro, osservarono che un tempo prolungato tra
l’iniezione del filamento senso e di quello antisenso dava un drastico calo di efficienza,
fino alla totale assenza di effetto (Tab. 1). Questo fenomeno venne spiegato con il fatto
che l’ssRNA (single strand RNA) viene rapidamente degradato nel citoplasma e che,
presumibilmente, è necessaria la struttura a doppio filamento per il riconoscimento da
parte di un eventuale meccanismo cellulare. Anche la presenza dei due tratti in cis su di
un singolo filamento diede risposta nulla. Sorprendentemente, gli effetti di questa
interferenza genica si mostravano sia nei soggetti iniettati che nelle loro progenie:
nonostante nelle prime cellule embrionali gli mRNA, per effetto dei processi di
differenziazione, fossero velocemente degradati. Verosimilmente, pochissime erano le
molecole di dsRNA sufficienti a generare l’interferenza; i valori saggiati non sarebbero
stati sufficienti se il fenomeno dell’RNAi fosse stato di tipo stechiometrico (tra dsRNA
ed mRNA). Questa considerazione suggerì l’esistenza di una componente catalitica o di
un evento di amplificazione che rendesse possibile l’RNAi partendo da basse
concentrazioni di dsRNA. Gli stessi risultati si ottennero ripetendo l’approccio su altre
proteine quali fem-1, hlh-1 e unc-54.
Figura 1: Stadi di sviluppo embrionale di
Caenorhabditis elegans; il nematode è uno dei
principali modelli per lo studio della regolazione
genetica durante gli stadi di differenziazione
tissutale.
5
Tabella 1: Preparazioni di RNA iniettate in C. elegans ermafroditi. 6÷10 esemplari per prova.
0,5 ·106 ÷ 1 ·106 molecole per iniezione nelle gonadi. Dopo 4 ÷ 6 ore (per evitare di prendere
uova già fertilizzate prima dell’inoculo) si è iniziato a saggiare le nuove uova prodotte ad
intervalli di 12 e 24 ore.
Per esaminare gli effetti dell’interferenza di dsRNA a livello cellulare gli autori usarono
linee transgeniche esprimenti due differenti “green fluorescent proteins” (gfp) nei
muscoli e, in altri casi, attraverso ibridazioni in situ. L’iniezione di dsRNA specifica
per la gfp generò una marcata riduzione della frazione fluorescente delle cellule
(Fig.2). Tre importanti conclusioni vennero tratte dal lavoro di Fire et al.(1998):
1.
il dsRNA complementare a sequenze promoter o introniche non produceva
un’interferenza rilevabile;
2.
l’iniezione di dsRNA produceva la diminuzione o la totale eliminazione
dell’mRNA endogeno; per dimostrare ciò venne usato come trascritto
bersaglio mex-3, abbondante nelle gonadi e nei primi stadi embrionali, nei
quali è facile eseguire ibridazioni in situ. Nei soggetti iniettati con dsRNA
derivato da mex-3 non venne rilevato mRNA mex-3. Mentre individui iniettati
con solo antisenso purificato di mex-3 mantennero comunque alti livelli di
mRNA dello stesso (Fig.3);
6
3.
l’interferenza mediata da dsRNA riesce ad attraversare le barriere cellulari.
Infatti, l’iniezione di dsRNA (per unc-22, LacZ o gfp ) nelle cavità della testa
o della coda produssero una specifica e consistente interferenza anche nella
progenie, diffondendo quindi fino agli organi riproduttivi. Si è recentemente
attribuita alla diffusione di questa interferenza il ruolo del
gene SID-1,
probabile trasportatore intercellulare di sequenze iniziatrici dell’RNAi.
Figura 2: Analisi dell’RNA interference in tessuto e singole cellule. Progenie ottenuta da
genitori iniettati con ds-RNA. a,d,g: giovane larva; b,e,h: adulto; c,f,i: parete cellulare di
adulto ingrandita.
In ogni prova l’esemplare è stato trasformato con i costrutti presenti in Figura 2bis.
Nella prima colonna è mostrata l’iniezione di controllo di ds-unc22A, la quale non dà riduzione
dell’attività fluorescente sia a livello nucleare che mitocondriale, in quanto non va ad agire su
nessuno dei costrutti espressi. Nella seconda colonna (d,e,f) si evidenzia come l’iniezione di dsgfpG risulti in un notevole riduzione della fluorescenza: solo due cellule esprimono sia a livello
nucleare che mitocondriale la gfp. L’iniezione di ds-lacZL, in terza colonna (g,h,i), risulta in
un’interferenza solo a livello nucleare sulla GFP-LacZ, mentre a livello mitocondriale la GFPLacZ continua ad essere espressa. Le barrette orizzontali indicano la lunghezza di 20µm.
Figura 2bis: Il costrutto
nucleare viene silenziato sia
da ds-gfp che da ds-lacZ. IL
costrutto mitocondriale viene
invece solo silenziato da
ds-gfp (vedi Figura 2).
7
Figura 3: Effetto dell’interferenza
dell’RNA
di
mex-3
sull’mRNA
endogeno di embrioni di C. elegans.
Ibridazione in situ con sonda specifica
per l’mRNA di mex-3.
a: Controllo negativo con assenza di
sonda
b:Embrione di genitori non iniettati
(pattern di espressione di mex-3
normale).
c:Embrione di genitori iniettati con
RNA antisenso; la presenza di mRNA
rispetto al fenotipo wild-type è calata ma
resta comunque elevata.
d: Embrioni di genitori iniettati con ds-RNA di mex-3B; mRNA di mex-3B assente
nell’embrione.
Questo esperimento fu il primo nel suo genere e gettò le basi per la messa a punto di
metodi di silenziamento genico specifici attraverso l’applicazione di dsRNA esogeno,
applicabile ed espandibile a tutti gli organismi.
Studi successivi (Baulcombe et al., 1999; Zamore et al., 2000) spiegarono il
meccanismo base dell’RNA interference; questo avvenne con saggi su lisati delle
cellule embrionali allo stadio S2 di Drosophila. In altri esperimenti si pose l’attenzione
su RNAs di ~25 nucleotidi presenti solo in piante soggette a co-soppressione ed assenti
nelle piante in cui non si presentava il fenomeno del silenziamento; da questi emerse
che l’mRNA endogeno veniva tagliato nella regione complementare al dsRNA e il
taglio era effettuato in un intervallo di 21-23 nucleotidi.
Molto presto, attraverso approcci genetici e molecolari, divenne chiaro il meccanismo
dell’RNAi. Si chiarirono così le basi su di un meccanismo che da subito si capì essere
un potentissimo strumento ai fini della ricerca di base, ed una possibile alternativa a
strategie terapeutiche per malattie (come HIV e cancro) per le quali fino ad ora non si è
trovato un rimedio generale e mirato. Nel prossimo paragrafo verranno discussi in
dettaglio i meccanismi che stanno alla base di questo fenomeno.
8
Il silenziamento mediato da siRNA (small interfering RNAs)
Un nuovo campo di ricerca
La scoperta dell’RNAi come potente e facile metodo di silenziamento genico destò
repentinamente l’attenzione dell’intera comunità scientifica. I risultati dei primi
esperimenti, citati nel paragrafo precedente, promossero la realizzazione di moltissimi
altri lavori di ricerca. L’ubiquità del fenomeno permise infatti il suo studio su molte
specie. Molti esperimenti, infatti, si basavano sulla semplice immersione in dsRNA o
attraverso alimentazione con batteri esprimenti dsRNA.
Lo screening genico era quindi molto facilitato e permise la rapida identificazione di
geni coinvolti nell’RNAi in C. elegans e il ritrovamento di loro omologhi in
Drosophila, piante e funghi dimostrò che i fenomeni, che prima venivano etichettati
come PTGS (post-trascriptional gene silencing), quelling e co-soppressione erano tutti
parte di un unico processo le cui radici affondano in un unico meccanismo ancestrale.
Inoltre, organismi precedentemente poco studiati per la loro complessità genetica,
poterono diventare fonte di informazioni per la comunità scientifica.
Prime luci sul meccanismo
Nelle piante in cui si osservava il fenomeno dell’RNAi si trovavano piccole sequenze
di RNA chiamate “small interfering RNAs”: siRNA. Si è scoperto che a generare questi
siRNA era un enzima ribonucleasico della superfamiglia delle RNAsi III, chiamato
Dicer. Studi su C. elegans hanno fatto emergere l’esistenza di geni strettamente
coinvolti nel meccanismo dell’RNAi (Mello et al., 2000): rde-1 e rde-4 (rde sta per
“RNAi
deficient”),
indispensabili
per
generare
gli
elementi
responsabili
dell’interferenza, ma non utili al protrarsi della stessa; rde-2 e mut-7 sembrano invece
implicati nella seconda fase del processo. I primi geni si sono anche mostrati coinvolti
nell’ereditarietà del fenomeno; in Dicer si è osservata infatti un’altissima similarità con
rde-1.
9
Meccanismo base dell’RNAi mediato da siRNA
Il modello funzionale dell’RNAi consta di due fasi fondamentali: quella di
“iniziazione” e quella “effettrice”. Nella fase iniziale, i dsRNA immessi nella cellula (in
maniera diretta, attraverso transgene o virus) vengono “digeriti” in corte molecole di
dsRNA chiamate siRNA (small interfering RNAs), lunghe da 21 a 23 paia di basi. Dati
sperimentali provano che i siRNA vengono prodotti dall’enzima Dicer (una
ribonucleasi bidentata), un membro della super famiglia delle RNAsi III, (dsRNAspecifiche ribonucleasi), il quale taglia i dsRNA attraverso una reazione ATPdipendente. Successive rielaborazioni degradano i siRNA a duplex di 19-21 bp con un
prolungamento di due nucleotidi al 3’.
Nella fase effettrice, i duplex siRNA si legano ad un complesso nucleasico e formano
quello che viene chiamato “RNA-induced silencing complex”: RISC. Dopo tale
legame, i siRNA vanno incontro ad una denaturazione a singolo filamento (reazione
ATP-dipendente), necessaria per l’attivazione del complesso RISC. Inoltre, è necessaria
una fosforilazione al 5’ del siRNA duplex perché esso possa incorporarsi in RISC
(Nykanen et al., 2001); questa modificazione viene svolta da una chinasi endogena
(Schwarz et al., 2002). Il complesso così attivato, usando come stampo il singolo
filamento incorporato, va a tagliare filamenti di mRNA complementari allo stesso
(Fig.4). Il taglio avviene a circa 12 nucleotidi dal 3’ del siRNA antisenso. Analisi
biochimiche (Hutvagner et al., 2002) indicano che l’RNAsi presente nel complesso
RISC è diversa da Dicer. Nei
paragrafi
successivi
verranno
meglio chiarite le caratteristiche e le
differenze dei processi di RNAi a
seconda che essi siano mediati da
siRNA, miRNA, shRNA e le loro
diverse potenzialità.
Figura 4: esemplificazione schematica
del meccanismo dell’RNAi mediato da
siRNA.
10
Geni coinvolti nell’RNAi
Gli “iniziatori”
Due geni di C. elegans, rde-1 e rde-4 si presuppongono coinvolti nella fase iniziale
dell’RNAi. Il gene rde-1 è membro di una grande famiglia di geni ed è omologo a qde2 in Neurospora crassa (qde sta per “quelling deficient”) e ad AGO1 di Arabidopsis
thaliana (AGO sta per ARGONAUTE; AGO-1 è stato precedentemente studiato come
gene coinvolto nello sviluppo di Arabidopsis).
Anche se l’esatta funzione di questi geni non è ancora chiara, un gene studiato in
mammiferi, della famiglia di RDE-1, è stato identificato come fattore di iniziazione
dell’RNAi (Sharp et al., 2001; Silhavy et al., 2002). Per quanto concerne gli
ARGONAUTI, essendosi dimostrati coinvolti sotto molti aspetti funzionali dell’RNAi
in Arabidopsis, verranno meglio illustrati in un paragrafo successivo.
Gli “effettori”
Geni importanti per la fase effettrice in C. elegans sono rde-2 e mut-7. Questi geni sono
stati identificati in esemplari eterozigoti che non erano in grado di trasmettere l’RNAi
alla progenie omozigote. Nematodi con rde-2 o mut-7 mutati si dimostravano difettivi
per l’RNAi. Mut-7 codifica per una proteina che ha omologia al dominio nucleasico
dell’ RNAsi D e ad una proteina implicata nella sindrome di Werner (progeria adulta),
caratterizzata nel rapido invecchiamento dell’uomo (Grishok et al., 2000).
RNA polimerasi – RNA dipendente: un sistema di amplificazione
La potenza dell’RNAi, riscontrata in tutti gli esperimenti, è stata attribuita ad un
processo di amplificazione, proprio del meccanismo di interferenza. Questa
amplificazione può avere come bersaglio i dsRNA, al fine di produrre più siRNA, o i
siRNA stessi. In questo modo i complessi RISC hanno la possibilità di effettuare un
maggior numero di reazioni ribonucleasiche sequenza-specifiche (“tagli”). Recenti
indagini hanno dimostrato che i siRNA complementari all’mRNA bersaglio funzionano
da primer per un RNA polimerasi-RNA dipendente (RdRP) che trasforma l’mRNA in
dsRNA, il quale a sua volta sarà il substrato di Dicer. Questo passaggio amplifica così
la risposta dell’RNAi, la quale può autoalimentarsi fino a quando tutto l’mRNA
bersaglio non è degradato. Il silenziamento genico mediato da RNAi diventa così uno
dei più eleganti ed efficienti meccanismi in natura (Zamore et al., 2002). I geni qde-1 di
11
Argonauti
Ago1
Topo
Ago2 (endonucleasi)
Ago3
Ago4
RNAsi III
RDE-1 (RNAi)
C. elegans
Drosha (miRNA)
TRBP
Spindle-E (eterocromatina)
R2D2 (siRNA)
Armitage (formazione RISC)
Pasha (pre-miRNA)
RRF-1 (RNAi somatico)
SMG-2 (RNAi)
EGO-1 (RNAi in progenie)
PPW-2 (silenz. Trasposoni)
MUT-14 (silenz. Trasposoni) RFR-3
DCR-1 (RNAi e miRNA)
Drosha (miRNA)
A.thaliana)
(RNAi in progenie)
DCL1 (miRNA)
SDE3
DCL2 (correlata a virus)
DCL3 (eterocromatina) (VIGS e PTGS)
QDE-2 (quelling)
Altri
Tudor-SN (RNAi e miRNA)
Exportin-5
(trasporto miRNA)
Germin4 (miRNA)
VIG (RNAi e miRNA)
FXR (RNAi e miRNA)
Loquacious (miRNA) Tudor-SN (RNAi e miRNA)
Drosha (miRNA)
DRH-1/DRH-2 (RNAi)
(Petunia, Tabacco, AGO4 (eterocromatina)
N. crassa
DGCR8
ALG-1 e ALG-2 (miRNA)
AGO1 (miRNA e PTGS)
dsRNA binding proteins
Gemin 3 (miRNA)
PPW-1 (RNAi in progenie)
Piante
RdRP
Dicer
Aubergine (eterocromatina) Dicer-1 (miRNA)
D. Melanogaster Ago1 (miRNA)
Dicer-2 (RNAi)
Ago2 (siRNA)
Elicasi
Eri-1 , RDE-3,
RDE-4 (RNAi)
SID-1, MUT-7
MUT-8, VIG-1,
(silenziamento RNAi)
TSN-1
SGS2/SDE1/RDR6
Hyl1 (miRNA)
HEN1,SGS3
(virus, PTGS)
DRB4
RDR2 (silenz. cromatina)
SDE4/sub-unità polim. IV
HASTY (trasporto miRNA)
QDE-1 (quelling)
QDE-3 (quelling)
Tabella 2: principali geni coinvolti nel fenomeno dell’RNAi, scoperti fin’ora. Tra parentesi
sono indicate le funzioni in cui sono coinvolte o la molecola con cui interagiscono.
Neurospora, SDE1/SGS-2 in Arabidopsis ed EGO-1 in C. elegans sembrano codificare
la stessa RdRP. I dati degli esperimenti su questi geni confermano la loro
indispensabile funzione nell’RNAi. Mutanti di Arabidopsis per SDE1/SGS-2 si
dimostrano incapaci di generare RNAi in seguito ad introduzione di dsRNA attraverso
transgene; gli stessi però generano risposta a seguito di replicazione endogena mediata
da virus. Probabilmente questo risultato è dovuto al fatto che la carenza di RdRP viene
vicariata dalla RNA polimerasi virale.
Altri geni coinvolti nel silenziamento
Molti geni implicati nell’RNAi sono stati identificati attraverso screening su mutanti di
Arabidopsis (Tab.1). Questi codificano putativamente per RNA polimerasi RNAdipendente (SGS2/SDE1), per una proteina “coiled coil” (SGS3), una proteina
contenente domini PAZ e Piwi (essenziali per il funzionamento di RISC) (AGO1) e una
RNA elicasi (SDE3). I geni putativi SGS2/SDE1 sono correlati a QDE-1 in Neurospora
e a EGO-1 in C. elegans, le proteine PAZ/Piwi (AGO) a QDE-2 in Neurospora e a
RDE-1 in C.elegans, l’RNA elicasi a SDE3 ed SMG-2 di C. elegans e Mut-6 di
Chlamydomonas. Mut-t di C. elegans codifica per una proteina simile ad RNAsi D,
mentre Dicer di Drosophila codifica per una RNAsi III. Ortologhi di Dicer in
Arabidopsis sono stati identificati: CAF, SIN1, SUS1.
Gli Argonauti
Gli argonauti sono proteine facenti parti di una grande famiglia, molto conservata, i cui
membri sembrano andare a formare la maggior parte del complesso RISC; esse sono
12
quindi implicate come effettori del processo di silenziamento ad opera dell’RNAi ed in
altri fenomeni correlati in molti organismi, come funghi, piante e mammiferi.
I ruoli degli Argonauti 1 e 2 (chiamati Ago1 e Ago2 in Drosophila) sono quelli meglio
definiti. Ago2 è stato identificato come una componente del complesso RISC,
essenziale per l’RNAi mediato da siRNA (Okamura et al., 2004). Ago2 è necessaria
alla denaturazione dei siRNA a doppio filamento e alla loro integrazione nel complesso
(solo il filamento antisenso). Embrioni deficienti di Ago2 restano comunque in grado di
effettuare RNAi mediato da miRNA. Ciò suggerisce l’esistenza di più proteine che
svolgono un ruolo simile a quello di Ago2. Viceversa, Ago1, indispensabile per il taglio
dell’RNA guidato da siRNA, è anche richiesto per la produzione di miRNA (Okamura
et al., 2004) L’associazione di Ago1 con Dicer-1 e i pre-miRNA suggerisce inoltre che
Ago1 sia coinvolto nella biogenesi dei miRNA.
Gli Argonauti si mostrano anche coinvolti nello sviluppo e nella differenziazione
cellulare. Le proteine argonaute hanno dimensioni di circa 100 kD, fortemente basiche
e contengono due domini comuni chiamati PAZ e Piwi (Cerutti et al., 2000). Il dominio
PAZ è costituito da 130 amminoacidi ed è stato anche identificato in Dicer (Bernstein
et al., 2001). Anche se non si conosce ancora l’esatta funzione del dominio PAZ, si
ipotizza che esso sia necessario per un’interazione proteina-proteina, probabilmente per
una omo- o eterodimerizzazione (Cerutti et al., 2000). Essendo queste proteine molto
basiche, si pensa possano legare il DNA. Miwi, un omologo di Piwi in topo, è stato
trovato associato ad un complesso con l’mRNA bersaglio in vivo (Deng e Lin, 2002);
ciò ha fatto dedurre che il dominio Piwi sia implicato nel legare l’mRNA bersaglio nel
complesso RISC. Successivamente Ago1 si è scoperto legare ribomopolimeri in vitro
(Kataoka et al., 2001). Sicuramente le proteine argonaute sono coinvolte nel processo
dell’RNAi, sia indirettamente che direttamente, ma sono comunque necessari ulteriori
studi biochimici per poter scoprire la loro precisa funzione nel metabolismo dell’RNA.
RNAi in cellule di mammifero
In cellule di mammifero sono state riscontrate molte più difficoltà nell’indurre l’RNAi.
Questo perché a seguito dell’introduzione di dsRNA, spesso a rispondere non è un
sistema di silenziamento sequenza-specifico, ma un sistema che inibisce tutta
l’espressione globalmente. In questi casi ad interagire con il dsRNA, introdotto in
cellule di mammifero, è una proteina kinasica (DAI o PKR) che va a scatenare la
13
risposta immunitaria dell’interferone bloccando globalmente la trascrizione. Un altro
evento di silenziamento genico osservato in mammiferi è quello mediato da una
ribonucleasi (RNAsi L), attivata da dsRNA, che agisce attuando una degradazione non
specifica dell’mRNA. Utilizzando invece i siRNA, i quali non azionano la risposta
interferonica, si è riusciti ad indurre il silenziamento sequenza-specifico. Questa
scoperta, come descritto in seguito, si mostrerà utile al fine di poter progettare
metodologie di somministrazione umana a scopo terapeutico. Attraverso lo studio
dell’RNAi su colture di cellule umane HeLa, si è capito che erano i siRNA, prodotti
dall’enzima Dicer, a generare il fenomeno di silenziamento genico.
Altre molecole di RNA a doppio filamento, naturalmente prodotte da cellule umane
(micro-RNA sequence o miRNA, vedi paragrafi successivi), e caratterizzate da
precursori con una struttura a forcina, si sono mostrate anch’esse implicate nella
processazione da parte di Dicer. In questo modo, collegando i miRNA endogeni al
sistema di silenziamento genico dell’RNAi, si è capito che il processo in questione,
oltre ad essere comune in diversi organismi, possiede la funzione di regolazione genica
durante lo sviluppo. Inoltre, più recentemente, attraverso esperimenti su lievito, si è
scoperto che il meccanismo dell’RNAi è coinvolto nella regolazione della cromatina.
Prima analizzare tutte le possibili varianti e funzioni dell’RNAi è necessario fare un
quadro generale sul meccanismo.
Il ruolo dei microRNAs (miRNA) nello sviluppo delle piante
Cenni storici
Circa venti anni fa venne isolato un mutante di C.elegans per il gene lin-4 e lo stesso
venne clonato. Analisi genetiche e molecolari misero in evidenza che lin-4 agiva come
regolatore negativo di lin-14 (Ambros et al., 1989; Arasu et al., 1991).
Sorprendentemente lin-4 non aveva una open reading frame ed era localizzato in un
gene che non sembrava essergli correlato in alcun modo. Ciò nonostante risultava molto
conservato nei nematodi e codificava per due piccoli trascritti di 22 e 61 nucleotidi (lin4S e lin-4L). La sequenza di lin-4S era interna a lin-4L e complementare a sette
ripetizioni nel 3’-UTR di lin-14. Grazie ad altri esperimenti si acquisirono prove
sufficienti a costruire un modello di funzionamento e correlazione tra questi geni. Lin4S era in grado di bloccare la traduzione di lin-14 appaiandosi per complementarietà
14
alla regione 3’-UTR di quest’ultimo. Fino al Febbraio 2000, questo fenomeno era
l’unico riportato in letteratura, quando Reinhart e collaboratori trovarono un altro gene
che funzionava in maniera simile: let-7. L’estrema similarità fra i due casi fece
ipotizzare che tali piccoli trascritti (chiamati successivamente miRNA) giocassero un
importante ruolo nella regolazione genica e nello sviluppo. Queste scoperte, negli
ultimi anni, si unirono ai risultati ottenuti negli esperimenti di silenziamento genico
mediato da dsRNA (discussi nei paragrafi precedenti). MicroRNA (miRNA) e small
interfering RNA (siRNA) venivano processati dagli stessi enzimi, i quali erano presenti
come ortologhi in diversi organismi viventi, dai funghi ai mammiferi.
Biogenesi e traslocazione dei miRNA
I miRNAs sono piccoli RNA lunghi circa 22 nucleotidi; derivano da trascritti non
codificanti e funzionano come repressori nella regolazione genica in eucarioti. I
miRNA di piante e animali differiscono per sequenza, quantità, pattern di espressione e
localizzazione genomica. Alcuni di essi possiedono un proprio locus, altri, invece, sono
contenuti all’interno di regioni introniche di altre sequenze codificanti, spesso nello
stesso senso; questo suggerisce che probabilmente vengano trascritti in concomitanza
del loro gene ospite. I miRNA quindi vanno a fare parte di tutte quelle sequenze che
fino ad ora sono state annotate come intergeniche o unità policistroniche.
Studi su piante ed animali hanno rilevato che i miRNA vengono trascritti dall’RNA
polimerasi II a partire dal loro stesso promotore. Essendo geni di classe II (pri-miRNA)
possiedono introni, sono poliadenilati e con cap al 5’. Questi pri-miRNA sono dotati di
una sequenza che li conforma in una struttura secondaria a forcina, non perfettamente
complementare. Il miRNA funzionale è contenuto in uno dei due bracci della forcina.
La struttura dei pri-miRNA è essenziale per il riconoscimento e la processazione da
parte di una ribonucleasi di classe III (RNAsi III) che li taglia in più piccoli miRNA
(chiamati pre-miRNA). Negli animali si è provato che questo processo è eseguito nel
nucleo ad opera del “microProcessor protein complex”, il quale include Drosha (RNAsi
III) e Pasha (dsRNA-binding protein). Il taglio dei pri-miRNA in pre-miRNA nel
nucleo, esso avviene a carico dell’attività di Drosha; il taglio da pre-miRNA a miRNA
maturi avviene nel citoplasma ad opera di Dicer: si è infatti osservata sui miRNA
maturi la tipica elaborazione di questo enzima, che consiste nel lasciare due nucleotidi
liberi al 3’, con un monofosfato al 5’ della stessa terminazione, e al 3’ opposto un
15
gruppo idrossile. Il passaggio dal nucleo al citoplasma dei pre-miRNA risulta quindi un
evento fondamentale della biogenesi dei miRNA.
Mutanti per geni coinvolti nella biogenesi dei miRNA in Arabidopsis thaliana hanno
permesso di osservare aberrazioni nello sviluppo. Un esempio è il gene DCL-1 (Dicerlike 1) coinvolto nella formazione del complesso nucleare che taglia i pri-miRNA. Una
mutazione nel dominio elicasico risulta in un accumulo di pri-miRNA (Watanabe et al.,
2004). Nei mammiferi il trasporto dei pre-miRNA nel citoplasma avviene attraverso
l’Esportina 5 in cooperazione con Ran-GTP. L’ortologo equivalente nelle piante è
HASTY (HST) che coopera con AtRAN1 (ortologo di Ran-GTP). Mutanti hst-3 per
HST risultano in un accumulo di pre-miRNA nel nucleo, nonché in difetti nello
sviluppo. Il gene HEN1 fa invece parte della famiglia delle metiltransferasi; esso
effettua un metilazione mirata esclusivamente ai duplex miRNA maturi. Il significato di
questa operazione non è del tutto chiaro. Due sono le ipotesi: la prima propone la
metilazione come semplice protezione da esonucleasi; la seconda invece propone un
modello in cui i gruppi metile servono come riconoscimento per i passaggi successivi
nel processo di silenziamento.
Silenziamento mediato dai miRNA
Generalmente i miRNA maturi vengono integrati in un complesso chiamato miRNP
(simile a RISC per i siRNA). I miRNA interagiscono con l’mRNA target attraverso
complementarità delle basi. Due tipi di meccanismi sono stati individuati a carico del
silenziamento mediato dai miRNA: uno prevede la degradazione dell’mRNA bersaglio,
l’altro il blocco della traduzione dello stesso. L’azione di uno o dell’altro processo è
discriminato dalla complementarietà tra mRNA e miRNA. Nel caso di un perfetto
appaiamento occorre il taglio dell’mRNA mediato dal complesso, come avviene per il
silenziamento mediato da siRNA (Fig.5). Se l’appaiamento risulta invece non perfetto il
miRNA si lega alla regione 3’UTR dell’mRNA bloccandone la traduzione.
16
Questi miRNA, vista la loro natura
regolatrice, si trovano molto conservati
all’interno di molte specie, e in alcuni
casi arrivano a costituire l’1% del
genoma,
mostrandosi
componente
come
regolatore
il
più
rappresentativo.
Figura 5: schema della biosintesi dei
miRNA e del loro processo di
silenziamento genico. E’ da notare la
possibilità che i miRNA maturi entrino
nello stesso pathway che gestisce i siRNA.
Quest’ultimo, come si discuterà nei
prossimi capitoli, può essere inibito da
soppressori, sia di origine endogena
(ADARs, ERI-1) che virale (p19).
Alla ricerca dei miRNA
Gli approcci sperimentali finalizzati alla scoperta di nuove sequenze miRNA coinvolte
nella regolazione cellulare sono stati affiancati da analisi computazionali. Si tratta di
algoritmi che ricercano, nel genoma della specie di interesse, possibili sequenze
geniche. In questo caso gli algoritmi vanno a cercare sequenze la cui struttura
secondaria potrebbe essere quella di un miRNA , ovvero a forcina, che risultano
abbastanza conservate. Alcuni di questi programmi sono miRscan e miRseeker. I vari
risultati vengono valutati in base a punteggi che tengono conto della complementarietà
dei due bracci, la presenza di basi consenso, di uracili all’inizio della trascrizione, ecc...
17
MiRseeker inizia la ricerca confrontando due interi genomi e localizzando sequenze
ortologhe conservate nelle regioni non codificanti. Queste regioni vengono poi
elaborate con MFOLD (un algoritmo che deduce la struttura secondaria) valutando la
qualità delle strutture a forcina che genererebbero,
in termini di lunghezza ed energia libera della
molecola. Vengono poi scartate le strutture che
non possono essere miRNA reali, in base a pattern
di divergenza dei nucleotidi.
Questi strumenti si sono dimostrati molto efficaci
e hanno permesso l’identificazione di molti
miRNA implicati nella regolazione genica. Ciò
nonostante le sequenze scoperte fino ad ora
costituiscono un database ridotto rispetto alla
probabile totalità esistente in natura.
Figura 6: un esempio di risultato
computazionale fornito da MFOLD.
I miRNA e lo sviluppo delle piante
La conoscenza del ruolo dei miRNA nello sviluppo delle piante si è ottenuto per la
maggior parte attraverso due tipi di approcci: l’analisi dei geni necessari alla
formazione dei miRNA e l’identificazione dei geni bersaglio. In screening per geni
coinvolti nello sviluppo embrionale, vegetativo e riproduttivo sono stati identificati
mutanti per dcl-1 di Arabidopsis. I mutanti hanno evidenziato una sovra- proliferazione
di meristemi, conversione dei meristemi fiorali in meristemi indifferenziati, fioritura
ritardata e sovrapproduzione di cellule embrionali sospensorie. I mutanti
dcl-1
mostravano ridotti livelli di miRNA ed esprimevano i geni che sarebbero dovuti essere
bersaglio del silenziamento. Mutazioni a carico di altri geni coinvolti nella biogenesi
dei miRNA (HEN1), o che agiscono nel meccanismo di silenziamento genico (AGO1),
causavano anch’essi fenotipi riconducibili a quelli dei mutanti per dcl-1 e difetti nella
polarità delle foglie. Successivamente fu notato che il virus del mosaico della rapa
interferiva con l’attività dei miRNA codificando per un soppressore dell’RNAi; questo
18
causava un espressione non controllata dei geni, bersaglio dei miRNA, determinando
fenotipi con difetti morfologici paragonabili a quelli dei mutanti per dcl-1, ago1 e hen1.
Si è quindi dedotto che i miRNA funzionassero da regolatori negativi nell’identità delle
cellule meristematiche, nella polarità degli organi e in altri processi di sviluppo. Nelle
piante, come negli animali, i miRNA hanno mostrato pattern di espressione temporanei
e tessuto-specifici.
Numerosi mRNA-target di Arabidopsis sono stati predetti sulla base della quasiperfetta complementarietà con miRNA; queste predizioni sono state inoltre supportate
dai dati statistici e dalla conservazione filogenetica ottenuti da studi su riso. Fino ad ora
sono stati identificati una quindicina di punti di taglio guidati da miRNA attraverso
saggi in vivo ed in vitro. Sorprendentemente, la quasi totalità dei target di miRNA sono
costituiti da geni che codificano per fattori trascrizionali, che includono APETALA2
(AP2), CUP-SHAPED COTYLEDONS1(CUC1), CUC2, PHAVOLUTA(PHV) e
PHABULOSA(PHB). I geni, come descritto precedentemente sono coinvolti
nell’identità di cellule meristematiche, nella polarità degli organi, nella divisione
cellulare e nella differenziazione di organi. Una minoranza di mRNA target, invece,
hanno mostrato di codificare per fattori indispensabili alla formazione dei miRNA
stessi ed alla loro funzione. Per esempio l’mRNA di DCL1 è risultato a sua volta
bersaglio di miRNA (miR162), indicando che nelle piante i miRNA possono avere un
controllo a feedback negativo (Fig.7). Prove di circostanza hanno assegnato ai tagli
guidati da miR165/166 un ruolo nella determinazione del pattern radiale delle foglie. I
fattori trascrizionali PHV e PHB controllano rispettivamente la determinazione di una
polarità adassiale (parte distale) o abaxiale (parte prossimale) nelle foglie, risultando in
superfici strutturalmente e funzionalmente specializzate .I geni PHB e PHV vengono
già espressi a livello dei primordi fogliari. Essi si localizzano nella parte vicino al
germoglio per determinare un destino adassiale; sono invece “spenti” nella parte distale
del meristema per determinare un destino di tipo abaxiale (Fig. 8). Alleli dominanti phv
e phb, contenenti modificazioni nucleotidiche a carico della regione di interazione con
miR165/166, generano una ridotta degradazione degli mRNA di phb e phv. Gli alleli
sono così espressi ubiquitariamente già a livello di primordio fogliare generando
caratteristiche morfologiche adassiali anche nella parte prossimale della foglia. Si può
quindi dedurre che miR165/166 sono implicati nella regolazione trascrizionale che sta a
monte del destino cellulare della polarità fogliare.
19
Figura 7: L’espressione di DCL1, che catalizza la processazione dei precursori dei miRNA è
sotto un controllo a feed-back negativo da parte di miR162 (sinistra). miR165/166 regolano
negativamente PHV e PHB attraverso il taglio sequenza-specifico dei loro rispettivi mRNA.
Figura 8: Modello per la determinazione del destino adassiale o abaxiale in foglie di
Arabidopsis.
Ad oggi si è ancora nelle prime fasi di studio del ruolo dei miRNA nei processi di
sviluppo e si sta cercando di comprendere come questi elementi di controllo negativo
riescano così finemente ad auto-regolarsi.
L’RNAi nel nucleo
Il mistero della metilazione
Studiando mutanti di Arabidopsis per i geni PHB (phabulosa) e PHV (phavoluta), per i
quali, come descritto nei paragrafi precedenti, la mutazione generava una non perfetta
complementarietà tra gli mRNA e i rispettivi miRNA, Bao et al. (2004) notarono che
nelle piante wild-type erano presenti zone estese di DNA metilato (centinaia di paia di
basi) a carico della regione a valle dei siti di legame dei miRNA, nei geni PHB e PHV
(circa 1000 bp a valle). La metilazione risultava invece notevolmente ridotta in piante
20
con i geni mutati nelle regioni di legame per i rispettivi miRNA. Gli autori intuirono
allora che l’assenza di metilazione aiutava a “de-silenziare” i geni, mentre la
metilazione, e quindi il silenziamento trascrizionale, erano guidati dai miRNA. Altre
osservazioni portarono poi a supporre che l’interazione tra i miRNA e il DNA non
fosse diretta, ma che fosse necessaria anche un’interazione tra i miRNA e l’mRNA
target (Fig.9).
Bao et al. (2004) proposero così un modello del meccanismo con cui avviene la
metilazione mediata da miRNA. I miRNA, localizzati nel citoplasma rientrano nel
nucleo e si appaiano all’ mRNA che sta ancora finendo di trascriversi dal suo DNA
codificante. Il DNA viene così metilato a valle delle sequenze di legame con i miRNA
dei geni PHB e PHV grazie ad un complesso enzimatico non ancora ben determinato,
che è in grado di rimodellare la cromatina. Si ipotizza che questo complesso sia
guidato da un templato di miRNA o da mRNA tagliato. Probabili candidati a
caratterizzare questo complesso sono varianti del complesso RISC, che incorporino le
proteine argonaute o altri gruppi proteici che interagiscano con esse.
In tal senso, il meccanismo con cui avviene una metilazione sequenza-specifica,
limitata ad una determinata regione e ad una precisa distanza dal sito di
complementarietà con i miRNA, rimane ancora in parte da spiegare.
Figura 9: Modelli proposti da Bao et al. In tutti i
miRNA maturi vengono prodotti dal precursore (premiRNA) e successivamente, dal citoplasma, rientrano
nel nucleo.
a-I miRNA ritornano nel nucleo legati al complesso
RISC o a un suo simile. Attraverso la
complementarietà di basi si appaia all’mRNA in via
di trascrizione dai geni PHB/PHV. Il complesso a
questo punto “recluta” un complesso rimodellante
della cromatina che attua la metilazione.
b- In questo caso, siRNA prodotti da una RNA
polimerasi RNA-dipendente (RdRP) guidata da
miRNA o da templati costituiti da pezzi di mRNA già
tagliati da RISC vengono usati come porzione per
riconoscere il gene (tratteggi rossi) e generare la
metilazione a valle (tratto blu), sempre a carico di un
complesso rimodellante della cromatina (arancione)
c- L’mRNA tagliato da RISC in modo particolare da
renderlo “marcato”viene usato come stampo di guida
per eseguire la mutilazione.
21
E’ comunque probabile che la metilazione abbia solo un ruolo secondario nella
regolazione di PHB e PHV. Infatti, quando vengono mutati geni coinvolti nel
meccanismo di questo tipo di metilazione, gli effetti sulla pianta non sono gli stessi
ottenuti negli studi di PHB descritti in precedenza; inoltre, la metilazione di altri geni
non pare influenzare la loro stessa espressione. Forse più che a silenziare i geni, la
metilazione serve come un’ “impronta”, lasciata dai miRNA ma che si conserva
autonomamente attraverso diverse generazioni.
Il nucleo: un “nuovo sito” di ricerca per l’RNAi
Il silenziamento genico mediato da siRNA e miRNA presenta una notevole specificità
visto che si tratta di un processo guidato da complementarietà di basi tra gli RNA.
L’esperimento trattato nel paragrafo precedente ha però fatto intuire che l’RNA può
anche interagire con il DNA. Per questo, negli ultimi anni, gran parte dell’interesse sui
processi mediati dall’RNAi si è focalizzato sui meccanismi che si verificano a livello
del genoma nucleare. A seguito sono descritti i ruoli dei dsRNA e delle proteine
coinvolte in diversi processi di silenziamento genico a livello nucleare, il cosiddetto
TGS (trascriptional gene silencing).
I processi nucleari mediati dall’RNAi
Quattro sono i processi mediati da RNAi a livello nucleare ben descritti fino ad ora.
Due di questi: la metilazione del DNA diretta da RNA (RNA-directed DNA
methylation: RdDM) e la formazione di eterocromatina mediata da RNAi costituiscono
processi epigenetici che consistono rispettivamente nella modificazione delle citosine
del DNA o delle proteine istoniche (generalmente la metilazione della lisina 9
dell’istone H3: K9H3).
L’RdDM è stata maggiormente studiata e descritta in piante mentre la formazione
dell’eterocromatina è stata analizzata in Schizosaccharomyces pombe, animali e piante.
L’RdDM e la formazione dell’eterocromatina, sono entrambi iniziati da dsRNA, ma
non è ancora stato chiarito se si tratta di due meccanismi separati o di uno. Negli
organismi superiori si è notato che la metilazione del DNA e la modificazione degli
istoni hanno un ruolo di “automantenimento” reciproco. In S. pombe, invece, dove si è
potuto osservare la modificazione dell’eterocromatina, non si è trovata metilazione a
22
carico del DNA, facendo presupporre che i due fenomeni non siano necessariamente
accoppiati.
Un terzo meccanismo è l’eliminazione del DNA. Protozoi cigliati hanno mostrato la
capacità di eliminare tratti di DNA durante lo sviluppo dei macronuclei. Questi tratti
del genoma erano stati in precedenza, sotto l’azione del meccanismo dell’RNAi,
rimodellati a livello della cromatina. Si compie così una ristrutturazione del genoma.
Un ultimo meccanismo è rappresentato dal silenziamento di DNA non appaiato durante
la meiosi. Questo fenomeno è stato osservato in organismi, come Neurospora crassa, in
cui si è mostrato correlato alle proteine coinvolte nel fenomeno dell’RNAi. Il
silenziamento meiotico ha origine nel nucleo, ma a differenza dei tre precedenti, risulta
in silenziamento a livello post-trascrizionale e non genera un rimodellamento della
cromatina nel locus di partenza. Nei prossimi paragrafi verranno trattati più in dettaglio
questi quattro meccanismi.
Metilazione del DNA diretta da RNA (RdDM)
La RdDM è stata la prima modificazione epigenetica guidata da RNA ad essere
scoperta in piante di tabacco (Wassenegger et al., 1994). Successivamente, si dimostrò
che questa metilazione richiedeva la presenza di dsRNA che venissero processati in
frammenti più piccoli (21-24 bp) correlandola fortemente all’RNAi. Nelle piante si è
osservato che dsRNA contenenti sequenze omologhe a promotori potevano causare la
metilazione di questi ultimi e quindi generare un silenziamento a livello trascrizionale
del gene a valle. L’RdDM attua una metilazione de novo delle citosine presenti in
qualsiasi contesto di sequenza, non solo in presenza dei dinucleotidi GC, considerati il
tipico target della metilazione. La metilazione è decisamente ristretta a regioni di
omologia del DNA con RNA, perciò, a differenza del rimodellamento della cromatina
che può ampliarsi per migliaia di basi distante dal sito di omologia, è esclusivamente
localizzata nel sito di omologia. La dimensione minima di questa metilazione è di ~30
bp, molto più contenuta rispetto all’eterocromatina, la quale, modificando l’intera
proteina istonica agisce silenziando multipli di 147 bp.
Come detto precedentemente, la maggior parte degli studi sull’ RdDM sono stati fatti
su piante ed in particolare su A. thaliana, sulla quale sono stati utilizzati approcci sia di
“forward genetics” che di “reverse genetics”. Sono stati utilizzati, prevalentemente,
transgeni codificanti per RNA che assumessero una struttura a forcina (short hairpin
23
RNA: shRNA) e che generassero il fenomeno di metilazione specifica di promotori; un
altro approccio è stato invece lo studio di geni endogeni coinvolti nel fenomeno. Queste
analisi hanno portato alla conclusione che sono necessari una DNA – citosina
metiltransferasi, alcuni enzimi coinvolti nella modificazione degli istoni, proteine
rimodellanti della cromatina e una moltitudine di geni, già coinvolti nei processi posttrascrizionali dell’RNAi.
Il processo consta inizialmente di una metilazione de novo ad opera di una DNAmetiltransferasi sito-specifica; a seguito di questa prima fase, la metilazione viene
mantenuta grazie ad una modificazione istonica, la quale può comunque essere persa
passivamente o attivamente, attraverso determinati meccanismi. Lo schema riportato in
Fig.10 schematizza il meccanismo e i geni che sono in esso coinvolti.
Figura 10: Questo modello
è il risultato delle prove
genetiche fatte su A.
thaliana.
Nel nucleo dsRNA possono
essere prodotti dall’attività
di una RNA polimerasi
RNA dipendente (RDR2) su
ssRNA
oppure
dalla
trascrizione
di
DNA
invertiti- ripetuti ad opera
di una RNA polimerasi
DNA-dipendente come la
RNA polimerasi II. Gli
RNA che guideranno la
metilazione
vengono
prodotti dal taglio di dsRNA
in frammenti più piccoli ad
opera di enzimi della
famiglia Dicer-like, di solito
DCL3. Questi piccoli RNA
segnale si integrano in
metiltransferasi
sitospecifiche (MET1 per sequenze CG e DRM2 per sequenze non-CG) e viene catalizzata la
metilazione. La RdDM richiede inoltre l’azione delle proteine SNF-2-like (DRD1),
probabilmente per rendere accessibile il DNA all’RNA. La metilazione delle regioni CG e
CNG può essere mantenuta per molto tempo in assenza degli RNA segnale attraverso l’attività
di MET1 e CMT3 (cromometilasi 3), rispettivamente. Il mantenimento della metilazione CG
richiede la presenza della istone deacetilasi HDA6 e della SNF2-like DDM1. La metilazione su
CNG è invece accompagnata dalla metilazione ad opera di H3K9 (non mostrata) e di SUVH4
(nota come KRYPTONITE). Anche le proteine argonaute si sono mostrate coinvolte nei
processi di metilazione de novo e del suo mantenimento, rispettivamente AGO4 e AGO1. Le
proteine DEMETER (DME) contenenti domini di glicosilazione del DNA e REPRESSOR OF
SILENCING (ROS1) sono invece coinvolte nella perdita della metilazione e quindi la
riattivazione dei geni bersaglio, i quali, a loro volta, possono essere coinvolti nella genesi di
miRNA, lasciando intuire la probabilità di un finissimo sistema di autoregolazione.
24
La formazione e il controllo dell’eterocromatina
In linea generale, l’eterocromatina è una porzione di DNA pressoché silente, povera di
geni, mentre l’eucromatina è attiva e ricca di sequenze codificanti. Queste differenze
sono causali al grado di avvolgimento della cromatina, dovuto a modificazione delle
proteine istoniche su cui si avvolge il DNA. Tali modificazioni del grado di
compattamento del DNA sono dovute all’acetilazione, metilazione, fosforilazione e
legami con l’ubiquitina. In molte specie, le regioni eterocromatiniche sono in genere
localizzate nelle regioni centromeriche. Inoltre, in molti organismi è osservabile il
fenomeno PEV (position-effect variegation) che consiste in un pattern di silenziamento
genico a mosaico a seconda della posizione che ha un gene localizzato tra una regione
ad alta densità di eterocromatina ed una di eucromatina. Le componenti
dell’eterocromatina del DNA di S.pombe, localizzate nella regione centromerica, sono
costituite da elementi trasposonici ripetuti e invertiti. L’eterocromatina presente in
questa regione favorisce il contatto tra i due cromatidi fratelli in prossimità del
centromero, dove le due cromatine si fiancheggiano. Questa struttura si è dimostrata
invece compromessa in mutanti per geni coinvolti nel meccanismo dell’RNAi, facendo
presupporre che il modellamento della cromatina fosse guidato da siRNA. Queste prove
furono acquisite soprattutto effettuando knockdown dei geni codificanti per gli
Argonauti, Dicer e RdRP che sono presenti in singola copia in S. pombe. Nei lieviti
wild-type non si osservava trascritto, senso od antisenso, delle zone ripetute a tandem.
Viceversa nei mutanti, attraverso gli stessi saggi trascrizionali, era osservabile un
accumulo dei trascritti di quelle regioni. Ciò non fece che confermare che gli enzimi
tipicamente noti nel processo dell’RNAi erano anche implicati, come guida, nella
formazione dell’eterocromatina. Altre prove ottenute in laboratorio fecero comprendere
che era la trascrizione dei filamenti ripetuti e invertiti delle regioni centromeriche a
generare i dsRNA che, una volta tagliati dall’enzima Dicer, venivano usati come guida
dalla metiltransferasi. Gli stessi dsRNA erano a loro volta amplificati dalla RdRP. In
S.pombe si è anche scoperta l’esistenza di un complesso enzimatico effettore chiamato
RITS (RNA-induced initiation of trascriptional gene silencing), implicato in
modificazioni a livello della cromatina. Gli studi hanno portato a caratterizzare un
modello funzionale di tale complesso, composto da una proteina argonauta (AGO1), da
una proteina contenente un dominio cromatinico (Chp1) e una proteina specifica di
S.pombe (Tas3) (Fig.11). Questo complesso incorpora in AGO1 un siRNA specifico
25
per regioni centromeriche, il quale si andrà ad appaiare ad una sequenza in via di
trascrizione (vedi precedenti modelli di Bao et al., 2004), probabilmente il suo stesso
precursore (ancora non sottoposto all’azione dell’RNAi a livello post-trascrizionale).
Una volta appaiato, il complesso, effettua la metilazione H3K9 (istone H3 a livello
della lisina 9); inoltre, l’incorporazione di altre proteine interagenti con l’RNA, quali
Cid12, Hrr1 ed un RdRP, provvede al mantenimento dello stato di avvolgimento
eterocromatico di questa regione centromerica del cromosoma.
Figura 11:
Processo di
metilazione
mediato da
RNAi in
S.pombe.
Anche su piante (A. thaliana) le ricerche hanno portato all’identificazione di siRNA
coinvolti nel modellamento cromatinico. Analisi effettuate attraverso l’uso di
microarray su regione eterocromatiniche ricche di trasposoni hanno rilevato la presenza
di alti livelli di metilazioni H3K9 a livello di sequenze ben delimitate e che non si
allargavano su zone adiacenti. Si è dimostrato che in questo meccanismo era coinvolta
la proteina DDM1 della famiglia SNF2-like, in quanto, mutanti della stessa mostravano
livelli ridotti dei siRNA che sarebbero implicati nel riconoscimento delle sequenze
trasposoniche ripetute.
Concludendo, questi studi indicano che queste sequenze ripetute e invertite hanno la
potenzialità di generare siRNA, che una volta processati da Dicer, entrano nel
meccanismo che li sfrutterà per eseguire una metilazione sito-specifica degli istoni nelle
stesse sequenze, silenziandone la trascrizione. Questa iniziale modificazione viene poi
26
usata come stampo per il mantenimento della stessa da parte di proteine quali HP1,
Swi6l o polycomb complex (Fig. 12).
Figura 12: Ripetizioni invertite di trasposoni
generano dsRNA. Questi, una volta processati
dall’enzima Dicer guidano la metilazione ad opera
di una istone metil-transferasi (HMT) sull’istone
H3. Questa metilazione viene mantenuta in seguito
dal polycomb complex, costituito da proteine
cromatiniche che mantengono lo stato di
avvolgimento durante lo sviluppo dell’organismo.
Eliminazione di DNA
Nel protozoo Tetrahymena thermophila coesistono due nuclei: un micronucleo diploide
(avente funzione di
conservare il patrimonio genetico, trascrizionalmente silente
durante la crescita vegetativa) e un macronucleo poliploide (con funzione di nucleo
somatico con attiva trascrizione). Il ciclo riproduttivo per coniugazione di questo
protozoo è mostrato in fig.13. Nella fase in cui due micronuclei si differenziano in
macronuclei avviene l’eliminazione di sequenze specifiche germinali, implicate nella
riproduzione, e quindi non utili alle funzioni vegetative del macronucleo. Queste
sequenze eliminate vengono dette IES (internal eliminated segment sequences) e
costituiscono il 15% del genoma del protozoo.
27
Figura 13 :Ciclo di
coniugazione di
Tetrahymena
thermophila
Successivamente viene descritto come il DNA dei nuovi macronuclei possa venir
sottoposto ad eliminazione da parte dell’RNAi e come questo sistema funzioni da
controllo per evitare l’instaurarsi di elementi trasponibili nel nuovo macronucleo.
Durante lo sviluppo del nuovo macronucleo, nei micronuclei il genoma viene
completamente trascritto in dsRNA (Fig.14 ).
Questo dsRNA trascritto viene tagliato da Dcl1 (enzima Dicer) in piccoli “scan RNAs”
(scnRNAs) i quali, dopo essersi complessati con l’argonauta Tw1, vengono esportati
nel vecchio macronucleo.
Figura 14: Eliminazione
del DNA a livello del
macronucleo in sviluppo.
Il templato usato come
guida per questo
processo viene ottenuto
selezionando i scnRNA a
livello dei vecchi
macronuclei. Gli
scnRNA non degradati
nei vecchi andranno a
eliminare le sequenze
complementari nei
nuovi.
28
In esso, attraverso appaiamento per omologia, gli scnRNAs vengono degradati.
Rimangono però degli scnRNA non degradati, i quali, essendo derivati da sequenze
germinali, non trovano omologie nel vecchio macronucleo. A questo punto gli
scnRNAs rimasti migrano nel nuovo macronucleo in via di sviluppo, sempre associati
alla proteina Twi1. Nel nuovo macronucleo, non ancora sviluppato, le sequenze
germinali sono ancora presenti: gli scnRNA si appaieranno per omologia ad esse ed il
complesso Tw1 effettuerà una metilazione H3K9. Dopodiché, il reclutamento di un
proteina per la degradazione programmata di DNA (Pdd1) concluderà il meccanismo.
Pdd1 userà le metilazioni H3K9 come segnale per degradare le sequenze marcate dagli
scnRNAs. Questo sistema, oltre ad avere il compito di “pulire” il genoma dei
macronuclei da sequenze germinali dei micronuclei, effettua un controllo sul genoma
dei macronuclei in neo formazione controllandoli con quelli vecchi
ed accertandosi
che durante la coniugazione, o per altri motivi, non si siano instaurate sequenze
estranee, come per esempio trasposoni.
Silenziamento meiotico
Durante la ricerca sul silenziamento genico è sempre stata considerata la possibilità che
omologie DNA-DNA potesse essere un iniziatore dell’RNAi. In effetti un sistema
basato su principi pressoché identici fu trovato per la prima volta nel fungo Ascobolus
immersus, caratterizzato da un micelio molto filamentoso. Successivi studi su N.crassa
permisero di disegnare un modello del meccanismo in questione, applicabile quindi a
diversi organismi.
Figura 15: Possibile modello del
silenziamento a livello di appaiamento
cromosomico durante la meiosi.
29
In diverse specie, il silenziamento di zone non appaiate del genoma avviene durante la
meiosi. Analisi genetiche su N. crassa hanno dimostrato che per questo processo di
silenziamento è necessaria una RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRP) e una
proteina della famiglia degli Argonauti (AGO), distinte però da quelle già coinvolte in
altri fenomeni di silenziamento genico. In N. crassa il silenziamento meiotico avviene
attraverso un passaggio di controllo in trans a livello dei cromosomi omologhi (linee
tratteggiate blu tra i due cromosomi, ciascuno disegnato come linea blu continua,
fig.15). Ogni regione che non è appaiata (cappio giallo) è trascritta, presumibilmente,
da una RNA polimerasi-DNA dipendente. Il ssRNA risultante (cappio rosso più
interno) viene usato come templato dalla RdRP Sad1 per sintetizzare dsRNA. Questo
dsRNA è probabilmente processato da Dicer (DCR) in piccoli RNA (siRNA). La
presenza di questi piccoli RNA in questo processo non è però ancora stata confermata.
Anche se i precisi eventi che susseguono questi iniziali passaggi non sono ancora ben
chiari, si presume che i siRNA vengano incorporati nella proteina argonauta
sopraccitata in un complesso tipo RISC (RNA-induced silencing complex), il quale,
attivandosi, va a degradare i trascritti omologhi alla sequenza interna , anche nel caso
essi derivino da sequenze che non hanno difetti di appaiamento durante la meiosi (linee
gialle parallele).
Osservazioni
Le scoperte fatte su diversi organismi hanno portato a rivelare i diversi ruoli dell’RNAi
nel silenziamento sequenza-specifico a livello genomico. Anche se l’ubiquità dei
fenomeni sembra permettere di generalizzare il meccanismo, è da considerare il fatto
che gli organismi in cui si manifestano i fenomeni di metilazione e rimodellamento
della cromatina possiedono già un sistema dedito a queste funzioni, indipendente
dell’RNAi.
L’RNAi assume così anche un consistente ruolo nella difesa da sequenze invasive,
quali possono essere trasposoni o sequenze ripetute. Quindi, anche se tali sequenze
vengono spesso considerate come “parassite”, azionando i meccanismi sopra descritti,
beneficiano l’ospite a livello di regolazione genica e di struttura e funzione dei
cromosomi.
Molto è stato scoperto, e ancora di più rimane da conoscere per quanto concerne le vie
di silenziamento a livello nucleare. I futuri studi saranno diretti soprattutto a costruire
30
modelli sul ruolo di questi processi nell’organizzazione della struttura e della funzione
dei cromosomi.
Silenziamento mediato da un singolo filamento
Silenziamento mediato da filamento antisenso
Prima della messa a punto di tecniche in grado di sfruttare il fenomeno dell’RNAi
mediato da dsRNA, il sistema più frequentemente usato per generare PTGS in piante
era la produzione di RNA antisenso tramite l’espressione di un transgene. I costrutti
antisenso consistono di una sequenza complementare all’mRNA bersaglio, sotto il
controllo di un promotore forte e costitutivo. L’appaiamento del filamento antisenso
con l’mRNA ne blocca la traduzione e lo rende bersaglio di RNAsi specifiche. Negli
esperimenti con RNA antisenso, in genere, si ha una efficienza in una percentuale che
varia dal 5 al 20 %. La degradazione dell’mRNA varia da individuo a individuo: da
nessun effetto al 99% di mRNA degradato. L’efficienza è in strettissima relazione con
l’omologia esistente fra il costrutto antisenso e l’mRNA. Saggi nucleari RUN-ON
(Bourque, 1995) mostrano che anche in questo caso la trascrizione del DNA non è
affetta dall’introduzione del costrutto indicando un azione esclusivamente a livello
post-trascrizionale. Altri possibili meccanismi sono stati pensati; una delle ipotesi più
facilmente immaginabili è la formazione di dsRNA aventi come templato il filamento
antisenso; tale fenomeno sembrava plausibile dal momento che i dsRNA sono ben noti
iniziatori di RNAi. Ciò nonostante, Stam et al. (2000) hanno dimostrato che un’altra
possibile spiegazione è la formazione di duplex di RNA grazie alla trascrizione del
filamento antisenso e di un costrutto inseritosi in direzione inversa, rispetto al primo, in
zone che fornissero sequenze consenso di inizio trascrizione. Questo porta alla
formazione di un unico filamento di RNA la cui struttura secondaria genererà un duplex
funzionale all’iniziazione dell’RNAi.
Silenziamento mediato da filamento senso: la co-soppressione
Nell’esperimento di Jorgensen, citato nei primi paragrafi della tesi, il gruppo di ricerca,
introducendo un transgene codificante per la calcone sintasi (chs) sotto un promotore
forte e costitutivo, invece di ottenere un incremento della pigmentazione dei petali in
31
petunia, osservava oltre al silenziamento del transgene anche quello del gene endogeno,
con fiori a fenotipo privo di pigmentazione. Da questo esperimento venne coniato il
termine co-soppressione, derivato da “co-senso soppressione” (soppressione sia del
transgene senso che del gene endogeno). La causa scatenante era, in quel caso, una
sovraespressione del gene. Come avveniva per il silenziamento mediato dal solo
filamento antisenso, anche in questo caso erano solo poche le piante trasformate che
risultavano silenziate (5-20%). Entrambi i silenziamenti, mediati da singolo filamento,
si caratterizzavano quindi per una moderata efficienza. Anche in questo contesto si era
pensato a meccanismi attribuibili alla trascrizione di costrutti invertiti, ma prove
sperimentali su base genetica dimostravano che si trattava di un meccanismo ben
diverso dal precedente. Gli studi su Arabidopsis fecero emergere la necessità della
presenza dei geni sde1/sgs2 per l’instaurarsi di un fenomeno di PTGS mediato da solo
costrutto senso. Tali geni, infatti, codificano per una RdRP (RNA polimerasi RNA
dipendente) che userebbe come templato il filamento senso generandone il
complementare su di esso. A questo punto il dsRNA ottenuto entra facilmente nel
meccanismo dell’RNAi passando per Dicer e poi RISC. Il modo con cui questi mRNA
senso vengono processati da RdRP non è però ancora conosciuto. Alcune ipotesi
prevedono l’instaurarsi di un livello soglia di mRNA trascritto che faccia attivare
l’RdRP (“threshold theory”) in caso di sovraespressione. Un’altra probabile
spiegazione è che la sovraespressione generi mRNA aberranti che vengono captati dalla
RdRP.
Diffusione sistemica dell’RNAi e suoi repressori
Un possibile “sistema immunitario”
In molti organismi (piante e nematodi) si è osservata la capacità di diffusione del
“segnale” di silenziamento genico dalle cellule da cui è scaturito ad altre più distanti.
Un esperimento esemplificativo di questo fenomeno è stato quello eseguito da Voinnet
e Baulcombe (1997). Piante di Nicotiana benthamiana trasformate per la produzione di
GFP venivano infettate localmente (su una foglia) da virus che, trasformato a sua volta,
portava una sequenza senso del gene della GFP. La pianta prima dell’infezione, vista la
sua costitutiva espressione di GFP, mostrava una fluorescenza diffusa se sottoposta agli
UV. Nel momento in cui essa veniva localmente attaccata dal virus, l’entrata nelle
32
cellule dell’RNA virale provocava l’instaurarsi di un meccanismo di silenziamento
genico contro le sequenze introdotte (GFP). Ciò dimostrava che il meccanismo
Figura 16: silenziamento diffuso sistemicamente
ad opera dell’infezione da virus portatane il gene di
GFP, già espresso endogenamente nella pianta.
Figura 17: particolare di una
diffusione sistemica totale del
silenziamento di GFP mediato da
A.tumefaciens
dell’RNAi si è evoluto anche come sistema di difesa contro sequenze virali. L’analisi
sotto UV della foglia infettata mostra un calo dell’espressione endogena di GFP.
Questo fenomeno è riferibile alla co-soppressione (silenziamento del gene esogeno in
concomitanza di quello endogeno). Tuttavia, col passare del tempo si osservava una
diffusione del silenziamento al di fuori della zona infettata, fino ad interessare l’intera
pianta (Fig.16). Risultati simili furono ottenuti con infezione da
A. tumefaciens
(Fig.17). Altri esperimenti hanno in seguito dimostrato che un’infezione da virus genera
una resistenza ad esso che si diffonde per tutta la pianta rendendola “immune” ad
attacchi successivi (fenomeno denominato “recovery”). Il meccanismo di questa
diffusione non è ancora chiaro. Quasi sicuramente si tratta di un trasporto di sequenze
che, raggiunte le cellule distanti, vengono usate come templato per generare il
silenziamento sequenza-specifico. Queste sequenze, probabilmente di RNA, vengono
trasportate attraverso il floema da una proteina o da un complesso proteico non ancora
definito. In C.elegans si è scoperto che il gene SID-1 è coinvolto nella diffusione
(probabilmente nel trasporto delle sequenze segnale) del silenziamento attraverso
l’intero organismo (vedi paragrafi iniziali sulle scoperte in C. elegans).
A carico di questa diffusibilità di segnale vi è sicuramente (accertato da prove
sperimentali) il ruolo della RdRP (Fig.18). Questa può essere di origine virale o
codificata dalla pianta stessa, tramite i geni SDE1/SGS-2 (chiamati anche RDR6).
Questa (vedi paragrafo: “RNA polimerasi - RNA dipendente: un sistema di
amplificazione”) fornisce un efficiente sistema di amplificazione del segnale generando
33
duplex funzionali al meccanismo di silenziamento ed usando come templato l’RNA
virale, mRNA aberrante, siRNA stessi (Fig.18). Ciò permette un’elevatissima efficienza
anche a bassissime dosi di inoculo. Come vedremo nei paragrafi successivi, però,
questo meccanismo non ha sempre la strada libera: in molti casi, infatti, si interpongono
meccanismi di soppressione del silenziamento evoluti dai virus stessi.
Figua 18: Sistema con cui le
sequenze
virali
possano
innescare il meccanismo di
silenziamento
specifico.
Molto importante è il ruolo
della RdRP che permette di
perpetuare ed amplificare il
segnale,
rendendolo
disponibile anche per una
diffusione sistemica, oltre che
a tutti gli altri possibili sistemi
di silenziamento (PTGS e
TGS).
I repressori virali: p19
Sulla scorta di quanto riportato precedentemente, si potrebbe affermare che le piante
dispongono di un sistema che le difenderebbe da qualsiasi attacco virale. Tuttavia,
purtroppo, i virus hanno sviluppato la capacità di sintetizzare soppressori dell’RNAi.
Una tra le proteine più studiate, nonché la più attiva
nei sistemi virus vegetale - pianta è la p19 dei
tombuvirus. Questa è stata studiata cristallizzata,
mostrando di essere complessata con
duplex di
RNA di 21 bp (Fig.19). La sua particolare struttura,
che lega le estremità terminali del duplex di RNA,
Figura 19: p19 cristallizzata.
funziona come un calibro che seleziona molecole di
una certa lunghezza e struttura terminale (Fig. 21).
34
Si è infatti analizzato che la proteina p19 lega duplex con filamenti lunghi 20-22 bp e
con una porzione appaiata di 18-20 bp, lasciando quindi estremità libere al 3’ di 2
nucleotidi (Fig. 20).
Figura 20: specificità di legame di p19.
Figura 21: Modello di legame tra p19 e
duplex di RNA. Le “reading head” sono
le porzioni che discriminano la selettività
ai duplex in base alla lunghezza e ai 2
nucleotidi liberi.
La maggiore affinità si è mostrata per duplex di filamenti lunghi 21 bp. La p19 lega i
siRNA in forma omodimerizzata, costituendosi di una parte centrale (“core”) che lega
l’elica di RNA semplicemente sulla struttura zucchero-fosfato. Le porzioni ad α-elica
riconoscono invece le parti terminali del duplex, costituite dai 2 nucleotidi liberi al 3’,
eseguendo un controllo sulla lunghezza.
Figura 22: Il virus wild-type,
attraverso la sintesi di p19 blocca i
siRNA
(in
arancione)
che
diffondendosi
silenzierebbero
l’RNA virale (sequenze nere). Il
virus deficitario per la p19
(Cym19Stop), invece, non potendo
bloccare la diffusione dei siRNA
viene silenziato e non si diffonde.
35
Esperimenti su Nicotiana benthamiana hanno dimostrato che infezioni con Cymbidium
Ringspot TombusvirusII,
deficitario della sequenza codificante per la p19
(Cym19stop), vengono contrastate dal silenziamento genico innescato dalla pianta
come difesa immunitaria, non permettendo la diffusione del virus.
A controprova il virus wild-type (CyMRSV), bloccando le sequenze segnale che
avrebbero diffuso il silenziamento dell’RNA virale, può diffondersi nella pianta
causandone la morte (Fig.22). La pianta, se in seguito ad infezione da virus
Cym19Stop, viene infettata con virus wild-type, mostra la capacità di resistere a
quest’ultimo silenziandone, in tutti i tessuti, l’RNA. Questo risultato dimostra che le
sequenze segnale, generate dall’infezione di Cym19Stop, oltre ad essersi diffuse
permangono nelle cellule come “memoria” e rendono la pianta immune a successivi
attacchi dello stesso virus (“recovery”). La proteina p19 ha inoltre dimostrato di avere
effetti sullo sviluppo delle piante andando ad interagire con il sistema di regolazione
mediato dai miRNA. E’ comunque appurato che questo repressore agisce solo a livello
dei dsRNA liberi; non ha invece alcun effetto su complessi RISC che hanno già
incorporato i siRNA o i miRNA.
Altri repressori
Sono state identificati altri elementi endogeni che agiscono negativamente sul
meccanismo dell’RNAi. Uno di questi è costituito da ADARs, una adenosina
deamminasi dsRNA specifica, la cui azione catalitica consiste nel convertire le
adenosine in inosine. Questo editing dei dsRNA, oltre a toglierne la complementarietà
agli mRNA, li rende incapaci di incorporarsi in Dicer. Un altro gene, la cui funzione è
stata riscontrata nei neuroni di C. elegans, è ERI-1. Mutanti di questi geni mostrano una
maggiore attività da parte dell’RNAi. Anche in questo caso, saggi biochimici hanno
evidenziato che il substrato di ERI-1 sono i siRNA. Sempre in C. elegans, RFR-3,
codificante per una famiglia di RdRP inattive, porterebbe ad una competizione negativa
della RdRP funzionale per lo stesso substrato (vedi Fig.5 in “Il ruolo dei microRNAs
(miRNA) nello sviluppo delle piante”). Un altro soppressore dell’RNAi è Hc-Pro,
codificato dai Potyvirus, che agisce bloccando l’attività del complesso RISC, ma non la
sua formazione.
36
Ingegnerizzazione dell’RNAi
Progettare i siRNA
Le metodologie con cui viene progettato un siRNA sintetico sono un aspetto molto
importante della ricerca per ottenere risultati accettabili nelle prove di silenziamento.
Nel disegno di un siRNA funzionale vi sono parametri di base che devono essere
considerati. La regione target deve essere a valle del codone di inizio traduzione ad
una distanza che varia dalle 50 alle 100 bp; l’mRNA target deve avere al 5’ una
sequenza AA(N19)UU, possedere un contenuto di GC del 50% circa, sono da evitare
le regioni UTR sia al 5’ che al 3’e le regione ricche di G (Elbashir et al., 2002). Ad
oggi molte ditte private offrono un servizio personalizzato di sintesi di siRNA; alcune
di esse sono Dharmacon, Quiagen, Ambion, MWG. Yang et al. (2002) e Vickers et
al. (2003) hanno sviluppato un metodo per ottenere una migliore efficienza nella
degradazione dell’mRNA bersaglio. Questo consiste nel disegnare siRNA che sia
complementari a siti notoriamente sensibili all’attività dell’RNAsi H. Inoltre, recenti
test hanno dimostrato che in molti casi sono più efficienti siRNA di 27 bp rispetto ai
classici di 20-22 bp. Ciò probabilmente favorisce una migliore incorporazione nel
complesso RISC, dal momento che queste molecole possono essere ancora tagliate da
Dicer. Con il crescente interesse rivolto a queste nuove metodologie di silenziamento
genico, sono stati sviluppati appositi software che attraverso algoritmi specifici,
generano i migliori siRNA possibili, applicabili ad un determinato mRNA target. La
potenzialità di questi software, abbinata alla possibilità di allineare, attraverso
BLAST, tutte le possibili sequenze presenti nelle banche dati, permette di trovare con
notevole facilità tutti i possibili target per la costruzione di un siRNA. Possono così
essere individuati geni che potrebbero essere silenziati collateralmente o possibili altri
bersagli in diversi organismi.
Come descritto in precedenza, i semplici siRNA, in alcuni casi, non sono in grado di
generare un silenziamento. Questo può essere dovuto al fatto che essi, non essendo
naturalmente processati dall’enzima Dicer, possono non integrarsi correttamente nel
meccanismo. Un’altra ragione, come riscontrato nei mammiferi, è lo scatenarsi della
risposta
immunitaria,
mediata
da
interferone,
all’introduzione
di
dsRNA
nell’organismo; l’interferone genera un silenziamento totale della trascrizione come
risultato. Nel prossimo paragrafo verranno quindi trattate metodologie di ingegneria
37
genetica utilizzate per la creazione di costrutti, in grado di generare precursori dei
siRNA, introducibili nel genoma ospite senza la produzione di interferone.
Molecole sintetiche
In figura 23 sono mostrate le possibili molecole iniziatrici del processo di RNAi
sintetizzabili in vitro, e direttamente introducibili nell’organismo, al fine di ottenere il
silenziamento genico desiderato. Le molecole più semplici sono piccoli RNA
sintetizzati chimicamente (siRNA); una volta introdotti nell’organismo non devono
essere processati dall’enzima Dicer in quanto emulano già un suo possibile prodotto, e
vengono direttamente incorporati nel complesso RISC, guidando la degradazione
dell’mRNA (Fig.23a). Lunghi dsRNA devono invece essere processati da Dicer per
generare diversi siRNA (Fig.23b). Vengono anche sintetizzati duplex di RNA a forcina
con perfetta complementarietà dei bracci; anch’essi, tagliati da Dicer, generano siRNA
funzionali (Fig.23c). In ultimo sono resi disponibili duplex di RNA a forcina con una
non perfetta complementarietà tra i bracci (Fig.23d): essi emulano i pre-miRNA che
fuoriescono dal nucleo e una volta processati da Dicer generano miRNA che guidano il
silenziamento post-trascrizionale (per degradazione di mRNA in caso di perfetta
complementarità con esso; per blocco della traduzione in caso di appaiamento parziale;
vedi paragrafo “Silenziamento mediato dai miRNA”).
Figura 23: molecole sintetiche utilizzabili per indurre l’RNAi artificialmente
38
Sistemi di espressione mediati da RNA polimerasi II
In organismi o cellule che non possiedono, o in cui è debole, una risposta mediata da
interferone è possibile utilizzare costrutti che esprimono sequenze che si conformano a
forcina. Questi costrutti sfruttano i promotori della RNA polimerasi II (pol II) per
guidare la loro espressione e generare sequenze a forcina che verranno processate da
Dicer in molteplici siRNA (Fig. 24a). Le strutture a forcina, con i dovuti accorgimenti,
possono anche emulare la struttura di pre-miRNA ed entrare nel processo di
silenziamento come tali, effettuando un silenziamento per via degradativa o per blocco
della traduzione (Fig.24d). Questi sistemi di espressione hanno permesso di indurre
silenziamento in diversi organismi quali oociti di topo, C.elegans, D.melanogaster e
permettono un’espressione dell’RNA inducibile a livello tessuto-specifico e cellulaspecifico. Ad esempio, Kennerdell e Carthew (2000) hanno messo a punto su
Drosophila un sistema inducibile da Gal-4 che avesse come bersaglio il gene della ßgalattosidasi. L’attivazione del transattivatore Gal-4 era posta sotto il controllo del
promotore di hsp70 (heat shock protein 70); ne risultava una trascrizione inducibile con
il semplice aumento della temperatura. Nei mammiferi questo tipo di approccio,
purtroppo, non è ad oggi percorribile perché la sintesi di interferone che si scatena
rende vani i tentativi di utilizzare i lunghi duplex a forcina di RNA.
Sistemi di espressione mediati da RNA polimerasi III
Su diversi organismi sono stati sviluppati sistemi di espressione plasmidici che
sfruttano l’azione dell’RNA polimerasi III, producendo piccoli RNA (siRNA), che non
attivano alcuna risposta da parte dell’interferone. Due sono i principali promotori
utilizzati: U6 e H1, entrambi membri della classe III dei promotori delle RNA
polimerasi III. In alcuni casi, la classe III di questi promotori, a differenza della I e della
II, ha la particolarità di non avere sequenze indispensabili per la trascrizione a valle del
promotore. Infatti, in topo e uomo, si è sperimentato che la delezione della sequenza a
valle di alcuni promotori U6 non genera effetti a livello trascrizionale. U6 e H1
contengono entrambi gli stessi set di elementi attivanti in cis (PSE, TATA box, ecc..);
H1 possiede un’organizzazione più compatta di U6 e quest’ultimo richiede la presenza
di una guanosina in posizione +1.
Sono stati sperimentati due approcci per l’espressione mediata da promotori di polIII.
Uno consiste nell’espressione separata del filamento senso e di quello antisenso da due
39
promotori indipendenti, in genere posizionati in tandem (Fig. 24b). Il secondo prevede
l’utilizzo di un unico promotore a monte di una sequenza codificante per un shRNA
(short hairpin RNA) a forcina. Questo trascritto sarà poi processato da Dicer, i cui tagli
genereranno un siRNA funzionale per complessi RISC (Fig. 24c).
Figura 24: sistemi di espressioni
mediati da RNA polimerasi II e III.
a- Trascrizione in un lungo dsRNA
il cui taglio da parte di Dicer darà
origine ad un siRNA funzionale. bSequenza senso e antisenso
trascritte separatamente vanno
incontro ad appaiamento formando
siRNA. c- Trascrizione di shRNA
che processati da Dicer formano un
siRNA. d- Sequenze invertite e
ripetute la cui struttura secondaria
emula quella di un pre-miRNA,
processabile da Dicer in miRNA
maturi.
Le sezione in verde sono gli
spaziatori usati per consentire il
ripiegamento
della
sequenza.
Mentre l’RNA polimerasi II
richiede la poliadenilazione come
segnale di stop della trascrizione,
l’RNA polimerasi III richiede un
cluster di quattro o più residui di
timina.
Sono quindi più efficienti i filamenti separati o gli shRNA? La principale differenza fra
i due risiede nel processamento degli shRNA da parte di Dicer. E’ difficile dire, in
modo assoluto, quale delle due tecniche sia la più efficace ed occorre sempre
considerare, nei mammiferi, la risposta interferonica a lunghi dsRNA.
Hutvagner e Zamore (2002) hanno testato in parallelo i due approcci in estratti
citoplasmatici di cellule HeLa*. L’introduzione di 100 nM di pre-miRNA di let-7,
venivano processati da Dicer generando ~5 nM di miRNA maturi. Quest’ultima
quantità di miRNA processati da Dicer aveva lo stesso effetto ottenuto con una prova
parallela in cui venivano inseriti 100 nM di miRNA maturi sintetizzati artificialmente.
* Hela: cellule tumorali immortali di Henriette Lacks, isolate da una biopsia nel 1951; sono
caratteristiche di un ciclo cellulare velocissimo che ne ha permesso il diffondersi in tutto il
mondo come campione per esperimenti.
40
Tale dato conferma che i dsRNA o gli shRNA processati naturalmente da Dicer sono
meglio incorporati nel complesso RISC.
ihpRNA
Un ulteriore miglioramento della tecnologia di silenziamento, mediante shRNA, fu
apportato dall’utilizzo degli ihpRNAs (intron-containing hairpin RNAs). Si tratta
sempre di un costrutto contenente entrambe le sequenze ripetute e invertite a formare
una struttura a forcina, ma la differenza sta nella presenza di uno spaziatore. Si
dimostrò (Smith et al., 2000) che costrutti aventi come spaziatore un sequenza
riconosciuta come intronica vengono meglio processati ai fini dell’RNAi. Alla base di
questo fenomeno vi è lo splicing che normalmente avviene nel nucleo. Non è ancora
ben chiaro come la presenza di un introne nella regione spaziatrice possa migliorare
l’efficienza dei costrutti; si è comunque ipotizzato che lo splicing dell’introne permetta
un migliore allineamento tra i due bracci della forcina favorendo la formazione del
duplex di RNA. A questo proposito sono stati creati vettori plasmidici (per la
clonazione di ihpRNA in batteri) già ingegnerizzati e contenenti un regione intronica.
Ai lati di questo introne sono presenti i siti di restrizione specifici e diversificati che
permettono l’inserimento di prodotti di amplificazione, quali il filamento senso e quello
antisenso che appaiandosi genereranno il dsRNA funzionale all’RNAi (Fig.25 e 26). I
batteri usati per la clonazione dei plasmidi sono in genere E. coli e A. rhizogenes, il
quale può essere direttamente usato per infettare la pianta. I più noti plasmidi
ingegnerizzati per la trasformazione con ihpRNA sono pHANNIBAL
e
pHELLSGATE (CSIRO, Australia)
Figura
25:
struttura
del
plasmide
pHANNIBAL. Il promotore CaMV 35S
ricavato dal Cauliflower mosaic virus è
sfruttato per la trascrizione in pianta. La
resistenza ad ampicillina è usata come
marcatore di selezione (sequenza blu) per i
batteri trasformati.
41
Figura 26: struttura del costrutto inserito tra LB ed RB in A. tumefaciens, sotto il controllo del
promotore costitutivo 35S (per la trascrizione in pianta dopo la trasformazione ad opera del
batterio).
A seguito è riportato un elenco dei probabili fattori determinanti nell’efficienza di
silenziamento genico mediato da siRNA:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Incorporazione e stabilità all’interno del complesso RISC dei siRNA e miRNA
Complementarietà con l’mRNA
Sito di taglio dell’mRNA
Sito di complementarietà tra siRNA/miRNA e mRNA
Frequenza di traduzione dell’mRNA
Struttura secondaria e terziaria dell’mRNA
Legami dell’mRNA con proteine
Quantità di polisomi ancorati all’mRNA in traduzione
Abbondanza ed emivita degli mRNA bersaglio
Localizzazione subcellulare
Sovraespressione di Esportina-5
Plasmidi e vettori virali che esprimono shRNAs si sono affermati come strumenti
essenziali per l’inibizione stabile di specifici geni. I shRNAs sono funzionalmente e
strutturalmente omologhi ai pre-miRNA, gli intermedi della produzione endogena di
mi-RNA.
La sovraespressione di shRNAs si è dimostrata competitiva per un fattore limitante
nella via biosintetica dei miRNA (Rui et al., 2005): l’esportina 5, la cui attività può
essere saturata dall’abbondante presenza di shRNA, i quali, come i pre-miRNA, la
utilizzano per essere trasportati al di fuori del nucleo. Tuttavia, mentre la
sovraespressione di shRNAs può inibire la funzione dei miRNA, la sovraespressione di
esportina 5 può avere un effetto diametralmente opposto. Inoltre, questo incremento di
trasporto extra-nucleare può potenziare il silenziamento genico mediato da shRNAs e
rappresentare un validissimo metodo per migliorare l’RNAi in coltura e per future
applicazioni a livello clinico.
42
Tecniche di somministrazione e trasformazione in pianta
•
Metodi bio-balistici (transienti)
•
Trasformazione stabile (elettroporazione, Agrobacterium, PEG)
•
Agroinfiltrazione
•
VIGS
Metodi bio-balistici
Il bombardamento di particelle può essere usato per introdurre temporaneamente
costrutti di DNA che producono dsRNA (Kjemtrup et al., 1998; Schweizer et al., 2000;
Peele et al., 2001). Il DNA o il dsRNA è adeso a particelle di tungsteno o di oro che,
attraverso una pistola vengono sparate ad altissima velocità e attraversano la parete
cellulare. La presenza di dsRNA nelle cellule bombardate risulta nel silenziamento di
un determinato gene. Questo metodo, pur essendo molto rapido, presenta considerevoli
inefficienze. Una di queste è dovuta al fatto che solo pochi strati di tessuto possono
essere bombardati, escludendo la possibilità di analizzare gli effetti del silenziamento
sull’intero organismo. Questa tecnica, perciò, viene evitata in esperimenti mirati a
studiare il ruolo di geni coinvolti nello sviluppo. Inoltre, tale metodologia presenta una
bassa efficienza, in quanto poche cellule effettivamente ricevono dsRNA e molte, a
causa del bombardamento, vengono uccise. Infine, il silenziamento non viene ereditato
e rimane circoscritto al tessuto bombardato. Nonostante queste limitazioni, la tecnica,
non presentando limitazioni biologiche, viene comunque usata per piante recalcitranti
alla trasformazione stabile. Il bombardamento viene anche usato per analisi di singole
cellule, dove lo studio è limitato a processi che si mostrano a questo livello e sono
autonomi nelle singole cellule (per esempio, vie biosintetiche). Il metodo bio-balistico è
anche largamente usato per studi su resistenze a malattie (Schweizer et al., 2000;
Azevedo et al., 2002).
Agroinfiltrazione
I problemi che emergono nel trasformare artificialmente cellule vegetali possono essere
aggirati tramite Agroinfiltrazione. Questa tecnica sfrutta le capacità naturali di
43
trasformazione di Agrobacterium tumefaciens su pianta. Venne usata per la prima volta
nel 1997 (Schob et al.), nel tentativo di ottenere il silenziamento attraverso
l’introduzione di dsRNA, ma può anche essere utilizzata per introdurre vettori VIGS
(descritti in seguito). Il costrutto viene inserito nel plasmide di Agrobacterium, il quale
viene coltivato e poi usato per l’inoculo. Le colture di Agrobacterium possono essere
inoculate attraverso semplice infiltrazione sulle foglie della pianta; la sequenza
introdotta viene integrata nel genoma e la sua trascrizione genera dsRNA, “azionando”
il PTGS. E’ una tecnica rapida, facilmente realizzabile e con un basso costo; permette
inoltre di agire direttamente su piante intere, senza la necessità di lavorare su
protoplasti. L’effetto dell’introduzione del gene di interesse viene quindi valutato a
livello dell’intero organismo. Questo metodo è molto utile soprattutto se si vogliono
esaminare più geni contemporaneamente: basta co-infettare con cloni batterici
contenenti i diversi costrutti di silenziamento.
Trasformazione stabile
La trasformazione stabile consta nell’integrazione di un gene esogeno nel genoma
nucleare. Più di 120 specie di piante possono essere stabilmente trasformate,
includendo le coltivazioni commerciali di maggior rilievo (alimentari, ornamentali,
medicinali, fruttifere e foraggiere (Birch et al., 1997). Quattro sono i metodi
disponibili:
•
Bombardamenti di DNA
•
Inserimento di DNA in protoplasti e colture cellulari attraverso PEG
•
Elettroporazione di protoplasmi e cellule intatte
•
Trasformazione mediata da A. tumefaciens
Ognuna di queste metodologie varia notevolmente a seconda della specie in questione.
La trasformazione stabile di un costrutto nel genoma, che produca ds-RNA, risulterà in
un silenziamento del gene d’interesse in ogni cellula della pianta generata. La
trasformazione del genoma in maniera persistente è un utile mezzo attraverso il quale si
studiano le funzioni dei geni. Ciò nonostante è un processo che richiede tempo e non è
ottimale per screening su larga scala. Inoltre, l’esperimento è inattuabile se il
silenziamento è letale a livello embrionale o nei primi stadi di sviluppo.
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Molte specie possono essere trasformate attraverso A.tumefaciens o A. rhizogenes, i
quali introducono il loro DNA, stabilmente, nel genoma della pianta (Tepfer et al.,
1990; Bent et al, 2000). In natura, A. tumefaciens porta un plasmide Ti che possiede i
geni di virulenza (vir) e specifiche sequenze segnale che, assieme ai geni nucleari,
mediano l’escissione, il trasferimento e l’integrazione del T-DNA nel genoma della
pianta (Zupan et al., 2000). Il T-DNA è affiancato da sequenze ripetute di 25 bp, il “left
border” e il “right border” (LB e RB). Il plasmide Ti può essere modificato e portare il
DNA desiderato al posto della sequenza batterica di T-DNA. Infatti A. tumefaciens
trasferisce qualsiasi sequenza contenuta tra LB ed RB (Zupan et al., 2000).
La pianta più trasformata con A. tumefaciens è A. thaliana. Le piante in fioritura
vengono semplicemente bagnate con una sospensione del batterio. I semi vengono poi
raccolti e fatti germinare su di un substrato selettivo. Solo le generazioni T0 trasformate
con successo saranno in grado di crescere sul substrato selettivo. Il fenotipo delle piante
silenziate verrà poi analizzato nella generazione T1.
I protocolli di trasformazione che invece richiedono l’isolamento di protoplasti sono
molto difficoltosi e dispendiosi in termini di tempo. Dopo l’isolamento di protoplasti,
questi vengono trasformati attraverso bombardamenti con particelle, introduzione di
DNA attraverso PEG (glicole polipropilenico) o infezione da Agrobacterium. I
protoplasti vengono tenuti su di un mezzo di coltura che promuova la crescita callosa e
selezioni le cellule contenenti il costrutto. Da questi calli vengono poi generate le
piante. Dopo aver confermato attraverso marcatori molecolari l’avvenuta crescita di
piante trasformate, si potranno osservare i fenotipi della progenie di quest’ultime.
E’ stata anche sviluppata una procedura per introdurre costrutti in gruppi di cellule di
riso attraverso elettroporazione (Arencibia et al., 1998). Gli embrioni germinati
vengono messi su terreno e indotti a callo per 2 mesi, al buio. Dopo ciò, un gruppo di
cellule viene preso, diluito in una soluzione per elettroporazione con i plasmidi di
interesse ed elettroporato. Le cellule vengono quindi ri-piastrate su terreno calloinducente e lasciate moltiplicare per 2 settimane al buio. La percentuale di successi di
questo approccio è dell’1,5% (Arencibia et al., 1998). Sebbene molte piante possano
essere trasformate, (con eccezione di Arabidopsis) questi metodi risultano troppo
laboriosi e con una bassa percentuale di successo.
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VIGS (Virus-induced gene silencing)
La maggior parte dei virus delle piante possiedono un genoma a ssRNA il quale viene
rilasciato all’esterno del rivestimento proteico delle particelle virali per andare ad
insediarsi all’interno della cellula ospite e replicarsi attraverso una RdRP (RNA
polimerasi RNA-dipendente) codificata dal virus stesso. Tale replicazione genera
filamenti senso ed antisenso dello stesso templato i quali hanno la potenzialità di
ibridarsi a formare dsRNA. Analogamente a quanto accade nei mammiferi, il
meccanismo dell’RNAi processa i dsRNA in filamenti più corti (siRNA) per utilizzarli
come templato ed andare a degradare l’mRNA o il ssRNA virale complementare.
Questi dati supportano l’ipotesi che il meccanismo dell’RNAi si sia co-evoluto in
diversi organismi come sistema di difesa da infezioni virali, oltre che da elementi
trasponibili.
I virus dispongono di caratteristiche che li rendono particolarmente utili per la ricerca
su piante. L’RNA “nudo” (senza la protezione della particella virale) di molte specie di
virus vegetali può essere usato direttamente per causare l’infezione. Questo RNA può
essere ottenuto in vitro attraverso la trascrizione di un clone di cDNA che codifica per
l’intera sequenza virale (Fig.27a). Analogamente, l’intero cDNA virale può essere
inserito in un plasmide T-DNA, espresso sotto il controllo del promotore 35s di CaMV
(cauliflower mosaic virus), un forte promotore costitutivo, e trasfettato in pianta
attraverso agroinfiltrazione (Fig.27b,27c); questo risulterà in un infezione generata
senza la presenza iniziale del virus. E’ anche possibile introdurre una sequenza esogena
in una specifico locus del genoma virale mantenendo l’infettività del trascritto. Quando
questo trascritto viene usato per infettare le piante, anche la sequenza introdotta
artificialmente diventa bersaglio del meccanismo dell’RNAi. Ma se il virus porta
artificialmente sequenze geniche della pianta stessa, si può ottenere un silenziamento
specifico dell’mRNA endogeno della pianta e successivamente è possibile osservare il
fenotipo deficiente di tale gene. Questo metodo, chiamato VIGS (virus induced gene
silencing), è molto utilizzato in piante per analizzare la funzione dei geni. Anche se
Nicotiana benthamiana è stata la prima specie sulla quale è stato applicato il VIGS, tale
approccio è stato successivamente applicato in molte altre piante, tra cui A. thaliana. Il
VIGS ha permesso di studiare diversi geni, da quelli implicati in vie biosintetiche a
quelli coinvolti nella resistenza a patogeni e, sorprendentemente, è stato osservato che il
silenziamento genico avveniva anche nelle zone meristematiche. Poichè è noto che i
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meristemi non vengono infettati da virus, ciò ha fatto dedurre che il silenziamento viene
propagato sistemicamente, probabilmente attraverso i corti duplex di RNA (siRNA).
Un’altra accortezza tecnica può essere quella di inserire un promotore della pianta
stessa all’interno del costrutto virale; questo approccio si è mostrato aumentare
notevolmente l’efficienza del silenziamento. Gli esperimenti di maggior successo sono
stati effettuati utilizzando come vettori TMV (tobacco mosaic virus), PVX (potato virus
X), TRV (tobacco rattle virus) e come bersaglio del silenziamento geni reporter di
piante trasformate come GFP e GUS, o geni endogeni come PDS (phytoene denaturasi,
i cui fenotipi silenziati mostravano un imbianchimento delle foglie a causa della
compromessa sintesi di clorofilla). Un nuovo sistema di silenziamento mediato da virus
è quello che prevede l’inserimento della sequenza bersaglio nell’RNA satellite del virus
che verrà inoculato. Questa tecnica è detta SVISS (satellite virus induced silencing
system) e si è mostrata funzionare molto bene, soprattutto con TMV, su oltre una
decina di geni endogeni (Gossele et al.,2002). Nella maggior parte degli esperimenti
con il VIGS si è riportato un silenziamento a livello post-trascrizionale. Ciò nonostante,
come si è visto usando TRV contenente la sequenza di un promotore della pianta, il
VIGS non era solo a livello post-trascrizionale. Si è infatti osservato un silenziamento
anche a livello trascrizionale, accompagnato da una metilazione del DNA stampo
dell’mRNA bersaglio; inoltre, questo silenziamento a livello trascrizionale, veniva
ereditato nella progenie, anche in assenza del virus. L’osservazione di questo fenomeno
ha suscitato molti interrogativi e sono molte le potenziali applicazioni di questo
metodo.
Figura 27: a- plasmide replicabile
in E. coli, in cui PVX infettivo può
essere trascritto in vitro attraverso il
promotore T7 della polimerasi
virale. b- un plasmide T-DNA
propagato in Agrobacterium, il
quale, una volta inoculato su pianta,
inserisce nelle cellule infettate il
DNA contenuto tra LB e RB. La
sequenza contenente i geni virali è
sotto il controllo del promotore 35S che rende il costrutto trascrivibile dalla pianta stessa in
maniera costitutiva, generando PVX infettivo c- Sistema VIGS di TRV ottenuto con due diversi
plasmidi T-DNA conteneti i diversi geni virali, più il gene bersaglio su uno dei due. I due
plasmidi vengono usati per creare due ceppi di Agrobacterium per poi co-infettare la pianta ed
ottenere un’infezione virale attiva oltre all’espressione del gene introdotto artificialmente.
Target: gene bersaglio introdotto; RdRP, M1, M2, M3, CP : geni virali necessari per
l’infezione; Term : terminatore della trascrizione necessario per i costrutti sotto il controllo del
promotore costitutivo 35S.
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Applicazioni mediche
L’idea di usare l’RNAi come sistema terapeutico fuventilata più di quattro anni fa, a
partire dal lavoro pionieristico di Tuschl et al. (2001) relativo alla somministrazione dei
siRNA. Le possibili malattie trattabili da questo nuovo approccio includono le infezioni
virali, il cancro e le aberrazioni genetiche dominanti ereditabili. Il virus
dell’immunodeficienza umana (HIV) è stato il primo ad essere immaginato come
possibile bersaglio di questa strategia. I geni virali chiave dell’HIV (tat, rev, nef e gag)
sono stati silenziati, risultando in una efficiente inibizione della replicazione virale su
cellule in coltura. Risultati simili sono stati ottenuti silenziando geni cellulari quali
CD4, CCR5, CXCR4, necessari all’infezione virale. Anche il virus dell’epatite C
(HCV), avente un genoma a singolo filamento di RNA, è stato studiato come bersaglio
di una terapia di silenziamento genico mediata da RNAi, ottenendo buoni risultati su
colture. Altri virus su cui sono stati sperimentati, con successo, approcci simili sono il
papilloma virus (HPV), attraverso silenziamento dei geni E6 ed E7, il virus dell’epatite
B (HBV), il virus dell’influenza (attraverso siRNA specifici per il nucleocapside o per
componenti dell’RNA trascrittasi). I risultati sono stati incoraggianti ma necessitano di
ulteriori prove, soprattutto per quanto concerne la loro efficienza e sicurezza in vivo su
modelli animali (topo) e successivamente attraverso test clinici.
La specificità di sequenza dell’RNAi lo predispone come uno strumento efficace per il
silenziamento di geni mutati. Questa possibilità è stata provata per la prima volta su di
un oncogene, K-RAS (V12), la cui mancata espressione risulta in un blocco della
crescita tumorale in assenza di ancoraggio delle cellule al tessuto (Brummelkamp et al.,
2002). L’espressione del gene mutato di K-RAS (V12) è stata inibita attraverso
l’espressione di shRNA sotto il controllo di una versione retrovirale del promotore H1.
Il silenziamento del gene mutato ha comunque lasciato inalterata l’espressione delle
isoforme non mutate dello stesso. Questa prova ha riscontrato grande successo per il
fatto che questi risultati non sono stati ottenuti solo su tessuti in coltura, ma anche in
modelli animali (topo).
Le malattie genetiche dominanti ereditabili sono tipicamente causate dalla mutazione di
un allele il cui prodotto genico è visibile anche nell’eterozigote e prevale su quello non
mutato. L’eliminazione del gene mutato permetterebbe a quello normale di restaurare le
corrette funzioni cellulari. L’espansione delle regioni trinucleotidiche ripetute di CAG
causano la codifica di tratti arricchiti di glutammine e sono responsabili di almeno otto
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malattie neurodegenerative umane (tra cui la Corea di Huntington e la malattia di
Kennedy). L’aggregazione delle poliglutammine mutate, anche se con meccanismo non
ancora del tutto chiaro, genera una neurotossicità. SiRNA che hanno come bersaglio le
sequenze al 3’ o al 5’ delle ripetizioni di CAG riescono ad inibire la tossicità in cellule
coltivate aprendo la possibilità a nuovo approcci terapeutici. Altri esperimenti sono stati
effettuati su molecole mutate responsabili di malattie genetiche. Un esempio è l’epatite
fulminante indotta dal recettore Fas mutato, la cui espressione è stata ridotta con
l’iniezione di siRNA specifici in topo (Song et al., 2003)
Ci sono ancora molti problemi che devono essere risolti prima che l’RNAi diventi uno
strumento utilizzabile nella terapia clinica. Per prima cosa, i siRNA devono essere
introdotti in grande quantità ed in molte cellule, efficientemente e stabilmente. Questo
problema può essere risolto attraverso modificazioni chimiche che aumentino la
stabilità, penetrabilità e l’efficienza dei siRNA. Alternativamente i siRNA possono
essere introdotti attraverso l’uso di un vettore virale. Possibili candidati a questo
utilizzo sono i lentivirus, i quali hanno mostrat persistere maggiormente rispetto ai
siRNA “nudi”. In aggiunta, l’utilizzo di promotori inducibili/reprimibili aiuterebbe ad
ottenere una trascrizione dei costrutti controllata esternamente. Un altro problema è
dato dalla presenza di mutazioni all’eliche che rendono la specificità di sequenza un
ostacolo. Questo può essere aggirato con l’utilizzo di diversi siRNA che permettano
l’appaiamento delle sequenze anche in presenza di geni variabili nella popolazione
umana..
La ricerca si è ormai buttata a capofitto nello studio di tecniche efficaci che permettano
l’utilizzo dell’RNAi come terapia contro le malattie che ancora ad oggi restano non
curabili. Tra le recentissime innovazioni vi è una metodica che prevede l’endocitosi, da
parte di specifiche cellule, di siRNA trasportati da anticorpi monoclonali (Song et al.,
2005).
Osservazioni
Con il continuo evolversi dei metodi e delle conoscenze, la “reverse genetics” sta
acquisendo sempre più un ruolo predominante nella ricerca di base. Ad oggi, infatti, i
ricercatori possiedono le informazioni derivanti dai genomi sequenziati di diversi
organismi e la possibilità di consultare tali dati attraverso l’uso dei database e dei
49
software per il calcolo computazionale di sequenze nucleotidiche ed amminoacidiche.
L’RNAi è lo strumento necessario per accelerare le ricerche sulla funzione dei geni
sequenziati (annotazione) oltre che essere utile come applicazione per le terapie
cliniche. Per quanto concerne l’ambito vegetale, nei precedenti capitoli è stata descritta
la vastità di funzioni biologiche in cui è coinvolto il fenomeno dell’RNAi, implicato
nella regolazione a livello trascrizionale e post-trascrizionale, nella regolazione dello
sviluppo, nella difesa dai virus e nel controllo degli elementi trasponibili. Un semplice
fenomeno, con un complesso e finemente regolato meccanismo proteico.
Le potenzialità di questo approccio nella “reverse genetics”meritano qualche ulteriore
considerazione. La più importante, consiste nell’opportunità di silenziare un gene anche
quando l’organismo in studio sia già adulto. Con le precedenti tecniche di mutagenesi,
infatti, il genoma veniva modificato irreversibilmente già allo stadio di cellula uovo e
questo costringeva l’organismo a crescere in maniera già compromessa rispetto ad un
genotipo non mutato. In alcuni casi, la mutazione comprometteva addirittura la vitalità
e/o lo sviluppo dell’organismo impedendone uno studio preciso, soprattutto nello studio
dei sistemi animali. Con le nuove tecnologie basate sull’RNAi, attraverso la
somministrazione di siRNA o l’uso di costrutti inducibili, il silenziamento genico può
essere indotto e regolato in qualsiasi momento; in tal modo è possibile escludere gli
effetti collaterali residui che portano sviluppi aberranti dell’organismo.
Molte organizzazioni si stanno adoperando per creare librerie su larga scala per l’RNAi.
Uno screening genomico fatto utilizzando queste librerie permetterebbe di acquisire
molte conoscenze sui sistemi biologici, sulle vie metaboliche, biosintetiche e sui
network di segnalazione presenti negli organismi. Un esempio applicativo molto
interessante sarebbe l’acquisizione di informazioni sui processi che portano al ripristino
delle normali condizioni cellulari dopo un’intossicazione, oppure lo studio sulle
interazioni delle popolazioni con un determinato ambiente in base alla presenza o meno
di determinati geni.
In studio al ‘National Institute of Allergy and Infectious Disease nel gruppo di ricerca
di Lieberman (Bethesda, USA), in collaborazione con il M I T (Massachusetts Institute
of Technology), sono state pensate delle applicazioni dell’RNAi contro il bioterrorismo
(flavivirus e poxvirus). Ciò che ancora rimane come una forte limitazione all’affermarsi
di terapie basate sull’RNAi è la modalità di somministrazione dei siRNA (o dei
shRNA); non è ancora completamente chiaro come far si che una dose appropriata di
molecole arrivi nei siti target e sia funzionale, generando la risposta desiderata. Inoltre
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l’eccessivo ottimismo iniziale è stato un po’ smorzato dal fatto che spesso i risultati
ottenuti in vitro non sono replicabili in vivo; ed ancora, persiste la possibilità che la
somministrazione di molecole sintetiche, quali i siRNA, scatenino un rilascio, a livelli
tossici, di interferone o che il silenziamento prenda come bersaglio altri geni che non
erano stati predetti. Per tali ragioni, in ambito medico, l’applicazione terapeutica
dell’RNAi è ancora da considerarsi agli albori.
In ambito vegetale, al contrario, l’assenza di un sistema immunitario e una
specializzazione delle funzioni biologiche relativamente meno complessa, ha permesso
di ottenere già da subito molti risultati, soprattutto a livello di genomica funzionale.
Non da meno sono le applicazioni: molti sono i progetti di ricerca che prevedono il
silenziamento di geni per il miglioramento di piante economicamente importanti o
l’utilizzo dell’RNAi per ottenere resistenza a determinati virus vegetali. Un interessante
esempio attinente a questi ultimi aspetti è il lavoro di Ogita et al. (2003), appartenente
ad un gruppo di ricerca giapponese, che silenziando, attraverso l’RNAi, il gene della
theobromina sintasi (CaMXMT1) in caffè, coinvolto nella sintesi della caffeina, hanno
ottenuto piante naturalmente decaffeinate senza comprometterne nessun altro aspetto
fisiologico. Nelle pagine successive verranno esaminati due casi di studio che possano
servire come esempio di applicazioni dell’RNAi (silenziamento del gene Det1) o come
lo stesso possa divenire una possibile spiegazione di fenomeni ancora non chiari (alleli
HTH revertanti).
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Caso di studio 1
Soppressione del gene DET1 attraverso RNA interference nel frutto
di pomodoro aumenta il contenuto di carotenoidi e flavonoidi.
Introduzione
Un’alimentazione ricca di vegetali offre un insieme di nutrienti essenziali e contribuisce
ad una migliore salute. Studi epidemiologici, infatti, dimostrano che un maggior
consumo di frutta e verdure si manifesta in una riduzione del rischio di malattie di tipo
tumorale e cardiovascolare. Vi è quindi un particolare interesse nello sviluppare
prodotti destinati all’alimentazione ricchi in vitamine, flavonoidi e carotenoidi, poiché è
noto che questi sono più benefici per la salute rispetto agli integratori alimentari. Il
breeding tradizionale cerca di raggiungere questo risultato, ma non sempre è possibile
ottenere piante con alto tenore in bio-metaboliti, spesso a causa della ristretta base
genetica.
L’approccio transgenico è una valida alternativa, ma esiste un problema generalizzato
di accettazione da parte dell’opinione pubblica, la quale non vede di buon occhio
questo tipo di tecnologie, soprattutto se si tratta dell’inserimento di geni provenienti da
altri organismi.
Le bacche di pomodoro e i derivati della loro lavorazione sono, in tutto il mondo, la
maggiore fonte dietetica di licopene ed inoltre contengono un’elevata quantità di ßcarotene. Una grande quantità di licopene conferisce al frutto migliori qualità
organolettiche e cromatiche, che si correlano con il miglioramento dei valori
nutrizionali, soprattutto per il contenuto in antiossidanti. Si è dimostrato, infatti, che
una dieta ricca di licopene è associata ad una diminuzione del rischio di infarti ed aiuta
nella prevenzione contro alcuni tipi di tumori, soprattutto quello alla prostata. Il ßcarotene è il più potente precursore della vitamina A; il suo deficit è uno dei più diffusi
problemi alimentari nel mondo e riguarda soprattutto i bambini. L’UNICEF ha stimato
che una nutrizione che preveda un apporto adeguato di vitamina A potrebbe salvare la
vita a più di 2 milioni di bambini (con età compresa tra 1 e 4 anni) l’anno. I frutti di
pomodoro contengono inoltre sostanze utili alla salute, quali i flavonoidi. I flavonoidi
sono antiossidanti idrofilici, ed in una certa misura, complementari alla natura
idrofobica dei carotenoidi. Diete ricche in flavonoidi si sono mostrate utili nel ridurre i
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rischi di malattie coronariche, di alcune forme tumorali e di altre malattie legate
all’invecchiamento (Ross et al., 2004)
Sono stati fatti molti tentativi per aumentare la produzione di carotenoidi in pomodoro
usando geni batterici, codificanti per enzimi coinvolti nella biosintesi. Questi approcci
hanno però dato come risultato l’aumento di uno solo o pochi metaboliti e non
l’auspicato incremento di tutto il flusso metabolico dei carotenoidi. Al contrario, i
livelli di flavonoidi sono stati aumentati inducendo un’amplificazione dei passaggi
biosintetici o utilizzando fattori di trascrizione che si sapevano esser coinvolti in questo
processo. Ma anche se si sono ottenuti buoni risultati con i flavonoidi, non è stato lo
stesso per i carotenoidi, per i quali non è stato possibile aumentarne i livelli, attraverso
la modificazione genetica tradizionale. Un’altra strategia adottabile per incrementare il
contenuto in metaboliti secondari consiste nell’agire su geni regolatori implicati nella
via biosintetica scelta. Inoltre, essendo questi geni endogeni ed originari della pianta
stessa, questa strategia potrebbe essere più facilmente accettata dall’opinione pubblica.
Un esempio è l’etilene, ormone vegetale, la cui funzione regolatrice nella maturazione
dei frutti è stata molto ben chiarita. E’ famoso l’evento di traformazione
commercializzato dalla Calgene (USA), sotto il nome di pomodoro “Flavr Savr”; questi
pomodori sono prodotti con la tecnologia dell’RNA antisenso e maturano molto
lentamente; la loro maturazione commerciale viene indotta da etilene o molecole
stimolanti la produzione di questo ormone (ad es. l’ethrel).
Mutanti DET1
Recentemente è stato osservato che geni coinvolti nella trasmissione del segnale
luminoso nelle piante possono influenzare la qualità del frutto (Adams et al., 2004).
Questi geni sono quindi possibili “target” per migliorare la qualità organolettica dei
frutti. DE-ETIOLATED1 (DET1) è un gene regolatore che inibisce segnali molecolari
indotti dalla luce. Mutazioni di questo gene sono responsabili di fenotipi ad elevata
pigmentazione (hp-2) in pomodoro, caratterizzati da una sovraelevata fotosensibilità.
Mutanti hp-2 cresciuti sotto una normale radiazione luminosa possiedono alti livelli di
antocianine; danno inoltre origine a piante più piccole e scure rispetto agli esemplari
wild-type e hanno una maggiore pigmentazione localizzata nel frutto. Questa elevata
pigmentazione del frutto maturo è indice di innalzati livelli di carotenoidi e flavonoidi.
Un silenziamento costitutivo del gene DET-1 in pomodoro (TDET-1) ha dato come
risultato un aumento del contenuto di ß-carotene e licopene nei frutti maturi. Purtroppo,
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in concomitanza di questo effetto emergono difetti nello sviluppo, quali la riduzione
dell’altezza della pianta e un habitus rimpicciolito, a forma di cespuglio. Questi fenotipi
aberranti sono anche il risultato di mutanti hp-2.
RNAi utilizzando TDET1
Per sfruttare gli effetti positivi nei frutti, dati dalla soppressione del gene TDET-1,
senza quelli negativi, legati alla crescita della pianta, si è cercato di inibire l’accumulo
di mRNA TDET-1 sfruttando l’RNA interference (RNAi) in maniera frutto-specifica.
Tale risultato è stato ottenuto utilizzando un costrutto guidato da tre diversi promotori
frutto-specifici (P119, 2A11, TFM7). Il costrutto era concepito in modo che, una volta
trascritto, formasse una struttura a forcina ds-RNA che fosse riconosciuta e utilizzata
dal meccanismo dell’RNAi (Fig.29). Come risultato si ottennero piante transgeniche,
distinte per il promotore utilizzato nel costrutto, ma pressoché identiche nel fenotipo.
Tutte, infatti, oltre ad avere un habitus normale e sano, mostravano una pigmentazione
verde scuro nei frutti immaturi, che poi evolveva in una forte pigmentazione rosso
scura in quelli maturi: caratteristiche paragonabili ai mutanti hp-2 visti in precedenza.
Con il promotore P119 i frutti apparivano più scuri nella loro parte più bassa ed erano
caratteristici di una colorazione “granulosa” (Fig.28b). Il promotore 2A11, come il
TFM7, davano invece colorazione scura ed
omogenea in ogni parte (Fig.28c e 28c). I frutti
immaturi di piante transgeniche con promotore
2A11 erano di un verde più scuro rispetto ai
frutti delle piante con gli altri promotori.
Poichè la perdita di funzione del gene TDET-1
causa un fenotipo con chioma più scura e
habitus rimpicciolito, era facile notare se
l’espressione del costrutto era erroneamente
modulata anche nella porzione vegetativa della
pianta. Questi fenotipi aberranti vennero così
scartati e non più analizzate le progenie.
Figura 28:Fenotipi di piante transgeniche frutto-specifiche guidate da diversi promotori. (a)
Frutti immaturi di piante wild-type (T56); (b) di piante transgeniche con promotore P119; (c)
con promotore 2A11; (d) con promotore TFM7. (e) Frutti maturi , wild-type e transgeniche, con
i tre differenti promotori. (f) Rispettive sezioni dei precedenti frutti.
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I fenotipi frutto-specifici ottenuti evidenziavano che il silenziamento dell’espressione
del gene TDET-1 è esclusivamente localizzato nei frutti ed è grazie alla particolare
strutturazione del costrutto che esso viene riconosciuto dal meccanismo dell’RNAi
(Figg.29).
Promotore
Senso
Spaziatore
Antisenso complementare
Trascrizione
Figura 29: modello del costrutto; concepito per andare a formare, dopo la trascrizione, una
struttura a forcina (ds-RNA) riconosciuta dal complesso multienzimatico Dicer, fase iniziale
del processo cellulare dell’RNA interference.
Una caratteristica che permette una facile diagnosi dell’RNA interference è la
degradazione dell’mRNA target in piccoli frammenti di basso peso molecolare
(siRNA). Sono state quindi utilizzate una vasta gamma di tecniche per saggiare la
quantità di mRNA TDET-1 nelle piante transgeniche. La RT-PCR Real Time ha
permesso di quantificare l’mRNA presente nei frutti e nelle foglie (5 piante saggiate per
ogni diverso costrutto). Nei frutti i valori erano nettamente inferiori rispetto a quelli
rilevati nelle foglie (Fig.30a). L’mRNA estratto dalle foglie delle piante transgeniche
era in quantità simile a quella rilevata nelle piante wild-type. Per analizzare
successivamente i livelli di mRNA si è proceduto con una RT-PCR semi-quantitativa
partendo da RNA isolato sia dai frutti che dalle foglie della stessa pianta. Queste analisi
hanno rivelato che i titoli di mRNA TDET-1, nei frutti, erano notevolmente inferiori
rispetto a quelli delle foglie, e questo in ognuno dei tre costrutti (Fig.30b); mentre, per
le piante wild-type, i valori erano simili in diverse parti della pianta in diversi stadi di
sviluppo (Fig.30c).
Per meglio stimare il silenziamento di TDET-1 nei frutti si è effettuato un northern blot
per RNA a basso peso molecolare, per trovare i siRNA (small interfering RNAs), segno
chel’RNAi era stato attivato. SiRNA, derivati da TDET-1, sono stati riscontrati nei
frutti, ma non nelle foglie (Fig.30d) o nel materiale prelevato da piante non trasformate
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(controllo negativo). Questi risultati sono stati ottenuti per tutti i promotore fruttospecifici.
Figura 30:
a - Analisi RT-PCR Real Time.
Confronto dei livelli di mRNA
di TDET-1 tra foglie(L) e
frutti(F), di piante wild-type e
piante
trasformate
alla
generazione T3;
b - RT-PCR semi-quantitativa;
il gene HY5 è usato come
controllo positivo della sintesi
di
cDNA
durante
la
retrotrscrizione. Campionamenti
alla generazione T3;
c - RT-PCR semi-quantitativa
dei diversi tessuti delle piante
wild-type
(IF:
frutto
immaturo;BR: frutto allo stadio
di rottura; S: gambo ;YL:
giovane foglia; OL: foglia
vecchia);
d - analisi dei siRNA di frutti
verdi maturi (F) e di foglie (L). I siRNA derivati dal costrutto di TDET-1 migrano alla stassa
altezza di un marker a 25 nucleotidi (non mostrato). 5S rRNA è usato come controllo di
caricamento. Per ogni diverso costrutto saggiato sono state utilizzate tre diverse piante della
generazione T3.
Analisi biochimiche dei mutanti
Analisi chimiche su campioni di frutti, selezionati da piante della generazione T2,
contenenti i tre promotori, hanno evidenziato che i livelli di licopene e ß-carotene erano
ben più alti rispetto a quelli dei frutti di piante wild-type (Fig.31a e 31b). Il costrutto
con promotore P119 ha dato livelli di ß-carotene nettamente superiori a quelli delle
altre piante transgeniche; questo era anche apprezzabile visivamente in quanto i frutti di
questa linea transgenica risultavano più arancioni ( Fig.28f).
Da due a quattro esemplari per costrutto sono stati selezionati per successivi studi nella
generazione T3. Le piante della generazione T3 si mostravano fenotipicamente normali,
indicando che i siRNA non si erano trasmessi, attraverso i semi, agli organi vegetativi.
Ciononostante queste piante sviluppavano frutti verdi scuri che poi evolvevano in rosso
intenso, come nella generazione T2. Ripetute le analisi chimiche, i risultati erano
analoghi a quelli della generazione T2: i livelli di carotenoidi e licopene erano
aumentati in tutti e tre i costrutti e in particolare si riscontravano livelli elevati di ßcarotene nella linea P119.
56
Per esaminare se l’aumento di carotenoidi presenti nel frutto si accompagnava ad effetti
negativi sulla qualità del frutto sono stati misurati due parametri: il peso del frutto e la
concentrazione zuccherina (brix). Il peso dei frutti è rimasto invariato (tranne una lieve
eccezione in una linea TFM7), come anche la concentrazione zuccherina (anch’essa
con una piccola divergenza in una linea P119).
Il secondo obiettivo era quello di riuscire ad aumentare la produzione di carotenoidi,
contemporaneamente a quella di flavonoidi, e per fare ciò, sono state saggiate le tre
linee transgeniche confrontandole con le piante wild-type. Come si era visto nei mutanti
hp-2, anche in questo caso i livelli di tre principali flavonoidi risultano incrementati
rispetto agli esemplari non transgenici (Fig.31c). I migliori risultati sotto questo aspetto
sono stati ottenuti con le linee aventi come promotore il TFM7. I valori migliori sono
comunque variabili tra un promotore e l’altro, e dipendono dal tipo di flavonoide
misurato.
Figura 31: Quantificazione del contenuto
di flavonoidi e carotenoidi in frutti rossi
maturi di piante wild-type e linee
transgeniche
contenenti
differenti
promotori
frutto-specifici,
alla
generazione T2. Le valutazioni statistiche sono state effettuate attraverso il test di Student (ttest).
a- contenuto di licopene b- contenuto di ß-carotene c- contenuto di flavonoidi
57
Discussione
I precedenti tentativi di miglioramento, attraverso l’inserimento di geni batterici
codificanti per enzimi coinvolti nei processi biosintetici di carotenoidi non avevano
portato a risultati così soddisfacenti; inoltre, l’incremento di un carotenoide, spesso
andava a detrimento di un altro. Si pensava che ciò fosse dovuto a limiti di flusso
biosintetico o ad un eccessivo accumulo all’interno del frutto. Questo esperimento ha
però dimostrato il contrario, riuscendo ad incrementare l’intero flusso biosintetico. E’
possibile che questa scoperta avrà delle positive ricadute anche in altre colture agroalimentari che sovraesprimono geni del metabolismo dei carotenoidi (es.: “Golden
Rice”).
La mancanza di effetti biochimici indesiderati è stata il frutto della combinazione di
promotori frutto-specifici e dell’uso di costrutti ad alta efficienza di silenziamento. Il
costrutto è stato progettato troncando e mutando una sequenza codificante del gene
TDET-1 in una configurazione ripetuta e invertita (Fig.29). Inoltre, il fatto che il
silenziamento persista in maniera frutto-specifica è indice del fatto che i segnali di
silenziamento non si propagano dal frutto al resto della pianta. Questo probabilmente è
dovuto al fatto che i frutti sono organi dediti all’accumulo di sostanze (sink) e non
specializzati alla distribuzione delle stesse al loro esterno (source). Anche i semi delle
nuove generazioni non mostrano segnali di silenziamento e fanno sì che la pianta
esplichi la sua fase vegetativa, come gli esemplari wild-type, fino a quando la
produzione di frutti non innesca i promotori, generando un silenziamento sito-specifico.
Conclusioni
Lo studio dimostra che una mirata manipolazione di geni regolatori può risultare
nell’incremento simultaneo di più flussi metabolici; in questo caso riuscendo ad
aumentare sia carotenoidi che flavonoidi, come mai prima era stato possibile. Questo è
forse il primo caso in cui si riesce ad ottenere un tale risultato senza incappare in effetti
collaterali sulla qualità globale del frutto o sulla produttività della pianta. Queste
tecniche potrebbero essere meglio accettate dall’opinione pubblica in quando vengono
sfruttati geni della stessa pianta. Inoltre, l’utilizzo combinato dell’RNAi interference e
di sistemi di espressione tessuto-specifici e organo-specifici permettono di ottenere
risultati che non sarebbero assolutamente perseguibili con le tecniche tradizionali di
breeding
58
Caso di studio 2
Eredità non mendeliana di informazioni extra-genominche in
Arabidopsis.
Introduzione
Un principio fondamentale della genetica mendeliana è quello per cui un allele è
stabilmente ereditato da una generazione all’altra. Ciò permette quindi di predire, con
calcoli statistici, i pattern di segregazione degli alleli.
Sono, in ogni caso, notoriamente conosciute molte eccezioni a questa regola; tutte
rappresentano casi specifici ristretti ad un set limitato di geni ( come per esempio la
conversione dei geni di riconoscimento per la coniugazione in lievito) o specifici alleli
(ad esempio contenenti trasposoni o sequenze ripetute).
E’ stato notato che in Arabidopsis esemplari omozigoti per l’allele mutante (recessivo)
del gene hothead (HTH), implicato nella fusione di organi, possono ereditare sequenze
di DNA allele specifiche che non erano presenti del genoma cromosomiale dei loro
genitori, ma erano presenti in generazioni precedenti; tali esemplari recuperano in
questo caso l’allele wild-type del gene HTH. Questo processo sembra essere un
meccanismo generale di eredità extra-genomica di sequenze di DNA. Si pensa quindi
che questo ripristino genetico sia il risultato di una diretta copia di un RNA ancestrale
che funziona da “memoria”.
Statistiche rilevanti
Sono stati trovati 11 mutazioni puntiformi nel locus HTH che mostrano la particolare
proprietà di dare progenie segregante con piante a fenotipo wild-type, con alta
frequenza, quando mutanti hth omozigoti siano lasciati ad auto-impollinazione. La
frequenza con la quale queste piante, “revertanti”, si manifestano varia in un intervallo
da 10 -1 a 10-2 revertanti per cromosoma per generazione. Questo è in rigido contrasto
a molte mutazioni puntiformi che sono completamente stabili, per esempio mutante
erecta (er) (Tab.3), e che seguono le leggi mendeliana dell’ereditarietà dei caratteri.
59
Tabella 3: reversione degli alleli mutati.
A causa di questa alta frequenza con la quale sono stati osservati fenotipi HTH
revertanti, si è sospettato che essi possano riflettere un’incompleta penetranza del
fenotipo mutante o un cambio epigenetico che mascheri il genotipo mutante.
Per determinare chiaramente il genotipo dei fenotipi revertanti sono stati disegnati
primer PCR allele-specifici. Questi marcatori hanno chiaramente mostrato che le piante
fenotipicamente wild-type osservate erano eterozigoti per l’allele HTH parentale
indicando che la sequenza nucleotidica del gene HTH è stata alterata in circa il 10 %
delle piante figlie. Questo dato è confermato dal fatto che, lasciando le piante revertanti
ad auto-impollinazione, ed esaminando la segregazione del fenotipo HTH nella
generazione figlia, si è notato che il fenotipo mutante era presente in circa il 25% dei
casi.
Test e osservazioni
Due semplici spiegazioni potevano chiarire questo strano fenomeno della progenie
revertante:
1) la contaminazione dello stock con semi wild-type;
2) out-crossing dei mutanti con polline esterno wild-type.
Gli autori hanno scartate entrambe grazie ad alcuni esperimenti mirati.
1) La contaminazione dei semi non può essere una valida spiegazione perché i
revertanti sono tutti eterozigoti per l’allele hth specifico ricevuto dai genitori. Per
eliminare ogni possibilità di contaminazione esterna da semi, sono stati prelevati
embrioni direttamente da frutti sviluppatisi su piante autofecondate e attraverso un
saggio PCR con primer specifici per l’allele, sono stati genotipizzati gli embrioni.
Anche in queste condizioni è stato possibile evidenziare che da genotipi omozigoti
mutanti (hth/hth) originavano, frequentemente (~10 %), embrioni eterozigoti
(HTH/hth). Questa tipologia di analisi permise di scartare la possibile contaminazione
60
dei lotti di semi. Inoltre sono stati osservati anche embrioni revertanti per entrambi i
loci (HTH/HTH), a bassissima frequenza, i quali ereditando sicuramente uno dei due
alleli wild-type dalla madre non possono essere il risultato di outcrossing (risultati
osservabili in Tab.4, solo per mutazione hth-4)
La frequenza di reversioni osservate genotipicamente è maggiore di quelle osservate
fenotipicamente; questo sta ad indicare che si possono verificare reversioni solo a
carico di alcune cellule somatiche.
Tabella 4:
genotipi della
progenie di
omozigoti
mutanti.
Figura
32:
confronto PCR con
primer specifici.
Per dimostrare direttamente che i mutanti hth/hth possono essere fonte di alleli wildtype HTH è stata eseguita la seguente prova: si è cercato di trasmettere alleli HTH
attraverso il polline generato da piante hth/hth. Piante Landsberg erecta (Ler),
omozigoti
per hth-4, sono state incrociate con il wild-type Columbia (Col) e gli
embrioni derivanti sono stati genotipizzati per gli alleli HTH. Molti embrioni erano
eterozigoti, come presunto, ma negli incroci in cui il maschio era omozigote per hth-4,
8 dei 164 embrioni osservati erano con genotipo HTH (freq. di reversione 4.9 x 10 -2).
Nessun embrione HTH/HTH è stato rilevato quando il genitore femmina era
l’omozigote per hth-4 ( 0 di 230 embrioni). Questi dati indicano che le piante hth/hth
possono essere fonte di polline che porta un allele HTH e tale deviazione, rispetto
all’atteso è frequente nella linea germinale maschile.
Globalmente, questi dati indicano che gli alleli HTH presenti nella progenie ottenuta da
auto-impollinazione di omozigoti hth/hth non sono il risultato di contaminazione da
seme o contaminazione da polline.
61
Sono state considerate altre spiegazioni convenzionali per la variabilità genetica
osservata sul locus hth. L’analisi della sequenza del locus ha permesso di scartare
l’ipotesi dell’attività di trasposoni o di sequenze ripetute. Altre due plausibili
spiegazioni potevano essere: i)l’alta frequenza di mutazioni casuali in quel tratto di
genoma e ii)la correzione del gene attraverso un meccanismo di conversione. Nel primo
caso, se la reversione del gene hth in HTH fosse dovuta ad un alto tasso mutazionale,
nella regione genomica ci si sarebbe aspettato di trovare altre mutazioni silenti
nell’allele HTH. Vista l’alta frequenza con cui l’allele mutato torna ad essere wild-type
e le 1226 possibili mutazioni silenti in quel tratto codificante, ci si poteva attendere
dalle 50 alle 100 mutazioni silenti. Per saggiare ciò, è stata sequenziata l’intera regione
codificante e questo è stato fatto per tre diversi e indipendenti casi di reversione,
ripetuti per le tre diverse reversioni ( hth-4, hth-8 e hth-10). In ogni caso la sequenza
dell’allele HTH revertato era esattamente uguale alla sequenza wild-type della stessa
varietà di Arabidopsis thaliana. Tale risultato esclude la possibilità di mutazioni casuali
ad alta frequenza, facendo invece pensare ad un “effetto copia”, a partire da un
filamento “stampo”.
Il secondo caso (la conversione genica), prevede due
tipologie di filamento sorgente: 1) una seconda copia
del gene o la presenza di alleli non evidenziabili
mediante PCR; 2) una famiglia di geni HOTHEADLIKE.
La possibilità di una seconda copia nascosta dell’allele
HTH negli omozigoti hth/hth è stata scartata grazie
all’utilizzo di primer PCR specifici per i geni HTH; la
PCR ne ha confermato l’assenza. Inoltre, per eliminare
anche la possibilità della presenza di alleli HTH non
amplificati dai primer è stato effettuato un Southern
blot del DNA di Ler Col e Sw (Wassilewskija) e,
Figura 33: DNA blot con
sonde per geni htl.
anche in questo caso, non si sono trovati altri frammenti
ibridizzati se non quelli attesi dei due alleli hth (Fig.33).
Anche la seconda classe di filamenti sorgente (famiglia genica HTH-LIKE),per una
serie di ragioni, è stata scartata. Infatti, per hth-4, nessuna delle sequenze HTL presenti
in database contiene il nucleotide giusto necessario per ripristinare la sequenza mutata
62
in quella wild-type. Per hth-8 e hth-10 alcune sequenze
HTL
conterrebbero
il
nucleotide
appropriato
alla
correzione, ma se esse fossero usate per revertare l’allele,
in esso si incorporerebbero altri cambi di sequenza
adiacenti al nucleotide, a meno che la sostituzione non
interessi solo il singolo nucleotide (Fig.34).
Sulla base delle evidenze descritte sembra corretto
escludere una conversione convenzionale del gene.
Figura 34: allineamenti
con sequenze HTL.
Un’instabilità genetica diffusa
Per determinare se cambi nella sequenza genetica possono verificarsi in altri regioni
geniche, sono stati incrociati mutanti hth-4, hth-8 e hth-10 con background genetico Ler
con wild-type di Col. Gli ibridi F1 vengono poi lasciati auto-impollinare e le piante F2
genotipizzate con markers per PCR per identificare quali di questi fossero omozigoti
per l’allele mutato o per l’allele wild-type di HTH. Questi F2, inoltre, sono stati
genotipizzati con markers di altri loci (Tab.5), polimorfici tra Col e Ler, in modo da
discriminare gli individui omozigoti per l’allele di un genitore o dell’altro. Piante della
generazione F3, scelte casualmente, sono state analizzate con questi markers per
determinare l’ereditarietà dei polimorfismi. Effettivamente, nella progenie di piante F2
hth/hth è stata osservata un’alta frequenza di cambio di polimorfismo per altri loci (da
Col a Ler, e viceversa), indicando che l’instabilità genetica notata su hth si ripercuote
anche in altre sequenze del genoma (Tab.5).
Tabella 5: instabilità di
altre sequenze del genoma
manifestata
negli
omozigoti hth/hth.
63
Questi polimorfismi sono presenti in introni, esoni e in regioni non tradotte (UTR),
indicando che non è necessaria la presenza dell’mRNA dello stesso gene per causare la
trasmissione di sequenze extra-genomiche. E’ stata anche notata una reversione
fenotipica della mutazione er nella progenie F2 di genitori hth/hth er/er pressoché con
la stessa frequenza, dimostrando che l’assenza di HTH provoca la destabilizzazione di
er; sorprendentemente, invece, il genotipo HTH/HTH non ha dato segni di instabilità
genetica (dati non mostrati). Analogamente, anche l’eredità dei marker polimorfici
nella progenie di piante HTH/HTH è risultata stabile, coaudiuvando l’ipotesi
dell’instabilità dovuta all’assenza di HTH.
Riassumendo, mutazioni del gene HTH in Arabidopsis mostrano un peculiare pattern di
trasmissione genetica con la quale le piante della progenie, ad un’elevata frequenza,
ereditano sequenze di DNA che non erano presenti nel genoma dei genitori, e tale
processo si ripercuote sull’intero genoma in situazione omozigote hth/hth. L’instabilità
non è comunque casuale, ma ben mirata a ripristinare la sequenza mutata in quella wildtype; quest'ultima (allele HTH) non è presente nei genitori ma è stata presente in un
antenato.
E’ ipotizzabile quindi che l’allele mutato hth sia in grado di revertare in quello wildtype HTH, probabilmente perché un antenato della pianta omozigote (hth/hth) ne
possedeva una copia. Ciò accade anche per altri loci polimorfici (Tab.5). In questo caso
piante omozigoti per un determinato polimorfismo generano progenie con
polimorfismo diverso, però solo a condizione che i genitori abbiano un antenato che
possieda una copia dell’allele polimorfico ancestrale.
Il processo inoltre non è casuale, ma agisce ripristinando solo il nucleotide mutato. Altri
simili patterns di ereditarietà sono stati osservati precedentemente e in circostanze
eccezionali. Ad esempio marcatori RAPD in peperone hanno mostrato di “sparire” per
diverse generazioni per poi “riapparire” (Taller et al., 1998). Ma tali casi mostravano
una frequenza nettamente inferiore di quella riportata in questo studio su piante hth/hth.
Siamo quindi di fronte ad un processo di ereditarietà non-mendeliana di sequenze che
vengono conservate al di fuori del DNA genomico.
64
“Backup ad RNA”
L’alta specificità del meccanismo evidenziata suggerisce che si tratti di un processo
mediato da uno “stampo”, e dal momento che nè saggi PCR, né “Southern blot”, hanno
permesso di evidenziare alcun filamento alternativo che possa avere una funzione di
“backup” genico, gli autori hanno ipotizzato che tale stampo potesse essere una
molecola di RNA. E’ infatti stato proposto un modello in cui una molecola stabile di
RNA, probabilmente a doppio filamento, si moltiplichi e venga trasmessa nelle
generazioni; in determinate circostanze, questa potrebbe essere in grado di ripristinare
la sequenza di DNA genomico mutata. Dal momento che tale fenomeno accade per
tutto il genoma, come dimostrato analizzando altri loci, si è pensato che il processo sia
sempre presente, anche in piante wild-type, e che l’instaurarsi dello stato hth/hth (in
omozigosi) crei un effetto catalizzante di tale processo, aumentando la frequenza di
ricombinazione del DNA.
hth/hth
hth/hth
hth/hth
hth/hth
hth/HTH
Hth/HTH
hth/hth
RNA ?
RNAi, una possibile spiegazione
Anche se quanto detto può sembrare straordinario, ed è necessaria comunque un sua
ulteriore conferma sperimentalmente, gli autori sostengono che tale fenomeno sia la
somma di alcuni processi già evidenziati singolarmente. Infatti, gli studi sul PTGS e
RNAi indotto da dsRNA hanno dimostrato che questi possono persistere per diverse
generazioni e diffondersi attraverso nell’organismo in Caenorhabditis elegans (Fire
and Mello, 1998), piante e funghi (Cogoni et al., 1996). Ciò implica la possibilità che
alcune sequenze nucleotidiche possano stabilmente replicarsi all’esterno del genoma,
attraverso una RNA polimerasi-RNA dipendente (RdRP), come descritto nei precedenti
capitoli. E’ stato anche scoperto che sia i dsRNA che i microRNA sono in grado di
mediare la metilazione del DNA genomico (Wassenegqer et al., 1994; Bao et al.,
2004), ed indurre una mutagenesi sito-specifica attraverso l’introduzione di
65
oligonucleotidi chimerici (DNA-RNA), sia in cellule animali che vegetali (Cole-Strauss
et al., 1996). Una possibile spiegazione, non formulata dagli autori, è analoga al
sistema di gestione di riarrangiamento dell’informazione genetica osservato in
Tetrahymena thermophila (descritto nel capito relativo agli eventi di RNAi che
intercorrono a livello nucleare). Combinando questi singoli fenomeni tra loro è stata
abbozzata una spiegazione di questo eccezionale fenomeno di eredità non mendeliana.
Essendo questo meccanismo in grado di creare una copia dell’informazione genetica,
sotto forma di “RNA cache” (serbatoio di RNA), per poi recuperarla a seguito della sua
perdita, è ipotizzabile che tale fenomeno in futuro possa essere sfruttato per ovviare al
fenomeno della depressione da inbreeding presente nelle piante che si autoimpollinano.
E’ inoltre molto interessante che il recupero dell’informazione genetica sia stimolato da
un fattore di “stress”, in questo caso attribuito alla mancanza dell’allele dominante HTH
(stato allelico hth/hth). Si può quindi immaginare che l’evoluzione abbia portato
l’organismo a mantenere un collezione di alleli ritenuti indispensabili che possono
riemergere in condizioni “difficili”. Una diminuzione dello stress, viceversa,
tenderebbe a frenare il fenomeno favorendo così l’instaurarsi di un genotipo adatto, per
esempio, ad un particolare ambiente.
Gli autori si ripromettono di continuare ad indagare questo fenomeno per descrivere:
i)la struttura effettiva del “temprato”; ii) il meccanismo con cui questo viene prodotto
ed ereditato; iii) se il fenomeno sia comune ad altri organismi.
66
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• Le figure 16,17,18,19,20,21,22 sono tratte dal materiale del workshop internazionale “Gene
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estrapolate dalle presentazioni di Jozsef Burgyan e Tamas Dalmay.
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TESI DI LAUREA DI I LIVELLO “Meccanismo e significato dell` RNA