Traduzione in italiano a cura di A.I.G. Associazione Italiana GIST (maggio 2008)
Raccomandazioni e linee guida
adottate dal gruppo di lavoro
Annals of Oncology 18 (Supplement 2): ii27–ii29, 2007
doi:10.1093/annonc/mdm024
Tumori Stromali Gastrointestinali: linee guida per la pratica
clinica nella diagnosi, cura e follow-up dei GIST.
Incidenza
Lo studio sull’incidenza dei GIST indica una percentuale di 1-2/100.000 persone
per anno [1]. La sedi più frequenti della localizzazione del GIST primario sono
gastriche (50%) e intestino tenue (25%). I GIST colonrettali, esofagei e peritoneali
sono meno frequenti. GIST possono essere diagnosticati in soggetti di tutte le età,
con una mediana di 60 anni in ampi studi di popolazione.
Diagnosi
Il GIST si può presentare come una massa addominale o con i segni
dell’emorragia gastrointestinale, emoperitoneo, anemia, perforazioni intestinali
oppure incidentalmente. Il prelievo bioptico, prima dell’intervento chirurgico nei
sarcomi è l’indicazione preferita dalla maggioranza degli esperti. Nei GIST, ciò non
è sempre possibile, ad esempio quando il tumore è diagnosticato in una
situazione di emergenza. Poiché i GIST sono neoplasie sub-mucosali, le biopsie
endoscopiche non consentono di raccogliere prelievi rappresentativi della lesione.
L’impiego di biopsie transperitoneali non è accettato da tutti gli esperti dal
momento che esiste il rischio teorico della disseminazione neoplastica [3,4]. Una
volta che è stato ottenuto il materiale bioptico, la diagnosi di GIST è basata
sull’indagine istologica standard, richiedendo possibilmente un parere da parte di
un esperto di sarcomi nei casi dubbi o di difficile interpretazione [II,B] [5].
L’analisi immunoistochimica mostra che questi tumori sono generalmente positivi
per CD117 (95%) e CD34 (70%), possono anche risultare positivi per SMA (40%),
ma sono rari i GIST positivi per S-100 (5%) e Desmina (2%) [II, B] [7]
L’esame Immunoistochimico dovrebbe essere eseguito senza il recupero
dell’antigene poiché ciò può portare a falsi positivi per CD117. Il fissativo di Bouin
dovrebbe essere evitato poiché può alterare il migliore svolgimento dell’analisi
molecolare sui campioni fissati [II, B] [3,4]. Neoplasie intraddominali sospettate di
essere GIST negativi per CD117, dovrebbero essere valutati per l’analisi
molecolare delle mutazioni di KIT o PDGFRA in laboratori di riferimento [II,B]
[3,4]. L’ 85% dei GIST mostra mutazioni nei geni KIT o PDGFRA. Una mutazione
nell’esone 11, 9, 13, 17 del gene KIT si osserva nel 66%, 13%, 1%, 0.6% dei
tumori, rispettivamente; nel gene PDGFRA, le mutazioni dell’esone 18 o del 12
sono osservati nel 5% e nel 1.5% dei casi [2]. GIST che compaiono in età
pediatrica hanno una più bassa incidenza delle mutazioni di KIT e PDGFRA.
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Stadiazione e valutazione del rischio
Le metodologie di diagnostica per immagini nello studio dei GIST includono
endoscopia, ecografia endoscopica, Tomografia computerizzata (TC), Risonanza
magnetica (RM), PET con FDG (fluorin-18-fluorodeossiglucosio). Quando un
tumore piccolo è trovato incidentalmente nel corso di un’endoscopia, va valutata
l’estensione locale del tumore mediante ecografia endoscopica. La scansione
mediante TC con contrasto è attualmente la modalità di scelta per la valutazione
radiologica dei pazienti con massa addominale sospetta o con GIST diagnosticato
da biopsia [II, B], sia per la stadiazione sia per la pianificazione dell’intervento
chirurgico [3,4]. Nei casi di GIST a localizzazione rettale la RM fornisce dati
migliori prima dell’intervento chirurgico, rispetto alla TC [3,4]. La maggior parte
delle metastasi si presentano nel fegato o nella cavità peritoneale, mentre quelle
alla pleura, al polmone, ai linfonodi sono rare (<10%). La valutazione PET con
FDG è raccomandata solo quando è necessario verificare precocemente la
risposta del tumore alla terapia con Imatinib per pianificare l’intervento
chirurgico, oppure nei casi di risposta terapeutica equivoca [3,4].
Nei tumori localizzati è generalmente accettata la valutazione del rischio basata
sulla dimensione della massa e sull’indice mitotico (x50 HPF), sebbene rimanga
ancora da completare una valutazione prospettica su un’ampia popolazione
(Tabella 1) [5]. Le caratteristiche cliniche e molecolari possono essere parametri
prognostici migliori del grading proposto dal WHO (invasione delle sierose, sito
primario, e la natura delle mutazioni nei geni KIT o PDGFRA).
Table 1. Prognostic factors
Trattamento
Il trattamento del GIST localizzato è la chirurgia. [II, A] In questo contesto, il
trattamento adiuvante è in fase di sperimentazione [3, 4]. Al contrario, nel GIST
in fase metastatica o nella recidiva di malattia, Imatinib è il trattamento standard
[II, A], mentre non è ancora ben conosciuto il ruolo della chirurgia nella malattia
metastatica [3, 4].
Per i tumori localizzati, la resezione a cuneo dello stomaco o la resezione
segmentale dell’intestino, è considerato il trattamento adeguato, poiché i GIST
tendono ad essere expofitici e non coinvolgono i linfonodi [III, B]. Per i GIST
primari dell’esofago, del duodeno e del retto, comunque, le resezioni a cuneo non
sono spesso possibili, e perciò ampie resezioni sono il trattamento di scelta. In
caso di GIST dell’omento o del mesentere, è raccomandata una completa
resezione in blocco della malattia visibile. Organi adiacenti che aderiscono alla
massa dovrebbero essere asportati con il tumore, per evitare la rottura della
capsula e la disseminazione intraddominale. Sebbene non sia stato dimostrato
con certezza che i margini di resezione positivi compromettano la sopravvivenza
libera da malattia, una seconda resezione dovrebbe essere considerata in caso di
tumori intramurali, escissi intralesionalmente, senza infiltrazione della superficie
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sierosa [IV, C] [3, 4]. Imatinib adiuvante dovrebbe essere somminstrato solo in
studi clinici randomizzati.
La terapia Imatinib con lo scopo di ottenere una citoriduzione prima
dell’intervento chirurgico dovrebbe essere somministrata quando l’obiettivo è la
chirurgia conservativa [3, 4]
Per malattia non operabile e/o metastatica, il trattamento con Imatinib
dovrebbe essere iniziato immediatamente anche se il tumore non è valutabile [ IV,
C]. Non è dimostrato che la rimozione chirurgica completa del tumore dopo
risposta ad Imatinib risulti utile in questo contesto[3, 4]. Il dosaggio di Imatinib
400 mg/die è attualmente la prima linea di trattamento raccomandata in GIST in
fase avanzata, in quanto non è stato ancora dimostrato che la dose di 800 mg
porti un miglioramento della sopravvivenza globale nei due studi prospettici
randomizzati che confrontano il trattamento di prima linea con dosaggi di
Imatinib a 400 mg e 800 mg (I, A) [6-8]. Importante, comunque, è che il più ampio
studio sperimentale ha riportato la tendenza ad una maggiore sopravvivenza
libera da progressione nel braccio che sperimentava la dose di 800 mg/die;
questo beneficio può essere limitato al gruppo dei pazienti con una mutazione
nell’esone 9 del gene KIT [9]. L’interruzione di Imatinib è associata ad un alto
rischio di recidiva, anche per quei pazienti in completa remissione [10]. Sebbene
la maggior parte (ma non tutti i pazienti) hanno risposto alla ripresa di Imatinib,
l’assunzione del farmaco non dovrebbe mai essere interrotta al di fuori degli
studi clinic (II, B).
Valutazione della risposta
La TAC è attualmente la modalità di diagnostica per immgini preferita nella
valutazione della risposta [III,B]. I criteri di risposta RECIST o WHO non sempre
individuano con esattezza i soggetti che rispondono. Oltre ai pazienti in PR
(parziale risposta) secondo i criteri RECIST, Imatinib è anche vantaggioso per i
pazienti con malattia stabile (dove cioè la variazione di dimensione della massa
può oscillare da -30% a +20%) secondo i criteri RECIST (Criteri di Valutazione
della Risposta nei Tumori Solidi –Response Evaluation Criteria in Solid Tumor), e
anche in quei pazienti che hanno un iniziale incremento fino al 20% del volume
del tumore nei primi sei mesi, insieme ad un significativo miglioramento clinico o
ad una risposta alla FDG – PET. E’ dimostrato che la FDG-PET è molto sensibile
nell’individuare per tempo la risposta del tumore, ma la disponibilità è ancora
limitata. Quando un GIST risponde all’Imatinib, la massa diventa rapidamente
ipodensa alla TC, mentre la riduzione nella dimensione totale può non aversi per
mesi, o addirittura non si ha affatto. Questa riduzione della densità del tumore,
misurata con le Hounsfield Units, riflette una perdita di vascolarizzazione del
tumore ed è generalmente associata con una riduzione dell’attività metabolica del
tumore osservabile alla PET (diminuito assorbimento del glucosio) [II, A].
Miglioramento della sintomatologia clinica, riduzione nella densità del tumore e
risposta nella PET sono fattori che predicono il controllo del tumore ad opera di
Imatinib [3, 4].
Follow-up
Non ci sono dati in letteratura che possono dare precise indicazioni sulla
frequenza del follow-up o sulla natura delle indagini. Le recidive spesso
avvengono nel peritoneo e nel fegato. Non si sa se un trattamento precoce di un
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Gist in fase avanzata con Imatinib migliori i risultati di questi pazienti . Per i Gist
ad alto rischio e a rischio intermedio (Tabella 1) [5], il follow up con una TC ogni
3 – 4 mesi per tre anni, seguiti da TC ogni 6 mesi fino a 5 anni e dopo
annualmente, è ritenuto un prassi ragionevole, poiché sebbene la percentuale di
recidiva sia alta, almeno per i GIST ad alto rischio, non è rara una recidiva
tardiva [V, D] [3, 4]. Per i tumori a basso rischio o a rischio molto basso (tabella 1)
[5], è accettabile un regolare follow up con TC ogni 6 mesi per 5 anni [V, D] [3,4].
Al momento non c’è alcuna evidenza che possa indicare che questi sono gli
intervalli ottimali e se il follow up con TC è vantaggioso o meno in questi pazienti.
Nota
I livelli di evidenza [I-V] e i gradi di raccomandazione [A-D], così come usati
dall’American Society of Clinical Oncology, sono forniti in parentesi quadre.
Affermazioni senza classificazione sono considerate legittime pratiche cliniche
standard dagli esperti e dalla facoltà ESMO.
(segue Bibliografia nella pagina seguente)
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Bibliografia
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Tumori Stromali Gastrointestinali: linee guida per la pratica clinica