MINORI IN DIFFICOLTA’:
I DISTURBI SPECIFICI
DELL’ APPRENDIMENTO
Prevenzione/Recupero
della Dispersione Scolastica e Devianza Minorile
Macro Area di RIESI
Ricerca sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento
a Riesi
Dati legali:
Pubblicazione scientifica non divulgativa
Edito dal Servizio Cristiano Istituto Valdese di Riesi, Giugno 2013
www.serviziocristiano.org
Indice
1. Piano di interventi per la lotta alla dispersione scolastica
e alla devianza minorile Dott. Antonio C. Diblio
Ins. Gaetana Sardella
2. Minori in difficoltà
L’intervento dell’Ufficio Minori - Questura Caltanissetta
Sost. Commissario
Dott. Davide Chiarenza
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3. Scuola e territorio
Il Dirigente Scolastico della Direzione
Didattica Statale di Riesi.
Prof. Giuseppe Messina
Ins. Gaetana Sardella
4. Relazione sociale
Dott.ssa Maria Raimonda Cannadoro
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5. L’intervento del Servizio Cristiano Istituto Valdese di Riesi
Dott. Gianluca Fiusco
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6. I Disturbi Specifici di Apprendimento A cura dei Servizi Socio-Sanitari
del Servizio Cristiano
Dott.ssa Nunziatina Burgio
Dott.ssa Rosalia Baldi Dott.ssa Valentina Mallia
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Piano di interventi per la lotta alla dispersione
scolastica e alla devianza minorile
Prof. Antonio Diblio
Ins. Gaetana Sardella
Premessa
Definire il concetto di dispersione scolastica è compito
difficile.
Molti sono gli studi portati avanti da sociologi, psicologi,
politici, per inquadrare tale fenomeno che attraversa tutte le fasce
della società e determina rischi e allarmi sociali.
La visione che viene fuori, dagli studi effettuati, è di un fenomeno multiforme, che coinvolge temi di ordine sociale, culturale, economico e implica la necessità di adottare un approccio interpretativo sistemico in grado di tener conto di tale complessità: nel
discutere attorno ad eventuali “cause” della dispersione scolastica
si sovrappongono inevitabilmente diversi piani interpretativi e più
livelli di responsabilità ma per giungere ad una sintesi, dal nostro
punto di vista, bisogna fare i conti con le peculiarità che attraversano
i territori, trattarli in maniera obiettiva senza tralasciare le differenze
che pure connotano luoghi e contesti storico/geografici.
Lo studio sulla dispersione scolastica in un determinato contesto territoriale, definito “a rischio”, è una concreta occasione sia
per riflettere sull’operato dell’Istituzione Scolastica rispetto al più
ampio sistema politico e socio-economico di cui essa fa parte sia il
contrario.
La Scuola di Riesi, da lungo tempo, sostiene una difficile battaglia, anche culturale, contro le diverse fenomenologie di Dispersione Scolastica: abbandoni, evasioni, frequenze saltuarie, ripetenze,
disagio infanto-giovanile, proscioglimento, istruzione parentale, devianza minorile, insuccesso scolastico, scelta del Centro EDA.
Il territorio di Riesi, per le peculiarità che lo caratterizzano
(mafia, criminalità, micro-criminalità ETC), è un’Area definita ad
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“alto rischio” e già dal 1989, a seguito della C.M. n°19 è stato attivato l’Osservatorio contro il fenomeno della Dispersione Scolastica, finalizzato a una rilevazione integrata e a una lettura trasversale dei
dati scolastici, socio - economici, socio-culturali, di disaggregazione
sociale, ecc, da parte delle diverse realtà istituzionali (Scuola, Comune, Azienda Sanitaria, Forze dell’Ordine, Tribunale dei Minori,
Regione ecc) per risalire alle cause delle situazioni e dei comportamenti che rientrano nei fenomeni di Dispersione Scolastica.
Lo studio del fenomeno nella città di Riesi ha permesso di riflettere su un dato inquietante: un ragazzo/a che abbandona la scuola
probabilmente non incontrerà direttamente il crimine organizzato,
ma sarà esposto, invece, a dei “settori devianti” come il lavoro nero,
il piccolo furto, spaccio, rapporti sessuali prematuri, prostituzione,
manovalanza mafiosa.
Combattendo la dispersione scolastica si tenta d’arginare
questo percorso verso la devianza; di più: si previene l’illegalità.
Con la Legge 08/08/1994 n° 496 viene istituito l’Osservatorio Nazionale sulla Dispersione Scolastica.
Anche la Scuola siciliana, che da lungo tempo affronta una
difficile battaglia contro le fenomenologie della dispersione scolastica (abbandoni, evasioni, ripetenze), il disagio infanto-giovanile e
l’insuccesso scolastico, si dota di Osservatori Provinciali contro il
fenomeno della Dispersione Scolastica, con il compito specifico di
definire piani di attività e individuare metodologie di lavoro provinciali che possano, seguendo lo spirito della C.M. 257/94, rispondere
alle esigenze di ciascuna provincia, in rapporto alle risorse (anche
extrascolastiche) ivi esistenti.
Pertanto gli Osservatori integrati permanenti provinciali e
di area si sono andati definendo come una struttura operativa che
consente di correlare: conoscenza del fenomeno, programmazione e
organizzazione degli interventi e verifica delle azioni intraprese.
L’Ufficio Scolastico Regionale, con la disposizione del
16.10.2003 avente per oggetto: Costituzione e funzionamento degli Osservatori provinciali e di area sul fenomeno della dispersione
scolastica e per la promozione del successo formativo, dispone la
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costituzione in ogni provincia di Osservatori Provinciali sul fenomeno della Dispersione Scolastica “con finalità di promozione, coordinamento, sostegno e monitoraggio delle iniziative territoriali per la
realizzazione del successo formativo di tutti gli alunni”.
Gli Osservatori Provinciali, costituiti da figure professionali
rappresentative delle diverse Istituzioni presenti nel territorio: (Ministero, Ambiti Territoriali, Enti Locali, Tribunale per i Minorenni,
Procura presso il Tribunale per i Minorenni, Ufficio Servizio Sociale
per i Minorenni del Ministero della Giustizia, Ufficio Minori della
Questura, Organizzazioni Sindacali della scuola) hanno il compito,
tra l’altro, di “favorire e sostenere il rapporto fra scuole e gli Enti
operanti nel territorio, in modo da attuare la massima integrazione
degli interventi per la realizzazione dell’offerta formativa” e di “individuare i criteri per la costituzione delle reti di scuole (Osservatori
di Area) presenti in aree territoriali connotati da disagio socio-economico-culturale, rischio di dispersione scolastica e devianza minorile”. (Disposizione USR del 16.10.2003).
L’intento è quello realizzare un’architettura interistituzionale
“operativa” anti-dispersione ad alta georeferenzialità, organizzata :
a livello regionale e provinciale;
a livello di intersezione fra territori/distretti;
a livello microarea: reti di scuole viciniori, quartieri, circoscrizioni, distretti;
a livello singola unità scolastica e microterritorio di appartenenza.
Con questa organizzazione tutti i livelli possono dialogare tra
di loro, in un intreccio costante di azioni che consenta di ottimizzare
le risorse, superare le situazioni di vincolo/ostacolo e coinvolgendo
i diversi partner istituzionali.
Ciò, ovviamente, al fine di “orientare” politiche ed azioni
delle diverse agenzie in funzione di obiettivi comuni, considerando
naturalmente piani di azione che prevedano il coinvolgimento delle
istituzioni, delle agenzie educative e degli attori presenti nei diversi
contesti per poter contrastare un fenomeno complesso e trasversale
quale è la dispersione.
A seguito della disposizione della Direzione Generale
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dell’U.S.R già citata, gli ex UU.SS.PP. hanno attivato le procedure
per l’istituzione degli Osservatori Provinciali e di Area.
Nella nostra provincia risultavano, sino allo scorso anno scolastico, istituiti e funzionanti i seguenti Osservatori di area: Caltanissetta, Riesi/Mazzarino, Mussomeli, Gela, Niscemi.
Ai suddetti Osservatori Provinciali e di Area è stato assegnato assegnato, dal 1995/96 ad oggi senza soluzione di continuità,
personale Docente che si configura quale Docente Referente di Area
per la prevenzione ed il Recupero della Dispersione Scolastica e Devianza Minorile (O.M. n.30 /1994).
Tale contingente di personale, in possesso di specifici requisiti professionali individuati in sede di Contrattazione Decentrata
Regionale ed adeguatamente ed opportunamente formato, si è purtroppo progressivamente ridotto, passando da 90 unità (regionali)
dell’anno scolastico 2007-08 alle 46 unità dell’anno in corso, rimanendo invariati i compiti e le attività da espletare, personale che presta un servizio di 36 ore settimanali (C.M.30 del 19/1/96)1, in modo
flessibile e funzionale alle attività connesse al funzionamento delle
scuole comprese nelle singole reti, articolato nell’ambito dei livelli
organizzativi.
Piano di interventi 1
La nota prot. 19051, del 29/10/2012, della Direzione Generale dell’U.S.R. per la Sicilia ,fra l’altro, assegna ai Dirigenti coordinatori ed ai docenti utilizzati il compito di predisporre un Piano di
Interventi, condiviso dai componenti dell’osservatorio, dal quale si
evinca, fra l’altro, il numero delle scuole coinvolte, la tipologia di
interventi previsti, il raccordo con le istituzioni e Associazioni del
privato sociale presenti e operanti nel territorio.
Il Piano d’Interventi, inviato entro il 30 novembre 2012, da
questo Osservatorio Interistituzionale, riferito al Distretto 011 - reti
di scuole aree “Riesi, Mazzarino, Sommatino” – vuole:
______________________________________________________
1. Rafforzare il modello Territoriale Interistituzionale d’intervento per la prevenzione ed il recupero della Dispersione Scolastica, della Devianza Minorile e del Disagio
socio - familiare già sperimentato e collaudato negli anni,
dal 1995/96 ad oggi senza soluzione di continuità.
2. Sostenere, rafforzare e orientare la cultura anti dispersione scolastica al fine di garantire il diritto allo studio e il
successo formativo per tutti : “Più Scuola meno Mafia”.
3. Individuare attraverso la segnalazione precoce le situazioni di particolare “rischio”.
Pertanto, fra l’altro, detta le regole per operare in maniera
condivisa, correlando
1. Conoscenza del fenomeno
2. Programmazione e organizzazione degli interventi.
3. Verifica/Valutazione delle azioni intraprese, attivando
procedure Istituzionali e/o Interistituzionali mirate alla
prevenzione e/o al recupero dei “casi” a rischio; attivando
incontri di Formazione / Informazione con gli attori Territoriali; per giungere allo scopo di costruire una rete interistituzionale capace di intervenire tempestivamente, il
tutto nell‘area di Riesi comprendente la Direzione Didattica Statale, l’Istituto Comprensivo Statale “G.Carducci”,
l’Istituto d’Istruzione Superiore Statale “R. Pasqualino
Vassallo”, la Scuola Primaria Paritaria “Monte Ulivi” e
l’Istituto Paritario Tecnico Commerciale, e alle Associazioni di Volontariato e non, quali:
a. Chiesa Cattolica e Valdese
b. Servizio Educativa Domiciliare
(Servizio Cristiano Valdese)
c. A.Ge
d. Associazioni Sportive Locali
e. Caritas
f. UNICEF.
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Bibliografia:
dossier regionale sul ruolo degli osservatori nella prevenzione della dispersione
scolastica in sicilia 2012.
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Il suddetto Piano d’interventi è mirato e diversificato per
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variabili che incidono e determinano il fenomeno della dispersione
scolastica:
1. Evasione;
2. Abbandono;
3. frequenza saltuaria;
4. dsa (la direzione didattica statale di riesi, per l’anno
scolastico 2012/13 ha elaborato uno specifico “progetto
dsa”);
5. devianza: (es: comportamento irrispettoso, bullismo,
etc…);
6. disagio: problemi socio–economici; problemi socio–familiari (es: mal vestito o vestito in maniera non consona
alla stagione, senza merendina; problemi di salute, figlio
di genitori sepati, genitore in carcere, etc….);
7. istituzionalizzato;
8. in affido .
Le finalità ovviamente mirano a diffondere e consolidare la
cultura della legalità per la lotta alla dispersione scolastica e alla
devianza minorile; rendere più efficace la prevenzione ed il recupero
della Dispersione Scolastica e innalzare le competenze per migliorare la qualità di vita del Territorio ottimizzando il coordinamento interistituzionale e raccordando le risorse umane e professionali esistenti
nel Territorio.
Impianto Territoriale Area di Riesi:
ISTITUZIONI
TERRITORIALI:
-Comune : Servizio Sociale
- Caserma Carabinieri di
Riesi.
-ASL: Consultorio e NeuroPsichiatria
Infantile.(Distretto
Sanitario di
Caltanissetta).
-Questura di Caltanissetta.:
Uff. Minori
-Procura di Caltanissetta
C/o Tribunale per i
Minorenni.
-Tribunale per i
Minorenni di
Caltanissetta
Associazioni di Volontariato e non:
-Chiesa Cattolica e Valdese
-Servizio Educativa Domiciliare
(Servizio Cristiano Valdese)
-A.Ge
-Associazioni Sportive Locali
-Caritas
-UNICEF
Attivare procedure
Istituzionali e/o
Interistituzionali mirate
alla prevenzione e/o al
recupero dei “casi” a
rischio
PREVENZIONE E RECUPERO DELLA
DISPERSIONE SCOLASTICA
AREA
RIESI
AREA
DI RIESI
Micro Area Distrettuale
SCUOLE: Direzione Didattica Statale.
Famiglia
Istituto Comprensivo Statale “G.Carducci”.
Istituto d’Istruzione Superiore Statale
“R. Pasqualino Vassallo”
Scuola Primaria Paritaria”Monte Ulivi”
Istituto Paritario Tecnico Commerciale
SEGNALAZIONI:
SEGNALAZIONI
G.O.I. (Gruppo
Operativo
Interistituzional
e)
CONOSCENZA E
STUDIO DEL FENOMENO
Attivare incontri di
Formazione /
Informazione con
gli attori Territoriali
CIRCOLARITA’ DELLE INFORMAZIONI
Contesto
territoriale
COSTRUIRE UNA RETE INTERISTITUZIONALE CAPACE
DI INTERVENIRE TEMPESTIVAMENTE
Le Famiglie
ALUNNO /STUDENTE
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Minori in difficoltà
L’intervento dell’Ufficio Minori - Questura Caltanissetta
Dott. Davide Chiarenza
Responsabile Ufficio Minore
La devianza minorile, in Provincia di Caltanissetta, continua
a destare preoccupazione in particolare nei comuni di Gela e Riesi.
È veramente significativo segnalare che i 2/3 delle notizie
criminis dell’intero distretto di Corte di Appello, comprensivo della
provincia di Enna e di Caltanissetta, proviene dai suddetti comuni.
Anche se può apparire una ripetizione inutile, occorre riflettere sulla
crisi economica e sociale che sta attraversando il nostro paese e in
particolare, la nostra provincia che detiene tristi primati per tasso
di disoccupazione, scarsa qualità della vita, servizi precari, vie di
comunicazioni obsolete, pubblica amministrazione clientelare e preoccupanti livelli di dispersione scolastica, tant’è che durante il corrente anno scolastico sono stati individuati, fino adesso, nella nostra
Provincia, molti casi di alunni in difficoltà.
Le punte più alte di questo fenomeno, come dicevamo, si
registrano a Riesi e Gela.
Purtroppo le scuole ricadenti negli altri comuni della Provincia rimangono autoreferenziali. Elementi questi caratteristici e visibili del nostro territorio.
A fianco delle condizioni socio-economiche sopra evidenziate concorrono questioni di ordine e legalità che aggravano i già
precari livelli di vivibilità della nostra Provincia.
In questo contesto il fenomeno della dispersione scolastica,
che ha raggiunto ormai livelli di guardia, racchiude in sé tutti i problemi sociali del nostro territorio (disoccupazione, lavoro nero, indigenza, criminalità organizzata, sfruttamento del lavoro minorile che
riguarda principalmente i minori immigrati che spesso sono utilizzati per il furto, l’accattonaggio e i lavori di strada).
Una realtà territoriale di questo tipo richiede interventi sistematici di tutte le istituzioni, per un’affermazione della cultura della
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legalità che passa attraverso il recupero della dispersione scolastica,
la creazione di centri ricreativi e la diffusione di sani valori che spesso i ragazzi ignorano a causa degli esempi negativi cui assistono.
Il lavoro straordinario svolto dall’Osservatorio locale di Riesi che riesce a coinvolgere tutte le istituzioni (grazie all’instancabile
attività della referente d’area Di.Sco.), ha consentito di monitorare
tale fenomeno e individuare gli alunni bisognevoli di aiuto. L’attività
dell’Osservatorio di Riesi è una risorsa irrinunciabile alla quale bisogna dare stabilità permanente.
Pertanto la mancata o cattiva frequenza scolastica da parte
di molti minori rappresenta una questione sociale complessa cui bisogna dare risposte articolate e sinergiche da parte di tutti gli attori
sociali e istituzionali, attraverso un impegno risolutivo non solo amministrativo ma anche morale e personale.
È inevitabile ritenere che la crisi occupazionale determini
povertà, lavoro nero, sfruttamento ecc. e la mafia in questi casi può
significare un’occasione di lavoro.
L’analisi condotta dall’Ufficio Minori concernente la devianza minorile, indica chiaramente che i ragazzi in età imputabile sono
segnalati all’Autorità Giudiziaria per furto, spaccio di sostanze stupefacenti, danneggiamenti, risse, lesioni, incendi, ingiurie, minacce,
molestie telefoniche, rapine, estorsioni e violenze sessuali. Ormai
tutti coloro i quali si occupano di problematiche giovanili, sono consapevoli che la debolezza familiare è tra le maggiori cause di ciò che
sta accadendo ai giovani: la sovente scarsa autorevolezza dei genitori, i quali non sanno, e in alcuni casi non vogliono assolvere i loro
doveri di competenza, o le necessità di lavoro di entrambi che crea
spesso situazioni diffuse di solitudine infantile.
A ciò si aggiunga una nuova leva giovanile insofferente a
ogni disciplina, poco incline allo studio e al lavoro, sensibile ai richiami di una particolare forma di vita (materialismo), un contesto
sociale che non tiene conto delle loro esigenze, una televisione che
trasmette immagini violente anche per l’affermazione dei diritti.
Pertanto la stabilità del nucleo familiare è senza dubbio il
fattore più importante per una crescita sana ed equilibrata.
La scuola è il primo ambiente extra familiare in cui il minore
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si trova a contatto con persone che egli non è abituato a trattare e che
incontra per la prima volta.
La scuola non si deve limitare all’apprendimento di nozioni
ma favorire la socializzazione del minore.
A monte di ogni situazione deviante esiste una causa. Si tratta
di individuarla e di intervenire nel momento giusto, nel luogo adatto
e con procedimenti idonei, auspicando un miglior coordinamento tra
le diverse agenzie coinvolte in questo settore, perché quello attuale
non è ancora del tutto soddisfacente.
Nell’area dei ragazzi in difficoltà troviamo spesso giovani
che provengono dai tradizionali ambiti di “produzione” di situazioni problematiche: ragazzi che crescono in contesti disagiati ove si
ha l’idea di risolvere i problemi attraverso comportamenti violenti,
ragazzi che si sentono e sono oggettivamente esclusi (minori immigrati) o segnati dalla subcultura della criminalità organizzata e
dalla subcultura della criminalità predatoria ovvero di strada. In alcuni casi, invece, il loro unico crimine è la povertà. In ogni caso
non bisogna mai considerarli delinquenti ma minori in difficoltà da
proteggere ed includere; mi riferisco in particolare a chi delinque
occasionalmente e non a coloro che sono profondamente inclini al
male.
In questi casi l’esclusione costituisce sempre uno stimolo
forte a cercare a tutti i costi di partecipare alla vita sociale ritenuta o
fatta ritenere accessibile a tutti.
Nella nostra Provincia una parte della delinquenza minorile
è alimentata anche dalle disuguaglianze socio-economiche o dalle
difficoltà che si registrano sul piano delle relazioni e della comunicazione e non è un caso che i reati di tipo espressivo sono in aumento.
Il denaro, purtroppo, in alcuni ambienti è diventato l’unico
argomento che certi genitori affrontano con i loro figli; i sentimenti ed i valori occupano l’ultimo posto. Alla base di ogni condotta
minorile ci sono sempre degli adulti quali cattivi maestri che non
ragionano con i loro figli e non spiegano le cose.
A volte ai nostri ragazzi manca qualcuno di cui fidarsi o meglio dei punti di riferimento (genitoriali/scolastici/educativi). Una
risposta esaustiva ai loro bisogni non può venire né dal diritto né
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tantomeno da un’organizzazione sociale ottimale.
Il diritto, infatti, può indicare quale sia il comportamento da
tenere, punire condotte scorrette e può organizzare strumenti di sostegno: il diritto non potrà costruire quelle relazioni sociali di cui il
ragazzo ha bisogno per non crescere in solitudine.
Oggi osserviamo adolescenti alla deriva, senza desideri profondi, senza aspirazioni elevate perché sono disorientati, sfiduciati
ed alcune volte persino detestati. Scarsa autostima e mancata assunzione di responsabilità verso se stessi e gli altri completano uno
spaccato sociale desolante e preoccupante.
Ciò significa che il fisiologico malessere giovanile potrà essere contrastato e superato solo nella misura in cui si realizzino relazioni umane più significative e appaganti tra mondo degli adulti e
minori.
Conseguentemente è fondamentale la presenza in ogni contesto sociale di tanti adulti-educatori quali punti di riferimento per
ristabilire una sana relazione tra minori e adulti.
Nei giovani vi è, come in moltissimi adulti, il predominio di
una logica del compromesso che da luogo ad atteggiamenti di permissivismo nei confronti della trasgressione soprattutto se quest’ultima tende ad esprimere soggettività o individualismo sfrenato.
Oggi assistiamo ad un continuo disimpegno morale ovvero
un meccanismo psicologico, attraverso il quale un individuo legittima dei comportamenti che contraddicono i propri convincimenti
morali es. svincolarsi dalle regole (scherzo), sminuire le leggi (fatto
minore), diffondere o trasferire la responsabilità (lo facevano tutti)
etc.
In questi ambiti le regole sono ritenute un intralcio alla propria affermazione e ai propri interessi e la condotta illecita trova alimento nell’idea ormai diffusa che le leggi sono per gli stupidi mentre
per l’uomo forte la vera norma è il disprezzo per le regole. Per fronteggiare queste nuove dinamiche sociali occorrono, a nostro avviso,
articolati interventi istituzionali e politiche sociali corrispondenti ai
reali bisogni della comunità, dando priorità alla domanda di aiuto
che promana dalla gente e non all’offerta stabilita dall’alto. È necessario passare da un intervento assistenziale ad un progetto d’inclu-
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sione sociale.
Una costruttiva politica d’intervento dovrebbe, pertanto,
considerare la problematica minorile nella sua complessità, fare sistema fra tutte le istituzioni e orientare le scelte verso l’azione per favorire l’effettiva conoscenza del problema e intercalarsi nel vissuto
familiare, sociale e scolastico del minore il quale richiede interventi
mirati e non settoriali.
Sarebbe auspicabile, a nostro parere, sgombrando il campo
da ogni possibile equivoco e senza alcuna vena polemica nei confronti di chicchessia:
• una competenza sociale che sappia leggere e interpretare
i cambiamenti che avvengono nella società;
• una competenza progettuale che sappia innovare i servizi
esistenti all’interno del proprio territorio;
• una competenza tecnica che sappia rilevare e soddisfare
i bisogni della gente;
• una competenza gestionale che curi gli aspetti organizzativi utili a garantire efficienza ed efficacia, economicità e
qualità, valorizzazione delle professionalità e rispetto dei
diritti di chi opera nel settore;
• una competenza culturale che organizzi momenti d’incontro, di animazione, di riscoperta dell’identità culturale, delle tradizioni, della storia e valorizzare le risorse già
esistenti come biblioteche, luoghi di aggregazione, spazi
e tempi di socialità costruttiva;
• una competenza politica che proponga la questione della
responsabilità collettiva e la necessità di scelte capaci di
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e di promuovere condizioni di vivibilità per tutti.
parrocchie ma è la scuola, il luogo privilegiato per la promozione
delle azioni di prevenzione e l’affermazione dei diritti di cittadinanza delle persone minori di età.
Quando la scuola tace, e spero che ciò non avvenga mai, i
danni sono irreparabili.
Inoltre bisogna formare e aggiornare costantemente tutti gli
operatori del settore per attuare concretamente la ratio della legge
328/2000 che integra l’intuizione politica della legge 285/97 (rete,
partenariato, concertazione); inoltre, la riforma del titolo V della
Costituzione ha demandato tutta la materia sociale alla competenza
esclusiva delle regioni.
L’autonomia della Regione Siciliana deve essere una risorsa
e non un limite.
In parole povere la prevenzione deve essere sul disagio cioè
non si devono prevenire le forme con cui si manifesta il disagio ma
interagire con esso. Solo una conoscenza molto attenta e dinamica
della società consente di modulare gli interventi dello stato sociale.
I consultori familiari, i comuni e le organizzazioni del terzo settore dovrebbero entrare in uno stabile rapporto di partenariato
pubblico-privato per la gestione delle attività volte al sostegno e al
recupero del minore. Soltanto così si potrà costruire una società più
sicura, più giusta e solidale.
In definitiva, è necessario che la città di Riesi, nel suo insieme, si senta in prima persona responsabile dello sviluppo umano dei
suoi cittadini più piccoli, senza delegare totalmente alla scuola un
compito che è principalmente suo.
Riesi ci sta provando
Se non impariamo a contenere le spinte autoreferenziali, sarà
difficile realizzare qualsiasi progetto di rete che deve includere, secondo noi: famiglia, amici, compagni di classe, docenti, istituzioni,
forze dell’ordine, enti locali, associazioni, volontariato, vicinato e
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Scuola e territorio
Prof. Giuseppe Messina
Ins. Gaetana Sardella
b)
La relazione del Presidente della Corte di Appello di Caltanissetta, Dott. Salvatore Cardinale, sull’amministrazione della Giustizia nel periodo 1 Luglio 2001 – 30 Giugno 2012, lo dice a chiare
lettere: “Continuano a destare particolare allarme i territori dei Comuni di Gela e Riesi, entrambi della Provincia di Caltanissetta, ove
persistono segnali del mantenimento dell’interesse della criminalità
organizzata verso attori minori da avviare alle attività illecite ovvero da coinvolgere in queste.
È significativo, in proposito, che i 2/3 delle segnalazioni di
reato riguardanti tutto il Distretto provengano dai due Comuni sopra
menzionati e che siano stati contestati ad indagati minorenni reati
associativi [...] settore notoriamente appannaggio dei clan [...]”
Una realtà di questo tipo richiede interventi sinergici di tutti gli Enti / Istituzioni presenti sul territorio per un’adeguata azione di conversione alla legalità che passa attraverso il recupero e la
prevenzione della dispersione scolastica, l’inserimento nel mondo
dell’apprendistato e del lavoro, la creazione di centri sociali, la sensibilizzazione verso valori positivi che i minori, spesso non per loro
colpa, sconoscono.
La dispersione è un indicatore statico che segnala la distanza di un valore da una media o da una tendenza. Col tempo, a
partire dagli anni Ottanta, ha iniziato ad indicare, in Italia, tutti i
fenomeni che allontanano gli studenti ( dalla Scuola Primaria fino al
traguardo della Laurea) dalla linea “normale” del progresso scolastico, che viene mentalmente rappresentata dalla classica carriera di
successo del bravo studente.
La dispersione comprende quindi vari tipi ed eterogenei fenomeni, che possono essere riassunti nei seguenti punti:
a) Assenze più o meno prolungate. Tale indicatore è molto
trascurato nell’analisi del fenomeno dispersione, eppure
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c)
d)
e)
costituisce un sintomo assai significativo soprattutto ai
fini della prevenzione.
Selezione di classe. È stata la più studiata negli anni Settanta e Ottanta (Scuola di Barbiana, 1967). Riguarda, in
generale, gli effetti della collocazione nella scala sociale
sul successo negli studi. A questa particolare selezione
si è aggiunta oggi quella dovuta al “genere” (i maschi
subiscono l’insuccesso in misura doppia rispetto alle
femmine), al livello culturale dei genitori (soprattutto in
relazione alla scolarità della madre) e all’appartenenza
“etnica” della famiglia (selezione culturale). Tutti questi
parametri hanno in genere un effetto cumulativo.
Bocciature (non ammissioni) alla classe successiva.
Ritardi della frequenza rispetto all’età “normale”. I ritardi
possono essere la conseguenza di temporanei abbandoni,
di ripetenze, di trasferimenti.
Ritiri dalla Scuola (anche: abbandono, non assolvimento
dell’obbligo oggi = “diritto-dovere scolastico e formativo”).
Infine, la dispersione si distingue in “esplicita” (i punti elencati) e “implicita” rappresentata dai casi di “scarso rendimento”.
Dispersione quale emergenza sociale
La dispersione continua a essere un’emergenza, perché sono
ancora molti coloro che, a partire dalla scuola e specialmente nella
fase adolescenziale, iniziano a percorrere quel piano inclinato che va
dal disagio all’esclusione e alla devianza.
In sintesi, quando si parla di dispersione scolastica, si fa riferimento a tutti i casi di abbandono scolastico e di ritardo nel percorso
educativo, ma anche, più in generale, alle varie forme di insuccesso scolastico, di inadeguato apprendimento e mancata utilizzazione
delle potenzialità intellettive degli individui.
Il contesto socio - economico e culturale ha, nella maggioranza dei casi, una fortissima influenza sul percorso formativo degli
studenti. In condizioni di degrado ambientale, emarginazione e po-
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vertà, è più frequente che avvengano fenomeni di dispersione.
La mancanza d’infrastrutture e stimoli culturali penalizza,
inoltre, notevolmente i ragazzi.
La motivazione allo studio è ovviamente un elemento decisivo per il percorso educativo dell’individuo.
Anche i problemi relazionali e d’inserimento dello studente
nella propria classe possono aumentare i rischi; per qualcuno lasciare la scuola diventa una soluzione ai problemi di mancata integrazione.
È stato inoltre riscontrato che quando l’età non corrisponde
alla classe frequentata (per ripetenze e abbandoni) gli studenti manifestano più spesso insofferenza e senso di inadeguatezza.
Il sistema scolastico Italiano, se confrontato con la situazione Europea, appare ancora caratterizzato da ritardi e inefficienza; la
scolarizzazione della popolazione è inferiore rispetto a quella dei
maggiori paesi europei, ma la prerogativa della situazione italiana è
costituita dall’altissimo tasso di dispersione, soprattutto nella Scuola
Secondaria e nell’Università.
L’aggiornamento professionale dei docenti e il coinvolgimento delle famiglie (al fine di creare “continuità” fra casa e scuola)
restano, con certezza, elementi che connotano la qualità del sistema
scolastico. E poi, ecco, il disagio scolastico sul quale esiste un’ampia
letteratura.
Il disagio è iscritto, in larga misura, nella vita quotidiana della comunità locale che si prende cura dei ragazzi e dei giovani più sul
piano formale che sostanziale.
I sistemi territoriali sono un’occasione per condividere che,
saperi, abilità e competenze non sono solo un obiettivo della Scuola,
ma dell’intera comunità.
Questo sforzo richiede una responsabilità diffusa sui temi
dell’educazione; il sistema scolastico cresce se contestualmente
avanza il sistema formativo nel suo complesso.
Necessità di una Cittadinanza Culturale
Va quindi alimentato un Progetto di Cittadinanza Culturale,
che deve stare a cuore non solo a chi lavora nella Scuola, ma coin-
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volgere tutti i livelli di decisione politica, amministrativa, sociale!
Da anni la Scuola di Riesi, grazie alla sensibilità e alla motivazione delle migliori professionalità esistenti nel Territorio, definito a “alto rischio”, ha intrapreso e sviluppato una serie di iniziative
contro le diverse forme di Dispersione Scolastica, che la vedono nei
primissimi posti nella provincia nissena, e non solo, al fine di combattere la devianza, l’insuccesso, il disagio, l’abbandono.
Dal 1989, a seguito della C.M. n.19 è stato attivato l’Osservatorio contro il fenomeno della Dispersione Scolastica, finalizzato
alla rilevazione integrata e a una lettura trasversale dei dati scolastici,
socio – economici, socio – culturali, di disaggregazione sociale, ecc
da parte delle diverse realtà istituzionali (Scuola, Comune, Azienda
Sanitaria, Forze dell’Ordine, Tribunale per i Minorenni, Regione…)
per risalire alle cause delle situzioni e dei comportamenti che rientrano nella Dispersione Scolastica.
La Direzione Didattica di Riesi, da anni, è impegnata in collaborazione con l’Ufficio Minori della Questura di Caltanissetta nel
percorso educativo di “Educazione alla Legalità” e “I Bambini di
Riesi e la Costituzione Italiana” che grazie all’impegno sinergico di
Docenti, Famiglie, Questura e Istituzioni, mirano a creare e a diffonderla cultura della legalità e a prevenire forme di devianza per
sviluppare, sin dalla tenera età, una coscienza di cittadinanza attiva e
responsabile.
Quest’anno la Direzione Didattica di Riesi ha voluto parimenti impegnarsi nell’integrazione degli alunni con disabilità e, contestualmente, a seguito di autorizzazione dei genitori, ha sottoposto
tutti gli alunni delle classi I e II di tutti i Plessi e una classe III, IV, IV
con una sezione di bambini di cinque anni della Scuola dell’Infanzia
allo screening sui DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento).
Vale la pena ricordare che i DSA interessano alcune specifiche abilità dell’apprendimento scolastico, in una situazione di funzionamento intellettivo adeguato all’età anagrafica.
Pur interessando abilità diverse, i DSA possono coesistere in
una stessa persona, ciò tecnicamente si definisce “Comorbilità”.
La diagnosi dei DSA non può essere formulata se non alla
fine della seconda classe della scuola primaria. Tuttavia, già nella
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classe prima possono essere rilevati come indicatori di rischio, segni importanti di discrepanza tra le competenze cognitive generali e
l’apprendimento che facilitano la prevenzione.
Compito della Scuola è garantire a ciascun bambino, attraverso la realizzazione di percorsi individualizzati, il raggiungimento
degli obiettivi di apprendimento e sviluppare le competenze comunicative e linguistiche per prevenire eventuali psicopatologie secondarie di Disturbo dell’apprendimento, inoltre, individuare precocemente, eventuali, disturbi che possono rallentare il regolare percorso
scolastico e determinare nel tempo l’abbandono, l’evasione quindi la
Dispersione Scolastica.
Perciò abbiamo inteso affidare il Progetto al Centro Servizi
Socio-Sanitari del Servizio Cristiano Valdese, attraverso una apposita convenzione, e la supervisione ed il coordinamento al Docente
Referente di Area, ins. Gaetana Sardella, che ha proposto il Progetto.
L’Equipé, composta da Psicologa, Pedagogista ed Educatrice del Servizio Cristiano Valdese ha condotto con competenza, motivazione e
alta professionalità tutte le fasi del “Progetto” e i risultati raggiunti
sono molto soddisfacenti con ricadute significative per la Scuola sia
per l’individuazione precoce di carenze nelle aree di apprendimento
sia per gli interventi didattico/formativi pertinenti messi in atto a
favore di alunni e famiglie.
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Relazione sociale
Dott.ssa Maria Raimonda Cannadoro
L’ufficio di Servizio Sociale Professionale del Comune di
Riesi prevede in pianta organica, ai sensi del Decreto Presidenziale del 29/06/1988, due Assistenti Sociali ma dal mese di gennaio
2013 è dotato di una sola Assistente Sociale. Il contesto sociale in
cui opera ed è inserito risulta con il più alto tasso di criminalità organizzata giovanile (vedi Relazione annuale del Presidente della Corte
d’Appello di Caltanissetta a.g. 2012). L’assistente sociale è uno dei
componenti dell’Osservatorio Locale per la Prevenzione e il Recupero della Dispersione Scolastica Area di Riesi e nello svolgimento
del proprio lavoro si avvale, in tutte le fasi dell’intervento, della collaborazione del Centro Servizi Socio-Sanitari del Servizio Cristiano Valdese. L’intervento sociale nasce a seguito delle segnalazioni
effettuate dalle scuole del territorio e dello studio dei casi effettuato
dal gruppo operativo di lavoro interistituzionale di area composto,
oltre che da questo Servizio da: Docente Referente di Area Di./sco,
Comandante della Locale Stazione dei Carabinieri, Responsabile
dell’Ufficio Minori della Questura di Caltanissetta, componenti del
S.E.D (Servizio di Educativa Domiciliare) Rappresentante del Tribunale dei Minorenni di Caltanissetta, Assistente Sociale della Procura presso il Tribunale per i Minorenni di Caltanissetta.
Pertanto si avvia l’indagine conoscitiva socio-familiare ed
ambientale che integrata dalle informazioni provenienti dalle scuole
fornisce elementi utili per tracciare la programmazione di intervento
interistituzionale.
Anche nell’anno scolastico 2012/ 2013 si conferma l’alto indice di alunni/studenti che versano in situazioni di disagio sociale ai
limiti di allarme sociale.
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Analisi quali/quantitativa del fenomeno
Evasione
Abbandono Frequenza
saltuaria
Grave
disagio
Direzione Didattica 0
Statale
4
4
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Istituto
Comprensivo
Statale
“G. Carducci”
1
3
19
20
Istituto
d’Istruzione
Superiore
“R.P.Vassall”
3
0
0
6
Istituto Paritario 0
d’Istruzione
Superiore
“G.Verga”
0
0
2
Scuole Paritarie 0
“Monte degli Ulivi”
0
0
7
a tal proposito, l’aumento degli interventi di Mediazione Familiare e
di Educativa Domiciliare. Per alleviare i disagi economici sono stati
erogati alcuni interventi socio-assistenziali e in alcuni casi di grave
pregiudizio, dopo aver posto in essere tutti gli interventi di aiuto, è
stato proposto nell’interesse del minore l’allontanamento dal proprio
nucleo familiare.
Tuttavia, il particolare contesto socio-culturale in cui si opera
non agevola il lavoro dell’operatore che quotidianamente si scontra
con una mentalità chiusa e poco collaborante. Per questo il primo
intervento dell’operatore è quello di instaurare un rapporto di fiducia
con l’utente al fine di attivare un processo di aiuto per la risoluzione
del disagio.
Per la realizzazione di interventi efficaci ed efficienti questo
Servizio ha creato ed attivato una rete di Servizi (Neuropsichiatria
Infantile di Caltanissetta, USSM, DSM, Comunità Alloggio, Servizi
Sociali di vari Comuni, UEPE, SERT, Consultorio Familiare ASP
del Distretto, Casa Famiglia Rosetta, Oratorio Salesiano, Caritas
ecc) affinchè le risposte ai diversi bisogni siano il più possibile diversificati e globali.
A questi dati vanno aggiunti le 41 richieste di indagine e di
intervento pervenute dall’Autorità Giudiziaria Minorile e Ordinaria L’analisi quali-quantitativa del fenomeno evidenzia la tendenza in aumento del grave disagio vissuto dalle famiglie riesine
che incontrano varie difficoltà nell’esercizio delle proprie capacità
genitoriali dovuto anche alla crisi dei valori ed una eccessiva emancipazione che non è andata di pari passo con un’ adeguata evoluzione culturale. A ciò si aggiunge la grave crisi economica che sta
interessando tutti gli strati sociali del paese.
Diversi sono gli interventi sociali messi in atto per rispondere
ai vari bisogni evidenziati, ma l’intervento prioritario è quello sulla
famiglia per sostenerla nel proprio ruolo genitoriale promuovendone
l’autonomia e la valorizzazione delle proprie risorse. Significativo è,
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L’intervento del Servizio Cristiano
Istituto Valdese di Riesi
Dott. Gianluca Fiusco
Perchè?
Indagare le cause che impediscono a molti bambini di Riesi
di svolgere serenamente il loro percorso scolastico è il leit motiv che
ci ha spinti, Circolo Didattico e Servizio Cristiano Istituto Valdese,
nell’ambito del lavoro dell’Osservatorio di area, a ricercare una efficace collaborazione per la prevenzione ed il contrasto della dispersione scolastica.
Tutti i soggetti impegnati, e sono molti, si sono adoperati
con attenzione e responsabilità perchè potessimo, insieme e sinergicamente, intervenire intanto nella descrizione del fenomeno sia in
termini di effettiva presenza che descrivendone le caratteristiche peculiari e territoriali.
Un percorso complesso che ha visto il pieno coinvolgimento degli organi collegiali del Circolo Didattico di Riesi, oltre che
dei Servizi Sociali del Comune di Riesi, dell’Osservatorio di Area,
dell’Ufficio Minori della Questura, del locale Comando dei Carabinieri..
La lungimiranza della struttura scolastica pubblica riesina di
voler conoscere e approfondire, mediante dati scientifici elaborati e
curati da professionisti, le barriere che spesso si frappongono tra il
minore e gli obiettivi didattici, è perciò del tutto evidente.
Nella consapevolezza che l’emersione di un problema legato all’apprendimento testimonia talvolta l’esistenza di ben più gravi
patologie o situazioni di contesto in cui, come operatori scolastici e
sociali, siamo tenuti ad intervenire senza tentennamenti.
La tempestività d’intervento, infatti, è il fattore discriminante che rende raggiungibile o meno un risultato, che lo rende cioè
praticabile o che, viceversa, evidenzia un fallimento.
Benchè la struttura socio-psicopedagogica del Servizio Cristiano sia attiva da molti anni, va detto che almeno da un quinquen-
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nio tale struttura ha avuto modo di specializzare la sua capacità di
intervento nell’ambito dell’apprendimento scolastico e infantile oltre che dell’educativa domiciliare.
Tempestività, quindi, ma anche capacità di evitare facili standardizzazioni nella consapevolezza che ogni minore rappresenta un
microcosmo che va esplorato con molta, molta attenzione.
La fragilità degli equilibri che si imbastiscono nel periodo
che va dai 3 ai 12 anni può essere banalmente compromessa sia da
un clima famigliare inadeguato ma anche da un sistema scolastico
incapace di ammodernarsi e sviluppare nuove forme di didattica e
di ascolto delle esigenze del minore per costruire attorno a lui, e nel
contesto classe, meglio se in maniera sinergica, tutte quelle opportune iniziative di accompagnamento della e nella vita scolastica che
permetteranno il consolidamento positivo di competenze, conoscenze e personalità.
In questo già delicato e difficile compito si inseriscono almeno altri due elementi indispensabili perchè il percorso scolastico
risulti efficace: formazione e dialogo.
Riconoscere i propri limiti ed anche le proprie incapacità è
requisito indispensabile per alimentare la voglia di conoscenza, per
reperire strumenti nuovi e innovativi che consentano lo svolgimento
del proprio ruolo in maniera gratificante per se, ed arricchente per
l’altro.
Insegnanti e famiglie non possono più sentirsi parti opposte
che si fronteggiano, che soccombono o che attaccano. Gli insegnanti
devono comprendere che, forse più che nel passato, il loro ruolo è
importantissimo: agenti formatori, ma anche riferimento umano e
pedagogico per i minori e le loro famiglie. Ruolo cui si aggiunge la
necessaria professionalità e distanza pedagogica dalle stesse famiglie che non può ridursi o confinarsi all’indifferenza verso la famiglia, piuttosto che, viceversa, verso una prossimità deleteria in cui
il confine tra giudizio equilibrato e facile paternalismo risulti essere
molto sfumato.
D’altro canto le famiglie, nel loro ruolo genitoriale e quali attori sociali, devono recuperare il necessario rispetto per le istituzioni
scolastiche nella consapevolezza che il ruolo esercitato nei confronti
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dei figli può potenziare e consentire il successo scolastico degli stessi, oppure demolirne ogni speranza di positiva formazione.
Fenomeni come il transfert verso i propri figli dei lutti genitoriali, dei fallimenti e delle speranze represse, così come la negligenza o la paura di affrontare forme di disturbi dell’apprendimento
più o meno gravi per evitare l’esposizione al senso comune della
gente, sono più diffusi di quanto non si immagini ed anche l’attività
portata avanti si è incaricata di confermare questa problematica tendenza.
Trovare quindi degli spazi e dei momenti in cui ogni diverso
attore può entrare in relazione con l’altro e con tutti gli altri insieme
è e sarà sempre più una necessità che le istituzioni scolastiche dovranno soddisfare.
Questo report è pertanto solo un primo passo, necessario, per
costruire insieme un percorso virtuoso per una scuola più ampia delle quattro mura della classe e di una famiglia molto più accogliente
di quella di nascita. Ambizioni nient’affatto utopiche o impossibili,
ma concretamente realizzabili proprio a partire dalla realtà che i dati,
la loro lettura, interpolazione, ci ha consegnato.
Siamo tutti parte di questo contesto sociale e cittadino con
uguali obblighi sociali di collaborazione e studio, approfondimento
e azione che possano consentire alle future generazioni possibilità finora non pienamente realizzate ed un positivo sviluppo del contesto
in cui questi bambini si troveranno a vivere e agire.
Stanno tutti bene...
Potremmo, prendendo in prestito il titolo di un famoso film
di Tornatore, rispondendere in questo modo a quanti chiedono, con
preoccupazione, quali siano state e siano le risposte che le famiglie
generalmente avanzano ogniqualvolta la scuola, le scuole provano di
avviare progetti di feedback per misurare non soltano il livello qualitativo del loro impegno didattico, ma il livello delle “risorse umane”
con cui interagiscono.
Per le famiglie affrontare un intervento scolastico che preveda la presenza di figure quali psicologo, pedagogista, etc..., è problematico.
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In generale vi è una diffusa diffidenza nei confronti di interventi volti a misurare le capacità di apprendimento o altre situazioni
la cui problematicità viene evidenziata da difficoltà di apprendimento legate alle patologie descritte in seguito.
Riesi, da questo punto di vista, vive ancora una dimensione sociale ristretta in cui l’opinione pubblica, veicolata attraverso le
prossimità amicali o familiari, attraverso cioè quella pubblicistica
comunitaria che distingue i comuni più piccoli dalle città metropolitane, è condizionante nella fase di accettazione dell’intervento.
Quest’ultimo viene pertanto avvertito con disagio, quasi
come una ingerenza illegittima, inopportuna e perciò da rintuzzare.
L’atteggiamento ostativo, quando non è apertamente palesato, è connesso alle dinamiche con cui alcune famiglie si relazionano
con il mondo della Scuola, e nasce dall’assunto che il proprio figlio
o la propria figlia sia immune da ogni difficoltà e da ogni disagio.
Dove semmai ogni disagio oppure ogni difficoltà sono da respingere
categoricamente in quanto premessa negativa che altererebbe l’equilibrio sociale, “l’immagine” che quella famiglia vuol mantenere alla
vista dell’”occhio sociale”.
Ovviamente queste situazioni non sono assolute e valgono
per tutte le famiglie, ma si riscontrano diffuse nella società riesina ed
andrebbero superate.
Superate con l’aiuto di tutti gli agenti che operano nella società a partire dalla responsabilizzazione dei livelli interni delle singole strutture, dei singoli agenti.
Non è sufficiente, a parere di chi scrive, richiamare la società
riesina, le famiglie riesine ad una “maturità” sociale che riconosca
ai minori il diritto ad avere dei problemi per riconoscergli anche il
diritto di superarli.
Tale maturità è richiesta anche alle strutture che operano nel
territorio ed ai loro livelli interni: Consigli di Classe, di Istituto, Riunioni d’equipe, Riunioni interistituzionali, Commissioni Comunali,
etc....
Questo sistema, responsabilmente maturo, è il primo e più
importante argine anche contro le eventuali generalizzazioni o la
caccia a tutti costi del “problema”.
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Nella consapevolezza che le difficoltà di apprendimento, i
disturbi legati alla capacità dei minori di conseguire gli obiettivi necessari alla costruzione della loro personalità, producono non soltanto paura nei soggetti interessati, ma determinino forme più o meno
velate di esclusione sociale, emarginazione e discriminazione che,
alla fine, aggraveranno le condizioni del soggetto il quale, da adulto,
difficilmente potrà liberarsi di quell’occhio sociale che lo ha guardato, emarginato e discriminato fin dalla sua infanzia.
Ecco, il tentativo, difficile e laborioso di questo progetto è stato ed è proprio questo: trasmettere che i Disturbi Specifici
dell’Apprendimento sono problemi diffusi che, insieme, è necessario e possibile superare per il benessere dei minori.
Perciò questo lavoro ha innanzitutto finalità scientifiche e per rompere la cappa di silenzio che si crea attorno a difficoltà diffuse, comuni e superabili.
Ma è per noi chiara anche un’altra finalità più “sociale”, se
si vuole. Ovvero trasformare l’attuale isolamento e diffidenza che
le famiglie vivono nei confronti dei temi qui trattati in capacità di
aggregazione e condivisione.
La Scuola, tutte le Scuole, vivono di almeno tre livelli di rapporti necessari: alunni-insegnanti, scuola-istituzioni, famiglie-scuola.
Ecco, il rafforzamento dell’anello di congiunzione tra le famiglie e la Scuola, che non è più ne solamente il luogo dei nostri figli, ma la casa dove insieme, famiglie, insegnanti, alunni e istituzioni, possono incontrarsi per costruire una vita migliore, serena, buona
ai futuri cittadini che, sono certamente figli, ma che innantitutto, per
il Istituzioni sono già adesso cittadini cui va garantito il diritto ad
avere diritti: ivi compreso quello al superamento di quelle difficoltà
che impediscono il pieno sviluppo dell’individuo, del minore, nella
società.
Le ricerche e gli studi in ambito dei DSA si sono incaricate
autorevolmente di dimostrare che un disturbo dell’apprendimento,
senza un adeguato intervento, produce conseguenze deleterie per la
persona, il minore, che, presto o tardi, si ripercuoteranno sulla società di cui fa parte, oltre che sulla sua persona.
Senza creare facili quanto inopportuni allarmismi, va co-
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munque sottolineato che la responsabilità sociale di qualsiasi Istituzione deve tenere in debita considerazione la necessità per tutti i
suoi consociati, a partire dai bambini, di svilupparsi liberamente e
armoniosamente.
Quante barriere frapponiamo tra la necessità di questo libero
sviluppo e la sua concreta realizzazione?
Barriere culturali, familiari, sociali, economiche ma anche
di prossimità, del fatto che sentirsi parte di una piccola Comunità
espone tutti noi consociati al rischio del facile giudizio, della facile
esclusione.
Orbene è compito nostro, a partire anche da questo piccolo
contributo, cambiare prospettiva e metodo con cui affrontiamo i problemi, comprendere persino l’utilità del problema per la costruzione
di una società più giusta, coesa e solidale.
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I Disturbi Specifici di Apprendimento
A cura dell’equipe sociale
dei Servizi Socio-Sanitari del Servizio Cristiano
Dott.sse Nunziatina Burgio,
Rosalia Baldi,
Valentina Mallia
Premessa
I DSA interessano alcune specifiche abilità dell’apprendimento scolastico, in un contesto di funzionamento intellettivo adeguato all’età anagrafica.
Studi recenti affermano che i DSA sono di origine neurobiologica, hanno matrice evolutiva e sono modificabili attraverso
interventi mirati. Posto nelle condizioni di attenuare e/o compensare il disturbo, infatti, il bambino può raggiungere gli obiettivi di
apprendimento previsti. È da notare, inoltre, che gli alunni con DSA
sviluppano stili di apprendimento specifici, volti a compensare le
difficoltà incontrate a seguito del disturbo.
Sono coinvolte in tali disturbi: l’abilità di lettura, di scrittura
e di fare calcoli. Sulla base dell’abilità interessata i DSA assumono una denominazione specifica: DISLESSIA, DISORTOGRAFIA,
DISGRAFIA, DISCALCULIA.
La dislessia si manifesta attraverso una minore correttezza e
rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata, istruzione ricevuta.
Risultano più o meno deficitarie, a seconda del profilo del
disturbo in base all’età, la lettura di lettere, di parole e non-parole, di
brani. In generale, l’aspetto evolutivo della dislessia può farlo somigliare a un semplice rallentamento del regolare processo di sviluppo.
Tale considerazione è utile per l’individuazione di eventuali segnali
anticipatori, fin dalla scuola dell’infanzia.
La disgrafia e la disortografia interessano rispettivamente
la grafia o l’ortografia. La disgrafia fa riferimento al controllo de-
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gli aspetti grafici, formali, della scrittura manuale, ed è collegata al
momento motorio-esecutivo della prestazione. Si manifesta in una
minore fluenza e qualità dell’aspetto grafico della scrittura. La disortografia riguarda invece l’utilizzo, in fase di scrittura, del codice
linguistico in quanto tale e si evidenzia con una minore correttezza
del testo scritto.
La discalculia riguarda l’abilità di calcolo, sia nella componente dell’organizzazione della cognizione numerica sia in quella
delle procedure esecutive e del calcolo. Nel primo caso interviene
sulle capacità di: quantificazione, seriazione, comparazione, strategie di composizione e scomposizione di quantità, strategie di calcolo
a mente. Nel secondo caso, invece, rende difficoltose le procedure
esecutive per lo più implicate nel calcolo scritto: la lettura e scrittura
dei numeri, l’incolonnamento, il recupero dei fatti numerici e gli algoritmi del calcolo scritto vero e proprio.
Tali disturbi, pur interessando abilità diverse, possono coesistere in una stessa persona, ciò si definisce “comorbilità”.
La comorbilità può essere presente anche tra i DSA e altri
disturbi di sviluppo (disturbi di linguaggio, disturbi di coordinazione
motoria, disturbi dell’attenzione) e tra i DSA e i disturbi emotivi e
del comportamento.
Normativa scolastica
”La legge 8 ottobre 2010, n. 170, riconosce la dislessia, la
disortografia, la disgrafia e la discalculia come Disturbi Specifici di
Apprendimento (DSA), assegnando al sistema nazionale di istruzione e agli atenei il compito di individuare le forme didattiche e le
modalità di valutazione più adeguate affinché alunni e studenti con
DSA possano raggiungere il successo formativo.
Per la peculiarità dei Disturbi Specifici di Apprendimento,
la Legge apre, in via generale, un ulteriore canale di tutela del diritto allo studio, rivolto specificamente agli alunni con DSA, diverso
da quello previsto dalla legge 104/1992. Infatti, il tipo di intervento
per l’esercizio del diritto allo studio previsto dalla Legge si focalizza sulla didattica individualizzata e personalizzata, sugli strumenti
compensativi, sulle misure dispensative e su adeguate forme di veri-
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fica e valutazione.
A questo riguardo, la promulgazione della legge 170/2010
riporta in primo piano un importante fronte di riflessione culturale e
professionale su ciò che oggi significa svolgere la funzione docente.
Le Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in
ambito scolastico sollecitano ancora una volta la scuola, nel contesto
di flessibilità e di autonomia avviato dalla legge 59/99, a porre al
centro delle proprie attività e della propria cura la persona, sulla base
dei principi sanciti dalla legge 53/2003 e dai successivi decreti applicativi: “La definizione e la realizzazione delle strategie educative e
didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità
di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni,
capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione.”
Diagnosi
La diagnosi dei DSA non può essere formulata prima della
fine della seconda classe della Scuola Primaria. Tuttavia, già nell’ultimo anno della Scuola dell’Infanzia e nelle prime due classi della
Scuola Primaria possono essere rilevati come indicatori di rischio,
segni importanti di discrepanza tra le competenze cognitive generali
e l’apprendimento.
Per effettuare una corretta diagnosi è necessario:
usare test standardizzati sia per misurare l’intelligenza generale che l’abilità specifica;
escludere la presenza di altre condizioni che potrebbero influenzare i risultati di questi test, come:
menomazioni sensoriali e neurologiche gravi, disturbi significativi della sfera emotiva;
situazioni ambientali di svantaggio socio-culturale che possono interferire con un’adeguata istruzione.
Speciale cautela andrà posta in presenza di situazioni etnicoculturali particolari, derivanti da immigrazione o adozione; si dovrà
cioè considerare attentamente il rischio sia di falsi positivi che di
falsi negativi.
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I segnali predittivi
Nel riconoscimento dei DSA è importante la capacità di osservazione degli insegnanti, per individuare quelle caratteristiche
cognitive su cui puntare per il raggiungimento del successo formativo.
In una prima fase, è necessario far riferimento all’osservazione delle prestazioni nei vari ambiti di apprendimento interessati
dal disturbo: lettura, scrittura, calcolo.
Per ciò che riguarda la scrittura, è possibile osservare la presenza di errori ricorrenti, che possono apparire comuni ed essere frequenti in una fase di apprendimento o in una classe precedente, ma
che si presentano a lungo ed in modo non occasionale. Nei bambini
più grandi è possibile notare l’estrema difficoltà a controllare le regole ortografiche o la punteggiatura.
Per quanto concerne la lettura, possono essere indicativi il
permanere di una lettura sillabica ben oltre la metà della prima classe
primaria; la tendenza a leggere la stessa parola in modi diversi nel
medesimo brano; il perdere frequentemente il segno o la riga.
Quando un docente osserva tali caratteristiche nelle prestazioni scolastiche di un alunno, predispone specifiche attività di
recupero e potenziamento. Se, anche a seguito di tali interventi, la
difficoltà permane, sarà necessario comunicare alla famiglia quanto
riscontrato, consigliandola di ricorrere ad uno specialista per accertare la presenza o meno di un disturbo specifico di apprendimento.
È bene precisare che le ricerche in tale ambito rilevano che
circa il 20% degli alunni (soprattutto nel primo biennio della scuola
primaria), manifestano difficoltà nelle abilità di base coinvolte dai
Disturbi Specifici di Apprendimento. Di questo 20%, tuttavia, solo il
tre o quattro per cento presenteranno un DSA. Ciò vuol dire che una
prestazione atipica solo in alcuni casi implica un disturbo.
Stili di apprendimento
Gli individui apprendono in maniera diversa uno dall’altro
secondo le modalità e le strategie con cui ciascuno elabora le informazioni. Un insegnamento che tenga conto dello stile di apprendimento dello studente facilita il raggiungimento degli obiettivi educa-
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tivi e didattici.
La programmazione dell’attività didattica, sulla base di un
determinato stile di apprendimento, favorisce in generale tutti gli
alunni. La specificità cognitiva degli alunni con DSA determina, per
le conseguenze del disturbo sul piano scolastico, importanti fattori
di rischio per quanto concerne la dispersione scolastica dovuta, in
questi casi, a ripetute esperienze negative e frustranti durante l’intero
iter formativo.
Ogni reale apprendimento acquisito e ogni successo scolastico rinforzano negli studenti con DSA la percezione propria di poter riuscire nei propri impegni nonostante le difficoltà che impone
il disturbo, con evidenti connessi esiti positivi sul tono psicologico
complessivo.
Resta ferma, infine, la necessità di creare un clima della classe accogliente, praticare una gestione inclusiva della stessa, tenendo
conto degli specifici bisogni educativi degli alunni con DSA.
La didattica
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo aumento degli studi e delle ricerche a riguardo. Le dimensioni che ha
assunto il fenomeno nelle scuole e l’attenzione determinata dagli interventi legislativi in materia, ha comportato un sempre maggiore
interesse per la messa a punto e l’aggiornamento di metodologie didattiche a favore dei bambini che presentano delle difficoltà nell’apprendimento.
Gli ostacoli alla conquista degli obiettivi scolastici risultano superabili attraverso l’esercizio graduato, la proposta di attività
coinvolgenti e stimolanti, la sollecitazione delle curiosità del bambino, il potenziamento delle capacità di base.
Compito della scuola è di garantire, attraverso la realizzazione di percorsi individualizzati, il successo formativo ad ogni alunno.
La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere l’alunno per potenziare determinate abilità
o per acquisire specifiche competenze.
L’azione formativa individualizzata pone obiettivi comuni
per tutti i componenti del gruppo-classe, ma è concepita adattando le
39
metodologie in funzione delle caratteristiche individuali degli alunni,
con l’obiettivo di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo, comportando, quindi, attenzione alle
differenze individuali in rapporto ad una pluralità di dimensioni.
La complessità del problema determina la necessità di un
intervento specialistico, ovvero di interventi diagnostici e terapeutici attuati da psicologi, pedagogisti, logopedisti e neuropsichiatri in
sinergia con il personale della scuola. Diviene, altresì, sempre più
necessario fare appello alle competenze psicopedagogiche dei docenti ‘curricolari’per affrontare il problema, che non può più essere
delegato tout court a specialisti esterni.
La Scuola dell’Infanzia svolge un ruolo di assoluta importanza sia a livello preventivo, sia nella promozione e nell’avvio di un
corretto e armonioso sviluppo del bambino in tutto il percorso scolare. La Scuola dell’Infanzia ha il compito di “rafforzare l’identità
personale, l’autonomia e le competenze dei bambini”, promuovendo
la “maturazione dell’identità personale,... in una prospettiva che ne
integri tutti gli aspetti (biologici, psichici, motori, intellettuali, sociali, morali e religiosi)”, mirando a consolidare “le capacità sensoriali,
percettive, motorie, sociali, linguistiche ed intellettive del bambino”.
Sin dalla scuola dell’Infanzia si deve prestare attenzione a
possibili DSA e porre in atto tutti gli interventi conseguenti. Se poi
l’osservazione pedagogica o il percorso clinico porteranno a constatare che si è trattato di una mera difficoltà di apprendimento anziché
di un disturbo, sarà meglio per tutti. Si deve, infatti, sottolineare che
le metodologie didattiche adatte per i bambini con DSA sono valide
per ogni bambino, e non viceversa.
La Legge 170/2010 richiama, inoltre, le istituzioni scolastiche all’obbligo di garantire «l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie
informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non
essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere».
Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria.
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I più noti sono:
- la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un
compito di ascolto;
- il registratore, che consente all’alunno o allo studente di
non scrivere gli appunti della lezione;
- i programmi di video scrittura con correttore ortografico,
che permettono la produzione di testi sufficientemente corretti senza
l’affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori;
- la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;
- altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle,
formulari, mappe concettuali, etc.
Tali strumenti sollevano l’alunno o lo studente con DSA da
una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo.
Le misure dispensative sono, invece, interventi che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che,
a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non
migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere a
un alunno con dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio, per
via del disturbo, non migliora la sua prestazione nella lettura, così
come sarebbe necessario evitare la scrittura veloce sotto dettatura, lo
studio mnemonico delle tabelline,…
L’adozione delle misure dispensative, al fine di non creare
percorsi immotivatamente facilitati, che non mirano al successo formativo degli alunni e degli studenti con DSA, dovrà essere sempre
valutata sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale, comunque, da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno.
Progetto
In seno all’Osservatorio Locale per la dispersione scolastica
nell’area di Riesi nasce l’idea di un Progetto per prevenire e trattare
situazioni di disagio che, spesso, comportano l’abbandono o l’insuccesso scolastico. La Direzione didattica statale di Riesi, a tal proposito, vista la C. M. n. 88 del 04/10/2012 “Integrazione scolastica
41
degli alunni con disabilità”- legge 440 n.47 e la legge 170/2010, ha
proposto al Consiglio di Istituto del Circolo Didattico Statale la realizzazione di un Progetto per interventi volti a favorire l’integrazione
degli alunni con disabilità, per la formazione dei docenti che operano nelle classi e per il rilevamento dei possibili DSA. Considerando
che il Consiglio di Istituto ha approvato tale proposta, la Direzione
Didattica ha intrapreso una collaborazione con il Centro Servizi Socio Sanitari del Servizio Cristiano Valdese per avvalersi delle figure
professionali in esso presenti.
Il Progetto si pone l’obiettivo di rilevare tempestivamente,
attraverso la somministrazione di test scientificamente validi, le difficoltà che i bambini riscontrano nell’apprendimento e di attuare percorsi di potenziamento delle abilità che stanno alla base del successo
formativo, interventi di tipo terapeutico riabilitativo e di tipo pedagogico didattico e attivare consapevolezza ed attenzione sui DSA
nelle famiglie.
Lo screening ha visto coinvolti gli alunni di 5 anni della
Scuola dell’Infanzia e la I classe della Scuola Primaria Monte degli
Ulivi; i bambini dei tre plessi della Direziona Didattica ed in particolare i bambini di 5 anni di una sezione della Scuola dell’Infanzia,
tutti i bambini delle classi I e II, una classe III, una IV ed una V scelte
come classi campione perché classi “PONTE” che permetteranno di
verificare i risultati del potenziamento non solo nel tempo, ma anche in conseguenza al passaggio all’ordine scolastico superiore. Ciò
permetterà, altresì, la verifica del raggiungimento degli obiettivi del
Progetto.
Le prove somministrate hanno esaminato in maniera molto semplice e rapida, il livello di possesso dei prerequisiti coinvolti
nell’apprendimento.
Lo screening ha avuto inizio nel mese di Novembre 2012 con
la somministrazione delle prove PRCR-2 ai bambini delle classi
I, II e scuole dell’Infanzia, Tali prove esaminano in maniera molto
semplice e rapida, il livello di possesso dei prerequisiti specifici e di
esecuzione dei processi parziali implicati nell’attività di decodifica
di lettura e scrittura, la capacità di analisi visiva degli stimoli, la
capacità di seguire l’orientamento del testo da sinistra a destra, la
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capacità di discriminare i suoni che costituiscono la parola e di mantenerli in memoria il tempo necessario per leggerli o scriverli, la capacità di creare un’integrazione fra gli stimoli visivi e uditivi e infine
la capacità di costruire quello che viene chiamato lessico mentale,
che consente al lettore di riconoscere le parole nella loro interezza.
Ai bambini delle classi III, IV e V sono state somministrate
le prove MT di comprensione (1995) che consentono di valutare
l’efficienza della comprensione di un testo, le prove MT di correttezza e rapidità nella lettura e la somministrazione delle prove
MAT-2 di matematica.
La somministrazione si è conclusa con la restituzione dei risultati alle insegnanti delle classi interessate, con l’organizzazione
dei corsi di potenziamento e con gli incontri con i genitori per comunicare i risultati ed eventuali interventi necessari per approfondire e
potenziare le difficoltà emerse nei bambini.
I risultati emersi dalla lettura dei test (tabella N. 1) evidenziano che la quasi totalità dei bambini della Scuola dell’Infanzia ha
carenze nell’analisi visiva degli stimoli, nella capacità di procedere
da sinistra a destra e nella capacità di analisi e segmentazione fonetica e nel linguaggio. Nelle classi prima e seconda delle scuole, le
difficoltà maggiori sono state evidenziate nella capacità di percepire
correttamente i suoni, conservarli per un brevissimo lasso di tempo
nella memoria e, contemporaneamente, fonderli; nella capacità di
creare un’integrazione tra stimoli visivi e uditivi; nell’orientamento
spaziale e nell’approccio globale alla parola, capacità utile per costruire il lessico mentale. Nei bambini delle classi III, IV e V sono
state evidenziate difficoltà nella comprensione del testo, nella velocità e correttezza della lettura e nelle competenze matematiche.
Anche i bambini con disabilità sono stati coinvolti nello screening, ciò ha permesso un confronto tra le operatrici e le insegnanti
di sostegno sul percorso individualizzato pensato per ciascun bambino, sui progressi e sull’integrazione nel contesto scolastico.
Riflessione sull’esperienza vissuta dalle operatrici
La proposta di un progetto innovativo e l’idea di lavorare
a contatto con i bambini e dare il proprio contributo per favorire
43
loro una crescita psicofisica sana e un positivo approccio alla vita
scolastica, ha entusiasmato le operatrici del Servizio Cristiano. Tale
progetto è stato condiviso dalle insegnanti e dai genitori.
Gli incontri con le insegnanti hanno permesso un confronto
e una crescita professionale. I bambini si sono mostrati curiosi, interessati, divertiti e felici all’idea di svolgere delle attività fuori dal
contesto classe, attività poste loro sotto forma di gioco. Arricchente è
stato poter osservare il comportamento genuino di ciascun bambino,
qualcuno ha mostrato la sua timidezza, qualche altro la sua sicurezza
e spontaneità nell’instaurare un rapporto con le operatrici. Anche i
genitori sono stati attori attivi di questo Progetto. Dagli incontri è
emerso come ciascuno di loro ha a cuore il benessere del proprio
figlio, mostrando le paure, le preoccupazioni e l’ansia di quello che
sarebbe emerso dai test. In alcuni casi la negazione o non consapevolezza dei problemi dei propri figli ha comportato un intervento più
specifico, con l’inizio di un percorso psicopedagogico. Ma, fortunatamente, accanto a ciò, si è evidenziata la forza e la capacità di ogni
genitore di far fronte alle difficoltà e di mettere al di sopra di tutto il
benessere del proprio figlio, mettendosi anche in gioco.
44
45
Tab. N. 1
Percentuale di bambini che necessitano
di un potenziamento nelle aree prese
in esame dai test
ORIENTAMENTO SPAZIALE
ANALISI VISIVA
ATTENZIONE VISIVA E SEQUENZIALITA’
DEI MOVIMENTI OCULARI
CAPACITA’ DI DISCRIMINAZIONE E RICERCA VISIVA
E DI PROCEDERE DA SINISTRA A DESTRA CAPACITA’ DI RENDERE OPERATIVA LA MEMORIA A
BREVE TERMINE
CAPACITA’ DI CREARE UNA CONFIGURAZIONE
VISIVA PROCEDENDO IN MODO SEQUENZIALE
SPAN DI MEMORIA A BREVE TERMINE
CAPACITA’ DI ANALISI E SEGMENTAZIONE
FONETICA
CAPACITA’ DI PERCEPIRE CORRETTAMENTE I
SUONI, CONSERVARLI PER UN BREVISSIMO LASSO
DI TEMPO NELLA MEMORIA E,
CONTEMPORANEAMENTE, FONDERLI
APPROCCIO GLOBALE ALLA PAROLA
ABILITA’ DI INTEGRAZIONE VISIVO-UDITIVO
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PRCR-2
PRCR-2
PRCR-2
PRCR-2
PRCR-2
SCUOLA INFANZIA
CIRCOLO DIDATTICO
SCUOLA INFANZIA
MONTE DEGLI
ULIVI
SCUOLE PRIMARIE
SCUOLE PRIMARIE SCUOLA PRIMARIA
CIRCOLO DIDATTICO MONTE DEGLI ULIVI CIRCOLO DIDATTICO
CLASSI II
CLASSI I
CLASSE I
NUMERO DI ALUNNI
TESTATI: 10
NUMERO DI ALUNNI
TESTATI: 18
NUMERO DI ALUNNI
TESTATI: 85
100%
44%
44%
23%
56%
60%
55%
31%
19%
11%
50%
33%
21%
19%
20%
80%
38%
45%
38%
34%
50%
38%
25%
4%
22%
20%
16%
12%
38%
6%
90%
27%
45%
42%
36%
40%
11%
72%
71%
43%
100%
5%
49%
52%
18%
52%
66%
16%
NUMERO DI ALUNNI NUMERO DI ALUNNI
TESTATI: 86
TESTATI: 21
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PROVE MT DI LETTURA (prova di comprensione)
La prova mira ad accertare se l’allievo, quando legge per proprio conto un brano,
è in grado di capire i significati che il messaggio scritto gli trasmette;
la capacità di decodifica e la competenza linguistica
PROVE MT DI LETTURA (prova di correttezza e rapidità)
La prova mira a riconoscere il livello di automatismo di lettura
PROVE MAT-2 DI MATEMATICA
La prova concorre a fornire indicazioni sulle conoscenze e competenze
matematiche acquisite dagli allievi sulla qualità dell’attività didattica svolta e
sull’eventuale lavoro di recupero da programmare
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SCUOLE PRIMARIE
CIRCOLO DIDATTICO
SCUOLE PRIMARIE
CIRCOLO DIDATTICO
CLASSE III
CLASSE IV
CLASSE V
NUMERO DI ALUNNI
TESTATI: 21
NUMERO DI ALUNNI
TESTATI: 14
NUMERO DI ALUNNI
TESTATI: 25
19 %
35%
32 %
14%
21%
24%
19 %
35%
28%
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Autori
Prof. Antonio Diblio
Coordinatore Osservatorio Interistituzionale Di.Sco Macro Area:
Riesi, Mazzarino, Sommatino
Ins. Gaetana Sardella
Referente Macro Area per la prevenzione ed il recupero della
Dispersione Scolastica e devianza minorile:
Riesi, Mazzarino, Sommatino
Prof. Giuseppe Messina
Dirigente Scolastico Circolo Didattico di Riesi
Dott. Davide Chiarenza
Sostituto Commissario
Responsabile Ufficio Minori - Questura di Caltanissetta
Dott.ssa Maria Raimonda Cannadoro
Assistente Sociale Comune di Riesi
Dott.ssa Rosalia Baldi
Psicologa, Referente Scolastica Scuole Monte degli Ulivi
Dott.ssa Nunziatina Burgio
Pedagogista, Referente Servizi Socio-Sanitari del
Servizio Cristiano Istituto Valdese di Riesi.
Dott.ssa Valentina Mallia
Educatrice
Dott. Gianluca Fiusco
Direttore del Servizio Cristiano Istituto Valdese di Riesi
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