IJPH - Year 8, Volume 7, Number 4, Suppl. 3, 2010
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Trombocitopenia immune: diagnosi e terapia
Francesco Rodeghiero
Dipartimento di Terapia Cellulare ed Ematologia, Ospedale S. Bortolo, Vicenza
Diagnosi
La Trombocitopenia Immune (ITP) primaria
definisce la presenza di piastrinopenia in un
paziente privo di altre alterazioni ematochimiche
e senza evidenza di malattie concomitanti al
momento della presentazione. Si tratta pertanto di
una diagnosi di esclusione nella quale il meccanismo
patogenetico autoimmune è supposto ma non
necessariamente provato, infatti non esiste tuttora
un gold-standard diagnostico per l’ITP primaria.
La Tabella 1 descrive le raccomandazioni formulate
recentemente da un gruppo internazionale di
esperti [1] circa le indagini cliniche e di laboratorio
da ritenersi indispensabili, utili, oppure di non
provata utilità e pertanto non consigliate.
Accanto all’ITP primaria esistono, come
già discusso nel Capitolo 1, numerose forme
secondarie. L’incidenza e la prevalenza delle ITP
secondarie non sono mai state investigate. Negli
studi epidemiologici descritti nel Capitolo 1, le
forme secondarie sono state intenzionalmente
escluse, sia pure con un’accuratezza molto limitata.
Sulla base dell’esperienza si stima che le forme
di ITP secondaria possano complessivamente
rappresentare circa il 20% delle piastrinopenie
immuni registrate presso i centri ematologici [2]
come dettagliato in Tabella 2. La distinzione fra
forme primitive e secondarie ha notevole rilevanza
clinica trattandosi di malattie con diversa storia
naturale, prognosi e risposta alle terapie, anche
Tabella 1. Raccomandazioni per la diagnosi di ITP primaria in bambini ed adulti.
Valutazione di base
(da effettuare per ogni
nuovo paziente)
• Storia del paziente
• Storia familiare
• Esame fisico
• Esame emocromocitometrico e
reticolocitemia
• Striscio del sangue periferico
• Misurazione immunoglobuline^
• Esame del midollo osseo
(in pazienti selezionati)*
• Gruppo sanguigno (Rh)
• Test diretto di Coombs #
• Helicobacter pylori
• HIV
• HCV
Test potenzialmente utili
nel management
• Anticorpi contro le
glicoproteine piastriniche **
• Anticorpi antifosfolipidi
(compresi lupus anticoagulante
e anticardiolipina)§
• Anticorpi anti-tiroide e funzione
tiroidea
• Test di gravidanza nelle donne
potenzialmente fertili
• Anticorpi antinucleo
• PCR virale per parvovirus e
CMV
Test il cui beneficio
è incerto o non provato
• TPO
• Piastrine reticolate
• PaIgG
• Tempo di sanguinamento
• Studio di sopravvivenza delle
piastrine
• Complemento sierico
HIV, human immunodeficiency virus; HCV, hepatitis C virus; PCR, polymerase chain reaction; CMV, cytomegalovirus; TPO,
thrombopoietin; PaIgG, platelet associated immunoglobulin G.
^ Consente di escludere le pseudopiastrinopenie, piastrine con grandezza anomala possono suggerire trombocitopenie ereditarie
(forme macro: forme MYH9 relate tipo May-hegglin e simili con corpi di Dohle nei leucociti, macrotrombocitopenie ereditarie,
mediterraneo, gray platelet syndrome e sindrome di Bernard-Soulier; micro: Wiskott-Aldrich, piastrinopenia X-linked ). La presenza
di schizociti orienta per forme microangiopatiche.
* In genere nei pazienti ≥ 60 anni di età oppure se presenti altre anomalie all’emocromo (es. macrocitosi, per escludere
mielodisplasia). Consigliato da alcuni esperti nei casi non responsivi alle terapie standard.
** Non richiesti per la diagnosi per la scarsa efficienza diagnostica.
# Positivo anche in casi senza emolisi evidente, positivo nella sindrome di Fisher Evans (1-2% delle ITP).
§ La positività di questi test senza correlati clinici non cambia l’approccio terapeutico iniziale. Indicato monitoraggio a lungo
termine.
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CAPITOLO 2
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se entrambe sono a patogenesi autoimmune e
portano ad un unico fenotipo clinico caratterizzato
da piastrinopenia e rischio emorragico.
Esistono infine piastrinopenie non autoimmuni
o comunque con caratteristiche cliniche peculiari
tanto da mantenere una propria denominazione.
Alcune di queste forme possono manifestarsi in
modo apparentemente isolato ed essere confuse
con l’ITP. La Tabella 3 elenca le forme principali.
Infine, soprattutto nei bambini, occorre
considerare le forme ereditarie indicate in Tabella 4
e quelle più propriamente definibili come familiari.
Forme familiari
Una completa esecuzione delle indagini
cliniche, morfologiche e di laboratorio indicate
come indispensabili in ogni nuovo paziente ed
una loro corretta interpretazione consentono di
escludere le forme secondarie di ITP. Tuttavia,
particolarmente nei bambini non responsivi ai
corticosteroidi o con ITP cronica e negli adulti
con ITP non responsivi all’infusione endovenosa
di IgG, andranno escluse con opportune indagini
le varie forme di piastrinopenia elencate nella
Tabella 3 o le forme ereditarie indicate nella
Tabella 4. Per una corretta diagnosi delle forme
di sospetta natura ereditaria, indicandosi con tal
termine casi di piastrinopenia apparentemente
isolata evidente già alla nascita o nei primi 2-3
mesi di vita, si rendono spesso indispensabili
indagini molecolari da effettuare in laboratori
specialistici. Recentemente sono stati proposti
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algoritmi diagnostici basati sull’anamnesi, la
morfologia e pochi altri test rivelatisi molto utili
nella pratica clinica [5].
L’ITP, a seconda della durata della malattia,
viene definita come “di nuova diagnosi” (fino a 3
mesi), “persistente” (da 3 a 12 mesi) o “cronica”
(oltre 12 mesi) [6]. Mentre l’ITP si risolve entro
poche settimane nella maggior parte dei bambini,
essa assume un decorso cronico in circa il 70-80%
degli adulti.
Terapia
ITP di nuova diagnosi
Quali pazienti trattare
Sebbene in generale il rischio di emorragie
gravi in corso di ITP sia limitato (inferiore al
5% dei casi), con una prevalenza di mortalità
secondaria ad eventi emorragici, particolarmente
a livello cerebrale, non superiore allo 1-2%,
molti studi di coorte dimostrano che la maggior
morbilità e mortalità si concentrano nei pazienti
con conte piastriniche inferiori a 20-30x109/L e
particolarmente nei soggetti con valori inferiori
a 10x109/L refrattari al trattamento [7,8]. La
mortalita è ancor più ridotta nei bambini, riferita
in meno dello 0,5% dei casi [9] mentre risulta
significativamente più elevata nei soggetti anziani
[10]. Pertanto, in accordo, esiste un forte razionale
a trattare le piastrinopenie severe dell’adulto
e dell’anziano allo scopo di ridurre il rischio
emorragico. Tutte le linee guida tradizionali o
recenti [1,11,12] concordano nell’indicare lo
Tabella 2. Frequenza indicativa* di ITP primaria e secondaria.
• ITP primaria
80 %
• ITP secondaria
20 %
Lupus Eritematoso Sistemico (LES)
5%
Epatite C
2%
Helicobacter pylori
1%
Infezioni sistemiche
2%
Sindrome Antifosfolipidi
2%
Sindrome di Evans
2%
Leucemia Linfatica Cronica (LLC)
2%§
Immunodeficienza Comune
Variable (IDCV)
1%
Infezione da HIV
1%
ALPS; Post trapianto
di midollo o organo
1%
* Sono escluse le forme autoimmuni indotte da farmaci, la porpora post-trasfusionale, le forme autoimmuni in corso
di mielodisplasia.
§ Più raramente anche in corso di altre malattie linfoproliferative [3,4]
ALPS: Autoimmune lymphoproliferative syndrome
CAPITOLO 2
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Tabella 3. Trombocitopenie acquisite non autoimmuni o identificate come entità nosografiche distinte.
Cause analitiche e pre-analitiche di trombocitopenia
• Pseudotrombocitopenia da EDTA o eparina
• Satellitismo piastrinico
Distruzione periferica immune
• Trombocitopenia alloimmune neonatale*
• Porpora post-trasfusione (alloimmune)
• Trombocitopenia indotta da farmaci **
• Sindrome da anticorpi antifosfolipidi§
• Distruzione periferica non immune
• Coagulazione intravascolare disseminata
• Porpora Trombotica Trombocitopenica
• Sequestro splenico
• Sindrome di Kassabach-Merrit
• Malattie cardiovascolari
• Malattie infettive
• Gravidanza (emodiluizione e fattori sconosciuti)
Difetto di produzione midollare
• Soppressione emopoiesi da farmaci
• Malattie infettive
• Alcool
• Sindrome mielodisplastica (raramente autoimmune)
• Neoplasie ematologiche
• Infiltrazioni nel midollo osseo causate da processi neoplastici
• Anemia aplastica
* Diagnosi differenziale con la piastrinopenia neonatale per passaggio transplacentare di autoanticorpi prodotti da madre
con ITP.
** Nella piastrinopenia da farmaci si producono autoanticorpi che tuttavia riconoscono l’epitopo piastrinico soltanto in
presenza del farmaco incriminato o di un suo metabolita.
§
Richiede la presenza di trombosi e aborti precoci o altra patologia gravidica oltre alla presenza di anticorpi anticardiolipina/
antifosfolipidi (ACA/APA) o anticoagulante lupico (AL). La piastrinopenia è di natura autoimmune. La sola presenza di ACA/
APA o AL non esclude ITP primaria.
Tabella 4. Piastrinopenie ereditarie.
• Tromboastenia di Glanzmann
• Sindrome di Bernard-Soulier
• Malattia di von Willebrand tipo 2B
• Correlata al gene MYH-9 (anomalia di May-Hegglin, Fechtner, Epstein, Sebastian syndrome)
• Macrotrombocitopenia mediterranea
• Sindrome delle piastrine grigie
• Trombocitopenia di Paris-Trousseau/Sindrome di Jacobsen
• Sindrome velocardiofacciale, sindrome di DiGeorge
• Sindrome di Wiskott-Aldrich
• Trombocitopenia X-linked
• Amegacariocitosi congenita
• Sindrome trombocitopenica con assenza di radio
• Stenosi radio-ulnare
• Anemia di Fanconi
• Mutazione GATA1
• Sindrome linfoproliferativa autoimmune
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CAPITOLO 2
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scopo del trattamento nella prevenzione del
sanguinamento e non nell’aumento della conta
piastrinica. Tuttavia, in mancanza di parametri
clinici predittivi e sulla base di una correlazione
sufficientemente affidabile fra conta piastrinica
e rischio emorragico (come precedentemente
discusso) si considera un livello piastrinico
superiore a 20-30x109/L quale limite di sicurezza
accettabile per un soggetto che non svolga
attività particolarmente rischiose o non soffra
di concomitanti disturbi congeniti od acquisiti
(terapie antitrombotiche) dell’emostasi. Va inoltre
considerata la concomitante presenza di sintomi
emorragici significativi pur in presenza di una
conta piastrinica di per se sufficiente. Pertanto, in
presenza di sintomi emorragici vi è l’indicazione
al trattamento anche con conte piastriniche più
elevate. Nei bambini la maggioranza dei pediatri
dei centri onco-ematologici con esperienza nel
settore ritiene inappropriato il trattamento delle
ITP infantili all’esordio in assenza di wet purpura
qualunque sia il livello piastrinico, tuttavia ogni
decisione deve essere contestualizzata e adottata
caso per caso.
In mancanza di criteri standardizzati per la
valutazione dei sintomi emorragici e data la scarsità
di studi prospettici, specialmente negli adulti, nei
quali l’efficacia della terapia sia stata valutata in
termini di riduzione della morbilità emorragica, il
criterio di risposta comunemente adottato consiste
nell’incremento della conta piastrinica e nella sua
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durata nel tempo. Si tratta del miglior end point
surrogato disponibile allo stato attuale. La Tabella
5 riassume i concetti esposti.
La Tabella 6 riassume i trattamenti più utilizzati
per la terapia delle forme di nuova diagnosi
ed i risultati attesi che, come si evince, sono
generalmente di breve durata.
Le terapie impiegate nei pazienti di nuova
diagnosi, corticosteroidi, IgIV, Ig anti-D, sono
spesso denominate terapie di prima linea.
Lo scopo della terapia nei casi che non rispondono
ai trattamenti di prima linea o che ricadono dopo
una risposta iniziale, consiste principalmente nel
differire la splenectomia o altri trattamenti più
tossici oltre i primi 12 mesi dalla diagnosi (ITP
cronica). In questa fase della malattia infatti, le
remissioni a lungo termine (spontanee o favorite
dalle terapie di prima linea) sono rare, certamente
inferiori al 10% dei casi, tuttavia va attentamente
considerata la scarsa efficacia a medio/lungo
termine delle terapie di prima linea disponibili,
specialmente va scoraggiato l’uso continuativo
dei corticosteroidi, la cui tossicità è cumulativa
e presente anche a dosaggi molto bassi. Inoltre
va considerato che tutte le terapie di seconda
linea presentano una significativa e talora rilevante
tossicità, pertanto il rapporto rischio/beneficio
del trattamento verso il non-trattamento (salvo
sintomi emorragici allarmanti o elevato rischio
di sanguinamento) è molto critico e la mortalità
per tossicità, nei casi refrattari è simile a quella
Tabella 5. Scopi, indicazioni e criteri di risposta della terapia dell’ITP di nuova diagnosi.
SCOPO
INDICAZIONI
Bambini
Rapido innalzamento della conta piastrinica sufficiente a prevenire e/o trattare
le emorragie
Miglioramento a breve termine della qualità di vita
Differimento della spelenectomia
Immunomodulazione con induzione di risposte a lungo termine*
Aumento transitorio delle piastrine prima della chirurgia
Generalmente solo se emorragie rilevanti. Caso per caso
Adulti
Conta piastrinica confermata <20-30 x 109/L oppure sintomi emorragici
significativi con qualunque livello piastrinico
RISPOSTA
(Criteri IWG)
Risposta completa (RC):
Livello piastrinico > 100 x 109/L e almeno raddoppio della conta basale con
scomparsa dei sintomi emorragici
Risposta (R):
Livello piastrinico > 30 x 109/L e almeno raddoppio della conta basale con
scomparsa dei sintomi emorragici.
Durata della risposta valutata come tempo trascorso dal soggetto nello stato di
risposta (RC o R)
*Obiettivo non atteso con i trattamenti attuali nella pratica clinica, trial clinici in corso disegnati per valutare questa possibilità
(es. desametasone ad alte dosi, rituximab etc.)
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Tabella 6. Trattamenti ITP di nuova diagnosi, risultati attesi ed effetti collaterali.
Trattamento
Posologia e
modalità
Risultati
Effetti
collaterali
Note
Prednisone o
prednisolone (dosi
standard)
1mg/kg/die per os
per 3-4 settimane
poi tapering
60 – 80% risposta
a breve termine;
di questi 20% a
lungo termine
[13,14]
Molto scarsi
Tossicità accettabile se
non somministrati oltre
le 5-6 settimane incluso
tapering
Desametasone
Dosaggio minimo
per il minor tempo
possibile
Possibile ma
tuttora non
dimostrata
superiorità verso
prednisone
standard [15,16]
Possibilmente
tossicità inferiore
rispetto a
prednisone
standard,
tuttavia reazioni
psicotiche, effetti
acuti e altro
Tossicità accettabile
Immunoglobuline
(Ig) ad alte
dosi per via
endovenosa (IgIV)
400 mg/kg/die per
4 giorni;
1g/kg dose singola
eventualmente
ripetuta il giorno
seguente
RC in oltre
80% dei casi.
Durata RC e R
generalmente
2-3 settimane.
Possono perdere
efficacia con
esposizione
ripetuta
Trattamento richiesto
Effetti minori
soltanto nei casi in cui sia
correlati
clinicamente necessario
all’infusione.
un
Raramente più
incremento delle
severi / anafilassi,
piastrine nelle prime
meningismo
24-48 ore
cefalea. Molto
rari: trombosi,
insufficienza
renale
Immunoglobuline
anti-D via
endovenosa
50-75 µg/kg dose
singola
Come per IgIV
per emorragia[7], tuttavia esistono alcuni rischi
a breve e lungo termine legati alla splenectomia
che ne ostacolano l’adozione indiscriminata. In
tal senso si è sviluppata fra i clinici ed i pazienti,
soprattutto in alcuni paesi europei e negli USA,
una crescente riluttanza a proporre o a sottoporsi
a questo intervento [17]. Principalmente allo scopo
di differire o evitare la splenectomia, in anni
recenti è stato proposto l’uso del rituximab, esso
pertanto compare nella Tabella 7 sia fra le terapie
pre-splenectomia che fra le terapie di seconda
linea di solito da riservare ai pazienti che hanno
fallito la splenectomia (refrattari) oppure non
la hanno potuta effettuare per ragioni mediche
(comorbilità) o rifiuto al consenso.
Circa il 50-60% dei pazienti non risponde in
14
Rarissimi casi
con emolisi
intravascolare,
coagulazione
intravascolare
disseminata ed
insufficienza
renale, anche
fatali
Non diffuso in Italia. Solo
nei soggetti D positivi
non splenectomizzati
modo duraturo alle terapie mediche tradizionali di
prima o seconda linea con crescente esposizione
ad una inacettabile tossicità dei trattamenti. In
questi pazienti, qualora permanga un significativo
rischio emorragico, si pone pertanto al clinico la
necessità di valutare trattamenti dal potenziale
curativo (splenectomia o rituximab) o una terapia
continuativa a tempo indefinito quale quella resa
recentemente disponibile dall’introduzione degli
agonisti dei recettori della TPO.
Splenectomia
La splenectomia, proposta inizialmente nel 1916
da Kaznelson [25] ha dimostrato un’efficacia
sorprendente, tale da doverla tuttora considerare
come il gold standard per la terapia curativa
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dell’ITP. La revisione sistematica di 135 serie di
pazienti, trattati tra il 1996 e il 2004 e comprendenti
2623 pazienti adulti [26], consente una valutazione
globale dei risultati ottenibili e dei possibili effetti
avversi a medio e lungo termine (Tabella 8).
Uno studio italiano su di una coorte multicentrica
di 402 casi (53 casi con età < 16 anni) ha confermato
gli ottimi risultati ottenibili con la splenectomia:
86% di risposte parziali o complete; 14% di casi
refrattari; 23% di ricaduti prevalentemente entro 2
anni dall’intervento; questi ultimi rispondevano a
terapie mediche o miglioravano spontaneamente
in almeno il 50% dei casi. Non venivano riportate
fatalità per infezioni.
Rituximab
L’uso di questo anticorpo ricombinante
chimerico umano anti-CD 20 (porzione Fc) e
murino (porzione Fab) è stato proposto dall’inizio
degli anni 2000, dopo la dimostrata efficacia nella
terapia dei linfomi non-Hodgkin CD20-positivi e di
patologie autoimmuni sostenute dalla produzione
di autoanticorpi da parte di linbociti B. L’infusione
dell’anticorpo, usualmente impiegato secondo
i dosaggi proposti per la terapia dei linfomi,
provoca una prolungata deplezione dei linfociti
CD20-positivi del sangue periferico, dei linfonodi,
della milza e del midollo osseo con conseguente
immunosoppressione e potenziale eliminazione
dei linfociti B autoreattivi. Si rimanda alla Tabella
7 per i dettagli sulle schedule di somministrazione
e sull’efficacia. L’uso del rituximab nell’ITP
come in altre patologie autoimmuni è al di
fuori delle indicazioni ministeriali, può trovare
tuttavia indicazione ove le terapie mediche
standard non risultino praticabili per inefficacia
o eccessiva tossicità (es. corticosteroidi e
immunosoppressori) o per costi insostenibili
a lungo termine (es. immunoglobuline ad
alte dosi). Non è dimostrato che l’impiego di
rituximab nei pazienti candidati alla splenectomia
ne riduca la successiva effettuazione in modo
significativo, visto che l’efficacia a lungo termine
del trattamento è inferiore al 20% dei casi. Data
la tossicità dimostrata o potenziale[27], l’uso di
rituximab non si giustifica in presenza di farmaci
con indicazione specifica, quali gli antagonisti
del recettore della TPO, se non nei soggetti non
responsivi o in caso di controindicazioni alla
loro somministrazione. L’impiego prima della
splenectomia rimane controverso.
Agonisti dei recettori della TPO
Questi agenti rappresentano l’unico trattamento
con grado di evidenza elevato, prodotto da
trial clinici prospettici randomizzati, e forza
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di raccomandazione di grado A [1]. In effetti
l’efficacia sia nei pazienti non splenectomizzati
che splenectomizzati risulta essere intorno all’80%,
tasso di successo non ottenibile con nessun altro
trattamento. I dati di sicurezza sono ormai almeno
in via preliminare molto rassicuranti per trattamenti
della durata di 3-5 anni (si veda anche la Tabella 7).
Alla luce dei dati disponibili, il loro uso appare
appropriato principalmente in due situazioni:
1. allo scopo di posporre la splenectomia,
qualora questa si renda necessaria per fattori
intercorrenti o necessità di adeguarsi alla
richiesta del paziente;
2. per preparare il paziente severamente
piastrinopenico alla splenectomia.
Occorre tuttavia segnalare che in Europa il loro
impiego nei pazienti prima della splenectomia è
considerato fuori indicazione.
Pazienti non responsivi dopo terapie di prima
linea, splenectomia e terapie di seconda linea
Nei pazienti multirefrattari si rileva la più
alta mortalità per emorragie e nei pazienti con
significativi sintomi emorragici minacciosi per la vita
e grave piastrinopenia (< 5-10x109/L) si giustificano
tentativi terapeutici anche poco sperimentati o
con incerto rapporto costo/beneficio, soprattutto
nei rari pazienti refrattari anche all’uso delle
immunoglobuline on demand. Fra questi tentativi
si possono considerare polichemioterapie, l’uso di
anticorpi monoclonali anti-CD52 (alemtuzumab)
o dell’inibitore del fattore di necrosi tumorale
alfa (etarnecept), oppure chemioterapia ad alte
dosi seguita da autotrapianto con cellule staminali
emopoietiche. La frammentarietà dei dati disponibili
non consente tuttavia alcuna raccomandazione.
Recentemente il gruppo di Bussel, ha riportato
un’esperienza favorevole impiegando in una
piccola coorte di pazienti completamente refrattari
ai singoli agenti (in particolare ai corticosteroidi,
alle immunoglobuline ed alla splenectomia)
una terapia multipla con somministrazione di
almeno 3 farmaci (immunoglobuline, steroidi ed
alcaloidi della vinca) ottenendo un aumento della
conta piastrinica clinicamente significativo [28].
Ugualmente efficace si è rivelato il successivo
mantenimento con danazolo e aziatioprina in
associazione. Tuttavia su questi stessi pazienti non
erano stati testati rituximab e gli agonisti della TPO,
agenti verso i quali potevano essere responsivi.
Alla luce delle più recenti evidenze sull’efficacia
degli agonisti dei recettori della TPO, i pazienti
plurirefrattari alle terapie standard e/o alla
splenectomia o con controindicazione o motivato
rifiuto alla splenectomia sono senz’altro da avviare
alla somministrazione a tempo indefinito con questi
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Tabella 7. Terapia dell’ITP persistente e cronica pre o post-splenectomia (terapie di seconda linea).
Trattamento presplenectomia
Posologia e
modalità
Risultati
Effetti collaterali
Note
Ricerca non invasiva
di Helicobacter pylori
mediante 13C urea
breath test o ricerca
dell’antigene nelle
feci [18,19]
Terapia eradicante
standard a base
di amoxicillina,
claritromicina della
pompa protonica
somministrata per 1 o
2 settimane
Eradicazione efficace
in circa 85% dei
casi. Miglioramento
o risoluzione della
piastrinopenia in
circa il 50% dei casi
(35% dei casi se
piastrine basali <
30 x 109/L). Durata
risposta a 5 anni
circa nel 68% dei casi
Molto scarsi
Poco costoso. Il 50% della
popolazione adulta sana
risulta positiva ai test non
invasivi.
Nella pratica clinica i
risultati dopo eradicazione
dei casi con grave
piastrinopenia sembrano
poco convincenti
Prednisone,
prednisolone
Dosaggio minimo
per il minor tempo
possibile
Temporaneo
incremento
piastrine
Dose e tempo correlati.
Spesso gravi
Rari casi con risposte
prolungate. Se si richiedono
incrementi piastrinici di
breve durata (es. prima di
chirurgia) preferibili IgIV.
IgIV o anti D
In caso di necessità
Breve durata,
progressivamente
inferiore in alcuni
casi (tachifilassi)
V. Tabella 6
Costi molto elevati.
Anti-D più economiche, non
usate in Italia. Eventi fatali
riportati.
Danazolo
400-600 mg/die per
lunghi periodi (Talora
efficace dopo > 6
mesi)
Risultati discreti
con RC o R in
30-50% dei casi
Minimi nel maschio.
Controllare
epatotossicità. Irsutismo
nella donna. Uso
appropriato in maschi
adulti e donne in età
non fertile
Poco costoso. Mancano
studi controllati. Privo di
indicazione specifica
Trattamento postsplenectomia
Posologia e modalità
Risultati
Effetti collaterali
Note
Nuovo tentativo con
farmaci prima linea:
corticosteroidi, IgIV
V. sopra
Talora discreti
Effetto cumulativo per
steroidi
Generalmente nessuna
risposta a lungo termine dopo
sospensione della terapia
30 – 40 %
Significativi talora
gravi a lungo termine.
Legati alla grave
immunosoppressione,
secondi tumori
Mancano dati sufficienti di
efficacia e sicurezza. Privi di
indicazione specifica
RC o R nel 60% da
2 a 6-8 settimane
dopo 1a dose; 40%
risposta superiore
a 6-8 mesi; risposte
oltre 5 anni nel
15-20% dei patienti
traattati inizialmente;
possibile ripetere
infusioni
Rischio di riattivazione
nei pazienti con
pregressa epatite B;
mancata risposta ai
vaccini; aumento
infezioni di gravità
moderata; casi sporadici
di leucoencefalopatia
multifocale progressiva
[22]
Proposto da alcuni prima
della splenectomia [23] ed
anche come prima linea nei
pazienti di nuova diagnosi
con risultati modesti a lungo
termine [24] che non ne
giustificano l’uso
RC o R >70%
anche negli
splenectomizzati;
ampie fluttuazioni
durante la fase di
titolazione della dose;
ritorno ai valori
piastrinici basali
dopo cessazione
somministrazione
con rischio di
piastrinopenia da
rebound
Classe-specifici.
Rari non rilevanti.
Necessità studi a lungo
termine per fibrosi
midollare e trombosi
Picco risposta dopo circa 15
giorni dalla dose efficace.
Somm.ne romiplostim in
ambulatorio medico nella
fase di titolazione dose.
Interferenza cibo e calcio
nell’assorbimento di
eltrombopag
Altri [20]
Dapsone
Alcaloidi della vinca
Mofetil micofenolato
Ciclosporina A
Azatioprina
Ciclofosfamide
Polichemioterapia
Rituximab
75-100 mg/die
250 -1000 mg/die
5mg/kg/die
1-2 mg/kg/die
1-2 mg/kg/die
375 mg/m2/settimana
per 4 settimane (e.v.)
100 mg/dose tot/
settimana per 4
settimane [21]
Agonisti del recettore
della trombopoietina
1-10 ug/kg sottocute /
settimana,
50 75 mg/die per os
Romiplostim
(peptide)
Eltrombopag
(non-peptide)
RC= risposta completa; R=risposta
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Tabella 8. Efficacia ed effetti avversi a breve e lungo termine dopo splenectomia.
- In serie con oltre 5 anni di osservazione
Risposta parziale + completa 88% *
Risposta completa 66% con follow up mediano di 29
mesi
Risposta completa 64%
Ricaduta
15%
Tempo mediano alla ricaduta
33 mesi
Mortalità
0.2 % - 1 %
Rischio di sepsi
0.7/1000/P/Y
Rischio di trombosi
1/1000/P/Y
Altre morbidità
9.6% - 12.9 %
Risposta:
- In tutte le serie
* Incluse alcune serie che comprendevano sia adulti che bambini.
agenti. Dopo 1-2 anni di trattamento continuativo
una prudente sospensione (tapering) della terapia
potrebbe essere comunque esplorata, anche se
questo approccio appare al momento non sostenuto
da evidenze prodotte da trial clinici ad hoc.
Terapie di emergenza
In caso di presentazione ex novo o di relapse
in concomitanza di emorragie minacciose per
l’integrità di uno o più organi o per la vita o anche
soltanto in presenza di marcata piastrinopenia
(< 10x109/L ) accompagnata da manifestazioni
purpuriche o con sanguinamento mucoso, si
richiede l’ospedalizazzione del paziente e l’inizio
immediato di una terapia corticosteroidea,
eventualmente preferendo l’uso del desametasone
ad alte dosi, accompagnata dalla somministrazione
di immunoglobuline. Trova indicazione certa
anche la trasfusione di una o più unita aferetiche di
concentrati piastrinici. La menorragia ove presente
andrà trattata con opportuna terapia ormonale.
Conclusione
Nonostante i progressi nelle conoscenze
fisiopatologiche dell’ultimo decennio, la diagnosi
di ITP primaria rimane una diagnosi di esclusione.
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Soltanto con le sperimentazioni legate alla
introduzione nell’armamentario terapeutico
degli agonisti dei recettori della TPO,
rigorosamente basate su disegni sperimentali
che comprendevano il confronto con placebo
o con terapia standard in cieco, si sono potute
ottenere evidenze scientifiche di livello 1 con
forza di raccomandazione di grado A per l’uso
di questi nuovi agenti nei pazienti refrattari alla
splenectomia o con controindicazione alla sua
effettuazione. Il loro impiego durante la fase
persistente della ITP con lo scopo di evitare la
splenectomia richiede studi clinici ad hoc. Come
evidenziato, rimangono notevoli limitazioni nelle
terapie tradizionali, soprattutto per la loro tossicità
a lungo termine, tale da limitarne l’impiego in
maniera sistematica e per periodi prolungati.
Le nuove possibilità terapeutiche richiedono
una rielaborazione del paradigma terapeutico
dell’ITP che si avvantaggi delle nuove conoscenze
fisiopatologiche e delle nuove possibilità
terapeutiche disponibili.
Ulteriori studi sono necessari per individuare
terapie volte alla cura della ITP più che al
controllo della piastrinopenia.
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