I costi di produzione
Capitolo 13
Principi di Microeconomia
N. Gregory Mankiw
Il comportamento dell’impresa
Nella parte V del testo si studia il comportamento delle
imprese in presenza di differenti tipi di mercato (non solo
quello concorrenziale).
Assumeremo comunque sempre che
l’obiettivo di un’impresa sia:
massimizzare il profitto
definito come:
Profitto: Ricavo totale meno costo totale
Profitto d’impresa: Ricavi meno
costi
Ricavi: Somma che un’impresa incassa per
la vendita del prodotto
 Costi: Spese che un’impresa sostiene per
i fattori di produzione
 Ci
sono molti tipi di costi da considerare.
Essi sono l’oggetto di questo capitolo.
Profitto variabile: Ricavi meno
costi variabili

Si può dimostrare che il Profitto variabile è dato
dalla rendita del produttore, ovvero dal prezzo
pagato al venditore – il costo (marginale) da lui
sostenuto, per ciascuna unità venduta.
 Il termine “variabile” si riferisce al fatto che si
contano i soli costi variabili, ovvero quelli che
dipendono dalla quantità prodotta (essi si
ottengono come somma dei costi “marginali”).
 Gli altri costi sono detti fissi in quanto non
dipendono dalla quantità prodotta.
Rendita del produttore = Profitto
variabile
Surplus del
produttore
Offerta
P*
Costi (variabili) di
produzione
Domanda
Q*
Costi fissi e costi variabili
 La
divisione tra costi fissi e variabili dipende
dall’orizzonte temporale preso in
considerazione:
 nel breve periodo alcuni costi sono fissi
 nel lungo periodo molti costi fissi diventano
variabili
Nel lungo periodo vi è infatti maggiore capacità di
rispondere ai cambiamenti (sostituibilità)
Costo come costo-opportunità
I costi di produzione comprendono costi
espliciti e costi impliciti:
 Costi espliciti: costi monetari sostenuti per
procurarsi i fattori della produzione
 Costi impliciti : costi che non comportano
esborsi monetari
In entrambi i casi di tratta di costi
opportunità (degli esborsi sostenuti e dei
mancati guadagni)
Un’importante differenza tra punto di
vista economico e punto di vista
contabile
Economisti : guardano ai costi opportunità
Contabili: misurano i costi espliciti, ma spesso
non i costi impliciti
Quando il ricavo totale è superiore ai costi
espliciti e ai costi impliciti l’impresa ottiene un
profitto economico (sempre minore di quello
contabile)
Quiz: reinvestire i profitti è il modo meno costoso
di finanziare l’attività di impresa?
La “funzione di produzione”
Mostra relazione tra quantità fattori produttivi
“impiegati efficientemente” e la quantità
prodotta.
[Con l’espressione “impiegati efficientemente” intendiamo che siano
impiegati al meglio delle possibilità di produzione].
Essa illustra i meriti di ragionare “al margine” e
conduce ai costi (variabili) di produzione.
Funzione di produzione: un
esempio
Lavoro
0
Produzione
0
160
140
120
1
50
2
90
100
80
60
3
120
4
140
5
150
40
20
0
0
1
2
3
4
5
6
Funzione di produzione:
concetti derivati
marginale (del lavoro), PMa: Q
ottenuto da L pari ad un’unità
 Cfr. tabella precedente
Passare da L = 0 a L = 1 genera Q = 50;
da L = 1 a L = 2: Q = 40;
da L = 2 a L = 3: Q = 30;
e così via ...
 Prodotto
Andamento del prodotto marginale
Nella tabella, si vede anche che il prodotto
marginale del lavoro è sempre positivo, ma
decrescente
Cioè: se aumenta L:
 aumenta sempre il livello di produzione (prodotto
marginale positivo),
 ma sempre meno al margine (prodotto marginale
decrescente): ovvero la funzione di produzione è
concava.
Perché dovrebbe in generale essere così?
Per la possibile presenza di fattori fissi e dei relativi
effetti di congestione.
Dalla produzione ai costi: continuiamo con
l’esempio (w = 10)
Lavoro Produzione Costo fisso Costo
Costo
(impianto) variabile totale
(Lavoro)
0
0
30
0
30
1
50
30
10
40
2
90
30
20
50
3
120
30
30
60
4
140
30
40
70
5
150
30
50
80
Curva di costo totale
90
80
Costo totale
70
60
50
40
30
20
0
20
40
60
80
Produzione
100
120
140
160
Andamento del costo totale
Il costo totale  se Q  (cioè il costo marginale,
ovvero CMa, il costo di ogni unità addizionale, è
positivo)
Inoltre: con Q, la curva diventa più ripida (cioè il
costo marginale è crescente)
Spiegazione: dipende dalla forma della funzione di
produzione:
se la PMa del lavoro è decrescente, per ottenere
un dato Q (per esempio =1) ci vogliono sempre
più lavoratori
A parità di salario per lavoratore, l’aumento del
Costo Totale è allora più che proporzionale rispetto
all’aumento di Q, e la funzione di costo è convessa.
Andamento del costo totale
Naturalmente, l’aumento del Costo Totale
sarebbe invece meno che proporzionale rispetto
all’aumento dell’output se la produttività
marginale fosse crescente (insomma, ad una
funzione di produzione concava corrisponde una
funzione di costo totale convessa, e viceversa).
 Si noti infine che la funzione di Costo Variabile
ha lo stesso andamento di quella Totale,
essendo pari alla seconda curva diminuita in
ciascun punto dell’ammontare dei costi fissi.

Relazione tra PMa e Cma
60
1.20
50
1.00
40
Costo marginale
Prodotto marginale
(nell’esempio)
30
20
0.80
0.60
0.40
10
0.20
0
0
1
2
3
Lavoro
4
5
6
0.00
0
20
40
60
80
Produzione
100
120
140
160
Costi medi e marginali
 Costi
medi (CF, CV, CT divisi per Q):
Costo medio fisso (CMeF)
 Costo medio variabile (CMeV)
 Costo medio totale (CMeT)
Naturalmente, CMeT = CMeF + CMeV


Costo marginale:



di quanto aumenta CT (ovvero CV) se Q = 1?
è uguale a: CT / Q = CV / Q (poiché CT = CV).
Come vedremo, l’impresa considera sia CMe che
CMa per prendere decisioni di produzione volte alla
massimizzazione dei profitti.
La tipica forma a U del CMeT
di breve periodo
Costo (in euro)
CMeT
Q*
Quantità
Andamento del CMeT
Perché il CMeT è fatto a U?
 Perché è la somma di CMeF e CMeV

CMeF è sempre decrescente rispetto a Q (è un’iperbole
equilatera)
CMeV è crescente rispetto a Q (se la produttività
marginale del fattore variabile è decrescente)
Costo (in euro)

CMeT
CMeV
CMeF
Quantità
Dimensione efficiente dell’impresa
 Il
punto più basso della curva ad U del
CMeT corrisponde alla quantità che
minimizza il costo medio totale.

Tale quantità (Q*) è spesso chiamata
dimensione efficiente dell’impresa
Relazione tra CMa e CMeT
CMa
Costo (in euro)
CMeT
La curva del costo
marginale
interseca sempre la curva
costo medio totale
nel suo punto di minimo!
Quantità
Relazione tra costo marginale e
costo medio totale
 Se
il costo marginale è inferiore al costo
medio totale, il costo medio totale è
decrescente.
CMa < CMeT
CMeT
 Se
il costo marginale è superiore al costo
medio totale, il costo medio totale è
crescente.
CMa > CMeT
CMeT
Costi nel breve e nel lungo periodo
La distinzione CF e CV dipende dall’orizzonte
temporale.
Esempio: nel breve periodo la Fiat non può variare
il numero dei suoi “impianti” (catene di montaggio)
 il costo degli impianti è fisso nel breve.
Ma naturalmente non nel lungo periodo: nuovi
impianti posso infatti essere aperti, oppure
possono essere chiusi i vecchi impianti.
Cosa implica “variare il numero degli impianti”?
In pratica, cambiare la curva rilevante di CMeT di
breve periodo (cfr. grafico p. 202 sul Mankiw)
Economie di scala
Ci sono Economie (o rendimenti crescenti) di scala se
l’impresa produce lungo il tratto decrescente della curva
di CMeT di lungo (i costi aumentano meno che
proporzionalmente all’aumentare delle quantità).

Economie di scala: sono presenti se i CF sono la parte principale
dei costi
Ci sono Diseconomie (o rendimenti decrescenti) di scala:
se l’impresa produce lungo il tratto crescente della curva
di CMeT (i costi aumentano più che proporzionalmente
all’aumentare delle quantità).

Diseconomie di scala: si generano di solito quando alcuni fattori
produttivi non sostituibili sono disponibili in quantità limitata
Economie di scala
Se i CMeT non variano al variare di Q, si dice
che esistono RENDIMENTI COSTANTI DI
SCALA (i costi aumentano proporzionalmente
all’aumentare delle quantità).

in questo caso i CMeT hanno un tratto piatto
Un po’ di matematica....

Supponiamo di conoscere la funzione che lega
la quantità prodotta al Costo Variabile, CV(Q).
 Ne segue che possiamo definire:


CT(Q) = CV(Q) + CF,
CMeT(Q) = CT(Q)/Q =
= CV(Q)/Q + CF/Q
= CMeV(Q) + CMeF(Q)
Un po’ di matematica....
e, considerando variazioni infinitesimali
dell’output (invece che unitarie):
 CMa(Q)
= dCT(Q)/dQ
 = dCV(Q)/dQ
(differendo i costi totali da quelli variabili di
una costante).
Un esempio

CMa(Q) = tg , CMeV(Q) = tg 
CV
CT
CT(Q)
CV(Q)
CF


Q
dove CT(Q) = CV(Q) + CF (la distanza verticale tra CT e CV è data da CF)
Un po’ di matematica....
E’ poi facile vedere, differenziando, che
risulterà dCMeT(Q)/dQ > 0 se e solo se
CMa(Q) > CMeT(Q), e dCMeV(Q)/dQ > 0
se e solo se CMa(Q) > CMeV(Q), ovvero il
costo marginale interseca dal basso sia la
curva di costo medio totale che quella di
costo medio variabile nei loro punti di
minimo.
Un po’ di matematica....
Si noti poi che, per costruzione:
limQ CMeT(Q) = limQ CMeV(Q),
limQ0 CMeT(Q) = limQ0 CMeF(Q) = ,
e che
limQ0 CMeV(Q) = CMa(0)
(per dimostrare quest’ultimo risultato si può
usare la regola di derivazione de l’Hôpital).
Un esempio
(costi marginali sempre crescenti)
CMeT
CMa
CMeV
Q
Un po’ di matematica....
Si noti infine che:
Q
0CMa(x)dx CT (Q)CT (0) CT (Q)CF CV (Q)
Perciò l’area sotto la curva di costo marginale di
un’impresa misura il suo costo variabile (come
vedremo nel prossimo capitolo, questo conferma
come la “rendita del produttore” sia pari al suo
profitto variabile).
Conclusioni
In questo capitolo:
si sono analizzati gli andamenti delle
funzioni di costo rilevanti. Come vedremo, si
tratta di strumenti necessari per studiare le
decisioni di impresa che esamineremo nelle
prossime lezioni, partendo dal caso della
concorrenza perfetta.
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