Università della Calabria Corso di Laurea Interfacoltà Scienze della Formazione Primaria Appunti per l’esame di docimologia Note a uso interno funzionali alle lezioni in aula Unità n. 4 Gli strumenti di verifica degli apprendimenti Parte prima Anno accademico 2008– 2009 Carlo Rango 0. Breve introduzione Questi appunti presentano un veloce spaccato sulle più usuali forme di verifica degli apprendimenti in ambito scolastico e formativo, in generale. In particolare muovono dalla definizione dei termini profitto e prova per inquadrare le prove di profitto nella più vasta problematica che investe una delicatissima materia: quella della valutazione in ambito formativo in generale e del suo processo in particolare. Dopo aver presentato i più conosciuti criteri di classificazione delle prove, si soffermano un po’ più compiutamente sulle cosiddette prove oggettive e sui concetti di validità e di attendibilità. Questi appunti sono stati scritti col duplice l’intento a) di fornire un supporto cartaceo alle lezioni in aula, integrandone alcuni contenuti, e b) di dare informazioni di prima mano ai corsisti lasciando al loro il compito di approfondire gli argomenti trattati ricorrendo alla vastissima letteratura del settore. Vengono tralasciati, non perché se ne vuole sottovalutare l’importanza quanto per economia di lavoro, strumenti di rilevazione quali i metodi osservativi, le mappe concettuali, le raccolte documentali e tutti quegli altri che sono pertinenti a procedure didattiche di matrice costruttivista e fenomenologiche, tra le quali la post programmazione nell’elaborazione di Gabriele Boselli, che muove da Husserl e dalla Enciclopaideia di Piero Bertolini e, per molti versi, la progettazione per situazione nell’elaborazione di W. Fornasa Una precisione doverosa: spesso negli appunti si usa il termine docente. Con esso si vuole indicare, nell’accezione più vera del suo significato (docens - entis, participio presente di docere “insegnare”), colui che insegna, chi svolge la funzione dell’insegnare sia nella scuola (luogo della formazione formale) sia nella vasta area della formazione non formale, laddove l’operatore territoriale, impegnato in percorsi intenzionalmente formativi, svolge la funzione di docente nel senso pieno del termine. In questi appunti sono riportati alcuni concetti già presenti nei precedenti. Lo si è fatto per snellire lo studio senza riprendere i precedenti fascicoletti. 1. Le prove di profitto: tra definizioni e funzioni. Una prima riflessione è doverosa farla sul significato delle parole. Nel corso della nostra carriera scolastica abbiamo avuto modo di familiarizzare con parole ed espressioni quali profitto, voto di profitto e voto di condotta, prove di profitto e tante altre che in vario modo richiamano il controllo e la valutazione del nostro percorso di studio e dell’attività. Ma quando usiamo la parola profitto a cosa ci riferiamo esattamente? Il suo etimo ci dà indicazioni per definirne il significato. Profitto è una parola che richiama il francese profit che a sua volta richiama i latini profectus (progresso, avanzamento, successo) e proficio (avanzare, procedere, far progressi, ottenere risultati). Qualunque vocabolario, dunque, definisce il profitto come giovamento, come vantaggio, utilità. Nel Vocabolario della lingua italiana Treccani, ad esempio, si può leggere: Profitto s.m […] 1. giovamento, utilità, vantaggio, sia fisico, sia intellettuale o morale, sia pratico […] 2. avanzamento, progresso, nello studio, nell’apprendimento di una materia, nel lavoro […] 3.a. […] l’utile che si ricava da un’attività imprenditoriali, inteso come eccedenza del totale dei ricavi sul totale dei costi […] b. reddito, guadagno, introito di varia natura. Nel campo della formazione una prima definizione potrebbe essere la seguente: Vantaggio che un allievo ricava da un processo formativo Una seconda la seguente: Progresso negli studi, livello di apprendimento raggiunto e, per estensione, avanzamento nel percorso dell’istruzione. 2 In letteratura si trovano: - Livello delle prestazioni che un allievo è in grado di fornire nelle varie discipline insegnate o globalmente, in relazione alle proprie attuali capacità e agli obiettivi fissati per lui dall’organizzazione scolastica (Bertolini) - Progresso nell’apprendimento delle conoscenze e abilità proposte all’allievo dal sistema d’istruzione (Vertecchi) Il profitto formativo, quindi, sostanzialmente ha come riferimento i luoghi della formazione intenzionale, luoghi in cui si progettano e si attuano processi formativi formali e non formali, laddove contano i contenuti disciplinari e lo scarto tra gli obiettivi prefissati e i risultati raggiunti dai singoli o da gruppi di allievi. Il richiamo ai contenuti disciplinari contrappone la valutazione del profitto a quella del comportamento. Il richiamo ai gruppi di allievi, d’altro canto, amplia la definizione del termine, includendovi una dimensione collettiva, in cui conta sì la prestazione del singolo ma conta anche quella del gruppo come indice certamente più significativo della qualità del servizio formativo erogato. Le prove di profitto, quindi, sono quegli strumenti che, durante o al termine di una unità formativa, hanno la funzione di stimolare e di registrare le prestazioni degli alunni (singoli o in gruppo) per raccogliere informazioni sui loro livelli di progresso (conoscenze e abilità), sugli apprendimenti conseguiti e sulla loro qualità, col triplice scopo di verificare e valutare 1) sia tali progressi 2) sia la qualità dell’istruzione che il sistema formativo, a vari livelli di complessità1, riesce ad erogare, 3) ma anche per fornire al docente informazioni sull’idoneità della procedura didattica adottata in relazione agli scopi prefissi. Esse, pertanto, sono finalizzate a far affiorare conoscenze, abilità, competenze relative allo specifico ambito d’indagine, in situazioni intenzionalmente formative. In altre parole i processi di valutazione degli apprendimenti degli allievi e la qualità dell’istruzione erogata dal sistema formativo si basano anche sulle attività di verifica tramite le prove di profitto, le quali altro non sono se non strumenti del controllo di un processo formativo o in una sua parte. Sono strumenti del come valutare, finalizzati a raccogliere intenzionalmente, in una situazione artificiale2 e in un modo sistemico e sistematico, informazioni che servono per esprimere in maniera consapevole e fondata un giudizio sul progredire di singoli allievi, o di gruppi, nel processo formativo. Esse, le informazioni per intenderci, non riguardano l’apprendimento tout court, ma alcune prestazioni dell’allievo, i risultati dello studio che sono assunti a testimonianza del suo impegno nell’attività formativa oltre che dell’efficacia della strategia didattica posta in essere per raggiungere determinati obiettivi3. E per rilevare queste informazioni le prove, o più genericamente gli strumenti di verifica, entrano nel processo formativo per consentirne l’auto e l’eterovalutazione. 1 I livelli di complessità richiamano il macrosistema (nazionale), il mesosistema (istituto, ente erogatore del servizio formativo), il microsistema (classe, gruppo). In termini di macrosistema la nostra attenzione può essere rivolta alle indagini nazionali (si pensi alle prove INVALSI), e internazionali (svariate indagini, tra cui quelle OCSE). In termini di mesosistema si pensi non solo alle procedure di autovalutazione degli istituti scolastici, collegate in special modo alla concessione dell’autonomia alle istituzioni scolastiche, ma anche all’autovalutazione di qualsiasi altra agenzia intenzionalmente formativa. In termini di microsistema si pensi all’unità classe o gruppo o comunità di apprendimento. 2 L’insegnamento è un’attività intenzionale che si svolge in ambienti artificiali, quali sono quelli formale (la scuola) e non formale (le agenzie in cui si svolgono attività formative intenzionali i cui esiti sono certificati o certificabili), e in un tempo ben definito. In quell’ambiente e in quel tempo bisogna attivare processi di formazione che consentano il perseguimento di determinati traguardi formativi, che ove si pretendesse di perseguire in situazioni reali, in contesti di vita, avrebbero bisogno di tempi “naturali”. 3 Per valutare l’apprendimento, scolastico s’intende, c’è bisogno di una valutazione sistemica che consideri non solo le prestazioni manifestate dagli allievi in relazione agli obiettivi previsti ma anche i processi cognitivi messi in atto dallo stesso per apprendere, processi che coniugati con i risultati, sono alla base delle competenze esperte. Evidentemente in questo quadro il richiamo è anche alla metacognizione. 3 Tenuto conto della complessità delle funzioni della valutazione nel processo formativo le informazioni rilevate grazie alle prove di profitto, una volta sottoposte al vaglio critico della valutazione4, possono rilevarsi utili per una molteplicità di scopi, tra i quali è doveroso ricordare almeno i seguenti, che richiamano le funzioni della valutazione: - - - - - - accertare la situazione di partenza dell’allievo e/o degli allievi allorquando bisogna avviare un percorso formativo. In tal caso le prove sono strumenti di valutazione diagnostica, con funzione di accertare i prerequisiti e le condizioni d’ingresso; consentire al docente di attivare tempestivamente quegli interventi di compensazione che una strategia didattica flessibile assicura per individualizzare l’insegnamento, prevenendo, o quantomeno riducendo, il rischio di un deficit cumulativo5. In tal caso le prove sono strumenti per la valutazione formativa; tracciare un bilancio consuntivo di un percorso formativo compiuto da un allievo o da gruppi di allievi per valutarne il progresso, per verificare il raggiungimento di determinati obiettivi, per tracciare un bilancio degli apprendimenti conseguiti per attribuire a ciascun allievo un giudizio complessivo, espresso nelle forme più varie (voti, lettere, aggettivi), per favorire l’orientamento e per certificarne gli esiti. Ma anche per tracciare un bilancio sulla strategia didattica adottata e, dunque, della qualità dell’istruzione. In tal caso le prove sono strumenti per la valutazione sommativa (anche certificativa quando si prende atto dei risultati per trattenere, promuovere, rilasciare un attestato, un diploma, una pagella); favorire l’autovalutazione dell’allievo fornendogli informazioni per iniziare un nuovo percorso, per rivedere il proprio modo procedere, per conoscersi e riconoscersi nella situazione didattica, in altre parole offrendogli la possibilità di rendersi conto dei propri livelli e delle proprie conquiste; favorire l’autovalutazione del docente, chiamato ad convalidare, rivedere, riprofessionalizzarsi grazie alla ricerca in situazioni di fatto che validino o meno le sue ipotesi e i suoi percorsi di lavoro6; monitorare il sistema per ottimizzarne la qualità 7. Indubbiamente la varietà delle funzioni della valutazione richiede una varietà di strumenti per il controllo del processo formativo. E’ impensabile che uno stesso strumento possa essere ritenuto idoneo per rilevare conoscenze di tipo dichiarativo e conoscenze di tipo procedurale8. O conoscenze di tipo riproduttivo elementare (quali possono essere quelli dei gradini più bassi di una scala tassonomica, come, ad esempio, la semplice ripetizione 4 La raccolta delle informazioni, dei dati, non è né mai potrà essere valutazione. E’ necessario ribadirlo per non creare confusione. 5 Per deficit cumulativo s’intende il deficit derivante da una (o più) difficoltà iniziale non rilevata e/o non compensata a cui si sommano difficoltà registrate in itinere a loro volta non compensate. E’ evidente che quanto più la rilevazione è tempestiva tanto più si possono attivare processi di compensazione che possono prevenire effetti a catena i quali sicuramente avrebbero una ricaduta negativa sui livelli di autostima degli allievi e, dunque, sulla loro motivazione, con pesanti ricadute sul piano sociale in termini di effettivo realizzazione del diritto alla cittadinanza attiva e consapevole. Su questo punto insistono varie carte programmatiche della scuola italiana, tra cui è opportuno richiamare almeno i programmi della scuola elementare del 1985, che alla parte III della premessa parlando di valutazione così recitano: «Eventuali difficoltà e ritardi richiedono l'utilizzazione di tutti i canali della comunicazione oltre a quella verbale, per perseguire, attraverso una appropriata metodologia, una sostanziale equivalenza di risultati. E' dovere della scuola elementare evitare, per quanto possibile, che le "diversità", si trasformino in difficoltà di apprendimento ed in problemi di comportamento, poiché ciò quasi sempre prelude a fenomeni di insuccesso e di mortalità scolastica e conseguentemente a disuguaglianze sul piano sociale e civile.» 6 La ricorsività programmazione - verifica - valutazione - programmazione consente al docente attento di aggiornare la sua preparazione in situazione e continuamente. 7 In tal caso le prove di verifica sono strumenti di monitoraggio del sistema 8 Si deve al cognitivismo la distinzione tra le conoscenze dichiarative e quelle procedurali. Le prime sono quelle relative al sapere, le seconde al saper fare, in altre parole le prime al “sapere cosa” , le seconde al “sapere cosa fare”. Le prime sono essenzialmente statiche: consocere fatti, eventi, nomi, significati; le seconde sono essenzialmente dinamiche: regole, strategie da applicare in determinate situazioni. Le une e le altre sono interagenti sia nel processo di apprendimento sia nelle prestazioni. 4 mnemonica del significato di un termine) da complesse operazioni di risoluzione di problemi, che presuppongono capacità di analisi, di sintesi, se non pure di valutazione degli oggetti di apprendimento (gradini più alti della scala tassonomica). O, aspetti ancora più complessi, quando si tratta di valutare le competenze che, differentemente dal profitto, si dimostrano in situazioni reali e non artificiali, seconda la conosciuta definizione di competenza formulata da Pellery: «insieme strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti necessari per l’efficace svolgimento di un compito». Un’ampia tipologia di strumenti, dunque, tra cui non ve ne sono alcuni più e altri meno validi di per sé. Così come non ve ne sono validi per ogni situazione. E’ per lo meno presuntuoso pensare che si possano codificare modelli universalmente validi per le varie situazioni educative. E’ legittimo, invece, fondare le proprie attività formative su convinzioni pedagogiche ed epistemologiche che permettano di scegliere consapevolmente la soluzione che meglio si adegua alla situazione. Nel nostro caso una scelta consapevole deve senz’altro tenere presente che è la pertinenza tra lo strumento e l’obiettivo della valutazione a determinare la validità delle rilevazioni per cui la scelta e l’utilizzo di uno strumento (e di un metodo) piuttosto che di un altro devono essere frutto di una decisione didattica e devono essere ponderati sempre e comunque in relazione alla funzione e all’obiettivo specifico della valutazione, alle conoscenze, alle abilità alle competenze, ai saperi che con quello strumento si vogliono rilevare, alla strategia didattica adottata (ma anche in base alla necessità di variare il sistema di valutazione in relazione alle procedure didattiche nella consapevolezza che esso in gran parte può determinare le modalità di studio adottate dallo studente (se la prova richiede la memorizzazione, gli studenti privilegeranno modalità mnestiche, se la prova richiede capacità di analisi l’allievo durante il corso di studio si regolerà di conseguenza)). Lo strumento, in definitiva, dev’essere in grado di rilevare le informazioni che effettivamente servono e solo in relazione ad esse si potranno stabilire modalità e strumenti di raccolta per cui, a seconda dei casi, si potranno utilizzare prove oggettive, prove più o meno tradizionali, prove descrittive, narrative, diaristiche e così via. A tal proposito Domenici richiama la regola aurea della docimologia9 secondo la quale «per ogni funzione e/o obiettivo specifico della valutazione va impiegato uno strumento di verifica omologo e congruente con quella funzione e/o con quell’obiettivo»10. Funzioni e obiettivi che a loro volta sono frutti di una scelta effettuata dal docente che dà peso a certi contenuti, a certi obiettivi, a certi saperi, sia pur in un quadro che tiene conto sia dei soggetti coinvolti nell’azione formativa, sia del contesto, sia della collegialità. E sono i risultati di queste scelte, i saperi individuati, che costituiranno gli oggetti delle rilevazioni tramite lo strumento di rilevazione impiegato che «ancor prima che mezzo comunque utile per cogliere dati e informazioni particolari rappresenta il condensato dell’idea che si ha di esito o processo formativo, la sintesi della teoria 9 Da dokimasìa (prova d'esame), letteralmente designa lo studio sistematico delle modalità di svolgimento e dei risultati delle prove di esame, non solo scolastici. Ricorre alla psicotecnica e alla statistica. Il termine è stato introdotto dallo psicologo francese Henri Piéron, che ne fu il pioniere. D’allora ad oggi il suo campo d’indagine e d’interventi è stato di molto ampliato, tanto da includere anche la valutazione (auto ed etero) dei processi e dei sistemi formativi in ambito locale, nazionale e internazionale. Nel 1968 Mauro Laeng così ne definiva il campo d’indagine: «Essenzialmente la d. si occupa del reperimento degli elementi di valutazione, dell’allestimento delle tecniche più idonee per accertarli (costruzione di reattivi, prove, saggi, ecc.), dei metodi di misura e di tabulazione dei risultati». 10 Gaetano Domenici, Manuale della valutazione scolastica, Bari, Laterza 1993, pag. 62. 5 interpretativa dell’educabilità dei soggetti, il “fine” perseguito con la formazione intenzionalmente attuata o da mettere in atto»11, tanto che «in questo senso si può certo dire che ogni strumento di rilevazione di dati relativi all’apprendimento costituisca un vero e proprio costrutto teorico-operativo»12 2. Le prove nel processo valutativo Prima di soffermarsi sulle varie tipologie delle prove di profitto, è opportuno dare uno sguardo, sia pur sintetico, ad alcuni aspetti della vasta problematica valutativa e del processo valutativo al fine di dare senso e significato all’utilizzo di strumenti di rilevazione di dati e di informazioni in un quadro teorico-pratico di riferimento. Le prove, qualsiasi esse siano, servono per raccogliere dati e informazioni che rappresentano, insieme ai criteri in base ai quali formulare il giudizio valutativo, gli elementi della valutazione. Diciamolo con Mauro Laeng: «insistiamo nel rammentare che non basta raccogliere dati per avere scienza di alcunché: i dati vanno ricondotti a uno schema interpretativo, fosse pure per smentirlo e spingere a produrne un altro.»13 e ancora «la valutazione si basa dunque su un confronto fra dati osservativi e costrutti teorici (anche di teoria “debole”, come i nostri desideri, ma comunque presenti). Potremmo più semplicemente dire che nell’atto di valutazione si incontrano un elemento oggettivo (i dati, appunto) ed uno soggettivo (gli schemi interpretativi). Ma preferiamo parlare di “costrutti” per indicare che non si tratta per lo più di soggettività individuale isolata e capricciosa, di “sogni di una notte di mezza estate”, bensì di schemi di previsione ragionevoli, e spesso fondati su un accordo intersoggettivo, su una tradizione, o almeno su una convenzione stipulativi. Gli schemi di comportamento “attesi” sono di questo tipo, e quindi confrontare ad essi i dati vuol dire esprimere valutazioni che godono di un presumibile largo accordo»14. Il confronto tra i dati e le attese, tra i dati e gli schemi interpretativi richiama la complessa problematica dei paradigmi della valutazione, degli approcci teorici e pratici al suo processo, dei convincimenti di ciascun operatore nel campo della formazione e, addirittura, del campo dei suoi valori. E’ molto difficile che un giudizio valutativo su qualcosa non richiami il valore in sé che quel qualcosa ha per il valutatore. Il che non necessariamente significa soggettività del giudizio valutativo. (Di tutta questa problematica ci si è occupati nella precedente unità) 11 Gaetano Domenici, Le prove semistrutturate di verifica degli apprendimenti, Torino, Utet Libreria 2005, pag. 20 ibidem 13 Mauro Laeng, Elementi e momenti della valutazione, Teramo, Giunti & Lisciani Editori 1989, pag. 21. 14 Mauro Laeng, idem, pag. 19 12 6 3. Le prove di verifica: classificazioni e tipologia. A ciascuno di noi nel corso della propria carriera scolastica, e comunque formativa, è stato chiesto di svolgere temi, di riassumere qualcosa, di rispondere per iscritto oppure oralmente a domande, di rispondere a quesiti di varia natura e di varia tipologia, di sostenere una prova ginnico - sportiva, di disegnare qualcosa e via di questo passo. Tutte prove in cui il docente ha proposto degli stimoli e noi abbiamo reagito manifestando la prestazione richiesta (abbiamo steso il riassunto, abbiamo scritto il tema, abbiamo saltato l’ostacolo, abbiamo tracciato una crocetta sulla lettera V o F per dichiarare se un’affermazione era per noi Vera o Falsa, e così via). In qualche misura abbiamo risposto allo stimolo che la prova ci dava, uno stimolo che era artificioso e che proveniva dall’esterno, dal docente. Sulla tipologia di queste prove vogliamo soffermarci brevemente in questa parte dei nostri appunti, partendo dai criteri di classificazione. 3.1 Classificazione in base al tipo di prestazione richiesta: - prove prove prove prove orali di comprensione e di produzione scritte di comprensione e di produzione scritto - grafiche di comprensione e di produzione pratiche - operative In base al tipo di prestazione richiesta Calonghi, una volta suddivise le prove in due macro aree: quella che attiene alla valutazione del profitto culturale e quella che attiene alla valutazione di obiettivi non culturali, le classifica in due categorie: quelle che richiedono prestazioni orali (interrogazioni o verifiche orali, nelle sue varie articolazioni) e quelle che richiedono prestazioni scritte (componimenti tradizionali, saggi, relazioni, disamine di argomenti, ricerche, cronache, riassunti, soluzioni scritte di problemi di matematica)15. 3.2 Classificazione in base al tempo dell’anno scolastico in cui le prove vengono somministrate: - - - Prove iniziali o d’ingresso. Hanno una funzione diagnostica. Forniscono informazioni per la progettazione del curricolo, della programmazione didattica; Prove intermedie. Hanno funzione formativa e regolativa orientativa in quanto forniscono, sia ai docenti sia agli allievi, informazioni sull’andamento delle singole parti del curricolo al fine di regolarlo nella situazione di fatto; Prove finali o d’uscita. Hanno funzione sommativa in quanto sono finalizzate a raccogliere informazioni sul conseguimento degli obiettivi più significativi dell’intero curricolo. 3.3 Classificazione in base alla funzione che svolgono nel processo formativo messo in atto: - Prove diagnostiche. (La valutazione diagnostica in un processo d’insegnamento apprendimento tende a rilevare le condizioni d’ingresso del soggetto in una situazione formativa. E’ la fase della conoscenza, utile per conoscere il soggetto e il risultato del precedente percorso formativo. Come scrive Hadji 15 Luigi Calonghi, Valutazione, Brescia, La Scuola 19869, pp 85-105. In particolare per la valutazione di obiettivi non culturale il Nostro così si esprime: «La scuola, come l’azione educativa familiare, extrafamiliare e scolastica non può mirare soltanto a trasmettere conoscenze od a far acquisire il metodo atto a far scienza nelle diverse accezioni di questa parola, ma deve altresì curare il sorgere e il mutare d’una motivazione legata a un quadro di valori umani, sociali e culturali, il chiarirsi, l’irrobustirsi e l’ampliarsi d’una gamma d’interessi, il formarsi di atteggiamenti profondi, l’inserimento sociale a vario livello. Una valutazione adeguata, sia in campo motivazionale, sia in campo sociale, dovrà occuparsi anche dei contenti, pur nel rispetto del pluralismo, della progredinte libertà di ricerca dell’alunno, delle preoccupazioni della famiglia. In pratica, si dovà vedere quali sono gli interessi, i valori, gli atteggiamenti, quali sono le maturazioni e qunto e come progrediscono. Pag. 92 7 - essa «si assicura che gli alunni possiedono le cognizioni e le competenze richieste per effettuare gli apprendimenti che sono l’oggetto di questa sequenza. Le possibili decisioni sono di due ordini: adattare il proprio insegnamento agli alunni così come sono; orientarli verso un insegnamento le cui modalità sono più adatte alle loro caratteristiche» 16.) Prove di verifica formativa. Prove sommative. Prove orientative, prove prognostiche, e altre 3.4 Classificazione in base alla loro strutturazione: - - Prove non strutturate (le cosiddette tradizionali: produzione di elaborati di varia tipologia, costruzione di mappe concettuali, prove orali di varia tipologia); Prove strutturate (prove oggettive di profitto, osservazioni delle interazioni); Prove semistrutturate (riassunti, saggi brevi, domande strutturate, relazioni, et al) 3.5 Classificazione in base alla strutturazione dello stimolo e della risposta17: Questa classificazione riprende e definisce più dettagliatamente la precedente. Uno stimolo è considerato aperto quando può essere interpretato in modo soggettivo perché non presenta vincoli e criteri a cui attenersi nel formulare una risposta e non determina una modalità di risposta, è considerato chiuso quando invece presenta caratteristiche che ne limitano fortemente l’interpretazione soggettiva perché si presenta univoco e circoscritto tanto da predeterminare una modalità di risposta. Allo stesso modo una risposta è considerata aperta quando l’allievo può muoversi liberamente organizzandola a suo piacimento mentre è considerata chiusa quando l’allievo è costretto a muoversi in un modello predeterminato. L’incrocio delle quattro suddette caratteristiche determina la seguente classificazione: - Prove Prove Prove Prove a a a a stimolo stimolo stimolo stimolo aperto aperto chiuso chiuso e a risposta aperta e a risposta chiusa e a risposta chiusa e a risposta aperta 3.5.1 Le prove del primo tipo, a stimolo aperto e risposta aperta, come si può facilmente intuire, sono quelle prove in cui il soggetto gode di ampia autonomia nel formulare la risposta. Il valutatore si limita a dare delle indicazioni solo sull’argomento dell’accertamento (formula una traccia, pone una domanda) senza circoscriverle e senza indicare alcun criterio e vincolo circa le modalità di formulazione della risposta. In prove di tal genere lo stimolo può essere interpretato soggettivamente e, di conseguenza, la risposta formulata altrettanto soggettivamente. Il che non sempre è di per sé negativo. Il problema si pone allorquando bisogna valutare gli esiti della prova perché a causa dell’assenza di criteri predeterminati ed univoci è pressoché impossibile ricorrere a una unica scala per valutare le prestazioni di vari soggetti a cui viene somministrata un’unica prova (per esempio durante gli esami), così com’è difficile pervenire a una valutazione condivisa tra i vari docenti e tra docenti e allievi. La mancanza di criteri ben definiti fa sì che la valutazione si risolve sostanzialmente in eterovalutazione. Il docente, infatti, valuta dall’esterno secondo un metro che non è conosciuto dall’allievo e, tante volte, non è condiviso neppure con i colleghi, per cui può variare il giudizio o il voto che diversi correttori danno a una medesima prestazione. E proprio in questo consiste la soggettività di cui sono accusate le prove di questa tipologia. Comunque ci sono delle buone ragioni a sostegno dell’utilizzo di prove di 16 17 C. Hadji, La valutazione delle azioni educative, Brescia, La Scuola 1995, pag. 22 S’intende per stimolo la sollecitazione posta all’allievo. 8 questo tipo, che per lo più vengono chiamate tradizionali. Esse sono funzionali, per esempio, alla valutazione della capacità di saper organizzare e giustificare una risposta, alla fluidità del linguaggio (nel caso di prove orali), alla valutazione della ricchezza del lessico. Se mai il problema è quello della definizione della significatività dei dati da rilevare tramite una prova di questo tipo, della loro registrazione e della loro interpretazione. Si rendono necessari, a tal proposito: - la stesura preventiva di una lista di prestazioni da osservare; - la stesura di una lista di indicatori, sia se si tratta di testi informativi sia se si tratta di testi espressivi18; - la predisposizione di uno strumento di osservazione e di registrazione delle prestazioni; - una pluralità di punti di vista indipendenti nell’interpretazione dei dati per giungere a un apprezzamento più mediato e, quanto meno, non arbitrario. Tema e interrogazioni su ampi argomenti sono due prove che possono tranquillamente essere assegnate a questa tipologia. 3.5.2 Le prove del secondo tipo, a stimolo aperto e risposta chiusa, sono quelle che Vertecchi chiama «un non senso sia da un punto di vista formativo, sia sotto l’aspetto della verifica»19. Sono prove, pur presenti nel mondo formativo, caratterizzate da un ampio stimolo che non richiede una prestazione dello studente. In genere non verificano le conoscenze o le abilità in quanto l’allievo studente si limita ad annuire, con un gesto, con la mimica, con un si o con un no,con un giusto o con un errato, in riferimento al discorso che il valutatore conduce per proprio conto. Possono avere una qualche utilità durante una esposizione in quanto possono costituire un feedback per il docente e indurlo a intervenire tempestivamente sull’andamento della lezione. 3.5.3 Le prove del terzo tipo, a stimolo chiuso e a risposta chiusa, sono caratterizzate da uno stimolo che indica già il modello della risposta, che è predeterminato. In relazione alle modalità previste per la risposta possono essere raggruppate in due insiemi: - prove che richiedono la formulazione della risposta prove che richiedono l’individuazione della risposta. 3.5.3.1. Il primo insieme, prove che richiedono la formulazione di una risposta, raggruppa quelle prove, quali alcuni esercizi di grammatica, alcuni problemi, l’esecuzione di operazioni, esercizi di calcolo, quesiti a risposta fissa eccetera, che per loro stessa natura non lasciano alcuna autonomia all’allievo nella formulazione della risposta. Se chiedo ad un allievo di individuare e di scrivere tutti gli articoli determinativi presenti in un testo, di fatto ho chiuso lo stimolo ma anche la risposta in quanto l’alunno, chiamato a formularla, per quanto possa scrivere gli articoli determinativi con la penna rossa o nera o blu comunque non ha possibilità di spaziare in quanto il testo della domanda contiene indicazioni vincolanti. Parimenti se chiedo a un allievo di risolvere un problema di matematica lo vincolo a compiere una serie di operazioni per formulare la risposta. E se gli chiedo di dirmi ad alta voce il nome della capitale della Francia, la risposta non può che essere formulata in un sol modo: Parigi (quesito a risposta fissa). 18 I testi informativi sono quelli che hanno come riferimento contesti osservati, vissuti o studiati, comunque dati rilevati da una situazione e riferiti per iscritto o oralmente (possono essere redazioni di verbali, di cronache, stesure di appunti et al.) I testi espressivi sono i frutto dell’attività poetica dell’alunno. Dei primi il docente conosce i contesti di riferimento e quindi può scrivere tra gli indicatori la pertinenza e la correttezza del testo. I secondi sono frutto dell’attività poetica dell’alunno (poesie, racconti, narrazioni) e, come tali non hanno riferimenti a un dato di fatto, per cui bisogna individuare indicatori che non siano di contenuto. 19 Benedetto Vertecchi, Caratteristiche delle prove d’esame, in Fulvio Balata, Emma Castelnuovo e altri, Scuola media ed esame di licenza, a cura di Benedetto Vertecchi, Firenze, La Nuova Italia editrice, 1982, pag. 45 9 3.5.3.2. Il secondo insieme, prove che richiedono il riconoscimento di una risposta, racchiude un’ampia tipologia di strumenti di rilevazione di informazioni. Esse richiedono all’allievo di riconoscere la risposta esatta tra quelle date e non lo impegnano, o lo impegnano poco, a formulare una risposta utilizzando le sue capacità linguistiche. Vengono chiamate prove oggettive di profitto non tanto perché assicurano la perfetta aderenza del dato rilevato alle reale conoscenza posseduta dall’allievo o a una improbabile valutazione oggettiva quanto perché essendo fortemente caratterizzate dal punto di vista metrologico eliminano notevolmente la soggettività nella lettura dei dati rilevati, garantendone in tal modo l’attendibilità. Vengono chiamate anche strutturate perché sono organizzate in stimoli chiusi e risposte chiuse per cui forniscono uno stimolo specifico e sollecitano una risposta altrettanto specifica. Tra le caratteristiche strutturali di questo tipo di prova figurano: - - la determinazione dell’obiettivo in termini di comportamento osservabile e, quindi, verificabile; l’inequivocabilità e dall’univocità dello stimolo; la possibilità di una loro somministrazione anche in assenza del valutatore, con vantaggio per la rilevazione di dati non influenzati dal suo comportamento, sia pur inconscio; la rigorosa predeterminazione delle risposte esatte e del loro peso, che favorisce sia la fedeltà della registrazione, sia l’oggettività della lettura. A seconda della formulazione della domanda e delle modalità previste per la risposta i quesiti di queste prove possono essere del tipo vero/falso; corrispondenze, completamento, scelta multipla. a) i quesiti del tipo vero - falso offrono all’allievo due sole possibilità di risposta chiedendogli d’indicare se una affermazione è vera o falsa. Generalmente si chiede di tracciare un segno sulla lettera V se s’intende dire che l’affermazione è vera o sulla lettera F per dire che è falsa, ma tantissime possono essere sia la formulazione del quesito sia le indicazioni per la risposta, per cui vi è una certa varietà di quesiti riconducibili alle prove di cui ci stiamo occupando (d’accordo, non d’accordo; esatto, sbagliato (E - S); +, - (più meno); si, no, eccetera). Alcuni esempi: L’autore delle Operette morali à Giacomo Leopardi V La seconda guerra mondiale scoppiò nel 1938 E L’autore delle Operette morali fu Giacomo Leopardi? Si F S NO Equivalenti alle prove del tipo vero - falso sono quelle a due alternative di risposta contrapposte: Se tu fossi più attento in classe miglioreresti il tuo profitto saresti Sono prove in cui la probabilità di dare una risposta esatta a caso è di uno su due, probabilità che può essere superata ricorrendo a un ampio numero di domande. Infatti più alto è il numero delle domande più si abbassa la probabilità di rispondere esattamente a caso, ovviamente in riferimento al numero complessivo delle domande. Generalmente questo tipo di prova viene utilizzato per verificare conoscenze semplici e per lo più riproduttive. Una variante alla scelta dicotomica è l’inserimento di una terza possibilità di risposta: parzialmente vera oppure vera e falsa insieme. Si può anche chiedere all’allievo di giustificare la risposta argomentandola. In questo caso, poiché s’inserisce una variante che dà all’allievo la possibilità di formulare liberamente una risposta, bisogna stabilire i criteri di correzione. 10 b) i quesiti del tipo a corrispondenze. Sono chiamati anche quesiti a confronto. L’allievo è stimolato ad associare, rispettando un rapporto dato, ciascuno degli elementi di un elenco al corrispondente elemento di un altro elenco. Ovviamente l’ordine dei due elenchi è diverso e nel secondo oltre agli elementi corrispondenti ve ne sono uno o più non corrispondenti, con funzione di distrattori, al fine di evitare che giunto all’ultimo abbinamento l’allievo operi un semplici incastro. Generalmente i due elenchi sono graficamente sistemati su due colonne, come nell’esempio seguente: Nella prima delle due colonne sono scritti i nomi di alcuni scrittori e nella seconda alcuni titoli di opere. Scrivi accanto a ciascun titolo il numero corrispondente all’autore che ha scritto quell’opera. (oppure collega con una freccia ciascun autore alla sua opera) 1 Alessandro Manzoni 2 Giovanni Pascoli 3. Silvio Pellico 4. Bianca Pitzorno 5. Gianni Rodari … … … … … … … Le mie prigioni La ragazza col Falcone Matilda I promessi sposi Olympos Il libro degli errori I Canti di Castelvecchio Le corrispondenze possono riguardare vari ambiti (collegare alcune operazioni aritmetiche al loro risultato, collegare una proposizione principale alla sua subordinata per completare un periodo, collegare date ed avvenimenti, e via discorrendo) c) i quesiti del tipo completamento, dette anche di integrazione, stimolano l’allievo a completare un brano (o uno o più periodi) da cui sono state levate alcune parole; al loro posto vengono lasciati spazi vuoti in cui bisogna scrivere la parola mancante, o il numero che la contrassegna, scegliendola da un apposito elenco, generalmente situato in calce. Nell’elenco sono presenti alcuni distrattori non solo al fine di sollecitare la capacità discriminativa dell’allievo ma anche per evitare che l’ultimo termine venga inserito per semplice incastro (uno spazio ancora vuoto, un termine ancora disponibile). Ovviamente i distrattori devono rispettare le concordanze grammaticali dei periodi nei quali si potrebbero inserire, così come gli spazi vuoti devono avere la medesima lunghezza per evitare che in spazi più brevi vengano inseriti termini di poche sillabe e viceversa, senza che l’allievo attivi alcuna riflessione. Esempio: Dal brano che segue sono state tolte alcune parole. Devi cercare di completarlo, scegliendo le parole mancanti tra quelle elencate sotto. E’ sufficiente, per la risposta, scrivere negli spazi bianchi il numero che precede il completamento che ritieni esatto.20 Le imprese pagano un …………………………… ai lavoratori. Esso non viene speso interamente per il ……………………………, ma una parte viene ……………………………; questa parte costituisce una …………………………… rispetto al circuito redditospesa. (1) ammortamento; (2) sostituita; (3) consumo; (4) risparmiata; (6) salario; (7) detrazione; (8) investimento 20 aggiunta; (5) Benedetto Vertecchi, Decisione didattica e valutazione, Scandicci, La Nuova Italia 1993, pag. 143 11 d) I quesiti del tipo a scelta multipla, sono costituite da due parti: una domanda o una consegna seguita da n alternative di risposte (generalmente quattro o cinque)21, tra le quali l’allievo deve scegliere quella o quelle (al massimo due) esatte. Nel caso in cui le risposte esatte siano due è opportuno che le alternative tra cui scegliere siano cinque. Questa tipologia di quesiti consente la formulazione di prove abbastanza complesse sia perché per scegliere la risposta esatta l’allievo è costretto ad analizzare le varie alternative di risposte, per gran parte verosimili o parzialmente vere sia perché, dato il numero delle alternative di risposta (generalmente 4 o 5), è di molto ridotta la probabilità d’individuare la risposta esatta casualmente. Vari sono i modi in cui un quesito a scelta multipla può presentarsi. Tra questi i seguenti: a) Una domanda diretta o indiretta: Qual è la capitale della Francia? (oppure: Indica il nome della capitale della Francia) Madrid Parigi Tokio Lisbona b) La presentazione di un problema a cui seguono soluzioni alternative tra cui scegliere l’esatta: Un rettangolo ha un lato di cm 2 e l’altro di cm 5. Indica quanto misura il suo perimetro a) cm 14 b) cm2 14 c) cm 7 d) cm 5 (L’allievo per rispondere deve ricavare il risultato, eseguire un’operazione, applicare o ricavare una formula) c) Una richiesta implicita di completare un periodo non concluso: I moti inserruzionali italiani del 1820 e del 1821 si proponevano di: 1. cacciare l’Austria dai suoi domini italiani; 2. rovesciare i governi legittimi e realizzare l’unità d’Italia; 3. permettere la partecipazione al governo del proletariato; 4. ottenere forme di governo che fossero costituzionali; 5. abolire il potere temporale del Papa (In quesiti di tal genere particolare attenzione dovrà essere rivolta alla coerenza grammaticale e sintattica tra la prima parte e ciascuna delle alternative della seconda parte, all’omogeneità dei periodi che si vanno a completare con ciascuna delle alternative, alla lunghezza delle alternative medesime) d) Si può chiedere all’allievo d’indicare qual è la risposta errata in una serie di risposte esatte, o di individuare qual è la risposta migliore e quella peggiore, o di ordinare diverse alternative secondo l’importanza di ciascuna di esse. Si possono inserire nella domanda grafici, tabelle, disegni, formule e vari materiali illustrativi. 3.5.4 Le prove del quarto tipo, a stimolo chiuso e risposta aperta, sono caratterizzate da uno stimolo che prefigura la risposta. Lo stimolo, infatti, contiene dei vincoli prescrittivi espliciti a cui l’allievo, pur nella libertà che gli viene lasciata nella formulazione della risposta, deve attenersi affinché la sua prestazione sia comparabile a precisi criteri di correzione opportunamente predeterminati. Sono prove caratterizzate da una certa flessibilità grazie alla quale si possono rilevare apprendimenti d’ordine superiore, quali possono essere quelli divergenti, quelli che presuppongono multidisciplinarità nella formulazione della risposta, correlazioni e via discorrendo. In quest’ampia tipologia di prova si annoverano: 21 Ve ne sono anche a tre alternative. Più alto è il numero di alternative più bassa è la probabilità di rispondere esattamente in modo casuale. 12 a) le domande strutturate. Sono serie di domande scritte, sempre a stimolo chiuso, che chiedono all’allievo di formulare una risposta nel rispetto dei vincoli indicati esplicitamente nello stimolo. Possono essere articolate in sottodomande. Generalmente prevedono - un’introduzione, che introduce l’allievo nell’argomento e lo aiuta a focalizzarlo. Può essere orale o scritta e può presentare grafici, tabelle, disegni, filmati etc. Dev’essere semplice e senza elementi superflui; - da una serie di domande a stimolo chiuso, che possono articolarsi in sottodomande. Devono essere inequivocabili e circoscritti. b) i saggi brevi. Sono delle composizioni, per lo più scritte, sollecitate da uno stimolo preciso e articolato. Si differenziano in maniera marcata dai tradizionali temi per l’alta strutturazione dello stimolo e la parziale apertura della risposta, che deve manifestarsi nel rispetto dei vincoli posti dallo stimolo (genere testuale, destinatari, eventuale articolazione del testo da produrre) e “agganciarsi” al materiale che viene proposto in esso (grafici, immagini significative, documenti, testimonianze, et al.). c) i riassunti. E’ una vera e propria riscrittura di un testo nel rispetto di alcuni vincoli espressamente indicati nella richiesta. E’ proprio la presenza di questi vincoli a fare del riassunto una prova semistrutturata a differenza del riassunto tradizionale, annoverabile tra le prove a stimolo aperto e risposta aperta. A seconda del testo da riassumere tra i vincoli possono esserci l’indicazione dei punti nodali da tenere presente nella stesura, la cronologia dei fatti narrati, le caratteristiche dei destinatari del testo prodotto, la sua lunghezza, la caratterizzazione dei personaggi e via discorrendo. d) il colloquio strutturato. E’ un interazione verbale guidata da una serie di strumenti predisposti dal docente, il quale è costretto a stendere una lista di contenuti e di argomenti del colloquio, stabilire una soglia di accettabilità della prestazione dell’allievo, predisporre uno strumento di registrazione delle informazioni rilevate durante il colloquio stesso (si parla di griglia). Il colloquio strutturato per lo più mira ad accertare conoscenze e il possesso di contenuti. Assume più che altro una valenza di riproduzione delle conoscenze e dei contenuti. Indubbiamente il suo andamento non potrà procedere lungo binari rigidamente prefissati. e) il colloquio semistrutturato. A differenza di quello strutturato mira rilevare capacità argomentative, narrative, descrittive oltre che l’originalità, flessibilità. Per tale motivo presenta, rispetto al primo, un minor livello strutturazione e include nello strumento di registrazione delle prestazioni capacità argomentative, descrittive e tutte le altre di cui s’è detto. a la di le f) la riflessione parlata. E’ finalizzata a conoscere come un allievo organizza le sue conoscenze, le sue modalità di ragionamento, le sue informazioni per dare risposta a una situazione problematica. Si presenta all’allievo una situazione strutturata nella quale attivare la riflessione. Acquista, perciò, particolare importanza la strutturazione della situazione e dei relativi stimoli, alcuni dei quali sono predefinibili. A differenza del colloquio strutturato, finalizzato a rilevare conoscenze e contenuti, di quello semistrutturato, finalizzato a rilevare capacità argomentative e descrittive, nella riflessione parlata gli stimoli dati durante la riflessione stessa devono riguardare la logica del soggetto, sollecitandolo a verificare autonomamente le sue asserzioni. Al docente, quindi, il compito di rilevare la qualità delle strategie manifestate dall’allievo. g) Altre tipi di prove semistrutturate sono gli articoli di giornale, le simulazioni di contesto, l’elaborazione di progetti, le relazioni di laboratorio, su cui 13 non ci si può soffermare data la natura informativa di questo modulo del master. 4. Validità e attendibilità delle prove di verifica. Si può dire che una prova è valida nella misura in cui rileva ciò che ci si era prefisso di rilevare, e solo quello. In altre parole quando c’è corrispondenza tra ciò che la prova riesce a rilevare e quanto s’intendeva rilevare. D’altro lato si può dire che una prova è attendibile quando consente a rilevatori diversi o al medesimo rilevatore in tempi diversi, di pervenire agli stessi risultati, generalmente rilevati attraverso un processo di misurazione. Validità e attendibilità dipendono direttamente dalla qualità degli stimoli, dalle modalità previste per le risposte e dalle tecniche di lettura dei dati rilevati. Quanto più una prova è strutturata, tanto più è metrologicamente definita e tanto più essa è attendibile in quanto riduce, se non addirittura elimina, la possibilità che si verifichino scarti tra correttori diversi o tra letture compiute dallo stesso correttore a distanza di tempo. Un esempio: una prova costituita da dieci quesiti a scelta multipla a quattro alternative a ciascuno dei quali è stato assegnato un peso di tre punti per ogni risposta esatta, e per ciascuno dei quali è stata stabilita la chiave di correzione, non lascerà alcun margine di discrezionalità al correttore in quanto il punteggio conseguito da ciascun allievo sarà sempre uguale al prodotto dato dal numero delle risposte esatte per tre. Ecco perché si definiscono oggettive le prove di tal fatta22. La validità, intesa come rilevazione di ciò ci si era prefisso di rilevare, richiama la capacità di una prova di sollecitare negli allievi quelle prestazioni, esterne e osservabili, che consentano di verificare gli obiettivi che ci si era prefissi, e solo quelli. Il che significa che gli stimoli devono essere adeguati alle prestazioni che s’intendono osservare, non devono contenere elementi di disturbo, non devono presupporre conoscenze e/o abilità che non siano stati previsti e descritti nella programmazione didattica in termini di obiettivi e realmente perseguiti nel corso dell’attività didattica. La presenza di elementi di disturbo, quali potrebbero essere le conoscenze presupposte e non effettivamente perseguite o la formulazione della domanda con un linguaggio non coerente con il livello di comprensione verbale del gruppo di alunni a cui dev’essere somministrata la prova (difficoltà di decodifica della domanda), indurrebbe a registrazioni, e conseguentemente a letture e a informazioni, non valide, che non esprimo la presenza o l’assenza delle conoscenze che si volevano verificare. Il discorso sulla validità include necessariamente tante altre considerazioni che qui non è il caso di richiamare. Preme però sottolineare che la validità non si riferisce alla proprietà in sé di una prova quanto piuttosto alla significatività e alla approprietazza delle inferenze che si possono rilevare dalle misurazioni (Hambleton e Sireci, 1997). Secondo l’American Psychological Association quattro sono i metodi «fondamentali per la validazione di uno strumento: […] 1) due metodi empirici di verifica, l’uno riguardante la validità predittiva e l’altro la validità concorrente. La prima si riconosce presente a seconda del grado con cui risultati di accertamenti successivi, che vengono riconosciuti come criterio di validità, sono correlati positivamente con quelli ottenuti dalla misurazione su cui ci interessa esprimere, appunto, un giudizio circa il valore predittivo. La seconda si verifica correlando i dati ottenuti con quelli di altre misurazioni contemporanee che fungono da criterio; 22 L’oggettività di una prova è data da tre fattori interagenti: a) stabilire a priori il punteggio da dare a ciascuna risposta esatta; b) nella lettura dei dati (in genere la misurazione) non entra in gioco il correttore, tanto che chiunque, anche un computer, può calcolare il punteggio conseguito da ciascun allievo; c) il fatto che tutti i soggetti a cui la prova è somministrata si trovano nella medesima condizione. 14 2) due procedimenti di tipo logico, riguardanti l’uno la validità del contenuto, identificabile con la rispondenza dell’oggetto della misurazione agli obiettivi generali prefissati; l’altro la validità del costrutto, che si attribuisce a una misurazione se gli esiti usati, ad esempio le domande di un test d’intelligenza o di attitudine, sollecitano veramente certi tratti psicologici23. Nel caso di misurazioni riguardanti l’apprendimento scolastico si aprla, in genere, di validità di contenuto e di validità predittiva, mentre gli altri due tipi di validità riguardano solitamente misure psicologiche. La validità predittiva assume particolare importanza per determinare tipi di controllo: quelli che in maggior misura, appunto, pretendono di pronunciarsi sul futuro degli scolari»24 Continua alla seconda parte 23 [La nota è numerata 24 nel testo da cui si cita] L. J. Cronbach, Educational Psycolgy, New York, Harper & Row, 1960, p. 121 24 Gabriella Grandi, Misurazione e valutazione, Firenze, La Nuova Italia, 1977, 1° rist 1978, pp 89-90 15