Le verifiche tributarie in
azienda
Giovedì 9 aprile 2015
ore 9,30 – 13,00 / 14,30 – 18,00
Best Western Premier BHR Treviso Hotel
Funzioni di controllo
dell’Amministrazione
finanziaria
Poteri di controllo
All’Agenzia delle Entrate è attribuito il compito di
amministrare i tributi statali, con l’eccezione dei dazi e delle
accise, di competenza dell’Agenzia delle Dogane.
I controlli fiscali vengono eseguiti, principalmente, dall’Agenzia
delle Entrate e dalla Guardia di Finanza.
Poteri di controllo
Mentre le competenze della Guardia di Finanza terminano con la
conclusione della verifica fiscale, l’emanazione dell’avviso di
accertamento, nonché la gestione dell’eventuale contenzioso, sono
attribuite esclusivamente all’Agenzia delle Entrate.
Competenze dell’Agenzia delle Entrate
Le Direzioni provinciali dell’Agenzia delle Entrate sono strutture
dirigenziali articolate al loro interno in uno o più uffici territoriali e
un ufficio controlli.
Competenze dell’Agenzia delle Entrate
Ai sensi dell’art. 31, comma 2, del D.P.R. 600/1973, la competenza
a effettuare i controlli e la notifica dell’avviso di accertamento
spetta all’ufficio distrettuale (ora Direzione provinciale) nella cui
circoscrizione è il domicilio fiscale del contribuente.
La competenza va individuata al momento di presentazione della
dichiarazione, e permane sino all’esaurimento del rapporto
d’imposta, a nulla rilevando il diverso domicilio del contribuente al
momento della rettifica (cfr. Cassazione 27/6/2003 n.10224).
Contribuenti di “grandi dimensioni”
La competenza all’accertamento dei contribuenti di “grandi
dimensioni” è invece della Direzione regionale presso cui è
istituito un ufficio ad hoc.
L’art. 27 del D.L. 185/2008 ha previsto una disciplina specifica in
relazione agli accertamenti eseguiti nei confronti dei contribuenti
con volume d’affari, ricavi o compensi non inferiori a 100
milioni di euro.
Contribuenti di “grandi dimensioni”
I contribuenti di “grandi dimensioni” sono individuati prendendo
come riferimento il valore più elevato tra i seguenti:
- ricavi di cui all’art. 85, comma 1, lett. a) e b) del TUIR;
- ammontare lordo complessivo dei compensi derivanti
dall’esercizio di arti e professioni di cui all’art. 53, comma 1, del
TUIR;
- volume d’affari ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. 633/1972.
È quindi sufficiente il superamento di uno dei tre parametri per
“attrarre” il contribuente nella sfera di competenza della
Direzione regionale.
Contribuenti di “grandi dimensioni”
Con riferimento alle annualità in cui il contribuente non ha superato
la “soglia” dei 100 milioni, e indipendentemente dal fatto che questa
venga superata in altri periodi d’imposta, la competenza resta
attribuita alle Direzioni provinciali (cfr. Circolare AdE n.13/E del
9/4/2009).
Coordinamento tra Agenzia delle Entrate e Guardia di
Finanza
Per evitare la reiterazione degli accessi è disposta l’immediata
comunicazione dell’inizio delle ispezioni e verifiche intraprese tra
uffici finanziari e Comandi della Guardia di Finanza.
L’ufficio o il Comando che riceve la comunicazione può richiedere
all’organo che sta eseguendo l’ispezione o la verifica l’esecuzione di
specifici controlli e l’acquisizione di specifici elementi e deve
trasmettere i risultati dei controlli eventualmente già eseguiti o gli
elementi eventualmente già acquisiti, utili ai fini dell’accertamento
(cfr. art. 33, comma 5, del D.P.R. 600/1973).
Coordinamento tra Agenzia delle Entrate e Guardia di
Finanza
Tuttavia la Corte di Cassazione (cfr. sentenza 30/10/2006 n.23353)
ha chiarito che la disposizione secondo cui gli uffici finanziari e i
Comandi della Guardia di Finanza debbono collaborare “per evitare
la reiterazione di accessi”, contiene una prescrizione volta a
ridurre il disturbo costituito da una pluralità di accessi, la quale,
però, non attribuisce al contribuente il diritto a non essere
ulteriormente “compulsato”, né è sorretta da una qualche
sanzione sul piano della validità dell’accertamento.
Accessi, ispezioni e
verifiche
Verifica fiscale
Con la terminologia “verifica fiscale” si è soliti definire il complesso
delle attività poste in essere da soggetti giuridicamente qualificati
intese a controllare il corretto adempimento delle norme
tributarie.
Verifica fiscale
La Circolare n.1/2008 del Comando Generale della Guardia di
Finanza ha specificato che la verifica fiscale consiste in un’attività
ispettiva:
- fondata sull’attività preliminare di intelligence e di analisi;
- finalizzata all’acquisizione e alla comunicazione all’Autorità
tributaria di dati, elementi e notizie per la determinazione delle
basi imponibili fiscalmente rilevanti;
- estesa alle situazioni più significative della posizione fiscale
relativa a un determinato contribuente;
- avente caratteristiche di flessibilità e adattabilità.
Verifica “generale”
La verifica è “generale” quando realizza:
- un approfondito esame degli aspetti salienti della posizione
fiscale del soggetto, avendo come riferimento i principali
tributi;
- l’analisi, ricorrendone i presupposti, dei connessi profili
concernenti la disciplina dei settori extra-tributari la cui
vigilanza è affidata alla Guardia di Finanza.
Verifica “parziale”
La verifica è “parziale” quando realizza:
- un approfondito esame degli aspetti salienti della posizione
fiscale del soggetto, avendo come riferimento un singolo
tributo;
- l’analisi, ricorrendone i presupposti, dei connessi profili
concernenti la disciplina dei settori extra-tributari la cui
vigilanza è affidata alla Guardia di Finanza.
Accertamento “esorbitante” dall’oggetto della verifica
Le informazioni e i dati raccolti nell’ambito di una verifica fiscale
devono essere tenuti distinti dall’oggetto della verifica stessa, ciò
in quanto le risultanze di una verifica vanno ben oltre il suo
oggetto, essendo strumentali alla ricostruzione del reddito del
contribuente.
Di conseguenza l’avviso di accertamento è legittimo anche se
fondato su elementi, rinvenuti in sede di accesso, esorbitanti
dall’oggetto dell’accesso stesso (cfr. Cassazione 16/12/2009
n.26321).
Contenuto delle verifiche fiscali
Accesso
L’accesso consiste in un atto autoritativo che può essere effettuato
nonostante l’opposizione del contribuente.
L’art. 11, lett. c), del D.Lgs. 471/1997 prevede una sanzione
pecuniaria da 258,00 a 2.065,00 euro nei confronti dei soggetti che
non abbiano ottemperato a qualsiasi altra richiesta fatta dagli uffici o
dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri loro conferiti.
Inoltre, l’uso di violenza o minaccia per opporsi a un pubblico
ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, mentre compie un atto
di ufficio o di servizio, integra il reato di “resistenza a pubblico
ufficiale”, punito dall’art. 337 c.p. con la reclusione da 6 mesi a 5
anni.
Tipologie di accesso
l’attività
rilascio
-
presso
i
locali
ove
viene
esercitata
imprenditoriale/professionale,
subordinato
al
dell’autorizzazione del capo dell’ufficio;
-
presso locali a uso promiscuo, subordinato al rilascio
dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica;
-
presso l’abitazione del contribuente, subordinato al rilascio
dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica la quale,
a sua volta, può essere emessa solo in presenza di gravi indizi di
evasione.
Tipologie di accesso
Redazione del processo verbale di accesso
Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale dal quale
devono risultare:
- le ispezioni e le rilevazioni eseguite;
- le richieste fatte al contribuente (o a chi lo rappresenta);
- le risposte ricevute;
- la sottoscrizione del contribuente (o di chi lo rappresenta) o il
motivo della mancata sottoscrizione (cfr. art. 52, comma 6, del
D.P.R. 633/1972).
Il contribuente ha diritto di avere copia del verbale (cfr. art. 52,
comma 6, del D.P.R. 633/1972).
Redazione del processo verbale di accesso
Alcune sentenze hanno dichiarato la nullità di avvisi di
accertamento basati su “PVC” che, a loro volta, scaturivano da
accessi per i quali non era stato redatto il processo verbale.
A titolo esemplificativo, è stato affermato che:
- l’obbligo di redazione del processo verbale di accesso è
strumentale al diritto di difesa del contribuente;
- l’omessa redazione dei processi verbali comporta, per derivazione,
la nullità dell’accertamento;
- le violazioni fiscali devono essere constatate mediante verbale e ciò
non soffre deroga in caso di “accessi brevi”.
Accesso presso i locali dell’impresa
L’art. 52, comma 1, del D.P.R. 633/1972 riconosce agli uffici
finanziari la possibilità di disporre l’accesso nei locali destinati
all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o
professionali al fine di procedere a ispezioni documentali,
verificazioni, ricerche e a ogni altra rilevazione ritenuta utile
per l’accertamento.
Però, la norma dispone che i verificatori (impiegati o militari)
devono essere muniti di apposita autorizzazione, indicante lo
scopo dell’accesso, rilasciata dal capo dell’ufficio.
Accesso presso i locali dell’impresa
Nell’ipotesi in cui il locale ove viene esercitata l’attività
commerciale sia accessibile solo attraverso un locale adibito ad
abitazione di un terzo:
- l’accesso non è subordinato alla previa autorizzazione del
PM;
- a condizione che il terzo abbia dato il proprio consenso ad
accedere al proprio appartamento (cfr. Cassazione 31/8/2007
n.18337).
Accesso presso locali i dell’impresa: Guardia di Finanza
Secondo un orientamento della Corte di Cassazione, gli accessi
disposti presso i locali commerciali non necessitano di alcuna
autorizzazione se effettuati dalla Guardia di Finanza (cfr.
Cassazione 28/4/2010 n.10137, 8/7/2009 n.16017 e 12/5/2011
n.10390).
Le pronunce non possono essere esenti da critiche, infatti, in base
alla prassi della stessa Guardia di Finanza, l’autorizzazione del
capo ufficio è ritenuta necessaria (cfr. Circolare 1/2008, Parte I,
cap. 3); inoltre l’art. 63 del D.P.R. 633/1972 specifica che la
Guardia di Finanza agisce in osservanza degli artt. 51 e 52 del
D.P.R. 633/1972, con conseguente necessità dell’autorizzazione.
Accesso presso i locali dell’impresa:
mancanza di autorizzazione
Secondo la sentenza della Cassazione 12/2/2010 n.3388, nessuna
nullità è comminata dalla legge per il caso dell’accesso presso i
locali dell’impresa eseguito in assenza dell’autorizzazione del capo
dell’ufficio, a differenza, invece, di quanto sarebbe avvenuto se
l’accesso fosse stato effettuato presso l’abitazione del contribuente,
ove è in gioco l’inviolabilità del domicilio.
In altra sede, invece, è stato sostenuto che la documentazione
acquisita a seguito di autorizzazione verbale è inutilizzabile (cfr.
Cassazione 29/11/2001 n.15209).
Accesso presso locali dell’impresa in mancanza del
titolare
L’accesso effettuato ove il titolare non sia presente sarà
intrapreso, “con l’assistenza della persona, che sia incaricata delle
operazioni tipiche dell’attività esercitata, presente sul posto, ferma
restando la possibilità del titolare o del rappresentante legale di
incaricare al riguardo qualsiasi altro soggetto” (cfr. Circolare
Guardia di Finanza 1/2008, Parte II, cap. 3).
Accesso presso lo studio professionale
L’accesso nei locali destinati all’esercizio di arti o professioni va
eseguito alla presenza del titolare dello studio o di un suo delegato
(cfr. art. 52, comma 1, D.P.R. 633/1972).
La circ. Guardia di Finanza 1/2008 (Parte II, cap. 3) ha specificato
che, nel caso in cui il titolare dello studio sia assente e in mancanza di
un suo delegato:
- i verificatori non possono intervenire d’autorità, né richiedere
l’assistenza di terzi;
- il soggetto eventualmente presente nello studio “è pienamente
legittimato ad opporsi sia all’accesso stesso, sia alla richiesta di
esibizione delle scritture contabili”.
Accesso presso lo studio professionale
In mancanza del titolare o di un suo delegato i verificatori
dovranno:
- chiedere al soggetto presente nello studio di contattare il
professionista o di farsi rilasciare la delega, anche via fax o
per posta elettronica;
- in caso di irreperibilità del titolare, adottare ogni cautela al
fine di impedire che possano essere perpetrati tentativi di
dispersione delle scritture contabili;
- evitare in ogni modo di rinviare a un successivo momento
l’intervento.
Accesso locali “promiscui”
L’autorizzazione del PM è necessaria anche se il contribuente
non si è materialmente opposto all’accesso.
Pertinenza dell’impresa adibita ad abitazione del custode
L’autorizzazione giudiziaria non è necessaria nell’ipotesi in cui “il
locale in questione risulta di fatto essere una pertinenza
dell’impresa adibita in parte ad abitazione del custode della stessa,
in parte ad ufficio” (cfr. C.T.R. Bari 1/3/2002 n.34).
Accesso presso locali “promiscui”
Secondo il Comando Generale della Guardia di Finanza (cfr.
Circolare 1/2008, Parte II, cap. 3) l’autorizzazione non occorre per
accedere “ad esempio, in uno stabilimento industriale, anche se
alcuni locali di esso sono adibiti ad abitazione del proprietario, del
direttore o del custode; la citata autorizzazione sarà richiesta solo
quando si intenda entrare specificamente in quei locali adibiti ad
abitazione ancorché, come detto, siano all’interno dello
stabilimento”.
Accesso domiciliare
L’accesso nei locali adibiti esclusivamente ad abitazione è
subordinato alle seguenti condizioni:
- autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica;
- sussistenza di gravi indizi di violazioni tributarie e dello
scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture e altre
prove delle violazioni.
Tale accesso si pone in contrasto con l’inviolabilità del domicilio
di cui all’art. 13 della Costituzione, per cui l’eventuale difetto di
autorizzazione deve comportare l’inutilizzabilità dei dati acquisiti.
Accesso domiciliare
In giurisprudenza si è affermato l’orientamento secondo il quale le
irregolarità commesse relativamente agli accessi possono essere
fatte valere solo da colui il quale ha subito l’accesso stesso (cfr.
Cassazione 11/6/2009 n.13486).
Adottando tale impostazione, l’eventuale illegittimità dell’accesso
non potrebbe essere sollevata dal contribuente il cui accertamento
sia basato su documenti rinvenuti in sede di accesso presso altri
contribuenti.
Accesso domiciliare
Il domicilio può essere “violato” solo alla presenza di circostanze
talmente gravi da indurre a un fondato sospetto che si stia
consumando un illecito tributario (non basta una semplice
segnalazione e non conta se, in seguito all’accesso, sono state
riscontrate le violazioni).
Tuttavia, talvolta le autorizzazioni avanzate dai verificatori, non
riportano dettagliatamente i gravi indizi necessari ma si limitano
a richiedere l’accesso.
Inoltre, tali autorizzazioni di rado sono allegate all’avviso di
accertamento o sono prodotte in sede di contenzioso.
Accesso domiciliare
Per acquisire notizie circa la richiesta formulata dai verificatori al
PM è necessario presentare richiesta di accesso agli atti ex art. 22
della Legge 241/1990.
In sede difensiva è opportuno rilevare la necessità di dover
riscontrare i gravi indizi ritenuti esistenti, sottolineando che la
mancata allegazione impedisce anche al giudice adito di verificare il
rispetto della prescrizione normativa.
L’eventuale violazione (autorizzazione in mancanza di gravi
indizi) può comportare la nullità dell’avviso di accertamento.
Accesso domiciliare: secondo tentativo
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.11672 del 15/5/2013,
nel ribadire il principio secondo cui l’accertamento basato su
documenti rinvenuti nel corso di un accesso domiciliare non
autorizzato dal PM è nullo, stante l’inutilizzabilità di quanto
acquisito, ha chiarito che, ove vi sia stato un secondo accesso,
debitamente autorizzato, la documentazione successivamente
rinvenuta durante questo secondo accesso è pienamente
utilizzabile per fondare la verifica e il conseguente accertamento
fiscale.
Rinvenimento di documenti relativi a soggetti diversi dal
proprietario dell’abitazione
Nella fattispecie in cui, durante la perquisizione domiciliare, i
verificatori rinvengano documentazione appartenente a un
soggetto diverso dal proprietario dell’abitazione, tale
documentazione è utilizzabile, anche se di ciò non è fatta
menzione nel provvedimento autorizzativo (cfr. Cassazione
7/2/2007 n.2675).
Accesso domiciliare: anche presso soggetti terzi
La valutazione della sussistenza dei gravi indizi, che si erge a
presupposto di validità dell’autorizzazione, deve avvenire ex ante
con prudente apprezzamento e non ex post (cfr. Cassazione
20/3/2009 n.6836).
La sussistenza dei gravi indizi di evasione assume un rilievo
particolare qualora l’accesso debba essere eseguito presso un
soggetto terzo rispetto al presunto evasore, nella specie
amministratore della società “accertata” (cfr. Cassazione
20/3/2009 n.6836).
Ricerche
Le ricerche si sostanziano in una serie di attività volte al materiale
reperimento degli elementi (registri, documenti, scritture e libri)
necessari per eseguire le ispezioni documentali e le verificazioni.
In quanto esercizio di pubblica autorità esse possono avvenire
anche contro la volontà del contribuente:
- anche se il contribuente sostiene di avere esibito tutti i documenti
richiesti;
- nei locali nei quali è consentito o è stato autorizzato l’accesso,
sugli autoveicoli e natanti dell’impresa verificata e su quelli
adibiti al trasporto di merci per conto terzi.
Ispezione documentale
Consiste nell’analisi delle scritture, dei libri, dei registri e dei
documenti la cui istituzione, tenuta e conservazione sia
obbligatoria, nonché nel raffronto del loro contenuto con quello
degli altri documenti reperiti nel corso delle ricerche:
- la corrispondenza commerciale (lettere, ordinativi, ecc.);
- la contabilità posta in essere ai fini del controllo interno della
gestione (budget, contabilità dei costi, ecc.);
- la documentazione contabile di altri soggetti che hanno
intrattenuto, con quello verificato, rapporti economici.
Ispezione documentale: documenti informatici
La Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di
Finanza ha precisato che le ispezioni documentali devono
comprendere l’eventuale acquisizione, anche da parte di personale
qualificato, di:
- supporti informatici (floppy disk, hard disk esterni, cd, dvd,
chiavi usb);
- dati presenti nell’hard disk dell’elaboratore, mediante
trasferimento su altro supporto informativo esterno (cosiddetto
back up).
Ispezione documentale
Ai sensi dell’art. 52, comma 4, del D.P.R. 633/1972, l’ispezione
documentale si estende a tutti i libri, registri, documenti e
scritture, compresi quelli la cui tenuta o conservazione non sia
obbligatoria, che si trovano nei locali in cui l’accesso viene
eseguito o che sono comunque accessibili tramite apparecchiature
informatiche installate in detti locali.
Ispezione documentale: rifiuto di esibizione dei
documenti
L’art. 32 del D.P.R. 600/1973 precisa che i documenti non esibiti a
seguito di richiesta degli uffici durante la verifica fiscale non
possono essere utilizzati né in fase amministrativa, né in fase
contenziosa.
Perquisizioni personali, apertura coattiva di casseforti,
pieghi sigillati, etc.
L’art. 52, comma 3, del D.P.R. 633/1972 prevede la necessità
dell’autorizzazione del PM per procedere, durante l’accesso, a:
- perquisizioni personali;
- perquisizioni domiciliari;
- apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili,
ripostigli e simili;
- esame di documenti e richiesta di notizie relativamente ai quali
è eccepito il segreto professionale.
Perquisizioni personali, apertura coattiva di casseforti,
pieghi sigillati, etc.
Nelle more delle decisioni del magistrato devono essere adottate
tutte le cautele necessarie per impedire che vengano alterati,
occultati o distrutti libri, registri, scritture e documenti ovvero che
vengano sottratti plichi sigillati, borse, ecc., o il loro contenuto (cfr.
Circolare Guardia di Finanza 1/98, Parte II, § 2.3).
L’autorizzazione giudiziaria è necessaria anche nell’ipotesi in cui
la borsa oggetto di apertura appartenga a un soggetto diverso
dal contribuente “accertato”.
Apertura di borse, pieghi sigillati, casseforti
Sulla base dei precedenti giurisprudenziali pare che l’autorizzazione non
sia necessaria ove sussista il consenso del contribuente.
L’autorizzazione occorre solo per procedere all’”apertura coattiva” di
borse ma non è necessaria ove l’acquisizione di documenti contenuti in
borse sia avvenuta con la collaborazione ed in continua presenza, nella
specie, del figlio e della moglie del contribuente e, comunque, senza
manifestazione di alcuna contraria volontà (cfr. Cassazione 23/4/2007
n.9565).
Tuttavia non vi può essere consenso se l’invito all’apertura, ad esempio,
del plico, è avvenuto a seguito di ripetuti richiami sulle conseguenze
della mancata collaborazione (cfr. Cassazione 27/7/98 n.7368).
Apertura di borse, pieghi sigillati, casseforti
Il contribuente può opporsi all’apertura coattiva, ma, come
regola generale, ciò non pare opportuno, visto che a fronte di tale
condotta i verificatori ben potrebbero richiedere l’autorizzazione del
PM.
Ai fini della legittimità della verifica, e quindi dell’utilizzabilità
degli elementi rinvenuti, occorre che i funzionari abbiano
menzionato, nel verbale, di aver reso edotto il contribuente della
facoltà di opporsi, e che, ovviamente, non vi sia stata
successivamente nessuna opposizione.
Autorizzazione del PM e supporti informatici
L’esame della documentazione elettronica intercorsa tra il
contribuente “accertato” e soggetti terzi deve essere vagliata alla luce
della necessità di ottenere l’autorizzazione del PM per l’apertura
coattiva di “pieghi sigillati”.
La Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza
ha chiarito che la suddetta autorizzazione:
-
non è necessaria per visionare e-mail già “aperte” dal
destinatario;
-
è necessaria per visionare posta elettronica non letta o in
relazione alla quale è eccepito il segreto professionale.
Autorizzazione del PM e supporti informatici
In dottrina è stato rilevato come l’autorizzazione del PM dovrebbe
essere presente anche nell’ipotesi in cui i verificatori intendano
accedere coattivamente ai dati contenuti in un personal computer,
posto che esso può essere equiparato a un piego sigillato (infatti, è
accessibile solo da parte dei soggetti in possesso dell’apposita
password).
Tuttavia, ai sensi dell’art. 6 del D.M. 23/1/2004, i documenti
informatici contenenti le scritture contabili devono essere
stampati su richiesta dei verificatori e l’inottemperanza a ciò può
configurare il rifiuto di esibizione.
Autorizzazione del PM e supporti informatici
In assenza di un chiaro orientamento giurisprudenziali sul punto, si
può prospettare che:
-
se il contribuente non esibisce o non rende leggibili i files
contenenti le scritture contabili o altra documentazione, si può
verificare il rifiuto di esibizione, con la conseguente e successiva
preclusione probatoria;
-
se i funzionari, coattivamente e senza autorizzazione, accedono
al PC e visionano documenti extracontabili, questi sono
inutilizzabili per difetto della prescritta autorizzazione.
Autorizzazione del PM
Ispezione di documenti e scritture
I verificatori possono:
-
eseguirne o farne eseguire copie o estratti;
-
apporre nelle parti che interessano la propria firma o
sigla, insieme con la data e il bollo d’ufficio;
-
adottare le cautele atte ad impedire l’alterazione e la
sottrazione dei libri e dei registri.
Sequestro di documenti e scritture
Il sequestro di documenti e scritture è possibile solo nel caso
di impossibilità di riprodurne o farne constare il
contenuto a verbale ovvero in caso di mancata
sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale.
Non possono essere sequestrati i libri e i registri.
Ricerche sugli autoveicoli e natanti dell’impresa e su
quelli adibiti al trasporto di merci per conto terzi
Le norme procedurali in tema di autorizzazioni si applicano anche in
relazione agli autoveicoli e natanti adibiti al trasporto “per conto
terzi” (art. 52, comma 8, del D.P.R. 633/1972).
È legittima, anche in assenza dell’autorizzazione del PM, la verifica
effettuata nell’automobile condotta dall’amministratore della
società in quanto effettuata su un veicolo il cui utilizzo è riferibile
all’attività della società stessa (cfr. Cassazione 3/7/2003 n.10489 e
5/2/2011 n.2804).
Verifica su automobile di proprietà del contribuente o di
un dipendente della società
La nozione di “domicilio” si estende anche alle autovetture, sono
stati quindi ritenuti illegittimi:
-
l’utilizzo di documentazione reperita all’interno di
un’autovettura di un dipendente del contribuente, sottoposta a
controllo senza autorizzazione del PM, ancorché consegnata
spontaneamente (cfr. Cassazione 8/11/97 n.11036);
-
l’acquisizione di documenti contenuti in una borsa posta
all’interno dell’autovettura del contribuente in mancanza
dell’autorizzazione del PM (cfr. Cassazione 2/2/98 n.1036).
Verifiche su autovetture e autorizzazione del PM
Contabilità presso lo studio professionale
Qualora il contribuente detenga le scritture contabili presso il
proprio professionista:
-
i verificatori possono recarsi presso lo studio del professionista;
-
qualora quest’ultimo opponga il segreto professionale, per
esaminare i documenti è necessaria l’autorizzazione del PM.
“L’attività presso lo studio professionale deve limitarsi alla sola
acquisizione di documenti di pertinenza del soggetto sottoposto ad
attività ispettiva, senza alcuna possibilità di procedere a ricerche e
deve essere ritualmente formalizzata in un apposito processo verbale
di ritiro di documenti” (cfr. Circolare Guardia di Finanza 1/2008).
Dati relativi a soggetti e periodi diversi
Attraverso le ispezioni autorizzate ai sensi dell’art. 52 del D.P.R.
633/1972, l’Amministrazione può acquisire dati utilizzabili
per accertamenti relativi a:
-
soggetti diversi rispetto al titolare del domicilio nei cui
confronti è stata chiesta e ottenuta l’autorizzazione;
-
periodi di tempo e circostanze diversi rispetto a quelli che
sono posti a base dell’autorizzazione.
Prove illegittimamente acquisite
La Corte di Cassazione con la sentenza n.17957 del 19/10/2012 ha
confermato la nullità dell’accertamento fondato su prove
illegittimamente acquisite.
In particolare può essere ritenuto integralmente nullo
l’accertamento
fondato
esclusivamente
sulle
prove
illegittimamente acquisite ma non quello che in parte è fondato
anche su altri elementi (cfr. Cassazione 11/11/2011 n.23595).
 In sede difensiva potrebbe essere opportuno rilevare
compiutamente l’origine di ogni singola pretesa affinché si
possa ricondurre alla fonte “di legittima provenienza” o meno.
Diritti dei
contribuenti
sottoposti a
verifica fiscale
Art. 12, comma 1, Legge 212/2000
“Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati
all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole,
artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze
effettive di indagine e controllo sul luogo”.
 Tali esigenze devono risultare dal verbale del primo giorno
di verifica.
Art. 12, comma 1, Legge 212/2000
Gli accessi, le ispezioni e le verifiche “si svolgono, salvo casi
eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante
l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da
arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle
attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del
contribuente ”.
I “casi eccezionali e urgenti” sono da correlare al pericolo che il
ritardo nell’accesso possa compromettere l’esito della verifica.
Le motivazioni dovranno essere portate a conoscenza del
contribuente.
Art. 12, comma 1, Legge 212/2000
Gli accessi disposti da funzionari della Guardia di Finanza devono
essere effettuati, per quanto possibile, in borghese (cfr. art. 7 D.L.
70/2011).
Art. 12, comma 2, Legge 212/2000
“Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di
essere informato
 delle ragioni che l’abbiano giustificata
 e dell’oggetto che la riguarda,
 della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato
alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria,
 nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al
contribuente in occasione delle verifiche”.
Ragioni e oggetto della verifica fiscale
Nella Circolare della Guardia di Finanza n.250400 del 17/8/2000 è
affermato che le ragioni delle verifiche risiedono
nell’adempimento dei compiti degli organi di polizia tributaria.
Tali ragioni discenderebbero, quindi, “di per sé stesse, dal potere
dovere dell’amministrazione finanziaria di controllare l’esatto
adempimento degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti, senza
particolari condizioni o vincoli da considerare”.
La verifica sarebbe, invece, illegittima, in quanto viziata per
eccesso di potere, qualora l’atto ispettivo fosse adottato per motivi
extrafiscali, non pertinenti.
Diritto a conoscere la “fonte d’innesco” della verifica
In dottrina è stato rilevato come il primo giorno dell’intervento sarebbe
necessario rilevare in atti se la verifica è “centralizzata” ovvero
“d’iniziativa”, specificando:
-
nel primo caso, qual è l’organo che ha attivato l’indagine e, se
possibile, il criterio selettivo (ad es. piano di verifiche a soggetti di
grandi dimensioni);
-
nel secondo, qual è la tipologia di input di attivazione del servizio,
compatibilmente con la necessità di non compromettere la
funzionalità dell’indagine (ad es. attività informativa autonoma,
segnalazioni di irregolarità pervenute da altri comandi, ecc.).
Oggetto della verifica
Può essere (cfr. Circolare Guardia di Finanza 17/8/2000 n.250400):
- una verifica generale, ai fini delle imposte dirette o di altra
imposta;
- una verifica parziale, finalizzata, ad esempio, al controllo del
corretto adempimento delle prescrizioni in materia di imposte
dirette per un determinato anno, al controllo del magazzino, al
rilevamento delle giacenze e delle regolarità di più atti di gestione
rilevanti ai fini dell’applicazione delle accise, ecc.;
- un controllo finalizzato a verificare la corretta applicazione della
normativa relativamente a un singolo atto di gestione.
Oggetto della verifica
In dottrina è stato ritenuta necessaria l’indicazione della porzione
degli atti di gestione sui quali verte il controllo e dell’arco
temporale interessato, ovvero alla specificazione dei tributi a tutela
dei quali viene effettuato l’accesso.
Tuttavia, ove nel corso di un accesso emergano elementi diversi
rispetto al suo oggetto originario, essi sono utilizzabili (cfr.
Cassazione 18/6/2008 n.16416).
Diritto all’assistenza
Il contribuente sottoposto a verifica fiscale è informato della facoltà
di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi
alla giustizia tributaria.
La mancata osservanza della norma comporta l’illegittimità
dell’avviso di accertamento per derivazione (cfr. C.T.P. Milano
10/5/2010 n.126).
Informazioni su diritti e obblighi del contribuente
Nella Circolare della Guardia di Finanza 17/8/2000 n.250400, con
riguardo agli obblighi del contribuente verificato, vengono precisate
le conseguenze derivanti dalla mancata esibizione, all’atto
dell’accesso, di tutti i libri, registri, scritture e documenti attinenti
all’attività esercitata:
-
l’impossibilità che gli stessi possano essere considerati in
proprio favore in sede amministrativa o contenziosa;
-
l’applicazione delle relative sanzioni amministrative;
-
la possibilità di legittimare l’Amministrazione finanziaria alla
determinazione induttiva del reddito e dell’IVA.
Art. 12, comma 3, Legge 212/2000
“Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti
amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ufficio dei
verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta”.
La Guardia di Finanza (cfr. Circolare 1/2008) ha precisato che:
-
la richiesta in questione è una mera facoltà;
-
nell’ipotesi in cui il contribuente non richieda che l’esame
avvenga presso il professionista o presso i verificatori, ciò non
può essere interpretato come un divieto di “spostare” il controllo
presso gli uffici.
Art. 12, comma 4, Legge 212/2000
“Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del
professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto
nel processo verbale delle operazioni di verifica”.
 Per i verificatori comporta l’obbligo di verbalizzazione delle
osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista
nel Processo verbale giornaliero.
Termini di permanenza dei verificatori
(art. 12, comma 5, Legge 212/2000)
La permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente non
può superare i 30 giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori 30
giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati
e motivati dal dirigente dell’ufficio.
Nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità semplificata
nonché dei lavoratori autonomi, il termine è invece di 15 giorni,
prorogabili di ulteriori 15, in caso di particolare complessità
dell’indagine (questi devono comunque essere contenuti nell’arco
di non più di un trimestre).
Termini di permanenza dei verificatori
(art. 12, comma 5, Legge 212/2000)
Con le modifiche apportate dal D.L. 70/2011 è stato previsto che il
periodo massimo di permanenza sia computato facendo
riferimento ai giorni di effettiva presenza presso la sede del
contribuente.
Nonostante sul punto sia opportuna una conferma giurisprudenziale,
in dottrina è stato ritenuto che per i soggetti che abbiano optato per
la contabilità ordinaria si applichi il termine di 30 giorni.
Termini di permanenza dei verificatori
(art. 12, comma 5, Legge 212/2000)
I verificatori possono ritornare nella sede del contribuente una
volta che sia decorso il termine di 30 giorni (eventualmente
prorogato).
Tuttavia tale possibilità è subordinata:
-
alla necessità di esaminare le osservazioni e le richieste
eventualmente presentate dal contribuente dopo la
conclusione delle operazioni di verifica;
-
alla sussistenza di specifiche ragioni, previo assenso motivato
del dirigente dell’ufficio.
Art. 12, comma 6, Legge 212/2000:
Garante del contribuente
“Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano
con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al
Garante del contribuente”.
Il Garante del contribuente non ha poteri sanzionatori o
sostitutivi ma può:
-
rivolgere richieste di documenti o chiarimenti agli uffici
competenti, i quali rispondono entro trenta giorni;
[…]
Art. 12, comma 6, Legge 212/2000:
Garante del contribuente
[…]
- attivare le procedure di autotutela;
- richiamare gli uffici al rispetto delle disposizioni di cui all’art.
12 della Legge 212/2000;
- individuare i casi in cui i comportamenti dell’Amministrazione
determinano un pregiudizio per i contribuenti, segnalandoli al
direttore regionale o compartimentale o al Comandante
regionale della Guardia di Finanza competente e all’ufficio
centrale per l’informazione del contribuente, al fine di un
eventuale avvio del procedimento disciplinare.
Raccomandazione del Direttore dell’Agenzia delle
Entrate
“[…] se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti
da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudo
infrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la stessa
sembri essersi chiusa negativamente” (cfr. Lettera del Direttore
dell’Agenzia delle Entrate del 29/10/2010) .
Poteri
degli Uffici
Poteri degli Uffici
L’art. 31 del D.P.R. 600/1973 attribuisce agli Uffici i seguenti poteri:
-
controllare le dichiarazioni dei contribuenti e dei sostituti
d’imposta;
-
vigilare sulla corretta tenuta delle scritture contabili e sugli
altri obblighi imposti dalla legge;
-
irrogare le sanzioni pecuniarie previste dalla legge;
-
presentare rapporto all’Autorità giudiziaria qualora ravvisino
gli estremi di un reato.
Poteri degli Uffici
In un sistema tributario fondato sull’autotassazione, i poteri
conferiti dal legislatore all’Amministrazione finanziaria al fine di
contrastare l’evasione sono molto estesi.
Tuttavia, in linea di principio, ogni atto impositivo emanato
senza l’osservanza delle norme procedurali è da ritenersi
nullo.
Poteri degli Uffici
I poteri degli uffici finanziari possono essere suddivisi in:
-
poteri che presuppongono l’espletamento di indagini da parte
degli organi (cd. “accessi, ispezioni e verifiche”);
-
poteri consistenti nel richiedere (al contribuente o a terzi)
l’esibizione di documenti o di fornire informazioni.
Poteri degli Uffici: art. 32 D.P.R. 600/1973
L’art. 32 del D.P.R. 600/1973 attribuisce agli uffici la facoltà di:
-
invitare i contribuenti a comparire di persona o a mezzo di
rappresentante per fornire dati e informazioni utili ai fini delle
indagini nei loro confronti;
-
invitare i contribuenti a esibire atti e documenti rilevanti ai
fini dell’accertamento nei loro confronti;
-
inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di
carattere specifico, rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro
confronti o nei confronti di altri soggetti con i quali essi
abbiano intrattenuto rapporti; […]
Poteri degli Uffici: art. 32 D.P.R. 600/1973
[…]
-
richiedere ai soggetti obbligati alla tenuta delle scritture
contabili notizie e documenti, relativi ad un certo periodo
d’imposta, rilevanti ai fini dell’accertamento nei confronti
di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo;
-
invitare ogni altro soggetto a esibire o trasmettere, anche in
copia fotostatica, atti o documenti fiscalmente rilevanti
concernenti specifici rapporti intrattenuti con il
contribuente e a fornire i relativi chiarimenti.
Inviti a comparire, richieste e questionari
Gli inviti e le richieste in esame devono essere notificati ai sensi
dell’art. 60 del D.P.R. 600/1973.
Dalla data di notifica decorre il termine fissato dall’ufficio per
l’adempimento, che deve essere non inferiore a 15 giorni .
Nulla vieta che il contribuente, illustrandone il motivo, presenti
agli uffici apposita domanda di differimento del termine per la
consegna della documentazione.
Gli inviti e le richieste devono essere motivati a pena di nullità,
in modo da rendere edotto il contribuente delle ragioni della
verifica.
Richiesta di comparizione
Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 2), D.P.R. 600/1973, l’ufficio
può “invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di
persona o per mezzo di rappresentante per fornire dati e notizie
rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti”.
La richiesta di comparizione e le risposte fornite devono
risultare da apposito verbale (sottoscritto dal contribuente o dal
suo rappresentante).
Il contribuente ha diritto di avere copia del verbale.
Richiesta di esibizione di atti e di documenti
Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 3), D.P.R. 600/1973, gli
operatori tributari hanno facoltà di “invitare i contribuenti,
indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti
rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti”.
L’ufficio è legittimato a estrarre copia dei suddetti documenti e a
trattenerli per un periodo non superiore a 60 giorni.
Al fine di consentire la continuità dell’attività da parte del soggetto
sottoposto a verifica, non possono essere trattenute le scritture
cronologiche in uso.
Soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili
Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 8), D.P.R. 600/1973, ai soggetti
obbligati alla tenuta delle scritture contabili possono essere
richiesti “dati, notizie e documenti relativi ad attività svolte in un
determinato periodo d’imposta, rilevanti ai fini dell’accertamento
nei confronti di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro
autonomo”.
Soggetti che intrattengono rapporti con il contribuente
Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 8-bis), D.P.R. 600/1973, agli
Uffici è consentito “invitare ogni altro soggetto ad esibire o
trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti
fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti
con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi”.
Tuttavia in dottrina è stato ritenuto che tale potere non sia
incondizionato e che gli uffici non possano avanzare tale
richiesta nei confronti di chiunque, bensì solo nei confronti di
quei terzi che abbiano intrattenuto con il contribuente specifici
rapporti di natura commerciale.
Invio di questionari
Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 4), D.P.R. 600/1973, gli Uffici
possono procedere all’invio di questionari relativi a dati e notizie
a carattere specifico, con invito a restituirli compilati e firmati.
I dati possono riguardare sia il contribuente nei cui confronti
l’accertamento è effettuato, sia i contribuenti con i quali egli
abbia intrattenuto rapporti.
Inottemperanza agli inviti e alle richieste
La mancata collaborazione alle operazioni di verifica costituisce, ai sensi
dell’art. 116 c.p.c., un argomento di prova sul quale il giudice potrebbe
fondare la decisione.
Inoltre, secondo la giurisprudenza, la mancata risposta autorizza gli uffici a
procedere alla rettifica muovendo dalla constatazione che i fatti richiesti
corrispondano a verità, o che i documenti richiesti non sussistono,
oppure impedisce al contribuente di esibire tardivamente gli atti che è
invitato ad esibire; tuttavia non consente agli uffici di individuare il reddito
a loro arbitrio, rimanendo “pur sempre necessario che la Amministrazione
indichi le presunzioni (anche semplici) da cui ha tratto le somme contestate
al contribuente” (cfr. Cassazione 3/8/2007 n.17133).
Inottemperanza agli inviti e alle richieste
Comporta la sanzione amministrativa da 258,00 euro a 2.065,00 euro
prevista per le seguenti violazioni (ex art. 11 D.Lgs. 471/1997):
- omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria
[…] o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri;
- mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi
[…] o loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere;
- inottemperanza all’invito a comparire e a qualsiasi altra richiesta
fatta dagli uffici o dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri
loro conferiti.
Inottemperanza agli inviti e alle richieste:
preclusione probatoria
Il rifiuto di esibire la documentazione comporta conseguenze sul
piano probatorio, in quanto ciò che il contribuente non ha
prodotto durante la verifica non può essere utilizzato né nel
prosieguo dell’indagine, né nella fase contenziosa.
Non ha rilievo che il contribuente, dopo la richiesta, abbia espresso
riserva di produrre i documenti stessi nella fase giudiziale, posto
che la normativa “non attribuisce al contribuente nessuna facoltà
di scelta tra esibizione immediata agli inquirenti o differita (in
giudizio)” (cfr. Cassazione 23/5/2012 n.8109).
Inottemperanza agli inviti e alle richieste:
preclusione probatoria
La preclusione probatoria opera solo se vi è stata una specifica
richiesta da parte dei verificatori; non è sufficiente la richiesta di
esibizione di ogni documento inerente all’attività aziendale.
La sanzione dovrebbe scaturire solo a fronte di una richiesta
effettuata tramite verbale, pertanto un mero invito orale non
sarebbe idoneo a cagionare la preclusione.
Inottemperanza agli inviti e alle richieste:
preclusione probatoria
Ai sensi dell’art. 32, comma 5, del D.P.R. 600/1973, la preclusione
probatoria “nei confronti del contribuente che depositi in allegato
all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede
contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri,
dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto
adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non
imputabile”.
Inottemperanza agli inviti e alle richieste: effetti penali
La condotta del contribuente assume rilievo penale solo se
ricorrono, congiuntamente, due condizioni (cfr. art. 11, comma 1,
D.L. 201/2011):
- la formale richiesta di esibizione degli atti o dei documenti ad
opera dei verificatori, eseguita mediante i poteri loro conferiti
dalla normativa in tema di IVA e imposte sui redditi;
- l’esibizione degli atti o dei documenti in tutto o in parte falsi
come conseguenza della predetta richiesta.
Casi legittimi di rifiuto di esibizione
Il rifiuto di esibizione è legittimo nel caso in cui:
-
vengano
richiesti
documenti
già
in
possesso
dell’Amministrazione finanziaria (art. 6, comma 4, Legge
212/2000);
-
vengano richiesti documenti relativi a periodi d’imposta per i
quali sia già scaduto il termine di decadenza del potere di
accertamento.
Documenti relativi a periodi d’imposta “chiusi”
Se la documentazione richiesta produce i suoi effetti anche
dopo lo spirare del termine, il rifiuto è illegittimo (ad esempio,
inottemperanza alla richiesta di fatture di acquisto di cespiti
ammortizzabili relativi ad un periodo d’imposta scaduto, al fine di
controllare la correttezza della quota di ammortamento dedotta in
un periodo ancora aperto).
Documentazione rinvenibile presso altri soggetti
Se il contribuente dichiara che i documenti si trovano presso
altri soggetti deve esibire una attestazione dei soggetti stessi
recante la specificazione delle scritture in loro possesso.
Se l’attestazione non è esibita o il soggetto che l’ha rilasciata si
oppone all’accesso o non esibisce in tutto o in parte le scritture si
verifica l’effetto preclusivo (cfr. art. 52, comma 10, D.P.R.
633/1972 e art. 33, comma 1, D.P.R. 600/1973).
Dichiarazioni rese dal contribuente
Secondo la giurisprudenza prevalente le dichiarazioni del
contribuente hanno valore di confessione e, di conseguenza,
costituiscono piena prova a favore degli uffici.
Le dichiarazioni rilasciate in sede di verifica possono essere
ritrattate nella stesura delle memorie di cui all’art. 12, comma
7, della Legge 212/2000 (cd. “Memorie difensive”).
Dichiarazioni rese da terzi
Le dichiarazioni di terzi rese in sede di accertamento non
possono essere elevate a rango di prova.
Tuttavia, stanno diventando sempre più frequenti le eccezioni
indicate dalla Cassazione a quanto esposto, sicché appare
difficile sostenere, come un tempo, che le dichiarazioni di terzi
sono un semplice indizio.
Dichiarazioni rese da dipendenti della società
“accertata”
Qualora le dichiarazioni provengano da soggetti che operano
all’interno della società “accertata” (ad esempio, da
amministratori), esse, secondo la giurisprudenza di Cassazione,
si ergono a rango di prova e non di mero indizio.
Le dichiarazioni di terzi possono essere liberamente contestate
dal contribuente e – anche se riportate nel PVC – non sono
“coperte da pubblica fede”, con la conseguenza che, per essere
confutate, non occorre la proposizione della querela di falso.
Dichiarazioni rese da terzi
Poteri degli Uffici: richiesta di indagini finanziarie
Tra le facoltà conferite agli uffici dall’art. 32 del D.P.R.
600/1973 rientra anche quella di richiedere agli
intermediari finanziari informazioni relative ai
rapporti intrattenuti con il cliente.
Indagini
finanziarie
Indagini finanziarie
Il cd. “accertamento bancario” non è, in senso tecnico, un
accertamento vero e proprio, bensì una particolare procedura che
consente ai verificatori di procedere a indagini di tipo bancario e
finanziario nei confronti dei contribuenti.
L’esame dei conti correnti bancari del contribuente consente il
rinvenimento di movimentazioni non trovanti riscontro nella
contabilità dell’impresa o del professionista.
I prelevamenti e i versamenti non giustificati, infatti, danno luogo a
una presunzione legale relativa, in forza della quale le somme
prelevate o versate si presumono compensi/ricavi non dichiarati.
Anagrafe tributaria e liste selettive
Inoltre, a decorrere dall’1/1/2012, gli intermediari finanziari sono
obbligati
a
comunicare
all’Anagrafe
tributaria
le
movimentazioni che hanno interessato i rapporti in essere con i
loro clienti e “ogni informazione relativa ai predetti rapporti
necessaria ai fini dei controlli fiscali”.
È espressamente previsto che tali dati siano utilizzati per la
formazione di liste selettive ai fini dell’accertamento.
Soggetti legittimati a richiedere indagini finanziarie
L’indagine finanziaria può essere attivata su richiesta:
-
dell’Agenzia delle Entrate;
-
della Guardia di Finanza;
-
della Commissione tributaria.
Autorizzazione alle indagini finanziarie
I soggetti cui compete il rilascio dell’autorizzazione per l’attivazione
della procedura di indagine bancaria sono:
- il direttore centrale dell’accertamento e/o il direttore
regionale, nel caso in cui la richiesta provenga da uffici operativi
dell’Agenzia delle Entrate;
- il comandante regionale, nel caso in cui la richiesta provenga
da reparti operativi della Guardia di Finanza.
L’autorizzazione all’indagine bancaria non costituisce atto
impugnabile dinanzi alla giustizia tributaria.
Soggetti destinatari della richiesta di indagini finanziarie
Ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 7), del D.P.R. 600/1973, gli uffici
finanziari possono richiedere dati, notizie e documenti a:
- banche;
- società Poste Italiane S.p.A.;
- imprese di investimento (SIM);
- organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR);
- società di gestione del risparmio (SGR);
- altri intermediari finanziari (tra cui le holding di partecipazioni);
- società fiduciarie;
- società ed enti di assicurazione.
Richieste alle società fiduciarie
L’Amministrazione finanziaria può chiedere alle società fiduciarie:
- dati, documenti e notizie relativi a rapporti intrattenuti con i
singoli clienti nominativamente indicati dai verificatori
medesimi;
- le generalità dei soggetti per conto dei quali esse detengono,
amministrano o gestiscono beni, strumenti finanziari o
partecipazioni “inequivocabilmente individuati” specificando
per ciascun rapporto i periodi temporali di interesse.
Immediata notizia al contribuente
Ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. 600/1973 il responsabile di struttura
o di sede dell’operatore finanziario cui viene indirizzata la richiesta
deve darne “notizia immediata” al contribuente.
Secondo l’interpretazione resa dall’Agenzia delle Entrate,
l’eventuale inadempimento dell’obbligo informativo da parte
dell’intermediario finanziario nei confronti del proprio cliente non
implica alcun vizio di legittimità del procedimento.
Il termine entro cui gli intermediari devono dare seguito alla
richiesta degli uffici dell’Amministrazione finanziaria è fissato in 30
giorni, prorogabile di ulteriori 20 giorni.
Oggetto delle indagini finanziarie
Possono formare oggetto di verifica, non solo i conti intestati al
contribuente sottoposto ad accertamento, ma anche:
- i conti cointestati al contribuente “accertato” e a soggetti terzi;
- i conti intestati a soggetti terzi, ma sui quali il contribuente
“accertato” ha la possibilità di operare;
- i conti intestati a soggetti terzi e sui quali il contribuente
“accertato” non ha la possibilità di operare, ma relativamente ai
quali gli uffici ritengono sussistere gli estremi
dell’interposizione fittizia.
Conti cointestati e conti intestati a terzi
L’Amministrazione ha facoltà di controllare ogni
movimentazione finanziaria, anche se il correntista non
coincide con il soggetto “verificato”.
A titolo esemplificativo, le indagini finanziarie possono
trovare applicazione in caso di conti intestati a soci di
società e amministratori e parenti dell’imprenditore.
Conti cointestati e conti intestati a terzi
L’Agenzia delle Entrate (cfr. Circolare n.32/E del 19/10/2006)
ha precisato che, in caso di verifiche bancarie eseguite su conti
correnti intestati a soggetti diversi dal contribuente
“verificato”, la presunzione opera “a condizione che l’ufficio
accertatore dimostri che la titolarità dei rapporti come delle
operazioni è «fittizia o comunque è superata», in relazione alle
circostanze del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al
contribuente medesimo delle posizioni creditorie e debitorie
rilevate dalla documentazione «bancaria» acquisita”.
Conti cointestati e conti intestati a terzi
Indagini finanziarie: conseguenze
Le indagini bancarie consentono l’acquisizione di elementi idonei a
supportare la rideterminazione della base imponibile sia di tipo
analitico che di tipo induttivo.
Costituiscono una presunzione legale relativa secondo la quale i dati
risultanti dalle movimentazioni bancarie “sono posti a base delle
rettifiche e degli accertamenti […] se il contribuente non dimostra
che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito […] o che
non hanno rilevanza allo stesso fine” (cfr. art. 32, comma 1, n. 2),
D.P.R. 600/1973).
Le presunzioni si applicano per prelevamenti e versamenti.
Indagini finanziarie: prova contraria
La prova contraria consiste nell’analitica dimostrazione
dell’irrilevanza di ciascuna singola operazione, non potendo
risultare sufficienti profili probatori generici.
La Guardia di Finanza (cfr. Circolare 1/2008) ha sostenuto che la
prova contraria è idonea a vincere la presunzione legale solo
qualora il contribuente produca “documentazione da cui risulti con
certezza l’assoluta irrilevanza fiscale delle risultanze dei conti”.
 Per imprese individuali e professionisti risulta quasi impossibile
giustificare ciascuna singola operazione…
Processo verbale
di constatazione
(PVC) e
memorie
difensive
Processo verbale di constatazione (PVC)
La verifica fiscale deve concludersi con la redazione di un
processo verbale, nel quale vanno riportati i fatti, le violazioni
contestate e le considerazioni del soggetto sottoposto a verifica.
La mancata redazione del PVC comporta l’impossibilità, per il
contribuente, di esercitare il diritto alla difesa, poiché non è in
condizione di conoscere gli elementi posti alla base della pretesa
tributaria.
Pertanto qualora il verbale non sia redatto l’accertamento non
può essere emanato (Cassazione 11/9/2013 n.20770).
Contenuto del PVC
-
Motivi che hanno indotto al controllo e oggetto dello stesso;
-
precisazione che le operazioni di verifica
(salvo casi
eccezionali e urgenti, adeguatamente documentati) si
svolgeranno durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività
oggetto di controllo;
-
informazione che la parte ha la facoltà di farsi assistere da un
professionista di fiducia;
-
informazione che è facoltà della parte richiedere che l’esame
dei documenti amministrativi e contabili sia effettuato presso
l’ufficio dei verificatori o presso il professionista;
Contenuto del PVC
-
informazione che la parte potrà formulare osservazioni e
chiarimenti, fornire delucidazioni e dichiarazioni, di cui sarà dato
atto nei processi verbali giornalieri;
-
informazione che i libri, le scritture e i documenti richiesti, di
cui è stata rifiutata l’esibizione, non potranno essere presi in
considerazione, a favore del contribuente, ai fini
dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa;
-
informazione circa le sanzioni amministrative irrogabili in
ipotesi di mancata esibizione di scritture contabili e documenti
obbligatori per legge o di cui comunque risulta l’esistenza;
Contenuto del PVC
-
informazione che, ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. c), del
D.P.R. 600/1973 e dell’art. 55, comma 2, del D.P.R. 633/1972, se
il contribuente non ha tenuto o sottrae all’ispezione una o più
delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 del D.P.R.
600/1973 e dall’art. 55 del D.P.R. 633/1972, ovvero le scritture
medesime non sono disponibili per forza maggiore,
l’Amministrazione può determinare il reddito d’impresa nei
modi e nei termini previsti dal citato art. 39 del D.P.R. 600/1973
e procedere alla rettifica induttiva dell’IVA dovuta nei modi e
nei termini previsti dall’art. 55 del D.P.R. 633/1972.
Processi verbali giornalieri
Il processo verbale giornaliero è destinato a descrivere, in modo
sintetico e significativo, le operazioni quotidianamente eseguite
dai verificatori, comprese le procedure per la disamina degli atti
economici e patrimoniali, nonché ad accogliere le richieste rivolte
al contribuente e le risposte ricevute.
Alcune sentenze hanno dichiarato la nullità di accertamenti basati
su “PVC” che, a loro volta, scaturivano da accessi in riferimento ai
quali non era stato redatto il processo verbale.
Processi verbali di rilevamento delle giacenze
Nel giorno iniziale della verifica, in linea generale, i verificatori
effettuano il rilevamento delle giacenze, cioè l’inventario della
merce giacente alla data dell’accesso.
Tale operazione serve a evidenziare la situazione di magazzino
dell’impresa all’atto dell’accesso, al fine di consentire i successivi
controlli per quantità o per valore.
Processi verbali di contradditorio
Il rendiconto del contraddittorio tra contribuente e verificatori è
contenuto in appositi processi verbali, dei quali una copia,
debitamente sottoscritta, è consegnata al soggetto controllato.
Il contribuente verificato può anche chiedere spontaneamente
ai verificatori la verbalizzazione di determinate dichiarazioni; a
tale diritto corrisponde uno specifico obbligo per gli esecutori del
controllo, che devono procedere alla verbalizzazione.
Rilascio e sottoscrizione del PVC
L’art. 12 della Legge 212/2000 stabilisce che, al termine della
verifica fiscale, al contribuente deve essere rilasciata copia del
processo verbale di constatazione.
L’omissione può comportare la nullità dell’avviso
accertamento (cfr. C.T. P. Milano 18/11/2008 n.303).
di
Se il contribuente si rifiuta di ricevere o di sottoscrivere il PVC, i
verificatori ne danno atto nel PVC e procedono alla notifica nei
modi consentiti dalla legge (art. 60 del D.P.R. 600/1973).
Efficacia probatoria del PVC
Il “PVC” ha natura giuridica di atto pubblico e “fanno fede
fino a querela di falso, esclusivamente per quel che concerne
le dichiarazioni su fatti o atti compiuti dai verbalizzanti o da
loro direttamente rilevati; mentre vanno dimostrati i rilievi o le
infrazioni relativi a condotte non direttamente percepite dai
verbalizzanti medesimi” (cfr. Cassazione 17/12/94 n.10855).
Memorie difensive del contribuente
Al contribuente è riconosciuto il diritto al contraddittorio con
l’Amministrazione finanziaria, successivamente al rilascio del
PVC, ma antecedentemente all’emissione dell’avviso di
accertamento.
Ai sensi dell’art. 12, comma 7, della Legge 212/2000, entro 60
giorni dalla consegna del PVC, il contribuente può presentare
osservazioni e richieste agli uffici (cd. Memorie difensive),
l’avviso di accertamento non può essere emanato prima del
suddetto termine.
Memorie difensive del contribuente
L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della
scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata
urgenza (cd. “accertamento anticipato”).
Le memorie possono avere il contenuto più vario, volgendo
all’evidenziazione di lacune, incertezze e imprecisioni correlate
alla verifica e risultanti nel processo verbale o alla richiesta degli
opportuni approfondimenti.
Parte della giurisprudenza di merito ha annullato avvisi di
accertamento che, nella parte motiva, non hanno contraddetto
le deduzioni difensive del contribuente.
Verbalizzazioni del contribuente
Nelle verifiche fiscali è importante che il contribuente ponga in
essere un comportamento attivo onde evitare che all’inerzia dello
stesso possa essere attribuito – in senso atecnico – valore
“confessorio” (cfr. Cassazione 26/1/2004 n.1286).
Pertanto, è opportuno che la partecipazione del contribuente alle
indagini si concretizzi, ove possibile:
-
nell’effettuazione di rilievi e richieste, che devono essere
verbalizzati dai funzionari;
-
nella presentazione di memorie nei 60 giorni successivi alla
consegna del PVC.
Adesione ai
processi verbali
di constatazione
(PVC sino al
31-12-2015)
Adesione al PVC
L’art. 5-bis del D.Lgs. 218/1997 prevede che il contribuente
possa prestare adesione ai processi verbali di constatazione in
tema di imposte sui redditi e di IVA che consentono l’emissione
di avvisi di accertamento parziale.
L’adesione comporta la riduzione delle sanzioni a 1/6 del
minimo ed è ammesso il pagamento rateale.
In caso di adesione nessun contraddittorio dovrà essere
instaurato, in quanto il contribuente dovrà accettare
integralmente la maggiore pretesa, sia in termini di imponibile
che di maggiore imposta.
Adesione al PVC
L’adesione deve intervenire entro i 30 giorni successivi alla
consegna del PVC, mediante comunicazione all’ufficio e
all’organo che ha redatto il verbale.
Entro i 60 giorni successivi alla comunicazione da parte del
contribuente, l’ufficio deve notificare l’atto di definizione
dell’accertamento parziale.
Le somme dovute devono essere versate entro i 20 giorni
successivi alla notifica dell’atto di definizione (senza la
prestazione di alcuna garanzia); in caso di mancato pagamento le
suddette somme sono iscritte a ruolo a titolo definitivo.
Adesione al PVC
Possono formare oggetto di definizione solo le violazioni
“sostanziali”; sono, invece, escluse le violazioni “formali”,
intendendosi per tali quelle “alle quali non è associato il recupero di
base imponibile, né determinano l’applicazione di sanzioni
commisurate ad una maggiore imposta accertata” (cfr. Circolare
n.55/E del 17/9/2008).
Non è possibile la definizione di verbali contenenti rilievi solo
sanzionatori.
Adesione al PVC
Adesione al PVC
Non possono formare oggetto di adesione i rilievi che
necessitano di ulteriori attività istruttorie, quali – ad esempio –
quelli relativi ad operazioni potenzialmente elusive di cui all’art.
37-bis del D.P.R. 600/1973.
Nel PVC i verificatori dovranno indicare i rilievi suscettibili
definizione; tuttavia, i verificatori dovranno comunque rilevare
che sarà compito degli uffici verificare che le violazioni siano tali
da comportare l’emissione di accertamenti parziali.
Definizione del PVC mediante accertamento parziale
L’accertamento parziale consente all’ufficio di notificare, in
relazione allo stesso periodo d’imposta, un secondo
accertamento.
Inoltre, l’ufficio è legittimato a sottoporre nuovamente a verifica il
contribuente a prescindere dall’intervenuta definizione.
L’atto di definizione dell’accertamento parziale emesso ai sensi
dell’art. 5-bis, comma 2, del D.Lgs. 218/1997 nasce “definitivo”,
per cui al contribuente dovrebbe essere preclusa la facoltà di
impugnazione.
Adesione agli
inviti al
contradditorio
notificati sino al
31-12-2015
Adesione agli inviti al contradditorio
L’art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. 218/1997 prevede la possibilità
per il contribuente di aderire ai contenuti dell’invito al
contraddittorio finalizzato all’adesione, a condizione che ciò
avvenga entro i 15 giorni antecedenti alla data di comparizione.
L’adesione comporta la riduzione delle sanzioni a 1/6 del minimo
ed è ammesso il pagamento rateale.
L’adesione agli inviti deve essere integrale e può essere esperita
solo qualora non sia stato precedentemente consegnato un processo
verbale di constatazione definibile ai sensi dell’art. 5-bis del D.Lgs.
218/1997.
Adesione agli inviti al contradditorio
Nuova disciplina
del
ravvedimento
operoso
Dichiarazione integrativa
Art. 2, comma 8, del D.P.R. 22/7/1998, n.322
“Salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione
dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e
successive modificazioni, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta
regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono
essere integrate per correggere errori od omissioni mediante
successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui
all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il
periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini
stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni”.
Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Ravvedimento operoso
Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472
“La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già
constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni,
verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali
l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale
conoscenza:
a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del
tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta
giorni dalla data della sua commissione; […]”
Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Ravvedimento operoso
Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472
“[…] a-bis) ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli
errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul
pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno
successivo al termine per la presentazione della dichiarazione,
ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta
giorni dall’omissione o dall’errore; […]”
Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Ravvedimento operoso
Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472
“[…] b) ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori
e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul
pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione
della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata
commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione
periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore; […]”
Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Ravvedimento operoso
Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472
“[…] b-bis) ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli
errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul
pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione
della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso
del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è
prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o
dall’errore; […]”
Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Ravvedimento operoso
Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472
“[…] b‐ter) ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli
errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul
pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione
della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso
del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è
prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall’omissione o
dall’errore; […]”
Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Ravvedimento operoso
Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472
“[…] b‐quater) ad un quinto del minimo se la regolarizzazione degli
errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul
pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della
violazione ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4,
salvo che la violazione non rientri tra quelle indicate negli articoli 6,
comma 3 [mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o
documenti di trasporto], o 11, comma 5 [omessa installazione dei
misuratori fiscali], del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471;
[…]”
Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Ravvedimento operoso
Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472
“[…] c) ad un decimo del minimo di quella prevista per l’omissione
della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata
con ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un decimo del
minimo di quella prevista per l’omessa presentazione della
dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore
aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a
trenta giorni […]”.
Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Ravvedimento operoso
Art. 13, comma 1-bis, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472
“Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b‐bis) e b‐ter), si
applicano ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate”.
Comma introdotto dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190
Abrogazione delle definizioni agevolate
L’art. 1, comma 637, lett. c), della Legge 23/12/2014, n.190 ha
abrogato la definizione agevolata mediante l’adesione al
contenuto degli inviti al contraddittorio (art. 5, commi da 1-bis a 1quinquies, e art. 11, comma 1-bis, del D.Lgs. 19/6/1997, n.218,
nonché la definizione agevolata prevista in ipotesi di adesione al
contenuto del PVC di cui all’art. 5-bis del menzionato D.Lgs.
19/6/1997, n.218.
Abrogazione delle definizioni agevolate
Art. 1, comma 638, della Legge 23/12/2014, n.190
“Le disposizioni di cui agli articoli 5, commi da 1‐bis a 1‐quinquies, e
11, comma 1‐bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 [la
definizione agevolata mediante l’adesione al contenuto degli inviti
al contraddittorio], nel testo vigente alla data di entrata in vigore
della presente legge, continuano ad applicarsi agli inviti al
contraddittorio in materia di imposte sui redditi, di imposta sul
valore aggiunto e di altre imposte indirette, notificati entro il 31
dicembre 2015, […]”.
Abrogazione delle definizioni agevolate
Art. 1, comma 638, della Legge 23/12/2014, n.190
“[…] e le disposizioni di cui all’articolo 5‐bis dello stesso decreto
legislativo n. 218 del 1997 [definizione agevolata prevista in ipotesi
di adesione al contenuto del PVC] continuano ad applicarsi ai
processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e
di imposta sul valore aggiunto consegnati entro la stessa data”.
Termini per la notifica degli atti
Art. 1, comma 640, della Legge 23/12/2014, n.190
“Nelle ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa ai sensi
degli articoli 2, comma 8, del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive
modificazioni, e 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e
successive modificazioni, ovvero, quando non è prevista
dichiarazione periodica, nei casi di regolarizzazione dell’omissione
o dell’errore: […]”
Termini per la notifica degli atti
Art. 1, comma 640, della Legge 23/12/2014, n.190
“[…] a) i termini per la notifica delle cartelle di pagamento di cui
all’articolo 25, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni,
relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei
contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e
di controllo formale delle dichiarazioni, concernenti le dichiarazioni
integrative presentate per la correzione degli errori e delle omissioni
incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono
dalla presentazione di tali dichiarazioni, limitatamente agli elementi
oggetto dell’integrazione; […]”
Termini per la notifica degli atti
Art. 1, comma 640, della Legge 23/12/2014, n.190
“[…] b) i termini per l’accertamento di cui agli articoli 43 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e
successive modificazioni, e 57 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni,
decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa,
limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione; […]”
Termini per la notifica degli atti
Art. 1, comma 640, della Legge 23/12/2014, n.190
“[…] c) i termini di cui all’articolo 76 del testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e
successive modificazioni, concernenti l’imposta di registro,
decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od
omissioni;
d) i termini di cui all’articolo 27 del testo unico di cui al decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, e successive modificazioni,
concernente le imposte di successione e donazione, decorrono dalla
regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni”.
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