Le verifiche tributarie in azienda Giovedì 9 aprile 2015 ore 9,30 – 13,00 / 14,30 – 18,00 Best Western Premier BHR Treviso Hotel Funzioni di controllo dell’Amministrazione finanziaria Poteri di controllo All’Agenzia delle Entrate è attribuito il compito di amministrare i tributi statali, con l’eccezione dei dazi e delle accise, di competenza dell’Agenzia delle Dogane. I controlli fiscali vengono eseguiti, principalmente, dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza. Poteri di controllo Mentre le competenze della Guardia di Finanza terminano con la conclusione della verifica fiscale, l’emanazione dell’avviso di accertamento, nonché la gestione dell’eventuale contenzioso, sono attribuite esclusivamente all’Agenzia delle Entrate. Competenze dell’Agenzia delle Entrate Le Direzioni provinciali dell’Agenzia delle Entrate sono strutture dirigenziali articolate al loro interno in uno o più uffici territoriali e un ufficio controlli. Competenze dell’Agenzia delle Entrate Ai sensi dell’art. 31, comma 2, del D.P.R. 600/1973, la competenza a effettuare i controlli e la notifica dell’avviso di accertamento spetta all’ufficio distrettuale (ora Direzione provinciale) nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del contribuente. La competenza va individuata al momento di presentazione della dichiarazione, e permane sino all’esaurimento del rapporto d’imposta, a nulla rilevando il diverso domicilio del contribuente al momento della rettifica (cfr. Cassazione 27/6/2003 n.10224). Contribuenti di “grandi dimensioni” La competenza all’accertamento dei contribuenti di “grandi dimensioni” è invece della Direzione regionale presso cui è istituito un ufficio ad hoc. L’art. 27 del D.L. 185/2008 ha previsto una disciplina specifica in relazione agli accertamenti eseguiti nei confronti dei contribuenti con volume d’affari, ricavi o compensi non inferiori a 100 milioni di euro. Contribuenti di “grandi dimensioni” I contribuenti di “grandi dimensioni” sono individuati prendendo come riferimento il valore più elevato tra i seguenti: - ricavi di cui all’art. 85, comma 1, lett. a) e b) del TUIR; - ammontare lordo complessivo dei compensi derivanti dall’esercizio di arti e professioni di cui all’art. 53, comma 1, del TUIR; - volume d’affari ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. 633/1972. È quindi sufficiente il superamento di uno dei tre parametri per “attrarre” il contribuente nella sfera di competenza della Direzione regionale. Contribuenti di “grandi dimensioni” Con riferimento alle annualità in cui il contribuente non ha superato la “soglia” dei 100 milioni, e indipendentemente dal fatto che questa venga superata in altri periodi d’imposta, la competenza resta attribuita alle Direzioni provinciali (cfr. Circolare AdE n.13/E del 9/4/2009). Coordinamento tra Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza Per evitare la reiterazione degli accessi è disposta l’immediata comunicazione dell’inizio delle ispezioni e verifiche intraprese tra uffici finanziari e Comandi della Guardia di Finanza. L’ufficio o il Comando che riceve la comunicazione può richiedere all’organo che sta eseguendo l’ispezione o la verifica l’esecuzione di specifici controlli e l’acquisizione di specifici elementi e deve trasmettere i risultati dei controlli eventualmente già eseguiti o gli elementi eventualmente già acquisiti, utili ai fini dell’accertamento (cfr. art. 33, comma 5, del D.P.R. 600/1973). Coordinamento tra Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza Tuttavia la Corte di Cassazione (cfr. sentenza 30/10/2006 n.23353) ha chiarito che la disposizione secondo cui gli uffici finanziari e i Comandi della Guardia di Finanza debbono collaborare “per evitare la reiterazione di accessi”, contiene una prescrizione volta a ridurre il disturbo costituito da una pluralità di accessi, la quale, però, non attribuisce al contribuente il diritto a non essere ulteriormente “compulsato”, né è sorretta da una qualche sanzione sul piano della validità dell’accertamento. Accessi, ispezioni e verifiche Verifica fiscale Con la terminologia “verifica fiscale” si è soliti definire il complesso delle attività poste in essere da soggetti giuridicamente qualificati intese a controllare il corretto adempimento delle norme tributarie. Verifica fiscale La Circolare n.1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza ha specificato che la verifica fiscale consiste in un’attività ispettiva: - fondata sull’attività preliminare di intelligence e di analisi; - finalizzata all’acquisizione e alla comunicazione all’Autorità tributaria di dati, elementi e notizie per la determinazione delle basi imponibili fiscalmente rilevanti; - estesa alle situazioni più significative della posizione fiscale relativa a un determinato contribuente; - avente caratteristiche di flessibilità e adattabilità. Verifica “generale” La verifica è “generale” quando realizza: - un approfondito esame degli aspetti salienti della posizione fiscale del soggetto, avendo come riferimento i principali tributi; - l’analisi, ricorrendone i presupposti, dei connessi profili concernenti la disciplina dei settori extra-tributari la cui vigilanza è affidata alla Guardia di Finanza. Verifica “parziale” La verifica è “parziale” quando realizza: - un approfondito esame degli aspetti salienti della posizione fiscale del soggetto, avendo come riferimento un singolo tributo; - l’analisi, ricorrendone i presupposti, dei connessi profili concernenti la disciplina dei settori extra-tributari la cui vigilanza è affidata alla Guardia di Finanza. Accertamento “esorbitante” dall’oggetto della verifica Le informazioni e i dati raccolti nell’ambito di una verifica fiscale devono essere tenuti distinti dall’oggetto della verifica stessa, ciò in quanto le risultanze di una verifica vanno ben oltre il suo oggetto, essendo strumentali alla ricostruzione del reddito del contribuente. Di conseguenza l’avviso di accertamento è legittimo anche se fondato su elementi, rinvenuti in sede di accesso, esorbitanti dall’oggetto dell’accesso stesso (cfr. Cassazione 16/12/2009 n.26321). Contenuto delle verifiche fiscali Accesso L’accesso consiste in un atto autoritativo che può essere effettuato nonostante l’opposizione del contribuente. L’art. 11, lett. c), del D.Lgs. 471/1997 prevede una sanzione pecuniaria da 258,00 a 2.065,00 euro nei confronti dei soggetti che non abbiano ottemperato a qualsiasi altra richiesta fatta dagli uffici o dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri loro conferiti. Inoltre, l’uso di violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, integra il reato di “resistenza a pubblico ufficiale”, punito dall’art. 337 c.p. con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. Tipologie di accesso l’attività rilascio - presso i locali ove viene esercitata imprenditoriale/professionale, subordinato al dell’autorizzazione del capo dell’ufficio; - presso locali a uso promiscuo, subordinato al rilascio dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica; - presso l’abitazione del contribuente, subordinato al rilascio dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica la quale, a sua volta, può essere emessa solo in presenza di gravi indizi di evasione. Tipologie di accesso Redazione del processo verbale di accesso Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale dal quale devono risultare: - le ispezioni e le rilevazioni eseguite; - le richieste fatte al contribuente (o a chi lo rappresenta); - le risposte ricevute; - la sottoscrizione del contribuente (o di chi lo rappresenta) o il motivo della mancata sottoscrizione (cfr. art. 52, comma 6, del D.P.R. 633/1972). Il contribuente ha diritto di avere copia del verbale (cfr. art. 52, comma 6, del D.P.R. 633/1972). Redazione del processo verbale di accesso Alcune sentenze hanno dichiarato la nullità di avvisi di accertamento basati su “PVC” che, a loro volta, scaturivano da accessi per i quali non era stato redatto il processo verbale. A titolo esemplificativo, è stato affermato che: - l’obbligo di redazione del processo verbale di accesso è strumentale al diritto di difesa del contribuente; - l’omessa redazione dei processi verbali comporta, per derivazione, la nullità dell’accertamento; - le violazioni fiscali devono essere constatate mediante verbale e ciò non soffre deroga in caso di “accessi brevi”. Accesso presso i locali dell’impresa L’art. 52, comma 1, del D.P.R. 633/1972 riconosce agli uffici finanziari la possibilità di disporre l’accesso nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali al fine di procedere a ispezioni documentali, verificazioni, ricerche e a ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento. Però, la norma dispone che i verificatori (impiegati o militari) devono essere muniti di apposita autorizzazione, indicante lo scopo dell’accesso, rilasciata dal capo dell’ufficio. Accesso presso i locali dell’impresa Nell’ipotesi in cui il locale ove viene esercitata l’attività commerciale sia accessibile solo attraverso un locale adibito ad abitazione di un terzo: - l’accesso non è subordinato alla previa autorizzazione del PM; - a condizione che il terzo abbia dato il proprio consenso ad accedere al proprio appartamento (cfr. Cassazione 31/8/2007 n.18337). Accesso presso locali i dell’impresa: Guardia di Finanza Secondo un orientamento della Corte di Cassazione, gli accessi disposti presso i locali commerciali non necessitano di alcuna autorizzazione se effettuati dalla Guardia di Finanza (cfr. Cassazione 28/4/2010 n.10137, 8/7/2009 n.16017 e 12/5/2011 n.10390). Le pronunce non possono essere esenti da critiche, infatti, in base alla prassi della stessa Guardia di Finanza, l’autorizzazione del capo ufficio è ritenuta necessaria (cfr. Circolare 1/2008, Parte I, cap. 3); inoltre l’art. 63 del D.P.R. 633/1972 specifica che la Guardia di Finanza agisce in osservanza degli artt. 51 e 52 del D.P.R. 633/1972, con conseguente necessità dell’autorizzazione. Accesso presso i locali dell’impresa: mancanza di autorizzazione Secondo la sentenza della Cassazione 12/2/2010 n.3388, nessuna nullità è comminata dalla legge per il caso dell’accesso presso i locali dell’impresa eseguito in assenza dell’autorizzazione del capo dell’ufficio, a differenza, invece, di quanto sarebbe avvenuto se l’accesso fosse stato effettuato presso l’abitazione del contribuente, ove è in gioco l’inviolabilità del domicilio. In altra sede, invece, è stato sostenuto che la documentazione acquisita a seguito di autorizzazione verbale è inutilizzabile (cfr. Cassazione 29/11/2001 n.15209). Accesso presso locali dell’impresa in mancanza del titolare L’accesso effettuato ove il titolare non sia presente sarà intrapreso, “con l’assistenza della persona, che sia incaricata delle operazioni tipiche dell’attività esercitata, presente sul posto, ferma restando la possibilità del titolare o del rappresentante legale di incaricare al riguardo qualsiasi altro soggetto” (cfr. Circolare Guardia di Finanza 1/2008, Parte II, cap. 3). Accesso presso lo studio professionale L’accesso nei locali destinati all’esercizio di arti o professioni va eseguito alla presenza del titolare dello studio o di un suo delegato (cfr. art. 52, comma 1, D.P.R. 633/1972). La circ. Guardia di Finanza 1/2008 (Parte II, cap. 3) ha specificato che, nel caso in cui il titolare dello studio sia assente e in mancanza di un suo delegato: - i verificatori non possono intervenire d’autorità, né richiedere l’assistenza di terzi; - il soggetto eventualmente presente nello studio “è pienamente legittimato ad opporsi sia all’accesso stesso, sia alla richiesta di esibizione delle scritture contabili”. Accesso presso lo studio professionale In mancanza del titolare o di un suo delegato i verificatori dovranno: - chiedere al soggetto presente nello studio di contattare il professionista o di farsi rilasciare la delega, anche via fax o per posta elettronica; - in caso di irreperibilità del titolare, adottare ogni cautela al fine di impedire che possano essere perpetrati tentativi di dispersione delle scritture contabili; - evitare in ogni modo di rinviare a un successivo momento l’intervento. Accesso locali “promiscui” L’autorizzazione del PM è necessaria anche se il contribuente non si è materialmente opposto all’accesso. Pertinenza dell’impresa adibita ad abitazione del custode L’autorizzazione giudiziaria non è necessaria nell’ipotesi in cui “il locale in questione risulta di fatto essere una pertinenza dell’impresa adibita in parte ad abitazione del custode della stessa, in parte ad ufficio” (cfr. C.T.R. Bari 1/3/2002 n.34). Accesso presso locali “promiscui” Secondo il Comando Generale della Guardia di Finanza (cfr. Circolare 1/2008, Parte II, cap. 3) l’autorizzazione non occorre per accedere “ad esempio, in uno stabilimento industriale, anche se alcuni locali di esso sono adibiti ad abitazione del proprietario, del direttore o del custode; la citata autorizzazione sarà richiesta solo quando si intenda entrare specificamente in quei locali adibiti ad abitazione ancorché, come detto, siano all’interno dello stabilimento”. Accesso domiciliare L’accesso nei locali adibiti esclusivamente ad abitazione è subordinato alle seguenti condizioni: - autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica; - sussistenza di gravi indizi di violazioni tributarie e dello scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture e altre prove delle violazioni. Tale accesso si pone in contrasto con l’inviolabilità del domicilio di cui all’art. 13 della Costituzione, per cui l’eventuale difetto di autorizzazione deve comportare l’inutilizzabilità dei dati acquisiti. Accesso domiciliare In giurisprudenza si è affermato l’orientamento secondo il quale le irregolarità commesse relativamente agli accessi possono essere fatte valere solo da colui il quale ha subito l’accesso stesso (cfr. Cassazione 11/6/2009 n.13486). Adottando tale impostazione, l’eventuale illegittimità dell’accesso non potrebbe essere sollevata dal contribuente il cui accertamento sia basato su documenti rinvenuti in sede di accesso presso altri contribuenti. Accesso domiciliare Il domicilio può essere “violato” solo alla presenza di circostanze talmente gravi da indurre a un fondato sospetto che si stia consumando un illecito tributario (non basta una semplice segnalazione e non conta se, in seguito all’accesso, sono state riscontrate le violazioni). Tuttavia, talvolta le autorizzazioni avanzate dai verificatori, non riportano dettagliatamente i gravi indizi necessari ma si limitano a richiedere l’accesso. Inoltre, tali autorizzazioni di rado sono allegate all’avviso di accertamento o sono prodotte in sede di contenzioso. Accesso domiciliare Per acquisire notizie circa la richiesta formulata dai verificatori al PM è necessario presentare richiesta di accesso agli atti ex art. 22 della Legge 241/1990. In sede difensiva è opportuno rilevare la necessità di dover riscontrare i gravi indizi ritenuti esistenti, sottolineando che la mancata allegazione impedisce anche al giudice adito di verificare il rispetto della prescrizione normativa. L’eventuale violazione (autorizzazione in mancanza di gravi indizi) può comportare la nullità dell’avviso di accertamento. Accesso domiciliare: secondo tentativo La Corte di Cassazione, con la sentenza n.11672 del 15/5/2013, nel ribadire il principio secondo cui l’accertamento basato su documenti rinvenuti nel corso di un accesso domiciliare non autorizzato dal PM è nullo, stante l’inutilizzabilità di quanto acquisito, ha chiarito che, ove vi sia stato un secondo accesso, debitamente autorizzato, la documentazione successivamente rinvenuta durante questo secondo accesso è pienamente utilizzabile per fondare la verifica e il conseguente accertamento fiscale. Rinvenimento di documenti relativi a soggetti diversi dal proprietario dell’abitazione Nella fattispecie in cui, durante la perquisizione domiciliare, i verificatori rinvengano documentazione appartenente a un soggetto diverso dal proprietario dell’abitazione, tale documentazione è utilizzabile, anche se di ciò non è fatta menzione nel provvedimento autorizzativo (cfr. Cassazione 7/2/2007 n.2675). Accesso domiciliare: anche presso soggetti terzi La valutazione della sussistenza dei gravi indizi, che si erge a presupposto di validità dell’autorizzazione, deve avvenire ex ante con prudente apprezzamento e non ex post (cfr. Cassazione 20/3/2009 n.6836). La sussistenza dei gravi indizi di evasione assume un rilievo particolare qualora l’accesso debba essere eseguito presso un soggetto terzo rispetto al presunto evasore, nella specie amministratore della società “accertata” (cfr. Cassazione 20/3/2009 n.6836). Ricerche Le ricerche si sostanziano in una serie di attività volte al materiale reperimento degli elementi (registri, documenti, scritture e libri) necessari per eseguire le ispezioni documentali e le verificazioni. In quanto esercizio di pubblica autorità esse possono avvenire anche contro la volontà del contribuente: - anche se il contribuente sostiene di avere esibito tutti i documenti richiesti; - nei locali nei quali è consentito o è stato autorizzato l’accesso, sugli autoveicoli e natanti dell’impresa verificata e su quelli adibiti al trasporto di merci per conto terzi. Ispezione documentale Consiste nell’analisi delle scritture, dei libri, dei registri e dei documenti la cui istituzione, tenuta e conservazione sia obbligatoria, nonché nel raffronto del loro contenuto con quello degli altri documenti reperiti nel corso delle ricerche: - la corrispondenza commerciale (lettere, ordinativi, ecc.); - la contabilità posta in essere ai fini del controllo interno della gestione (budget, contabilità dei costi, ecc.); - la documentazione contabile di altri soggetti che hanno intrattenuto, con quello verificato, rapporti economici. Ispezione documentale: documenti informatici La Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza ha precisato che le ispezioni documentali devono comprendere l’eventuale acquisizione, anche da parte di personale qualificato, di: - supporti informatici (floppy disk, hard disk esterni, cd, dvd, chiavi usb); - dati presenti nell’hard disk dell’elaboratore, mediante trasferimento su altro supporto informativo esterno (cosiddetto back up). Ispezione documentale Ai sensi dell’art. 52, comma 4, del D.P.R. 633/1972, l’ispezione documentale si estende a tutti i libri, registri, documenti e scritture, compresi quelli la cui tenuta o conservazione non sia obbligatoria, che si trovano nei locali in cui l’accesso viene eseguito o che sono comunque accessibili tramite apparecchiature informatiche installate in detti locali. Ispezione documentale: rifiuto di esibizione dei documenti L’art. 32 del D.P.R. 600/1973 precisa che i documenti non esibiti a seguito di richiesta degli uffici durante la verifica fiscale non possono essere utilizzati né in fase amministrativa, né in fase contenziosa. Perquisizioni personali, apertura coattiva di casseforti, pieghi sigillati, etc. L’art. 52, comma 3, del D.P.R. 633/1972 prevede la necessità dell’autorizzazione del PM per procedere, durante l’accesso, a: - perquisizioni personali; - perquisizioni domiciliari; - apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili; - esame di documenti e richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale. Perquisizioni personali, apertura coattiva di casseforti, pieghi sigillati, etc. Nelle more delle decisioni del magistrato devono essere adottate tutte le cautele necessarie per impedire che vengano alterati, occultati o distrutti libri, registri, scritture e documenti ovvero che vengano sottratti plichi sigillati, borse, ecc., o il loro contenuto (cfr. Circolare Guardia di Finanza 1/98, Parte II, § 2.3). L’autorizzazione giudiziaria è necessaria anche nell’ipotesi in cui la borsa oggetto di apertura appartenga a un soggetto diverso dal contribuente “accertato”. Apertura di borse, pieghi sigillati, casseforti Sulla base dei precedenti giurisprudenziali pare che l’autorizzazione non sia necessaria ove sussista il consenso del contribuente. L’autorizzazione occorre solo per procedere all’”apertura coattiva” di borse ma non è necessaria ove l’acquisizione di documenti contenuti in borse sia avvenuta con la collaborazione ed in continua presenza, nella specie, del figlio e della moglie del contribuente e, comunque, senza manifestazione di alcuna contraria volontà (cfr. Cassazione 23/4/2007 n.9565). Tuttavia non vi può essere consenso se l’invito all’apertura, ad esempio, del plico, è avvenuto a seguito di ripetuti richiami sulle conseguenze della mancata collaborazione (cfr. Cassazione 27/7/98 n.7368). Apertura di borse, pieghi sigillati, casseforti Il contribuente può opporsi all’apertura coattiva, ma, come regola generale, ciò non pare opportuno, visto che a fronte di tale condotta i verificatori ben potrebbero richiedere l’autorizzazione del PM. Ai fini della legittimità della verifica, e quindi dell’utilizzabilità degli elementi rinvenuti, occorre che i funzionari abbiano menzionato, nel verbale, di aver reso edotto il contribuente della facoltà di opporsi, e che, ovviamente, non vi sia stata successivamente nessuna opposizione. Autorizzazione del PM e supporti informatici L’esame della documentazione elettronica intercorsa tra il contribuente “accertato” e soggetti terzi deve essere vagliata alla luce della necessità di ottenere l’autorizzazione del PM per l’apertura coattiva di “pieghi sigillati”. La Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiarito che la suddetta autorizzazione: - non è necessaria per visionare e-mail già “aperte” dal destinatario; - è necessaria per visionare posta elettronica non letta o in relazione alla quale è eccepito il segreto professionale. Autorizzazione del PM e supporti informatici In dottrina è stato rilevato come l’autorizzazione del PM dovrebbe essere presente anche nell’ipotesi in cui i verificatori intendano accedere coattivamente ai dati contenuti in un personal computer, posto che esso può essere equiparato a un piego sigillato (infatti, è accessibile solo da parte dei soggetti in possesso dell’apposita password). Tuttavia, ai sensi dell’art. 6 del D.M. 23/1/2004, i documenti informatici contenenti le scritture contabili devono essere stampati su richiesta dei verificatori e l’inottemperanza a ciò può configurare il rifiuto di esibizione. Autorizzazione del PM e supporti informatici In assenza di un chiaro orientamento giurisprudenziali sul punto, si può prospettare che: - se il contribuente non esibisce o non rende leggibili i files contenenti le scritture contabili o altra documentazione, si può verificare il rifiuto di esibizione, con la conseguente e successiva preclusione probatoria; - se i funzionari, coattivamente e senza autorizzazione, accedono al PC e visionano documenti extracontabili, questi sono inutilizzabili per difetto della prescritta autorizzazione. Autorizzazione del PM Ispezione di documenti e scritture I verificatori possono: - eseguirne o farne eseguire copie o estratti; - apporre nelle parti che interessano la propria firma o sigla, insieme con la data e il bollo d’ufficio; - adottare le cautele atte ad impedire l’alterazione e la sottrazione dei libri e dei registri. Sequestro di documenti e scritture Il sequestro di documenti e scritture è possibile solo nel caso di impossibilità di riprodurne o farne constare il contenuto a verbale ovvero in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale. Non possono essere sequestrati i libri e i registri. Ricerche sugli autoveicoli e natanti dell’impresa e su quelli adibiti al trasporto di merci per conto terzi Le norme procedurali in tema di autorizzazioni si applicano anche in relazione agli autoveicoli e natanti adibiti al trasporto “per conto terzi” (art. 52, comma 8, del D.P.R. 633/1972). È legittima, anche in assenza dell’autorizzazione del PM, la verifica effettuata nell’automobile condotta dall’amministratore della società in quanto effettuata su un veicolo il cui utilizzo è riferibile all’attività della società stessa (cfr. Cassazione 3/7/2003 n.10489 e 5/2/2011 n.2804). Verifica su automobile di proprietà del contribuente o di un dipendente della società La nozione di “domicilio” si estende anche alle autovetture, sono stati quindi ritenuti illegittimi: - l’utilizzo di documentazione reperita all’interno di un’autovettura di un dipendente del contribuente, sottoposta a controllo senza autorizzazione del PM, ancorché consegnata spontaneamente (cfr. Cassazione 8/11/97 n.11036); - l’acquisizione di documenti contenuti in una borsa posta all’interno dell’autovettura del contribuente in mancanza dell’autorizzazione del PM (cfr. Cassazione 2/2/98 n.1036). Verifiche su autovetture e autorizzazione del PM Contabilità presso lo studio professionale Qualora il contribuente detenga le scritture contabili presso il proprio professionista: - i verificatori possono recarsi presso lo studio del professionista; - qualora quest’ultimo opponga il segreto professionale, per esaminare i documenti è necessaria l’autorizzazione del PM. “L’attività presso lo studio professionale deve limitarsi alla sola acquisizione di documenti di pertinenza del soggetto sottoposto ad attività ispettiva, senza alcuna possibilità di procedere a ricerche e deve essere ritualmente formalizzata in un apposito processo verbale di ritiro di documenti” (cfr. Circolare Guardia di Finanza 1/2008). Dati relativi a soggetti e periodi diversi Attraverso le ispezioni autorizzate ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. 633/1972, l’Amministrazione può acquisire dati utilizzabili per accertamenti relativi a: - soggetti diversi rispetto al titolare del domicilio nei cui confronti è stata chiesta e ottenuta l’autorizzazione; - periodi di tempo e circostanze diversi rispetto a quelli che sono posti a base dell’autorizzazione. Prove illegittimamente acquisite La Corte di Cassazione con la sentenza n.17957 del 19/10/2012 ha confermato la nullità dell’accertamento fondato su prove illegittimamente acquisite. In particolare può essere ritenuto integralmente nullo l’accertamento fondato esclusivamente sulle prove illegittimamente acquisite ma non quello che in parte è fondato anche su altri elementi (cfr. Cassazione 11/11/2011 n.23595). In sede difensiva potrebbe essere opportuno rilevare compiutamente l’origine di ogni singola pretesa affinché si possa ricondurre alla fonte “di legittima provenienza” o meno. Diritti dei contribuenti sottoposti a verifica fiscale Art. 12, comma 1, Legge 212/2000 “Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo”. Tali esigenze devono risultare dal verbale del primo giorno di verifica. Art. 12, comma 1, Legge 212/2000 Gli accessi, le ispezioni e le verifiche “si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente ”. I “casi eccezionali e urgenti” sono da correlare al pericolo che il ritardo nell’accesso possa compromettere l’esito della verifica. Le motivazioni dovranno essere portate a conoscenza del contribuente. Art. 12, comma 1, Legge 212/2000 Gli accessi disposti da funzionari della Guardia di Finanza devono essere effettuati, per quanto possibile, in borghese (cfr. art. 7 D.L. 70/2011). Art. 12, comma 2, Legge 212/2000 “Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche”. Ragioni e oggetto della verifica fiscale Nella Circolare della Guardia di Finanza n.250400 del 17/8/2000 è affermato che le ragioni delle verifiche risiedono nell’adempimento dei compiti degli organi di polizia tributaria. Tali ragioni discenderebbero, quindi, “di per sé stesse, dal potere dovere dell’amministrazione finanziaria di controllare l’esatto adempimento degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti, senza particolari condizioni o vincoli da considerare”. La verifica sarebbe, invece, illegittima, in quanto viziata per eccesso di potere, qualora l’atto ispettivo fosse adottato per motivi extrafiscali, non pertinenti. Diritto a conoscere la “fonte d’innesco” della verifica In dottrina è stato rilevato come il primo giorno dell’intervento sarebbe necessario rilevare in atti se la verifica è “centralizzata” ovvero “d’iniziativa”, specificando: - nel primo caso, qual è l’organo che ha attivato l’indagine e, se possibile, il criterio selettivo (ad es. piano di verifiche a soggetti di grandi dimensioni); - nel secondo, qual è la tipologia di input di attivazione del servizio, compatibilmente con la necessità di non compromettere la funzionalità dell’indagine (ad es. attività informativa autonoma, segnalazioni di irregolarità pervenute da altri comandi, ecc.). Oggetto della verifica Può essere (cfr. Circolare Guardia di Finanza 17/8/2000 n.250400): - una verifica generale, ai fini delle imposte dirette o di altra imposta; - una verifica parziale, finalizzata, ad esempio, al controllo del corretto adempimento delle prescrizioni in materia di imposte dirette per un determinato anno, al controllo del magazzino, al rilevamento delle giacenze e delle regolarità di più atti di gestione rilevanti ai fini dell’applicazione delle accise, ecc.; - un controllo finalizzato a verificare la corretta applicazione della normativa relativamente a un singolo atto di gestione. Oggetto della verifica In dottrina è stato ritenuta necessaria l’indicazione della porzione degli atti di gestione sui quali verte il controllo e dell’arco temporale interessato, ovvero alla specificazione dei tributi a tutela dei quali viene effettuato l’accesso. Tuttavia, ove nel corso di un accesso emergano elementi diversi rispetto al suo oggetto originario, essi sono utilizzabili (cfr. Cassazione 18/6/2008 n.16416). Diritto all’assistenza Il contribuente sottoposto a verifica fiscale è informato della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi alla giustizia tributaria. La mancata osservanza della norma comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento per derivazione (cfr. C.T.P. Milano 10/5/2010 n.126). Informazioni su diritti e obblighi del contribuente Nella Circolare della Guardia di Finanza 17/8/2000 n.250400, con riguardo agli obblighi del contribuente verificato, vengono precisate le conseguenze derivanti dalla mancata esibizione, all’atto dell’accesso, di tutti i libri, registri, scritture e documenti attinenti all’attività esercitata: - l’impossibilità che gli stessi possano essere considerati in proprio favore in sede amministrativa o contenziosa; - l’applicazione delle relative sanzioni amministrative; - la possibilità di legittimare l’Amministrazione finanziaria alla determinazione induttiva del reddito e dell’IVA. Art. 12, comma 3, Legge 212/2000 “Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta”. La Guardia di Finanza (cfr. Circolare 1/2008) ha precisato che: - la richiesta in questione è una mera facoltà; - nell’ipotesi in cui il contribuente non richieda che l’esame avvenga presso il professionista o presso i verificatori, ciò non può essere interpretato come un divieto di “spostare” il controllo presso gli uffici. Art. 12, comma 4, Legge 212/2000 “Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica”. Per i verificatori comporta l’obbligo di verbalizzazione delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista nel Processo verbale giornaliero. Termini di permanenza dei verificatori (art. 12, comma 5, Legge 212/2000) La permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente non può superare i 30 giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori 30 giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità semplificata nonché dei lavoratori autonomi, il termine è invece di 15 giorni, prorogabili di ulteriori 15, in caso di particolare complessità dell’indagine (questi devono comunque essere contenuti nell’arco di non più di un trimestre). Termini di permanenza dei verificatori (art. 12, comma 5, Legge 212/2000) Con le modifiche apportate dal D.L. 70/2011 è stato previsto che il periodo massimo di permanenza sia computato facendo riferimento ai giorni di effettiva presenza presso la sede del contribuente. Nonostante sul punto sia opportuna una conferma giurisprudenziale, in dottrina è stato ritenuto che per i soggetti che abbiano optato per la contabilità ordinaria si applichi il termine di 30 giorni. Termini di permanenza dei verificatori (art. 12, comma 5, Legge 212/2000) I verificatori possono ritornare nella sede del contribuente una volta che sia decorso il termine di 30 giorni (eventualmente prorogato). Tuttavia tale possibilità è subordinata: - alla necessità di esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica; - alla sussistenza di specifiche ragioni, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio. Art. 12, comma 6, Legge 212/2000: Garante del contribuente “Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente”. Il Garante del contribuente non ha poteri sanzionatori o sostitutivi ma può: - rivolgere richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti, i quali rispondono entro trenta giorni; […] Art. 12, comma 6, Legge 212/2000: Garante del contribuente […] - attivare le procedure di autotutela; - richiamare gli uffici al rispetto delle disposizioni di cui all’art. 12 della Legge 212/2000; - individuare i casi in cui i comportamenti dell’Amministrazione determinano un pregiudizio per i contribuenti, segnalandoli al direttore regionale o compartimentale o al Comandante regionale della Guardia di Finanza competente e all’ufficio centrale per l’informazione del contribuente, al fine di un eventuale avvio del procedimento disciplinare. Raccomandazione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate “[…] se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudo infrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la stessa sembri essersi chiusa negativamente” (cfr. Lettera del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29/10/2010) . Poteri degli Uffici Poteri degli Uffici L’art. 31 del D.P.R. 600/1973 attribuisce agli Uffici i seguenti poteri: - controllare le dichiarazioni dei contribuenti e dei sostituti d’imposta; - vigilare sulla corretta tenuta delle scritture contabili e sugli altri obblighi imposti dalla legge; - irrogare le sanzioni pecuniarie previste dalla legge; - presentare rapporto all’Autorità giudiziaria qualora ravvisino gli estremi di un reato. Poteri degli Uffici In un sistema tributario fondato sull’autotassazione, i poteri conferiti dal legislatore all’Amministrazione finanziaria al fine di contrastare l’evasione sono molto estesi. Tuttavia, in linea di principio, ogni atto impositivo emanato senza l’osservanza delle norme procedurali è da ritenersi nullo. Poteri degli Uffici I poteri degli uffici finanziari possono essere suddivisi in: - poteri che presuppongono l’espletamento di indagini da parte degli organi (cd. “accessi, ispezioni e verifiche”); - poteri consistenti nel richiedere (al contribuente o a terzi) l’esibizione di documenti o di fornire informazioni. Poteri degli Uffici: art. 32 D.P.R. 600/1973 L’art. 32 del D.P.R. 600/1973 attribuisce agli uffici la facoltà di: - invitare i contribuenti a comparire di persona o a mezzo di rappresentante per fornire dati e informazioni utili ai fini delle indagini nei loro confronti; - invitare i contribuenti a esibire atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti; - inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico, rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti o nei confronti di altri soggetti con i quali essi abbiano intrattenuto rapporti; […] Poteri degli Uffici: art. 32 D.P.R. 600/1973 […] - richiedere ai soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili notizie e documenti, relativi ad un certo periodo d’imposta, rilevanti ai fini dell’accertamento nei confronti di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo; - invitare ogni altro soggetto a esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i relativi chiarimenti. Inviti a comparire, richieste e questionari Gli inviti e le richieste in esame devono essere notificati ai sensi dell’art. 60 del D.P.R. 600/1973. Dalla data di notifica decorre il termine fissato dall’ufficio per l’adempimento, che deve essere non inferiore a 15 giorni . Nulla vieta che il contribuente, illustrandone il motivo, presenti agli uffici apposita domanda di differimento del termine per la consegna della documentazione. Gli inviti e le richieste devono essere motivati a pena di nullità, in modo da rendere edotto il contribuente delle ragioni della verifica. Richiesta di comparizione Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 2), D.P.R. 600/1973, l’ufficio può “invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentante per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti”. La richiesta di comparizione e le risposte fornite devono risultare da apposito verbale (sottoscritto dal contribuente o dal suo rappresentante). Il contribuente ha diritto di avere copia del verbale. Richiesta di esibizione di atti e di documenti Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 3), D.P.R. 600/1973, gli operatori tributari hanno facoltà di “invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti”. L’ufficio è legittimato a estrarre copia dei suddetti documenti e a trattenerli per un periodo non superiore a 60 giorni. Al fine di consentire la continuità dell’attività da parte del soggetto sottoposto a verifica, non possono essere trattenute le scritture cronologiche in uso. Soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 8), D.P.R. 600/1973, ai soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili possono essere richiesti “dati, notizie e documenti relativi ad attività svolte in un determinato periodo d’imposta, rilevanti ai fini dell’accertamento nei confronti di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo”. Soggetti che intrattengono rapporti con il contribuente Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 8-bis), D.P.R. 600/1973, agli Uffici è consentito “invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi”. Tuttavia in dottrina è stato ritenuto che tale potere non sia incondizionato e che gli uffici non possano avanzare tale richiesta nei confronti di chiunque, bensì solo nei confronti di quei terzi che abbiano intrattenuto con il contribuente specifici rapporti di natura commerciale. Invio di questionari Ai sensi dell’art. 32, comma, 1 n. 4), D.P.R. 600/1973, gli Uffici possono procedere all’invio di questionari relativi a dati e notizie a carattere specifico, con invito a restituirli compilati e firmati. I dati possono riguardare sia il contribuente nei cui confronti l’accertamento è effettuato, sia i contribuenti con i quali egli abbia intrattenuto rapporti. Inottemperanza agli inviti e alle richieste La mancata collaborazione alle operazioni di verifica costituisce, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., un argomento di prova sul quale il giudice potrebbe fondare la decisione. Inoltre, secondo la giurisprudenza, la mancata risposta autorizza gli uffici a procedere alla rettifica muovendo dalla constatazione che i fatti richiesti corrispondano a verità, o che i documenti richiesti non sussistono, oppure impedisce al contribuente di esibire tardivamente gli atti che è invitato ad esibire; tuttavia non consente agli uffici di individuare il reddito a loro arbitrio, rimanendo “pur sempre necessario che la Amministrazione indichi le presunzioni (anche semplici) da cui ha tratto le somme contestate al contribuente” (cfr. Cassazione 3/8/2007 n.17133). Inottemperanza agli inviti e alle richieste Comporta la sanzione amministrativa da 258,00 euro a 2.065,00 euro prevista per le seguenti violazioni (ex art. 11 D.Lgs. 471/1997): - omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria […] o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri; - mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi […] o loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere; - inottemperanza all’invito a comparire e a qualsiasi altra richiesta fatta dagli uffici o dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri loro conferiti. Inottemperanza agli inviti e alle richieste: preclusione probatoria Il rifiuto di esibire la documentazione comporta conseguenze sul piano probatorio, in quanto ciò che il contribuente non ha prodotto durante la verifica non può essere utilizzato né nel prosieguo dell’indagine, né nella fase contenziosa. Non ha rilievo che il contribuente, dopo la richiesta, abbia espresso riserva di produrre i documenti stessi nella fase giudiziale, posto che la normativa “non attribuisce al contribuente nessuna facoltà di scelta tra esibizione immediata agli inquirenti o differita (in giudizio)” (cfr. Cassazione 23/5/2012 n.8109). Inottemperanza agli inviti e alle richieste: preclusione probatoria La preclusione probatoria opera solo se vi è stata una specifica richiesta da parte dei verificatori; non è sufficiente la richiesta di esibizione di ogni documento inerente all’attività aziendale. La sanzione dovrebbe scaturire solo a fronte di una richiesta effettuata tramite verbale, pertanto un mero invito orale non sarebbe idoneo a cagionare la preclusione. Inottemperanza agli inviti e alle richieste: preclusione probatoria Ai sensi dell’art. 32, comma 5, del D.P.R. 600/1973, la preclusione probatoria “nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”. Inottemperanza agli inviti e alle richieste: effetti penali La condotta del contribuente assume rilievo penale solo se ricorrono, congiuntamente, due condizioni (cfr. art. 11, comma 1, D.L. 201/2011): - la formale richiesta di esibizione degli atti o dei documenti ad opera dei verificatori, eseguita mediante i poteri loro conferiti dalla normativa in tema di IVA e imposte sui redditi; - l’esibizione degli atti o dei documenti in tutto o in parte falsi come conseguenza della predetta richiesta. Casi legittimi di rifiuto di esibizione Il rifiuto di esibizione è legittimo nel caso in cui: - vengano richiesti documenti già in possesso dell’Amministrazione finanziaria (art. 6, comma 4, Legge 212/2000); - vengano richiesti documenti relativi a periodi d’imposta per i quali sia già scaduto il termine di decadenza del potere di accertamento. Documenti relativi a periodi d’imposta “chiusi” Se la documentazione richiesta produce i suoi effetti anche dopo lo spirare del termine, il rifiuto è illegittimo (ad esempio, inottemperanza alla richiesta di fatture di acquisto di cespiti ammortizzabili relativi ad un periodo d’imposta scaduto, al fine di controllare la correttezza della quota di ammortamento dedotta in un periodo ancora aperto). Documentazione rinvenibile presso altri soggetti Se il contribuente dichiara che i documenti si trovano presso altri soggetti deve esibire una attestazione dei soggetti stessi recante la specificazione delle scritture in loro possesso. Se l’attestazione non è esibita o il soggetto che l’ha rilasciata si oppone all’accesso o non esibisce in tutto o in parte le scritture si verifica l’effetto preclusivo (cfr. art. 52, comma 10, D.P.R. 633/1972 e art. 33, comma 1, D.P.R. 600/1973). Dichiarazioni rese dal contribuente Secondo la giurisprudenza prevalente le dichiarazioni del contribuente hanno valore di confessione e, di conseguenza, costituiscono piena prova a favore degli uffici. Le dichiarazioni rilasciate in sede di verifica possono essere ritrattate nella stesura delle memorie di cui all’art. 12, comma 7, della Legge 212/2000 (cd. “Memorie difensive”). Dichiarazioni rese da terzi Le dichiarazioni di terzi rese in sede di accertamento non possono essere elevate a rango di prova. Tuttavia, stanno diventando sempre più frequenti le eccezioni indicate dalla Cassazione a quanto esposto, sicché appare difficile sostenere, come un tempo, che le dichiarazioni di terzi sono un semplice indizio. Dichiarazioni rese da dipendenti della società “accertata” Qualora le dichiarazioni provengano da soggetti che operano all’interno della società “accertata” (ad esempio, da amministratori), esse, secondo la giurisprudenza di Cassazione, si ergono a rango di prova e non di mero indizio. Le dichiarazioni di terzi possono essere liberamente contestate dal contribuente e – anche se riportate nel PVC – non sono “coperte da pubblica fede”, con la conseguenza che, per essere confutate, non occorre la proposizione della querela di falso. Dichiarazioni rese da terzi Poteri degli Uffici: richiesta di indagini finanziarie Tra le facoltà conferite agli uffici dall’art. 32 del D.P.R. 600/1973 rientra anche quella di richiedere agli intermediari finanziari informazioni relative ai rapporti intrattenuti con il cliente. Indagini finanziarie Indagini finanziarie Il cd. “accertamento bancario” non è, in senso tecnico, un accertamento vero e proprio, bensì una particolare procedura che consente ai verificatori di procedere a indagini di tipo bancario e finanziario nei confronti dei contribuenti. L’esame dei conti correnti bancari del contribuente consente il rinvenimento di movimentazioni non trovanti riscontro nella contabilità dell’impresa o del professionista. I prelevamenti e i versamenti non giustificati, infatti, danno luogo a una presunzione legale relativa, in forza della quale le somme prelevate o versate si presumono compensi/ricavi non dichiarati. Anagrafe tributaria e liste selettive Inoltre, a decorrere dall’1/1/2012, gli intermediari finanziari sono obbligati a comunicare all’Anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti in essere con i loro clienti e “ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali”. È espressamente previsto che tali dati siano utilizzati per la formazione di liste selettive ai fini dell’accertamento. Soggetti legittimati a richiedere indagini finanziarie L’indagine finanziaria può essere attivata su richiesta: - dell’Agenzia delle Entrate; - della Guardia di Finanza; - della Commissione tributaria. Autorizzazione alle indagini finanziarie I soggetti cui compete il rilascio dell’autorizzazione per l’attivazione della procedura di indagine bancaria sono: - il direttore centrale dell’accertamento e/o il direttore regionale, nel caso in cui la richiesta provenga da uffici operativi dell’Agenzia delle Entrate; - il comandante regionale, nel caso in cui la richiesta provenga da reparti operativi della Guardia di Finanza. L’autorizzazione all’indagine bancaria non costituisce atto impugnabile dinanzi alla giustizia tributaria. Soggetti destinatari della richiesta di indagini finanziarie Ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 7), del D.P.R. 600/1973, gli uffici finanziari possono richiedere dati, notizie e documenti a: - banche; - società Poste Italiane S.p.A.; - imprese di investimento (SIM); - organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR); - società di gestione del risparmio (SGR); - altri intermediari finanziari (tra cui le holding di partecipazioni); - società fiduciarie; - società ed enti di assicurazione. Richieste alle società fiduciarie L’Amministrazione finanziaria può chiedere alle società fiduciarie: - dati, documenti e notizie relativi a rapporti intrattenuti con i singoli clienti nominativamente indicati dai verificatori medesimi; - le generalità dei soggetti per conto dei quali esse detengono, amministrano o gestiscono beni, strumenti finanziari o partecipazioni “inequivocabilmente individuati” specificando per ciascun rapporto i periodi temporali di interesse. Immediata notizia al contribuente Ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. 600/1973 il responsabile di struttura o di sede dell’operatore finanziario cui viene indirizzata la richiesta deve darne “notizia immediata” al contribuente. Secondo l’interpretazione resa dall’Agenzia delle Entrate, l’eventuale inadempimento dell’obbligo informativo da parte dell’intermediario finanziario nei confronti del proprio cliente non implica alcun vizio di legittimità del procedimento. Il termine entro cui gli intermediari devono dare seguito alla richiesta degli uffici dell’Amministrazione finanziaria è fissato in 30 giorni, prorogabile di ulteriori 20 giorni. Oggetto delle indagini finanziarie Possono formare oggetto di verifica, non solo i conti intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, ma anche: - i conti cointestati al contribuente “accertato” e a soggetti terzi; - i conti intestati a soggetti terzi, ma sui quali il contribuente “accertato” ha la possibilità di operare; - i conti intestati a soggetti terzi e sui quali il contribuente “accertato” non ha la possibilità di operare, ma relativamente ai quali gli uffici ritengono sussistere gli estremi dell’interposizione fittizia. Conti cointestati e conti intestati a terzi L’Amministrazione ha facoltà di controllare ogni movimentazione finanziaria, anche se il correntista non coincide con il soggetto “verificato”. A titolo esemplificativo, le indagini finanziarie possono trovare applicazione in caso di conti intestati a soci di società e amministratori e parenti dell’imprenditore. Conti cointestati e conti intestati a terzi L’Agenzia delle Entrate (cfr. Circolare n.32/E del 19/10/2006) ha precisato che, in caso di verifiche bancarie eseguite su conti correnti intestati a soggetti diversi dal contribuente “verificato”, la presunzione opera “a condizione che l’ufficio accertatore dimostri che la titolarità dei rapporti come delle operazioni è «fittizia o comunque è superata», in relazione alle circostanze del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al contribuente medesimo delle posizioni creditorie e debitorie rilevate dalla documentazione «bancaria» acquisita”. Conti cointestati e conti intestati a terzi Indagini finanziarie: conseguenze Le indagini bancarie consentono l’acquisizione di elementi idonei a supportare la rideterminazione della base imponibile sia di tipo analitico che di tipo induttivo. Costituiscono una presunzione legale relativa secondo la quale i dati risultanti dalle movimentazioni bancarie “sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti […] se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito […] o che non hanno rilevanza allo stesso fine” (cfr. art. 32, comma 1, n. 2), D.P.R. 600/1973). Le presunzioni si applicano per prelevamenti e versamenti. Indagini finanziarie: prova contraria La prova contraria consiste nell’analitica dimostrazione dell’irrilevanza di ciascuna singola operazione, non potendo risultare sufficienti profili probatori generici. La Guardia di Finanza (cfr. Circolare 1/2008) ha sostenuto che la prova contraria è idonea a vincere la presunzione legale solo qualora il contribuente produca “documentazione da cui risulti con certezza l’assoluta irrilevanza fiscale delle risultanze dei conti”. Per imprese individuali e professionisti risulta quasi impossibile giustificare ciascuna singola operazione… Processo verbale di constatazione (PVC) e memorie difensive Processo verbale di constatazione (PVC) La verifica fiscale deve concludersi con la redazione di un processo verbale, nel quale vanno riportati i fatti, le violazioni contestate e le considerazioni del soggetto sottoposto a verifica. La mancata redazione del PVC comporta l’impossibilità, per il contribuente, di esercitare il diritto alla difesa, poiché non è in condizione di conoscere gli elementi posti alla base della pretesa tributaria. Pertanto qualora il verbale non sia redatto l’accertamento non può essere emanato (Cassazione 11/9/2013 n.20770). Contenuto del PVC - Motivi che hanno indotto al controllo e oggetto dello stesso; - precisazione che le operazioni di verifica (salvo casi eccezionali e urgenti, adeguatamente documentati) si svolgeranno durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività oggetto di controllo; - informazione che la parte ha la facoltà di farsi assistere da un professionista di fiducia; - informazione che è facoltà della parte richiedere che l’esame dei documenti amministrativi e contabili sia effettuato presso l’ufficio dei verificatori o presso il professionista; Contenuto del PVC - informazione che la parte potrà formulare osservazioni e chiarimenti, fornire delucidazioni e dichiarazioni, di cui sarà dato atto nei processi verbali giornalieri; - informazione che i libri, le scritture e i documenti richiesti, di cui è stata rifiutata l’esibizione, non potranno essere presi in considerazione, a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa; - informazione circa le sanzioni amministrative irrogabili in ipotesi di mancata esibizione di scritture contabili e documenti obbligatori per legge o di cui comunque risulta l’esistenza; Contenuto del PVC - informazione che, ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. c), del D.P.R. 600/1973 e dell’art. 55, comma 2, del D.P.R. 633/1972, se il contribuente non ha tenuto o sottrae all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 del D.P.R. 600/1973 e dall’art. 55 del D.P.R. 633/1972, ovvero le scritture medesime non sono disponibili per forza maggiore, l’Amministrazione può determinare il reddito d’impresa nei modi e nei termini previsti dal citato art. 39 del D.P.R. 600/1973 e procedere alla rettifica induttiva dell’IVA dovuta nei modi e nei termini previsti dall’art. 55 del D.P.R. 633/1972. Processi verbali giornalieri Il processo verbale giornaliero è destinato a descrivere, in modo sintetico e significativo, le operazioni quotidianamente eseguite dai verificatori, comprese le procedure per la disamina degli atti economici e patrimoniali, nonché ad accogliere le richieste rivolte al contribuente e le risposte ricevute. Alcune sentenze hanno dichiarato la nullità di accertamenti basati su “PVC” che, a loro volta, scaturivano da accessi in riferimento ai quali non era stato redatto il processo verbale. Processi verbali di rilevamento delle giacenze Nel giorno iniziale della verifica, in linea generale, i verificatori effettuano il rilevamento delle giacenze, cioè l’inventario della merce giacente alla data dell’accesso. Tale operazione serve a evidenziare la situazione di magazzino dell’impresa all’atto dell’accesso, al fine di consentire i successivi controlli per quantità o per valore. Processi verbali di contradditorio Il rendiconto del contraddittorio tra contribuente e verificatori è contenuto in appositi processi verbali, dei quali una copia, debitamente sottoscritta, è consegnata al soggetto controllato. Il contribuente verificato può anche chiedere spontaneamente ai verificatori la verbalizzazione di determinate dichiarazioni; a tale diritto corrisponde uno specifico obbligo per gli esecutori del controllo, che devono procedere alla verbalizzazione. Rilascio e sottoscrizione del PVC L’art. 12 della Legge 212/2000 stabilisce che, al termine della verifica fiscale, al contribuente deve essere rilasciata copia del processo verbale di constatazione. L’omissione può comportare la nullità dell’avviso accertamento (cfr. C.T. P. Milano 18/11/2008 n.303). di Se il contribuente si rifiuta di ricevere o di sottoscrivere il PVC, i verificatori ne danno atto nel PVC e procedono alla notifica nei modi consentiti dalla legge (art. 60 del D.P.R. 600/1973). Efficacia probatoria del PVC Il “PVC” ha natura giuridica di atto pubblico e “fanno fede fino a querela di falso, esclusivamente per quel che concerne le dichiarazioni su fatti o atti compiuti dai verbalizzanti o da loro direttamente rilevati; mentre vanno dimostrati i rilievi o le infrazioni relativi a condotte non direttamente percepite dai verbalizzanti medesimi” (cfr. Cassazione 17/12/94 n.10855). Memorie difensive del contribuente Al contribuente è riconosciuto il diritto al contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria, successivamente al rilascio del PVC, ma antecedentemente all’emissione dell’avviso di accertamento. Ai sensi dell’art. 12, comma 7, della Legge 212/2000, entro 60 giorni dalla consegna del PVC, il contribuente può presentare osservazioni e richieste agli uffici (cd. Memorie difensive), l’avviso di accertamento non può essere emanato prima del suddetto termine. Memorie difensive del contribuente L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza (cd. “accertamento anticipato”). Le memorie possono avere il contenuto più vario, volgendo all’evidenziazione di lacune, incertezze e imprecisioni correlate alla verifica e risultanti nel processo verbale o alla richiesta degli opportuni approfondimenti. Parte della giurisprudenza di merito ha annullato avvisi di accertamento che, nella parte motiva, non hanno contraddetto le deduzioni difensive del contribuente. Verbalizzazioni del contribuente Nelle verifiche fiscali è importante che il contribuente ponga in essere un comportamento attivo onde evitare che all’inerzia dello stesso possa essere attribuito – in senso atecnico – valore “confessorio” (cfr. Cassazione 26/1/2004 n.1286). Pertanto, è opportuno che la partecipazione del contribuente alle indagini si concretizzi, ove possibile: - nell’effettuazione di rilievi e richieste, che devono essere verbalizzati dai funzionari; - nella presentazione di memorie nei 60 giorni successivi alla consegna del PVC. Adesione ai processi verbali di constatazione (PVC sino al 31-12-2015) Adesione al PVC L’art. 5-bis del D.Lgs. 218/1997 prevede che il contribuente possa prestare adesione ai processi verbali di constatazione in tema di imposte sui redditi e di IVA che consentono l’emissione di avvisi di accertamento parziale. L’adesione comporta la riduzione delle sanzioni a 1/6 del minimo ed è ammesso il pagamento rateale. In caso di adesione nessun contraddittorio dovrà essere instaurato, in quanto il contribuente dovrà accettare integralmente la maggiore pretesa, sia in termini di imponibile che di maggiore imposta. Adesione al PVC L’adesione deve intervenire entro i 30 giorni successivi alla consegna del PVC, mediante comunicazione all’ufficio e all’organo che ha redatto il verbale. Entro i 60 giorni successivi alla comunicazione da parte del contribuente, l’ufficio deve notificare l’atto di definizione dell’accertamento parziale. Le somme dovute devono essere versate entro i 20 giorni successivi alla notifica dell’atto di definizione (senza la prestazione di alcuna garanzia); in caso di mancato pagamento le suddette somme sono iscritte a ruolo a titolo definitivo. Adesione al PVC Possono formare oggetto di definizione solo le violazioni “sostanziali”; sono, invece, escluse le violazioni “formali”, intendendosi per tali quelle “alle quali non è associato il recupero di base imponibile, né determinano l’applicazione di sanzioni commisurate ad una maggiore imposta accertata” (cfr. Circolare n.55/E del 17/9/2008). Non è possibile la definizione di verbali contenenti rilievi solo sanzionatori. Adesione al PVC Adesione al PVC Non possono formare oggetto di adesione i rilievi che necessitano di ulteriori attività istruttorie, quali – ad esempio – quelli relativi ad operazioni potenzialmente elusive di cui all’art. 37-bis del D.P.R. 600/1973. Nel PVC i verificatori dovranno indicare i rilievi suscettibili definizione; tuttavia, i verificatori dovranno comunque rilevare che sarà compito degli uffici verificare che le violazioni siano tali da comportare l’emissione di accertamenti parziali. Definizione del PVC mediante accertamento parziale L’accertamento parziale consente all’ufficio di notificare, in relazione allo stesso periodo d’imposta, un secondo accertamento. Inoltre, l’ufficio è legittimato a sottoporre nuovamente a verifica il contribuente a prescindere dall’intervenuta definizione. L’atto di definizione dell’accertamento parziale emesso ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, del D.Lgs. 218/1997 nasce “definitivo”, per cui al contribuente dovrebbe essere preclusa la facoltà di impugnazione. Adesione agli inviti al contradditorio notificati sino al 31-12-2015 Adesione agli inviti al contradditorio L’art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. 218/1997 prevede la possibilità per il contribuente di aderire ai contenuti dell’invito al contraddittorio finalizzato all’adesione, a condizione che ciò avvenga entro i 15 giorni antecedenti alla data di comparizione. L’adesione comporta la riduzione delle sanzioni a 1/6 del minimo ed è ammesso il pagamento rateale. L’adesione agli inviti deve essere integrale e può essere esperita solo qualora non sia stato precedentemente consegnato un processo verbale di constatazione definibile ai sensi dell’art. 5-bis del D.Lgs. 218/1997. Adesione agli inviti al contradditorio Nuova disciplina del ravvedimento operoso Dichiarazione integrativa Art. 2, comma 8, del D.P.R. 22/7/1998, n.322 “Salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni”. Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Ravvedimento operoso Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472 “La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza: a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione; […]” Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Ravvedimento operoso Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472 “[…] a-bis) ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall’omissione o dall’errore; […]” Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Ravvedimento operoso Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472 “[…] b) ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore; […]” Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Ravvedimento operoso Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472 “[…] b-bis) ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore; […]” Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Ravvedimento operoso Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472 “[…] b‐ter) ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall’omissione o dall’errore; […]” Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Ravvedimento operoso Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472 “[…] b‐quater) ad un quinto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, salvo che la violazione non rientri tra quelle indicate negli articoli 6, comma 3 [mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto], o 11, comma 5 [omessa installazione dei misuratori fiscali], del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471; […]” Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Ravvedimento operoso Art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472 “[…] c) ad un decimo del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un decimo del minimo di quella prevista per l’omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni […]”. Comma così come modificato dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Ravvedimento operoso Art. 13, comma 1-bis, del D.Lgs. 18/12/1997, n.472 “Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b‐bis) e b‐ter), si applicano ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate”. Comma introdotto dall’art. 1, comma 637, della Legge 23/12/2014, n.190 Abrogazione delle definizioni agevolate L’art. 1, comma 637, lett. c), della Legge 23/12/2014, n.190 ha abrogato la definizione agevolata mediante l’adesione al contenuto degli inviti al contraddittorio (art. 5, commi da 1-bis a 1quinquies, e art. 11, comma 1-bis, del D.Lgs. 19/6/1997, n.218, nonché la definizione agevolata prevista in ipotesi di adesione al contenuto del PVC di cui all’art. 5-bis del menzionato D.Lgs. 19/6/1997, n.218. Abrogazione delle definizioni agevolate Art. 1, comma 638, della Legge 23/12/2014, n.190 “Le disposizioni di cui agli articoli 5, commi da 1‐bis a 1‐quinquies, e 11, comma 1‐bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 [la definizione agevolata mediante l’adesione al contenuto degli inviti al contraddittorio], nel testo vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, di imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette, notificati entro il 31 dicembre 2015, […]”. Abrogazione delle definizioni agevolate Art. 1, comma 638, della Legge 23/12/2014, n.190 “[…] e le disposizioni di cui all’articolo 5‐bis dello stesso decreto legislativo n. 218 del 1997 [definizione agevolata prevista in ipotesi di adesione al contenuto del PVC] continuano ad applicarsi ai processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto consegnati entro la stessa data”. Termini per la notifica degli atti Art. 1, comma 640, della Legge 23/12/2014, n.190 “Nelle ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa ai sensi degli articoli 2, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, e 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, nei casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore: […]” Termini per la notifica degli atti Art. 1, comma 640, della Legge 23/12/2014, n.190 “[…] a) i termini per la notifica delle cartelle di pagamento di cui all’articolo 25, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, concernenti le dichiarazioni integrative presentate per la correzione degli errori e delle omissioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni, limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione; […]” Termini per la notifica degli atti Art. 1, comma 640, della Legge 23/12/2014, n.190 “[…] b) i termini per l’accertamento di cui agli articoli 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione; […]” Termini per la notifica degli atti Art. 1, comma 640, della Legge 23/12/2014, n.190 “[…] c) i termini di cui all’articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, concernenti l’imposta di registro, decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni; d) i termini di cui all’articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, e successive modificazioni, concernente le imposte di successione e donazione, decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni”.