3 Prevenzione LABORATORIO Omocisteina LA DETERMINAZIONE EMATICA DELL’OMOCISTEINA E LO STUDIO DEL GENE MTHFR, PER LA RICERCA DELLA VARIANTE E COMBATTERE L’INSORGENZA DI ATEROSCLEROSI. e malattie cardiovascolari (MCV) costituiscono oggi il problema medico e sociale più importante in termini di morbilità, mortalità e disabilità. Le manifestazioni cliniche più note e frequenti sono rappresentate dall’infarto del miocardio, dallo scompenso cardiaco, dall’ictus cerebrale, dall’insufficienza renale e dall’arteriopatia periferica. Alla base delle MCV vi è lo sviluppo dell’aterosclerosi, processo lento, insidioso, che compromette la normale funzionalità degli endoteli e delle pareti dei vasi, determinando, insieme alla progressiva rigidità, la formazione della placca ateromatosica. Sappiamo ed abbiamo individuato che il processo che porta alla formazione dell’aterosclerosi è determinato da un concorso di molteplici fattori tra loro intrecciati in un complicato mosaico, all’interno di una cornice genetica specifica per ciascun individuo. Fino agli anni ’80 l’aterosclerosi era gene MTHFR C677T SONO FONDAMENTALI PER PREVENIRE L e considerata una malattia essenzialmente di tipo dismetabolico e sulla base di questa convinzione si sono sviluppati importanti studi che hanno portato a definire alcuni parametri ematici e comportamentali quali fattori di rischio delle MCV: le alterazioni dell’assetto lipidico (colesterolo e trigliceridi, lipoproteine ossidate), la glicemia e il diabete, l’ipertensione, il fumo e più in generale la dieta e lo stile di vita, parametri oggi unanimemente ritenuti fattori corresponsabili dello sviluppo dell’aterosclerosi. A questi fattori di rischio“tradizionali”si sono aggiunti negli ultimi anni nuovi fattori di rischio fra i quali spicca, in maniera epidemiologicamente significativa, l’innalzamento ematico dell’Omocisteina, aminoacido non essenziale che possiede un radicale tiolico che lo rende fortemente reattivo e potenzialmente tossico per gli endoteli e le pareti vasali. L’omocisteina induce il processo di formazione della placca aterogenica determinando l’alterazione dell’endotelio delle pareti vasali arteriose la cui conseguenza porterà alla più facile penetrazione di LDL ossidate nell’intima sotto endoteliale. Ciò rappresenta il primo o uno dei primi meccanismi multifattoriali che creano la placca: tale penetrazione provoca infatti la formazione di Cellule Schiumose infarcite di colesterolo. L’Omocisteina, inoltre, forma essa stessa aggregati con le LDL nella parete vasale: le cellule derivate generano a loro volta Radicali Liberi che promuovono l’ossidazione delle LDL, l’aggregazione piastrinica e l’adesione dei monociti all’endotelio. Infine l’Omocisteina promuove la proliferazione delle fibrocellule muscolari ed interferisce col processo della coagulazione, facilitando l’attivazione di tale processo. L’organismo per eliminare l’eccesso di Omocisteina nel sangue mette in atto un complicato “gioco metabolico”che dipende dall’apporto di acido folico (l’OMS, dal 1999, consiglia una supplementazione di acido folico nelle verdure poste in commercio). Il processo di riduzione dell’iperomociteinemia coinvolge numerosi enzimi per attuare un “intervento riparatorio”: la Metilazione, vale a dire la trasformazione di Omocisteina, aminoacido non essenziale ed altamente instabile, in Metionina aminoacido essenziale e stabile.Questo processo è inquadrato in un contesto genetico, in cui il gene che codifica per l’enzima metilen tetraidrofolato reduttasi (MTHFR) esprime un polimorfismo notevolissimo ed evidenzia due varianti C677T e A1298C che inducono un metabolismo ridotto del processo enzimatico di allontanamento dell’omocisteina. I portatori di questi polimorfismi hanno un processo di Metilazione ridotto ed alti valori di Omocisteina che possono essere curati con apporti esogeni corretti di Folato. Appare quindi importante lo studio del gene MTHFR nella variante C677T e A1298C, l’esame genetico che consente di determinare la presenza dei due polimorfismi del gene che codificano l’enzima metilentetraidrofolatoredattasi con rallentata attività catalitica. Epidemiologicamente tali polimorfismi sono presenti nel 5-15% delle persone in Europa e Stati Uniti con percentuali addirittura più alte in alcune propria mission, ha aderito all’iniziativa mettendo a disposizione, per la settimana deputata, gli ambulatori di via Saint Bon 20 a Milano, dove colonproctologi del CDI hanno visitato i pazienti gratuitamente. Scopo della settimana, la prima in assoluto dedicata all’argomento, è stato senza alcun dubbio quello di far emergere questo disturbo di cui i cittadini parlano poco per imbarazzo, ma soprattutto perché spesso sono convinti che il problema dell’intestino pigro sia cronico, cioè senza soluzione, mentre in realtà guarire è possibile, soprattutto con l’aiuto del colonproctologo, uno specialista ancora poco conosciuto in Italia, capace di formulare diagnosi pre- cise sull’origine di ciascun disturbo e di indicare la terapia migliore da seguire. L’iniziativa è stata anticipata dalla giornata di sabato 12 novembre in cui un’Unità Mobile CDI è rimasta parcheggiata in Piazza Piemonte, davanti al teatro Nazionale, dove, per oltre otto ore medici specialisti hanno fornito informazioni a chiunque richiedesse consigli in merito alla stitichezza. PR E V E N Z I O N E I CO LO N PR O C TO LO G I A CDI ha aderito alla Prima Settimana Nazionale per la diagnosi e la cura della stitichezza La settimana dal 14 al 19 novembre è stata dedicata alla diagnosi e cura della stitichezza, un problema che, solo in Lombardia, affligge due milioni di persone, di cui 800.000 risiedono a Milano. La stitichezza non solo rappresenta un disturbo diffusissimo nel nostro Paese, ma incide anche in modo rilevante sul portafoglio degli italiani che spendono all’anno, in cure fai te, spesso dannose e inutili, 250 milioni di euro. L’iniziativa, promossa dalla SIUCP, Società Italiana Unitaria di Colonproctologia, si è avvalsa dell’Alto Patrocinio del Ministero della Salute. CDI Centro Diagnostico Italiano, riconoscendo l’importanza e il valore della diagnosi come cardine della regioni del sud Italia. La determinazione ematica dell’Omocisteina e lo studio del gene MTHFR, per la ricerca della variante C677T e A1298C, rappresentano indagini che devono essere sempre più prese in considerazione per prevenire e combattere l’insorgenza di aterosclerosi. Inoltre l’iperomocisteinemia in gravidanza è considerata un fattore di rischio per le patologie materne e fetali in quanto ritenuta responsabile di vasculopatie placentari, di indurre la formazione di difetti del tubo neurale nell’embrione, e di favorire la poliabortività. Lo studio genetico personalizzato, che ha nel polimorfismo del gene MTHFR un prototipo già validato, rappresenta una novità che potrebbe introdurre altri studi genetici resi possibili dalla decodificazione del genoma umano, avvenuta nel 2003, che ha introdotto la medicina nell’era post genomica. Dr. Roberto Colombo Direttore del Laboratorio CDI