Cesit Centro Studi sistemi di trasporto collettivo “Carlo Mario Guerci”
Piazza Bovio 14 80133 Napoli
Working paper series n. 3 2011
CAMBIAMENTO E TRADIZIONI DI
RICERCA NEGLI STUDI
ORGANIZZATIVI: TRA CONSERVAZIONE
E DISTRUZIONE, ALLOMORFISMO E
ISOMORFISMO
Marcello Martinez
1.1 Tradizioni di ricerca e teorie per l’analisi della giungla delle teorie organizzative sul
cambiamento
Il tema del cambiamento è centrale negli studi organizzativi. Il fatto che le organizzazioni si
modifichino e che quelle che non sono in grado di modificarsi scompaiono o resistono con grandi
costi ed inefficienze è un “fenomeno” così evidente che sembra quasi da solo giustificare l’esistenza
stessa di un gruppo di studiosi che secondo una prospettiva multidisciplinare ha deciso di
concentrarsi su questo problema e che a volte si pone come una disciplina intesa quale “definizione
istituzionale di un campo di studio, riconoscibile dall’esistenza di cattedre, corsi di studio, riviste
scientifiche, manuali”, (Maggi 2004).
Tutte le principali teorie organizzative hanno cercato di elaborare delle risposte convincenti alla
domanda perché le organizzazioni cambiano?, ma come accade anche in altri contesti, una loro
attenta disamina spesso induce a ricercare una “bussola epistemologica” per orientarsi in territorio
in ogni caso molto più simile ad una giungla che ad una biblioteca.
Il metodo epistemologico che si è adottato per la sistematizzazione delle diverse teorie che negli
studi organizzativi hanno elaborato una risposta alla domanda: è quello che fa riferimento alle
riflessioni di Laudan (1977), e nel quale si opera la distinzione fra due diverse tipologie di reti di
proposizioni all’interno delle “teorie scientifiche”: le tradizioni di ricerca e le teorie vere e proprie.
Una tradizione di ricerca è un insieme di assunti che definiscono un’ontologia della natura e un
metodo generali per costruire teorie per la soluzione di problemi “naturali” all’interno di un dato
dominio o campo di applicazione.
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Ogni tradizione di ricerca “madre” ha, pertanto, un certo numero di teorie specifiche, che
l’esemplificano e parzialmente la costituiscono; alcune sono contemporanee fra loro, altre si
succedono nel tempo. Ciascuna tradizione di ricerca (a differenza delle singole teorie) passa
attraverso un certo numero di formulazioni; in genere ha una lunga storia, che si svolge attraverso
un notevole periodo di tempo (a differenza delle teorie che spesso hanno una vita breve), in quanto
evolve da uno stadio successivo ad un altro mantenendo la maggioranza dei suoi assunti
fondamentali.
Per valutare i meriti delle teorie non occorre comprendere se sono “vere” o “ben confermate” o
“falsificabili” o giustificabili in altro modo, ma solo se costituiscono soluzioni adeguate a problemi
significativi, distinguibili in problemi empirici e problemi concettuali.
L’accettabilità di una tradizione di ricerca è determinata da quanti significativi problemi empirici le
sue teorie risolvono e da quante importanti anomalie e problemi concettuali esse generino. Ma ciò
che importa non è in senso assoluto quanto sia efficace o quale progresso realizzi una tradizione di
ricerca o una teoria, ma piuttosto come si collochino la sua efficacia o il progresso da essa
realizzato, rispetto alla tradizioni di ricerca o alle teorie “rivali”. L’analisi delle relazioni cognitive
fra tradizioni di ricerca, pertanto, è fondamentale per la loro valutazione che deve essere effettuata,
infatti, in un contesto comparativo. Si tratta, probabilmente di un approccio che rafforza quel
principio ben espresso da Betrand Russel secondo il quale “non c’è nulla di più pratico di una buona
teoria”.
Una analisi delle principali tradizioni di ricerca
cui fare riferimento per una comprensione
dell’origine e natura del cambiamento organizzativo può essere effettuata distinguendo tra i livelli
di indagine prevalentemente applicati dalle teorie che si riconoscono all’interno di una tradizione.
E’ possibile dunque distinguere tra (Lewin, Weigelt, Emery, 2004):
- tradizioni di ricerca focalizzate sull’azienda;
- tradizioni di ricerca focalizzate sulle relazioni fra organizzazione e task environment;
- tradizioni di ricerca focalizzate sulle relazioni fra organizzazione e institutional environment.
Le tradizioni di ricerca collocabili nel primo gruppo scelgono come proprio oggetto di analisi la
singola organizzazione, o utilizzando un’altra terminologia l’azienda (De Vita, Mercurio, Testa,
2007). La relazione fra azienda e ambiente spesso nelle teorie riconducibili alle tradizioni collocate
in questo gruppo è interpretata considerano le scelte organizzative influenzate da un contesto
esterno indistinto, denominato appunto ambiente, che va monitorato, valutato e classificato
utilizzando dimensioni oggettive quali il grado di stabilità o di dinamicità, la semplicità o la
complessità, l’omogeneità o l’eterogeneità.
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Le tradizioni che si collocano nel secondo gruppo invece considerano che il contesto in cui è
inserita l’azienda non sia valutato come un sistema a se stante, indefinito e indistinto (quale è
quello tradizionalmente richiamato dalla generica dizione di ambiente), ma è invece individuato
attraverso la ricognizione “personale” degli attori da cui l’azienda è influenzata e che essa è in
grado di influenzare. Accettando tale principio, ammettono, dunque, che il management sia in grado
di compiere le proprie scelte distinguendo le diverse relazioni che legano l’azienda ad altri attori e,
di conseguenza, differenziando le soluzioni da adottare per risolvere l’interdipendenza rilevata.
Considerare il contesto in cui di muove un’organizzazione come un “tessuto” di relazioni significa
interpretare l’ambiente come un sistema caratterizzato da una molteplicità di attori con i quali
l’organizzazione è legata da eterogenee interdipendenze.
Le teorie che invece si focalizzano sulla relazione fra organizzazione e ambiente istituzionale.
Specificano che , per procedere nell’analisi delle relazioni interorganizzative fra aziende o insiemi
di aziende (network), non è corretto focalizzarsi su una sola relazione esistente fra due attori e
prescindere dal contesto complessivo in cui essa si colloca. L’insieme complessivo delle relazioni
fra tutti gli attori del business system (De Vita, Mercurio, Testa 2007), è infatti in grado di
esercitare su di essa un’influenza diretta o mediata. In altre parole, se il rapporto fra un’azienda è il
suo ambiente è interpretato valutando la tipologia di relazione che lega questa ai suoi concorrenti, ai
suoi clienti, ai suoi fornitori, e agli altri attori (enti, istituzioni, associazioni sindacali ecc.), non si
deve sottovalutare il condizionamento che su quella specifica relazione di coppia (ad esempio con
un fornitore) può essere esercitato dalle regole del gioco (norme, intensità della concorrenza, cultura
nazionale) tipiche di quel business system, o da un’altra singola relazione esistente fra altri due
attori.
1.2 Le tradizioni di ricerca focalizzate sull’azienda
In questo gruppo possono essere collocati (Lewin, Weigelt, Emery, 2004) alcuni contributi teorici
riconducibili alla Resorce Based View (RBV), la tradizione della Behavioral Theory of the Firm
(BT), la tradizione dell’Punctuated equilibrium (PE), la tradizione della Strategic choice (SC).
1.2.1. La Resourse Based View (RBV): il cambiamento come ricerca dell’inimitabilità
La tradizione di ricerca della RBV fonda le sue origini nelle prime intuizioni e considerazioni di
Penrose (1959) che coniò una definizione di organizzazione, o anche d’impresa, definita come
“bundle of resources”. Questa impostazione assegna alla originale combinazione di risorse che si
riscontra in una specifica organizzazione la capacità di rendere la stessa unica e inimitabile. In
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concetto di cambiamento organizzativo che ne risulta è diretta espressione di un processo di ricerca
(continua) di una combinazione particolare di risorse in grado di mantenere tale inimitabilità.
Una sintesi degli assunti di base su cui tale tradizione si fonda, induce a ricordare come nella
impostazione della RBV dunque, una particolare importanza sia assegnata alle risorse di cui una
organizzazione si compone, intendendo per queste gli assett tangibili ed intangibili che possono
essere considerare “contestualizzati all’interno di una organizzazione”, in coerenza alle
considerazione di Barney (1991) e Wernerfelt (1984). Il vantaggio competitivo, secondo la
tradizione di ricerca della RBV dipende in particolare da quelle risorse che sono di valore, proprio
perché uniche, insostituibili, inimitabili (Canonico, De Nito, Consiglio, Mangia 2010).
Gli assunti di base di tale tradizione di ricerca possono essere così sintetizzati:
- le risorse sono eterogenee;
- le risorse hanno valore se sono inimitabili;
- le risorse inimitabili sono il risultato delle organizational capabilities;
- le risorse sono rese obsolete dai cambiamenti ambientali;
- il cambiamento come ricerca di nuove opportunità e combinazioni.
Eterogeneità delle risorse
In contrasto con altre impostazioni che evidenziano forme di isomorfismo tra organizzazioni
appartenenti ad uno stesso settore o campo organizzativo (teorie istituzionaliste), la RBV assume
che esiste una eterogeneità di risorse che differenzia le diverse realtà considerate. Tale allomorfismo
deriva da profonde differenze esistenti in termini di sistemi di acquisizione ed elaborazione delle
informazioni, caso, abilità e competenze manageriali, sistemi tecnici e conoscenze di base. E’
proprio dalla eterogeneità delle risorse che deriva la possibilità, per una impresa ad esempio, di
sviluppare rendite di posizione e vantaggio competitivo sostenibile (Mahoney e Pandian, 1992). Di
conseguenza, l’oggetto dell’analisi deve concentrasi non già su quelle organizzazioni in grado di
indirizzare comportamenti imitativi, ma bensì sulle risorse uniche e specifiche che sono in grado di
spiegare come possa una organizzazione conseguire risultati e performance superiori a quelle di
altre presenti o collocabili in uno stesso settore o campo.
Inimitabilità delle risorse
Secondo la RBV il valore delle risorse dipende dalla loro capacità di aumentare l’efficienza e
l’efficacia di una organizzazione e se sono abbastanza uniche da consentire a quell’organizzazione
di adottare una strategia che non può essere simultaneamente implementata da altri imitatori o
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concorrenti (Barney, 1991). Di conseguenza, le risorse a disposizione di una organizzazione sono
considerate inimitabili se sono specifiche e dunque derivanti dalla storia che ha nel passato
contraddistinto tale organizzazione, se non è possibile stabilire senza ambiguità una relazione
diretta di causa effetto fra la loro presenza e le performance conseguite (Lippman Rumelt, 1982), se
sono il risultato di un complesso processo di interazione sociale (Dierickx, Cool, 1989).
Presenza di organizational capabilities
Numerosi studi e ricerche evidenziano, all’interno della tradizione della RBV, il ruolo di
meccanismi di isolamento e protezione dalla concorrenza che può derivare da diritti di proprietà
intellettuale, processi di apprendimento, o capacità di elaborazione delle informazioni (Rumelt,
1984). Teece, Pisano e Shuen (1997) assegnano tale ruolo di isolamento proprio alle organizational
capabilities definite dinamiche, in quanto risultato di un complesso ed unico processo di
accumulazione, sviluppo di conoscenza, routine e capacità di apprendimento.
Obsolescenza delle risorse derivante dai cambiamenti ambientali
Le trasformazioni dell’ambiente esterno alle organizzazioni possono rendere obsolete le risorse su
cui esse fondano il loro vantaggio competitivo. Di conseguenza, al fine di sopravvivere in un
conteso per definizione “turbolento”, occorre ricercare un equilibrio tra i vantaggi che derivano
dall’ottimizzazione degli assett esistenti e l’avvio di processi di rinnovo e sviluppo all’interno di
dinamici interventi di cambiamento organizzativo (Wernerfelt, 1984).
Il cambiamento come ricerca di nuove opportunità e combinazioni
La sopravvivenza e lo sviluppo delle singole organizzazioni si basa sulla loro capacità di adattarsi ai
cambiamenti ambientali e ricercare nuove opportunità. Il cambiamento si presenta così come la leva
che il management utilizza per combinare gli assett di cui dispone o, più spesso, per acquisire nuovi
assett in grado di migliorare il grado di inimitabilità della singola organizzazione. Il ruolo del
management in particolare è interpretato come azione rivolta alla ricerca, accumulazione e utilizzo
strategico di risorse di valore, e come azione di tutela di tali risorse nei confronti di possibili
concorrenti. Un importante filone di studi sviluppato dalla RBV infatti si concentra su strategie di
diversificazione, e soprattutto di acquisizione e di fusione. Tale focus di indagine è ovviamente
pienamente comprensibile se si considera che la non replicabilità delle dynamic organizational
capabilities rende quasi obbligata la strada della merger and acquisition come modalità di ricerca di
nuove competenze e risorse (Mangia, 2006, 2009).
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1.2.2 La Behavioural Theory of the Firm: il cambiamento come capacità di disimparare
La tradizione di ricerca della BT è alla base degli studi organizzativi e ha origine dai lavori in
particolare di Simon, March e Simon, Cyert e March, ma con i suoi assunti di base è stata in grado
di ispirare numerose teorie che hanno anche indagato il concetto di cambiamento organizzativo
insieme allo studio di strategie di intervento e dei processi di apprendimento e di evoluzione
aziendale.
Gli assunti di base della tradizione di ricerca possono essere considerati i seguenti:
- l’organizzazione come coalizione;
- presenza di risorse in eccesso (slack resource) come condizione per il cambiamento;
- riduzione dell’incertezza come causa del cambiamento;
- cambiamento come risultato dei processi di apprendimento;
- non cambiamento e trappole di competenza.
L’organizzazione come coalizione basata sulla soluzione dei conflitti
La BT considera le organizzazioni come coalizioni di diversi stakeholder che cercano
evidentemente di perseguire i propri diversi e specifici interessi tramite una relazione di
cooperazione che consente di stabilire un accordo sui meta obiettivi di una organizzazione. I
compiti principali del management sono rivolti alla ricerca di soluzioni alle diverse occasioni di
conflitto che emergono nell’interazione fra i diversi stakeholder presenti nella coalizione.
Presenza di slack resource come condizione per il cambiamento
Le organizzazioni si dotano di risorse in eccesso per stabilizzarsi nei confronti della turbolenza
ambientale, per regolarizzare i conflitti tra i diversi stakeholder, per realizzare innovazioni. E’
proprio al presenza di risorse in cesso che consente al management di risolvere i conflitti che
emergono nella coalizione, e la cui causa è riconducibile all’incertezza computazionale derivante da
imprevedibili cambiamenti ambientali, all’incertezza comportamentale che può contraddistinguere
le azioni dei diversi stakeholder, all’assenza di allineamento fra gli obiettivi individuali e i meta
obiettivi organizzativi.
La riduzione dell’incertezza come causa del cambiamento organizzativo
Il cambiamento organizzativo è reso possibile dalla presenza di risorse in eccesso ed è finalizzato a
ridurre l’incertezza derivante dalla turbolenza ambientale. La BT considera l’ambiente esterno non
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in senso deterministico e esogeno all’organizzazione ma come un contesto che l’organizzazione
stessa si propone ed è in grado di modificare attraverso contratti, piani, interlocking directorate,
alleanze, sviluppo di standard e ricerca di congruenza fra comportamenti e norme di settore.
Il cambiamento si presenta come risultato dei processi di apprendimento interni all’organizzazione
Numerose teorie riconducibili alla BT evidenziano l’importanza dei processi di apprendimento alla
base degli interventi di cambiamento organizzativo. In coerenza agli studi di Cyert e March (1963),
Levitt e March (1988), March e Olsen (1976), March e Simon (1958) alla capacità delle
organizzazione di cambiare è riconducibile alla loro capacità di valutare le procedure le routine di
successo (e dunque di rinforzarli) e di abbandonare invece quelli dimostratisi fallimentari. Il
cambiamento viene in particolare avviato quando esiste una discordanza fra gli obiettivi concordati
dalla coalizione e i risultati di performance conseguiti. Ne consegue, pertanto che il successo di
un’organizzazione deriva proprio dall’attivare percorsi di in grado di garantire l’equilibrio fra
cambiamento e ottimizzazione (exploration e exploitation, March, 1991; Levinthal, March, 1993) o,
ancora in altri termini, stabilendo un equilibrio fra la capacità di imparare e disimparare.
L’insuccesso viene collegato alle difficoltà di cambiare: le trappole dell’apprendimento
L’obsolescenza delle organizational capabilities può essere aggravata da effetti di lock in che
rendono difficile abbandonare processi e procedure dimostratesi un tempo di successo (Levitt,
March, 1988; March, 1981). Secondo tale tradizione di ricerca il cambiamento veloce delle routine
e procedure esistenti appare sicuro indicatore di successo in condizioni ambientali stabili, mentre
proprio in contesti turbolenti, appaiono maggiormente vincolanti le trappole dell’apprendimento ed
effetti lock in (Levinthal, March, 1993).
1.2.3 Punctuated equilibrium Theory: il cambiamento come improvvisa discontinuità
La tradizione di ricerca del punctuated equilibrium si fondo su una concezione evoluzionistica
dell’organizzazione e basandosi sui lavori di Tushman e Romanelli (1985; 1994), Utterback e
Abernaty (1975), considera il cambiamento organizzativo all’interno di una dinamica
contraddistinta dall’alternarsi di lunghi periodi di cambiamenti incrementali e invece periodi (brevi
e intensi) di cambiamenti rivoluzionari e radicali. Le organizzazioni sono dotate di capacità di
cambiamento che possono esercitare su specifici aspetti modificandoli a seconda del ritmo ritenuto
coerente con le dinamiche ambientali.
Gli assunti di base di tale tradizione di ricerca possono essere considerati i seguenti:
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- le organizzazioni evolvono ma non in maniera prevedibile e standard;
- il cambiamento è rivoluzionario e avviene in specifici momenti della vita aziendale;
- I cambiamenti radicali avvengono per tre cause specifiche
Le organizzazioni evolvono ma non in maniera prevedibile e standard
I processi di cambiamento che caratterizzano una organizzazione sono imprevedibili in quanto non
seguono un percorso per fasi standard, ma invece si caratterizzano per una forte idiosincrasia e
specificità in ogni singola organizzazione.
ll cambiamento è rivoluzionario
Nei periodi di cambiamento incrementale procedure e routine si strutturano in valori, sistemi di
potere, strutture organizzativi e sistemi di controllo (deep structures, Gersik, 1991) all’interno delle
organizzazioni e rendono difficile il cambiamento, in quanto sono caratterizzate da levata stabilità,
path dependance e forte interconnessione con il contesto ambientale. La tradizione di ricerca
presuppone tuttavia che tali deep structure possano essere modificate nei momenti di cambiamento
radicale e rivoluzionario (Thusman, Romanelli, 1985). Il cambiamento dunque non è un processo
graduale, ma avviene un specifici momenti della storia di una organizzazione
Il compito del management è centrale, in quanto l’avvio di processi di cambiamento radicale
dipende dalla loro capacità di sperare la dicotomia fra consolidamento delle deep structure e
smantellamento delle stesse.
I cambiamenti rivoluzionari avvengono per tre cause specifiche
Romanelli e Tushman (1994) identificano tre cause principali di cambiamento rivoluzionario: a) un
declino delle performance nel breve periodo, b) significative trasformazioni del contesto
ambientale, c) il cambio del vertice aziendale (presidenti e amministratori delegati).
Il cambiamento deriva dal ruolo degli executive
In tale tradizione (Tushman, Romanelli, 1992; Keck, Tushman, 1993; Tushman, Rosenkopft, 1996),
si assegna un ruolo importante al top management da cui dipende decisamente l’avvio e il successo
di un processo di cambiamento.
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1.2.4 Strategic choice (SC): il management come motore del cambiamento
La tradizione di ricerca della SC si basa sul principio che le organizzazioni possano anche cambiare
il proprio ambiente di riferimento, piuttosto che semplicemente dovere mettere in atto
comportamenti adattivi (Child, 1972, 1977; Miles, Snow, 1978, 1994; Shortel, Zajac, 1990).
I principali assunti di base della tradizione di ricerca possono essere considerati i seguenti:
- il management è dotato di potere discrezionale in merito alla definizione dell’ambiente di
riferimento;
- l cambiamento rappresenta una azione manageriale di modifica della relazione organizzazione
ambiente;
- l’allomorfismo organizzativo rappresenta il risultato della specifica interazione fra management e
contesto esterno;
- presenza di limiti all’azione manageriale.
Potere discrezionale del management
Sviluppando i principi esposti in particolare da Child (1972; 1977), le teorie collocabili all’interno
di tale tradizione di ricerca assegnano la management il potere discrezionale di scegliere il contesto
ambientale e competitivo di riferimento e anche di attuare azioni e comportamenti in grado di
modificarlo. Infatti, l’ambiente può sia produrre delle limitazioni all’agire organizzativo, sia tuttavia
fornire opportunità e consentire alternative strategiche.
Il cambiamento rappresenta un azione manageriale di modifica della relazione organizzazione
ambiente
Si interpreta il cambiamento come processo dinamico che consente al management dotato di una
superiore capacità di scelta di realizzare, a parità di condizioni, positivi risultati di performance.
Tale impostazione appare caratterizzata da una indipendenza dell’azione manageriale quasi
assolutamente discrezionale.
L’allomorfismo organizzativo risultato del processo di interazione fra management e contesto
ambientale
La eterogeneità delle forme organizzative, anche nello stesso settore, viene spiegata come il
risultato delle scelte manageriali, che evidentemente variano a seconda delle capacità e competenze
del management stesso. La capacità della coalizione dominante in ciascuna organizzazione di
elaborare risposte diverse e inno9vative ai condizionamenti ambientali e anche in grado di
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modificarli spiega il successo e l’insuccesso di organizzazioni che agiscono nello stesso ambiente.
In particolare, Miles e Snow (1978) pervengono ad una classificazione di diversi approcci
manageriali e ad essi correlano diverse strategie di cambiamento organizzativo.
I limiti all’azione manageriale
In ogni caso, elaborando ovviamente i principi della razionalità limitata e dell’analisi dei processi
decisionali, le teorie della SC evidenziano come la possibilità del management di mettere in atto
alternative strategiche sia condizionata da alcuni limiti derivanti dalla disponibilità di informazioni,
dall’incertezza computazionale e comportamentale, e da altri fattori legati anche alla tecnologia di
cui dispone una organizzazione.
1.3 Tradizioni di ricerca focalizzate sulle relazioni fra organizzazione e task environment
In questo gruppo possono essere collocati (Lewin, Weigelt, Emery, 2004) i contributi teorici
riconducibili alle seguenti tradizioni di ricerca: Struttura Condotta performance (SCP), alla
Economia dei Costi di transazione (Transaction Cost), alla Teoria della Contingenza (Contingency
Theory), alla Teorie Evolutive dell’impresa (TE), alla Resource Dependance Theory (RDT). Il
focus di indagine è infatti sulle relazioni che si stabiliscono fra la singola organizzazione d’impresa
e il task environment o ambiente di riferimento con cui l’organizzazione si trova ad agire
direttamente.
1.3.1 La tradizione di ricerca della Struttura Condotta Performance: il cambiamento come
riposizionamento competitivo
Tale tradizione di ricerca si fonda sul principio deterministico della relazione struttura condotta
performance sviluppata sui noti contributi di da Bain (1968) e Mason (1959) e al suo interno
possono essere ricondotti anche i lavori di Caves e Porter (1977) e Porter (1979, 1981; 1985) che
orientano tale approcci verso una impostazione che mette maggiormente in rilievo la potenzialità
delle strategie di modificare la relazione organizzazione ambiente, senza tuttavia indagare appieno
sul ruolo del management come invece suggerito dalla tradizione Strategic Choice. L’oggetto di
analisi è il settore industriale che viene indagato al fine di comprendere il che modo processi di
cambiamento possano riposizionare una singola organizzazione conferendole un vantaggio
competitivo durevole.
Gli assunti di base di tale tradizione sono i seguenti:
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- la struttura dei mercati influenza i comportamenti e le performance delle organizzazioni;
- il cambiamento della relazione organizzazione ambiente è il risultato dell’analisi della struttura del
mercato;
- l’organizzazione è in grado di cambiare e adattarsi al suo task environment.
La struttura dei mercati influenza i comportamenti e i risultati delle organizzazioni
La struttura dei mercati è definita sinteticamente dal grado di concentrazione, dalle barriere
all’entrata e dalla differenziazione di prodotto esistente in uno specifico settore industriale, cluster o
gruppo strategico. Sono proprio questi aspetti che definiscono il grado di concorrenzialità e che
condizionano i comportamenti delle imprese (riconducibili a decisioni riguardanti le politiche di
prezzo, gli investimenti in impianti, in comunicazione, in ricerca e sviluppo). Le decisioni sono
effettuate in funzione delle performance obiettivo misurate in termini di riduzione dei costi e
massimizzazione del profitti. I risultati perseguibili in un determinato mercato ( o settore) non sono
tuttavia possibili se non nei limiti consentiti dalla struttura del settore stesso.
Il cambiamento delle relazioni organizzazione ambiente è il risultato dell’analisi della struttura del
mercato
In particolare, facendo riferimento ai lavori di Porter (1980, 1991) che maggiormente si è distaccato
da una ipotesi di omogeneità ed indifferenziazione dei comportamenti delle imprese di un mercato
(o settore), l’analisi della struttura del mercato, condotta mediante la valutazione del suo
posizionamento strategico e della catena del valore, conduce ad alternative strategiche in grado
potere innescare processi di cambiamento nelle relazioni organizzazioni ambiente. Le note
alternative (leadership di costo, differenziazione, o strategia focalizzata) appaiono infatti
classificazioni di interventi di cambiamento in grado di modificare in ultima analisi le performance
delle organizzazioni.
L’organizzazione è in grado di cambiare e adattarsi al suo task environment
La ricerca del vantaggio competitivo mediante la scelta di alternative strategiche consente ad una
singola organizzazione di modificare il proprio posizionamento competitivo, vale a dire il sistema di
relazione che la lega al suo task environment. Tale sistema è ovviamente interpretato mediante
categorie quali la localizzazione geografica, il grado di integrazione verticale, le scelte di prodotto,
ecc.
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1.3.2 L’economia del costi di transazione (TC): il cambiamento come ricerca dell’efficienza nella
governance delle transazioni
Il cambiamento proposto dalla tradizione di ricerca cui sono riconducibili le teorie dei costi di
transazione (TC) è interpretabile come processo di allineamento delle diverse tipologie di
transazioni con le strutture di governance in grado di ridurre i costi di coordinamento, controllare
l’opportunismo e conseguire una massimizzazione delle efficienza. Alla base di tale tradizione di
ricerca vi sono ovviamente i contributi di Coase, (1937) e Williamson (1975, 1979) che classificano
le strutture di governance distinguendo mercati, gerarchie e forme ibride. A seconda delle
caratteristiche delle transazioni (frequenza, incertezza e specificità) viene proposta l’adeguatezza e
la convenienza del ricorso a ciascuna struttura individuata.
Gli assunti di base di tale tradizione di ricerca sono i seguenti:
- L’unità di analisi è la transazione;
- il cambiamento è inteso come allineamento;
- neutralità del cambiamento.
Transazione come unità di analisi
La tradizione di ricerca si focalizza sulla transazione, categoria di analisi principale per la
comprensione delle relazioni esistenti fra la singola organizzazione e il suo task environment.
Il cambiamento è inteso come allineamento
Le tre strutture di governance “ideali” consentono di perseguire il massimo livello di efficienza a
seconda delle caratteristiche delle transazioni considerate. Il processo di cambiamento organizzativo
coincide con passaggio da una struttura ad un’altra ed è finalizzato a perseguire un obiettivo di
allineamento o fit. L’assenza di allineamento, ad esempio derivante da una eccessiva integrazione
verticale (Dyer, 1996; Barney, 1999), può condurre ad una perdita di vantaggio competitivo o alla
scomparsa dell’organizzazione (Roberts, Greenwood, 1997).
Neutralità del cambiamento
La tradizione di ricerca presuppone e prescrive il cambiamento da una forma di governance ad
un'
altra in assenza di fattori di inerzia o di lock in. Si assegna la management la capacità di valutare
le caratteristiche delle diverse transazioni e di stimare i costi connessi a ciascuna struttura di
governance, in modo da adottare quella in grado di massimizzare l’efficienza.
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1.3.3 La tradizione di ricerca delle teorie della contingenza (CT): il cambiamento come ricerca
del fit
Alla base delle teorie rientranti in tale tradizione di ricerca vi è il principio del “fit”, vale a dire la
coerenza fra struttura organizzativa e fattori contingenti. Fra tali teorie rientrano numerosissimi
contributi che da Burns e Stalker (1961), a Chandler (1962) da Lawrence e Lorsch (1967), a
Khandawalla (1977) a Pugh e la gruppo di Aston (1969), a Woodward (1965) individuano nella
ricerca di una coerenza fra variabili esogene tipiche del task environment e struttura organizzativa
l’elemento alla base delle performance di successo di una organizzazione.
Gli assunti di base delle teorie rientranti in tale tradizione di ricerca possono essere considerati i
seguenti:
- il cambiamento organizzativo coincide con la ricerca di un adattamento (fit);
- presenza di una molteplicità di fattori contingenti;
- il management svolge un ruolo guida nei processi di cambiamento.
Il cambiamento organizzativo coincide con la ricerca di un adattamento
La tradizione di ricerca contingente assume che il cambiamento delle strutture organizzative sia
giustificato dalla ricerca di una coerenza con le caratteristiche di numerosi fattori esterni, tra cui
anche l’ambiente con le sue caratteristiche facilmente individuabili e classificabili (Burns,Stalker
1961), e differenziabili (Lawrence, Lorsch 1967).
Presenza di una molteplicità di fattori contingenti
La presenza di una molteplicità di fattori contingenti crea tensioni al cambiamento differenziate,
non sempre tra di loro coerenti. Tale dinamiche propongono una significativo problema di gestione
della complessità organizzativa e rendono il rischio di una non coerenza alquanto elevato (Gresov,
1989).
Il management svolge un ruolo guida nei processi di cambiamento
Soprattutto sulla base dei contributi di Chandler (1962) le teorie della tradizione di ricerca
contingente rilevano nelle analisi longitudinali il contributo del management nei processi di
cambiamento organizzativo attuati per sviluppare strutture organizzative innovative (divisionali,
matrici, ecc.) per adattare l’organizzazione ai fattori contingenti esterni (Zajac et al., 2000;
Venkatraman, Prescot, 1990).
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1.3.4 La tradizione di ricerca della Teorie evolutiva dell’impresa: il cambiamento come
distruzione e creazione di routine
La tradizione di ricerca si basa sui contributi di Nelson e Winter (1973; 1974; 1982) che,
sviluppando i principi della Behavioural Theory of the Firm, estendono l’analisi oltre la dimensione
“azienda”, investigando le relazioni con il task environment seguendo una logica definita
evoluzionistica o evolutiva. Non è inutile il richiamo al concetto di distruzione creativa
(Schumpeter, 1950) che in tale tradizione viene richiamato per spiegare come i cambiamenti nei
fattori esterni sono colti come opportunità di innovazione da parte delle imprese.
Gli assunti alla base delle teorie rientranti in tale tradizione di ricerca possono essere considerati i
seguenti:
- presenza di allomorfismo organizzativo;
- il cambiamento organizzativo viene spiegato tramite cicli evolutivi;
- i processi di cambiamento sono eterogenei e non prevedibili ex ante;
- i cambiamenti organizzativi interni conducono a cambiamenti anche della struttura del settore;
- esiste una forte relazione fra processi ricerca, dinamiche di cambiamento e sopravvivenza
nell’ambiente;
- presenza di meccanismi imitativi.
Presenza di allomorfismo organizzativo
Si assume che le organizzazioni evolvano in maniera differenziata, sviluppando la proprio interno
specifiche organizational capabilities (routine, procedure, competenze ecc.). L’eterogeneità è al
cento di tali teorie e appare concetto indispensabile per la comprensione dei processi di innovazione
considerati alla base dello sviluppo economico.
Il cambiamento organizzativo viene spiegato tramite cicli evolutivi
Alla base di processi di cambiamento organizzativo si riconoscono cicli di variazione, selezione e
consolidamento delle routine interne alle organizzazioni. Tali cicli trovano la loro giustificazione
nelle’esigenza di fronteggiare le trasformazioni (variazioni e selezioni) che si riscontrano nel task
environment.
I processi di cambiamento sono eterogenei, path dependant e non prevedibili ex ante
I cicli di variazione selezione e consolidamento non si svolgono secondo percorsi predefiniti o
prevedibili, sono invece il risultato di innovazioni organizzative derivanti dalla eterogeneità e
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allomorfismo delle forme organizzative stesse. Il cambiamenti dunque sono attivato da specifici
processi interni di ricerca di nuove routine e procedure che appaiono in grado di conferire
all’organizzazione la capacità di conseguire migliori performance. Viene ridimensionato dunque il
ruolo assegnato a specifiche tecnologie o diritti di proprietà: è la capacità di innovare
l’organizzazione stessa che rappresenta la fonte di vantaggio competitivo sostenibile.
I cambiamenti organizzativi interni conducono a cambiamenti anche della struttura del settore
Le teorie della tradizione di ricerca estendono l’oggetto di studio elaborando, mediante analisi
longitudinali, spiegazioni anche della trasformazione della struttura di un settore, evidenziando le
interrelazioni fra le due dimensioni di analisi: i cicli evolutivi “aziendali” spiegano i cicli evolutivi
di un settore, e i cambiamenti delle caratteristiche del settore richiedono, o meglio, attivano processi
di cambiamento interni potenzialmente in grado di fare evolvere le strutture aziendali stesse.
Esiste una forte relazione fra processi ricerca, dinamiche di cambiamento e sopravvivenza
nell’ambiente
L’enfasi di tali teorie è sulle azioni organizzative di ricerca e selezione di nuove routine ed
evidenzia come tali cambiamenti siano in grado di influenzare, ad esempio, le performance delle
imprese, definite in termini di profittabilità. I cambiamento adottati dalla singole organizzazioni
conducono alle dinamiche evolutive a livello di aggregati di imprese (settori). A livello di
“industria” infatti opera un meccanismo selettivo che premia le scelte di cambiamento “profittevoli”
e elimina le altre.
Presenza di meccanismi imitativi
Si distinguono le organizzazioni sulla base dei tempi di attuazione del cambiamento: i first movers
sono seguiti da imitatori che replicano, fino a renderle obsolete, quelle routine innovative che ex
post si sono dimostrate di successo.
1.3.5 La tradizione di ricerca della Resource Dependance (RD): il cambiamento come riduzione
dell’incertezza
Le teorie della RD si basano sui contributi di Pfeffer e Salancik (1978) che analizzano le strategie di
cambiamento organizzativo messe in atto per interagire con l’incertezza ambientale, attraverso al
gestione delle interdipendenze interorganizzative. L’unità di analisi prescelta è dunque proprio
l’organizzazione (definita focale) nel suo ambiente specifico.
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Gli assunti di base di tale tradizione possono essere considerati i seguenti:
- il task environment è un ambiente negoziato;
- il ruolo del management è condizionato;
- il cambiamento è motivato dall’esigenza di ridurre l’incertezza.
Il task environment è un ambiente negoziato
L’ambiente è interpretato come un sistema di attori organizzativi collegati da relazioni di
interdipendenza nel quale la singola organizzazione (classificata come focale) negozia relazioni di
scambio con il proprio output sete e input set. Le teorie evidenziano sia le potenzialità di una
organizzazione focale di attivare cambiamento nelle modalità di coordinamento delle relazioni che
la legano agli altro attori del suo ambiente specifico, sia i limiti e i condizionamenti che esso è in
grado di esercitare sull’organizzazione stessa.
Il ruolo del management è condizionato
Il management, contrariamente a quanto assunto dalla prospettiva Strategic Choice non è
indipendente nella formulazione delle proprie azioni di cambiamento finalizzate al governo delle
relazioni di interdipendenza. Esistono infatti limiti derivanti dalla struttura di potere del task
environment nel quale si colloca la organizzazione focale.
Il cambiamento è motivato dall’esigenza di ridurre l’incertezza
Come già ipotizzato dalle teorie dei costi di transazione, anche nella RD si evidenzia come le azioni
di cambiamento organizzativo sono finalizzate a cercare nuove soluzioni di governo dell’incertezza
derivante dal comportamento e dal potere delle altre organizzazioni che compongono il task
environment. Le azioni che possono essere attuate sono infatti o rivolte alla riduzione della
dipendenza o alla modifica della dipendenza stessa tramite ad esempio interventi di integrazione
verticale, fusioni, joint venture ecc.
1.4 Tradizioni di ricerca focalizzate sulle relazioni fra organizzazione e ambiente istituzionale
I processi di cambiamento organizzativo sono indagati e studiati considerando non solo le relazioni
che si sviluppano tra una specifica organizzazione (focale) e gli altri attori con cui essa direttamente
interagisce o compete, ma in senso ampio tutto il conteso ambientale, definito dunque istituzionale
in quanto contraddistinto da sue specifiche modalità di regolazione e di governo dei comportamenti
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che esulano da una singola relazione. Le tradizioni di ricerca collocabili in questo gruppo sono
quelle istituzionaliste e quella dell’ecologia delle popolazione,
1.4.1 La tradizione di ricerca istituzionalista: il cambiamento come ricerca della compliance
Una sintetica identificazione dei principi su cui si fonda la teorie istituzionalista conduce a
richiamare i contributi di Selznick (1948, 1949, 1957). Il tema del cambiamento infatti appare
centrale in una impostazione che evidenzia i continui e molteplici processi di adattamento richiesti
ad una organizzazione che deve modificarsi per interagire e con diversi e mutevoli valori, interessi e
coalizioni. Una impostazione generalmente definita “nuova” può invece concordemente essere
ricondotta alla considerazioni di DiMaggio e Powell (1983) e Meyer e Rowan (1977) che hanno
ampliato l’oggetto di indagine includendo una molteplicità di livelli o prospettive per la definizione
dell’ambiente istituzionale: non già meramente “valori” ma
anche norme statali, regolamenti
professionali. Il cambiamento viene interpretato come tendenza alla compliance istituzionale, vale a
dire uniformità ricerca di legittimazione.
Gli assunti di base di tale tradizione di ricerca possono essere considerati i seguenti:
- il campo come unità di analisi e di indagine
- le organizzazioni di uno stesso campo sono isomorfiche
- il cambiamento organizzativo è vincolato da fattori di inerzia e resistenza
- il cambiamento organizzativo si sviluppa secondo percorsi di isomorfismo
Il campo come unità di analisi e di indagine
Le teorie del nuovo istituzionalismo scelgono come proprio oggetto di analisi il capo organizzativo
che, in diverse accezioni, si pone in una dimensione collettiva raccogliendo una popolazione di
organizzazioni. La domanda di ricerca di fondo è proprio cercare di comprender come si
manifestino fenomeni di isomorfismo o allomorfismo fra le organizzazioni incluse all’interno di tale
dimensione.
Le organizzazioni di uno stesso campo sono isomorfiche
Contrariamente agli approcci della Resource Based View e della Behavioural Theory of the Firm
prevalgono assunti che evidenziano l’isomorfismo e dunque la tendenza ad attuare cambiamenti
volti a mettere in atto comportamenti imitativi (DiMaggio, Powell, 1983). Il processo di
isomorfismo viene infatti rafforzato dalle interazioni fra le organizzazioni, dall’emergere di
coalizioni dominanti che si riferiscono a uno stesso sistema di valori, e un sistema di mutuo
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riconoscimento conduce a sostituire forme di diversità ed eterogeneità con un sistema di
istituzionalizzazione ed isomorfismo.
Il cambiamento organizzativo è vincolato da fattori di inerzia e resistenza
Un assunto centrale delle teorie istituzionaliste è che il cambiamento organizzativo, al contrario di
quanto predetto dalla teorie della Strategic Choice e dei Costi di Transazione, è reso difficile da
numerosi fattori di freno e resistenza (Tolbert, 1985; Tolbert, Zucker, 1983). Si evidenziano infatti
tutte le condizioni del campo che rendono le organizzazioni persistenti e stabili.
Il cambiamento organizzativo si sviluppa secondo percorsi di isomorfismo
La legittimazione e l’imitazione sono le forze prevalenti che guidano i processi di cambiamento
delle organizzazioni appartenenti ad uno stesso campo e consentono, anzi spiegano, la persistenza
di organizzazioni inefficienti. Invece che criteri di innovazione o distruzione creativa prevalgono
logiche di convergenza, inerzia e stabilità. In tal senso vengono spiegate empiricamente l’emergere
di specifiche forme organizzative come la forma multidivisionale (Fligstein, 1985; Palmer et al.
1993). Solo alcuni autori (Oliver, 1991) giungono a considerare possibili azioni di risposta alla
pressioni del campo e a ipotizzare, almeno in parte, strategie (Strategic Choice) differenziate, anche
se sempre all’interno di alternative predefinite o preclassificabili.
1.4.2 La tradizione di ricerca della Population Ecology: l’impossibilità del cambiamento
La tradizione di ricerca della Population Ecology, come noto, si riferisce alle teorie che sviluppano i
principi e gli assunti esposti da Aldrich, (1979) e soprattutto Hannan e Freeman ( 1977). Pur
scegliendo come oggetto di analisi una dimensione simile a quella delle teorie istituzionaliste cioè la
popolazione organizzativa, la domanda di ricerca di fondo appare diametralmente opposta: laddove
i primi indagano e spiegano la presenza e la persistenza di organizzazioni simili (isomorfismo),
questa tradizione di ricerca cerca di comprendere invece perché vi siano numerose forme
organizzative diverse le une dalle altre (allomorfismo). Facendo riferimento ad una impostazione
tipicamente definibile di determinismo ambientale, escludono una possibile intenzionalità del
cambiamento e estendendo su lunghi periodi i tempi di analisi assegnano ad un meccanismo
selettivo sovra-aziendale il ruolo di causa dell’emerge di nuove forme organizzative.
Gli assunti di base presenti in tale tradizione di ricerca possono essere considerati i seguenti:
- il cambiamento organizzativo è interpretato come fenomeno collettivo;
- la presenza di inerzia strutturale interna ed esterna;
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- le organizzazioni non possono adattarsi all’ambiente istituzionale;
- il cambiamento è processo di distruzione e creazione osservabile a livello di popolazione;
- l’assenza di intenzionalità manageriale
Il cambiamento organizzativo è interpretato come fenomeno collettivo
La dimensione di analisi prescelta, vale a dire una popolazione di organizzazioni impegnate in
simili attività e con simili processi di utilizzo delle risorse (Baum, 1996), è l’unica in grado di
evidenziare le dinamiche di cambiamento organizzativo che giungono ad influenzare la
sopravvivenza o lo sviluppo di un singolo membro della popolazione o della popolazione stessa.
La presenza di inerzia strutturale interna ed esterna
Come anche nel caso delle teorie evoluzioniste, nelle teorie della Population Ecology, l’inerzia
strutturale interna deriva dalla routine e della competenze organizzative che si sono sviluppate
all’interno delle organizzazioni nel corso della loro esistenza. L’inerzia interna svolge un ruolo
rilevante in quanto assicura un alto gradi di affidabilità, riducendo costi e incertezza. L’inerzia
strutturale esterna, invece, si riconosce in quei fattori ambientali che creano il contesto tecnologico
e culturale (in genere istituzionale) all’interno del quale le organizzazioni si collocano.
Le organizzazioni non possono adattarsi all’ambiente istituzionale
Le organizzazioni non considerate coerenti o non più adatte al loro ambiente attraversano un
processo di selezione e si estinguono proprio in base ad una logica evolutiva che premia le forme
più efficienti e economicamente profittevoli. In sostanza le teorie della Population Ecology,
spostando il focus di analisi sulla popolazione, rilevano come la presenza di inerzie renda nel tempo
difficile rischioso il cambiamento della singola organizzazione. Di fronte a modifiche dell’ambiente
istituzionale è considerato quasi impossibile supera le resistenze che derivano dal complesso di
routine e procedure, dalle competenze e conoscenze che non pur no risultando più adatte,
continuano ad esercitare una insuperabile resistenza.
Il cambiamento è processo di distruzione e creazione osservabile a livello di popolazione
Il cambiamento organizzativo avviene invece al livello di popolazione: le organizzazioni non più
adate scompaiono e nuove organizzazioni dotate di caratteristiche maggiormente coerenti si
affermano e prosperano. Il cambiamento dunque agisce come forza superiore alle singole
organizzazioni ed esercita su di loro un effetto inevitabilmente selettivo. E’ proprio l’incapacità di
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cambiare delle organizzazioni preesistenti (incumbent) che rappresenta una opportunità per nuove
organizzazioni che possono trovare spazi inaspettati e conseguire performance più elevate grazie
all’introduzione di varianti organizzative che le rendono più adatte.
L’assenza di intenzionalità manageriale
Le teorie della Population Ecology prestano una contenuta attenzione al ruolo che il management
può svolgere nei processi di cambiamento nel lungo periodo. Anzi, evidenziando che, piuttosto che
tramite cambiamenti organizzativi, l’evoluzione si basa sulla nascita di nuove organizzazioni,
assegnano una cerca importanza a tale fattore solo al momento della fondazione di una
organizzazione. E’ infatti in quel momento che si realizza quasi un meccanismo di “imprinting”
(alla Stinchombe, 1965) con cui le condizioni ambientali e la struttura sociale si fondono e
caratterizzeranno quell’impresa o azienda praticamente fino all’estinzione.
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